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MobyDICK

pagina 10 • 28 febbraio 2009

tv

Buona cronaca L’

e sobrietà

web

video

di Pier Mario Fasanotti

omaggio a Federica Sciarelli, conduttrice di Chi l’ha visto? (Rai 3), non è subdolamente doveroso o dettato da galanteria, essendo la giornalista molto bella oltreché bravissima. Semmai è il voler segnalare un programma che non riduce la cronaca a sensazionalismo, piuttosto offre un servizio pubblico (genere che latita oggi in Italia) e nel contempo un acquerello della nostra società in perpetuo e nevrotico movimento. La Sciarelli, anni fa titolare del Tg, continua nella sua professione di reporter sobrio. Scava in casi difficili, afferra l’occasione per dare notizie inedite su fatti misteriosi, aggiungendo tasselli a numerosi puzzle storici (per esempio la scomparsa dello scienziato Ettore Majorana, che ispirò un esemplare testo di Leonardo Sciascia). Succeduta a Corrado Augias, non ne ha ereditato l’anglosassone supponenza ammantata da sorrisetti di intenzionale ma non riuscita tolleranza. Lei registra, mostra testimonianze e filmati, fa domande, rispetta emozioni forti, talvolta comprensibilmente scomposte. Ha dei detrattori, che spuntano su Internet. Inevitabile, mica ci dobbiamo scandalizzare. A proposito di un celebre fatto delittuoso, un bilioso commentatore si lamenta che Chi l’ha visto? non lascia spazio al dubbio. Ma quando mai? Il programma ha come perno proprio il dubbio. Ovviamente parte dalla cronaca raccontata dai quotidiani e dai telegiornali, ma lì non rimane ancorato: sarebbe una contraddizione in termini. Va giù pesante quando s’interroga pleonasticamente, e con grevità da bar, sul «chi è questa Sciarelli?» e aggiunge che la sua impressione su di lei è «funerea». Poi l’inevitabile «Vergogna!»: da girare immediatamente alla realtà e non a chi la descrive. C’è poi chi, sempre su web, approfitta dei link, e segnala il proprio studio di indagini psicologiche. Come è facile e come è volgare oggi farsi pubblicità. Ma a proposito di sensazionalismo, vale la pena di segnalare un’altra sobrietà

games

giornalistica: quella di Lamberto Sposini, conduttore di La vita in diretta (ogni pomeriggio su Rai 1). Sposini è un gentiluomo, uno che è capace di sopportare, glissare, smussare i toni, ma anche fermo, fermissimo nel ribadire che chi fa le domande è lui e non gli ospiti ingombranti e malati di protagonismo, quelli insomma che vorrebbero rispondere a quesiti formulati da se medesimi. Una prova di quel che affermo? L’arrogante intervento di Loredana Lecciso, nota per aver dato due figli al cantante Al Bano, giornalista radiata dall’Albo, così orgogliosa, presumo, di mostrarsi (in Distraction) senza mutandine. Ebbene, Sposini, non gliele ha mandate a dire: «Se non le piace essere qui può anche rifiutare di rispondere… quanto alla mia vita privata non ho motivi di essere reticente, ma a patto che lei mi inviti in un suo programma, se l’avrà… le domande qui le faccio io». Niente da fare, lei nervosa e petulante, gambe accavallate alla Sharon Stone, con evidentissime e vistosissime differenze estetiche, ovviamente. In una delle ultime puntate s’è parlato dello stupore a tutti i costi. In studio un uomo di mezza età completamente tatuato che altro non ha saputo dire se non che «il corpo ha la sua espressione, la sua comunicazione visiva». Contento lui… Contentissima una trentenne di Reggio Emilia, Flavia, che ha subito ben 17 interventi di chirurgia plastica. Voleva a tutti i costi assomigliare a Pamela Anderson, nota per il suo enorme seno. Una correzione, se fosse possibile, dovrebbe farla anche alla sua sintassi visto che ha detto «orecchie a ventola». Ma fa niente. Una che ha speso 90 mila euro in sala chirurgica ha poi l’impudenza di dire che «l’importante è essere belli dentro». Viene da interrogarsi: per «dentro» che cosa intende? Non vorrei essere troppo maligno. L’apparenza, dicevo. Problema pungente di oggi. Sposini a questo ha dedicato una mezz’ora e passa. Anche in questo caso nessun sensazionalismo. Solo buona cronaca.

dvd

IL CONTINENTE SOMMERSO DELLA RETE

HOTEL 626 DALLE 18 ALLE 6

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i chiama web invisibile e non è altro che l’insieme delle risorse informative non segnalate dai normali motori di ricerca. Un continente sommerso, di cui la rete di cui tutti usufruiamo rappresenta soltanto la superficie. La Bright Planet, organizzazione statunitense, valuta che a fronte dei circa due miliardi di documenti indicizzati da Google, ne sono presenti in realtà 550 miliardi. Perciò, il cele-

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l nome è tetro, le testimonianze agghiaccianti, e la giocabilità garantita a tutti quanti possiedono una normale connessione internet. Protagonista di un prepotente passaparola che ne ha fatto il miglior gioco in flash agli Fwa Award del 2008, Hotel 626 è un game interattivo che mescola i più eccitanti ingredienti ludici dell’horror. Ambientato nell’omonimo hotel, il gioco tormenta il protagonista

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A fronte dei 2 miliardi di documenti indicizzati ce ne sono 550 miliardi invisibili. Google li cerca…

Disponibile su internet 12 ore al giorno il gioco interattivo con i migliori ingredienti dell’horror

In bilico tra ieri e oggi, Marco Bertozzi rivisita l’architettura simbolica del Ventennio

bre motore di ricerca ideato nel 1998 da Larry Page e Sergey Brin, si è lanciato alla ricerca del continente sommerso. Un’operazione che a breve sarà resa possibile da una nuova tecnologia targata Kosmix. Gran parte dei dati si celano spesso in database invisibili, o protetti da password di accesso o formule di abbonamento che restringono il numero di accessi e di informazioni disponibili. Mancano inoltre all’appello numerose porzioni di web non codificate in linguaggio html, e volutamente tenute al riparo da sguardi indiscreti. «La rete navigabile è solo la punta di un iceberg», ha spiegato Alex Wright sul New York Times. La caccia all’Antartide è già partita.

con la continua e improvvisa presenza di figure sinistre da cui cercare scampo, alternate a enigmi e rompicapi che richiedono il massimo del sangue freddo disponibile. Giocabile solo per dodici ore dal giorno, dalle 18 alle 6 del mattino, Hotel 626 richiede una semplice registrazione e la, vivamente consigliata, accettazione dell’accesso alla propria webcam e al proprio microfono. Detto che Hotel 626 si è guadagnata la fama di gioco più spaventoso di sempre, i trailer disponibili su YouTube rendono abbastanza bene l’idea dell’avventura. Molto buio, tanto affanno e forse troppo, troppo coraggio.

zi, docente di cinema e brillante filmaker, opera una re-visione dei materiali d’epoca che non è semplice decostruzione dell’architettura fascista, ma ri-visitazione dell’urbanistica mentale di un luogo e di un ambiente, che fu la matrice immaginifica del pensiero mussoliniano. Accompagnato dai contributi degli storici Pierre Sorlin e David Forgacs, l’opera di Bertozzi scardina da una parte gli infissi di chi osserva Predappio alla luce di voice over paradivine e rimuove dall’altra le grate della damnatio memoriae. Nell’intento di varcare la finestra, il ritaglio che oggettiva, Bertozzi si mescola alla gente, e filma ciò che accade in ciò che è già accaduto.

a cura di Francesco Lo Dico

LUCE SU PREDAPPIO mmune da febbri revisioniste o apologetici cliché d’epoca, la Predappio in luce di Marco Bertozzi è un’escursione nella memoria di ieri, che fa tappa nell’immaginario di oggi. Sarabanda di moduli architettonici del Ventennio, e appendice turistica di un demi-monde orfano, la cittadina romagnola è punto nevralgico di una storia d’Italia edificata sui cinegiornali del tempo. Bertoz-


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