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PMA: efficienza, rischi e costi

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Il cuore che batte

Il cuore che batte

di Maurizio Guida

Abbiamo affrontato alcuni temi scottanti della PMA con la Dott.ssa Clementina Peris, una delle massime esperte italiane di sterilità, che ha diretto per anni la Struttura Dipartimentale di Sterilità del Sant’Anna di Torino. La Peris non è mai stata un personaggio semplice, ed è nota per la nettezza dei suoi giudizi e per la estrema competenza, dimostrata da decine di pubblicazioni scientifiche e libri diffusi in tutto il mondo.

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La sterilità è davvero in aumento?

Si: infatti lo stile di vita attuale, l’alimentazione, l’attività fisica, il fumo e l’inquinamento condizionano pesantemente la natalità e conducono ad aumento delle condizioni facilitanti l’insorgenza di sterilità, come ad esempio la ricerca di prole in età più avanzata.

La PMA è presentata erroneamente come soluzione per una gravidanza che tarda ad arrivare… Anche se ogni soluzione tecnologica ha sempre il fascino del progresso, in moltissimi casi la causa “funzionale” di una sterilità potrebbe essere superata con bassi costi economici, fisici e psicologici. Continuo a vedere coppie sterili che hanno già avuto esperienze fisicamente ed emotivamente negative dalla PMA, e che intendono cercare di esplorare tutti i mezzi ancora nelle loro mani.

Cosa si intende per causa “funzionale”?

La sterilità ha diverse cause, e spesso si può intervenire correggendole, anche in parte, in modo da ristabilire la fertilità, mentre oggi anziché risolvere il problema alla base, con una diagnosi corretta e una impostazione terapeutica personalizzata, si ricorre alla PMA. Andrebbe sempre precisato che la PMA non è la soluzione e non è la più efficiente.

La PMA quindi non è un trattamento particolarmente efficiente?

No: a riprova di ciò, in letteratura scientifica si calcola che solo il 5% degli oociti prelevati e utilizzati in PMA è in grado di portare alla nascita di un bambino, contro il 25% degli oociti ovulati e fecondati normalmente.

Quali sono i rischi poco noti della PMA? Ci sono rischi per le mamme e rischi per bambini: in particolare, si dovrebbe sapere che alcuni trattamenti usati nella PMA (definiti add-ons) sono generalmente privi di alcuna chiarezza di reale utilità: adottarli vuol dire semplicemente pagare di più per sperare di avere più possibilità di avere un figlio, senza sapere se ne deriva un figlio in buona salute. Un chiaro esempio di add-on nocivo è il test pre-impianto per le aneuploidie (PGT-A), cioè il test per identificare un cromosoma in più (come nella sindrome di Down) e procedere ad eliminarlo. Questo test è ampiamente criticato in quanto è responsabile di diminuzione di probabilità di gravidanza, anche in caso di trasferimento di embrione sano!

Oltre a questo, il figlio-embrione nato attraverso le tecniche di procreazione artificiale (in particolare Fivet), viene privato dell’apporto relazionale-comunicativo per i primi giorni della sua esistenza, momento estremamente importante per la sua formazione (anche per questo le tecniche di PMA hanno scarsi risultati). Inoltre, non va trascurato il carico fisico e psichico che la PMA fa gravare in particolare sulla donna. Sono in gioco valori fondamentali: la dignità della procreazione umana, il valore della vita, il significato della famiglia. Per questi motivi il MpV non ha mai esitato a manifestare riserve etiche e morali nei confronti della PMA, promuovendo la vera cultura dei diritti dell’uomo che nasce dallo sguardo sul più debole, povero e inerme degli esseri umani, il bambino concepito: sempre un soggetto e mai un oggetto, sempre fine e mai mezzo, sempre persona e mai cosa. Nulla ma proprio nulla a che vedere con il preteso “diritto al figlio a tutti i costi”. Dal punto di vista etico, pertanto, è da condividere soltanto l’intervento che facilita l’atto procreativo naturale, ma non lo sostituisce. In questo contesto il MpV italiano ha recentemente realizzato un progetto - “Generare sorrisi” - di formazione e diffusione di percorsi autenticamente diagnostico-terapeutici finalizzati al ripristino della fertilità naturale (“medicina per la procreazione naturale”) e realizzato un libro dal titolo L’accompagnamento della coppia infertile, che può essere richiesto alla segreteria del MpV, che spiega in dettaglio questo percorso e ne riporta i risultati e le testimonianze delle coppie.

Inoltre, molte procedure in PMA non sono basate su prove di efficacia e sicurezza in termini di salute dei nati, poiché mancano studi conclusivi su larga scala. Si dovrebbe misurare in modo indipendente l’effetto desiderato (la nascita di un figlio) e tutti gli eventi avversi (ad es., nascita pretermine, basso peso, malformazioni, rischio di salute a lungo termine, ecc.) associati con i trattamenti, così come si fa in tutti i campi della medicina.

Quali sono i rischi per le donne?

Quelli a breve termine comprendono il rischio di Sindrome da iperstimolazione ovarica severa, col possibile ricovero in terapia intensiva e perfino di morte. Inoltre: trombosi venosa, tromboembolia, gravidanza extrauterina e torsione ovarica. Proprio per questa ragione dopo una stimolazione convenzionale, spesso si preferisce non procedere a transfer immediato di embrione, ma congelare tutti gli embrioni ottenuti. Invece basterebbe procedere a stimolazioni ovariche leggere, con notevole diminuzione di rischi per le donne e i bambini. I rischi a lungo termine comprendono anche il rischio aumentato di cancro ovarico, del seno e dell’utero e inoltre di distacco di retina a distanza di tempo.

Ci sono rischi per i bambini nati da PMA?

Ci sono rischi legati a parto prematuro e sottopeso legati a patologie della gravidanza, quali diabete e ipertensione gestazionali, pre-eclampsia e eclampsia, correlati all’entità della stimolazione ovarica precedente. Ci sono rischi emorragici: prima del parto, per placenta previa e distacco di placenta, soprattutto per transfer di embrione allo stadio di blastocisti e con prelievo di tanti oociti e al momento del parto per cicli da crioconservazione e eterologhi. Ma vi sono anche rischi per cui i nati dovrebbero essere monitorati a lungo termine con studi di popolazione sulle combinazioni delle tecniche (apnee del sonno, morte neonatale, rischi malformativi, cardiovascolari, polmonari, neurocomportamentali e tumorali, soprattutto dopo ICSI e crioconservazione).

Quali sono i costi sociali della PMA? Una valutazione globale dei costi non è mai stata fatta! I costi, sia economici che in termini di salute, non sono banali. Tra i costi economici vi sono i trattamenti di PMA previsti dai LEA nei Centri pubblici o convenzionati, i farmaci forniti dai LEA, molto costosi e sovente acquistati in eccesso rispetto alle necessità (e quindi sprecati!), i ricoveri in ospedale dovuti a complicanze dei trattamenti e alle gravidanze ad alto rischio, alle gemellarità, alla maggiore morbilità e mortalità infantile, anche in caso di gravidanze singole, alle conseguenze cardiovascolari, dismetaboliche, neuro-comportamentali, e ai rischi vascolari e tumorali per le donne, che richiederebbero l’adozione per legge di monitoraggi a lungo termine. Ma è noto che i costi sono tali da avere impatto significativo sul consumo di risorse per la sanità e tanto più in futuro e in tempi di carenza di risorse. Il problema della distribuzione delle risorse sanitarie è un tema centrale anche in ambito bioetico. Il diritto all’accesso alle cure e all’assistenza sanitaria deve, infatti, fare i conti con la sostenibilità dei costi sanitari e con la garanzia di un accesso equo e universale.

Che prospettive ci sono dal punto di vista economico? Di fronte all’aumento crescente della spesa sanitaria e allo sviluppo di farmaci sempre più costosi si pone con sempre più urgenza l’interrogativo su come investire nella sanità anche in termini di prevenzione e a quali cure dare priorità. Oggi servirebbe una seria rivalutazione della politica in salute pubblica per proteggerci contro il rischio di danno alla salute futura con comportamenti più sani in alimentazione e stile di vita e mettendo in atto maggiori supporti alla cura preconcezionale. Infatti interventi di salute pubblica diretti a patologie croniche prima della ricerca di gravidanza hanno la potenzialità non solo di diminuire il rischio di esiti avversi in seguito ai trattamenti di PMA, ma pure diminuiscono la necessità stessa di ricorrere a tali trattamenti.

Con l’aumento del ricorso alla fecondazione artificiale l’atto sessuale che genera la vita è passato in secondo piano. Dopo anni di ricerche e studi scientifici, in quel momento di coppia così intimo quale è il concepimento si è inserita l’equipe medica. Le domande dell’umanità sono da sempre “chi sono?”, “da dove vengo?”, alla ricerca delle proprie origini. Per Benoit Bayle l’embrione possiede «un’identità concezionale» che contribuisce a costruire la sua identità psichica. L’identità concezionale consente di rispondere proprio a quelle domande essenziali: chi sono, qual è la storia della mia origine, a chi devo la vita?

La PMA introduce quindi un vero e proprio sconvolgimento nella struttura psichica dell’essere umano concepito da un uomo, da una donna e da un’équipe biomedica. Il bambino nato da PMA ha un debito di vita non solo nei confronti di padre e madre che l’hanno concepito, ma anche verso i medici che hanno preso parte al suo concepimento. Questo, secondo Bayle, incide profondamente. Nel suo libro L’embrion sur le divan cita il caso del piccolo Casimir, un bimbo «sopravvissuto» ad altri embrioni scartati: quanto peserà questa selezione sulla vita di Casimir, concepito in seguito alla fecondazione in vitro di dieci embrioni? Tre sono stati trasferiti immediatamente, due distrutti, altri cinque congelati. Casimir, nato in seguito al primo tentativo, ora vorrebbe un fratello o una sorella. Ce ne sono cinque potenzialmente nel congelatore, ma i genitori non desiderano altri figli. La storia del concepimento di Casimir è la storia della sua origine, senza la quale non avrebbe mai visto la luce. Quando, più tardi, chiede un fratello o una sorella, si trova a confrontarsi con il destino della sua singolare “fratellanza concezionale”.

Può chiedersi perché gli altri embrioni non hanno potuto vivere, perché si trovi in vita lui e non uno dei suoi “fratelli”. Tale domanda può essere dolorosa. E se i genitori alla fine decideranno di reimpiantare gli altri embrioni congelati, Casimir vedrà crescere, con qualche anno di differenza, un fratello o una sorella concepiti esattamente nello stesso istante del suo concepimento.

Bayle ha inserito nel suo libro molti esempi tratti dalla pratica clinica di psichiatra e, per comprendere meglio questi aspetti, ha deciso di studiare la psicologia e la psicopatologia del concepimento umano.

Si sente spesso ripetere che il bimbo procreato artificialmente si renderà conto che i suoi genitori l’hanno desiderato tanto, che per questo si sono sottoposti a un iter pesante economicamente, fisicamente e psicologicamente. Il figlio dovrà essere riconoscente.

Secondo Bayle, ogni essere umano, in qualunque modo sia avvenuta la procreazione, ha un debito di vita nei confronti di chi l’ha concepito, ma anche i genitori hanno un debito verso il bambino poiché è lui, a sua volta, ad averli “resi genitori”. La riconoscenza genitori-figlio implica dunque una reciprocità, una mutualità, talora viziata d’ambivalenza, perché cosparsa di zone d’ombra e d’ambiguità. Nel quadro delle PMA, ad esempio, il bambino ha condannato, suo malgrado, i genitori a una pratica medica molto pesante e talvolta traumatica. Essendosi sacrificati a tal punto, i genitori possono provare una sorta di esultanza nel vedere finalmente ricompensati i lori sforzi, ma con gli anni possono spuntare anche sentimenti di ostilità o di aggressività verso colui che tanto li ha fatti soffrire e poi li delude. Quando Casimir, figlio della provetta, prenderà coscienza che i suoi genitori sono ricorsi ad una tecnica che garantisce in media un 20% di possibilità di farcela, quanto potrà pesargli il fatto di essere venuto al mondo mentre altri embrioni si sono “persi”?

Statisticamente, si concepiscono in vitro venti embrioni umani per ottenere una nascita. Per uno solo che vede la luce, ci sono 19 esseri concepiti che periscono. Tale mortalità embrionale supera di gran lunga quella naturale. Bayle si è spesso interrogato su quali conseguenze possa avere nello sviluppo psicologico dei bambini questa «sopravvivenza concezionale e prenatale». Quando si impiantano tre embrioni e uno solo sopravvive; quando i biologi scongelano gli embrioni e circa il 40% di essi perisce; quando i medici praticano un “feticidio” su una gravidanza multipla. Quando in altre parole il bambino appartiene a un gruppo di pari decimato prima della sua nascita, Bayle osserva talvolta problemi psicologici paragonabili a quelli osservati nei sopravvissuti a catastrofi di tipo diverso. Tali traumi si orientano in tre direzioni. L’essere umano concepito può pensare: «perché sono in vita io e non gli altri?». Inconsciamente, può provare un senso di colpa notevole, ma può avvertire anche una sensazione di onnipotenza o di megalomania: «Sono più forte degli altri, più forte della morte», «sono indistruttibile perché sono sopravvissuto…». Questi sentimenti di colpa e di onnipotenza talora coesistono paradossalmente e si accompagnano a un’esposizione al rischio, diretta (mettersi in situazioni di pericolo) o indiretta (ad esempio, sviluppando malattie psicosomatiche). Un ragazzo che prende coscienza di non essere stato voluto per se stesso ma che poteva essere l’uno o l’altro dei diversi embrioni impiantati nell’utero della madre, potrà risentire di questa condizione?

Secondo Bayle tutti questi aspetti sono correlati al tema dell’aborto. Spesso di fronte all’arrivo di un figlio, oggi ci si chiede: lo tengo oppure no? Tale possibilità conferisce ai genitori un potere di vita e di morte. Questo può influenzare il figlio e trasmettergli una grandissima insicurezza: può arrivare a immaginare il peggio per sé se non sarà in grado di rispondere alle aspettative dei genitori.

Con la scelta del sesso, i genitori hanno il potere di determinare in provetta l’identità sessuale del figlio. Bayle, che ha lavorato in un centro di procreazione medicalmente assistita, ha rilevato come anche in questi casi il rapporto madrebambino sia davvero assoggettato alla tecnica.

Le donne sembrano avere più difficoltà a elaborare psichicamente la gravidanza e gli embrioni scomparsi gettano un’ombra sulla vita quotidiana. «Mi chiedo dove sono finiti gli altri due», ricorda Bayle citando una sua paziente che nel corso di una festa in famiglia pensava ai due embrioni che non erano sopravvissuti.

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