Il Libero Professionista Reloaded #37

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PRIMO PIANO

Ceto medio in crisi d’identità

PROFESSIONI

Ordini, si apre il cantiere della riforma

CULTURA Arte al servizio del sociale

IMMOBILI, EPPUR SI MUOVONO

PER LEGGERE L’ARTICOLO

(clicca sul titolo dell’articolo per accedere ai link)

Voglia di casa di Lia Panzeri

I boomers al ballo del mattone di Nadia Anzani

Gli uffici riprendono fiato di Chiara Pellizzoni

Fondi immobiliari al galoppo di Carolina Parma

Ceto medio in crisi d’identità di Matteo Durante

Un nuovo ordine mondiale di Alessia de Luca

Per Google il bicchiere è mezzo vuoto di Roberto Carminati

L’ultima carta di Macron di Theodoros Koutroubas

PROFESSIONI

Ordini, si apre il cantiere della riforma di Laura Ciccozzi

Una visione ottocentesca dell’avvocatura di Giampaolo Di Marco

Medici: un atto di civiltà nella giusta direzione di Carlo Curatola

Commercialisti: dal dissenso

alla condivisione di Marco Cuchel

La nuova mappa delle migrazioni di Alessia Negrini

Vizi e virtù del professionista influencer di Claudio Plazzotta

Le allergie fanno boom di Guido Mattioni

Tra benessere animale e alta specializzazione di Isabella Colombo

Sicurezza nei luoghi di lavoro: la strage continua di Maurizio Papale

CULTURA

Arte al servizio del sociale di Romina Villa

Strade del vino, il gusto di tesori nascosti di Sara Napolitano

Occhio de Falco di Roberto Carminati

RUBRICHE

L’Editoriale di Marco Natali

News From Europe a cura del Desk europeo di ConfProfessioni

Pronto Fisco di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi

Welfare e dintorni

Un libro al mese di Luca Ciammarughi

Recensioni di Luca Ciammarughi

In vetrina in collaborazione con BeProf Post Scriptum di Giovanni Francavilla

Presidente di Scenari Immobiliari, istituto indipendente di studi e ricerche di economia del territorio. Dal 2013 al 2022 è stato presidente di Sidief spa, società che gestisce e valorizza il patrimonio immobiliare non strumentale della Banca d’Italia. Già presidente dei comitati consultivi dei fondi immobiliari di Generali sgr e Polis sgr, è stato consulente della presidenza del consiglio con il governo Amato e al ministero dei lavori pubblici con il ministro Costa. Già professore a contratto al Politecnico di Milano e allo Iuav di Venezia. Attualmente ha un contratto di docenza con l’Università di Parma. Nel dicembre 2019 nominato dal board internazionale dell’organizzazione come “Fellow of RICS” per la carriera di “eccellenza e integrità”.

Nato nel 1964, vive a Livorno, dove esercita la professione di commercialista dal 1996. Da sempre attivo in ambito associativo, da presidente dell’Associazione commercialisti di Livorno (2000 – 2008) e successivamente in ambito nazionale. Attualmente è al terzo mandato come presidente dell’Associazione Nazionale Commercialisti.

Medico di Medicina Generale. È presidente dell’Ordine dei medici chirurghi ed odontoiatri di Modena dal 2021, dopo aver ricoperto per lo stesso Ordine a partire dal 2006 le cariche di revisore dei conti, consigliere, consigliere segretario. È membro dell’Esecutivo nazionale Fimmg dal 2022 dopo anni dedicati alla rappresentanza categoriale come dirigente. Ha svolto studi e approfondimenti nell’ambito della ricerca di modelli di programmazione delle risorse umane in medicina generale. Dal 2022 è membro della Commissione nazionale della formazione continua (Cnfnc Agenas). Nel luglio 2025 è stato eletto membro del Consiglio di Amministrazione in Enpam.

«La riforma degli ordini professionali punta a valorizzare i diversi ambiti professionali, adeguando le leggi di settore ai cambiamenti della società, semplificando e sburocratizzando i processi, potenziando i percorsi formativi, agevolando l’accesso e aumentando l’attrattività. Un giusto riconoscimento ad una categoria di lavoratori per troppo tempo trascurata. Milioni di uomini e donne che, con le loro competenze e le loro specializzazioni, hanno un ruolo centrale nella vita dei cittadini, delle famiglie e delle imprese».

— Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio dei Ministri

Giornalista professionista, responsabile della newsletter quotidiana ISPI Daily Focus e del Focus USA 2024. Dal 2005 al 2009 è stata corrispondente per il Medio Oriente e l'Africa settentrionale. Precedentemente ha lavorato per Skytg24 e ha collaborato anche con la RAI e Radio Vaticana.

Mario Breglia
Carlo Curatola Alessia de Luca
Marco Cuchel

Avvocato, Laureato cum laude nel 2000 presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bologna dove attualmente collabora con la cattedra di Diritto Privato. Da novembre 2021 Segretario generale dell’Associazione Nazionale Forense. Formatore universitario in materia di mediazione, crisi d’impresa e intelligenza artificiale. Arbitro. Giornalista pubblicista. Autore di pubblicazioni per le principali case editrici giuridiche.

Senior Project Manager presso l’Osservatorio Immobiliare di Nomisma, con oltre vent’anni di esperienza in progetti di sviluppo territoriale e nell’analisi dei mercati immobiliari. Ha consolidato un ampio know-how in attività di advisory per soggetti pubblici e privati, gestendo progetti per amministrazioni centrali e locali, imprese, sgr e associazioni di categoria. Negli anni più recenti si è focalizzata inoltre sulle tematiche dell’housing e sulle politiche abitative, sviluppando analisi immobiliari per gli enti locali.

Il Libero Professionista

Mensile digitale di informazione e cultura

direttore responsabile

Giovanni Francavilla

redazione

Nadia Anzani, Mario Rossi

hanno collaborato

Lelio Cacciapaglia, Roberto Carminati, Laura Ciccozzi, Luca Ciammarughi, Isabella Colombo, Marco Cuchel, Carlo Curatola, Giampaolo Di Marco, Alessia de Luca, Matteo Durante, Theodoros Koutroubas, Lia Panzeri, Carolina Parma, Chiara Pellizzoni, Claudio Plazzotta, Guido Mattioni, Sara Napolitano, Alessia Negrini, Carolina Parma, Maurizio Tozzi, Romina Villa

segreteria di redazione

Miriam Minopoli

comitato editoriale

Roberto Accossu, Salvo Barrano, Paola Cogotti, Carmen Colangelo, Alessandro Dabbene, Luigi Alfredo Carunchio, Andrea Dili, Paola Fiorillo, Raffaele Loprete, Marco Natali, Maria Pungetti, Dominella Quagliata, Ezio Maria Reggiani, Gioele Semprini Cesari

redazione

Via Boccaccio, 11 – 20121 Milano

contatti

Tel. 02 36692133 Fax 02 25060955 redazione@illiberoprofessionista.it info@illiberoprofessionista.it

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Giampaolo Di Marco Chiara Pelizzoni

La riforma delle professioni, un banco di prova per la politica

C’è un sottile filo rosso che attraversa la storia recente del nostro Paese: il progressivo indebolimento del ceto medio. Una fascia sociale che per decenni ha garantito equilibrio, stabilità e crescita, ma che oggi appare fragile, compressa tra la pressione fiscale, la burocrazia, l’aumento del costo della vita e la trasformazione profonda del lavoro. All’interno di questo ceto medio, i liberi professionisti hanno sempre avuto un ruolo centrale: interpreti delle regole, garanti della competenza, punto di riferimento per famiglie e imprese. Eppure, mai come oggi il mondo delle professioni sente il bisogno di rinnovarsi. Non è solo una questione economica, ma anche culturale. I giovani guardano alla libera professione con interesse, ma spesso scelgono strade diverse perché non trovano le condizioni che li aiutino a progettare un futuro stabile: percorsi chiari, formazione accessibile, strumenti digitali e, soprattutto, un vero equilibrio tra vita privata e lavoro. Senza tutto questo, e sotto il peso degli adempimenti, la libera professione perde la sua attrattiva.

In questo scenario, la riforma delle professioni è un’occasione che non possiamo permetterci di sprecare. Serve una visione che vada oltre i particolarismi e i confini di categoria, capace di ricomporre un quadro chiaro in cui ogni professione abbia il suo spazio definito, senza sovrapposizioni e senza zone grigie. È al legislatore che spetta il compito di disegnare questo perimetro, con regole semplici e moderne che restituiscano fiducia ai cittadini e certezze ai professionisti. I professioni-

sti chiedono equità. Chiedono che il loro lavoro venga riconosciuto e rispettato. Chiedono una pubblica amministrazione capace di essere partner, non ostacolo. Chiedono un fisco giusto, non vessatorio. Chiedono una visione di sviluppo che valorizzi il sapere, la formazione, l’innovazione, senza lasciare indietro nessuno. E una riforma che sappia parlare la lingua del presente e che non guardi indietro a nostalgiche visioni del passato.

Ma le regole da sole non bastano. Serve condivisione, ascolto e partecipazione alla costruzione dei nuovi assetti da parte di chi ogni giorno lavora per rappresentare gli interessi dei professionisti. In un tempo segnato dalla disintermediazione e dalla sfiducia nei corpi intermedi, occorre rafforzare il ruolo delle organizzazioni che raccolgono in modo libero e volontario la voce dei professionisti. Solo lì si genera un consenso autentico, solo lì si esprime la volontà di una categoria che non chiede privilegi, ma strumenti per crescere e contribuire al bene comune. Il momento storico che stiamo vivendo ci chiede coraggio. Ma non basta più difendere il presente, bisogna costruire il futuro. E questo significa investire sulle nuove generazioni, offrendo loro un orizzonte credibile, fatto di competenze, dignità del lavoro, tutele sociali e possibilità di crescita. Significa proteggere il ceto medio professionale, che è il vero pilastro della nostra società: senza di esso, il Paese perde la sua capacità di tenuta e di mobilità sociale. La riforma, quindi, non è una questione tecnica riservata agli addetti ai lavori. È un banco di prova per la politica, un’occasione per ridare centralità a chi ogni giorno costruisce fiducia, garantisce servizi e fa da ponte tra cittadini e istituzioni. È la possibilità di restituire al ceto medio professionale un ruolo di traino, non di retroguardia. Se sapremo coglierla, questa riforma non sarà solo l’aggiornamento di un sistema normativo, ma il segno di una nuova stagione: quella in cui i professionisti tornano ad essere motore di sviluppo e presidio di coesione sociale.

I fatti, le analisi e gli approfondimenti dell’attualità politica ed economica in Italia e in Europa. Con un occhio rivolto al mondo della libera professione

COVER STORY

VOGLIA DI CASA

Dopo il crollo del 2023 le compravendite di immobili crescono e mettono a segno un +11,5% nel primo trimestre dell’anno.

A trainare il mercato sono soprattutto gli acquisti tramite mutuo, aumentati del 32,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Risultato diretto della discesa dei tassi d’interesse.

Bene anche il settore degli affitti nonostante i canoni in salita

di Lia Panzeri

Dopo un difficile 2023, segnato da un crollo delle compravendite del 9,5%, il mercato immobiliare italiano ha ripreso slancio in maniera decisa. I numeri parlano chiaro: un modesto ma significativo +1,3% nel 2024 è stato solo l'antipasto del vero boom, con un aumento dell'11,5% nel primo trimestre del 2025. Un trend positivo destinato a continuare anche nel prossimo biennio.

A dirlo è il 2° Rapporto Nomisma che ha analizzato l’andamento dei 13 principali mercati urbani del Paese: Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Padova, Palermo, Roma, Torino e Venezia.

IL RUOLO CHIAVE DEI MUTUI

La ragione della rinascita va cercata principalmente nel ritorno sulla scena dei mutui. Il calo dei tassi d'interesse ha reso il credito più accessibile e questo si è tradotto in un incremento degli acquisti con

DISTRIBUZIONE DELLA DOMANDA ABITATIVA TRA ACQUISTO E LOCAZIONE (IN %)

Fonte: Nomisma

DISTRIBUZIONE DELLA DOMANDA ABITATIVA CHE SI RIVOLGE ALLA CITTÀ E QUELLA CHE PRIVILEGIA I COMUNI DELLA PROVINCIA (IN %)

Fonte: Nomisma

INDICE DI PERFORMANCE DEL MERCATO RESIDENZIALE DELL'ACQUISTO

Fonte: Nomisma

mutuo, saliti del 32,7% rispetto all'anno precedente. Le famiglie, messe a dura prova dall'inflazione e dalla perdita di potere d'acquisto, hanno dunque colto l'occasione per tornare a investire nel mattone. Tuttavia, il quadro non è completamente roseo. La reale espansione delle transazioni resta in parte frenata dalla cautela delle banche.

L'incertezza del contesto geopolitico ed economico internazionale, infatti, spinge gli istituti di credito a essere prudenti nell'erogare finanziamenti, preoccupati per le possibili ripercussioni sulle condizioni economiche future delle famiglie italiane. Prudenza che agisce come un freno alla domanda potenziale, nonostante la voglia di acquistare sia evidente.

LA NUOVA GEOGRAFIA DELLA CASA

La domanda abitativa si divide quasi equamente tra chi cerca di acquistare

(53%) e chi preferisce affittare. A Milano e Roma, in particolare, si nota un ritorno all’acquisto, spesso anche per fini di investimento. Ma il dato più evidente è che l'interesse si sta spostando sempre più dalle zone centrali verso le periferie e le aree suburbane, dove i prezzi sono più accessibili e l'offerta più ampia.

Anche nel comparto delle locazioni le esigenze stanno cambiando. Cresce la ricerca da parte di single, giovani coppie e famiglie che desiderano maggiore flessibilità contrattuale. Le città con un mercato della vendita più performante sono Torino, Milano, Padova e Bari, mentre Venezia, Palermo e Genova faticano di più. Per gli affitti, invece, Milano, Roma e Padova rallentano a causa di una carenza di offerta, ma migliorano Bari, Venezia e Palermo.

PREZZI IN CRESCITA MA SENZA ECCESSI

Un'altra buona notizia per il mercato è la crescita contenuta dei prezzi delle abitazioni. Gli incrementi sono moderati, con variazioni semestrali tra lo 0,8% e l'1,3% e tendenziali annue tra l'1,1% e l'1,4%.

Un andamento che testimonia un mercato che si sta stabilizzando dopo le fluttuazioni passate. Per le case in buono stato, l'incremento è sceso dal 2% del 2023 all'1,4% del 2025; per quelle in ottimo stato, si è ridotto dal 2,7% del 2022 all'1,1% attuale. Si conferma, dunque, un trend positivo, ma in progressiva e salutare decelerazione.

IL SORPASSO

Sostenuta da incentivi fiscali, la riqualificazione edilizia sta superando la nuova costruzione. La ragione è semplice: i costi per costruire da zero sono in continuo aumento dal 2017 e superano quelli del mercato, spingendo gli investitori a preferire la manutenzione straordinaria. Un fattore sempre più determinante in questa scelta è l'efficienza energetica. La quota di abi-

INDICE DI PERFORMANCE NEL MERCATO RESIDENZIALE DELL'ACQUISTO

Fonte: Nomisma

INDICE DI PERFORMANCE NEL MERCATO RESIDENZIALE DELLA LOCAZIONE

Fonte: Nomisma

Area del tracciato
Area del tracciato

tazioni in classe A o B è cresciuta in modo significativo, passando dal 4,7% al 7,3% tra quelle vendute e attestandosi al 6,8% tra quelle locate. Dato che evidenzia un cambiamento nelle priorità di acquirenti e affittuari, sempre più attenti al risparmio energetico e alla sostenibilità.

IL PARADOSSO DEGLI AFFITTI

Sul fronte degli affitti, la domanda è in crescita, ma si scontra con una scarsità di offerta e canoni di locazione troppo alti. Questo crea una situazione paradossale in cui molti potenziali affittuari, pur essendo solvibili, non riescono a trovare una sistemazione adatta.

Nonostante ciò, il numero di contratti d'affitto ha registrato un incremento tendenziale dell'1% nel primo trimestre dell'anno. Questo aumento è sostenuto soprattutto dai contratti di locazione transitori e per studenti, mentre quelli a lungo termine subiscono un calo.

IN CERCA DI EQUILIBRIO

Il comparto non residenziale, che comprende uffici e negozi, invece, ha un ritmo decisamente più lento. Il clima di fiducia rimane debole e gli operatori segnalano una domanda contenuta. L'offerta, soprattutto per gli immobili meno centrali o con caratteristiche obsolete, fatica a trovare collocazione. La prospettiva è di una contrazione dei contratti, sia di acquisto che di locazione, il che riflette un mercato in attesa di un nuovo equilibrio. ■

I BOOMERS AL BALLO DEL MATTONE

Il 2025 chiuderà con 780mila compravendite di immobili. Numero che si attesta sui livelli alti degli ultimi 50 anni. Un mercato fortemente influenzato dall’invecchiamento della popolazione, dall’impoverimento della società e dal cambiamento del nucleo famigliare. Oggi si affitta e si vende casa per integrare la pensione, gli stipendi bassi dei figli o per sostenere i costi della badante e della casa di riposo

«D

ignitoso, ma non ancora nobile», Mario Breglia, fondatore e presidente di Scenari Immobiliari, Istituto indipendente di studi e ricerche sul settore, descrive così la situazione del mercato immobiliare italiano. «Sì perché negli ultimi tempi ha macinato numeri importanti, si parla di 730-770 mila compravendite all’anno e il 2025 dovrebbe chiudere a quota 780 mila. Siamo sui livelli massimi degli ultimi 50 anni, ma non basta. Per riqualificare seriamente il comparto serve ancora parecchio lavoro», dice l’esperto.

D. Al di là dei numeri, come è cambiato il mercato negli ultimi anni?

Il mattone è indubbiamente in movimento e questo perché i portafogli delle famiglie sono decisamente più dinamici rispetto al passato quando ci si poteva permettere l’acquisto della prima casa e quando andava bene una seconda al mare o in montagna. Ma le famiglie dei baby boomers di oggi hanno a disposizione un patrimonio consistente fatto di case in parte acquistate per investimento e in parte ereditate che cedono al figlio o al nipote quando si sposano o affittano a lungo o a breve termine per integrare la pensione, per aiutare i figli che hanno stipendi bassi o per mantenere i genitori in Rsa e quando la nonna muore si vende casa perché spesso non ci sono nipoti a cui lasciarla in eredità. Insomma i patrimoni delle famiglie vengono messi in gioco per le nuove e vecchie generazioni e questo alimenta il mercato. Il numero di case nuove disponibile è quasi insignificante e quelle esistenti sono di altissimo livello, carissime e quindi destinate solo alla fascia alta del mercato, eppure c’è una mobilità che prima non c’era, basti dire che tra case in affitto e quelle in locazione breve girano ogni anno quasi 2 milioni di immobili. Questo succede perché la società è cambiata: i figli han-

no bisogno, ma hanno bisogno anche i nonni per pagarsi la casa di riposo o per permettersi la badante in casa loro. Non a caso il numero delle donazioni e le operazioni di vendita in nuda proprietà sono in aumento.

D. Quali sono le dinamiche sociali che stanno maggiormente influenzando il settore casa in Italia?

Direi tre: l’invecchiamento della popolazione, l’impoverimento della società e il cambiamento del nucleo famigliare. Oggi ci sono ragazzini (figli unici) che hanno 4 nonni, 2 genitori e 4-6 case di media. Un carico notevole di beni immobili e Imu sulle spalle.

D. Invece cosa ha influito sull’aumento dei prezzi?

Intanto va detto che si tratta di un aumento relativo perché negli ultimi 10 anni i prezzi medi delle case sono aumentati più in Europa che in Italia dove solo negli ultimi due anni si stanno registrando incrementi un poco più alti dell’inflazione, ma solo perché negli anni precedenti i prezzi erano scesi notevolmente.

Aumenti che si registrano principalmente nelle grandi città come Milano, Roma, Torino, Bologna dove l’andamento della domanda resta forte perché spinto dai flussi migratori e da quelli turistici. Del resto le persone si spostano per migliorare la propria vita privata e professionale, cercando un contesto urbano dinamico, accogliente e ricco di opportunità. I grandi centri urbani sono attrattivi proprio perché garantiscono migliori opportunità di vita.

*Stima

*Stima

NUOVI CONTRATTI DI LOCAZIONE PER ANN0
Fonte: elaborazione Scenari Immobiliari su fonti varie
Mario Breglia, fondatore e presidente di Scenari Immobiliari

SETTORE RESIDENZIALE IN ITALIA (2015=100)

Fonte: Scenari Immobiliari

D. La domanda è in crescita ma l’offerta sembra essere al palo…

Non ci sono nuove costruzioni, basti dire che queste ultime viaggiano a ritmo di 50-60 mila l’anno, un decimo di quanto avviene in Francia, un ottavo della Germania, un dodicesimo della Gran Bretagna, che sono realtà omogenee. Per non parlare della Spagna, che è due terzi dell’Italia e produce otto volte più case di quanto ne facciamo noi in un anno.

Per questo l’offerta abitativa resta insufficiente per soddisfare la domanda, soprattutto nei grandi centri urbani. La maggior parte delle case in vendita è di qualità medio bassa, basti dire che abbiamo un patrimonio di case costruito negli anni ‘60 e ’70, oggi fatiscente, che costringe chi acquista a sostenere alti i costi di ristrutturazione, specie nel periodo post Covid.

*Stima

PREZZI NOMINALI
ANDAMENTO DEI PREZZI MEDI E DELLE COMPRAVENDITE DEL SETTORE RESIDENZIALE (2015=100)
Fonte: Scenari Immobiliari
ANDAMENTO DEI PREZZI MEDI E DELLE COMPRAVENDITE

D. Come mai l’offerta di nuove abitazioni è così bassa nei grandi centri urbani?

E’ un tema delicato. Su recupero e costruzione nelle aree urbane non esiste una normativa chiara, certa e fino a che non si mette mano a una legislazione unica sulla riqualificazione urbana resterà tutto ingessato. Serve una nuova visione urbanistica, più coraggio nelle riforme e una maggiore sinergia tra pubblico e privato per offrire case sostenibili, connesse, accessibili e possibilmente belle.

D. Alla luce di tutto questo, vale ancora la pena investire in immobili?

Dipende dall’esigenza della singola persona. Se si ha la necessità di avere a disposizione un reddito a integrazione della pensione o dello stipendio, un mini appartamento in una zona vicina a un grande ospedale o a una Università in determinate città o in una interessante zona turistica, può essere utile. Senza mai dimenticare però di considerare le dinamiche demografiche: fra 10 anni, per esempio, gli studenti universitari sono destinati a diminuire drasticamente per effetto del calo delle nascite. Al di là di questo, poi, l’acquisto della prima casa resta sempre un buon investimento.

D. Insomma il mattone è ancora un bene rifugio?

Sicuramente, negli ultimi 50 anni la casa ha reso più dell’oro, anche a fronte dei costi sostenuti per il suo mantenimento.

D. E per quanto riguarda gli uffici vale la pena acquistare o affittare?

Per un privato cittadino l’acquisto di immobili per uffici è troppo pericoloso, meglio lasciare questa fetta di mercato agli investitori istituzionali. E questo vale

anche per un professionista: meglio affittare lo studio e investire il capitale per garantire un futuro alla propria attività destinando fondi alla formazione, alla digitalizzazione dei processi o all’assunzione di nuovo personale.

D. Come vede il futuro del settore?

Sarà sempre più condizionato dall’aumento della popolazione nelle grandi città e da una maggiore concorrenza tra privati. Perché alla fine la domanda tenderà a ridursi e sul mercato resteranno i prodotti più belli e interessanti. ■

La formazione continua si confronta Punti di vista su temi, modelli, strumenti e possibili evoluzioni

Mercoledì 5 Novembre 2025

dalle ore 10.30 alle ore 14.00

Teatro Golden, Via Taranto 36 - Roma

Apertura dei lavori

DANILO LELLI Vicepresidente Fondoprofessioni

Obiettivi della giornata, modalità e contenuti

FRANCO VALENTE Direttore Fondoprofessioni

Disputa “La certificazione delle competenze nella formazione continua”

Presenta la “quaestio” e modera

ARDUINO SALATIN Professore ordinario Istituto Universitario Salesiano Venezia

Oratore: MARCO RUFFINO Esperto in processi di apprendimento

Avvocato del diavolo: FERRUCCIO CAVALLIN Psicologo dell’organizzazione

Confronto e voto del pubblico con app

Pausa con musica dal vivo

Disputa “L’IA per e nella formazione continua”

Presenta la “quaestio” e modera VIVALDO MOSCATELLI

Ambassador per la Comunità Europea nel progetto EDSC sulla certificazione delle competenze digitali

Oratore: EMANUELE FRONTONI Professore ordinario di Informatica

all’Università di Macerata e co-director del VRAI Vision Robotics & Artificial Intelligence Lab

Avvocato del diavolo: CATERINA COPERNICO Applicativo di Intelligenza Artificiale

Confronto e voto del pubblico con app

Tavolo di sintesi “Riflessioni sui contributi emersi e sulle possibili evoluzioni”

Modera FRANCO VALENTE Direttore Fondoprofessioni

ANTONIO CAPONE Direttore delle Aree di Produzione di Sviluppo Lavoro Italia

BEATRICE LOMAGLIO Presidente Associazione Italiana Formatori

SUSANNA SANCASSANI Responsabile del Centro Metodi e Tecnologie Innovative per la Didattica del Politecnico di Milano

Premiazioni premio fotografico “I sentieri dell’apprendimento”

Saluti finali

MARCO NATALI Presidente Fondoprofessioni

Buffet

Esposizione mostra fotografica “I sentieri dell’apprendimento”

GLI UFFICI RIPRENDONO FIATO

Dopo la contrazione registrata nel 2023 il segmento business è tornato a crescere, soprattutto al Nord. Basti dire che nel 2024 sono stati scambiati immobili per 3,4 miliardi di euro, con un incremento del 5,8% annuo. La dinamica degli affitti, invece, evidenzia una crescente polarizzazione con valori in crescita nelle location prime e nei distretti direzionali, dove l’offerta di qualità è insufficiente a soddisfare la domanda, ma in diminuzione nelle aree periferiche, caratterizzate da immobili obsoleti e meno appetibili

Il mercato degli uffici e degli studi professionali comprende due segmenti profondamente diversi per struttura e dinamiche di mercato. Da una parte il mercato retail, diffuso in tutto il territorio nazionale e ubicato in condomini misti, prevalentemente residenziali.

Dall’altra il segmento corporate, costituito da edifici cielo-terra, in location primarie, prevalentemente occupati da gruppi bancari, finanziari, assicurativi, IT e in generale da imprese di servizi.

Riguardo al mercato corporate, dopo la contrazione registrata nel 2023, nel 2024 gli investimenti immobiliari in Italia hanno mostrato un rimbalzo significativo, proseguito nella prima metà del 2025. La quota di investimenti nell’asset class uffici è stata pari al 22%, con 2,2 miliardi di euro investiti. Milano si conferma il

ITALIA - COMPRAVENDITE DI UFFICI NELLE GRANDI

I semestre 2025 vs I semestre 2024

CITTÀ ITALIANE
Fonte: elaborazioni Nomisma su dati Agenzia delle Entrate

Fonte: Agenzia delle Entrate

centro delle dinamiche di investimento. Per contro, il mercato retail degli uffici e degli studi professionali è caratterizzato da una capillarità fortemente condizionata dall’attrattività e dallo stato di salute dei mercati locali.

Secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate, nel 2024 le transazioni del comparto hanno riguardato 13.633 unità, in aumento del 2,9% rispetto al 2023. A trainare la crescita sono stati principalmente il Centro (+6,3%) e il Sud (+7,8%) e, a seguire, il Nord Est (+3,1%).

Tali variazioni positive hanno compensato il leggero calo osservato nelle aree del Nord Ovest (-0,6%) e nelle Isole (-1,2%).

Il Nord in particolare ha assorbito il 58% delle compravendite, mentre Sud e Isole insieme non superano il 22%. Inoltre, le compravendite sono cresciute con maggiore intensità nei comuni minori (+3,6%) rispetto ai capoluoghi (+2,1%).

Dal punto di vista del fatturato totale, sono stati scambiati immobili per 3,4 miliardi di euro, con un incremento del 5,8% annuo. Le aree del Nord Ovest e del Nord Est hanno registrato una crescita positiva su base annua (+8,9% e +7,5% rispettivamente), mentre il Centro e le Isole negativa (-7,2% e -6,4%). Appare molto rilevante la crescita del Sud (+23,5%).

Relativamente alle quotazioni, negli anni recenti prezzi e canoni medi hanno mostrato una tendenza in crescita, interrotta dal risultato del primo semestre 2025 (-1,3% e -0,3% rispettivamente). Dopo una lunga fase negativa durata oltre un decennio, infatti, i valori medi avevano registrato tre anni consecutivi di leggera crescita. Il rendimento lordo annuo è pari a circa il 4% medio del panel delle 13 grandi città monitorate da Nomisma.

Per il consuntivo 2025, Nomisma prevede un ridimensionamento dei valori pari a circa il -1,2% annuo, con flessioni più inten-

ITALIA - STIMA DEL VALORE DI SCAMBIO 2024

VARIAZIONI ANNUALI DEI PREZZI CORRENTI DI UFFICI

NELLA MEDIA DEI 13 GRANDI MERCATI (IN %)

Fonte: Osservatorio Immobiliare di Nomisma, Luglio 2025

se per le città di Torino e Genova. Milano, Padova e Napoli, al contrario, dovrebbero registrare flessioni inferiori, di cui alcune sostanzialmente pari alla stazionarietà.

OPPORTUNITÀ E DINAMICHE

Investire nel settore immobiliare degli uffici presenta oggi una serie di vantaggi che riflettono le dinamiche strutturali del mercato e le trasformazioni in atto nel mondo del lavoro. Nel settore corporate, la minore propensione delle imprese a detenere immobili di proprietà, soprattutto nel comparto direzionale, ha ampliato il bacino di domanda da parte di tenant qualificati, rendendo la locazione la formula prevalente di insediamento.

Questo fenomeno si traduce in una maggiore liquidità del mercato e nella presenza di potenziali utilizzatori, elemento che riduce il rischio di vacancy per gli investitori. Parallelamente, la geografia dei canoni evidenzia una crescente polarizzazione: i valori crescono nelle lo-

cation prime e nei distretti direzionali, dove l’offerta di qualità è insufficiente a soddisfare la domanda, mentre arretrano nelle aree periferiche, caratterizzate da stock obsoleto e meno appetibile.

Di conseguenza gli investimenti in asset moderni e ben localizzati beneficiano di prospettive di rivalutazione del capitale e di redditività superiore.

Inoltre, l’ufficio ha assunto un ruolo strategico che va oltre la mera funzione operativa, divenendo uno strumento di competitività per le imprese.

Non solo nel settore corporate, ma anche in quello tradizionale, la qualità degli spazi e l’infrastrutturazione tecnologica rappresentano leve fondamentali per attrarre occupier di qualità. Gli spazi obsoleti tendono a perdere progressivamente

valore, mentre gli immobili progettati o ristrutturati secondo criteri funzionali si affermano come asset resilienti, capaci di intercettare la domanda di ambienti funzionali alle nuove modalità di collaborazione, dal lavoro ibrido a quello in team.

La pandemia ha accelerato questa trasformazione, sancendo il passaggio dall’ufficio come costo da ottimizzare all’ufficio come piattaforma di aggregazione delle competenze e di creazione di valore.

In tale contesto, l’investimento nel comparto uffici, se orientato verso immobili di moderna concezione, si configura come un’opportunità per accedere a rendimenti stabili, sfruttare l’apprezzamento dei canoni nelle aree più attrattive e beneficiare di un trend strutturale di lungo periodo, sostenuto dalla necessità di rinnovamento del patrimonio esistente.

VARIAZIONI ANNUALI DEI CANONI MEDI DI LOCAZIONE DI UFFICI NELLA MEDIA DEI 13 GRANDI MERCATI (IN %)

Fonte: Osservatorio Immobiliare di Nomisma, Luglio 2025

FONDI IMMOBILIARI AL GALOPPO

Nel 2024 il patrimonio dei fondi immobiliari quotati, non quotati e Reit (real estate investment trusts), ha registrato una crescita del 3,4% rispetto al 2023 a livello mondiale. E l’Italia si conferma il terzo mercato europeo per dimensione, dopo Germania, Francia, superando la Gran Bretagna. Ma per mantenere la crescita servono politiche urbanistiche certe, trasparenti e investimenti in sostenibilità per valorizzare al meglio gli asset in portafoglio

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miliardi di euro, a tanto ammontava a fine 2024 il patrimonio dei fondi immobiliari quotati, non quotati e Reit (real estate investment trusts), a livello mondiale, registrando una crescita del 3,4% rispetto ai 12 mesi precedenti. Una torta dove la fetta dell’Europa pesa per 1.650 miliardi, con un aumento del 3,1%. E quella dell’Italia 121,5 miliardi (oltre il 13% del totale europeo), cifra che la incorona terzo mercato europeo per dimensione, dopo Germania, Francia e prima della Gran Bretagna. A dirlo è il 46esimo Rapporto su “I Fondi immobiliari in Italia e all’estero”, firmato da Scenari Immobiliari in collaborazione con lo Studio Casadei, che ne ha curato la parte di analisi finanziaria. In aumento anche il patrimonio immobiliare detenuto direttamente dai 675 fondi attivi nel nostro Paese, che sale a 139 miliardi di euro (+6,1% sui 12 mesi precedenti). E per la fine del 2025 si prevede un incremento del 5,3% del valore patrimoniale netto e del 5% del patrimonio, con un numero dei veicoli che potrebbe sfiorare le 700 unità.

Motore della crescita sono stati soprattutto i Reit, che rappresentano circa il 76% del totale del patrimonio gestito attraverso veicoli di investimento immobiliare. A far aumentare l’interesse degli investitori per questo strumento sono le possibilità che offre di diversificazione, liquidità e rendimenti differenziati in funzione del rischio scelto. In più i Reit si adattano rapidamente alle trasformazioni del real estate: da nuovi modelli abitativi alla logistica, passando per la sanità e l’ hospitality. Quello che ci vuole, insomma, per gestire l’incertezza che da un po’ di tempo a questa parte caratterizza i nostri mercati. Tra i fondi immobiliari, invece, quelli quotati rappresentano meno del 2% dei veicoli di investimento a livello globale, mentre i non quotati continuano a consolidare la loro quota di mercato attestatasi a oltre il 22%.

LE SPINTE AL MERCATO

«Diverse sono le leve che stanno spingendo il mercato dei fondi immobiliari in Italia, a partire dalla stabilità politica che sta vivendo il nostro Paese e che lo rende una piazza di investimento interessante anche per gli investitori stranieri istituzionali e non. Ma ad alimentare il settore è stata anche la diminuzione dei tassi di interesse che hanno incrementato la richiesta di mutui, così come la ripresa della domanda di abitazioni specie nelle grandi città», spiega Vincenzo Giannico, Direttore generale di RealStep Sgr, società di sviluppo immobiliare specializzata nella rigenerazione urbana sostenibile di ex siti industriali.

«Ci sono poi altri due filoni che stanno alimentando il mattone gestito: quello del living per studenti, dove il gap tra la domanda e l’offerta continua a essere marcato e quello della logistica, comparto economico in grande crescita affamato di

Vincenzo Giannico, Direttore generale di RealStep Sgr, società di sviluppo immobiliare specializzata nella rigenerazione urbana sostenibile di ex siti industriali

nuovi e grandi spazi fondamentali per lo sviluppo del business». E, a sorpresa, anche il mercato degli uffici sta spingendo la corsa dei fondi immobiliari. «Nell'ultimo periodo stiamo assistendo a una inversione di tendenza, rispetto al post Covid, partita in sordina dagli Usa qualche mese fa e ora in arrivo anche nelle grandi città del Vecchio continente».

Va poi detto che, come evidenziato anche dal “Rapporto sulla stabilità finanziaria” del mese di aprile 2025 di Banca D’Italia «A differenza della maggior parte dei fondi europei, in base alla vigente normativa quelli italiani sono costituiti in forma chiusa e non sono quindi soggetti al rischio di liquidità derivante da elevate richieste di rimborso», prosegue Giannico. Quindi il rischio che alla scadenza le valutazioni del portafoglio immobiliare dei fondi divergano in modo significativo dai valori di mercato è ridotto. Dettaglio

non trascurabile per chi cerca nel mattone un investimento stabile e sicuro in un contesto geopolitico complesso come quello attuale.

PROSPETTIVE FUTURE

Il mattone gestito resta quindi un investimento interessante e con grandi potenzialità di sviluppo futuro anche se per restare attrattivo «è necessario avviare buone politiche urbanistiche, regolamentate da norme chiare, trasparenti e certe oltre a una stabilizzazione dei tassi di interesse fondamentale per riallocare al meglio gli investimenti», afferma Giannico. Soprattutto alla luce dello scandalo urbanistico milanese che ha portato al blocco di circa 150 cantieri, coinvolgendo oltre 70 indagati, tra cui il sindaco Beppe Sala, e 26 miliardi di euro di opere a rischio, anche case private acquistate su carta. «Per mantenere il mercato in positivo, però, è importante anche raggiungere un miUn angolo del nuovo quartiere milanese Certosa District un tempo sede di ex pennellifici, ex forgiature ed ex mattatoi

glior equilibrio fra la domanda e l’offerta o meglio tra la disponibilità economica delle famiglie italiane e il numero, quindi il prezzo, degli immobili disponibili sul mercato, nuovi o ristrutturati che siano», aggiunge il manager.

«In questa prospettiva sarà determinante sostenere la riqualificazione energetica in chiave green delle costruzioni esistenti con standard edilizi superati, che rappresentano la fetta più consistente del patrimonio immobiliare italiano. Parliamo di un passaggio di fondamentale importanza per la valorizzazione degli asset in portafoglio, aspetto discriminante per chi investe in operazioni immobiliari. Sono convinto che la scelta di puntare sulla rigenerazione urbana delle città sia una strada necessaria oltreché vincente, come stiamo facendo nel Milano certosa District, nonostante le polemiche dell’ultima ora», chiosa Giannico. ■

Certosa District si sta affermando come un polo creativo e innovativo, capace di unire sperimentazione, rigenerazione urbana e una vivace scena gastronomica e culturale

Le storie, i personaggi e le notizie di primo piano commentate dalle più autorevoli firme del mondo della politica, dell’economia, dell’università e delle professioni

PRIMO PIANO

CETO MEDIO IN CRISI D’IDENTITÀ

di Matteo Durante

Negli ultimi dieci anni la ricchezza delle famiglie con un reddito medio alto è calata del 20% costringendole a ridurre i consumi. Così se in passato sono state il motore della crescita italiana, ora non si sentono più rappresentate a livello politico e sociale. Per invertire la rotta e ridare loro fiducia le misure previste dal governo Meloni da sole non bastano. Vanno affrontate anche le cause strutturali della crisi

Fonte: indagine Censis, 2025

Una pubblica amministrazione disorientata e una politica che, anche per un contesto internazionale spinoso, spesso rinuncia ad affrontare il tema di una riorganizzazione strutturale. È così che Marco Natali, presidente di Confprofessioni, incornicia la precarietà in cui si ritrova a vivere oggi il ceto medio italiano: sempre in affanno, costretto a stringere la cinghia, mentre il futuro sembra un lusso per pochi.

3 LE PROMESSE DI MELONI

In questo quadro, il governo Meloni ha annunciato di voler inserire nella prossima legge di Bilancio tre interventi di grande impatto politico: il taglio dell'Irpef per i redditi tra 28 e 60 mila euro (dal 35% al 33%), un piano casa a prezzi calmierati per i giovani e la L'IDENTIKIT

detassazione dei salari. Un pacchetto stimato più di 4 miliardi (ancora tutti da confermare e con coperture da trovare) che, nelle intenzioni della premier, rafforzi il potere d'acquisto del ceto medio. Basterà? «Finalmente anche il governo si accorge del ceto medio» osserva Natali: «Gli annunci vanno nella direzione giusta, ma se poi il risultato sono qualche decina di euro in più all'anno in portafoglio cambia ben poco».

E in effetti, stando alle simulazioni dell'istituto di analisi IZI con il taglio dell'Irpef, chi guadagna 30 mila euro avrà in tasca appena 40 euro in più, chi versa 35-40 mila poco più di 300, chi si colloca tra 50 e 60 mila circa 1.400 euro. Un alleggerimento che rischia di accentuare la distanza tra la promessa

politica e la percezione quotidiana. «Il ceto medio in Italia non è soltanto una categoria economica», puntualizza Nicola Ferrigni, professore associato di Sociologia all'Università della Tuscia: «Per decenni è stato un collante sociale, il motore dei consumi e della fiducia collettiva». Un collante che ora appare incrinato: «La promessa che i figli vivranno meglio dei padri oggi è venuta meno. E questa frattura mina il patto generazionale».

BASSA MOBILITÀ SOCIALE

Il rapporto Censis-Cida 2025 fotografa bene questa tensione: 2 italiani su 3 si riconoscono nel ceto medio, ma quasi la metà teme di scivolare verso il basso; mentre il 51% dei genitori crede che i figli stiano già meno bene di loro, e più della metà pensa che il futuro sarà segnato da ulteriori peggioramenti. «Da sociologo dico che non è solo un problema economico-fiscale», sottolinea Ferrigni, «ma culturale-identitario.

La fiducia nella mobilità sociale è ai minimi, e senza fiducia nessuna riforma fiscale potrà restituire senso di prospettiva». Anche perché negli ultimi dieci anni la ricchezza del ceto medio alto è calata del 20%, e il 45% delle famiglie dichiara di aver ridotto i consumi. «Non basta ridurre un'aliquota per ridare fiducia», insiste Ferrigni.

«Se non affrontiamo le cause strutturali della crisi del ceto medio, le misure evaporano. E anche i 300 euro in più rischiano di perdersi tra bollette, affitti e servizi. Occorrono interventi strutturali su lavoro, fisco, mutui, istruzione e sanità». Che sono i pilastri su cui

si misura la "capacità di carico" dell'ascensore sociale, ossia la possibilità di salire, di crescere, di non restare fermi.

PIANO CASA UTILE SE CHIARO

A proposito di casa. Una delle misure annunciate da Giorgia Meloni è proprio un piano con alloggi per giovani coppie a prezzi calmierati, ma intanto gli affitti nelle grandi città sono diventati proibitivi.

Il presidente Natali racconta con tono amaro: «Mandare un figlio a studiare a Milano significa affrontare una spesa di 25mila euro l'anno tra alloggio, tasse universitarie, libri, vitto e trasporti. Quello che un tempo era un investimento sostenibile, oggi è un privilegio per pochi». In merito, Ferrigni si pone invece una domanda più basica: «Un piano casa è utile. Ma va chiarito quale sia il target dell'intervento, cioè chi siano i giovani oggi. In Italia sono considerati giovani i 35/40enni, entrati nel mondo del lavoro in tarda età. E questo è il segno di un ritardo culturale che ci impedisce di leggere la realtà. Perché allora non fare un piano casa per tutti coloro che desiderano metter su una famiglia, anche a 40 anni? Se le categorie sociali non sono aggiornate, anche le politiche rischiano di muoversi in un orizzonte vecchio, e quindi inefficace».

SERVE UN PIANO STRUTTURALE

Anche perché il ceto medio non è un concetto astratto. E a disegnarne i lineamenti ci pensa Natali: si tratta di professionisti, artigiani, commercianti. «Lavoriamo sei giorni su sette, tutto tracciato, e siamo i più tartassati dalle tasse.

Siamo tra coloro che tengono in piedi il tessuto produttivo e sociale dell’Italia. Ma non chiediamo privilegi, solo equità. Chiediamo che il nostro lavoro venga riconosciuto e rispettato, per poter tornare a credere nel futuro. Negli ultimi anni c'è stato un proliferare di bonus, che non vanno a stimolare crescita e investimenti, ma alimentano una cultura del sussidio.

E invece serve un nuovo Rinascimento, basato sulla creazione di ricchezza, non solo sulla sua redistribuzione». Anche la riflessione conclusiva di Ferrigni ruota intorno a questo nodo: «Il ceto medio è stato il motore della crescita italiana ma ora vive una crisi di identità e rappresentanza. Si sente solo e vive di rassegnazione. Non possiamo pensare di risolvere il problema di questa fascia di cit-

tadini con un intervento fiscale cosmetico che, premiando la fascia più abbiente, rischia di creare una polarizzazione dentro il ceto medio. Serve un piano strutturale, una visione complessiva che ci dia coraggio di cambiare passo. Se non si rimette in moto un nuovo ascensore sociale, diventa difficile guardare avanti». ■

Nicola Ferrigni, professore associato di Sociologia all'Università della Tuscia

UN NUOVO ORDINE MONDIALE

In contrasto con il caos che regna a Washington e che sta devastando le relazioni tra gli Stati Uniti e i loro alleati, la Cina ha fatto degli incontri di Tianjin e Pechino, un manifesto politico. Al fianco dei 26 paesi che rappresentano oltre la metà della popolazione mondiale e un terzo degli scambi globali. L’occidente è avvisato

Xi Jinping, Vladimir Putin e Narendra Modi durante il summit dell’Organizzazione di cooperazione di Shanghai (SCO)

Ci sono immagini che dicono più di mille parole: da un lato le strette di mano a Tianjin tra Xi Jinping, Vladimir Putin e Narendra Modi, segno di un fronte che si ricompatta; dall’altro i missili e i carri armati in parata a piazza Tienanmen, un monito lanciato da Pechino a chi dubita delle sue capacità belliche. Due istantanee diverse che però inviano unico messaggio: il mondo non è più affare esclusivo dell’Occidente.

Dopo il fiasco del vertice di Anchorage ad agosto, che ha contribuito a riabilitare Vladimir Putin sulla scena internazionale, gli incontri di Tianjin e Pechino hanno sancito il fallimento della caotica politica estera di Donald Trump. Il primo, tenutosi dal 31 agosto al 1° settembre in occasione del summit dell’Organizzazione di cooperazione di Shanghai (SCO), ha riunito a Tianjin 26 paesi che rappresentano oltre la metà della popolazione mondiale e un terzo degli scambi globali. Due giorni dopo, l’imponente parata di 45 formazioni militari ha celebrato davanti a 25 capi di stato e di governo l’ottantesimo anniversario della capitolazione del Giappone.

In contrasto con il caos che regna a Washington e che sta devastando le relazioni tra gli Stati Uniti e i loro alleati, la Cina ha trasformato i due incontri in una dimostrazione di forza, tramutandoli in un manifesto politico.

UNA PUNTO DI RIFERIMENTO

Nato negli anni Novanta come forum di sicurezza regionale, la SCO oggi ambisce a diventare piattaforma di riferimento per riscri-

vere le regole di un nuovo ordine internazionale, alternativo all’egemonia americana ed europea. Il progetto si inserisce in un contesto internazionale già profondamente scosso. E per quanto sia vero che tra Xi, Putin e Modi permangano distanze incolmabili, lo è altrettanto il fatto che Donald Trump umilia alleati e partner con un fervore tale da aver spinto tra le braccia di Pechino molti di coloro che in passato avrebbero guardato a Washington.

CRISI DEL VECCHIO ORDINE

Il vecchio ordine multipolare, faticosamente emerso dopo la guerra fredda, mostra oggi crepe profonde. Il ritorno di Trump alla Casa Bianca ha accelerato il processo: la nuova guerra dei dazi, che colpisce tanto l’Europa quanto la Cina, mette in discussione l’architettura del commercio globale. Al tempo stesso, lo sgretolamento della democrazia americana – tra istituzioni polarizzate, diritti contestati e un Congresso paralizzato – riduce la capacità di Washington di guidare coalizioni internazionali. È in questo vuoto che Pechino e Mosca provano a presentarsi come garanti di un ordine alternativo, raccogliendo consensi nel cosiddetto ‘Sud globale’.

GLI OBIETTIVI DELLA SCO

Gli obiettivi sono chiari. La sicurezza: con politiche comuni contro terrorismo e cyberminacce, svincolate dalle tecnologie occidentali. L’economia: con corridoi ferroviari, oleodotti e reti energetiche per legare Eurasia e Oceano Indiano. La finanza: con sistemi di pagamento alternativi al dollaro e l’uso crescente di yuan, rublo e rupia. Per raggiungerli, la SCO non punta

Xi Jinping, Presidente della Repubblica Popolare Cinese

Vladimir Putin, Presidente della Russia

a un’alleanza militare sul modello Nato, ma a una rete di connessioni economiche e politiche. La Belt and Road Initiative cinese si salda con il Corridoio Nord-Sud tra Russia, Iran e India, mentre accordi tra banche centrali, università e agenzie di sicurezza costruiscono una cooperazione graduale. Il collante resta la retorica della necessità di un nuovo equilibrio multilaterale: un mondo senza un unico arbitro, soprattutto senza gli Stati Uniti in posizione dominante.

OSTACOLI DA SUPERARE

Eppure, dietro le foto di gruppo, non mancano le contraddizioni. L’India continua a guardare con sospetto all’espansionismo cinese, con cui ha aperti contenziosi di confine sull’Himalaya e una competizione serrata per l’influenza nell’Oceano Indiano. I rapporti tra Nuova Delhi e Islamabad restano gelidi, con il dossier del Kashmir che ciclicamente riaccende le tensioni. Anche la presenza dell’Iran, stretto dalle sanzioni occidentali e desideroso di giocare un ruolo regionale, crea equilibri delicati con la Russia e con i Paesi del Golfo, alcuni dei quali osservatori della SCO. In sostanza, più che un blocco monolitico, l’Organizzazione appare come un tavolo in cui ciascun attore porta interessi divergenti, cementati però dall’obiettivo comune di ridurre il peso politico ed economico dell’Occidente.

EUROPA AL BIVIO

Per l’Europa la sfida è tutt’altro che teorica. I ritardi accumulati su difesa, politica estera e autonomia energetica pesano come macigni. La guerra in Ucraina ha mostrato con chiarezza quanto l’Unione sia

Narendra Modi, Primo ministro indiano

ancora dipendente dall’ombrello Nato e dall’appoggio statunitense, mentre le scelte sulla sicurezza restano spesso frutto di compromessi faticosi tra governi divisi. A questo si somma la crescita dei partiti populisti ed euroscettici, che in molte capitali mettono in discussione il sostegno a Kiev, i vincoli di bilancio e perfino la permanenza nell’Ue, aprendo crepe interne proprio mentre all’esterno il mondo si ricompone attorno a blocchi rivali.

Sul piano economico, il rischio è che un blocco asiatico sempre più integrato limiti l’accesso a mercati e risorse strategiche, dai minerali critici al gas centroasiatico. Sul piano tecnologico, l’Europa rischia di pagare con la marginalità i propri ritardi. E sul piano politico, fughe in avanti e liti tra Stati membri potrebbero indebolire ulteriormente la coesione del continente.

Ursula von der Leyen lo ha detto chiaramente durante il suo discorso sullo Stato dell’Unione a inizio Settembre: «L’Europa è in lotta. Una lotta per la nostra libertà e la nostra capacità di determinare autonomamente il nostro destino. Non ci siano dubbi: questa è una lotta per il nostro futuro». Un monito che fotografa la posta in gioco senza troppi giri da parole. Ma mentre a Oriente cresce un’architettura alternativa, l’ordine liberale occidentale appare fragile, stretto tra le fratture interne dell’America, le pressioni di Trump e i ritardi europei. Per Bruxelles è un bivio di portata storica: restare spettatrice di un mondo che cambia, oppure trovare finalmente il coraggio di diventare protagonista. ■

Ursula von der Leyen, presidente della Comissione Europea

PER GOOGLE IL BICCHIERE È MEZZO VUOTO

Con la sentenza dello scorso 2 settembre il giudice del distretto statunitense di Columbia, Amit Mehta, ha escluso che il colosso Usa debba cedere Chrome in risposta alle accuse di violazione dello Sherman antitrust act. Che per il colosso sia vera gloria o una vittoria di Pirro è però tutto da vedere

Benché rea di avere assunto via via un posizionamento da autentica monopolista nel settore delle ricerche online Google non rischia più di dovere cedere il suo prezioso browser Chrome o per lo meno questo è quanto stabilito dalla corte distrettuale di Washington il 2 settembre scorso. Secondo un buon numero di osservatori la sentenza emanata in merito dal giudice Amit Mehta arride pertanto al mastodonte fondato da Larry Page e Sergej Brin ma a dissentire da una simile opinione è in un’intervista a Il Libero Professionista Reloaded la professoressa Barbara Boschetti, ordinario di diritto amministrativo presso l’università Cattolica del Sacro cuore di Milano. Visto da Mountain View il proverbiale bicchiere sarebbe, infatti, «mezzo vuoto». Non a caso, il Department of Justice ha definito «rilevanti» le misure adottate contro la multinazionale Usa Hi tech guidata da Sundar Pichai. «La decisione del giudice Amit Metha», ha esordito, «ha escluso sì la ventilata vendita di Chrome, ma imposto, al contempo, ben altre misure correttive. Tra queste, di mantenere e stipulare di contratti di esclusiva sui software e le app sviluppate e veicolate dalla stessa Google, anche tramite le proprie controllate, in applicazione delle leggi antitrust, consentendo così una maggiore apertura al mercato in settori ove prima l’azienda operava come monopolista (così si è espressa la stessa Corte)».

L’IMPATTO

DELL'IA

Vi è però un altro profilo ritenuto da Boschetti di estremo interesse, che riguarda proprio l’impat-

to dell’IA sulla vicenda in esame.

«Sempre sulla base della Corte, Google», ha spiegato, «è ora obbligata ad aprire ai competitor attuali e potenziali indici di ricerca e i dati relativi alle interazioni degli utenti sul proprio browser, dati centrali per l’addestramento dei sistemi di GenAi. Dati decisivi anche per l’analisi dei cosiddetti big data e, in ultima istanza, per lo sviluppo del mercato data driven».

Questa parte della decisione è di estremo interesse perché conferma l’applicazione delle norme antitrust al mercato AI. «Non va sottovalutato», ha proseguito

Pichai, amministratore delegato di Alphabet e della sua controllata Google

Sundar

l’intervistata, «che vi sono teorie e opinioni influenti che spingono per tenere l’AI fuori dalla disciplina antitrust e, addirittura, in nome della free speech clause, fuori dal diritto. Non a caso, la presidente della Federal Trade Commission Lisa Kahn aveva dovuto affermare in modo netto che non vi è alcuna esenzione dell’Ai e dei colossi della AI dalle regole del gioco, neppure dalle norme antitrust: la decisione del giudice distrettuale Amit Mehta conferma il principio e pone un argine alle possibili derive liberiste».

PASSATO, PRESENTE E FUTURO

Chi ha i capelli grigi – o non ne ha più del tutto – ricorderà senz’altro la querelle sulla posizione di monopolista di Microsoft dettata dall’integrazione in Windows del suo browser Internet Explorer, che ai tempi gareggiava col defunto Netscape Navigator. Tra questa e l’attuale vicenda vi sono certamente dei punti di contatto, ma oggi, diversamente da allora, un browser non fa più la differenza: di questo Mehta ha tenuto conto eccome.

«I rimedi», ha osservato Barbara Boschetti, «sono stati in questa fattispecie differenti perché radicalmente mutato è il quadro di fondo. La cessione di Chrome sarebbe forse stata inevitabile nell’era precedente all’AI: oggi non lo è perché proprio l’avvento della GenAi ha modificato la centralità dei browser come Chrome e aperto il mercato a nuovi player. Insomma, il mercato è più competitivo per effetto dell’innovazione tecnologica». Lo testimonia una flessione nella percentuale delle ricerche

Barbara Boschetti, ordinario di diritto amministrativo presso l’università Cattolica del Sacro cuore di Milano

Donald Trump, presidente Usa

che vi transitano, visto che con crescente frequenza i frequentatori del web preferiscono affidarsi ad altri canali.

«A fronte di tutto questo», è il commento, «si comprende che l’obbligo di vendita non sarebbe stato accolto come necessario: le misure adottate sono perciò il frutto di un contesto mutato».

L'UE NON STA A GUARDARE

Il procedimento Usa vs. Google è stato supportato in ottica bipartisan sia dalle amministrazioni dem sia da quella di Donald Trump e aveva avuto inizio sotto il primo mandato del tycoon. Coinvolge la quasi totalità dei cinquanta Stati della Star spangled banner e non v’è dubbio che la sua eco sia risuonata anche Oltreoceano.

«Forse è una pura coincidenza», ha detto l’intervistata, «ma fa sensazione che a breve distanza dal pronunciamento di Mehta sia cascata sul capo di Google anche la sanzione da 3,5 miliardi di dollari comminata dalla Commissione Ue. Peraltro, sul versante dell’Ue, una vendita di Chrome non è ancora tutta da escludere. Anche questo balletto di rimandi fra Stati Uniti e Unione sembra replicare l’affaire Microsoft, quando, appunto, alla decisione giudiziale del caso sul fronte Usa, seguì la risposta antitrust europea. Oggi, tuttavia, dobbiamo tenere conto anche del Digital services pack. Ovvero, di un pacchetto di misure tese a definire le regole della competizione sui mercati delle piattaforme e dei servizi digitali per rafforzare la competizione del mercato europeo e la garan-

Sul versante dell’Ue una vendita di Chrome non è ancora tutta da escludere

zia dei diritti degli utenti finali. Certamente, la decisione sul caso Google mostra ancora una volta la differenza col sistema europeo, anche antitrust: l’approccio, da parte degli Usa, è chiaramente market-oriented e i dati degli utenti considerati meri prodotti. Non così nel sistema europeo». ■

L’ULTIMA CARTA DI MACRON

di Theodoros Koutroubas

L’instabilità politica, la spesa pubblica fuori controllo e la rottura sociale sono una miscela esplosiva per la Francia. Dopo la caduta del governo François Bayrou, il presidente butta nella mischia il nuovo primo ministro Sébastien Lecornu, alimentando ulteriormente le tensioni politiche e scontentando i mercati. Un altro passo verso il tramonto del macronismo

Quando Emmanuel Macron, dopo la clamorosa sconfitta alle elezioni del Parlamento europeo del 2024, decise di sciogliere il Parlamento e di chiamare i cittadini francesi alle urne, con l’obiettivo di impedire al Rassemblement National (RN) della veterana politica di estrema destra Marine Le Pen di mettere costantemente sotto scacco la legittimità del governo, espressione del suo stesso partito En Marche, non poteva immaginare il caos politico che la sua decisione avrebbe scatenato.

Di fronte a un’Assemblée nationale spaccata in due dalle divergenze ideologiche che separano l’estrema destra di Jordan Bardella, delfino di Le Pen e presidente di RN, e gruppo di estrema sinistra che ruota intorno a Jean-Luc Mélenchon, leader de La France Insoumise, nel dicembre dello scorso anno l’inquilino dell’Eliseo gettò nella mischia François Bayrou, leader del partito centrista Movimento Democratico e storico alleato di Macron, per tentare di stemperare un clima politico rovente che paralizzava un Paese già piegato da una crisi economica e sociale senza precedenti. Sulle spalle del 73enne democristiano vecchio stampo, noto per la sua reputazione di moderato, gravava anche l’eredità lasciata dal suo predecessore, il conservatore Michel Barnier.

Il primo obiettivo di Bayrou era quello di tagliare la spesa pubblica di circa 44 miliardi di euro per ridurre l’indebitamento del Paese. Con un debito che supera i 3,3 trilioni di euro destinato a salire al 115% del Pil entro la fine dell'anno

e un deficit al 5,8% ben al di sopra del limite del 3% stabilito dalle norme di bilancio europee, e la stringente necessità di aumentare drasticamente la spesa di bilancio per la difesa, la Francia aveva e ha tuttora un disperato bisogno di fare cassa rapidamente per stabilizzare la propria economia. La ricetta di Bayrou al problema è stata un mix di forti aumenti delle tasse e tagli alla spesa sociale, inclusa l’eliminazione di due giorni festivi, senza però intaccare la ricchezza delle fasce più abbienti.

La sua proposta di bilancio lacrime e sangue si è scaricata direttamente sul ceto medio già in difficoltà, così come sui lavoratori e sui pensionati: categorie che hanno visto il loro potere d’acquisto calare drasticamente negli ultimi anni e che non hanno alcuna intenzione

10 settembre 2025.

Marine Le Pen, presidente del Rassemblement National

Il presidente francese

Emmanuel Macron

di sopportare un ulteriore aumento delle tasse. Ed è proprio questo elettorato che ha dato potere agli estremisti di destra e di sinistra nelle elezioni dello scorso anno, lanciando un chiaro segnale politico di sfiducia nei confronti dei partiti politici “sistemici”, alimentato dalla sensazione di un governo appiattito sugli interessi dei ricchi che negli ultimi mesi è diventata preponderante all’interno della società. Un intricato nodo sociale che si è sovrapposto a quello politico, ancor più aggrovigliato.

Dopo aver chiuso la porta in faccia al leader dei socialisti francesi, Olivier Faure, il principale partito di sinistra che si è alternato al potere con i conservatori per decenni, e che avrebbe potuto sostenere un bilancio meno radicale, Bayrou si è

giocato la carta del voto di fiducia sul proprio governo, nella speranza che nessuno degli attori politici del momento volesse nuove elezioni e che così il suo governo sopravvivesse come il male minore. «Avete il potere di rovesciare il governo” ma non di “cancellare la realtà”, il suo ultimo appello davanti all’Assemblée Nationale, che ha respinto la fiducia al mittente, mettendo Bayrou alla porta.

Dopo la tradizionale liturgia delle consultazioni all’Eliseo Macron, che ormai assomiglia a un apprendista mago, ha tirato fuori dal cilindro un’altra carta, un altro primo ministro, spiazzando i socialisti che già pregustavano l’incarico di primo ministro di Faure. Il nuovo inquilino di Palazzo Matignon è il trentanovenne Sébastien Lecornu, alleato di destra del presidente, laureato in giurisprudenza, entrato nel partito di Macron nel 2017 dopo essere stato attivo con il partito liberal-conservatore Les Républicains fin da quando era studente. Ministro degli enti locali responsabile del dialogo nazionale organizzato da Macron per far fronte al movimento dei gilet gialli nel 2019, Lecornu è il sesto primo ministro del secondo mandato di Macron, dopo essere stato anche ministro degli Esteri e ministro della Difesa dal 2022.

Accolto da una giornata di feroci proteste organizzate da un movimento popolare denominato “Bloquons tout” (Blocchiamo tutto), Lecornu sa bene che la sopravvivenza del suo governo dipende esclusivamente dalla sua capacità di costruire consenso su una serie di misure necessarie da adot-

Francois Bayrou lascia la sede di Palazzo Matignon, Parigi.

Il nuovo primo ministro Sébastien Lecornu

tare senza indugi. In questo contesto sono molti coloro che credono che sia giunto il momento per il governo di abbandonare le priorità economiche del presidente e di avviare colloqui con i socialisti su una qualche forma di reintroduzione di un’imposta sul patrimonio e di aumento degli investimenti pubblici, al fine di assicurarsi il loro sostegno e riuscire ad adottare un bilancio entro la fine dell’anno. Dall’altra parte, però, Lecornu deve fare i conti con i mercati e un prolungamento dell’instabilità politica potrebbe avere conseguenze drammatiche per il Paese.

Come avverte, per esempio, Fitch che ha tagliato il rating della Francia, sottolineando che «la persistente instabilità politica e le incertezze che ostacolano il risanamento dei conti pubblici fortemente deteriorati indeboliscono la capacità del sistema politico di attuare un consolidamento di bilancio su larga scala». Di fatto, una sonora bocciatura per il governo Lecornu.

Sul fronte interno la pressione su Macron, spesso accusato di arroganza nei confronti dei suoi avversari, è fortissima. Incalzato a sinistra da Mélenchon e dai socialisti, schiacciato a destra da Le Pen, con il RN in testa a tutti i sondaggi d’opinione, senza contare la sua sovraesposizione in uno scenario geopolitico tanto incerto quanto turbolento, con la nomina di Lecornu Macron si è giocato l’ultima carta. E la sua ostinazione di “mettere acqua nel vino” è direttamente legata al futuro della Francia e dell’Unione europea, di cui Parigi è uno dei pilastri principali. ■

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NEWS FROM EUROPE

Le news più rilevanti dalle istituzioni europee selezionate dal Desk europeo di Confprofessioni
Neutralità climatica, primo step al 2040

I ministri dell’Ambiente dell’Ue si sono riuniti lo scorso 18 settembre per discutere la proposta di modifica alla legge europea sul clima, che stabilisce un obiettivo vincolante di riduzione delle emissioni nette di gas serra del 90% entro il 2040 rispetto ai livelli del 1990. Si tratta di un passaggio intermedio verso il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050. Oltre a stabilire l’obiettivo del 2040, la proposta delinea elementi chiave, come nuove flessibilità che la Commissione europea dovrebbe riflettere nelle sue proposte sul quadro politico post-2030 per consentire agli Stati membri di raggiungere l’obiettivo del 2040. I ministri hanno avvia-

to un dibattito costruttivo in cui hanno valutato i progressi compiuti finora e fornito ulteriori orientamenti per il lavoro futuro. Hanno ribadito l’importanza di stabilire un obiettivo intermedio per il 2040 nel percorso verso la neutralità climatica. I ministri hanno inoltre riconosciuto i progressi compiuti finora e hanno espresso il loro parere su diverse questioni in sospeso, come il ruolo futuro dei crediti di carbonio internazionali e dei pozzi di carbonio naturali nel contesto dell’obiettivo proposto per il 2040. Hanno inoltre sottolineato l’importanza di un solido quadro di riferimento per supportare la transizione verso la neutralità climatica.

Clima, il Consiglio

Ue conferma l’accordo di Parigi

Lo scorso 18 settembre il Consiglio europeo ha approvato una dichiarazione di intenti in vista della presentazione di un contributo determinato a livello nazionale dell’UE e dei suoi Stati membri alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici per il periodo successivo al 2030. Secondo Lars Aagaard (nella foto), ministro danese per il clima, l’energia e i servizi pubblici, la dichiarazione conferma l’impegno dell’Ue nei confronti dell’accordo di Parigi e il suo obiettivo di limitare l’aumento delle temperature globali a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali e sottolinea che l’Ue è sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo di riduzione del 55% fissato per il 2030. Ribadisce inoltre che l’NDC deve riflettere i progressi. L’Ue dovrebbe inoltre presentare una dichiarazione prima della COP30 con un obiettivo indicativo per il 2035 compreso tra il 66,25% e il 72,5% di riduzione delle emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990. Questo intervallo si basa sulla traiettoria lineare indicativa derivante, da un lato, dagli obiettivi climatici dell’Ue per il 2030 e il 2050 e, dall’altro, dall’attuale obiettivo per il 2030 e dall’obiettivo proposto per il 2040 attualmente in discussione.

Stato dell’Unione, poche luci e tante ombre

Difesa, competitività, innovazione tecnologica, transizione energetica, politiche sociali, commercio internazionale, tutela dei diritti e riforma istituzionale Il discorso annuale sullo Stato dell’Unione di Ursula von der Leyen (nella foto) davanti al Parlamento europeo a Strasburgo, ha tracciato una panoramica dettagliata delle sfide dell’Unione europea nei prossimi anni. La presidente della Commissione ha aperto il suo intervento con un richiamo all’unità strategica dell’Europa in un contesto globale sempre più interconnesso e instabile, sottolineando che il rafforzamento della competitività europea è indispensabile per proteggere l’indipendenza economica e tecnologica dell’Ue, che non può prescindere dai rapporti commerciali con gli Stati Uniti sottolineando, al tempo stesso la necessità di aprire mercati (Mercosur, Messico e India), per rafforzare le catene di approvvigionamento e ridurre le dipendenze strategiche. Un quadro che non ha convinto del tutto i gruppi parlamentari e che mostra quanto sia complesso trasformare la visione in azioni concrete, soprattutto in un contesto geopolitico instabile e con sfide economiche e sociali senza precedenti.

Sono ufficialmente aperte le iscrizioni per la Settimana europea delle regioni e delle città 2025 (#EURegionsWeek), il più grande evento dell’Unione europea dedicato alla politica di coesione. Organizzato dalla Direzione generale della Politica regionale e urbana della Commissione europea (DG REGIO) e dal Comitato europeo delle regioni (CdR), l’evento si terrà in presenza a Bruxelles e rappresenta un’occasione unica per istituzioni, città, regioni, cittadini e stakeholder per confrontarsi sul futuro dell’Europa. Dal 2003, la Settimana europea delle regioni e delle città è diventata un punto di riferimento imprescindibile per chi si occupa di politiche territoriali e sviluppo regionale. Ogni anno, migliaia di partecipanti provenienti da tutta Europa, tra cui politici, funzionari pubblici, rappresentanti del settore privato, accademici, giornalisti e membri della società civile, si incontrano per discutere, imparare e collaborare su temi cruciali legati alla coesione, all’innovazione e alla sostenibilità delle regioni europee. In quest’ottica, l’evento funge da piattaforma di comunicazione e networking e promuove la gestione delle sfide regionali e urbane. Il programma combina sessioni innovative e partecipative con workshop tradizionali, progettati e realizzati da partner selezionati. Ogni edizione presenta un motto, un focus tematico e un’identità visiva unici, in linea con le priorità politiche dell’Ue.

Analisi, tendenze e avvenimenti del mondo professionale, raccontati dai protagonisti delle professioni

PROFESSIONI

ORDINI, SI APRE IL CANTIERE DELLA RIFORMA

Il Consiglio dei ministri ha approvato tre disegni di legge delega per avviare una revisione delle normative vigenti. Obiettivo: perimetrare le competenze e le attività riservate alle singole professioni; riorganizzare i sistemi di accesso, vigilanza e disciplina; introdurre regole più moderne per la formazione e l’utilizzo delle nuove tecnologie.

La nuova stagione politica, dopo la pausa estiva, si apre con novità di grande rilievo per il settore delle libere professioni. Il 4 settembre il Consiglio dei ministri ha approvato tre disegni di legge di delega per la riforma degli ordinamenti professionali, dell’ordinamento forense e delle professioni sanitarie, mentre l’11 è arrivato il disegno di legge di delega per la riforma della disciplina dell’ordinamento della professione di dottore commercialista e di esperto contabile.

La riforma degli ordinamenti professionali ha il dichiarato intento di “avviare una revisione e un riordino organici delle normative vigenti, garantendo una maggiore coerenza e modernizzazione del sistema delle professioni, in linea con gli standard europei”. La delega poggia su tre pilastri: perimetrare le competenze e le attività riservate alle singole professioni; riorganizzare i sistemi di accesso, vigilanza e disciplina, rafforzando il ruolo degli Ordini professionali in questi ambiti; e introdurre regole più moderne per la formazione e l’utilizzo delle nuove tecnologie.

Gli obiettivi principali della riforma sono:

▪ valorizzare il ruolo sociale ed economico delle professioni regolamentate e garantire l’indipendenza e l’autonomia intellettuale dei professionisti;

▪ definire le attività professionali riservate, o comunque attribuite anche in via non esclusiva a ciascuna professione, prevedendo che agli

iscritti negli albi professionali sia riconosciuta competenza specifica nelle materie oggetto della professione come definite dalle norme vigenti alla data di entrata in vigore della riforma; in ogni caso, le competenze sono attribuite agli iscritti in ciascun Albo in coerenza con il percorso formativo di accesso alla professione. Tutto ciò che la legge non indica come attribuito alla competenza di una o più professioni è libero e può essere svolto da tutti i professionisti;

▪ rinnovare il tirocinio, la specializzazione, l’esame di abilitazione e la formazione continua. In particolare, è previsto che l’organizzazione dei corsi formativi delle specializzazioni sia affidata al Consiglio Nazionale della categoria e agli Ordini e collegi territoriali. Per la formazione continua è previsto che i Consigli Nazionali adottino un regolamento che ne stabilisca le regole, secondo i criteri uniformi stabiliti dalla delega, tra cui la conoscenza dei nuovi strumenti di intelligenza artificiale;

▪ disciplinare il sistema elettorale degli organi nazionali e territoriali dei singoli Ordini e Collegi professionali promuovendo il ricambio generazionale e la rappresentanza di genere;

▪ riservare in via esclusiva ai Consigli nazionali la competenza a adottare e aggiornare i codici deontologici, con l’esplicita previsione di norme

che garantiscano che la prestazione, seppur svolta con l’ausilio di tecnologie digitali, sia frutto della professionalità e della competenza specifica del professionista;

▪ confermare il principio dell’equo compenso come cardine della disciplina professionale prevedendo che per ciascun Ordine professionale siano stabiliti o aggiornati, con decreto del Ministero vigilante e su proposta del Consiglio nazionale, i parametri per la determinazione dei compensi per le prestazioni professionali, anche svolte in forma associata o societaria;

▪ prevedere sistemi di tutela a garanzia dei professionisti in caso di mancati adempimen-

ti nell’esercizio della professione, e violazioni di termini per scadenze di natura fiscale, tributaria e previdenziale, in caso di impedimenti dovuti ad infortuni, ricoveri ospedalieri, gravi patologie o maternità;

▪ stabilire una polizza assicurativa obbligatoria a copertura della responsabilità civile derivante dall’esercizio della professione, prevedendo che i Consigli Nazionali e le Casse di Previdenza privatizzate possano stipulare convenzioni e polizze collettive a favore dei propri iscritti;

▪ modificare la disciplina delle società tra professionisti (STP), con particolare riferimento alle modalità di iscri-

Il 4 settembre scorso il Consiglio dei ministri ha approvato tre disegni di legge di delega per la riforma degli ordinamenti professionali

La riforma degli ordinamenti professionali intende avviare una revisione e un riordino delle normative vigenti, garantendo una modernizzazione del sistema delle professioni, in linea con gli standard europei

zione agli Albi professionali e al registro delle imprese, al fine di semplificare le procedure; alla partecipazione alle società e ai casi di incompatibilità; al conferimento ed esecuzione degli incarichi professionali e agli obblighi di informazione nei confronti della clientela; al regime disciplinare delle società e dei singoli soci professionisti e alla relativa responsabilità sul piano deontologico; all’assolvimento degli obblighi assicurativi; al regime fiscale e previdenziale che deve essere reso coerente con il regime fiscale previsto per i modelli societari dalle stesse adottate.

Ricordando che le professioni forense, sanitarie e contabili sono oggetto di specifiche leggi delega, tra le altre professioni coinvolte nella riforma degli ordinamenti professionali ci sono: agrotecnici e agrotecnici laureati, architetti, assistenti sociali specialisti e assistenti sociali, attuari, consulenti del lavoro, dottori agronomi e forestali, geologi, geometri e geometri laureati, giornalisti, ingegneri, periti agrari e periti agrari laureati, periti industriali e periti industriali laureati, spedizionieri doganali e consulenti in proprietà industriale. Il testo della riforma passa ora in Parlamento e, una volta approvato, il governo avrà due anni di tempo per l’attuazione della delega. ■

UNA VISIONE OTTOCENTESCA DELL’AVVOCATURA

Il Governo ha approvato il disegno di legge delega per la riforma dell’ordinamento forense che ricalca i contenuti della proposta del Consiglio nazionale forense. Un’idea obsoleta concentrata sulla difesa in giudizio, che non tiene conto della svolta internazionale della professione e di una seria apertura al mercato

Nei giorni scorsi il Governo ha approvato l’iniziativa di un disegno di legge delega per la riforma dell’ordinamento forense modellata sui contenuti della proposta proveniente dal Consiglio nazionale forense (Cnf). La proposta diffusa è inadeguata rispetto alle esigenze della professione e del mercato legale, poiché ispirata a un’idea obsoleta della professione di avvocato, tesa alla conservazione dell’esistente e al consolidamento di tutte le peggiori incrostazioni corporative presenti nella vigente legge professionale.

Sotto molti aspetti questa proposta è una mera risistemazione della vigente legge professionale, in cui l’unica novità di rilievo è il superamento del divieto di terzo mandato, con una estensione del numero di mandati per i quali ci si può validamente candidare ed essere eletti nei consigli dell’ordine e nel Cnf. Per il resto, la proposta sposa una visione ottocentesca della professione, interamente concentrata sulla difesa in giudizio. Manca il minimo riferimento alla tutela degli interessi fuori dalla giurisdizione e, più in generale, ai modi di svolgere la professione che non siano ascrivibili alla funzione dell’avvocato come sacerdote del processo.

Questa proposta non è quello che l’avvocatura attendeva e non è ciò di cui il mercato della professione legale ha bisogno. Ciò che sarebbe necessario è un intervento di modernizzazione delle istituzioni forensi e una profonda riscrittura delle regole sull’esercizio della professione, che vada nel

senso della concorrenza, della liberalizzazione e della espansione in nuovi ambiti di consulenza legale. Ossia, esattamente il contrario di ciò che è contenuto nella proposta.

TAVOLI TOP SECRET

Oltretutto, la proposta in questione è stata presentata come il risultato di un percorso condiviso all’interno dell’avvocatura, avviato dopo la Sessione straordinaria del Congresso Nazionale Forense di Roma del 15 e 16 dicembre 2023.

In realtà, le cose sono andate ben diversamente. I tavoli di lavoro convocati presso il Cnf hanno seguito modalità operative tutt’altro che votate alla massima condivisione: basti pensare che hanno dovuto operare in regime di segretezza e che non era consenti-

to ai diversi tavoli confrontarsi e condividere tra loro le rispettive elaborazioni. La proposta di riforma, che viene declamata come unitaria, non è mai stata approvata da parte del tavolo plenario nel corso di una regolare riunione convocata per tale adempimento. E infatti questa proposta ha ben poco a che vedere sia con i deliberati congressuali del 2023, sia con quanto in parte era stato elaborato dai tavoli. L’unico vero elemento di novità – l’estensione del numero di mandati per i consigli dell’ordine e per il Cnf – è stato introdotto senza essere mai discusso né, appunto, approvato.

In un’ottica di massima chiarezza queste le principali e più evidenti criticità dello schema di disegno di legge delega che è stato diffuso. Mancano evidenti riferimenti alla svolta internazionale della professione e ad una seria apertura al mercato, senza con cioò rinunciare al ruolo svolto all’interno della giurisdizione.

LE LACUNE DELLA RIFORMA

Manca del tutto l’affermazione di un principio di libertà del professionista di promuovere le sue attività ricorrendo alla pubblicità. Manca l’affermazione del principio (attualmente previsto nella legge professionale) che consente all’avvocato di svolgere pubblicità «con qualunque mezzo».

In questo modo, si realizza una regressione anti-competitiva rispetto alle facoltà introdotte in venti anni di liberalizzazioni della pubblicità dei professionisti. Per l’esercizio della professione in forma societaria si prevede

nuovamente che la Sta sia l’unica modalità di esercizio, rinnovando il divieto di partecipazione alle Stp di cui alla legge 12 novembre 2011, n. 183 (a cui gli avvocati vi possono partecipare “solo per l’esercizio dell’attività di consulenza”). Ciò che occorrerebbe fare è esattamente il contrario: abolire le STA e prevedere che la modalità di esercizio in forma societaria della professione forense sia la STP, anche multidisciplinare.

Sull’esercizio dell’attività professionale in favore di altro avvocato, lo schema di disegno di legge delega si propone di creare due nuove tipologie di avvocato collaboratore: una figura di collaboratore in regime di monocommittenza e una distinta figura di collaboratore continuativo, prevedendo che entrambe queste figure non possano godere delle tutele tipiche del lavoro subordinato e che entrambi questi rapporti siano caratterizzati da carattere di esclusività.

Non è peraltro chiaro quali dovrebbero essere le distinzioni fra queste due figure, dato che lo schema di disegno di legge delega prevede la sussistenza di una condizione di esclusività per entrambe. I due nuovi istituti ipotizzati realizzerebbero una duplice grave incongruenza con i principi generali dell’ordinamento.

Si creerebbero delle nuove figure ibride di collaboratori atipici, ai quali si negherebbe in radice la possibilità di vedersi riconoscere la posizione di lavoratore dipendente, ma allo stesso tempo li si graverebbe degli obblighi tipici del dipendente, primo fra tutti un

pesantissimo obbligo di esclusiva assimilabile all’obbligo di fedeltà, anzi persino più gravoso, dato che la previsione di un obbligo di esclusiva risulterebbe persino più restrittiva, dato che renderebbe impossibile persino il cumulo di diversi impieghi consentito al lavoratore dipendente.

IL NODO DELL’INCOMPATIBILITÀ

Nello schema di disegno di legge delega si prevede un regime di incompatibilità che sostanzialmente riproduce quello previsto dalla attuale legge professionale, con alcune modeste estensioni.

La professione di avvocato resterebbe incompatibile, in via generale, con qualsiasi altra attività di lavoro subordinato e di lavoro autonomo, con l’esercizio di attività di impresa e con la qualità di

socio illimitatamente responsabile o di amministratore di società. Appare dunque evidente che non si voleva una riforma, ma una semplice manovra politica. Una legge professionale nel 2025 dovrebbe guardare al futuro della professione insieme alle altre professioni, anch’esse oggetto di riforma e, soprattutto, interrogare il legislatore sull’effettivo ruolo della professione di avvocato nel mondo dei fragili, che da tempo sono privi di tutele sotto molteplici profili.

Siamo certi che Confprofessioni possa validamente rappresentare l’unico luogo “vivo” dal quale far sentire le voci delle libere professioni che in questo momento storico hanno profondo bisogno di ripensare il proprio ruolo a servizio della società, tra la gente e non in una torre d’avorio. ■

MEDICI: UN ATTO DI CIVILTÀ NELLA GIUSTA DIREZIONE

Valorizzazione degli specializzandi nel Ssn, sburocratizzazione dell’atto medico, implementazione della telemedicina, snellimento delle liste d’attesa. Sono solo alcuni degli obiettivi del disegno di riforma delle professioni sanitarie, che si allinea agli orientamenti europei e alle mutate esigenze socio-demografiche del Paese

di Carlo Curatola

Il rischio di cimentarsi in un’analisi normativa rispetto ad un disegno di legge, in parte delega in parte dispositiva, che deve concludere il proprio iter di approvazione parlamentare, è sempre quello di esercitare un illegittimo sconfinamento più vicino ad un processo alle intenzioni che ad un’analisi critica strettamente legata agli elementi già dotati di effettiva portata applicativa.

Partiamo allora da quanto di buono e di già concretamente efficace, è sostanziato nello schema di disegno di legge delega per il riordino della disciplina delle professioni sanitarie, approvato ni giorni scorsi dal Consiglio dei ministri.L’articolo 1 definisce le “regole del gioco” e le finalità generali, ancorando la disciplina al

diritto costituzionale, all’ordinamento dell’Unione europea e al diritto internazionale. La prospettiva strategica è chiaramente orientata al potenziamento del Servizio sanitario nazionale, con particolare attenzione sia all’adeguatezza della formazione sia alla sicurezza dell’esercizio professionale.

Promozione del lavoro agile, valorizzazione degli specializzandi nell’ambito del loro lavoro all’interno del Servizio Sanitario Nazionale, deburocratizzazione dell’atto medico, implementazione della telemedicina, incentivi per i professionisti che operano nelle zone disagiate e promozione del “pay for performance” per i professionisti riferito in maniera privilegiata allo snellimento delle liste d’attesa, sono tutti obiettivi nobili che dovranno essere affrontati in maniera più approfondita ed appropriata sui tavoli contrattuali.

E in questo la tempistica di emanazione degli atti di indirizzo e la rispettiva stesura dei prossimi accordi collettivi nazionali, di fatto già da anni scaduti, potrebbe essere strategica anche nello snellire la responsabilità di delega del Governo, che potrebbe spuntare come “risolto”, gran parte dei contenuti dell’articolo 3.

SPECIALIZZAZIONE EVOLUTA

Un punto di snodo cruciale è rappresentato dall’articolo 3, che chiude prevedendo l’elaborazione di una metodologia condivisa per la programmazione del numero di medici specializzandi per ciascuna disciplina. Tale previsione si coordina con l’articolo 1

e condiziona virtuosamente i contenuti dell’articolo 5, volto a ridefinire il percorso formativo della medicina generale attraverso la trasformazione dell’attuale corso regionale in scuola di specializzazione universitaria. Il legislatore individua così un percorso di evoluzione a “specializzazione” della medicina generale, da collocarsi necessariamente nel Titolo IV del d.lgs. n. 368/1999, con l’esplicita esclusione di ogni ipotesi di equipollenza con altre discipline.

Tale scelta appare funzionale alla costruzione di un sistema credibile di programmazione delle risorse umane in ambito medico. Necessario e non più rimandabile prevedere un contestuale allineamento dei trattamenti economici dei percorsi formativi distanti.

NODO COMPETENZE

Particolarmente complessa appare la delega relativa alla definizione e certificazione delle competenze del personale sanitario. Le criticità derivano, da un lato, dalle lacune di organico e dalle situazioni emergenziali che hanno reso sempre più labili i confini tra ruoli e funzioni professionali; dall’altro, dall’esigenza di ricostruire ambiti di competenza chiari e coerenti con le responsabilità proprie di ciascun professionista.

La sfida consisterà nel garantire margini di flessibilità e collaborazione interdisciplinare senza sacrificare la necessaria distinzione di responsabilità giuridiche. Di significativo rilievo è inoltre la previsione di una strategia nazionale di governance dell’intelligenza artificiale in ambito sanitario, in conformità al regolamento (UE) 2024/1689. Si tratta di una scelta innovativa che, per la sua complessità tecnica e giuridica, richiederà l’affidamento a competenze altamente specialistiche e un solido coordinamento istituzionale. Sul riordino degli ordini professionali la norma non si sbottona sulle intenzioni ma preannuncia l’apertura di una serie di rivalutazioni sulle durate dei mandati e sulla valorizzazione del ruolo di enti sussidiari dello Stato.

RESPONSABILITÀ

Tutt’altro che delegante la disciplina in materia di responsabilità professionale sanitaria. Le nuove disposizioni mirano a restituire certezza giuridica agli esercenti le professioni sanitarie, contrastando il fenomeno della medicina difensiva e le sue ricadute sul

sistema delle liste d’attesa. Viene sancito che l’osservanza delle linee guida o delle buone pratiche clinico-assistenziali, opportunamente adattate al caso concreto, costituisce parametro di valutazione della condotta professionale.

Resta ferma la perseguibilità per colpa grave, ma nell’accertamento della responsabilità si dovrà tener conto di fattori quali la carenza di risorse umane e materiali, le difficoltà organizzative non evitabili, la complessità delle condizioni cliniche, la cooperazione multidisciplinare e le situazioni di urgenza o emergenza. In tal modo si pongono le basi per una responsabilità professionale più equilibrata, più europea, idonea a restituire serenità e autorevolezza all’esercizio delle professioni sanitarie, in linea con gli orientamenti europei più recenti.

In conclusione, il provvedimento segna un passo significativo verso l’allineamento della disciplina nazionale in materia di professioni sanitarie e responsabilità professionale ai più recenti orientamenti europei, rispondendo al contempo alle mutate esigenze socio-demografiche e culturali.

È doveroso riconoscere al ministro della Salute, Orazio Schillaci, e al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, la capacità di aver promosso un intervento normativo coerente con tali obiettivi, capace di restituire centralità al ruolo delle professioni sanitarie e di garantire maggiore certezza giuridica nell’esercizio quotidiano delle stesse. Un atto di civiltà che va nella giusta direzione. ■

Orazio Schillaci, ministro della Salute

Carlo Nordio, ministro della Giustizia

COMMERCIALISTI: DAL DISSENSO ALLA CONDIVISIONE

Pagina a cura di AncAssociazione nazionale commercialisti

Con l’approvazione disegno di legge delega per la riforma dell’ordinamento dei commercialisti, il Governo ha corretto le storture più gravi e introdotto modifiche sostanziali. Un’occasione di crescita condivisa. Nell’interesse generale della professione

L’11 luglio 2024 il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, presieduto da Elbano De Nuccio, approvò in via definitiva una proposta di riforma dell’ordinamento professionale. Una scelta che avrebbe dovuto rappresentare l’avvio di una nuova fase, ma che fin dall’inizio si rivelò divisiva.

Come Associazione nazionale commercialisti (Anc) denunciammo allora la mancanza di un metodo partecipato e trasparente: la riforma era stata confezionata senza un reale coinvolgimento degli Ordini territoriali e senza un confronto aperto con la base.

METODO E MERITO

Oltre al metodo, anche il merito presentava criticità profonde. La bozza conteneva norme che rischiavano di spaccare la categoria: squilibri tra le sezioni A e B dell’Albo in tema di tirocinio e specializzazioni; nuove regole elettorali con l’ipotesi di proroghe e distorsioni nelle imminenti elezioni; assenza di un presidio ministeriale sulle questioni previdenziali; disposizioni che avrebbero inciso sulla sostenibilità delle casse e sulla rappresentanza democratica.

IL CONFRONTO CON IL GOVERNO

Per mesi abbiamo lavorato con spirito critico ma propositivo, portando al Governo i nostri rilievi e chiedendo una revisione sostanziale del testo.

Il rinvio deciso il 5 settembre dal Consiglio dei ministri ha rappresentato il primo segnale di attenzione alle nostre richieste. L’11 settembre 2025 la svolta.

Con l’approvazione del disegno di legge di delega per la riforma della disciplina dell’ordinamento della professione di dottore commercialista e di esperto contabile, il Governo ha corretto le storture più gravi, rispetto alla versione respinta il 4 settembre scorso.

Il testo approvato contiene modifiche sostanziali: tirocinio e specializzazioni estesi anche agli iscritti della sezione B, superando una discriminazione inaccettabile; nuovo sistema elettorale rinviato alla fine della consiliatura in corso, evitando proroghe e irregolarità sulle

elezioni già fissate; coinvolgimento del ministero del Lavoro per le norme con impatto previdenziale, a tutela della sostenibilità delle Casse; conferma della neutralità finanziaria della riforma.

UNA VITTORIA DELL’UNITÀ

Alcune narrazioni hanno voluto attribuire questo risultato alla sola azione del Consiglio nazionale. La realtà è diversa: le modifiche decisive sono state rese possibili grazie al lavoro di Anc, di numerosi Ordini territoriali e della Cassa ragionieri, che hanno chiesto con forza di correggere squilibri ingiustificabili.

Il nostro dissenso non era sterile opposizione, ma volontà di difendere l’unità e la dignità di tutti i 122.000 iscritti. Senza la

voce critica e responsabile di Anc, oggi avremmo una riforma che penalizza parte della categoria. Il risultato politico di questi giorni va letto come un’opportunità per riaprire un dialogo vero, plurale e costruttivo.

Il Parlamento avrà ora il compito di proseguire l’iter della delega: Anc continuerà a vigilare e a contribuire, affinché i principi di trasparenza, equilibrio e partecipazione restino al centro del percorso.

Quella che poteva rivelarsi una riforma divisiva diventa oggi un’occasione di crescita condivisa. Ed è questa, per la nostra Associazione, la strada da seguire: lavorare sempre per l’interesse generale della professione, oltre le logiche di parte e nel segno dell’unità.

La Camera dei deputati a Roma

Marco Cuchel, presidente AncAssociazione nazionale commercialisti

LA NUOVA MAPPA DELLE MIGRAZIONI

Ricerca di lavoro, percorsi di studio più ampi per i giovani, migliori condizioni economiche e qualità della vita. Negli ultimi anni la mobilità della popolazione residente in Italia è cresciuta sensibilmente. Ci si muove da una regione all’altra, all’interno della stessa regione oppure si emigra all’estero. L’analisi dell’Osservatorio delle libre professioni

di Alessia Negrini

Osservatorio delle libere professioni

Nel 2024 circa 353 mila persone hanno cambiato regione: 282 mila italiani e 71 mila stranieri. Sebbene in termini assoluti gli spostamenti degli stranieri siano inferiori, in rapporto alla popolazione di riferimento risultano più intensi: 5,2 trasferimenti interregionali ogni mille italiani contro 13,3 ogni mille stranieri. Gli stranieri mostrano quindi una mobilità interregionale nettamente superiore.

Guardando alle emigrazioni italiane, la Lombardia è la regione con il maggior numero di partenze (41.643), seguita da Campania (33.317) e Sicilia (26.231). La stessa Lombardia guida anche gli arrivi, con 49.982 nuovi residenti, seguita da Emilia-Romagna (+30.960) e Lazio (+26.612).

Il saldo migratorio è la differenza tra chi arriva e chi parte: se positivo significa che la popolazione cresce, se negativo che diminuisce. Non racconta quante persone si spostano in totale, perché ingressi e uscite possono compensarsi, ma resta un termometro efficace della capacità di un territorio di attrarre nuovi residenti o di perderne.

APPEAL ROMAGNOLO

Nel 2024, Emilia-Romagna guida la classifica dei saldi migratori degli italiani, con un incremento di circa 10 mila residenti, seguita da Lombardia (+8.399) e Piemonte (+6.970). Tra le regioni in perdita, la Campania cede 15 mila residenti, la Sicilia 10.412 e la Puglia 6.985. Poiché le regioni hanno ampiezze demografiche diverse, per una miglior comparazione, è utile far riferimento al tasso migrato-

TASSI MIGRATORI NELLE REGIONI ITALIANE, DIVISE PER CITTADINANZA

Valori ogni mille abitanti. Ordinamento decrescente. Anno 2024.

Emilia Romagna

Piemonte

Friuli Venzia Giulia

Liguria

Trentino Alto Adige

Toscana

Lombardia

Umbria

Valle dʼAosta

Veneto

Marche

Abruzzo

Lazio

Sardegna

Puglia

Sicilia

Campania

Molise

Calabria

Basilicata

Fonte: elaborazioni a cura dell'Osservatorio delle libere professioni su dati Istat

rio, che rapporta il saldo alla popolazione residente. Anche in questo caso l’Emilia-Romagna è in testa con +2,6 entrate ogni mille abitanti, seguita dal Piemonte (+1,8‰); la Lombardia, pur molto attrattiva in termini assoluti, scende al settimo posto (+0,9‰). Le perdite più pesanti, in proporzione, si registrano in Basilicata (-4,0‰), Calabria (-3,8‰) e Molise (-3,0‰).

Per quel che concerne gli stranieri, guardando alle emigrazioni, le regioni che perdono più individui sono la Lombardia (-9.752), il Lazio (-7.428) e la Campania (-6.314). Viceversa, le regioni in cui si contano più entrate sono la Lombardia (+14.624) – che spicca nettamente come regione d’approdo – l’Emila Romagna (+8.422) e il Veneto (+7.575). Il saldo migratorio risulta estremamente positivo in Lom-

bardia (+4.872), ma anche in Piemonte (+2.393) e Veneto (+2.382).

Al contrario, la Campania (-3.545), la Sicilia (-2.924) e il Lazio (-2.802) mostrano forti perdite.

Le traiettorie migratorie degli stranieri ricalcano, in buona misura, quelle già osservate per la popolazione italiana, confermando la dinamica di fuga dal Mezzogiorno e approdo nel Settentrione. Anche in questo caso i valori del tasso migratorio risultano più adeguati a una comparazione regionale.

Il Trentino-Alto Adige primeggia, facendo registrare 7,5 entrate ogni mille abitanti, seguono Friuli-Venezia Giulia (+6,1‰) e Piemonte (+5,5‰). La Basilicata evidenzia un tasso migratorio estremamente negativo (-24,8‰), così come il Molise (-19,8‰) e la Calabria

(-17,8‰). In generale, tutte le regioni del Mezzogiorno, assieme al Lazio, mostrano valori negativi del tasso migratorio.

CONTINUA

LA FUGA DAL SUD

Considerando congiuntamente i movimenti di italiani e stranieri, Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte si confermano i principali poli di attrazione, con un aumento di poco più di 13 mila residenti per la prima, circa 12 mila per la seconda e oltre 9 mila per la terza. Al contrario, Campania e Sicilia spiccano per le perdite più marcate, con cali rispettivamente di 18.627 e 13.366 abitanti.

La classifica regionale cambia in parte se si guarda ai tassi migratori. Emilia-Romagna e Piemonte restano al vertice, con rispettiva-

mente +2,7 e +2,2 ingressi ogni mille abitanti. La Lombardia, invece, scende al sesto posto (+1,3‰), superata da Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige (entrambi +1,8‰) e dalla Liguria (+1,6‰).

Campania e Sicilia restano nelle ultime posizioni, ma in termini relativi perdono meno della Basilicata (-5,0‰), della Calabria (-4,6‰) e del Molise (-3,8‰). L’andamento dei tassi migratori totali riflette in gran parte, sia nei numeri sia nella classifica delle regioni, quello dei cittadini italiani. Ciò dipende dalla loro forte prevalenza sulla popolazione straniera.

Il quadro conferma una tendenza ormai stabile: l’Italia si muove da Sud a Nord, con il Settentrione che attrae italiani e stranieri e il Mez-

zogiorno in continua perdita. Le due componenti seguono percorsi simili, ma gli stranieri si muovono di più e registrano tassi migratori più marcati.

Questa dinamica pone una doppia sfida: per il Sud creare condizioni socio-economiche capaci di trattenere persone e investimenti, per il Nord gestire in modo sostenibile una crescita demografica alimentata sia da italiani sia da una quota di stranieri in aumento. ■

La scultura "Angeli inconsapevoli" in piazza San Pietro in Vaticano

PRONTO FISCO

Le novità tributarie e il loro impatto sulle professioni nel commento di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi

Ravvedimento straordinario, altro giro, altra corsa

Il nuovo regime reintrodotto dal legislatore punta a creare un effetto “traino” per le adesioni al Concordato preventivo biennale. Una via d’uscita ottimale rispetto ai rilievi che stanno maturando, con una copertura integrale sul fronte delle imposte sui redditi. Dopo di che, ognuno potrà ragionare sugli “scheletri” del passato, analizzando i costi e le opportunità del ravvedimento, che oggettivamente è davvero “tanta roba”.

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge di conversione del DL 84/2025, entra ufficialmente in vigore il nuovo quadro normativo che reintroduce il regime di ravvedimento “straordinario” per i periodi d’imposta 2019-2023, strettamente collegato al Concordato preventivo biennale (CPB) 2025-2026.

Come per lo scorso anno, il legislatore ha avvertito nuovamente l’esigenza di creare un effetto “traino” per le adesioni al CPB che, invero, si preannunciano particolarmente difficili in termini numerici, se non altro per almeno un paio di motivi:

1. in primo luogo, il restringimento delle condizioni di ingresso, che per il biennio 2025/2026

vede esclusi i forfettari del 2024, oltre ad una maggiore severità in altre situazioni (come per i professionisti che partecipano alle associazioni professionali, laddove l’accesso al CPB non è ammesso se non riguarda anche l’associazione);

2. in secondo luogo, la circostanza che non possono accedere al CPB coloro che hanno aderito alla versione ancora in corso 2024/2025, perdendosi dunque una fetta di soggetti “rimasti soddisfatti”, che dovranno attendere l’edizione 2026/2027.

La migliore promozione possibile per la nuova stagione del CPB, dunque, non poteva che essere la “riapertura” del ravvedimento straordinario per il passato, soluzione sicuramente da esplorare per coloro che, essendo soggetti ISA, al momento sono sottoposti ad un’azione di controllo del fisco ancora non ultimata (si pensi ad una verifica o ad un controllo documentale in atto). Ciò che impedisce il ravvedimento, infatti, è la notifica di un PVC o di uno schema d’atto, con “blocco” limitato all’annualità oggetto del controllo.

Tuttavia, fino a quando i controlli in corso di esecuzione non saranno conclusi, il contribuente può tranquillamente anticipare i potenziali recuperi del fisco, aderire al

ravvedimento straordinario collegato al CPB e dichiarare quanto richiesto dalla relativa normativa, ossia soltanto un maggior imponibile che varia dal 5 al 50% in più di quanto dichiarato in origine e poi versare una imposta sostitutiva contenuta (dal 10 al 15%), il tutto in funzione del voto ISA conseguito nell’annualità oggetto di ravvedimento e senza considerare l’andamento del controllo.

Della serie, se ho dichiarato 100 mila nel 2021, con voto ISA 10, anche se il controllo in essere ha già fatto emergere potenziali contestazioni per 80 mila euro, ancora però non formalizzate in un PVC o uno schema d’atto, si aderisce al CPB, si effettua l’integrativa e si maggiora l’imponibile originario di soli 5 mila euro, con tanti cari saluti all’ufficio accertatore.

Insomma, si tratta di una via d’uscita ottimale rispetto ai rilievi che stanno maturando, con una copertura integrale sul fronte delle imposte sui redditi (l’IVA invece resta accertabile in maniera analitica). Il solo problema è dover fare valutazioni complessive anzitutto sulla adesione al CPB 2025/2026 entro il prossimo 30 settembre, atteso che in caso di mancata adesione al concordato non è possibile poi fruire del ravvedimento straordinario.

Dopo di che, ognuno potrà ragionare sugli “scheletri” del passato, analizzando i costi e le opportunità del ravvedimento, che oggettivamente è davvero “tanta roba”. ■

VIZI E VIRTÙ DEL PROFESSIONISTA INFLUENCER

Nell’epoca di TikTok e dell’intelligenza artificiale avvocati, medici, commercialisti… non possono più ignorare i social media per fare divulgazione e affermarsi nel proprio lavoro. Ma occhio alla deontologia e all’intelligenza artificiale che sta spazzando via i motori di ricerca per lanciare influencer virtuali che offrono maggior efficienza. Due fattori critici da tener d’occhio per il personal branding

Nel momento in cui in Italia si avvia una radicale riforma generale delle libere professioni, comprese quelle sanitarie, degli avvocati, dei commercialisti, con oltre 1,6 milioni di persone coinvolti, è giusto interrogarsi anche sugli strumenti più adeguati attraverso i quali i professionisti possono sviluppare e affermare il proprio business.

Il mondo digitale e dei social media è ovviamente utilizzatissimo da anni pure da avvocati, medici, commercialisti che diventano dei veri e propri influencer.

E fa riflettere, ad esempio, che tra i profili di maggiore successo per le newsletter digitali a pagamento veicolate dalla piattaforma Substack ci sia, dopo un nome popolare come Selvaggia Lucarelli, quello di un seriosissimo ingegnere informatico: Luca Rossi, autore di Refactoring (newsletter scritta in inglese), con circa 150 mila iscritti, di cui 1.700 paganti. La newsletter costa 14 euro al mese o 140 euro all’anno.

E i ricavi netti, spiega Rossi, arrivano a 150 mila euro all’anno, ma sono solo un terzo di quelli generati da Refactoring. Ci sono infatti da aggiungere anche le sponsorizzazioni, fatte in autonomia, che valgono altri 250 mila euro circa.

In questo caso il mondo social ha poi preso il sopravvento sulla professione, nel senso che Rossi ha abbandonato il suo lavoro di ingegnere informatico in azienda per dedicarsi a tempo pieno alla sua start up. Ma non vi è dubbio che i professionisti, nell’epoca di TikTok

e dell’intelligenza artificiale, non possono più ignorare questi canali per affermarsi nel proprio lavoro.

La puzza sotto al naso, insomma, non può più essere l’atteggiamento corretto nell’approcciare la tematica dell’influencer marketing, anche da parte degli ordini professionali o del legislatore: il genere umano, infatti, passa gran parte del proprio tempo sul web; sulle piattaforme digitali effettua le sue ricerche; chiede le informazioni; si forma una opinione; si fa pure una idea sulla professionalità, credibilità e valore di uno studio legale o di un medico.

OCCHIO ALLA DEONTOLOGIA

Secondo molti analisti, l’intelligenza artificiale offre tante possibilità e non deve essere vissuta come un pericolo per chi esercita la libera professione. Tuttavia è abbastanza chiaro che i rischi ci siano, e che il personal branding e la conquista della fiducia verso un nome specifico, una faccia, uno studio siano strade da percorrere proprio sfruttando le opportunità messe a disposizione dal digitale.

Sempre tenendo conto pure delle previsioni condivise dalla gran parte degli analisti, in base alle quali, in pochi anni, il traffico web crollerà del 64% proprio a causa della AI, nuova destinazione delle richieste che adesso vengono ancora affidate ai motori di ricerca alla Google.

Un conto, tuttavia, è fare divulgazione attraverso i social per poi affermare il proprio studio, la propria persona e quindi acquisire più clienti; un conto è invece diventare testimonial o produrre dei post sponsorizzati, perché questo va contro la deontologia professionale e può portare a rischi davvero seri, soprattutto in ambito medico-sanitario.

Il cuore di questa attività social non è vendere in senso stretto, ma creare connessioni, generare fiducia, posizionarsi come punto di riferimento.

Per un professionista, tutto questo è fondamentale. Il passaparola resta ancora uno degli strumenti più potenti, certo, ma oggi il passaparola corre anche (e soprattutto) sui social.

Luca Rossi, autore di Refactoring (newsletter scritta in inglese), con circa 150 mila iscritti

INFORMAZIONI CHIARE

Ci sono alcune case history interessanti in tema di professionisti diventati anche influencer.

L’avvocato Alessandro Vercellotti, ad esempio, ha fondato lo studio Legal for digital e partendo da un semplice video su LinkedIn nel 2018 è poi riuscito ad acquisire circa 300 clienti all’anno avviando pure il canale Telegram su argomenti legali più grande d’Italia. Pubblicare post sui social era ritenuto poco professionale dagli avvocati, dagli studi legali, e fino a prima della pandemia Covid non lo faceva praticamente nessuno.

Ovviamente i potenziali clienti conquistabili sui social non sono esperti di giurisprudenza: vogliono informazioni chiare. Proprio per questo Vercellotti sin da subito si è assegnato delle regole comunicative specifiche: non cita mai norme, cassazioni e sentenze, evita tutto ciò che rischia di allontanare il pubblico. Si forniscono contenuti i più interessanti e fruibili possibile, ci si posiziona nella mente dell’audience, si semina anche per uno o due anni, e poi, quando a qualcuno serviranno prestazioni professionali legali, verrà in mente lo studio Legal for digital.

Il commercialista Massimiliano Allievi, con i suoi profili social dello Studio Allievi e il format del Brambilla, ha spopolato su Instagram, TikTok e Youtube: «Penso sia importante trovare il linguaggio comunicativo più adatto alla propria audience. Per noi è stato uno dei fattori critici di successo più importanti. Adesso l’85% del nostro fatturato arriva dalle ri-

Massimiliano Allievi, con i suoi profili social dello Studio Allievi e il format del Brambilla, ha spopolato su Instagram, TikTok e Youtube

Alessandro Vercellotti, fondatore dello studio Legal for digital

chieste che riceviamo sui social. È per questo che sono convinto che qualunque professionista dovrebbe pubblicare contenuti su Instagram, TikTok o tutte le altre piattaforme social”. In genere l’approccio di un professionista verso i social è quello divulgativo, con chiarimenti e spiegazioni di cose complesse.

NIENTE MARCHETTE

E quando si maneggia la materia sanitaria bisogna davvero fare attenzione. Il profilo Pediatra Carla, dietro al quale c’è una vera pediatra che esercita la sua professione in ospedale, ha centinaia di migliaia di follower e da tempo denuncia una piega preoccupante: «Sanitari di tutti i tipi, dai medici ai farmacisti, dai nutrizionisti agli infermieri, insomma ormai chiunque sponsorizza marchi e

prodotti con #adv oppure ottiene vacanze gratis con #suppliedby. Si tratta però di violazioni del codice deontologico, perché un sanitario ha un’influenza maggiore rispetto a una persona comune: il suo parere nel consigliare un prodotto ha il peso dato dall’autorevolezza del suo titolo. Quindi sul grande pubblico l’influenza è maggiore rispetto a un influencer qualsiasi. Essere un sanitario è una responsabilità, non un vantaggio da usare per guadagnare facile: un profilo come il mio varrebbe già mille euro per un post o una storia su Istagram. Ma i sanitari non possono fare sponsorizzazioni a marchi o prodotti. Niente marchette, è vietato».

Approcciare il mondo digitale anche dall’alto di una professione affermata e rispettabile,

insomma, è più che mai giusto, con le dovute cautele. Ricordando, tuttavia, come accennato all’inizio, che il mondo del web e dell’influencer marketing, così come lo conosciamo ora, verrà probabilmente spazzato via dalla intelligenza artificiale.

IL FUTURO È DELL'AI

L’intelligenza artificiale sta trasformando il modo in cui le persone navigano su internet. Oggi gli utenti non fanno più domande ai motori di ricerca, ma ai chatbot, a ChatGpt, e ricevono risposte all’istante piuttosto che link su cui cliccare o rinvii a specifici profili social (influencer). Il risultato è che chi produce contenuti, dalle testate giornalistiche ai forum online fino a siti come Wikipedia, sta registrando un forte calo nel traffico degli utenti. Quindi, da un

lato l’intelligenza artificiale rende quasi obsoleti i motori di ricerca, il web e i vari siti che lo popolano; dall’altro fa emergere influencer virtuali generati dall’intelligenza artificiale stessa, rimodellando quindi profondamente il settore del marketing sui social media.

Man mano che i brand continuano a investire massicciamente nel marketing di influencer, un settore valutato attualmente circa 11 miliardi di dollari all’anno, si concentrano però sempre più su personaggi digitali che non esistono nella realtà e che offrono efficienza economica e un controllo migliorato sul messaggio del marchio. E pure di questo i professionisti dovranno tenere conto nel momento in cui vanno a stabilire le loro strategie di affermazione e promozione nel mondo digitale. ■

LE ALLERGIE FANNO BOOM

di Guido Mattioni

Le previsioni dicono che le sole allergie respiratorie colpiranno il 40% degli italiani entro il 2030. E in aumento sono anche le persone che soffrono di celiachia e di altre intolleranze. Le cause? Non solo l’inquinamento crescente dell’aria, ma anche l’abuso di deodoranti per la casa, il consumo di cibi iper processati e l’alto consumo di antibiotici e medicinali in genere. Che fare? La parola all’esperto Alessio Fasano

C’è un’emergenza sanitaria in costante aumento, in Italia. Non ha gli stridori acuti che accompagnano i Grandi Mali, ma è di certo un problema serio per chi ne soffre. È un’emergenza che può prudere o far tossire, lacrimare gli occhi o arrossare e squamare la pelle. È l’emergenza allergie; un’espressione verbale singolare e collettiva, declinabile com’è in tanti modi, sotto diversi nomi e capace di colpire ovunque, con maggiore o minore gravità.

Le previsioni ci dicono che le sole allergie respiratorie, come la rinite allergica da polline, colpiranno entro il 2030 più o meno il 40% degli italiani. Non occorre essere medici per intuirne le cause. Su tutte, l’aria sempre più inquinata che respiriamo. Noi, però, ci facciamo del male

In base ai dati aggiornati al 31 dicembre 2023 dal ministero della Salute, sono 265.102 le persone

Sono oltre 10mln gli italiani

che soffrono di allergie.

Stando all’Associazione

Italiana Allergologi

Immunologi Territoriali

e

Ospedalieri (Aaito)

si tratta di malattie in costante crescita, tanto che nel 2025 ne soffrirà una persona su due, rendendole le patologie croniche più diffusa del secolo

anche in casa, obbedendo ai diktat sussurratici dagli spot, piazzando ovunque profumatori che diffondono aulenti nuvolette di chimica al nostro passaggio. Altrettante “fabbriche” di allergie respiratorie, nonché dermatologiche, sono i profumi che vengono “aggiunti” – sì, proprio come le montagne di zuccheri dei malsani cibi iperprocessati – ai detersivi e agli ammorbidenti, ai saponi, agli sciampi, ai bagni schiuma e ai profumi. Lasciamo così dietro di noi scie di lavanda o gelsomino, ma anche starnuti. Mentre “dentro”, a nostra insaputa, si innescano anche silenziosi attentati al sistema ormonale.

Se però ai sentori di verbena possiamo rinunciare, è inevitabile che, per sopravvivere, dobbiamo mangiare e bere. Tre volte al giorno. Ed è qui che, inconsciamente, faccia-

mo del nostro peggio. Scatenando ben più che le allergie. Lo facciamo già da bambini, pur se per scelte perlopiù inconsapevoli di chi ci ha messi al mondo. Scelte che vanno però ad azzoppare il trainer invisibile del sistema immunitario e cioè il microbioma, la popolazione di batteri, virus, funghi e altri microrganismi - più o meno 38.000 miliardi - ospiti delle mucose, ma principalmente dell’intestino. Finché si tratta di inquilini perbene, tutto tranquillo. Il problema è quando, sfondando le porte, arrivano e si insediano famiglie malavitose. Allora cominciano i guai, serissimi, per la salute.

Per capire bene che cosa succede quando gli inquilini sono quelli sbagliati, è il caso di ascoltare una delle massime autorità mondiali in materia di interazioni tra

microbioma, sistema immunitario e malattie infiammatorie croniche, cause scatenanti di allergie e molto peggio. Per esempio, il professor Alessio Fasano, gastroenterologo, docente alla Harvard Medical School, primario di Celiachia infantile al Massachusetts General Hospital di Boston, nonché direttore del Center for Celiac Research dell’Università del Maryland. Uno dei tanti cervelli italiani che, per brillare della luce che meritava, ha dovuto varcare l’Oceano, tanti anni fa.

OCCHIO AI PRIMI GIORNI DI VITA

«Agire sul microbioma nei primi due anni di vita è una forma di prevenzione primaria, perché significa programmare un sistema immunitario capace di distinguere tra che cosa combattere o invece tollerare», spiega Fasano. Una mis-

sion concentrata quindi nei primi 1.000 giorni di vita. «È in questo periodo che si costruisce l’equilibrio duraturo tra organismo e microbi che lo popolano», aggiunge lo scienziato. «Se disturbato invece da un parto cesareo immotivato, da un allattamento artificiale evitabile, da un’alimentazione errata e squilibrata, nonché da un uso eccessivo di antibiotici, il sistema immunitario sarà programmato male. Diventando iperattivo e favorendo l’insorgere di infiammazioni croniche». È insomma in quei primi mille giorni di vita che viene programmato l’adulto sano - oppure malato - di domani. Scongiurando oppure favorendo l’insorgere di allergie, ma anche di obesità (che è malattia, non aspetto fisico), celiachia, diabete di tipo 1, nonché disturbi del neurosviluppo come autismo e ADHD.

Alessio Fasano, gastroenterologo, docente alla Harvard Medical School, primario di Celiachia infantile al Massachusetts General Hospital di Boston, nonché direttore del Center for Celiac Research dell’Università del Maryland

L’OMS prevede che nel 2050 il 50% dell’intera popolazione mondiale sarà colpita da allergie, in particolare i bambini

SIAMO QUELLO CHE MANGIAMO

Si diceva alimentazione sbagliata e squilibrata. Nel 2000 fu proprio Fasano a scoprire che cosa rende la membrana intestinale permeabile, innescando così la Leaky Gut Syndrome, o Sindrome dell’intestino gocciolante. Quel “qualcosa” è la Zonulina, prodotta dalla Gliadina, a sua volta una delle due componenti del glutine. In corrette quantità svolge il fondamentale lavoro di mantenere “serrate” le giunture che dividono l’intestino dal flusso sanguigno; ma se è in eccesso, queste giunture si infiammano e si “smagliano”, lasciando passare nel torrente ematico tutto quanto non ci dovrebbe mai finire: proteine non digerite, batteri, virus, formazioni fungine, allergeni e metalli pesanti.

Se ignorata, non curata o mal curata, la permeabilità intestinale, definita dalla moderna medicina come “la madre di tutte le patologie”, scatenerà malattie autoimmuni come artrite reumatoide, morbo di Chron, sclerosi multipla, diabete e celiachia e altre. Oltre a infinite forme di allergia. Come quella, ormai quasi epidemica, al nichel. Eppure, i nostri nonni sopravvissero proprio grazie a cibi ricchi in natura di questo metallo, come legumi, castagne o noci. Di fatto ignorando questa allergia. Il motivo è semplice: «il “loro” glutine era al massimo un pezzo di pane o un piatto pasta – quando c’erano! – e non un torrente quotidiano, h24, da mattina a sera, iniziando dalla brioche per finire con la pizza a cena. La loro membrana intestinale era quindi compatta e tutto scivolava via, senza fare danni, fino alla “destinazione finale».

GLUTINE NEMICO N. 1

Fasano è chiarissimo. I danni provocati da un’alimentazione troppo ricca di glutine – oggi presente in un buon 80% dell’alimentazione occidentale, basata perlopiù su sedicenti cibi industriali – non sono un problema dei celiaci conclamati, che quei cibi non li consumano affatto, ma potenzialmente di tutti. Smentendo così una delle più diffuse credenze metropolitane, scientificamente infondata.

Almeno il 20% della popolazione mondiale - una persona su 5 - è oggi intollerante al glutine. Peccato che la maggioranza ignori di esserlo. O, peggio, rifiuti pregiudizialmente questa evidenza. Perché soprattutto in Italia - dove cibi come pasta, pane, pizza, fette biscottate, brioche, merendine, bi-

scotti, grissini e quant’altro derivi dalle graminacee sono considerati beni indiscutibili – accettare una tale evidenza è impensabile. E solo il dirlo equivale a bestemmiare. Ma la scienza non bestemmia. Quando è seria, non viziata cioè da interessi economici di terzi, fa solo il suo lavoro: dice la verità. Anche se scomoda, in quanto ci mette davanti a una scelta: cambiare abitudini oppure ammalarci.

Tertium non datur. Con il paradosso che buona parte delle persone – basta chiedere a chi si occupa di nutrizione – sembra temere di più il cambiamento di abitudini alimentari che l’eventualità di ammalarsi. Chiudendo gli occhi, tappandosi le orecchie e andando avanti così. Perché così si è sempre fatto. ■

TRA BENESSERE ANIMALE E ALTA SPECIALIZZAZIONE

La professione veterinaria cambia volto: benessere, prevenzione e specializzazioni avanzate guidano un settore in forte crescita. Marco Melosi (Anmvi) racconta come si evolve il ruolo dei medici veterinari e l’approccio a una medicina sempre più vicina a quella umana

Negli ultimi cinque anni, secondo i dati Unioncamere le imprese attive nei servizi di cura per gli animali da compagnia sono aumentate del 32% in Italia. Sulla spinta dei pet shop (+54% negli ultimi 12 anni) il settore registra un vero e proprio boom: ambulatori veterinari sempre più evoluti, centri benessere e cliniche specialistiche riflettono la crescente attenzione per il benessere animale che oggi si affianca sempre di più alla cura.

Se una volta infatti ci si rivolgeva al veterinario solo in caso di emergenza, oggi si parla di medicina preventiva, fisioterapia, comportamento e nutrizione personalizzata. «L’approccio della medicina veterinaria è ormai in tutto e per tutto sovrapponibile a quello della medicina umana» dice Marco Melosi , presidente di Anmvi, l’Associazione nazionale medici veterinari italiani, che abbiamo intervistato per capire come la professione si adatta a questa evoluzione nel settore dei pet.

D. Il veterinario dunque oggi non è più solo il “medico degli animali”?

Esatto. Oggi il nostro lavoro si è ampliato in modo importante. I pet sono membri della famiglia a tutti gli effetti: le persone vogliono per loro le stesse cure e attenzioni che riservano ai propri cari. Questo ha spinto l’evoluzione della medicina veterinaria: oggi possiamo fare risonanze magnetiche, mettere pacemaker o protesi, trattare patologie complesse. Anche nel nostro settore l’intelligenza artificiale è

Marco

già un supporto prezioso in fase diagnostica e decisionale. Ci sarà una convergenza sempre maggiore con la medicina umana, anche nelle specializzazioni.

D. Come è cambiata la formazione accademica?

La formazione accademica dovrà essere presto aggiornata alla nuova Direttiva Qualifiche della Commissione europea. Il piano di studi è stato aggiornato con materie anche non strettamente cliniche, come ad esempio il concetto One Health, skills di comunicazione e di managerialità. L’università però continuerà a dare una preparazione generalista, utile per affrontare i fondamenti della professione.

Oggi non basta più. Il mercato richiede figure sempre più specializzate. In Italia, per fortuna, abbiamo percorsi post-laurea di altissimo livello, soprattutto grazie a società scientifiche come la Scivac che specializzano i veterinari in varie discipline come cardiologia, dermatologia, fisioterapia, medicina comportamentale e altro ancora. E ogni branca sta vivendo un’evoluzione rapida.

D. Quali specializzazioni vede in crescita per il futuro?

Due in particolare: la fisioterapia e la medicina comportamentale. La prima, fino a 15 anni fa, era inesistente nel nostro settore. Oggi è centrale nella riabilitazione post-operatoria, nel miglioramento della qualità di vita e nella gestione del dolore cronico. La seconda, la medicina com-

portamentale, si sta affermando sempre di più. Tante persone si rivolgono a noi per problemi di gestione del cane o del gatto, perché l’animale è ormai parte del nucleo familiare e va compreso e accompagnato anche dal punto di vista psicologico per una serena convivenza.

D. In questo scenario, quali sono le nuove responsabilità per il veterinario?

Oggi il nostro lavoro è sottoposto a molte più aspettative. Il concetto di “maltrattamento” si è ampliato, non solo per evidenti delitti, come ad esempio relegare un animale sul balcone tutto il giorno o lasciarlo solo in auto a rischio della vita. Il veterinario deve educare al benessere animale facendo attenzione che

non siano compromesse le esigenze etologiche del cane e del gatto. Non deve solo curare, ma anche essere preparato a riconoscere situazioni di disagio e, in certi casi, fare anche da perito nei procedimenti giudiziari.

Abbiamo bisogno di una conoscenza sempre più solida delle normative, perché potremmo essere chiamati a valutare casi complessi.

D. Anche il rapporto tra veterinari e proprietari sta cambiando?

È diventato molto più delicato. I proprietari sono più informati e spesso arrivano da noi con richieste precise, aspettative alte, e un livello di coinvolgimento emotivo enorme. C’è chi si presenta come

“nonna del cagnolino” o parla del “figlio peloso”. Noi dobbiamo mediare tra la realtà clinica e l’emotività. Questo ha spinto molte cliniche a organizzarsi in modo multidisciplinare, con specialisti, ricoveri, monitoraggi, tecnologie avanzate… proprio come nella medicina umana.

D. Questo aumento di attenzione e affetto verso gli animali ha anche lati controversi?

A volte ci sono eccessi di umanizzazione, nei proprietari e nella sensibilità dell’opinione pubblica. Non è detto che vadano sempre nell’interesse dell’animale, anche quando c’è la buona fede. Per un medico veterinario questo è il rischio principale, cioè inficiare il benessere animale e non rispettare l’alterità animale.

Il nostro compito è principalmente questo. Quanto alla scala valoriale invece, siamo nel campo delle sensibilità etiche di ogni cittadino e si entra nella sfera bioetica che è per sua natura ricca di sfaccettature e di posizioni divergenti che non è semplice conciliare.

D. Come consiglia di affrontare oggi la carriera veterinaria per chi vuole occuparsi di pet?

“Perché mi piacciono gli animali” non è più una motivazione sufficiente. È una professione medica a tutti gli effetti, con alti livelli di responsabilità e un impegno importante. Ai giovani dico sempre: valutate bene, informatevi. È un lavoro che richiede sacrificio, aggiornamento continuo, competenze tecniche e umane. ■

Specializzazioni sempre più vicine alla medicina umana

In ambito veterinario la formazione post universitaria in Italia, per chi si occupa di pet, è demandata a Scivac, la Società culturale italiana veterinari per animali da compagnia. I corsi sono gestiti da 20 società specialistiche e 3 gruppi di studio che coprono tutti gli ambiti della salute animale, da quelli tradizionali come nutrizione o cardiologia, a quelli più nuovi come chirurgia mini-invasiva e medicina sportiva.

I corsi in programma questo autunno mettono in rilievo la progressiva sovrapposizione tra medicina animale e medicina umana. Ecco qualche titolo: “Oltre il trauma in Medicina Veterinaria. Cosa possiamo imparare dalla neuropsichiatria infantile?”, “Screening per le malattie cardiache familiari ed ereditarie del cane e del gatto”, “Agopuntura in terapia comportamentale del cane e del gatto”. ■

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Dal 2015 Gestione Professionisti attiva coperture di assistenza sanitaria integrativa e per lo studio, grazie a BeProf disponibili per tutti i Professionisti. Prestazioni in convenzione, rimborsi spese, agevolazioni, servizi mirati e studiati per le esigenze di ciascuno. www.gestioneprofessionisti.it gestioneprofessionisti@ebipro.it

PAGINA A CURA

Antec Associazione nazionale tecnici liberi professionisti

Maurizio Papale, presidente nazionale

Antec

Sicurezza nei luoghi di lavoro: la strage continua

Gli infortuni e le vittime sui luoghi di lavoro sono un’emergenza nazionale, che colpisce ogni comparto lavorativo e che ha un forte impatto economico e sociale per il Paese. È arrivato il momento di riconoscere la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro un interesse pubblico. Al pari della prevenzione incendi. Professionisti sono disposti a tutto. Pur di fermare la strage

Non c’è giorno che non sentiamo notizie di cronaca che parlano di morti sul lavoro e di conseguenti appelli sulla necessità di aumentare il numero di ispettori e l’entità delle sanzioni, mai rilevando che dopo aver inasprito le sanzioni e aumentati gli ispettori, il numero di morti e di infortunati è sempre aumentato anziché diminuito. Antec raccoglie al suo interno espressioni professionali da sempre sensibili nei confronti di salute e sicurezza nei luoghi di Lavoro, di cui al Dlgs 81/08, tema sempre più cogente e degno di attenzione da parte dei diversi attori impegnati nella materia.

L’esperienza ci insegna che l’insidia è manifesta in ogni comparto lavorativo, sia edilizio, industriale, agricolo, terziario, sia di natura pubblica o privata. Come professionisti impegnati nel settore abbiamo modo di vedere ciò che accade rispetto a ciò che dovrebbe accadere, ad esempio, la risposta burocratica all’obbligo normativo, ma non sempre è così.

Nelle grandi aziende ben strutturate, si operano processi virtuosi, dove le norme vengono utilizzate per strutturare modelli di gestione integrata e motivo di ricerca, molte altre si strutturano per

rendere “burocrazia” che amplifica l’impegno e difetta in risultato. In qualità di professionisti tecnici assumiamo i ruoli di progettista, direttore lavori, consulente tecnico, RSPP, CSP e/o CSE, che ci fanno affrontare criticità non facili da superare.

La scarsa consapevolezza di ruoli, responsabilità e le cattive abitudini operative, fanno emergere la più cogente delle criticità: lo scarsissimo grado di cultura posseduto in questo campo. Questo ci mette di fronte alla più grande delle necessità: l’elevazione culturale sulla materia. Cultura da finalizzare a che si sia consapevoli che la efficace attuazione delle norme sulla sicurezza, è utile investimento e non inutile spesa. Cultura che insegni che i risultati positivi arrivano col contributo di tutti, orientato ad ottenere un sistema ordinato ed efficace.

I tecnici liberi professionisti possono mettersi in gioco, anzi lo vogliono! Norme e giurisprudenza ci attribuiscono posizione di garanzia, non tanto come RSPP quanto come CSE; la nostra corretta attività, può concretizzare la finalità normativa, vedendoci attori capaci della giusta applicazione delle norme obbligatorie e non. Bisogna però riordinare un “difetto” normativo; i professionisti iscritti agli albi, sono obbligati alla formazione continua, vigilata dagli ordini e collegi professionali, mentre altri, che possono operare senza iscrizione, non sono controllati; disparità negativa.

Ci chiediamo: perché non auspicare l’istituzione di un albo, nazionale/regionale, di specialisti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, RSPP e/o CSP-CSE, che possa certificare l’aggiornamento per il mantenimento del requisito attivo? Una simile combinazione, potrebbe ri-

durre la platea delle attività da sottoporre a vigilanza ispettiva, fruendo di quelle “posizioni di garanzia” prima richiamate.

Esempi in tal senso ne esistono già! IL DPR 151/2011 – I professionisti antincendio nel Registro nazionale del Ministero degli Interni e l’articolo 46 del D.Lgs 81 – che recita: La prevenzione incendi è la funzione di preminente interesse pubblico, di esclusiva competenza statuale… Ci chiediamo perché, stante la gravità, la cogenza e l’incidenza anche sociale degli infortuni e delle vittime del lavoro, non abbia a potersi definire di “interesse pubblico”, analogamente alla prevenzione incendi, la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro?

Scegliendo di mantenere la competenza concorrente delle Regioni o ricorrere a quella esclusiva dello Stato con analoga attribuzione come per la prevenzione incendi? Noi tecnici liberi professionisti siamo per tenere viva l’attenzione su queste tematiche, che ci coinvolgono totalmente, sulle quali non abbassare mai la guardia e siamo pronti a portare il nostro contributo, perfino limitando la nostra libera professionalità, facendo la nostra parte affinché si possano costituire le basi per fermare la strage. ■

WELFARE E DINTORNI

Il Contratto collettivo nazionale degli studi professionali ha costruito un’articolata rete di tutele intorno a tutti coloro che operano all’interno di uno studio professionale. In questa rubrica le ultime novità dalla bilateralità di settore

Formazione: a novembre il Forum di Fondoprofessioni

Il prossimo 5 novembre, dalle ore 10.30 alle 14.00, si terrà a Roma, presso il Teatro Golden, il Forum 2025 di Fondoprofessioni dal titolo “La formazione continua si confronta”. Un appuntamento pensato come spazio di riflessione, confronto e prospettiva sul futuro della formazione continua, attraverso un dialogo dinamico tra rappresentanti di enti, istituzioni e realtà del mondo educativo e produttivo. La formula dell’evento si distingue per l’organizzazione di due “dispute” su temi centrali e di grande attualità: la certificazione delle competenze nella formazione continua e l’intelligenza artificiale per e nella formazione. Ogni disputa vedrà l’intervento di un “oratore” che sosterrà

una posizione favorevole sul tema trattato, contrapposto a un “avvocato del diavolo” incaricato di confutare e mettere in discussione le argomentazioni proposte. Al termine di ciascun confronto, i partecipanti saranno chiamati a esprimere la propria preferenza votando tramite app, scegliendo così la posizione che hanno ritenuto più convincente. A seguire, un tavolo di sintesi offrirà un momento di lettura trasversale dei contributi emersi, aprendo una riflessione condivisa sulle possibili evoluzioni del sistema della formazione continua. Il Forum si concluderà con la premiazione del concorso fotografico “I sentieri dell’apprendimento”, la relativa mostra e un buffet conviviale.

Accompagnamento, Ebipro integra l’indennità Inps

L’Ente bilaterale nazionale per gli studi professionali, Ebipro, conferma il proprio impegno a sostegno degli iscritti introducendo una misura innovativa che integra l’indennità di accompagnamento erogata dall’Inps. A partire dal giugno 2025, i lavoratori dipendenti nel settore privato degli studi professionali con familiari che, per una condizione accertata di grave disabilità, percepiscono l’indennità di accompagnamento da parte dell’Inps, potranno beneficiare di un contributo aggiuntivo pari a 500 euro lordi, anticipato dal datore di lavoro e successivamente rimborsato dall’Ente. La misura è attivabile due volte nel corso dell’iscrizione alla bilateralità e rappresenta un concreto rafforzamento del sostegno al reddito di quei nuclei familiari in cui sono presenti casi di gravi fragilità. Questa iniziativa rafforza ulteriormente le tutele di protezione sociale messe in campo dal welfare bilaterale degli studi professionali, andandosi ad affiancare alle coperture sanitarie e assistenziali di Cadiprof grazie alle quali i lavoratori con familiari non autosufficienti possono ottenere importanti rimborsi anche sulle spese di natura medica e ausiliare.

MedicoPerTutti, il servizio

di telemedicina aperto a iscritti e familiari

Cadiprof mette a disposizione dei lavoratori iscritti e dei loro coniugi, un’iniziativa unica nel suo genere: un servizio di video-consulto medico. Talvolta, il ritmo quotidiano a cui siamo sottoposti rende poco agevole poter contattare il nostro medico curante; può capitare di avere necessità di un parere medico e di trovarsi ad esempio in una città diversa da quella in cui abitiamo e non sapere a chi rivolgersi. Questo servizio all’avanguardia permette di ricevere un riscontro tempestivo e un primo orientamento medico, con uno dei medici della Centrale Operativa, accessibile dal lunedì al venerdì dalle 08.00 alle 20.00 e il sabato dalle 08.00 alle 18.00. MedicoPerTutti è incluso nel piano di assistenza sanitaria Cadiprof, di conseguenza è fruibile da tutti gli iscritti ed è gratuito. Il servizio è accessibile tramite l’utilizzo dell’apposita App da scaricare sul proprio telefonino (IOS o Android). Prima di scaricare l’App, il dipendente accede alla propria Area Riservata dal sito Cadiprof e clicca su Prestazioni Cadiprof: dal menù seleziona “MedicoPerTutti”. Verrà inviata una mail con il codice di attivazione per abilitare l’utente sulla app.

ATTIVA IL PROFILO

Spese odontoiatriche, rimborsi integrati

Dal 1° luglio 2025 Gestione

Professionisti e BeProf rendono disponibile ai professionisti titolari di copertura, automatica o volontaria, “Corone”, una ulteriore garanzia che consente il rimborso del 30% della spesa sostenuta nel periodo 01/07/2025 – 31/12/2025 fino a un massimo di 250 euro per una corona di qualunque materiale su denti o radici naturali. La nuova garanzia aggiunge al rimborso delle spese per implantologia (25% della spesa sostenuta e fino a 500 euro per ciascun periodo di validità del pacchetto), per ortodonzia (fino a 700 euro una tantum) e per le prestazioni socio-sanitarie odontoiatriche di emergenza (servizio “Pronto Fas”). Le richieste di rimborso possono essere inoltrate dalla piattaforma BeProf. Le spese devono essere sostenute non prima della attivazione della copertura o della decorrenza del pacchetto Rimborso Spese Odontoiatriche, se successiva, ed entro 90 giorni dalla data della fattura quietanzata. Per i professionisti titolari di copertura volontaria, i rimborsi possono essere richiesti dal 1° giorno del 13° mese di copertura ovvero, in caso di copertura volontaria (non automatica), successivamente alla decorrenza del primo rinnovo annuale. La copertura deve essere comunque attiva al momento della presentazione della domanda su BeProf.

MEDICO PER TUTTI MAGGIORI

Gli eventi, le mostre, i film e i libri del momento in Italia e all'estero da non perdere per fare un pieno di cultura e di bellezza

CULTURA

Arte al servizio del sociale

Autunno, tempo di grandi mostre ma anche di festival e rassegne minori. Eventi comunque di grande intensità e spessore culturale. Ne sono un esempio il Festival della fotografia etica di Lodi e la IX Biennale di Mosaico Contemporaneo di Ravenna di Romina Villa

Nella pagina a fianco: IX Biennale di Mosaico Contemporaneo di Ravenna

Arriva l’Autunno ed è tempo di ripopolare i musei perché tra ottobre e novembre si apre la stagione delle grandi mostre, per intenderci, quelle che durano fino alla fine dell’inverno e che spesso prevedono lunghe code al botteghino. Non è però tutto qui. E’ anche il momento di festival e rassegne. Eventi che generalmente hanno meno copertura mediatica, ma che non sono da meno per intensità e spessore culturale.

Come il Festival della Fotografia

Etica di Lodi che fino al 26 ottobre animerà la città lombarda con l’occhio puntato sulle grandi questioni sociali. La manifestazione, giunta alla XVI edizione, è infatti ormai un punto di riferimento nell’ambito della fotografia documentaria.

In cartellone ci sono 20 mostre, distribuite in diverse location cittadine, con quasi un migliaio di fotografie esposte, frutto del lavoro di circa 150 fotografi provenienti da ogni parte del mondo.

In tempi, oggettivamente molto difficili, come quelli che stiamo vivendo, il focus su realtà ai margini o dimenticate, impone di fermarsi a pensare. Le immagini hanno il potere di scuotere le coscienze, osserva il direttore del Festival, Alberto Prina, ma è quello che serve per aprire una riflessione sulle molteplici vicende dell’umanità e per costruire ponti per la comprensione di qualcosa diverso da noi.

TRA ATTUALITÀ E NO PROFIT

Il percorso espositivo si suddivide in grandi spazi tematici, come Le vite degli altri, dove si indaga

sulle diversità culturali dei popoli o No-profit in cui sono presentati i reportage commissionati dalle stesse associazioni umanitarie che operano in contesti difficili.

O ancora, Uno sguardo sul mondo che in questa edizione presenta una mostra sugli effetti nefasti della fast-fashion e una sul conflitto in Sudan, oppure Storia che ospita un commovente reportage su Srebrenica, a ricordo del genocidio di trent’anni fa. Fulcro della manifestazione è lo spazio

dedicato al World Report Award / Documenting Humanity 2025, un concorso organizzato ogni anno all’interno del festival, che promuove l’utilizzo della fotografia per scopi sociali ed è rivolto a fotografi italiani e stranieri, professionisti e amatori.

Per questa edizione, sono stati selezionati 80 fotografi, i cui lavori saranno presenti per tutta la durata della manifestazione in una mostra dedicata e valorizzati poi nel tempo attraverso i canali del

sito ufficiale del festival oppure in mostre itineranti. Infine, motivo di orgoglio, Lodi, con questa edizione del festival, è stata scelta per ospitare una delle sessanta tappe del tour mondiale del World Press Photo, il leggendario premio internazionale del fotogiornalismo che ogni anno sceglie la Photo of the Year, riconoscimento assegnato quest’anno alla fotografa palestinese Samar Abu Elouf, che ha partecipato con una foto scattata per il New York Times. Tutte mostre in calendario possono esse-

re visitate il sabato e la domenica con l’acquisto di un biglietto giornaliero e saranno accompagnate da eventi collaterali come visite guidate, talk con gli autori, educational e videoproiezioni, per tutta la durata della manifestazione.

Interessante è anche il Circuito Off, la sezione dedicata alla fotografia amatoriale. Le immagini selezionate per questo progetto saranno esposte in spazi cittadini come bar e ristoranti, negozi, associazioni culturali e aree pubbliche.

Sudan Under Siege © Giles Clarke

Nella pagina a fianco

The Tragedy of Gaza

©Loay Ayyoub

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FESTIVAL DELLA FOTOGRAFIA ETICA Lodi, 27 settembre - 26 ottobre

SPAZIO AL MOSAICO

I ponti uniscono e questo leit-motiv si rintraccia anche a Ravenna, dove dal 18 ottobre al 18 gennaio 2026 si svolgerà la IX Biennale di Mosaico Contemporaneo di Ravenna. In effetti, il primo ponte culturale che la città romagnola può dire di aver costruito è quello con la tradizione del mosaico.

Conosciuta in tutto il mondo per i mosaici bizantini di epoca paleocristiana (sono otto i luoghi insigniti del titolo di Patrimonio dell’Umanità), Ravenna ha saputo portare avanti questa forma d’arte, mutata nel tempo e che continua a mutare nei laboratori di mosaico cittadini e nei luoghi che conservano, studiano e valorizzano il patrimonio musivo, come l’Accademia di Belle Art , fondata 100 anni fa, e i numerosi musei.

Il MAR – Museo d’Arte della Città di Ravenna – coordina la manifestazione, organizzata dal Comune di Ravenna con il sostegno della Regione Emilia-Romagna e di varie istituzioni culturali.

Tra le collezioni del museo spicca quella dei mosaici moderni e contemporanei, che si è formata a partire dal secondo dopoguerra, grazie all’intuizione dell’archeologo e accademico Giuseppe Bovini.

Nel 1950, dopo essere stato nominato ispettore presso la Soprintendenza delle Belle Arti e Direttore del Museo Nazionale di Ravenna, Bovini entra in contatto con un gruppo di mosaicisti dell’ABA e da questa collaborazione prenderà le mosse il progetto di approfondimento sui temi del

mosaico e del recupero di una tradizione plurisecolare, con l’intento di traghettarla nella contemporaneità. Il titolo della Biennale 2025 è “Luogo condiviso” che nasce dall’idea del mosaico come linguaggio che favorisce le relazioni così come si relazionano le tessere musive tra di loro, creando luci e forme inaspettate.

IN CONTATTO CON LA MATERIA

Il mosaico come tecnica paziente e che ti mette in contatto con la materia. Infine, il mosaico che tappezza chiese, edifici e strade e che espleta la sua funzione pubblica di decorare e allo stesso tempo di lanciare messaggi.

Il fitto programma di mostre e iniziative è diffuso, oltre che nei musei, anche in luoghi iconici della città come la Biblioteca

IX Biennale di Mosaico Contemporaneo di Ravenna
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MUSEO D'ARTE DELLA CITTÀ DI RAVENNA
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Classense, gli Antichi Chiostri Francescani e Palazzo Rasponi delle Teste. Tra gli eventi più importanti, si segnala la mostra allestita al MAR dal titolo “Chagall in mosaico. Dal progetto all’opera” che racconta il profondo legame del pittore con Ravenna. L’artista visitò la città negli anni ’50, rimanendo impressionato dai mosaici antichi e da questa forma d’arte nella quale ben presto si cimentò.

Accanto a “Le Coq Bleu”, suo capolavoro musivo, facente parte della collezione permanente del MAR, sarà eccezionalmente esposto anche il mosaico di grandi dimensioni “Le Grand Soleil” che originariamente donò alla moglie Valentina. Uno Chagall inedito quindi, che riuscì a declinare quest’arte secondo la sua poetica

visione. Si consiglia una trasferta nella vicina Ferrara, dove l’11 ottobre aprirà a Palazzo Diamanti una grande mostra a lui dedicata, dal titolo “Chagall, testimone del suo tempo”. Una fortunata combinazione per gli amanti di questo grandissimo maestro del Novecento. ■

Strade del vino, il gusto di tesori nascosti

L’autunno è il tempo ideale per partire: l’aria si fa dorata, le vigne profumano di mosto e le strade del vino si snodano tra colline, borghi e cantine. Dai percorsi più noti a quelli segreti, da nord a sud, cinque viaggi da assaporare con lentezza, calice dopo calice.

di Sara Napolitano

Hai conservato qualche giorno di vacanza per l’autunno? Con la vendemmia appena trascorsa, le cantine, profumate di mosto, sono in fermento e visitarle è un’ottima occasione per scoprire, sotto la morbida luce autunnale, le bellezze della campagna e delle tradizioni gastronomiche italiane ma anche dei borghi antichi e dei paesaggi incantevoli attraversati dalle tante Strade del vino e dei sapori su e giù per l’Italia.

Qui abbiamo selezionato quelle da non perdere questo autunno: per alcune delle maggiori regioni del vino, ecco una strada iconica e una ancora poco conosciuta.

TRA GRAPPOLI E ABBAZIE

I filari ordinati che ricamano le colline tra Conegliano e Valdobbiadene come a formare un anfiteatro, in questo periodo sono uno spettacolo di colori e profumi. Siamo nel territorio del Prosecco Superiore Docg, a nord di Treviso. L’omonima Strada del vino, con i suoi 90 chilometri e 60 anni di età, è una delle più storiche e affascinanti d’Italia. Chi si immerge in questo territorio attraversa vigneti ininterrotti, borghi medievali e paesi rurali dove si respira il sapore di una secolare arte enoica.

Le proposte sono tante: una passeggiata a Conegliano, tra i portici di Contrada Grande ad ammirare i palazzi nobiliari, una capatina allo storico Istituto Cerletti, la più antica Scuola enologica d’Italia fondata nel 1876 e poi una visita in cantina, una delle oltre 240, dove degustare non solo i celebri Conegliano Valdobbiadene

Prosecco Superiore e Cartizze ma anche Bianco e Rosso dei Colli di Conegliano, Torchiato di Fregona, Refrontolo passito e Verdiso. Anche la provincia di Venezia ha un cuore enologico. È l’area Doc Lison Pramaggiore, a due passi da Portogruaro e dai lidi di Bibione, Caorle e Jesolo, dove crescono i vitigni antichi amati dai Dogi, come il Tocai e il Verduzzo.

Nuovissima è invece la Strada dei vini DOC Lison Pramaggiore, nata solo nel 2013 ma già ricca di cantine che propongono la degustazione di vini giovani, dai profumi intensi e un sapore complesso che deriva da terreni argillosi e calcarei. Da non perdere, lungo il tragitto, i borghi storici come Concordia Sagittaria e le abbazie antiche come quella di Summaga.

BAROLO E PALAFITTE

Un’altra strada del vino il cui territorio si fregia del riconoscimento Unesco è “Barolo e grandi vini di Langa”: i sentieri tra le vigne qui si snodano tra le scenografiche colline che abbracciano i borghi di Alba, Barolo, La Morra e Serralunga.

Questa zona, da secoli culla di uno dei più grandi vini italiani, è tra le più visitate d’Italia dagli amanti dell’enoturismo, soprattutto in autunno quando al profumo della vendemmia si aggiunge quello delle nocciole e del pregiato tartufo d’Alba.

Gli itinerari proposti sono tantissimi: tra un Barolo e un Nebbiolo si possono per esempio visitare i castelli medievali, “Le sentinelle

DEL

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COMUNE DI PORTOGRUARO, VENETO

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STRADA DEL BAROLO E VINI DI LANGA
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PROSECCO E VINI DEI COLLI

delle Langhe”, oppure conoscere inaspettate espressioni artistiche, come i coloratissimi murales di Montelupo Albese.

Meno conosciuta e molto più recente, è l’Eno Strada Reale dei vini torinesi, un vasto territorio compreso tra Pinerolo, la Valsusa, il Canavese e Torino dove si producono alcune DOC storiche come l’Erbaluce di Caluso (oggi DOCG) e il Freisa di Chieri e altre di nuova istituzione come il Collina Torinese. Produzioni provenienti in larga parte da vitigni autoctoni, spesso coltivati in aree marginali, ma valorizzate da una viticoltura

di qualità. Tra una scoperta enologica e l’altra qui c’è tantissimo da visitare oltre Torino. Per esempio, la fortezza di Verrua Savoia o siti Unesco come le palafitte preistoriche delle Alpi di Viverone e Azeglio o il castello Ducale di Agliè.

TOSCANA, NON SOLO VINO

Quella del Vino Nobile di Montepulciano e dei sapori della Valdichiana senese è una tra le prime strade toscane del vino. Attraversa la provincia di Siena per unire vino, cultura rinascimentale, terme e sapori tipici.

Le attività proposte dalla Strada sono tantissime, dal tour tra le cantine celebrate da Wine Spectator, la bibbia dei wine lovers di tutto il mondo, alla cena in vigna; dalla scoperta dei luoghi archeologici come il santuario di San Casciano dei Bagni o la città etrusca di Chiusi, ai corsi di cucina e alla degustazione del tipico formaggio pecorino fino al relax nelle terme che alcune cantine propongono in abbinamento alle degustazioni della DOCG Vino Nobile di Montepulciano. Tra i paesini da non perdere Pienza, perla del Rinascimento, e Cetona, uno dei borghi più belli d’Italia.

Più a sud, la giovane Strada del Vino Montecucco e dei Sapori dell’Amiata offre l’occasione per scoprire un paesaggio e un vino molto diversi. Il percorso si sviluppa tra le colline maremmane e il Monte Amiata ed è nato per promuovere i vini DOC di Montecucco, prevalentemente rossi a base di Sangiovese, ma anche due particolari tipi di Vin Santo, il classico prodotto con uve Malvasia,

Grechetto e Trebbiano e uno denominato “Occhio di Pernice” da uve Sangiovese. Accanto al vino, qui, in questo periodo, si celebrano olio d’oliva, funghi, pecorino e castagne. Le possibilità sono tante: dalla vetta dell’Amiata fino alla Riserva del Pescinello per chi ama le alture, da Cinigiano a Civitella Paganico per chi vuole immergersi nei borghi rurali.

LA SCOPERTA SICILIANA

Le pendici dell’Etna ospitano alcuni tra i vigneti più particolari d’Europa. Qui le viti affondano le loro radici in un terreno vulcanico così ricco di minerali da produrre bianchi freschissimi.

Gli Etna DOC negli ultimi anni si sono imposti all’attenzione degli specialisti del settore soprattutto per le loro inedite potenzialità di invecchiamento.

È una vera scoperta degustarli nelle cantine della Strada del Vino e dei Sapori dell’Etna sui versanti nord ed est, i più votati alla viticoltura. Un’escursione ai crateri e un giro sul Treno dei Vini, sull’antica linea ferroviaria che attraversa i paesini etnei, regalano scorci incredibili tra il cono fumante del vulcano e il mare.

È un paesaggio completamente diverso quello da scoprire appena 70 chilometri più a Sud, nel territorio del Val di Noto. Tra Noto, Ortigia e gli altri centri storici inseriti nella lista Unesco per le loro singolari architetture in stile tardobarocco, si snodano i percorsi della Strada del Vino ValdiNoto. Una strada che contiene tantissime altre strade perché il percorso tocca le perle

del patrimonio archeologico e di quello architettonico della zona, ma anche le riserve naturali, la costa sabbiosa, i sentieri disegnati dai muri a secco, gli antichi palmenti e le vigne circondate da mandorleti e uliveti.

Le tracce delle civiltà rupestri a Pantalica e Cava d’Ispica, i fenicotteri in sosta all’oasi di Vendicari e i mascheroni che si affacciano dai palazzi nobiliari di Noto sono alcune delle sorprese da scoprire tra un calice di Nero d’Avola, oggi principe indiscusso della viticoltura siciliana, e uno di intramontabile Moscato. ■

ENOSTRADA REALE DEI VINI TORINESI

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STRADA DEL VINO DELLA VALDICHIANA SENESE

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STRADA DEL VINO MONTECUCCO D'AMIATA

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STRADA DEL VINO DELL'ETNA

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Occhio De Falco

Osservare la realtà e analizzare le profondità dell’animo umano. Due qualità che hanno portato Marina Tognotti a diventare psicologa e sociologa ma anche scrittrice di libri gialli. Il suo commissario Antonio De Falco è un personaggio in costante divenire, con un futuro ancora tutto da scrivere

Nella pagina a fianco: Marina Tognotti, psicologa, sociologa e scrittrice di libri gialli

Ci sono professioni che per la loro stessa natura paiono offrire a chi le svolge la possibilità di godere di un punto di osservazione privilegiato sulle fortune e miserie umane e sulle piccole o grandi ossessioni che ritmano inevitabilmente il quotidiano di ognuno di noi.

Sembrerebbe che del novero possa far parte il lavoro di sociologa e di psicologa che la livornese Marina Tognotti svolge regolarmente insieme a quello di counselor e in parallelo con l’attività di autrice di romanzi gialli. Lei però si schermisce e nega preferendo ricondurre la sua capacità di scandagliare le profondità dell’animo dei mortaliche mette in pagina nelle avventure del suo commissario Antonio De Falco pubblicate dalla capitolina Armando - a una passione o a un vizio innati. «Ci si immagina», ha detto Tognotti a Il Libero Professionista Reloaded, «che gli scrittori girino sempre muniti di un taccuino per gli appunti sul quale annotare la descrizione di persone, fatti e luoghi che li circondano.

Ebbene io il quadernetto magari non l’ho ma ciononostante tengo traccia dei volti che vedo e degli episodi cui mi capita di assistere e se li ritengo meritevoli li inserisco poi nelle mie narrazioni.

L’altrieri sedevo in un bar e ho visto scendere da una malridotta utilitaria dei tempi che furono una anziana signora truccata e vestita in toni pienamente glamour con tanto di sigaretta accesa e appesa alle labbra rosso fuoco come i capelli. Forse non da protagonista; ma nei miei libri avrà un ruolo».

DONO E MALEDIZIONE

E poi è una questione di privacy: il segreto professionale è come è noto parente stretto di quello del confessionale e Tognotti - vista per la prima volta in compagnia dell’editore in un’afosa giornata estiva ai bordi di un campo di football americano alla periferia di Cecina - lo rispetta zelante. «Quando scrivo di tic e manie e determinati atteggiamenti che caratterizzano i miei personaggi», ha puntualizzato, «è evidente che sappia di cosa sto parlando ma questo non significa che possa o voglia riportare anche anonimamente tal quali le specificità di uno o più pazienti che sto seguendo». Ciononostante, capi-

tolo dopo capitolo la psicologia fa capolino eccome e ciò si deve altresì al fatto che il crimine quello vero la giallista l’ha conosciuto per davvero realizzando studi presso alcuni istituti carcerari. «Ho la fortuna», ha proseguito, «di aver concretizzato nella vita le mie due grandi passioni e cioè l’attrazione per la psicologia e quella per la scrittura anche se (il detective televisivo Adrian Monk direbbe che «è un dono e una maledizione», ndr) alla creatività il romanziere deve sempre unire una disciplina e un rigore pari a quelli che sono necessari per i consulti nello studio». Il controcanto è rappresentato «dalla possibilità meravigliosa di dare

vita e sentimenti ai personaggi e coglierli nel loro continuo movimento». In tutte le loro sfaccettature. «Il mio commissario De Falco ha una sua esistenza in costante divenire», ha osservato Marina Tognotti, «e i suoi intrecci. Ha dinanzi a sé un avvenire che non è ancora chiaro alla sua creatrice in primo luogo. Poi ci sono gli altri, ci sono i colpevoli e delinquenti o addirittura mostri dei quali è naturale descrivere un ritratto e far emergere un lato B che quasi inaspettatamente generi a seconda dei casi tenerezza ed empatia».

UN FUTURO DA SCRIVERE

Quanto al commissario, nativo di Napoli e figlio nientemeno che di un carabiniere, celibe e rude nei modi sino all’asprezza, approdato a Cecina dopo essere transitato per Roma, anche lui ha facce nascoste e un contraltare incarnato su carta dalla collaboratrice. Fa di mestiere - guarda un po’ - la psichiatra e ha un nome difficile da dimenticare: si chiama Bella Dolce.

«Il mio metodo», ha sorriso l’intervistata, «prevede la stesura preliminare di una sorta di scheda identificativa di ciascun personaggio. Chiudo gli occhi e lo immagino e qualche volta resto sorpresa perché qualcun altro mi bussa alla porta e si manifesta per far capire che l’avevo tralasciato. E arriva con nome e cognome: così è accaduto con Bella Dolce che come tutti ha un certo suo peso e statura, gusti culinari e musicali (al commissario piace per esempio Miles Davis) e mi ha subito porto la carta d’identità». Proprio l’opportunità di «entrare nella testa di un eroe o antieroe, vedere paesaggi con i suoi occhi

e condividere gli aromi che respira» è la calamita che ha attirato Marina Tognotti in direzione delle crime story dopo un breve passato da cronista - ma non di nera - per Il Tirreno e per La Nazione. Lettrice avida - «pressappoco di qualunque cosa eccettuata la fantascienza»predilige Cornwell, Carrisi e gli scandinavi à-la-Larsson e per il momento ha dato alle stampe prima La danza delle maschere (2021) e poi Omicidio al monastero (2022) e ambedue sono ambientati a Cecina. Ora è alle prese con Marlene la cui uscita è in agenda per l’autunno e promette di essere «un racconto di formazione» che ha come scenario Rosignano Marittimo e inizia

dopo la II Guerra mondiale. Mentre aspetta di completarlo, fa altro e per la precisione danza, essendo da molti anni innamorata del tango argentino, e dipinge. «Sono ulteriori espressioni del mio lato creativo», ha concluso, «e portano con sé tanto un pizzico di mistero quanto una componente di libertà e immediatezza che talora manca giocoforza alla giallista quanto alla psicologa e sociologa. Non ci crederà, ma anche Bella Dolce balla e con malizia e qualche difficoltà cerca di far muovere due-tre passi a De Falco». I lettori si chiedono se fra loro possa nascere la passione. Il punto è che se lo chiede anche l’autrice. ■

UN LIBRO AL MESE

Le novità editoriali che non possono mancare nella libreria di un professionista

di Luca Ciammarughi

La Siberia tra bellezza e crudeltà. E quel desiderio di libertà

titolo : Primavera in Siberia

autore : Artem Mozgovoy

A cura di Ornella Volta

editore : Astoria dizioni

prezzo : 19 euro

pagine : 336

Fra le opere di narrativa dedicate al mondo russo, si è distinto nel 2023 il romanzo Spring in Siberia, pubblicato in Italia nel 2025 con il titolo Primavera in Siberia L’autore di questo romanzo, che il regista Stephen Fry ha definito «commovente e scritto benissimo», è lo scrittore, poeta e giornalista Artem Mozgovoy, nato in Siberia nel 1985 e esule dalla Russia nel 2011, in conseguenza del peggioramento delle leggi contro le persone Lgbtq+.

Oggi Mozgovoy vive in Belgio e riflette sui temi dell’esilio, dell’identità e del vivere lontano dal luogo natale, ma anche su una memoria storica che rischia di perdersi. Il protagonista di Spring in Siberia ha chiari riferimenti autobiografici: Alexej cresce in Siberia negli anni ‘90/2000, all’epoca delle grandi trasformazioni politiche russe, dalla caduta dell’Unione Sovietica ai caotici anni che precedono l’ascesa al potere di Putin. L’ampia prima parte del romanzo si

svolge in un clima emotivo sospeso fra bellezza e crudeltà: la bellezza è innanzitutto quella del mondo dell’amata babuška, la nonna, con il suo grande orto e quel profondo contatto con la natura che i russi sentono come indispensabile; la crudeltà è in un altro lato della natura siberiana – gli inverni gelidi -, ma soprattutto nella durezza di una quotidianità segnata dalla povertà, dal bullismo, dal grigiore della vita sovietica.

Alexey, più delicato dei suoi compagni (fatto che desta le preoccupazioni del padre, poiché un vero homo sovieticus di certo non vuole giocare con le bambole), trova una via di fuga nell’amore per la letteratura, il teatro e la danza: l’arte diventa l’espressione di un Altrove possibile che il protagonista può solo sognare, perché fatalisticamente convinto che la sua vita si svolgerà per sempre in quella cappa di paura e rassegnazione. Due elementi determinanti lo salveranno: l’intuito materno (che insieme a quello della nonna rappresenta la dolcezza della sfera femminile, ovvero una sorta di velvet revolution) e l’incontro con un giovane compagno gay come lui, Anton, figlio di spie dell’Fsb, il Kgb dei giorni nostri. Anton svela ad Alexey il mondo proibito del cinema occidentale (Ozon, Almodovar, Araki), ma soprattutto gli apre gli

occhi su ciò che la Siberia, la loro terra natia, aveva rappresentato ai tempi di Stalin: una sorta di enorme gulag in cui scienziati, artisti, scrittori dissidenti venivano mandati «ai lavori forzati per scavare carbone, pompare petrolio, disboscare, costruire le sue maledette ferrovie». I due giovani innamorati, nel corso del loro unico viaggio in Europa, avranno la tentazione di fermarsi ad Amsterdam, ma la paura dell’ignoto inibirà Alexey, mentre Anton finirà per affogare i suoi tormenti nell’eroina, nella tentacolare Mosca.

La parte più illuminante del romanzo, dal punto di vista storico, è quella che si sofferma sul decennio seguente al crollo dell’Urss, un’epoca a noi vicina ma nel complesso misconosciuta, nella quale «il tasso di mortalità tra i cittadini russi era quasi decuplicato» e in cui le persone «non vedevano nessun senso nella loro vita né nella vita di chiunque altro». È in questo contesto che crescono i gop, giovani crudeli e arrabbiati, razzisti e omofobi, pronti a passare violentemente al setaccio qualsiasi «evidenza di vita, di una qualche speranza sotto la pelle di coloro che sembravano un po’ più fiduciosi di loro». È la Russia, non pronta alla svolta capitalista, dei boss mafiosi, degli oligarchi, dei gerarchi, e anche di un Putin che si affaccia al potere in coincidenza con una serie di attentati terroristici (1999), assumendo il ruolo di eroe salvatore della nazione. Nulla cambierà davvero. Il primo romanzo di Mozgovoy ha qualche irregolarità nella struttura (alcune parti troppo prolisse e altre fin troppo brevi – la storia d’amore è solo abbozzata nell’approfondimento psicologico), ma si legge tutto d’un fiato grazie all’ispirata fluidità narrativa e al commovente desiderio di libertà che attraversa le pagine. ■

RECENSIONI

Cinema, balletto, musica e libri.

Un vademecum per orientarsi al meglio tra gli eventi culturali più importanti del momento

a cura di Luca Ciammarughi

LA CENERENTOLA CON I GIOVANI DELL’ACCADEMIA SCALIGER

Torna alla Scala La Cenerentola di Rossini, che nel 2019 avevamo ascoltato nell’interpretazione di Ottavio Dantone, incline a una lettura tutt’altro che ba-rock, tendente a una sobria raffinatezza. Agli antipodi si è situata lo scorso settembre l’interpretazione di Gianluca Capuano che, alla guida dell’Accademia della Scala, ha da un lato conquistato il pubblico con una fibrillazione costante (e una nutrita serie di divertenti gag, compresa la citazione di una suoneria Nokia nel

continuo cembalistico) e dall’altro chiesto ritmi fin troppo vertiginosi agli studenti dell’Accademia, peraltro molto reattivi. L’insieme buca-palcoscenico ne ha sofferto troppo spesso, anche se talvolta il gusto del brivido valeva l’errore (anche perché la regia di Ponnelle, per quanto bella, era vista e rivista). Molto convincente, nel secondo cast ascoltato, la Cenerentola di Mara Gaudenzi, ma anche le sorellastre (Marìa Cristina Campos e Dilan Şaka).

VILLA PENNISI IN MUSICA AD ACIREALE SHAHAR BINYAMINI

AL FESTIVAL DI SPOLETO

Monique Veaute, direttrice artistica del Festival di Spoleto dal 2020, ha riportato un equilibrio nella sinestesia musica-teatro-danza che è nel DNA del festival fondato da Gian Carlo Menotti. Fra gli appuntamenti più coinvolgenti di questa edizione, ci ha colpito particolarmente lo spettacolo New Hearth + Bolero X di Shahar Binyamini, en plein air al Teatro Romano. Proveniente dalla Batsheva Dance Company, Binyamini ha definito con rigore e libertà il rapporto profondo dell’essere umano con la terra, un “risvegliarsi” dionisiaco che - nel dittico di lavori legati fra loro - raggiungeva il suo culmine nel finale dionisiaco del Boléro di Ravel, affrontato con movimenti nuovi e inattesi, ma del tutto pertinenti. Trascinante l’apporto dei giovani danzatori dell’Università delle Arti di Zurigo.

Musica, design e architettura si sposano in un festival unico, Villa Pennisi in Musica, che da diciassette anni trasforma Acireale in un polo artistico ideale. Gli studenti dei corsi di architettura realizzano, insieme, ai sound designer, la ReS (Resonant String Shell), una camera acustica che ogni anno assume caratteristiche diverse, con l’obiettivo di un continuo perfezionamento del suonare en plein air (in una meravigliosa Villa privata con parco che viene eccezionalmente aperta al pubblico). Lo scorso agosto, rara e preziosa la proposta dei Sestetti per archi di Dohnányi e Dvorák, con il Sestetto Stradivari capitanato dal direttore artistico, il violinista David Romano. Fra le proposte decentrate, ha stupito il talento del giovane Fulvio Nicolosi, che a Pozzillo ha interpretato con vividezza sei chansons di Trenet trascritte per pianoforte da Alexis Weissenberg.

VADIM KHOLODENKO AL “CRISTOFORI” DI PADOVA

Fondato nel 2018, il Festival Pianistico Internazionale Bartolomeo Cristofori di Padova, la città che diede i natali al cembalaro inventore del pianoforte, è fra le realtà più dinamiche ed entusiasmanti del panorama classico italiano. Quest’anno, la programmazione curata da Alessandro Tommasi ha avuto come filo rosso il tema Rivoluzioni: fra le partiture emblematiche di un concetto che i musicisti talvolta hanno declinato in chiave politica vi erano anche le Variazioni sul Pueblo unido jamás será vencido di Frederic Rzewski, capolavoro del 1975. Vadim Kholodenko, dopo aver cesellato le Variazioni op. 34 di Beethoven, si è immerso nell’opera-monstre del compositore americano restituendone con profonda asciuttezza il significato di rivolta politica, ma anche svelandone l’inesauribile ricchezza di colori e umori (dal jazz alle sonorità d’avanguardia) senza mai strizzare l’occhio a facili edonismi. Un concerto di rara potenza emotiva.

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Gestione Professionisti che derivano dal Ccnl studi professionali finora previste per i professionisti datori di lavoro. Le Coperture Sanitarie di Gestione Professionisti offrono al libero professionista un’assistenza medica e assicurativa di alto livello, a soli 48 o 72 euro all’anno. Tra le varie prestazioni, ogni copertura include visite specialistiche e accertamenti diagnostici, check- up di prevenzione gratuiti, copertura infortuni, pacchetto maternità, diaria per inabilità temporanea, servizio di consulenza psicologica, rimborsi diretti e molto altro.

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CAREGIVING?

C’È UGO

UGO è l’innovativo servizio di Caregiving professionale che offre un supporto su misura per gestire gli impegni quotidiani e quelli legati alla salute. UGO offre servizi di accompagnamento, affiancamento, commissioni e compagnia, tutti caratterizzati dalla grande flessibilità e 100% personalizzabili e on-demand. L’operatore UGO prende in carico la persona che non ha la possibilità di essere seguita dai propri cari, la raggiunge nel luogo concordato e l’assiste per il tempo necessario. L’accompagnamento può svolgersi a piedi, coi mezzi o con l’auto di UGO. L’operatore UGO può accompagnare la persona anche per lunghe tratte, per raggiungere luoghi di villeggiatura, con supporto pre-durante e post viaggio. Gli operatori sono selezionati e formati (caregiver professionali) con una predisposizione alla cura e all’ascolto. UGO, con la propria struttura e la sua innovativa piattaforma web, coordina l’incontro tra richiesta di servizi, da parte di utenti e caregiver, con l’offerta di disponibilità dei propri operatori caregiver professionali su molte città del territorio nazionale. Ad oggi il servizio è presente nelle seguenti città: Milano, Monza Brianza, Bergamo, Brescia, Bologna, Firenze, Genova, Padova, Roma, Torino, Palermo.

TECH, THE SOLUTION PARTNER

The Solution Partner Srl si distingue per la consulenza qualificata, la progettazione e l’implementazione di soluzioni informatiche, offrendo risorse specializzate, esperienza consolidata, know-how tecnico e un forte impegno nel settore. The Solution Partner Srl effettua un'analisi approfondita delle esigenze del cliente, proponendo soluzioni di noleggio operativo per stampanti nuove o rigenerate, assicurando standard di qualità certificata e ottimizzazione dei costi. Il servizio di noleggio multifunzionale supporta la gestione di dispositivi di stampa e scansione, contribuendo a ridurre gli sprechi e ad aumentare i margini di profitto. Tale soluzione favorisce il miglioramento dei processi documentali e l’efficienza complessiva dell’organizzazione. Inoltre, vengono offerti servizi IT completi, comprendenti supporto hardware, software e reti, sicurezza informatica, sviluppo di applicazioni web e mobile, piattaforme di provisioning e middleware. Queste soluzioni integrate permettono alle aziende di ottimizzare le risorse, migliorare la gestione dei documenti e rafforzare la propria infrastruttura digitale, garantendo elevate performance, efficienza e sicurezza. Grazie alla convenzione con BeProf, è possibile noleggiare le stampanti di TSP a condizioni vantaggiose.

ALLENATI DA PROFESSIONISTA CON DAIDAI

Rendere il tuo benessere una priorità? Facile a dirsi ma con DaiDai è anche facile a farsi! Iniziare ad allenarsi è complicato, e trovare costanza ancora di più. Con DaiDai ti alleni dove e quando vuoi, ritrovi energia e rendi più efficaci le tue giornate senza stravolgerle. DaiDai è uno spazio digitale dove movimento, focus e benessere si intrecciano in micro-routine quotidiane, semplici da seguire e pensate per adattarsi anche alle giornate più intense. Trovi allenamenti di forza e cardio, Pilates, stretching e respirazione, disponibili sia on demand che in live. In più, contenuti pratici per gestire meglio il tuo tempo, migliorare l’alimentazione e costruire un rapporto più sereno con il movimento. Ogni attività è pensata per essere accessibile ovunque a casa, in ufficio o all’aperto e bastano pochi minuti per iniziare a sentirne i benefici. Chi fa parte di BeProf può accedere a DaiDai con un 30% di sconto per sempre (anche sui rinnovi) e su tutti gli abbonamenti: sia trimestrale che annuale. In più è prevista una call gratuita di 20 minuti con uno dei trainer di DaiDai per consigli personalizzati su come orientarsi all'interno della piattaforma.

INTERNATIONAL: PER CHI GUARDA OLTREFRONTIERA

Apri International sostiene i professionisti e le associazioni che si occupano di politiche di internazionalizzazione. Essa svolge un ruolo cruciale di collegamento tra istituzioni, enti privati di altri Paesi, tra cui Simest, Sace, Ice e Assocamerestero, e i professionisti desiderosi di ampliare le loro conoscenze e di instaurare relazioni con realtà estere, inoltre offre una gamma completa di servizi specializzati, tra cui informazione, formazione, promozione e consulenza. Apri International è un ecosistema dinamico che unisce professionisti da tutto il mondo, provenienti da diverse discipline e settori, che mirano a promuovere lo scambio di esperienze e la collaborazione creando in questo modo opportunità commerciali. Il cuore pulsante di questa iniziativa è ApriLink, un network globale, che agisce come una rete di conoscenze, risorse e connessioni senza confini. Ma ciò che lo rende unico è la sua capacità di trasformare queste connessioni in partnership strategiche che spingono avanti l'innovazione e aprono nuove frontiere di opportunità di business. ApriLink offre gratuitamente uno strumento che guida i suoi membri, alla creazione di relazioni commerciali solide e all'ampliamento del loro impatto su scala globale.

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Nei primi sette mesi del 2025 le entrate fiscali hanno registrato un incremento pari a 8,4 miliardi di euro, portando il gettito erariale a quota 336,8 miliardi di euro, (+ 2,6% su base annua). L’agenzia Fitch ha alzato il rating dell’Italia, con la previsione di una continua e graduale riduzione del deficit nel 2025-2027. E ancora l’Istat nella sua revisione dei conti nazionali annuali sul biennio 2023-2024 conferma che 2024 l’economia italiana ha registrato un aumento del Pil dello 0,7%, sottolineando che la crescita è accompagnata da una espansione del mercato del lavoro e che il rapporto tra indebitamento delle amministrazioni pubbliche e Pil ha segnato un deciso miglioramento attestandosi a -3,4%. «Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova».

Da qualche giorno la celebre espressione di Agatha Christie riecheggia tra la buvette e le commissioni parlamentari che si preparano ad accogliere il prossimo 2 ottobre il Documento programmatico di finanza pubblica (la vecchia Nadef) che dovrà dare indicazioni - tra l’altro - sulle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica, sul conto economico della pubblica amministrazione, sulla spesa netta e, soprattutto, sulle misure che verranno adottate nella legge di Bilancio. Finora, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha predicato prudenza, in particolare, su quello che viene definito il cuore della manovra 2025: il taglio dell’Irpef per il ceto medio. Una misura che coinvolgerebbe oltre 13 milioni di contribuenti per un costo di circa 4 miliardi di euro. Il mantra del Mef è sempre lo stesso: dove reperire le risorse. Eppure, un piccolo tesoretto c’è. Bloomberg ha calcolato che il calo dei rendimenti sui titoli di Stato ha aperto uno spazio di fiscale di 13 miliardi (circa 5 miliardi nel 2025 e 8 miliardi nel 2026), risorse che potrebbero finanziare il taglio dell’Irpef e ridare fiato al ceto medio. Senza più alibi. POST SCRIPTUM

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di Giovanni Francavilla

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