Cpia magazine n° 2

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N u mer o 2 SE TTEM BRE 2016

CPIA AGRIGENTO MAGAZINE Il CPIA di Agrigento al Convegno Nazionale RIPAD Il 9 Maggio si è svolto a Roma il terzo convegno RIDAP, Rete Italiana Istruzione degli Adulti, che aveva come argomento l’entrata a regime, il primo settembre 2015, della riforma del sistema di Istruzione degli Adulti, e il confronto al termine di questo primo anno su alcuni temi strategici osservati dal punto di vista gestionale, organizzativo e didattico. Il Convegno di maggio 2016, al quale il DS Ing Santino Lo Presti, è stato chiamato ad intervenire, è stato un’occasione per riflettere sugli orizzonti del nuovo sistema di Istruzione degli Adulti, sul ruolo che i CPIA svolgono rispetto all’innalzamento del livello di istruzione della popo-

lazione adulta, dallo sviluppo di competenze per l’esercizio della cittadinanza attiva ai processi di accoglienza e inclusione dei cittadini stranieri, dal contrasto alla dispersione scolastica alla scuola nelle carceri. Si riportano alcuni stralci dell’intervento del DS Santino Lo Presti, che oltre ad evidenziare tutte le problematiche relative all’iniziare un nuovo processo (in uno Stato nel quale esiste la regola, ma non è stata studiata nessuna possibile applicazione della stessa) ha focalizzato i punti fondamentali che occorrono in questa professione così delicata rivolta ad utenti “particolari“.

SOMMARIO: Attività CPIA e Partner

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Rubriche

 Cucina

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 Favole e leggende

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 Storie di Parole

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 Riflessioni

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Appendice

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di mollare tutto

 Con il cuore perché se Dirigente Scolastico Ing Santino Lo Presti

<<Poiché queste persone portano con sé problematiche di un contesto difficile, noi dobbiamo lavorare :  Con molta professionalità  Con molta attenzione senza mai sottovalutare la persona con cui interagiamo  Con molta passione perché ti viene voglia

Intervento del DS ing. Santino Lo Presti al 3° convegno nazionale RIDAP- ROMA 9/5/16

non ci metti il cuore questo lavoro non puoi farlo  Essere “ maestri ” più che insegnanti o docenti”>> La relazione del DS (interamente riportata in appendice) continua chiarendo il modello organizzativo applicato e le problematiche riscontrate e si conclude con un’importante riflessione sulla necessità dei CPIA di scambiarsi le proprie esperienze << Vi è la necessità di scambiarci continuamente le nostre esperienze formando RETE in quanto i CPIA sono una rete, vivono di rete e nella rete. Associarsi alla RIDAP è importante in quanto strumento di raccordo tra le istituzioni statali e sindacali, per dare voce alle nostre esigenze. Mi auguro l’anno prossimo di potervi raccontare un’altra storia in cui le leggi dello Stato siano rispettate e applicate. >>


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Seminari di formazione e altro...

Bentrovati a tutti i lettori del CPIA Agrigento Magazine! Sono molto contenta di potervi offrire il secondo numero del nostro editoriale che, questa volta, sarà articolato in più rubriche:  partners ed attività CPIA;  il mondo in una cucina;  favole dal mondo;  storie di parole;  riflessioni ad alta voce;  appendice. Cominciamo subito con la presentazione della rete che il CPIA Agrigento ha stipulato con le istituzioni scolastiche dove sono incardinati i percorsi di secondo livello e precisamente:  I.T.C. “Don Michele Arena” di Sciacca compresa la Sede Carceraria;  IPSEOA “ Sen G. Molinari” di Sciacca  ITCG “ Giovanni XXIII” di Ribera  IPIA “ Archimede” di Cianciana  IM M.Teresa di Calcutta di S.Stefano di Quisquina  IP Alb. Rist. ”G. Ambrosini” di Favara compresi

Organizzazione di rete

i corsi attivati presso la Casa Circondariale Petrusa di Agrigento  IPSIA “G. Marconi” di Favara  ITC “L. Sciascia” di Porto Empedocle  ITC + IP.Al. e Rist. ” F. Re Capriata” di Licata. Proprio da quest’ultimo istituto abbiamo ricevuto una corposa presentazione dei corsi e delle molte attività proposte nel tempo (potete prenderne visione nella pagina seguente!) Inoltre Vi segnalo, con grande piacere che il CPIA Agrigento, nonostante la recentissima costituzione, si è già ampliato ed infatti da marzo 2016 sono stati attivati : n.1 corso di alfabetizzazione a Grotte; n.1 corso di alfabetizzazione e di primo livello primo periodo didattico a Siculiana (con iscritti locali).

le buone prassi nazionali ed europee. Il tema è stato analizzato alla

luce della situazione dei detenuti nelle carceri non solo del nostro Paese, ma anche europee, per le quali da sempre l’educazione in carcere è un tema prioritario. Successivamente ha preso il via il seminario regionale intitolato “Iniziative tese ad integrare ed arricchire i percorsi di istruzione degli adulti, con riferimento ai corsi per il conseguimento delle competenze linguistiche di livello pre-A1”; si è tenuto il 13 – 14 giugno 2016 c/o Aula Magna I.T.C.G. “M. Rapisardi” – Viale Regina Margherita, 27 – Caltanissetta. Si è trattato di un momento

Organizzazione CPIA E’ doveroso anche parlare dei due eventi di formazione che hanno coinvolto alcuni insegnanti del CPIA Agrigento, e in particolare: Il seminario nazionale sull’educazione degli adulti in carcere intitolato “Liberi di apprendere”organizzato da Erasmus+ ed EPALE a Napoli il 4 e 5 aprile 2016; in pratica due giornate dedicate all’educazione degli adulti e rivolto a circa 200 docenti delle scuole in carcere, volontari, operatori e a tutti coloro che svolgono percorsi di educazione formale e informale nelle carceri per promuovere una sempre maggiore “cultura del rispetto” con esperti che hanno presentato

formativo indirizzato agli insegnati dei corsi di alfabetizzazione per confrontarsi e migliorarsi secondo le normative specifiche di livello Nazionale.

Prof.ssa Antonina Ausilia Uttilla Primo Collaboratore del DS con Funzione di Vicario del CPIA Agrigento


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F. Re Capriata : un istituto sempre a passo con i tempi.

L’Istituto d’Istruzione Secondaria Superiore “F. Re Capriata” opera da più di cinquanta anni nel tessuto socioeconomico e culturale di Licata e dei comuni vicini e si propone come promotore di formazione intellettuale dei giovani e degli adulti che lo frequentano. Fondato nel 1950, l’Istituto ha sempre offerto una buona preparazione culturale e professionale, l’opportunità di un sicuro inserimento nel mondo del lavoro e basi valide per l’accesso a corsi universitari. Diverse generazioni si sono culturalmente e professionalmente formate affermandosi come professionisti, bravi imprenditori, ottimi dirigenti o dipendenti nella pubblica amministrazione o in aziende private, costituendo preziose risorse umane per l’intera collettività. Nato come I.T.C.G (Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri) nel 1988 si scinde in due istituti: ITC Re Capriata e l’ITG Giganti Curella. Gli anni ’80 e ’90 sono caratterizzati da una fase di ammoder-

namento strumentale e di aggiornamento didattico e, facendo seguito all’adesione dell’Istituto al PNI (Piano Nazionale Informatica), è stato attivato il corso per Programmatori da affiancare al tradizionale corso IGEA. Nel 2001 l’Istituto viene anche accreditato presso l’AICA (Associazione Italiana per l’Informatica e il Calcolo Automatico) come TEST CENTER autonomo per la certificazione ECDL Core Level. Nel 2002 è stata istituita la sezione “Professionale per i Servizi Alberghieri”. Nell’anno scolastico 2006/2007 l’istituto è divenuto CTRH (Centro Territoriale Risorse Handicap) del distretto socio-sanitario n.5 di Licata e Palma di Montechiaro. Oggi i corsi offerti dall’IISS “F. Re Capriata” sono articolati come segue:  Istituto Tecnico Economico: amministrazione-finanzamarketing (diurno e serale) e sistemi informativi aziendali.  Istituto Tecnologico: informatica e telecomunicazione.  Istituto Professionale per l’Enogastronomia e l’Ospitalità Alberghiera: accoglienza turistica, enogastronomia, servizi di sala

e di vendita. Il corso serale, attivo da oltre dieci anni, si propone di realizzare, anche alla luce delle nuove disposizioni dettate dal decreto-legge n.133 del 6 agosto 2008, percorsi di Secondo Livello, finalizzati al conseguimento del diploma di istruzione secondaria (Indirizzo Tecnico Economico) e, pertanto, di:  garantire a tutti il diritto allo studio in qualsiasi momento della propria vita;  recuperare le carenze nella formazione di base;  consentire la riqualificazione e la riconversione professionale degli adulti già inseriti in attività lavorative o disoccupati.  valorizzare l’esperienza e le competenze di cui sono portatori gli studenti. L’IISS “Re Capriata” è anche punto di erogazione di corsi di alfabetizzazione e percorsi di Primo Livello. Tali corsi sono organizzati e realizzati dai CPIA - Centri Permanenti Istruzione Adulti (ex CTP che, sempre per effetto del decreto -legge n.133, sono diventati una tipologia di istituzione scolastica autonoma, articolata su base provinciale, dotata di un proprio organico e di uno specifico assetto didattico e organizzativo).

Loredana Nogara Lilliana Lupo Docenti IISS “Re Capriata di Licata


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Il Barone Antonio Mendola ...Ci attende!

Sì, è proprio il Barone Antonio Mendola, nella sua “statuaria” imponenza, ad accoglierci davanti la Biblioteca comunale di Favara, in un bel pomeriggio di maggio. Entrando tutto parla di lui e comprendiamo subito che è stato un gran benefattore; infatti la responsabile ci dice che la biblioteca, con i suoi 20.000 volumi, è dono del Barone a tutta la città di Favara. Al primo piano una splendida sala ovale, con una scaffalatura lignea, eleganti colonnine ed un meraviglioso affresco al tetto, custodisce volumi antichi e rari di notevole interesse; la sala ci racconta di un barone studioso della letteratura, dell’arte, dell’anatomia, della viticoltura, dell’ampelografia, della geologia, dell’archeologia. Al secondo piano scopriamo un altro aspetto della sua figura: un appassionato della storia naturale. Infatti, siamo colpiti da tanti piccoli occhi che sembrano darci il benvenuto: sono uccelli imbalsamati (cicogne, aquile reali, gufi), ma anche pesci e rettili. Scorgiamo anche un piccolo museo di fossili e minerali. È

davvero un “Popularis Sapientiae loculus” (un piccolo luogo di sapienza per tutto il popolo), come lui lo definiva. Grazie, Barone! Ritorneremo, magari a prendere in prestito un bel libro! La nostra visita continua al Castello Chiaramonte che si trova a pochi passi: un castello un tempo periferico, oggi nel cuore del paese. Il Castello è stato costruito intorno al 1270 da Federico II Chiaramonte ed è stato anche una dimora di caccia di Federico II di Svevia. Entrando, a sinistra, ci colpisce un ambiente che era un carcere per criminali (davvero triste); subito dopo arriviamo in un’ampia corte che ci fa respirare aria medievale, immaginando feste di corte con dame, cavalieri e giullari. Al piano terra si trova la scuderia, con una volta a botte e monofore a feritoia, oggi diventata una bella sala per convegni. Una larga scala ci porta al primo piano, il piano nobile. Mentre ammiriamo il bellissimo portale gotico della cappella, abbiamo il piacere di incontrare un pittore favarese che si mostra subito disponibile a guidarci nella visita. Entriamo nella piccola cappella privata riservata ai nobili del castello, che è un piccolo gioiello. Proseguendo, in un grande salone, una mostra temporanea di pittura e scultura di artisti locali ci viene spiegata dal pittore con dovizia di particolari; è un piacere ascoltarlo!!! Dalle finestre ammiriamo l’immensa Piazza Cavour, ma soprat-

tutto la meravigliosa cupola della Chiesa Madre che svetta sul paese. È stato proprio un bel pomeriggio trascorso con i nostri professori, all'insegna della storia, dell'arte, della cultura della città di Favara.

I corsiti del I livello I periodo didattico del punto di erogazione di Favara del CPIA di Agrigento


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Casa Circondariale di Sciacca: Cartoline dalla Fantasia I corsisti del gruppo di Alfabetizzazione della Casa Circondariale di Sciacca, nell'ambito del percorso di studio ed apprendimento programmato hanno prodotto in autonomia delle cartoline a seguito di un sistematico lavoro di interazione orale e scritta. Le hanno progettate graficamente in base agli sti-

moli ricevuti e alle descrizioni paesaggistiche suggerite. Hanno prodotto semplici testi in modo personale facendo trasparire vissuti ed emozioni velati da profonda nostalgia e allo stesso tempo rivitalizzati da una fiduciosa speranza di ritornare presto alla libertà.

Ins. Lilla Buggemi Punto di Erogazione di Sciacca del CPIA di Agrigento

Per il nostro futuro … professionale, essendo stata molti anni insegnante presso le scuole elementari, li chiamo ragazzi ma si tratta in realtà di persone adulte, lavoratori e alcuni anche con famiglia a carico, con una grande capacità di apprendimento nella fase di alfabetizzazione attualmente in atto, probabilmente legata alla curiosità e necessità di imparare a leggere e scrivere. Nonostante la voglia di integrazione la terra nativa non si dimentica mai! Ho infatti notato in loro un grande A prescindere da usi, religione e legame a quella che è stata e cocultura il vero ostacolo per chi munque resterà la loro cultura, giunge in un paese straniero è la conoscenza della lingua italiana, necessaria per lavorare, socializzare ed inserirsi nella comunità autoctona. Questa necessità è evidente nei ragazzi, sia maschi che femmine, frequentanti la scuola pomeridiana presso il Centro Sociale del comune di Siculiana, i quali infatti sono molto grati al preside Santino Lo Presti per l’apertura di questa nuova sede del CPIA di Agrigento. Per deformazione

anche dal punto di vista culinario. A tal proposito, come festa

di fine corso di alfabetizzazione, il gruppo ha proposto la preparazione di piatti tipici della loro cucina. I corsisti romeni hannopreparato le “Sarmale”, quelli marocchini invece le “Tagine kefta di sardine”.

Ins. Francesca Vella del Punto di Erogazione di Siculiana del CPIA di Agrigento


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CPIA Bivona: un esempio di fattiva integrazione per Sarjo Il testo “ Sempre rendi grazie e lodi”, su base musicale reggae, è stato scritto dal nostro corsista Sarjo Touray, giovane di 25 anni originario del Gambia, in Italia da tre anni. Approdato a Trapani, recuperato da una vedetta della marina militare, dopo un SOS lanciato dal barcone in avaria, ospitato dalla associazione “OMNIA ACADEMY”come soggetto richiedente asilo politico, prima a Porto Empedocle, e dall’anno scorso ad Alessandria della Rocca dove ha frequentato il corso di lingua italiana per stranieri e tutt’ora il percorso propedeutico. Ragazzo buono d’animo, sensibile, disponibile e di doti eccelse, ha mostrato notevole predisposizione per la musica e si ispira a scrivere dei testi a cui poi adatta delle basi musicali. Durante la sua permanenza ha saputo mostrare il meglio di se ottenendo riconoscimenti e consensi favorevoli ed amichevoli da chi ha avuto modo di frequentarlo. Già in possesso del permesso di soggiorno, è stato inserito, grazie all’intervento dell’amministrazione comunale, in un progetto ”garanzia giovani”, presso una azienda agricola dove opera, e alterna lavoro-scuola con molto interesse. Una sua riflessione sul fenomeno dell’immigrazione ci fa riflettere come è difficile capire colui che si trova dall’altra parte dello steccato, soprattutto quando afferma che gli viene difficilissimo assicurare l’arrivo in UE ai suoi connazionali pronti alla fuga dal “regime dittatoriale” del Gambia.

ALWAYS GIVE THANKS AND

PRAISES Always give thanks and praises (x4) I was crying all day along for not having a shoes till when I found a man on my way with a feet, I suddenly halt forgetting my case, there I come to know no one took last in this world. In any situation you found yourself always give thanks and praises. Always give thanks and praises, Crying for a low salary others crying for jobless Crying for poverty others crying for a health Crying for a child, others crying for with a wife. In any situation you found yourself always give thanks and praises Always give thanks and praises (x2) Always be proud of yourself, be proud of what you get in hand and Jah will provide you more. Always give thanks and praises!(x4)

SEMPRE RENDI GRAZIE E

LODI Sempre rendi grazie e lodi (x4) Ho pianto tutto il giorno, perché non avevo un paio di scarpe fino a quando ho trovato un uomo sulla mia strada che camminava a piedi nudi, ho improvvisamente, dimenticato il mio problema perché ho compreso che non ci sarà mai nessuno ultimo in questo mondo. In qualsiasi situazione ti trovi, sempre rendi grazie e lodi. Piangere per un basso stipendio, o piangere perchè si è disoccupati, Piangere perché si è povero, piangere per una problema di salute Piangere per un bambino, piangere per una moglie. In qualsiasi situazione ti trovi, sempre rendi grazie e lodi Sempre rendi grazie e lodi (x2) Sii sempre orgoglioso di te stesso, sii orgoglioso di quello che hai in mano e il Signore ti darà di più . Sempre rendi grazie e lodi (x4)

Il corsista Sarjo Touray del Punto di Erogazione di Bivona del CPIA di Agrigento


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Un piatto tradizionale eritreo: "Injera con zighini" Ingredienti :

Dal punto di vista nutrizionale l’injera è un alimento formidabile, se realizzata con la materia prima originale, il teff (nome scientifico: eragrostis). Questo cereale sottile, che assomiglia al miglio, è di colore kaki, con caratteristiche simili al grano, ma contiene molte altre sostanze di cui il grano è carente, come ad esempio la lisina ed altri amminoacidi essenziali. E’ ricchissimo di ferro e contiene calcio e potassio in quantità significativamente più elevate sia del grano che del riso. L’assenza di glutine, infine, potrebbe salvare questo cereale dall’estinzione e renderlo una valida alternativa al grano per tutte le persone colpite da celiachia. Gli immigrati eritrei ed etiopi in giro per il mondo hanno modificato la ricetta di questo pane tradizionale per adeguarla ai tipi di farina per loro disponibili, perché la farina di teff è quasi impossibile da reperire al di fuori dei confini africani. L’injera viene generalmente servita in un grande piatto comune con sopra lo zighinì, uno spezzatino di carni miste (in genere agnello e manzo) cotto con un mix di spezie chiamato berberè. Oltre a rappresentare un cibo di base, l'injera funge anche da piatto e da posata per mangiare altri cibi, perché si spezza con le mani e serve da "cucchiaio" per raccogliere lo zighinì e gli altri cibi presenti sulla tavola.

INJERA 500 g di farina di frumento 500 g di farina di mais 250 g di semola di grano duro 25 g di lievito (o 100 g di lievito madre) 500 g d'acqua ZIGHINI' 1 cipolla 2 spicchi d’aglio 1 cucchiaio di burro chiarificato 3 cucchiai di berbere’ (vedi sotto) 1 bicchiere d'acqua sale 500 g di pomodori pelati 500 g di manzo tagliato a spezzatino BERBERE' 2 cucchiaino di semi di cumino 1 cucchiaino di semi di cardamomo 1/2 cucchiaino di pepe di Giamaica o pimento 1 cucchiaino di fieno greco 1 cucchiaino di semi di coriandolo 8 chiodi di garofano 1 cucchiaino di pepe nero 5 cucchiaini di peperoncino 1 cucchiaino di zenzero 1 cucchiaino di curcuma 1 cucchiaino di sale 3 cucchiai di paprika 1/2 cucchiaino di cannella

INJERA Mescolate gli ingredienti in una ciotola capiente. Coprite e fate riposare a temperatura ambiente 2 o 3 giorni. Lavorate l’impasto fermentato con acqua sufficiente a farlo diventare fluido. Scaldate una padella antiaderente e versate il composto in modo da avere uno strato di 3-4 millimetri, come per una crepe. Quando inizia a rapprendere devono comparire le bollicine, che danno la caratteristica consistenza spugnosa al pane. Coprite e lasciate cuocere per circa 3 minuti, evitando che prenda colore. Lasciate raffreddare su un canovaccio evitando di sovrapporre le focacce finché non sono fredde. ZIGHINI' Fate appassire in una padella antiaderente coperta 1 grossa cipolla e 2 spicchi d’aglio tritati. Dopo 5 minuti aggiungete 1 cucchiaio di burro chiarificato, 3 cucchiai di berberé, 1 bicchiere d'acqua e sale. Fate restringere lentamente, poi aggiungete 500 g di pelati e, se c’è bisogno, un altro bicchiere d'acqua. Continuate a sobbollire per 15 minuti. Aggiungete 500 g di manzo e finite di cuocere per 1 ora, finché la carne è cotta e il fondo ristretto. Si mangia tradizionalmente sull’injera, in modo che questo si imbeva di sugo. BERBERE' In una padella antiaderente fate tostare i semi per due minuti, mescolando continuamente (aprite la finestra perché si forma un gas difficile da respirare). Tritate tutte le spezie con il robot da cucina. Conservate in un vaso di vetro ben chiuso. Si usa per accompagnare carni, verdure e riso.

Un detenuto del corso di I livello I periodo didattico della Casa Circondariale Petrusa di Agrigento Punto di erogazione CPIA Agrigento


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I dolci del Ramadan La sede territoriale di Ribera del CPIA di Agrigento, opera per il recupero delle abilità di base della popolazione adulta, per il miglioramento della propria condizione nella vita sociale e per l’integrazione linguistica e sociale degli stranieri che vivono nel territorio di Ribera. Durante le lezioni, ampio spazio è stato riservato agli scambi culturali e alla conoscenza degli usi e costumi e delle tradizioni tipiche dei luoghi di provenienza dei corsisti per una migliore integrazione culturale e sociale. Dal momento che la quasi totalità dei corsisti è di religione musulmana, non possiamo non parlare del Ramadan e dei dolci tradizionali di tale periodo. Il Ramadan detto anche “il Digiuno” costituisce il quarto dei cinque pilastri dell’Islam, assieme alla dichiarazione di fede, alle cinque preghiere giornaliere, all’elemosina e al pellegrinaggio, almeno una volta nella vita, alla Mecca. Durante il Ramadan, i musulmani devono astenersi, dall’alba al tramonto, dal bere, mangiare, fumare , dal praticare attività sessuale e, anche spiritualmente, allontanare ogni cattivo pensiero o azione. Soltanto al tramonto del sole, il digiuno viene rotto. In questo periodo si consuma una maggiore quantità di dolci; un dolce tipico del Ramadan è il CIABACHIA (CHEBAKIA) di cui F.M. studentessa del corso di alfabetizzazione nella lingua italiana, ci fornisce la ricetta che pubblichiamo in originale scritta dalla stessa.

Punto di erogazione di Ribera


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Tajiin Ingredienti: -Carne di agnello -Carote -Patate -Cipolle -Olio di oliva -Aglio -Prezzemolo -Passata di pomodoro -Piselli

Il Tajine è una particolare pentola in terracotta grezza ed è costituita da un piatto e da un coperchio a forma di imbuto rovesciato. Oggi in commercio si trovano anche modelli in ceramica e in ghisa. Questo recipiente di cottura rappresenta sicuramente la massima espressione della cucina marocchina nel suo insieme. Creato dai berberi il Tajine, grazie alla sua particolare forma e al suo modo di cuocere gli alimenti, riesce a conquistare qualunque contesto culturale e sociale nel nome della buona cucina. Gli ingredienti e gli alimenti cotti dentro questa particolare pentola riescono a fondere e a trasmettere aromi gli uni con gli altri e ad equilibrare con sapienza, intensità e gusto i vari sughi di cottura. La cottura dentro il Tajine avviene a fuoco basso ed è lenta e graduale per dare il tempo agli elementi al suo interno di concentrarsi e insaporirsi con i propri succhi. Preparazione carne + cipolla + aglio e prezzemolo tritato + olio di oliva ( cucinare 15 min) aggiugere la passata di pomodoro e cuocere per 10 minuti unire acqua bollente + carote (cucinare 10 min) Aggiungere patate e piselli fino a quando tutto sarà cotto.

Un detenuto del corso di I livello I periodo didattico della Casa Circondariale di Sciacca Punto di Erogazione CPIA Agrigento

Raviole Catanesi cucinate in una casa circondariale Ingredienti che uso io qua dentro -500 gr Farina -1 bicchiere di zucchero -Un pizzico di sale -1 bustina di lievito per pizza -Scorza di limone (o vanellina) -Un burro o un bicchiere piccolo di olio di semi -Una patata bollita -2 uova, 1 intero 1 solo il tuorlo Mettere la farina in un contenitore assieme allo zucchero, al sale e alla buccia di limone. Mescolare e aggiungere il burro quasi sciolto, assieme alle uova e alla patata, impastare bene finchè si ottiene un impasto liscio ed elastico; mettere l’impasto a lievitare, coprendolo con una tovaglia per circa un'ora e mezza. A lievitazione completata fare le forme rotonde di circa 1/5 di spessore e riempire a scelta, con crema o ricotta (con questo composto si possono fare le craff, formando delle palline), schiacciare e fare il buco al centro; in una pentola far bollire abbondante olio di semi, quindi friggerle bene; una volta ben dorate togliere dal fuoco, farle scolare un po'e passarle nello zucchero (e buon appetito)!

Un detenuto del corso di I livello I periodo didattico della Casa Circondariale Petrusa di Agrigento Punto di erogazione CPIA Agrigento


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Storia di King Qualche tempo fa una madre punì la figlioletta di cinque anni perché aveva sprecato un costoso rotolo di carta color oro. In famiglia il denaro scarseggiava e la mamma era sconvolta. La bimba aveva usato la carta dorata per decorare una scatola da regalare alla madre per il suo compleanno e, gettandole le braccia al collo disse: ”Questo è per te mammina”. La madre, imbarazzata per la precedente reazione cominciò a scartare il regalo ma divenne livida di rabbia quando si accorse che la scatola era vuota. “Non lo sai signorina, quando si dona a qualcuno un regalo ci dovrebbe essere qualcosa dentro il pacchetto!” La bimba con le lacrime agli occhi rispose: “Oh mammina, ho messo dentro tutti i miei baci, proprio tutti, e ho riempito il pacchetto fino all’orlo!” La mamma commossa si inginocchiò accanto alla figlia abbracciandola e chiedendole perdono per la sua rabbia sconsiderata. Qualche tempo dopo la bimba perse la vita in un incidente automobilistico e la madre per tutta la vita continuò a tenere accanto al letto quella scatola dorata. Ogni volta che il dolore si faceva troppo vivo, apriva la scatola e ne estraeva un bacio per far rivivere tutto l’amore che la bimba vi aveva conservato. Morale: Ognuno di noi dovrebbe tenere una scatola dorata piena dell’amore incondizionato dei propri figli, dei propri familiari, degli amici e di Dio. Non esiste bene più prezioso. Chi ci ama sarà sempre con noi.

Il corsista Kingsley Osimen Nigeria del Punto di Erogazione Canicattì del CPIA di Agrigento


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P r o v a d ’ a m o r e - u n a fi a b a d e l S e n e g a l C'era una volta un re che aveva una figlia ammirata da tutti per la sua bellezza e bontà. Molti venivano a offrirle gioielli, stoffe preziose, noci di kola, sperando d'averla come sposa. Ma la giovane non sapeva decidersi. <<A chi mi concederai?>> - chiese a suo padre. <<Non so >> - disse il padre - <<Lascio scegliere a te: sono sicuro che tu, giudiziosa come sei, farai la scelta migliore.>> <<Facciamo così >>- propose la giovane - <<Tu fai sapere che sono stata morsa da un serpente velenoso e sono morta. I membri della famiglia reale prenderanno il lutto. Suoneranno i tam-tam dei funerali e cominceranno le danze funebri. Vedremo cosa succederà.>> Il re, sorpreso e un po' controvoglia, accettò. La triste notizia si diffuse come un fulmine. Nei villaggi fu un gran parlare sommesso, spari di fucile rintronavano in segno di dolore, mentre le donne anziane, alla porta della stanza mortuaria, sgranavano le loro tristi melopee. Ed ecco arrivare anche i pretendenti della principessa. Si presentarono al re e pretesero la restituzione dei beni donati. <<Giacché tua figlia è morta, rendimi i miei gioielli, le stoffe preziose, le noci di kola.>> Il re accontentò tutti, nauseato da un simile comportamento. Capì allora quanto sua figlia fosse prudente. Per ultimo si presentò un giovanotto, povero, come appariva dagli abiti dimessi che indossava. Con le lacrime agli occhi egli disse: <<O re, ho sentito la dolorosa notizia e non so come rassegnarmi. Porto queste stoffe per colei che tanto amavo segretamente. Non mi ritenevo degno di lei. Desidero che anche nella tomba lei sia sempre la più bella di tutte. Metti accanto a lei anche queste noci di kola perché le diano forza nel grande viaggio. >> Il re fu commosso fino al profondo del cuore. Si presentò alla folla, fece tacere ogni clamore e annunciò a gran voce: <<Vi do una grande notizia: mia figlia non è morta. Ha voluto mettere alla prova l'amore dei suoi pretendenti. Ora so chi ama davvero e profondamente mia figlia. E' questo giovane! E' povero ma sincero.>> Dopo qualche tempo si celebrarono le nozze con la più bella festa mai vista a memoria d'uomo. I vecchi pretendenti non c'erano e non si fecero più vedere.

I corsisti Abdourahim Jallow e Amadou Diallo del Punto di Erogazione di Villaseta del CPIA di Agrigento


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Il guardiano del mare

Il delfino è senza alcun dubbio il pesce più conosciuto e amato da grandi e bambini. Mammifero come l’essere umano, spesso si avvicina incuriosito alle imbarcazioni che popolano il Mediterraneo. È il protagonista di tante leggende e di tanti fatti di cronaca che testimoniano l’amicizia e la collaborazione tra l’uomo e il simpatico cetaceo, come ad esempio l’antico racconto di Plinio il Giovane, ambientato sulle sponde meridionali del Mediterraneo, nell’antica città africana di Hippona. È questo lo scenario di un’insolita amici-

Il sogno di Ismaila Mi chiamo Ismaila e ho 17 anni, sono in Italia da un anno e mezzo. Sin da quando ho mosso i miei primi passi, ho iniziato a rincorrere la palla, unico “giocattolo” che noi bimbi della Gambia avevamo a disposizione. Con gli anni, quel passatempo tra bambini, da gioco si è trasformato in passione e da passione ad ambizione. Adesso sono un ragazzo e non rincorro più la palla, ma faccio “assist” e “goal” fantastici. Sono un Campione! È questo ciò che gridano quando mi vedono giocare. Avevo un sogno nel cassetto quello di arrivare in Italia ed essere scelto per una squadra di calcio Italiana, magari il Palermo o il Catania. Adesso sono qui e aspetto che qualcuno tiri fuori da quel cassetto il mio sogno e lo trasformi in realtà. Il corsista ISMAILA Del Punto di Erogazione di Grotte CPIA Agrigento

zia tra un delfino e un bambino. Spesso anche i ragazzi migranti ci narrano di avere incontrato durante la loro odissea sulle onde del mare questo splendido animale. L’allegro chiacchiericcio degli inconsueti accompagnatori ed i loro salti acrobatici rallegrano i cuori dei migranti e li fa ben sperare in un nuovo inizio. Ecco le loro parole: <Il delfino,

quando arriva, protegge il nostro viaggio, allontana i pesci cattivi come lo squalo, e noi non abbiamo più paura. Se qualcuno cade in acqua lui l’aiuta.>. Intelligenti ed alle-

gri, i virtuosi saltimbanchi hanno da sempre stimolato la nostra fantasia e quella dei ragazzi che vedono in questo “guardiano del mare” una boa di salvezza in caso di naufragio. Immaginarsi abbandonati alla deriva nelle sconfinate pianure del mare e vederselo

spuntare all’improvviso dev’essere emozionante. Pensarlo rinchiuso in qualche piscina a saltellare tra cerchi e ostacoli, se prima ci avrebbe fatto sorridere, adesso, dopo questi racconti di speranza, ci rattrista. Tutto è diverso cambiando il punto di vista e chissà che anche l’intelligente pescione non provi le stesse emozioni nel vedere tanti uomini ammassati all’inverosimile in uno spazio così piccolo come quello di una barca o di un gommone. Speriamo che il mondo cambi sempre in meglio, noi docenti ci mettiamo il nostro sapere, i ragazzi il desiderio di imparare per fare in modo che ogni uomo viva libero nella propria Terra come il delfino in mezzo al mare.

Punto di Erogazione di Cammarata del CPIA di Agrigento

Pensiero di ringraziamento “A teacher’s purpose is not to create students in his own image, but to develope students who can create their own image. The way you teach…the knowledge you share… the care you take… the love you shows… make you… THE BEST TEACHERS IN THE WORLD!!!” “

Lo scopo di un insegnante non è creare studenti a propria immagine, ma aiutarli a creare la propria immagine, il proprio mondo. Il modo in cui si insegna… la conoscenza che si condivide… la cura che ci si mette… l’amore che si profonde… VI RENDE I MIGLIORI INSEGNANTI AL MONDO!!!” Pensiero di ringraziamento di Kingsley Osimen ai suoi insegnanti del punto di erogazione di Canicattì I Periodo i Livello.

Il corsista Kingsley Osimen Del Punto di Erogazione di Canicattì del CPIA Agrigento


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A mia madre

Ognuno di noi ha un sogno nel cassetto che desidera realizzare, ma non sempre e’ possibile. Fin da piccola giocavo a fare la parrucchiera, era un mio desiderio poterlo realizzare da grande, ma non ci sono riuscita. La vita non e’ stata sorridente con me; ho conosciuto la tristezza e la sofferenza all’eta’ di dodici anni, quando a causa di un incidente e’ morto mio padre. Il mio cuore si e’ annullato ad ogni emozione, mi sono chiusa al mondo esterno, rifiutavo di mangiare, avevo biso-

gno di amore e attenzione, desideravo un tuo abbraccio mamma; ma tu avevi occhi solo per mia sorella. Un giorno ci hai riuniti in cucina e ci hai comunicato che dovevamo assumerci le nostre responsabilita’; hai chiesto a mio fratello di continuare gli studi e a me di ritirarmi dalla scuola per fare le faccende domestiche. Io non volevo interrompere gli studi ma il tuo sguardo non dava nessuna altra possibilita’, cosi’ ho pensato alla casa, a mia sorella e ogni giorno temevo i tuoi rimproveri e tuoi modi bruschi, non eri mai contenta, mai una gratificazione, una parola dolce, un sorriso; volevo gridarti tutto cio’ che avevo dentro, ma non ne avevo il coraggio. Mi sentivo incompresa, ostacolata in ogni mio desiderio, tu mi hai privata anche del pensiero. Un giorno ho trovato il corag-

gio di ribellarmi e ti ho chiesto di poter frequentare la scuola di estetista e parrucchiera, tu mi hai risposto che fino a quando ero in casa dovevo compiacere i tuoi ordini e mi hai chiamata “cenerentola”. Alle tue parole, ho pianto interrottamente e ho pregato mio padre di aiutarmi a sopportare tutto cio’. Quando sono diventata mamma non ho privato i miei figli del mio amore e non li ho mai ostacolati nelle loro scelte. Oggi scrivo questa lettera cara mamma per liberarmi di quel macigno che mi sono trascinata per tutti questi lunghi anni. Anche se non hai saputo darmi il tuo affetto, non ho rancore e ti voglio bene perche’ mi hai donato la vita. Un bacio tua figlia

Una detenuta della Casa Circondariale Petrusa di Agrigento Punto di Erogazione CPIA Agrigento

La mia” Malattia” In una stanza grigia, buia, fredda, in compagnia della mia solitudine, immersa nei pensieri, osservo impassibile, attraverso una finestra circondata da sbarre, un raggio di sole. Lo vedo a quadretti mentre illumina le pagine di un libro di fiabe che sto leggendo. Fantastico di vivere anche io una favola che all’improvviso diventa la mia vita. Ero una bambina fragile, avevo appena sette anni, quando è entrata nella mia vita una nuvola nera con la morte improvvisa di mio padre. Da quel giorno ho visto solo le lacrime di mia madre e l’oscurità della nostra vita che si rifletteva negli abiti neri che indossava. Provavo tanto dolore e tenerezza per lei che, nonostante le tre figlie, era ancora una bambina. Essendo io la maggiore, ho sentito la responsabilità di fare qualcosa per aiutarla economi-

camente; così all’età di 14 anni all’insaputa di tutti, ho intrapreso una strada sbagliata causando poi tanti problemi in più. Rubavo e non riuscivo a smettere, era diventata una malattia. Crescendo ho incontrato un ragazzo bellissimo, che è diventato il mio amatissimo marito. Dal nostro amore sono nate tre figlie; mio marito non ci faceva mancare nulla, eppure io a sua insaputa non smettevo di rubare, mi sentivo gratificata. Un giorno sfortunatamente sono stata arrestata, così tutti sono venuti a conoscenza del mio vizio, ma non mi hanno abbandonata. In seguito, a causa di questa ossessione, ho coinvolto anche mio marito a rubare e così ho bruciato la mia gioventù e anche la sua. Adesso, dopo tanti anni di carcere, sopraffatta dai sensi di colpa, comprendo di aver fatto

soffrire tutti e in particolare la mie figlie, perché ogni volta che pensavo di averle ricoperte d’oro, le ho private della mia presenza quando ne avevano più bisogno. In questi anni di riflessione, ho capito che non esiste al mondo ricchezza e valore più grande della libertà e dell’unione familiare. Questo è il grande senso di colpa che mi trascino dietro come un bagaglio scomodo della mia vita. Grazie all‘amore della mia famiglia trovo la forza di affrontare i giorni che mi restano qui dentro, sino al giorno del mio fine pena. Solo allora quando avrò pagato il debito con la giustizia, potrò chiedere perdono alle mie figlie e a mio marito per i miei molti errori e tornerò a casa guarita dalla mia grande” Malattia”.

Una detenuta della Casa Circondariale Petrusa di Agrigento


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Lettera alla mamma

Tra le attività del CPIA rientra la somministrazione dei test di lingua italiana per i richiedenti il permesso di soggiorno di lungo periodo che hanno presentato regolare domanda alla Prefettura. Quest’anno sto facendo l’esperienza di somministrare questi test e non avrei mai potuto immaginare che una tale esperienza mi avrebbe arricchita così tanto dal punto di vista umano, perché si viene a contatto con persone che vivono realtà in parte diverse da quelle vissute dai ragazzi all’interno delle comunità. Nel mese di ottobre, ad esempio, c’è stato un momento particolarmente commovente, durante la correzione di una delle prove, la quale consiste-

va nello scrivere una lettera ad una persona cara. Tra le tante lettere da correggere ce ne sono state due, entrambe indirizzate alla mamma, che mi hanno particolarmente commossa per l‘amore che traspariva dalle parole utilizzate, per la nostalgia e il senso di solitudine che ho scorto dietro quelle poche righe … non si trattava del capitolo di un romanzo, ma della vita di due giovani lontani dai propri affetti e dalla propria terra e che ogni giorno sono costretti ad affrontare da soli le prove della vita, una vita che per loro è particolarmente difficile. Si trattava di lettere scritte col cuore, per questo motivo semplici e spontanee, senza uno

scopo, se non il bisogno di parlare alla mamma, di raccontare di sé, come se la mamma in quel momento potesse ascoltarli, confortarli e, magari, poter essere fiera di loro. Quando si leggono certe cose, una mamma si immedesima, pensa a come sarebbe la sua vita se fosse costretta ad un distacco del genere ed ecco che la correzione di un compito diventa qualcosa di diverso. Per un attimo si cerca di ricordare il ragazzo che ha scritto quelle parole e viene in mente il suo sguardo, ma poi si pensa che è lo stesso sguardo di tutti gli altri presenti in aula, perché in fondo l’unica differenza sta nel fatto che qualcuno è riuscito ad esprimere ciò che prova perché ha più padronanza della lingua, qualcuno, invece, ha lasciato nel cuore una tale ricchezza di sentimenti ed emozioni perché non riesce a tradurli in lingua italiana. Le due lettere in questione sono state scritte da Mustafa e Mouhamed, due ragazzi che hanno superato il test, non soltanto per la lettera, ricca di contenuti e scritta bene, ma anche per le altre prove in cui hanno dimostrato di conoscere la lingua italiana. Mi auguro di cuore per Mustafa e Mouhamed e per tutti coloro che sono costretti a lasciare la propria terra in cerca di una vita migliore, lontana da guerre e miseria, che possano realizzare i loro desideri e soprattutto che presto ognuno di loro possa riabbracciare la sua mamma e dirle di presenza quanto le voglia bene. Sono convinta che ci saranno ancora tante storie a farmi desiderare di parlare di esse e sento per questo di fare un lavoro speciale, visto che ha il potere di emozionarmi in tante occasioni: un privilegio non riservato a tutti.

Ins. Alessandra Vetro del punto di Erogazione Villaseta del CPIA Agrigento


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Il profumo dell’inchiostro tra le mura del carcere L’esperienza didattica al “Petrusa” mi ha aiutata a conoscere più da vicino il mondo del carcere e a capire come funziona la scuola all’interno di una casa circondariale nella consapevolezza che il genere umano non è diviso “tra criminali e chi ha la fedina penale pulita”. Mi sono stati affidati studenti del blocco dei cosiddetti “comuni”, dove alcune persone sono ancora in attesa di giudizio e non hanno ben chiare le condizioni e la durata della loro detenzione. Nell’immaginario collettivo le case circondariali sono una realtà cruda e violenta ma io sono entrata senza pregiudizi, anche se inizialmente ho avuto qualche timore per quello che in genere il carcere rappresenta, rafforzato anche dalla struttura architettonica, dove bisogna attraversare in continuazione cancelli che si aprono e si chiudono e che fanno percepire la sensazione di controllo. L’educazione e il rispetto che i detenuti dimostrano nei confronti miei e dei colleghi è una cosa che mi ha stupito, dal momento che spesso si tende a sovrapporre il crimine e il reato all’atteggiamento di una persona. Dall’inizio dell’anno scolastico la partecipazione al dialogo educativo e il coinvolgimento sono cresciuti e spesso sono nate conversazioni molto costruttive per le quali io stessa posso dire di avere appreso qualcosa in più. Qui si vive di piccole cose: l’amicizia, un colloquio, un buon piatto da mangiare, una lettera a casa.

Che sia una cartolina o una lettera, ogni contatto con l’esterno è una piccola breccia nell’isolamento, uno scambio che può anche alleviare la solitudine della cella e fare sentire ad una persona che non è sola. I miei allievi mettono da parte fogli bianchi per scrivere alle loro amate o ai loro figli e considerano la famiglia come importantissimo punto di riferimento, come qualcuno a cui comunicare il peso della loro espiazione insieme a sentimenti, speranze, voglia di riscatto, rabbia, emozioni spesso sopite nel silenzio delle mura. Ricevere solidarietà dall’esterno infonde una forza che può fare la differenza, una forza che lotta con quel tempo che per loro rappresenta il vero castigo essendo privati della libertà di disporne a piacimento. In un mondo in continuo cambiamento tra social network, blog e altre forme di comunicazione, ho sentito il profumo delle antiche comunicazioni epistolari, quasi una rivincita della carta. Oggi ci si chiede sino a che punto la scrittura su carta con una biro sia secondaria e rinunciabile in un contesto dove il confronto/scontro tra cartaceo e digitale è dominato dal richiamo tecnologico. Ebbene, nel constatare con quanta passione e puntiglio i miei studenti si adoperano a scrivere ai loro cari, non possono esistere dubbi sul fatto che la scrittura a mano ha un valore antropologico universale, è la manifestazione oggettiva dell’unicità di ogni individuo ed è compagna di vita.

Essa è un’espressione integrale della persona e della sua evoluzione perché ha segnato il cammino dell’umanità e perché lo stesso atto dello scrivere unisce in una "melodia cinetica" l’essere uomo nella sua totalità e chiama in causa la mente, il cuore e la mano. Il cartaceo ha qualcosa di poetico, consente a chi scrive di concentrarsi in modo più intenso e, in particolare, è una forma di libertà. Avere dedicato il mio tempo a chi, nonostante le sbarre e la pena, ha chiesto di poter studiare mi ha proiettata in una dimensione familiare dove le piccole cose hanno assunto l’aspetto di grandi cose lontane dal formalismo informatico di classi di studenti che orbitano tra computer ed e-book o che gironzolano tra i corridoi della scuola con gli smartphone tra le mani e le cuffiette nelle orecchie. Ho sentito il profumo dell’inchiostro negli appunti scolastici scritti dai detenuti su fogli volanti, nelle loro poesie, nelle lettere che inviano a casa. Ho scoperto che l’inchiostro e la carta possono oltrepassare il silenzio delle mura e i confini dei piccoli spazi dove si prende un po’ d’aria tra alte pareti di cemento illuminate da un piccolo scorcio di cielo.

Prof. Margherita Biondo IPSSAR Ambrosini, Favara

Le tradizioni che sentiamo nostre e che porteremo con noi I nostri ragazzi ci hanno resi partecipi di alcune tradizioni a cui si sentono legati sia perché le percepiscono come intrinsecamente collegate alle loro radici, sia perché, quando assistono come spettatori, alcuni avvertono un coinvolgimento emotivo che determina riflessioni spontanee. Abdramahne e Ahmed vengono rispettivamente dal

Mali e dall’Egitto e ci raccontano la grande festa araba dell’Aid El Kebir, chiamata anche la Festa dell’Agnello. Si tratta di una festa tradizionale dei paesi musulmani, che commemora il momento in cui Abraham offre il proprio figlio in sacrificio a Dio, il quale, all’ultimo momento, chiede al padre di sacrificare un agnello al posto del fanciullo.

Al termine della preghiera, in ricordo di questo evento, si uccide un agnello che viene poi cucinato e consumato durante un grande pranzo in famiglia. Un terzo della carne viene offerto ai più bisognosi, poi si prosegue con le visite alla gente per augurare una buona festa. Questo evento, che dura da due a quattro giorni, si svolge alla fine del dodicesimo


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lunare, cioè il mese del pellegrinaggio (Hadj) alla Moschea. Adrian è, invece, un giovane proveniente dalla Romania, ma cresciuto a Licata. Ci racconta che, pur non essendo nato in Italia, vive nel nostro Paese da quando era molto piccolo ed in lui convivono due culture, che avverte come proprie nella loro totalità, quella d’origine e quella in cui vive adesso. Le sue parole sono dirette e concrete: “Quel che mi colpisce delle tradizioni italiane, in particolar modo quelle di Licata, la città dove vivo, è che quando c’è la festa di Sant’Angelo, il patrono della città, la gente cammina a piedi scalzi per devozione dietro l’urna del santo, perché vuole dimostrare la propria umiltà e chiede la protezione del Santo. Un altro evento cittadino che mi colpisce è quello che si verifica d’estate quando, al porto, sempre in onore del

santo patrono, viene allestito l’albero della cuccagna. A me piace l’albero della cuccagna perché è divertente vedere un gruppo di persone che cercano di arrivare fino alla cima del tronco per prendere dei premi. Convive quindi l’aspetto sacro e quello ludico della festa in onore del protettore della città. Le due festività rumene più importanti sono invece quella di Sant’Ionut e quella di Santa Maria. Il primo Dicembre si festeggia la festa nazionale più importante della Romania, in onore della quale si devono indossare i costumi legati alla nostra tradizione culturale e tutti i partecipanti devono mettere gli abiti tradizionali e partecipare ai balli tipici; sono molto partecipati anche i concerti con i cantanti più famosi a livello nazionale”. In merito alle abitudini alimentari il giovane si è voluto soffermare sui piatti tradizionali: “In Italia il piatto

tradizionale è la pasta, tant’è vero che, almeno una volta alla settimana, si cucina la lasagna o la pasta al forno ed io gradisco tantissimo le lasagne. Invece in Romania il piatto tradizionale è la zuppa di legumi con alcune palline di carne macinata; è molto saporita e appagante. Il dessert più mangiato in Italia penso sia il tiramisù, invece quello rumeno più mangiato è il panettone fatto in casa ed il fatto che sia preparato artigianalmente gli attribuisce, secondo me, un grande valore”. La riflessione che scaturisce spontanea da queste brevi narrazioni è che la varietà delle culture ed il loro costante rapportarsi ed interagire sono senza dubbio una grande ricchezza per tutti e una fonte inesauribile di crescita non solo per i singoli individui, ma per l’intera comunità.

I docenti del Punto di Erogazione di Licata del CPIA di Agrigento

Le sfaccettatture dell’educatore penitenziario

La figura professionale dell’educatore penitenziario è stata introdotta dalla Riforma dell’Ordinamento Penitenziario del 1975. Egli deve possedere tutte le caratteristiche umane e professionali per essere un promotore di un cambiamento ll’interno di un sistema caratterizzato da regole che condivide in pieno ma al centro ed in mezzo alla delinquenza abituale ambita e osannata a volte in ascolto di storie di vita, di povertà e di sofferenza. Il cambiamento parte prima da sé stessi per maturare un distacco professionale e successivamente un’empatia per gestire al meglio tutte le varie situazioni complicate e non che questo lavoro comporta lasciando anche spazio ad un’ironia intelligente che permette di smorzare i toni. Chi sceglie un percorso deviante spesso è attratto dal “tutto e subito”, dall’onnipotenza del raggiungi-

mento di obiettivi facili ma dietro si nasconde un retroscena poco piacevole che è prima di tutto quello della libertà lesa nel suo valore più alto. Così come un animale in un circo soffre dietro ad una gabbia, figuriamoci l’uomo che dovrebbe avere una marcia in più. Allora, in carcere dove c’è molto tempo per pensare, si inizia a pensare al lavoro e a voler lavorare, alla famiglia che è fuori….tutto si comprende quando si è dentro. L’intermediario è l’educatore!! Che sia al Nord dove ci sono più opportunità lavorative dentro e fuori il carcere o al Sud dove in simbiosi con la realtà esterna ve ne sono meno, la verità è che ci troviamo dentro una struttura detentiva, una realtà poco piacevole che è un passaggio obbligato ma che può diventare un punto di partenza per rivisitare la propria vita. L’educatore allora si trova sempre in mezzo a chi pensa che sia inutile tentare di cambiare, a chi non crede si possa progettare. Si corre il rischio di far diventare il senso di questo lavoro dalle mille sfaccettature un lavoro burocratico ridotto ad un semplice posto fisso. Ma, non occorre fare grandi

cose ma camminare a piccoli passi rimettendo sempre la passione e la dedizione in ogni cosa. Ciò che conta non è lavorare dentro, fuori, permesso, non permesso…ciò che conta è formare e cambiare la mente, se non cambi la mente, permettendo loro di rivalutare i valori più importanti non solo in questa fase momentanea obbligata (risulterebbe semplice) ma, in vista di una progettualità futura. Uno strumento importante è la revisione critica del reato, svolto non in modo accusatorio ma al fine di un percorso profondo che spinge a capire le motivazioni. “Quando è stata la prima volta? L’hai progettato? Cosa hai provato?”. Lo studio, la formazione, le attività culturali, ogni cosa può servire. Il successo non è garantito però se su cento almeno dieci cambieranno vita, potremmo recuperare il senso di questo lavoro dalle mille sfaccettature.

Educatrice Valentina D. Casa Circondariale Petrusa Agrigento


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RIFLESSIONI AD ALTA VOCE Raccontami… Sollevami e stringimi tra le braccia ... come facevi un tempo. Cantilenando cullami. .. ridesta in me l'antico rituale dell'amore! Narrami fuori dalle fatiche del mondo e del tempo le magiche fiabe di una volta quando inerme, insaziabile cucciolo, cercavo rifugio nel tuo grembo e trovavo riposo e nutrimento ai legittimi , innumerevoli "perché" che, ancora oggi, si affacciano alla mente. Giungevano puntuali le risposte, magiche e stravaganti, cariche di figure fantasiose per rendere più dolce questa precaria condizione umana. Ed io, felice ed appagata cedevo al sonno cullandomi nel sogno! Ripeti ancora, che fata buona mi regalerà la felicità, che un vento benefico, soffiato dalla bocca di un gigante, spazzerà tutto il male in un istante ... e poi che l'odio cederà posto all'amore e che ogni uomo accetterà il diverso e sboccerà l'unione la magia distruggerà ogni inganno, e la voglia di pace si spanderà ogni dove. Sono passati gli anni ed io attendo, attendo ancora di scrivere il finale della storia.

Prof Lilia Lauricella del Punto di erogazione di Canicattì del CPIA di Agrigento

Nostalgia Con la sola forza delle mie braccia ho dissodato le aride zolle di terra. Con le lacrime ho innaffiato i radi steli i cui frutti non hanno saziato la fame di mio figlio. Col cuore strappato ho affidato la mia vita ad una carretta su quel mare che si è chiuso per sempre su molti miei fratelli. Tra mille perigli sono approdato alla Terra Promessa. Promessa da chi? A chi? Come? Senza alcun diritto respinto, tollerato, sfruttato solo qualche mano tesa a volte rende meno amara la mia vita. Qui la pioggia non è avara e si mescola alle mie lacrime di nostalgia. E la sera, su un giaciglio sogno chi mi sussurra parole d’amore con i suoni della mia terra. E in un abbraccio lontano stringo il ricordo di un bimbo.

Arena Maria Pia Nel 2008 la poesia “Nostalgia” ha conseguito il 1° Premio del 26° Concorso Letterario Internazionale di Poesia “Ulivo d’Oro”, organizzato dalla LIGUE INTERREGIONALE DES DROITS DE L’HOMME, organo consultivo delle Nazioni Unite (ONU), Sezione Italiana con sede a Torino

Piango Piango per l’amore che ho tanto cercato piango per inutili sensazioni che ho vissuto piango per me, per te perche non ho saputo capirti piango per le cose incompiute che non ho realizzato piango per la mia vita senza amore e per i sentimenti inespressi piango per i sogni perduti piango, per niente non ho niente per cui piangere se non la mia solitudine e l’immenso bisogno d’amore. Piango per te.

Un detenuto della casa circondariale di Sciacca del CPIA di Agrigento


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RIFLESSIONI AD ALTA VOCE Le sbarre della reclusione

Il sogno realizzato

La reclusione in questa gabbia a cui siamo sottoposti dovrebbe servire a renderci persone migliori. Siamo qui per punizione e rieducazione … dicono! La verità è che siamo qui e basta! Quel che adesso ci appare come punizione col tempo assumerà la sembianza di una tortura. La rieducazione e il reinserimento che ci aspettano non arriveranno mai … Giorno per giorno verremo svuotati di tutto sino a sentirci inutili e ingombranti. Qui ci staremo per mesi … per anni … ma conteremo le ore interminabili. Dimentica chi eri e cosa avevi, oggi sei qui e puoi scegliere di essere niente oppure di diventare un guerriero. Dovrai difenderti da Giudici, Agenti e compagni, dovrai difenderti da tutto specie da te stesso e dai tuoi pensieri. La tua mente sarà il tuo primo nemico. Tutto scivolerà via e non potrai far nulla per impedirlo. Adesso sei una persona nuova e il vecchio “te” non c’è più, la tua vita precedente non c’è più! Si ricomincia da qui, dalla sofferenza, dal niente. Se sarai in gamba tutto questo ti renderà più forte di prima … migliore di prima. Qualunque via sceglierai avrai una marcia in più e la coscienza della sofferenza ti renderà più forte: non arrenderti! Qui tutto finisce e tutto inizia … sii guerriero e lotta! Manù

Caro pensiero che ancor mi nutri lungo i giorni tuoi che tanto stringi apri alla mente mia tutti i tuoi scrigni e nel frattempo m'arricchisci i sogni. Oggi come un fiore che si schiude spalanco la mia mente all'orizzonte fatto di studi e nuove conoscenze che in tarda età m'aprono l'ingegno. Rovisto nel cassetto del passato colmo di rimpianti e di poca sapienza e nel cuor mio oggi mi pento di non aver dato sfogo alla conoscenza. Negli anni della maturità che avanza ritrovo adesso l'antico fervore seduto su un banco di scuola a realizzare ogni vecchia speranza. Davanti allo specchio della vita mi siedo oggi con dignità diversa: quella di un uomo che ha studiato e vede finalmente un sogno realizzato.

Classe III A Serale ITCET "L.Sciascia" Porto Empedocle

Un detenuto della

Casa Circondariale Petrusa Classe IM Eno – IPSSAR “G.Ambrosini” Favara

Filastrocca Noi vorremmo un mondo migliore, che ogni singolo abbia valore, abbia diritti chi ne è privato sempre attraverso un percorso guidato. Come in un ricco e grande presepe, di ogni colore e di ogni Paese la nostra classe scrivendo in rima, ringrazia la scuola perché ci è vicina!!! Desiderando un mondo migliore noi sfuggiamo miseria e dolore il nostro grido venga ascoltato da chi gli impegni da tempo ha siglato!!! Per l'accoglienza siam fortunati, con l'italiano ci siamo impegnati, anche se il cuore corre lontano come sui mari veloce un gabbiano !!! Oggi noi tutti vi ringraziamo e un applauso già dedichiamo agli insegnanti e al dirigente per una scuola tanto accogliente!!!

Gli alunni del punto di erogazione di Canicattì I Livello I periodo. del CPIA di Agrigento


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RIDAP - III convegno nazionale - Roma 9 maggio 2016 Intervento a cura del Ing Santino Lo Presti “” Buongiorno a tutti. Ringrazio il Collega Porcaro che mi ha invitato in questo convegno per rendervi partecipi della mia esperienza. La mia è un ‘ esperienza giovane, come la gran parte delle vostre ,che ha avuto inizio il 1° settembre 2015 al compimento del mio 59 ° compleanno anzi, a dire il vero, qualche mese prima, a luglio, quando, facendo la solita domanda annuale di trasferimento, inserii tra le sedi possibili il CPIA di Agrigento di cui non conoscevo neanche il significato della sigla, non avendo mai avuto a che fare con i CTP. Ero DS dei licei di Licata (classico, scientifico e scienze umane) da sei anni, dopo aver fatto esperienza in tutti gli ordini e tipi di scuole ad eccezione dei Licei artistici. Un giorno mi chiama un’A.A. e mi dice : “ Preside che cosa ha combinato”. Rimasi perplesso e alla mia controdomanda “ Cosa ho combinato”, mi fu risposto che li avevo lasciati. Non comprendendo ancora, chiesi cosa fosse successo. Insomma ero stato trasferito al CPIA di Agrigento. Rimasi perplesso perché non mi aspettavo un trasferimento in quanto quattro miei colleghi, che si erano guardati bene dall’indicare il CPIA nella domanda di trasferimento, erano perdenti posto su Agrigento. Allora chiesi cosa fosse il CPIA”. Mi fu risposto che non lo sapevano ”. Superato il primo momento di incertezza, ho cercato di capire cosa avessi veramente combinato e cosa mi aspettasse. Ricevetti gli auguri del Dirigente dell’Ufficio V di Agrigento, ex Provveditorato, oggi ne capisco il perché, e di qualche amico/collega che mostrava perplessità. Ho cominciato allora a leggere il DPR263/12 e le linee guida e da una lettura sommaria ho capito che dovevo mettermi nuovamente in gioco a sei anni dall‘ ipotetico pensionamento, cercando di capire come lo Stato volesse educare gli adulti, avendo impiegato ben 10 anni prima di passare dall’EDA all’IDA e conseguenzialmente dai CTP ai CPIA. Si capisce subito che non è un fatto terminologico (EDA – IDA) ma un innalzamento del livello culturale, in quanto lo Stato non vuole solo educare, ma istruire l’adulto in quanto l’elevazione sociale della persona passa da una elevazione culturale che contiene anche l’educazione. Ho compreso allora come i compiti affidati ai CPIA fossero importanti e nello stesso tempo difficili da realizzare. Ho incominciato a pensare a come organizzarmi, a come gestire il CPIA, a come lavorare per istruire questi adulti, metto giù le prime idee e incomincio ad entusiasmarmi. Tutto questo sembra però svanire, e di colpo annientarsi ,quando il 1° settembre mi reco nella sede assegnata e non trovo la sede ma dei magazzini adibiti a deposito di cartoni, armadi vecchi, altro …. indescrivibile quello che vedo. Penso allora che ci sia stato un errore perché sarebbe impensabile che un dirigente dello Stato non avesse un luogo dove lavorare. Fatte le prime verifiche, capisco che quello che avevo immaginato a luglio era niente rispetto alla situazione che avevo di fronte il 1° settembre. Chiedo alle istituzioni e nessuna,tranne affermazioni di principio, è in grado di dare soluzioni o risposte al problema. Allora attivo tutto quello che posso perché il 10 c’è un monitoraggio, l’11 una scheda da inviare all’USR, il 12 devo confermare le sedi all’Assessorato Regionale alla PP.II. e così via. E’ inutile dire che non ho trovato la sede e neanche le attrezzature. Ad oggi alcuni CPIA sono ancora senza sede e senza attrezzature. Non capisco,incomincio a sbandare, muoio dentro riflettendo su come lo Stato abbia messo dieci anni per darsi un Regolamento, ma non abbia organizzato la Tua presenza nel territorio. Nessuno sa rispondermi o vuole rispondermi. Sono solo e tutto dipenderà da me. Riorganizzo le idee perché quanto fatto e pensato fino ad allora momentaneamente andava messo da parte. Programmo quindi il primo C.D., chiedendo un ‘ aula ai colleghi e capisco che sono ospite pur utilizzando una struttura pubblica che dovrebbe appartenere alla comunità e non alla persona. I docenti sono sbandati, ma sono felici perché finalmente sentono di appartenere ad una scuola che è la loro e capiscono, quasi tutti, che finalmente non siederanno all’ultima fila della sala del C.D. a cui distrattamente e disinteressatamente partecipavano perché di loro si sapeva solo che c’erano. Loro sono però le prime persone da motivare con cui impostare e programmare il tutto se si vuole raggiungere l’obiettivo per cui lo Stato ha attivato i CPIA. Bisogna tenere conto che circa il 20% dei docenti è neoassunto. Spiego loro che il lavoro che ci aspetta è si difficile, ma importante perché dobbiamo mettere in atto tutte le strategie possibili per inserirci nel sogno di tanti ragazzi che scappano dalla loro terra o inserirci nella speranza di vita di coloro che vogliono riprendere un cammino ( disoccupati/ carcerati) interrotto in età adolescenziale. Poiché queste persone portano con sé problematiche di un contesto difficile, noi dobbiamo lavorare:


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Con molta professionalità Con molta attenzione senza mai sottovalutare la persona con cui interagiamo Con molta passione perché ti viene voglia di mollare tutto Con il cuore perché se non ci metti il cuore questo lavoro non puoi farlo Essere “ maestri ” più che insegnanti o docenti Finito il collegio vedo sguardi felici, ma disorientati e capisco quanto lavoro, impegno, e professionalità dovrò mettere per realizzare gli importanti obiettivi che lo Stato mi ha dato : un DPR ma non gli strumenti per realizzarlo. Penso tante cose, mi faccio tante domande, non capisco perché non ho sede e attrezzature per soddisfare quanto mi viene richiesto ogni giorno. Comunque il 1° settembre è arrivato e……. si parte. Dopo questa premessa entriamo in argomento. Il CPIA di Agrigento mette insieme 1400 studenti frequentanti corsi di alfabetizzazione e di Primo livello primo periodo sparsi in otto sedi periferiche e due sedi carcerarie oltre alla sede amministrativa ospitata nei tre magazzini resi oggi accoglienti con arredi provenienti da quelli in disuso, sia dell’istituto ospitante che dalla ex Provincia. Due sedi associate sono in montagna ( Cammarata e Bivona). Il territorio agrigentino è molto lungo,110Km, per cui l’organizzazione complessiva deve tenere conto di ciò. La popolazione studentesca è in larga parte extracomunitaria ( oltre il 90%) e la loro presenza non è costante in quanto spesso per motivi amministrativi (Questura, visite mediche, ecc..) o per contestazione ( mancato pagamento della diaria) o per fatti organizzativi delle Associazioni ( mancanza di mezzo per accompagnarli) gli alunni risultano assenti. Organizzativamente, quindi, oltre alle otto sedi dove erano allocate gli ex CTP, abbiamo stipulato, per utilizzare al meglio le risorse umane, protocolli d’intesa in altri quattro centri per favorire l’alfabetizzazione di extracomunitari e l’avvio di un primo livello primo periodo con tutti iscritti locali. Io penso che, laddove vi sia una persona adulta da istruire, il CPIA debba attivarsi perché ciò avvenga. Per me il CPIA è un’aula dinamica e non statica. E’ il 118 dell’istruzione. Se l’obiettivo dello Stato è istruire coloro che non lo sono, noi abbiamo il dovere di facilitare la partecipazione di queste persone ai percorsi di istruzione fino ad andare noi da loro, cercarli, convincerli ad istruirsi. La civiltà di uno Stato si misura anche dalla capacità di dare soluzione al problema della singola persona che non ha la forza di evidenziarlo, come avviene per le questioni che coinvolgono masse di persone a cui tutti danno spazio e ascolto. E’ chiaro però che una organizzazione dinamica necessita di strumenti contrattuali definiti perché altrimenti potrebbero perpetrarsi abusi nell’utilizzo delle risorse umane e materiali. In questo, purtroppo, la nascita dei CPIA avviene nel momento peggiore perché siamo in assenza di rinnovi contrattuali e senza risorse aggiuntive. Elementi questi indispensabili per far funzionare una struttura su base Metropolitana, provinciale o interprovinciale. Si aggiunga che il contratto scuola è per se stesso un contratto statico in quanto le questioni trattate sono molteplici e complesse (basterebbe la questione organico) per cui diventa difficile modificare gli istituti contrattuali. Per i CPIA ritengo debba farsi una contrattazione specifica,sempre all’interno del contratto scuola,che focalizzi la possibilità di mobilità, anche momentanea, del personale, sia docente che non docente inserendo istituti contrattuali nuovi. Il contratto, però, è un insieme di norme dettate dal buon senso e da una forte dose di mediazione. Avendo ormai le RSU, si può utilizzare la contrattazione integrativa d’Istituto usando il buon senso e la mediazione per definire meccanismi che facilitino il lavoro di quanti sono impegnati nei CPIA. Utilizzando la contrattazione integrativa d’istituto abbiamo previsto: Indennità di intensificazione per presenza ( ore di intensificazione per gruppi di sedi periferiche in funzione della distanza per tutto il personale della scuola). Indennità per utilizzo in sede diversa dalla propria ( solo per i C.S. e tra coloro che danno la disponibilità) ; fino a 15gg - ; fino a 30gg 15h; fino a 3 mesi 40h ; fino a 6 mesi 60h. Per i docenti lo spostamento è volontario e senza indennità al momento, in quanto la nuove sedi attivate risultano più vicine della sede di assegnazione. Operando così, siamo in grado di soddisfare le richieste provenienti dal territorio (Prefettura, comuni, associazioni, cittadini ) per istruire quanti più adulti possibile senza costi aggiuntivi per lo Stato. Il tutto viene perfezionato con protocolli d’intesa con il coinvolgimento del Comune, della scuola e delle associazioni del luogo. Sotto l’aspetto dell’organizzazione didattica siamo partiti con corsi di alfabetizzazione, prevedendone almeno due per docente nel corso dell’anno, di 260 ore per corso ( pre A1,A1+A2). Dopo la sessione di esami (15 gennaio – 15 febbraio), per dare continuità, abbiamo istituito dei corsi propedeutici al 1° livello 1° periodo (200 ore) e fatto ripartire nuovi corsi di alfabetizzazione in modo da poter realizzare la seconda sessione di esami entro giugno (10 giugno- 30 giugno). Per quanto riguarda i percorsi di 1° livello 1° periodo sono stati attivati, in sei sedi associate e nelle due sedi carcerarie; prevediamo di attivare il secondo periodo da quest’anno. “

Ing Santino Lo Presti—DS CPIA Agrigento

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