VerdEtà 84 - Maggio 2022

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LA RIVISTA PER I SOCI CHE TI INFORMA E TI CONSIGLIA

Pensionati

n° 84 | Bimestrale | Maggio 2022 www.pensionati.cna.it

n° 84

CARO BOLLETTE I CONSIGLI PER ABBASSARLE STOP ALLE CHIAMATE PUBBLICITARIE SUI CELLULARI È LA SPECULAZIONE AD INFIAMMARE I PREZZI DEL GAS

SPECIALE UCRAINA LA DISPERATA DIFESA DA UNA GUERRA FEROCE VERDETÁ n° 84 | 1


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n° 84 | Bimestrale | Maggio 2022

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2022

Sommario EDITORIALE Paginatre di Filippo D'Andrea 3

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ATTUALITA' Caro bollette: le ragioni, le alternative e i consigli per abbassarle 4 A UCRAIN SPECIALE DIFESA RATA LA DISPE RA FEROCE GUER DA UNA n° 84 | 1 VERDETÁ

SPECIALE UCRAINA Anziani ucraini, la disperata difesa da una guerra feroce 6 Quando in guerra c'eravamo noi 8 CNA Impresasensibile, un progetto di integrazione ed inclusione dei profughi ucraini in Italia 11 IN PRIMO PIANO Al via al registro delle opposizioni anche per i cellulari 16

Edizioni CNA

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L'INTERVISTA L'ONU e gli altri, tutto quello che sapevamo ma che la guerra ha messo a nudo 18 Intervista a Filippo D'Andrea FOCUS Guerre virtuali, effetti reali 20

Direttore responsabile

LE NOSTRE RICETTE Torta di grano farro 22

Direttore Editoriale

LA FINESTRA SUL CAVEAU E' la speculazione a infiammare i prezzi del gas 24

Pietro Romano

Filippo D'Andrea (verdeta@cna.it)

Redazione Coordinamento Livia Pandolfi Comitato di redazione Filippo D'Andrea, Giovanni Giungi, Pietro Romano, Livia Pandolfi, Jacopo Basili, Maria Rosa Battan, Andrea Battistoni, Giulio Cesare Brandini, Mario Filippello, Valter Marani, Antonio Mecca, Elena Pezzetta, Maria Francesca Picchio, Susanna Bernardini. Progettazione grafica e impaginazione Tiziana Barone (Albavision Srl) www.albavision.eu - info@albavision.it Photo Editor: Adolfo Brunacci (Albavision Srl)

SPAZIO DONNA Monica Vitti, la ragazza con la pistola 28 IL RACCONTO Giuseppina senza paura 30 SALUTE DIETOLOGIA - I pistacchi amici o nemici? GERIATRIA - L'udito, l'importanza di sentirci bene PSICOLOGIA - Dove finisce l'io e comincia il noi ERBORISTERIA - Come reagire alle avversità

DAL TERRITORIO 42 LETTERE AL DIRETTORE 46 IL LIBRO DEL MESE 48 RELAX 49 PANTERE GRIGIE 50

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Registrazione presso il Tribunale di Roma n° 405/2006 dell’08/11/2006

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PAGINATRE

di Filippo D'Andrea

Care Lettrici e Cari Lettori, il tempo che viviamo ci presenta una situazione inedita, tristemente nota alle generazioni precedenti che hanno subito la conseguenza di due guerre mondiali a distanza di qualche decennio. La pandemia non ancora sconfitta si somma ad una crisi internazionale gravissima, con l’invasione di un Paese europeo, l’Ucraina, da parte di una delle superpotenze che siede nel Consiglio di sicurezza dell’ONU. Come ha avuto modo di sottolineare Papa Francesco è difficile comprendere come superare tale crisi se proprio un grande Paese come la Russia che è stato protagonista della riforma del nuovo ordine internazionale dopo la seconda guerra mondiale decide di ricorrere all’uso massiccio delle armi per affermare il predominio su una popolazione di quarantaquattro milioni di persone. Le diplomazie sono al lavoro ma la strada si presenta lunga ed accidentata. Intanto qualche milione di profughi ha dovuto lasciare le proprie case e spesso ha perso i propri cari come dimostrano le immagini di distruzione che corrono tutti i giorni sui video. Nessuno conosce quale sarà il nuovo ordine, risultato degli eventi dell’ultimo mese nel cuore dell’Europa. Tuttavia sono venute alla luce tutte le lacune del sistema attuale fondato su un diritto internazionale che non riesce a tutelare la pace se a provocare la guerra è uno dei cosiddetti grandi. La globalizzazione poi sta già amplificando sul piano economico gli effetti devastanti della crisi. Le economie sono talmente interconnesse che l’isolamento della Russia dal contesto economico internazionale produrrà sicuramente effetti negativi per la popolazione di quel Paese, a cominciare dall’aumento dei prezzi dei beni di largo consumo occidentali che spariranno dagli scaffali come succedeva ai tempi dell’URSS. Ma nello stesso tempo dovremo fronteggiare una pesante crisi energetica che già sta producendo effetti importanti sul costo del gas e dell’energia elettrica.

Come sempre saranno i pensionati che subiranno i maggiori danni. Si registrano già rincari nelle bollette dal 30 al 50% che si sommano alla ripresa dell’inflazione e comportano un ‘ulteriore diminuzione del potere d’acquisto delle pensioni. Intanto in Parlamento si discute ancora della legge delega per la riforma del fisco ma le risposte che aspettavamo non arrivano. Questo è il momento di presentare alle forze politiche le nostre proposte, unitariamente ad un’iniziativa congiunta con le altre associazioni che fanno parte del CUPLA, altrimenti sarà l’ennesima occasione persa. Intanto, ancora una volta, l’unica garanzia è la condivisione delle politiche nel contesto dell’Unione Europea che fatica a parlare con voce unica. In occasione della pandemia abbiamo avuto prova di lungimiranza da parte dei partner europei con la dimostrazione che la coesione all’interno della UE è l’unica strada per la soluzione delle grandi questioni. Purtroppo oggi ci confrontiamo con la guerra ed anche in questo caso la voce europea dovrebbe sovrastare quella dei governi nazionali, ma purtroppo così non è. La storia insegna che la corsa al riarmo non ha mai prodotto nulla di buono anche se i romani dicevano: “Prepara la guerra se vuoi la pace”. L’auspicio è che si ritorni al tavolo delle trattative che non può essere limitato ai due Paesi belligeranti ma deve prevedere una vera Conferenza di pace con la cessazione immediata delle operazioni di guerra al fine di ridare slancio alle Nazioni Unite. La domanda finale è se l’Europa riuscirà a mantenere la propria identità e, dopo Brexit, affermare un ruolo rafforzato sul continente oppure la crisi dell’ordine internazionale scatenata dalla Russia putiniana riuscirà a sconfiggere anche la tenuta dell’Unione Europea ed i suoi valori. Buona lettura VERDETÁ n° 84 | 3


ATTUALITÀ

CARO BOLLETTE: LE RAGIONI, LE ALTERNATIVE E I CONSIGLI PER ABBASSARLE VITTORIO DI GUILMI

La crisi energetica, già in atto da mesi ed esplosa con l’inizio della guerra in Ucraina, sta mettendo a dura prova la tenuta economica di famiglie e imprese italiane. Secondo i dati diffusi da Arera (autorità di regolazione per energia reti e ambiente), il primo trimestre 2022 ha fatto registrare un aumento del 131% dell’energia elettrica e del 94% del gas rispetto all’anno precedente. Inoltre, secondo una ricerca dell’Ufficio Studi della Cgia di Mestre basata sui dati del recente rapporto stilato dall’Osservatorio Italiano sulla Povertà Energetica, in Italia ci sono 4 milioni di famiglie 4 | VERDETÁ n° 84

che non riescono a pagare le bollette. Ma il caro energia rischia di mettere in ginocchio anche le piccole e medie imprese, con un costo stimato che nel 2022 ammonta a 37 miliardi di euro: un incremento complessivo del +370% rispetto al 2021. Il perché dei rincari. Le ragioni di tali rincari sono molteplici: su tutte, l’incremento del prezzo del gas sui mercati internazionali come effetto della pandemia. Il lockdown aveva infatti generato inizialmente un brusco crollo dei consumi industriali, che a maggio 2020 aveva toccato il valore minimo, ovvero un prezzo di vendita sul


mercato inferiore ai costi di produzione (in Italia circa 21,79 €/MWh). Con la ripresa economica, il boom della domanda a fronte di un’offerta ancora limitata ha determinato un aumento dei prezzi dell’energia elettrica senza precedenti nella storia: 281,24 €/MWh a dicembre 2021, con un picco orario di 533,19 €/MWh. L’aumento del costo dell’energia elettrica, tuttavia, è anche una conseguenza dei cambiamenti climatici. Lo scorso anno, con temperature assai rigide in inverno e particolarmente elevate in estate, è stato registrato un forte incremento del fabbisogno di gas naturale, con un incremento vertiginoso del prezzo di acquisto. Di riflesso, anche l’energia elettrica – assai dipendente dal gas naturale – ha subito lo stesso effetto, aggravato da un fabbisogno straordinario a fronte di un’offerta limitata e soggetta a costi di produzione sempre maggiori. Come se non bastasse, nel 2021 l’Europa è stata interessata da una “siccità di vento” che ha ridotto sensibilmente la produzione eolica. Non siamo autosufficienti. Non da ultimo, le tensioni sul fronte geopolitico. La Russia, che da sola eroga circa il 41% del fabbisogno europeo di gas naturale ed è il principale fornitore italiano, sta attuando una strategia che di fatto limita l’ingresso del gas in Europa. Questa strategia, aggravata dal conflitto in corso, si traduce in un aumento del prezzo del gas. Poiché non autosufficiente a livello energetico, l’Italia ogni anno importa ingenti quantità di fonti di energia fossile e rinnovabile per produrre energia elettrica. Una situazione comune a molti stati europei, fortemente dipendenti dalle importazioni. Le alternative. Accanto alle recenti misure per contrastare il caro bollette varate con l’ultimo “Decreto Energia”, come ad esempio i piani di rateizzazione per famiglie e imprese, è evidente che occorrono soprattutto fonti energetiche autonome, in grado di renderci almeno parzialmente indipendenti dalle forniture estere e in particolare dalla Russia. Tra i possibili canali alternativi, si parla anche di un ritorno al nucleare, soprattutto a seguito del riconoscimento da parte della Commissione europea dell’energia nucleare e del gas naturale come fonti di energia rinnovabili “green”, sostenibili e capaci di

accelerare il raggiungimento dell’obiettivo zero emissioni CO2 in Europa. Un ritorno al passato che in Italia avrebbe del clamoroso, dopo la chiusura delle centrali nel 1990 e il risultato del referendum del 2011, quando il 94% degli italiani fermarono la possibilità del ritorno dell’energia dell’atomo. Tema assai delicato e dibattuto, undici anni dopo permangono tuttavia dubbi sui rischi legati alla reintroduzione delle centrali nucleari: dai pericoli legati alla radioattività all’assenza di un deposito nazionale. A proposito di gas naturale, tra le alternative per rendersi indipendenti dalla Russia e abbassare i prezzi c’è il Gasdotto Trans-Adriatico, conosciuto con l’acronimo inglese TAP (Trans-Adriatic Pipeline), l’infrastruttura che trasporta in Europa il gas naturale dal Mar Caspio. Si tratta di un tubo di 3.500 chilometri che tocca Azerbaijan, Georgia, Turchia, Grecia, Albania e conclude la sua corsa in Puglia, più precisamente in Salento, dove la sua introduzione a fine 2020 non fu salutata con particolare entusiasmo. Insieme a Snam, il principale operatore europeo nel trasporto e nello stoccaggio di gas naturale, nel 2021 Tap ha distribuito 10 miliardi di metri cubi di gas, contribuendo in modo importante al fabbisogno energetico. L’obiettivo è quello di implementare la fornitura e superare la soglia dei 20 miliardi di metri cubi, dei quali almeno 8 riservati all’Italia. I consigli sempre validi. In attesa di tempi migliori sul fronte della geopolitica e magari di nuove fonti energetiche rinnovabili, per abbassare il costo della bolletta sono sempre validi alcuni accorgimenti quotidiani che consentono di limitare i consumi. Tra questi, staccare le spine ed evitare la modalità “standby”; scegliere elettrodomestici ad alta efficienza energetica; utilizzare lampadine a led (consumano l’80% in meno rispetto a quelle tradizionali); utilizzare la lavatrice a pieno carico scegliendo il lavaggio “eco”; scegliere una temperatura adeguata per la casa (quella ideale è di 21°C, in estate 26°C); effettuare la manutenzione periodica di caldaia, condizionatori e ventilatori; evitare di coprire i termosifoni; migliorare l’isolamento termico dell’abitazione (un cappotto può far diminuire le dispersioni del 40/50%); isolare tetto e soffitto; installare finestre e serramenti a doppi vetri. VERDETÁ n° 84 | 5


SPECIALE ANZIANI UCRAINI, LA DISPERATA DIFESA DA UNA GUERRA FEROCE

ANGELA BAGLIONI

Al buio, al freddo, senza cibo, né acqua e medicine, con i giorni che passano aspettando il suono delle sirene e l’annuncio di un nuovo bombardamento. È tragica la condizione in cui versa il popolo ucraino, e quella degli anziani lo è ancora di più. Molti di loro sono rimasti soli perché non hanno voluto - o forse non hanno potuto - fuggire dalla guerra, testimoni involontari e impotenti delle atrocità che non hanno risparmiato neanche i bambini e i vecchi, il futuro e la memoria. Altri hanno preso frettolosamente poche cose e si 6 | VERDETÁ n° 84

sono incamminati verso altre città, nel tentativo di salvarsi. Gli occhi di un azzurro chiarissimo di Ihor, intervistato in un mattino freddo di aprile, fanno già parte della storia di questa guerra iniziata il 24 febbraio scorso con l’invasione del territorio ucraino da parte delle forze armate russe. Ihor ha 82 anni. È stanco, dopo una notte trascorsa in un rifugio improvvisato, e cammina a fatica per una vecchia ferita al ginocchio. La sua casa non c’è più. È stata distrutta dalle bombe, e lui racconta di essersi salvato perché


UCRAINA quando c’è stata l’esplosione stava cercando nei campi il suo unico compagno di vita, un gatto rosso terrorizzato e fuggito non si sa dove. È andata diversamente per due coniugi di 85 anni intervistati a Kiev. Nei loro volti solcati dal tempo e dalla paura si legge tutta la disperazione di chi ha visto crollare tutto quello che ha costruito nel corso di un’intera esistenza, e ora cerca solo riparo dai missili. Sono riusciti a salvare il loro cagnolino, lo baciano e lo stringono al petto. “È tutto quello che è rimasto della nostra vita di prima”, dicono mentre si incamminano verso il rifugio. In Ucraina gli anziani rappresentano il 25% della popolazione, che conta poco più di 44 milioni di abitanti. Qualcuno una guerra l’ha già vissuta da bambino, e non pensava che a distanza di quasi ottanta anni dovesse affrontarne una nuova. Qualcun altro, invece, ha deciso di imbracciare un fucile come Valentyna K., 79 anni. La sua immagine ha fatto il giro del mondo. All’inizio della guerra Valentyna è stata ripresa in un video girato in un campo di addestramento mentre si esercitava con un Kalashnikov. Il quotidiano britannico The Times le ha dedicato una prima pagina. “Sto imparando a sparare - ha scritto su Twitter. - Se dovesse accadere qualcosa difenderò la mia casa, la mia città, i miei nipotini”. Stessa tempra d’acciaio quella di due coniugi di Voznesensk, nella regione di Mikolai, che hanno impedito ai soldati russi di entrare nel giardino della loro casa. A tracciare un quadro ancora parziale dell’emergenza che investe gli anziani è HelpAge International. All’inizio di marzo l’associazione, attraverso la propria rete di 200 volontari è riuscita a contattare 1.513 dei circa cinquemila anziani assistiti, che vivono nella fascia di contatto stabilita tra il governo di Kiev e i separatisti filorussi nel 2014, dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia. I risultati, secondo quanto si legge nel sondaggio condotto da HelpAge,

“sono molto preoccupanti”. Il 91% degli anziani raggiunti ha riferito di avere grandi difficoltà a procurarsi cibo in quantità sufficiente per sopravvivere; il 79%, invece, ha detto di non avere a disposizione acqua pulita. Il 91% non dispone più dell’elettricità e del gas per riscaldarsi. Del resto, con i bombardamenti che si sono susseguiti a ritmo incalzante, la grande maggioranza delle infrastrutture strategiche come acquedotti, linee elettriche e reti del gas, sono andate distrutte. Il 34% ha dichiarato di non avere medicine per curare le patologie da cui è affetto. La situazione descritta, come detto, si ferma allo scorso mese di marzo; c’è da ritenere che oggi sia peggiorata ancora. E nonostante tutto questo il 99% degli anziani raggiunti ha dichiarato di non voler abbandonare la propria terra. “La nostra priorità più urgente al momento – si legge sul sito di Help Age - è mantenere il nostro personale e i nostri volontari al sicuro. Ma, nonostante i rischi dovuti all’attuale conflitto, il team è impegnato a rispondere ai bisogni degli anziani colpiti e delle loro famiglie”. Essere anziani in un Paese in guerra significa essere ancora più vulnerabili ed esposti ai pericoli. Nonostante il progresso economico degli ultimi anni il reddito medio degli ucraini, prima dell’inizio della guerra, era ancora tra i più bassi d’Europa. In uno scenario come questo molti anziani che già non disponevano di denaro sufficiente a garantire un tenore di vita appena accettabile hanno problemi enormi a procurarsi ciò di cui hanno bisogno. E non si tratta solo di cibo. Andare avanti con l’età spesso comporta la necessità di curare malattie importanti, e in questo momento anche trovare le medicine è impossibile. Chi volesse sostenere HelpAge Italia nell’acquisto di cibo, medicine e dispositivi sanitari per gli anziani ucraini può farlo contattando il sito dell’associazione (www.helpage.it). VERDETÁ n° 84 | 7


SPECIALE QUANDO IN GUERRA C’ERAVAMO NOI LIVIA PANDOLFI

Solo 9 anni. Pochi fra le colline senesi per essere grandi, ma abbastanza per fare la staffetta partigiana, almeno una volta. Questa è la storia del Presidente onorario di CNA Pensionati, Giancarlo Pallanti, che nel 1944 mise a rischio la sua vita, inconsapevole ma non troppo, per portare armi e munizioni in cima al monte Quoio. Intorno a Siena i partigiani si rifugiavano fra i boschi e sulle montagne fra la città e Grosseto. Non erano i tedeschi a ucciderli ma altri italiani, fascisti, dopo averli portati alla Casermetta, la 8 | VERDETÁ n° 84

sede del partito nazionale fascista. Fucilati e via. Il papà di Giancarlo, un omone grande e robusto proprio come lui, alla fine dell’inverno del 1944 era scappato e si era rifugiato, insieme ai partigiani, proprio su quelle montagne che si animavano di luci durante la notte. Chi c’era fra i monti metalliferi? I partigiani? I banditi? Non era dato sapere. In città, però vicino al Duomo, teneva bottega il fabbro Berto Pianigiani, un amico di famiglia, che insieme agli zoccoli dei cavalli, gli attrezzi e gli strumenti


UCRAINA di lavoro, teneva scorta di armi da portare lassù fra i boschi e i monti. Berto era comunista e partigiano, ma Giancarlo venne a saperlo solo dopo quando l’età della ragione consentì alla sua famiglia di raccontare per filo e per segno come erano andate le cose. Allora, negli anni ’40, i ragazzini erano tenuti all’oscuro di parecchie faccende, solo passi lunghi e ben distesi che c’era da fare per portare a casa il pane. Lo zio di Giancarlo, reduce della prima guerra mondiale, era rimasto unica sentinella della famiglia e con Berto si intendeva proprio bene, soprattutto se si trattava di dare una mano ai partigiani e a suo fratello disertore. Così una sera di marzo pianificarono un rifornimento di armi proprio al Monte Quoio dove resisteva un gruppo di uomini male armati e desiderosi di libertà. Però c’era un problema: bisognava schivare i posti di blocco fascisti di cui valli e strade erano disseminati. Lo sguardo dei due uomini si posarono allora su Giancarlo incaricato di vestire i panni di orfanello a copertura del viaggio. Con i sandali fatti di copertone delle macchine fasciste e i calzini grossi a coprire i piedini per il freddo, Giancarlo doveva seguire Berto e la sua bici carica di due bisacce. Sopra gli attrezzi di fabbro, gli innesti delle piante per fare i lavori, sotto munizioni, bombe e pistole. Il piccolo Giancarlo poteva salire sulla bici solo in discesa e i suoi poveri piedi si riempivano dolorosamente di sassi durante le lunghe strade sterrate del tragitto. Perciò non gli fu difficile proprio per niente tirare fuori tutti i suoi lacrimoni di bambino quando,

arrivati all’incrocio del ‘Battellone’, fra le colline senesi della Val di Merse verso Grosseto, al posto di blocco fascista chiesero a Berto cosa ci facesse con quel bimbo coperto di polvere e stanco come un mulo. Piangi gli aveva detto Berto. Orfano di mamma, fu risposto, da portare alla fattoria Luriano di una contessa dove bisognava sistemare gli zoccoli di buoi e cavalli, per non lasciarlo solo in città e in pericolo. Occhio ai briganti, andate, dissero le guardie fasciste. E così dopo una notte a dormire in stalla Giancarlo salì di buona lena sino in cima del Monte Quoio, con Berto e il suo carico di armi. Lassù i partigiani informarono Berto che proprio fra i boschi si trovava il papà di Giancarlo che, una volta riconosciuto il figlio indotto a fare la staffetta partigiana, sollevò Berto afferrandolo al petto e sibilando che per fare una cosa del genere Giancarlo Pallanti avrebbe dovuto essere avvertito. Il resto è storia, la liberazione e il ritorno a una vita serena che per Giancarlo è arrivata a 87 primavere. “Tornato a Siena ho visto e vissuto cose che a un bambino dovrebbero essere risparmiate – racconta Giancarlo – carichi di feriti gocciolanti di sangue, fughe da grappoli di cannonate in grado di arare campi interi, passeggiate sulle macerie dove affioravano resti umani. E dire che poi Siena fu risparmiata dalle bombe alleate”. “Oggi – conclude – immagino bene cosa sia costretto a vivere il popolo ucraino. La guerra è solo un vuoto a perdere, con la sua scia di morti, povertà, dolore, miseria dei civili e dei soldati costretti a combattere. Una guerra non è mai, ma proprio mai, la scelta migliore da fare”. VERDETÁ n° 84 | 9


SPECIALE LA PICCOLA VERA E IL SUO TESORO DA SALVARE

Un nome russo, strana coincidenza per una storia di guerra italiana datata 43-45. Le colline erano quelle sabine, le strade quelle battute dalla ritirata tedesca da Roma. I bombardamenti, invece, erano degli aerei alleati ad accompagnare la fuga nazista verso Nord. Lei, la piccola Vera aveva solo 4 anni, orfana di papà, ucciso in un disgraziato e fatale incidente ferroviario nella Napoli del 1942. Quando le bombe fioccavano, mano nella mano della mamma Agnese, lei correva via nel rifugio del paese, una grotta scavata nella terra vicino al cimitero. Lì dentro, insieme alle anime in pena per le povere case da salvare dalla furia del fuoco, si portavano le cose ritenute più preziose da preservare. Le cose trasportabili, certo, quando l’importante era scappare veloce. E in una notte di bombe Vera portò via la cosa più importante che ritenne fosse in casa: la cartella di scuola del fratellino più grande. A soli 4 anni decise che i libri erano i tesori più preziosi da difendere e li portò con sé nel buio della grotta. Oggi Vera ha 81 anni e per 40 anni ha fatto la maestra a due generazioni del suo piccolo paese dove quella notte ebbe chiaro il suo futuro.

NOI ALLORA COME IL POPOLO UCRAINO OGGI

Testimonianza di Ferdinando Marchioro Sono nato il 5 ottobre 1929, sono tra quelli che hanno vissuto l’ultima guerra che ha visto coinvolta anche l’Italia e, sinceramente, pensavo di non dovere essere testimone di altri conflitti così vicini al nostro territorio come quello che stiamo vivendo tra Russia e Ucraina. Mi sono subito immedesimato in parallelo all’evento vissuto in passato come testimone, con il sentimento che adesso vive il popolo Ucraino quando definisce e interpreta il termine “Resistenza” per definire quello che stanno oggi subendo. Come noi, anche il popolo Ucraino resiste tenacemente all’invasione scatenata sul loro territorio per impedirne la sopraffazione territoriale e culturale. Diversamente da noi però non rispondono ad alleanze esterne costituite, possono contare comunque su aiuti umanitari e l’accoglimento dei tantissimi profughi, donne, bambini e vecchi da parte di moltissimi paesi del mondo, che appoggiano così la scelta della resistenza Ucraina. Comunque si voglia vedere, la situazione attuale è terribile e drammatica. Mai avrei pensato di assistere, dopo 75 anni dall’ultima guerra vissuta, alla distruzione di intere città, a tanti morti, alla fuga di profughi a migliaia, alla fame e alla carestia, alla mancanza di prospettive e, soprattutto, togliere ai bambini la gioia dell’infanzia e futuro. Su tutto incombe anche lo scatenamento nucleare. Come dicevo, la Resistenza che io ho vissuto da ragazzo aveva come obiettivo scacciare chi ci toglieva la libertà di esprimerci e sentirci partecipi del nostro futuro a garanzia e tutela dei nostri figli. Lo stesso sentimento lo riconosco al popolo Ucraino, che così tenacemente e generosamente si mette a difesa del proprio futuro. Mi chiedo cosa e perché non si sia riusciti ad evitare una così grave e drammatica situazione, cosa spinge ancora e ancora l’egoismo umano a non rispettare il proprio simile, a dividere quello che il mondo ci regala e consegna con generosità. Nel mio cuore ho molta tristezza e da persona che ha visto tanto, spero solo di poter lasciare come testimonianza una sola bandiera, quella multicolore della Pace.

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UCRAINA CNA IMPRESASENSIBILE, AL VIA UN PROGETTO DI INTEGRAZIONE ED INCLUSIONE DEI PROFUGHI UCRAINI IN ITALIA JACOPO BASILI Inclusione educativa e sociale dei bambini e profughi ucraini tramite il percorso di protezione dell’identità, si intitola così il progetto per far fronte all’emergenza dei profughi ucraini in Italia che l’ente del terzo settore promosso da CNA sta sostenendo in partnership con l’associazione Scuola Ucraina Prestigio a Roma. Il progetto permetterà di accogliere almeno 100 ragazzi profughi all’interno di contesti scolastici, situati in varie zone del comune di Roma (a partire dal quartiere centrale dell’Esquilino, grazie alla disponibilità dell’Istituto statale superiore Pilo Albertelli). La collaborazione delle realtà scolastiche è essenziale poiché il progetto d’integrazione punta a impedire il fenomeno dell’abbandono scolastico, aiutando bambini e ragazzi (da 3 fino a 17 anni) a concludere il proprio ciclo educativo attraverso un iter formativo della durata di 10 mesi. Durante questo periodo, i giovani saranno seguiti da insegnanti, assistenti sociali, psicologi, volontari e avranno a disposizione tutto il materiale utile per le lezioni e le attività extra-scolastiche. La presidente dell’associazione partner Tatyana

Kyzuk - cittadina ucraina naturalizzata italiana che vive da 20 anni nel nostro Paese - ci ha raccontato di questo e non solo, a partire delle conseguenze vissute in prima persona dai profughi a causa della guerra in Ucraina. Partiamo proprio dalle persone coinvolte: da una parte l’associazione, che segue tutti gli iter burocratici atti all’ammissione dei profughi nel circuito scolastico italiano, è formata da maestre ed insegnanti ucraini, residenti in Italia da molto tempo. Persone che coordinano ed organizzano le attività di integrazione quali mediatori culturali, oppure svolgono il ruolo di interpreti e traduttori per i bambini ed i ragazzi. Una funzione, questa, fondamentale per individui che nel giro di poche settimane si sono ritrovate in un Paese letteralmente sconosciuto. Dall’altra parte i beneficiari sono proprio i profughi. Al secondo giorno di conflitto, la presidente ha deciso di lasciare il proprio numero nei centri di raccolta individuati nella città di Roma e così è nato tutto. Nel momento in cui scriviamo, l’attività è aumentata a dismisura: i ragazzi ed i bambini coinvolti hanno superato le 200 unità, le classi VERDETÁ n° 84 | 11


SPECIALE di integrazione scolastica vanno ormai dall’asilo nido fino al liceo e l’associazione sta chiedendo nuovi spazi a tutti i municipi di Roma. La presidente Tatyana Kyzuk è stata colpita in particolare dai ragazzi provenienti dai luoghi dove il conflitto è stato più efferato, come Bucha e Irpin: ragazzi poco più che adolescenti devono farsi carico dei propri nonni strappati dalle terre in cui sono vissuti da sempre a causa dei bombardamenti incessanti e dell’arrivo delle forze di occupazione. Ragazzi, quindi, che sono dovuti diventare all’improvviso gli adulti di casa, poiché i genitori sono rimasti in Ucraina. Per quanto riguarda la macchina dell’accoglienza, regolata per ora dall’emergenza e dalla solidarietà diffusa, c’è da dire che inizia purtroppo a pesare la difficoltà di un’organizzazione poco strutturata. Le misure previste, sempre al momento in cui scriviamo, sembrano essere pensate per una crisi passeggera, per un rapido e veloce ritorno alla normalità. La guerra però non è così razionale, non è così prevedibile. C’è il rischio che molti degli attuali profughi diventino dei veri e propri rifugiati bisognosi di un’accoglienza più lunga ed adeguata. Infatti, secondo la presidente Kyzuk è anche la percezione del bisogno che sta cambiando. Mentre c’è un primo livello quello del sociale e del quotidiano - in cui la società si dimostra ancora molto generosa e pronta a spendersi singolarmente tramite aiuti e donazioni, c’è un secondo livello - quello della risposta in teoria maggiormente organizzata che al momento vede impegnate per lo più le associazioni del terzo settore. Sta iniziando a emergere, quindi, la difficoltà delle istituzioni e degli enti locali a considerare questa non più solo un’emergenza provvisoria. Un problema che saremo chiamati a risolvere, tutti insieme, molto presto. Facendo nostro l’appello della presidente, perciò, c’è sicuramente bisogno di tenere alta l’attenzione, 12 | VERDETÁ n° 84

in particolare nel prossimo futuro, rispetto alle conseguenze di questa terribile guerra che ha rotto un equilibrio di pace e prosperità in Europa durato per oltre 75 anni.

COME FUNZIONA IL PERMESSO DI SOGGIORNO PER I PROFUGHI DALL’UCRAINA Sui criteri e i beneficiari del permesso di soggiorno per i profughi provenienti dall’Ucraina il patronato Epasa-Itaco ha inviato una circolare al territorio, indicando che il DPCM firmato dal premier Mario Draghi è in attuazione della Direttiva comunitaria sulla concessione di protezione temporanea. In dettaglio il permesso di soggiorno per la protezione temporanea ha una durata annuale a partire dal 4 marzo 2022. La protezione può cessare anche prima del 4 marzo 2023, ma può essere anche prorogata di ulteriori sei mesi, rinnovabili per i successivi sei mesi, per una durata massima di un altro anno. Possono beneficiarne Cittadini ucraini residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022; apolidi e cittadini di paesi terzi diversi dall’Ucraina che beneficiavano di protezione internazionale (o di protezione nazionale equivalente) in Ucraina prima del 24 febbraio del 2022; apolidi e cittadini di paesi terzi diversi dall’Ucraina che possono dimostrare di essere in possesso del diritto di soggiorno permanete valido in base al diritto ucraino e che non possono ritornare al loro paese di origine in modo sicuro e stabile. Il DPCM inoltre specifica chi sono i familiari che possono beneficiare della protezione, purché soggiornanti in Ucraina prima del 24 febbraio scorso: il coniuge, il partner con relazione stabile, i figli minorenni non sposati (indipendentemente dal fatto se legittimi, naturali o adottati).


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IN PRIMO PIANO

AL VIA IL REGISTRO DELLE OPPOSIZIONI ANCHE PER I CELLULARI, STOP ALLE CHIAMATE PUBBLICITARIE A.B.

C’è una data, ed è quella del prossimo 27 luglio, a partire dalla quale milioni di italiani bersagliati dal telemarketing selvaggio potranno finalmente dire basta alle telefonate indesiderate. Le chiamate insistenti non spariranno per magia, è certo, ma iscrivendo il proprio numero di cellulare al registro delle opposizioni gli operatori commerciali che effettuano servizi di 16 | VERDETÁ n° 84

vendita diretta, ricerche di mercato o campagne pubblicitarie, non potranno più contattare quell’utenza mobile, né cedere ad altri i dati personali di cui sono in possesso. Lo prevede il Decreto del Presidente della Repubblica che è entrato in vigore il 13 aprile dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale avvenuta il 29 marzo. Si tratta del regolamento attuativo che istituisce il


cosiddetto “Registro pubblico dei contraenti che si oppongono all'utilizzo dei propri dati personali e del proprio numero telefonico per vendite o promozioni commerciali”, come prevede la legge numero 5 dell’11 gennaio 2018 (articolo 1, comma 15). Esercitando il proprio diritto all’opposizione, sancito anche nel regolamento europeo 679 del 2016 (noto come RGPD), i call center non potranno più contattare gli utenti sul telefono cellulare per proporre – in maniera ossessiva e a volte con modalità piuttosto discutibili - di cambiare il gestore della linea internet, oppure di luce e gas, proporre abbonamenti ai servizi più disparati e mai richiesti. Sarà vietato anche disturbare le persone attraverso sistemi automatizzati di chiamata senza operatore. A patto, però, che ci si iscriva al Registro delle opposizioni. Finora la possibilità di opporsi alle telefonate indesiderate era riservata solo ai titolari di utenze fisse. Con le recenti disposizioni normative, indicando il proprio indirizzo, il blocco potrà essere esteso anche al materiale pubblicitario cartaceo inviato per posta. Sono escluse, tuttavia, le rilevazioni effettuate dagli enti appartenenti al sistema statistico nazionale. Il compito di istituire il registro è stato affidato al Ministero dello Sviluppo Economico, che potrà rivolgersi a un soggetto terzo al quale attribuire la realizzazione e la gestione del servizio. L’iscrizione è gratuita e avviene entro lo stesso giorno lavorativo della richiesta. I cittadini possono aderire in tre modi diversi. Il più semplice consiste in una semplice telefonata effettuata dal numero che si vuole iscrivere al registro. Il sistema prevede un risponditore automatico, con possibilità di ottenere assistenza telefonica da parte di un operatore “vero” in caso di difficoltà. Gli altri due metodi sono un po’ più complessi per chi non è avvezzo all’utilizzo di strumenti informatici. Il primo consiste nella compilazione - direttamente sul sito web del gestore del registro - di un modulo elettronico; in questo caso il cittadino-contraente oltre a specificare il numero telefonico dovrà dimostrare di averne la disponibilità, e dovrà indicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata (Pec). Infine, è possibile iscriversi attraverso la propria

casella di posta elettronica, dalla quale inviare il modulo contenente il numero sul quale non si vuole essere più disturbati. Anche in questo caso bisognerà dimostrare di avere la disponibilità dell’utenza mobile. Naturalmente, chi è titolare di più utenze può iscriverle tutte. L’opposizione è a tempo indeterminato, ma può essere revocata in qualsiasi momento nei confronti di uno o più operatori. Con l'iscrizione si intendono revocati tutti i consensi precedentemente espressi, con qualsiasi forma o mezzo. Attenzione, però, a non rilasciarne di nuovi. La norma prevede l’obbligo, in capo agli operatori che utilizzano sistemi di vendita telefonica, ricerche di mercato o comunicazioni commerciali, di consultare mensilmente, e comunque prima dell'inizio di ogni campagna promozionale, il registro pubblico delle opposizioni e di provvedere all'aggiornamento delle proprie liste. Le modalità di consultazione, va da sé, non dovranno consentire il trasferimento di dati personali. Gli operatori, inoltre, dovranno fornire criteri per identificare con precisione la linea chiamante. Le sanzioni per gli inadempienti definite “effettive, proporzionate e dissuasive” sono davvero pesanti, ma le autorità di controllo dovranno applicarle caso per caso tenendo conto “della natura, la gravità e la durata della violazione”, del numero di interessati e del livello di danno subito. In soldoni, potrebbero arrivare “fino a 20 milioni di euro, o per le imprese, fino al 4 % del fatturato mondiale totale annuo dell'esercizio precedente”. VERDETÁ n° 84 | 17


L'INTERVISTA

L’ONU E ‘GLI ALTRI’: TUTTO QUELLO CHE SAPEVAMO MA CHE LA GUERRA HA MESSO A NUDO

L.P.

Non che scoppiassero di salute o brillassero per efficacia. Fra le bombe più devastanti sganciate da Putin, però, ci sono quelle riservate all’Onu – con il suo Consiglio di sicurezza in cui siede la Russia con diritto di veto - e ‘gli altri’. Ossia il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale, e l’Organizzazione mondiale del commercio. I ‘figli’ della conferenza di Bretton Woods, formalmente conosciuta come United Nations Monetary and Financial Conference. Tutti strumenti utili per rendere possibile l’obiettivo della conferenza,

Filippo D'Andrea 18 | VERDETÁ n° 84

ossia quello di definire regole e organismi finanziari e monetari comuni, a seguito della II Guerra Mondiale. Un delicato intreccio di potere e equilibri economico-finanziari su cui sino ad ora si era fondata la pace, almeno fra potenze nucleari. Dichiarando guerra all’Ucraina Putin ha formalmente preso a calci questi organismi internazionali e - insieme agli obiettivi di annessione e ‘denazificazione’ dell’Ucraina ha, di fatto, messo su tavolo il vero fine della sua spietata e sanguinaria guerra in corso. La riscrittura degli equilibri mondiali, con una Russia di nuovo al centro della scena. Cosa ce ne facciamo ora dell’Onu e ‘gli altri’? Lo chiediamo a Filippo D’Andrea, Segretario Nazionale di CNA Pensionati e già responsabile, per oltre un decennio, dell’internazionalizzazione di CNA Nazionale. Cosa succede ora al diritto internazionale? E’ difficile dirlo. L’ordine internazionale ristabilito dopo la seconda guerra mondiale ha avuto momenti di crisi, ma il sistema ONU ha garantito sostanzialmente la tenuta dell’equilibrio. Infatti dopo il ‘45 le nazioni hanno creato un organismo che aveva lo scopo di prevenire un’altra guerra di dimensioni globali. Oggi, proprio dentro l’Onu, c’è un paradosso vistoso da cui è difficile uscire. Quale? La Russia è fra i cinque Paesi che siedono, come membri permanenti, nel Consiglio di sicurezza


dell’ONU stessa, con diritto di veto. Ci sono Usa, Francia, Inghilterra, Cina e Russia, appunto. Poi sono eletti dieci membri non permanenti in rappresentanza degli altri paesi aderenti delle Nazioni Unite. L’Assemblea Generale, infatti, elegge i dieci membri non-permanenti (cinque all'anno) con un mandato di due anni a partire dal 1º gennaio. Il fatto che la Russia abbia il diritto di veto rende, di fatto, impossibile per gli altri condannare la guerra o intervenire in qualche modo nel conflitto in Ucraina. Siamo di fronte alla distruzione del diritto internazionale, una delle vittime più illustri di questa terribile guerra. E come se ne esce? Si tratta di una situazione di cui ha parlato anche Papa Francesco denunciando l’impotenza dell’ONU. In passato si è proposto di stabilire la necessità di giustificare il veto per i Paesi membri del Consiglio di sicurezza. Una proposta tornata attuale con la guerra in corso. Tuttavia essa, al momento, non pare sia sostenuta con forza da nessuno dei quattro membri del Consiglio, Russia esclusa per ovvi motivi. In buona sostanza oggi l’ONU serve solo per risolvere piccole controversie internazionali o guerre marginali, ma non è in grado mettere d’accordo le superpotenze nucleari. L’URSS ha contribuito, ai tempi, alla costruzione di un nuovo ordine mondiale con L’ONU che avrebbe dovuto essere proprio uno strumento per risolvere le controversie fra Paesi. E invece? Invece oggi Putin ribalta la realtà. Da Paese aggressore propone la Russia come Paese aggredito. Inoltre ha autorizzato una guerra sanguinaria che calpesta tutte le norme del diritto internazionale che proteggono civili e prigionieri, non a caso si è parlato persino di genocidio. Ha fatto, insomma, carta straccia dello Statuto ONU cosi come fece della Costituzione Russa per superare il limite dei due mandati. Ora serve altro. Ammesso (è una speranza n.d.r.) che nel momento in cui queste righe saranno lette dai nostri pensionati si sia giunti almeno ad un cessate in fuoco, se gli organismi internazionali sono ormai superati come difenderemo la pace?

E’ una sfida non trascurabile. Bisogna convocare una nuova Jalta. La conferenza di Jalta fu un vertice tenutosi dal 4 all'11 febbraio 1945 vicino Jalta, in Crimea, durante la seconda guerra mondiale, nel quale i capi politici dei tre principali paesi Alleati, presero alcune decisioni importanti sul proseguimento del conflitto, sull'assetto futuro della Polonia, e sull'istituzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. I tre protagonisti furono Franklin Delano Roosevelt, Winston Churchill e Iosif Stalin, capi rispettivamente dei governi degli Stati Uniti d'America, del Regno Unito e dell'Unione Sovietica. Oggi serve di nuovo sedersi intorno a un tavolo con i protagonisti delle economie mondiali e possessori degli arsenali nucleari. Sono gli stessi di ieri con l’aggiunta della Cina, senza contare l’Europa che dovrebbe parlare con una sola voce. Come si fa a difendere il diritto internazionale? Innanzitutto occorre ricondurre sulla strada della trattativa le potenze oggi belligeranti. E’ inutile parlare di crimini di guerra se non c’è una discussione consensuale di chi tratta. Anche il dibattito sulla Corte di giustizia internazionale è strumentale anche perché Usa, Cina e Russia non vi hanno aderito. Oggi bisogna essere realisti e cercare di raggiungere gli obiettivi utili. L’Europa è al centro della scena eppure sembriamo spesso avanzare in ordine sparso e con voci non sempre concordi dei vari Governi. Che ne pensa? E’ un grave errore. Lo ribadisco: occorre parlare con una sola voce. Del resto abbiamo già una grossa responsabilità storica. Quando nel 2014 ci fu l’annessione della Crimea da parte della Russia bisognava sedersi a un tavolo e incominciare a trattare un nuovo ordine mondiale. Occorreva contenere il neoimperialismo russo e trovare una collocazione alla Cina, un paese cresciuto enormemente negli anni della globalizzazione e che è fortemente interconnesso con tutte le economie mondiali. Oggi purtroppo ne paghiamo le conseguenze. Ma noi siamo l’Europa e ci troviamo al centro della scena. Non c’è più tempo per trovare il coraggio di essere uniti e protagonisti, altrimenti il nostro futuro sarà segnato. VERDETÁ n° 84 | 19


FOCUS

GUERRE VIRTUALI, EFFETTI REALI PAOLA TOSCANI

Ci sono armi e armi. Quelle brutali, feroci e tangibili. Conosciute e riconoscibili. E ci sono poi quelle invisibili, che paralizzano servizi essenziali, mandando in tilt i sistemi informatici degli ospedali e delle ferrovie, tanto per fare alcuni esempi. Risultato: interventi d’urgenza, prenotazioni di visite che saltano e treni fermi in stazione. È l’altra faccia della guerra contro un nemico che si annida nelle fragilità di un sistema in ritardo sulla sicurezza tecnologica. Oltre al tema della dipendenza energetica, 20 | VERDETÁ n° 84

il conflitto in Ucraina ha fatto emergere con prepotenza anche l’urgenza di dotarci di una tutela sotto il profilo della sicurezza informatica. Il conflitto delle armi terminerà (auspicabilmente in temi rapidi), ma non la cyberguerra: tanto più pericolosa, quanto più profonde minacciano di essere le distanze tra blocchi contrapposti. I nodi vengono al pettine: ci troviamo a fare i conti con un’inerzia nello sviluppo di una tecnologia europea e appare chiaro che l’autonomia energetica non è l’unica


priorità nelle agende dei governi europei. Non c’è tempo da perdere: è cruciale la necessità di elaborare strategie che permettano di emanciparsi dalle barriere di sicurezza made in Russia. Priorità che impongono tempistiche diverse, in considerazione della natura delle infrastrutture di riferimento. Per avere un’idea: il più famoso e sicuro antivirus del mondo è russo. Si chiama Kaspersky e circola da venticinque anni in quasi duecento Paesi. Protegge i computer di oltre 240mila imprese e di 400 milioni di utenti privati. È nel mercato elettronico delle nostre pubbliche amministrazioni dal 2003. La Federal Communications Commission (Fcc) degli Stati Uniti ha inserito la società russa produttrice di Kaspersky nella cosiddetta Covered List: un elenco delle aziende che rappresentano un pericolo per la sicurezza nazionale. Il Governo italiano, dal canto suo, ha allo studio una norma per consentire che non solo Kaspersky, ma anche altre piattaforme informatiche, vengano poste fuori dall’ambito delle p.a. La questione chiama in causa anche importanti aspetti legati alla privacy. Il Garante ha infatti aperto un’istruttoria per valutare i potenziali rischi legati al trattamento dei dati personali dei clienti italiani che utilizzano Kaspersky. Ma al di là degli interventi spot di difesa, quel che non è più rinviabile è un sistema strutturato di prevenzione degli attacchi. Le preoccupazioni delle agenzie di sicurezza europee si concentrano sul fatto che, mentre in alcune amministrazioni il software antivirus russo è stato eliminato, in altre le procedure contrattuali per la sostituzione sono solo state avviate. Ma non concluse. Ciò vuol dire che il software, ancora presente sui computer, ogni giorno si collega al server di Mosca per scambiare dati e scaricare eventuali aggiornamenti. Su cui non c'è possibilità di controllo o verifica preventiva, a prescindere dalle eventuali certificazioni di sicurezza ottenute. Come si è arrivati a questa dipendenza da infrastrutture tecnologiche così importanti? “Manca in Europa una politica comune del digitale” spiega a AdnKronos Roberto Baldoni,

direttore dell’Agenzia per la Cybersicurezza nazionale, che all’indomani dell’esplosione del conflitto in Ucraina, ha diramato una raccomandazione alle aziende italiane di tenersi in guardia dai rischi legati all’utilizzo dei software russi. “Da circa venti anni non riusciamo a esprimere dei campioni che nel settore tecnologico sappiano stare al passo con le aziende americane, russe, cinesi e così via” ha ricordato Baldoni. E visto che il mercato del digitale, nei vari settori, è caratterizzato dall’esistenza di pochi giganti, accade che le piccole realtà vengano fagocitate dai più grandi. Il prezzo da pagare per questa forte dipendenza tecnologica è molto alto: i sistemi informatici sono oggi il cuore dei servizi ospedalieri, dei trasporti e della finanza, tanto per citarne alcuni. Non abbiamo autonomia, e siamo in ritardo nel predisporre barriere di sicurezza nei confronti dei rischi informatici. Risultato: i nostri sistemi sono più vulnerabili di quelli dei nostri cugini europei. Un dato su tutti: l’Agenzia per la Cybersicurezza nazionale, in Italia, è nata pochi mesi fa. In Germania esiste da trent’anni, in Francia da venti e in Israele da quindici. È in questa dipendenza e in questi ritardi che si annidano i rischi di vulnerabilità dei sistemi informatici strategici per il nostro Paese. Rispetto a questi pericoli, Baldoni ricorda come sia necessario “trovare modalità di diversificazione, individuando aziende importanti sul suolo europeo. Per farlo, serve una politica industriale unitaria europea” spiega Baldoni. Uno sforzo comune che chiama in causa attori diversi. Da un lato intelligence, agenzie specializzate, organismi nazionali e big come Amazon, che si è impegnata a donare cinque milioni di dollari alle organizzazioni che offrono immediato aiuto all’Ucraina. Ma anche tutte le migliori esperienze e talenti che il nostro sistema imprenditoriale può esprimere, incluse le piccole e medie imprese del settore tecnologico. Ognuno oggi è chiamato a fare la sua parte, in un conflitto che va oltre i confini nazionali, ma soprattutto oltre le barriere materiali. VERDETÁ n° 84 | 21


Torta di grano farro

CNA Pensionati

Le nostre ricette

Ricetta di Cesare Sanguinetti – Associato CNA La Spezia

INGREDIENTI PER 8 PERSONE 300 g. di grano farro (far bollire fino a cottura) - 50 g. di riso (far bollire fino a cottura) - 500 ml. di latte intero - 8 uova fresche - 300 g. di parmigiano grattugiato - 200 g. di pecorino sardo stagionato grattugiato - 200 ml di olio di girasole e per chi preferisce, secondo l'antica usanza olio extravergine di oliva - noce moscata sale qb. - pepe qb. Sfoglia: 300 g. di farina 00 - 2 cucchiai di olio – acqua - sale qb.

Preparazione della sfoglia: impastare la farina aggiungendo l'olio, il sale e acqua fino a ottenere un impasto liscio ed elastico.

Preparazione: sbattere le uova in un tegame;

aggiungere sale, pepe, noce moscata, il parmigiano, il pecorino, l'olio extravergine di oliva e mescolare il tutto fino a ottenere un impasto uniforme. Aggiungere il grano e il riso (già lessati), il latte e mescolare bene. Ungere bene la teglia con olio, posare dentro la sfoglia dopo averla tirata bene con il mattarello. Versare il composto con il grano farro e cuocere per 30 minuti in forno a 180 °. Nota: la torta è una spia antropologica e documenta l'uso di farro e riso notoriamente legati simbolicamente alla fecondità.

buon appetito!

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Sarzana - SP Storia di una città cardine fra Liguria, Toscana ed Emilia. Osservando le cucine dal centro alla periferia di Sarzana nasce un quadro di ricette di casa e, potremmo dire, invariate dall'unità d'Italia ad oggi. Gli ingredienti sono ricorrenti ma io ho un'opinione di una cucina più semplice alle periferie e molto dotta nelle case borghesi, dove emerge fin dal tardo Ottocento l'arrivo della nuova cultura dei libri di cucina, Artusi compreso. Sono convinta che vi siano state aree ben precise di rifornimento degli ingredienti del territorio. Il latte per esempio veniva senza dubbio dalle zone di Giucano e Carignano. Se ne ha documentazione postVentennio, di Luciano Luciani che racconta di quando era bambino e le donne dei due piccoli borghi di collina, si fermavano nei pressi della sua casa (alla Bradia) e si toglievano gli zoccoli per indossare le scarpe che si erano portate nella borsa. Venivano a vendere al mercato a seconda delle stagioni: castagne, farina dolce, olio, formaggio di mucca, ricotta. D'estate non mancava la frutta: fioroni, susine, pere, fragole. E in autunno noci, nocciole, peti martin. Sono semplici annotazioni di vita, con nomi di donna che hanno fatto la microstoria del territorio: la Gilda, la Arcisa, la Maria di Giulio, la Gemma… … Un piccolo particolare curioso: mettevano le ricottine in coppette di terracotta smaltate di verde e bianco all'interno per salvare l'igiene. Gabriella Molli Pubblicista, studiosa di costumi gastronomici della Lunigiana storica Dentro un piatto sarzanese passa la sua storia. La storia degli ingredienti racconta infatti passaggi, contatti, storie di vita, usi e costumi

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LA FINESTRA SUL CAVEAU

È LA SPECULAZIONE A INFIAMMARE I PREZZI DEL GAS CLAUDIO DI DONATO

La crisi energetica ha messo in risalto la complessità dei meccanismi che regolano il funzionamento del mercato del gas ma anche un elevato tasso di opacità nonostante l’impegno dei regolatori internazionali e nazionali per assicurare la trasparenza. In confronto il mercato petrolifero garantisce un equilibrio molto più efficiente tra la domanda e l’offerta. La prima e più evidente particolarità 24 | VERDETÁ n° 84

del gas è che esistono diversi riferimenti per determinarne il prezzo. La novità dell’ultimo anno è che la speculazione finanziaria ha acceso i riflettori sul gas e sul complesso delle materie prime. Il grande interesse della speculazione condiziona le quotazioni del gas e delle altre materie prime, dall’acciaio al rame. Da oltre un anno non c’è una carenza di gas, nonostante una domanda in robusta crescita. Eppure il prezzo del


gas è salito di circa 7 volte, da 0,20 a 1,40 euro al metro cubo, determinando un fenomeno da mercato poco trasparente: i consumatori sono chiamati a pagare bollette sempre più care e gli operatori incassano profitti crescenti. Limitando il campo di osservazione ai paesi europei, la principale anomalia è la modalità di fissazione dei prezzi. Circa l’80% del gas che arriva in Europa è garantito da contratti a lungo termine nei quali sono definite le formule di prezzo che prevedono margini di adeguamento sulla base dell’andamento delle quotazioni del petrolio. Questo meccanismo è stato rivisto nel 2010 da parte delle autorità di regolazione europee dei mercati dell’energia. La motivazione è stata che un prezzo quasi fisso per tanti anni non tiene conto delle variazioni della domanda e dell’offerta. Ad esempio davanti a una offerta di gas molto abbondante il prezzo dovrebbe scendere, e i contratti a lungo termine non favoriscono la discesa dei prezzi. Si è deciso quindi di prendere a riferimento le quotazioni del gas nelle contrattazioni giornaliere dei mercati energetici. E in Europa i principali sono Londra e Amsterdam. Con gli anni tuttavia si è prodotta una situazione di forte squilibrio. Da qualche anno l’80% del gas consumato in Europa è prezzato in riferimento ai valori a breve termine e solo meno del 20% è rimasto indicizzato al petrolio. In sostanza il 20% di gas consumato (la quantità acquistata giornalmente sui mercati) determina il prezzo

anche per l’80% di gas acquistato con contratti a lungo termine. E’ evidente che il meccanismo dovrebbe essere profondamente rivisto, se non altro per trovare soluzioni equilibrate per ridurre la volatilità dei prezzi e costi molto elevati per i consumatori mentre pochi operatori e speculatori incassano profitti da capogiro. Altro elemento che attira gli speculatori è l’orientamento dei paesi europei di ridurre la dipendenza dal gas russo, ipotizzando anche la totale cessazione degli acquisti. Rimpiazzare 150 miliardi di metri cubi di gas sarà impegnativo e molto costoso. Il solo annuncio degli Stati Uniti di vendere a breve 15 miliardi di metri cubi all’Europa ha fatto lievitare le quotazioni del GNL (Gas naturale liquido) e soprattutto dei noli marittimi (serviranno migliaia di navi per attraversare l’Atlantico). E per rinunciare al gas russo si dovranno pagare penali molto salate. I contratti a lungo termine in genere prevedono margini di flessibilità delle quantità e così come il fornitore è obbligato ad assicurare le quantità per il periodo di validità del contratto al tempo stesso l’acquirente (i paesi europei) è vincolato a ritirarle. Al netto delle considerazioni geopolitiche, in base al diritto commerciale internazionale, la Russia non può interrompere le forniture di gas e l’Europa non può smettere di acquistarlo improvvisamente. VERDETÁ n° 84 | 25


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SPAZIO DONNA

MONICA VITTI, LA RAGAZZA CON LA PISTOLA MARIA ROSA BATTAN

Il 1968 è per le ragazze italiane un anno che segna una linea di demarcazione culturale e sociale. Le giovani donne cominciano a sollevare critiche su comportamenti culturali che le vedono subalterne su tutti i fronti, siano essi famiglia, lavoro o scuola. Era quasi impossibile immaginare e pensare ad un soggetto per la realizzazione di un film che descrivesse il preciso momento storico vissuto dalle donne, che vedesse come protagonista una giovane donna, siciliana per giunta, che decidesse di prendere in mano la propria vita per riscattarsi da un sopruso subito: si tratta del soggetto del film “La ragazza con la pistola”. 28 | VERDETÁ n° 84

La protagonista ideale, interpretata magistralmente per la capacità ironica, la raffinata intelligenza oltre l’indiscussa bellezza, fu Monica Vitti nell’interpretazione, appunto, di Assunta Patanè. La vicinanza narrative tra il mondo femminile reale, in continuo fermento, e il soggetto vedono scena dopo scena, scelta dopo scelta, un progressivo rifiuto del modello tradizionale di vissuto femminile e la consapevolezza che il nuovo quotidiano andava considerato e percorso. Assunta Patanè, interpretata appunto da Monica Vitti, è una giovane Siciliana che


inconsapevolmente diventa simbolo di riscatto femminile nel momento in cui, per salvare il suo onore di donna abusata nell’onore e abbandonata, diventa soggetto di lotta e di rivalsa della condizione in cui tradizionalmente venivano relegate le donne che avevano subito condizionamenti sociali e culturali. Uno degli slogan che animavano la voce delle ragazze sessantottine era “Il corpo è mio e lo gestisco io” inteso come “voglio decidere, scegliere, essere protagonista della mia vita”. Assunta Patanè, prendendo in mano la propria vita, parte alla ricerca del responsabile della violenza subita e che, a causa di leggi non scritte ma estremamente punitive, la vedono emarginata e colpevole di comportamenti non conformi al costume. Il viaggio la proietta nel riconoscere la potenzialità della sua scelta verso un mondo diverso da quello tradizionale, dove tutto viene messo in discussione per essere affine ai suoi bisogni e desideri e al riconoscimento di equità. Contestualmente, le giovani interpreti del mondo reale, vivevano scelte unilaterali coraggiose e lungimiranti che la rappresentazione del film ispirava.

Sognano un mondo dove ogni uomo e donna vivono fianco a fianco in perfetta sintonia e condivisione. Dove ad abbattere le barriere delle divisioni non erano i singoli che si adoperavano a seconda della convenienza individuale ma l’insieme delle persone. Anche i sogni, si sa, percorrono spesso strade con ostacoli. Infatti, chi nel 68 sognava sintonia e condivisione del percorso verso una parità di diritti e doveri, dove le donne fossero alla pari degli uomini senza dovere distinguere l’appartenenza, può vantare la conquista di buone leggi a tutela dell’emancipazione culturale, assieme comunque a qualche delusione. Le conquiste raggiunte però non sono sufficienti a garantire la tregua del cammino verso la parità. Anche Assunta Patanè, anticipando abbondantemente le riflessioni sull’emancipazione femminile, possiamo dire abbia consegnato una visione molto coraggiosa e profetica di quello che sarebbe avvenuto. Infatti, dopo varie sofferenze dovute all’abbandono della persona riparatrice, dopo un percorso di autodeterminazione sfociato nella sua rinascita culturale, dopo la rivisitazione dei condizionamenti culturali che l’avevano trascinata, suo malgrado, a morire, se necessario, per poter continuare a vivere, la vediamo abbandonare la famosa pistola, strumento di morte e rinascita. Monica Vitti ci ha regalato l’interpretazione di Assunta con tanta bravura da farci amare ogni passaggio della rappresentazione cinematografica, lasciando la migliore delle letture del vissuto di ognuna di noi verso il condiviso cammino comune. Abbiamo vissuto tutto di questo film, compreso il finale. Assunta si emancipa, studia, lavora si sposa, conquista un posto ambito e impensabile nella società. Come abbiamo sottolineato si disfa della pistola che le garantiva copertura, senza però avere sostituito lo strumento, costringendola continuamente a scegliere per non subire. (In ricordo dell’attrice protagonista del cinema italiano scomparsa lo scorso 2 febbraio 2022) VERDETÁ n° 84 | 29


IL RACCONTO

GIUSEPPINA SENZA PAURA di PAOLO MEDEOSSI tra i vincitori del premio letterario “Resistenze” organizzato da ANPI e CNA Pensionati di Tavagnacco (UD) Se non fossimo capaci di ravvivare la storia con qualcosa di personale, essa rimarrebbe sempre più o meno astratta, si riempirebbe di scontri di forze anonime e di schemi. Czeslav Milosz “La mia Europa”

Mi chiamo Giuseppina senzapaura, perché io non ho proprio mai avuto paura. Avere paura non serve. Annebbia le idee, rallenta le decisioni, getta nel panico. E invece io ho cercato di controllare questo sentimento, brutto e pericoloso, che sale dalla pancia e arriva alla mente togliendo lucidità. Sempre stata così, per quanto possa ricordare, perché lego le briciole di memoria a uno sguardo, 30 | VERDETÁ n° 84

a un sorriso. Tutte cose provate nel luogo che mi fece da culla e nel quale avvertii i primi slanci. C'è sempre un posto, in Friuli e ovunque, dove far cominciare il proprio cammino e sentirsi bene con quanto ci sta attorno. Da grande imparai a crearmi da sola questo mondo, ed era un dolce paesaggio di montagna, dove fare camminate ed escursioni con il mio Dino e gli amici del gruppo a


cui mi ero iscritta. Ma all'inizio, da bambina, la terra del cuore e del sogno era un'altra. Non dipendeva da me, ma da chi mi aveva trasmesso la vita. Questo mio luogo può apparire strano, insolito. Arrossisco a rivelarlo perché nessuno ci crede oppure ha un moto di stupito orrore appena lo dico. Per me invece è sempre stato un posto vivo, in cui starsene in pace, quasi fosse un grembo affettuoso o un'isola dove fare i conti con se stessi e con tutto ciò che si vuole essere. Insomma, io sono nata e ho vissuto dentro un cimitero, quello di Udine. Lo chiamano monumentale perché è stato progettato a inizio Ottocento da un importante architetto con un certo stile, che si nota ancora tra colonnati ed effetti speciali, anche se a me sono sempre piaciute le tombe discrete, pensate con un'umanità capace di porgere tanti messaggi. La mia preferita è una tomba che assomiglia a una chiesetta di montagna e infatti venne copiata tale e quale per accogliere due fratelli, morti giovani e che insieme ai genitori condividevano la passione per un paese delle nostre Alpi dove cucire progetti, sogni e allegria. Quella chiesetta mi dà una serenità profonda, che custodisco dentro di me, sempre, come quando mi perdevo a passeggiare trai vialetti contornati dai cipressi, sul cui tronco corrono gli scoiattolini con la codona in evidenza. Sono nata nel 1922, dopo che papà Gildo e mamma Armellina si erano sposati l'anno prima e il papà era stato nominato custode del cimitero andandoci ad abitare, nella casa dietro la chiesa. Quello, come dicevo, è stato così il mio luogo, come pure per i miei fratelli Duilio, nato nel 1923, e Gina, nel 1925. Tutti lì dentro mentre fuori delle mura l'Italia cambiava, si metteva in divisa, dipingeva parolone retoriche sulle facciate delle case, lanciava proclami. Echi, suoni, ordini che si propagavano fino a noi, ma noi vivevamo in un altro mondo, sospeso tra quello che eravamo e quello che saremmo diventati. Le mura del cimitero non limitavano la mia libertà, ma la proteggevano da quanto succedeva all'esterno, dove, da quanto potevo capire, era tutto un gioco a indossare divise, a sporgere il mento e alzare il braccio con gesti di assurda protervia. Mossette per mascherare debolezze e verità nascoste. I gerarchi bardati in nero sembravano uccelli del malaugurio. Per noi

era diverso: il lavoro di papà era quello di dare una dignitosa sepoltura a tutti, di tenere pulite le tombe, di assistere le persone colpite dal lutto. Ma io, Giuseppina senzapaura, che la sera restavo lì dentro, dopo che i cancelli erano stati chiusi, respiravo tranquilla e camminavo dialogando con i volti che vedevo nelle fotografie sulle lapidi. Per me erano persone vere, vive. Ci si scambiava quattro parole, si discuteva un po' sulle scritte che i parenti avevano fatto tracciare nelle rispettive epigrafi per sintetizzare il significato di un'esistenza. Alcune erano esagerate e di solito appartenevano a personaggi in vista della città, che continuavano così a ricevere elogi sperticati. A me piacevano le dediche genuine, uscite dal cuore, capaci di esprimere il dolore per chi ci aveva lasciato. “Bella, vispa, graziosa”, era stato scritto per una ragazza, oppure “Pia, modesta e senza inganno”. Notavo anche questo: le frasi più commoventi erano dedicate a donne, perché attorno agli uomini c'era la tendenza a creare un'eco stentorea con parole del tipo: integerrimo, ardente patriota, anima accesa, modello di eletti sentimenti. Così volavano le giornate nel cimitero, il mio mondo, dove coltivavo senza paura una strana sensazione di libertà, tra storie che si erano spente, ma che lasciavano un ricordo, un monito, una lezione. Il problema era che intanto, fuori del nostro perimetro, quelle parate strambe con uomini in divisa dai ridicoli copricapi e dal mento in fuori, in atteggiamento da bulldog, si stavano trasformando in qualcosa di molto pericoloso. Lo percepivo da ragazzina attraverso Patteggiamento di insegnanti e istruttori, nell'adunata del sabato fascista, oppure quando accendevamo la radio dalla quale ci arrivava una valanga di parole scandite, urlate, isteriche, ben diverse da quelle pacate, consolanti, che ascoltavo in chiesa durante la messa celebrata da padre Cesario. C'era nell'aria una pericolosa esaltazione, e non bastava la sera chiudere i cancelli e rifugiarsi nel nostro piccolo, remoto, silenzioso, ordinato universo, che cercava di proteggere un barlume di verità e buon senso attraverso le vite di chi ci aveva preceduto e aveva qualcosa di utile da dirci. All'inizio la guerra si manifestò da noi soprattutto come un racconto che giungeva da lontano e VERDETÁ n° 84 | 31


sembrava non riguardarci più di tanto. Erano le parole sconcertate, deluse, preoccupate, queste per nulla retoriche, di militari che rientravano dai fronti del conflitto e che poi le loro mamme narravano a mamma Armellina, quando venivano in visita alle tombe dei propri cari. La minaccia si avvicinava sempre più e le parate mostrarono presto l'altra faccia della falsità, trasformandosi in tragedia. Tutto cambiò anche per noi. Fare il custode in cimitero, in tempo di guerra, richiedeva un impegno particolare, per garantire un umano e cristiano rispetto dei morti e anche per affrontare i voleri dei padroni di turno. Quando apparvero i tedeschi, duri, alteri, c'era poco da discutere. Anche loro organizzavano i funerali in cimitero per i propri caduti. Pochi giorni prima della fine, nell'aprile del 1945, dentro le casse ci mettevano i sassi per fingere la morte di importanti ufficiali e coprirne la fuga. Io, Giuseppina senzapaura, vi racconto questa storia non per parlare di me, di papà Gildo o di padre Cesario, ma per dirvi cosa accadde la mattina di domenica 11 febbraio 1945. Se andate sull'ingresso del camposanto c'è una lapide che lo ricorda. Ventitrè partigiani, portati lì dal carcere di via Spalato, dov'erano rinchiusi, vennero fucilati. Io stavo dormendo, in casa, a poche decine di metri, con mamma, papà, mia sorella Gina. Udimmo una scarica di armi automatiche, poi un momento di silenzio e alcuni colpi di pistola di chi li stava finendo. E una voce si levò nitida, in italiano: “Comandante, ora possiamo stappare la bottiglia”. I fascisti autori del massacro bevvero il cognac e imposero poi a papà di lasciare i corpi come stavano, di non identificarli, di seppellirli in una fossa comune. Non avevano però fatto i conti con quelli del cimitero di Udine. Dentro quelle mura noi, durante il ventennio (come chiamano il periodo della dittatura), non avevamo rinunciato alla libertà, costi quel che costi. E così, assieme a crocerossine, parroco, sacrestano, necrofori, agimmo, accogliendo le mamme, le spose, le sorelle, dando ai ragazzi uccisi una giusta sepoltura. I tedeschi sbraitarono, minacciarono, ma in qualche modo riuscimmo a salvare papà e padre Cesario dalla deportazione. lo qui mi fermo. Sono una donna degli anni Venti, quella generazione che, tra lavoro e sacrifici, non ha 32 | VERDETÁ n° 84

potuto studiare o informarsi molto, ma alcune cose precise le so. E dico a voi tutti: approfondite sempre, informatevi, non fatevi ingannare, riflettete, non siate dei creduloni. Ora e mai. Vi parlo dal luogo dove sono nata. Ho avuto la fortuna di decidere da sola quando fare il breve tratto di vialetto dalla nostra casa alla tomba, dove sono accanto al mio Dino. E' successo domenica 4 febbraio 2018, poche ore dopo che, davanti al portone del cimitero, si era tenuta come ogni anno la cerimonia a ricordo dei 23 ragazzi uccisi. Ho ascoltato le parole dei discorsi, a chi me lo chiedeva ho narrato ancora una volta cosa avvenne quella mattina, poi mi è stato naturale tornare per sempre dentro la libertà che avevo conosciuta da bambina, protetta dalle mura, nel mio giardino segreto. Così sono diventata anch'io una foto e una scritta su una lapide. Ho agganciato con serenità l'ultimo anello della mia catena e ora mi fido di voi... Sappiate che noi partigiane siamo anche silenziose, un po' defilate, non sempre imbracciamo le armi, ma resistiamo. Ci siamo. Senza paura. Racconto tratto da una storia vera.


PIÙ AMICIZIA CON I VIAGGI VIVI LA VITA ALLA SCOPERTA DI UN MONDO PIENO DI INCONTRI E PIACERI VERDETÁ n° 84 | 33


SALUTE

Dietologia

I PISTACCHI: AMICI O NEMICI? LUCA LOTITO, Biologo Nutrizionista

I pistacchi sono il frutto di una pianta caducifoglia originaria dell'Asia Minore che fruttifica due volte l'anno. Furono introdotti nei paesi dell'area mediterranea un secolo prima dell'era cristiana. Sono spesso venduti tostati, eventualmente salati, ancora nel guscio. Nel caso fossero sgusciati è bene acquistarli in confezioni in vetro sottovuoto o in scatola per esser certi della loro freschezza. Le cucine mediterranee e orientali riconoscono ai pistacchi un ruolo importante e hanno studiato abbinamenti per esaltarne gusto e proprietà. Si abbinano perfettamente con cibi salati quali: mortadella, speck, pancetta, guanciale, gamberetti, salmone, tonno, ma anche con dolci e frutta tipo ricotta, cioccolato, miele, caffè, frutti 34 | VERDETÁ n° 84

rossi, fragole, agrumi, cocco, datteri, albicocche, uvetta sultanina, gelato al cioccolato (bianco o fondente), al gianduia, alla nocciola, al lampone e alla fragola. Tra le spezie più compatibili con il pistacchio annoveriamo soprattutto il cardamomo, lo zafferano, il pepe rosa, il sesamo, il curry e la paprika dolce. Anche i gusci del pistacchio possono essere riciclati come ottimo concime organico. I pistacchi consumati senza eccessi in un regime dietetico ipocalorico sono anche un ottimo spuntino, poiché possiedono varie proprietà benefiche per la salute. L’Organizzazione Mondiale della Sanità consiglia di mangiare non oltre 30 gr di pistacchi al


giorno e chi soffre di cardiopatia o insufficienza renale dovrebbe evitare il consumo di pistacchi salati. Anche chi è in sovrappeso deve limitarne il consumo e bisogna accertarsi di non essere allergici al frutto, pur presentando essi stessi un minore potere allergenico rispetto ad altre noci. Vediamo un pò di scoprire quali vantaggi offre un adeguato consumo di questo “oro verde”. Partiamo dall’elevato contenuto in fibre e in proteine e dalla consistenza solida del frutto che consentono di allungare i tempi di masticazione garantendo un maggiore senso di sazietà. Ciò li rende utili per colmare il senso di fame che ci può cogliere a metà mattina o pomeriggio o dopo cena davanti alla tv. La presenza di fibre aiuta inoltre a migliorare la funzionalità intestinale, previene la stitichezza e aiuta a tenere sotto controllo i livelli di colesterolo nel sangue. A quest’ultima funzione contribuiscono anche gli acidi grassi mono e polinsaturi che favoriscono anche una buona salute cardiovascolare. Inoltre, ferro, vitamina B6, acido folico sono tutte sostanze importanti per accelerare il metabolismo e di conseguenza stimolare il dimagrimento. La presenza dei minerali è utile per contrastare l’affaticamento muscolare e fisico, per tale motivo diventano un ottimo spuntino sia prima che dopo l’attività fisica. Il fosforo, un minerale che contribuisce ad accrescere la tolleranza del glucosio all’interno dell’organismo, diminuisce il rischio di diabete mellito di tipo 2. La presenza di antiossidanti e vitamina E

conferiscono protezione efficace contro i radicali liberi, proteggendo la pelle dai raggi UV, rallentando l’invecchiamento, oltre ad esercitare un’azione protettiva verso il fegato. La vitamina E e l’elevato contenuto di minerali contrastano la secchezza dei capelli. I pistacchi apportano benefici anche alla vista perché ricchi di carotenoidi, luteina e zeaxantina che riducono il rischio di contrarre patologie tipiche dell’età avanzata. Contengono rame, fondamentale per l’assorbimento del ferro, quindi sono ottimi per prevenire l’anemia. La presenza di potassio, calcio, rame, zinco e ferro e delle vitamine del gruppo B ha azione benefica sulla salute di ossa e denti. In conclusione il pistacchio è un alimento ad alto potere nutritivo che, inserito in un regime dietetico equilibrato, favorisce il dimagrimento e al contempo mantiene un elevato grado di benessere in tutto l’organismo. VERDETÁ n° 84 | 35


SALUTE Geriatria

L’UDITO: L’IMPORTANZA DI SENTIRCI BENE .... ANCHE PER SENTIRSI BENE! DOMINGA SALERNO, Geriatra

In tutto il mondo circa mezzo miliardo di persone presenta un disturbo dell’udito. Secondo l'OMS oltre il 5% della popolazione mondiale presenta una riduzione dell’udito con risvolti importanti sulla qualità della vita. La perdita dell'udito può essere congenita o acquisita, improvvisa o progressiva, temporanea o permanente, monolaterale o bilaterale, lieve o profonda. Le cause più frequenti di perdita dell'udito sono 36 | VERDETÁ n° 84

l’accumulo di cerume, l’esposizione ripetuta a rumori, le infezioni, particolarmente tra i bambini ed i giovani adulti e l’invecchiamento. Il rumore può causare una perdita dell'udito di tipo neurosensoriale, sia improvvisa che graduale. Nel trauma acustico, la perdita dell'udito deriva dall'esposizione ad un singolo rumore estremo, per esempio un'esplosione, ma il sintomo è solitamente temporaneo. La perdita uditiva può svilupparsi nel tempo


derivando da un’esposizione cronica al rumore con intensità costantemente superiore agli 85 decibel (90 decibel, ad esempio, corrispondono al suono del tagliaerba o del traffico stradale). L'ipoacusia è prevalente in oltre un terzo delle persone di età superiore ai 65 anni ed in più della metà delle persone di età superiore ai 75 anni, rendendola la malattia sensoriale più diffusa in questa popolazione. La perdita di udito legata all'età è chiamata presbiacusia ed è dovuta a ridotta funzionalità delle cellule sensoriali e neuronali, probabilmente derivante dall’interazione tra l’invecchiamento cellulare del sistema uditivo e gli effetti dell'esposizione cronica a stimoli acustici sopra soglia. L'ipoacusia abitualmente colpisce dapprima le frequenze più elevate dei suoni e gradualmente si estende alle frequenze più basse; essa diviene clinicamente significativa attorno all'età di 55-65 anni, talvolta anche prima. La perdita di udito sulle frequenze elevate influisce significativamente sulla comprensione della conversazione. L’ipoacusia negli anziani deve essere valutata dal medico e non attribuita semplicemente all'età. I pazienti anziani spesso possono avere una patologia neurologica o autoimmune oppure semplicemente una perdita dell'udito facilmente correggibile (il cosiddetto tappo di cerume, ad esempio). I farmaci ototossici, ad esempio alcuni antibiotici, possono causare ipoacusia neurosensoriale, alcuni farmaci possono provocare anche tossicità vestibolare portando a sindromi vertiginose associate ad aumentato rischio di cadute. Alcune semplici domande al momento dell’anamnesi possono indirizzare il medico alla diagnosi, ad esempio “Ha difficoltà ad udire quando qualcuno bisbiglia? Un problema di udito le causa difficoltà ad ascoltare la televisione o la radio?”. Durante la visita è importante indagare sul momento dell’insorgenza del disturbo, la durata, se è unilaterale o bilaterale e se i suoni risultano distorti, ad esempio se la musica risulta ovattata o se il paziente fa difficoltà a distinguere le parole. Importanti sintomi di accompagnamento sono rappresentati da dolore alle orecchie,

acufeni, eventuali secrezioni o sintomi quali il disorientamento nel buio o le vertigini o ancora sintomi neurologici quali il mal di testa, un senso di debolezza o asimmetria del viso, un’anormale percezione del gusto, oppure la sensazione di pienezza auricolare. Studi recenti suggeriscono che la perdita dell'udito negli anziani può facilitare l’insorgenza di disturbi della sfera cognitiva che potrebbero invece beneficiare, da subito, di una correzione adeguata, ad esempio attraverso l’utilizzo di protesi acustiche. L’inquadramento diagnostico e l’avvio dei trattamenti non possono prescindere dalla corretta valutazione degli impatti che la presbiacusia può avere sul benessere psicofisico del soggetto anziano. Domande quali “Un problema di udito la mette in imbarazzo quando incontra altre persone? Un problema di udito la rende frustrato quando parla con un familiare? Lei ritiene che qualche difficoltà uditiva ostacoli la sua vita personale o sociale?”, fanno parte integrante dei questionari elaborati ad hoc per i soggetti affetti da ipoacusia. Isolamento e ritiro sociale, problemi di diagnosi differenziale con i disturbi della memoria (pseudodemenze), difficoltà nello svolgimento delle attività della vita quotidiana sono conseguenze che devono indurre i pazienti ed i familiari a non sottovalutare i sintomi e ad avviare, e mantenere, i trattamenti e le cure ad oggi disponibili. VERDETÁ n° 84 | 37


SALUTE

Psicologia

DOVE FINISCE L’IO E COMINCIA IL NOI E VICEVERSA CHIARA VOLPICELLI, Psicologa

Gli eventi più recenti hanno certamente sconvolto e toccato ognuno di noi. Prima la pandemia poi la guerra, che sentiamo quanto mai vicina, il senso di impotenza e forse di pericolo costante si insinuano in tanti. Abituati ad essere al centro del nostro mondo e a limitare il relativo confine alle nostre relazioni, eventi di questo tipo ci rammentano che siamo parte di un tutto che si muove al di 38 | VERDETÁ n° 84

là del nostro IO, che rinforza soprattutto un NOI, nel bene e nel male. NOI nel quale non sempre ci rispecchiamo completamente per scelte e per azioni (c’è chi vuole e chi non vuole la guerra) e quindi spesso diventa un NOI nel NOI. L’essere umano è costituito da parti e una di queste è narcisa, vale a dire innamorata dell’immagine che ha di se stessa, dell’idea


dei propri comportamenti, modi di fare, modi di parlare, modi di pensare. Questa parte è fondamentale perché permette di credere in se stessi, di riconoscerci autoefficaci. Quando però l’IO allarga i propri confini, ecco che il nostro mondo si ferma, smette di negoziare nelle relazioni, ascoltare e accogliere il diverso, tutto è concentrato sul proprio protagonismo. Inizia quell’insopportabile “io ho fatto, io ho detto, io ..io…io…io sono sempre disponibile a tenere i miei nipoti e tu neanche dici grazie, io devo continuare a seguire l’azienda perché mio figlio non è capace..”, si comincia a cercare il colpevole della nostra infelicità “tu hai detto che io non sono capace ad usare il computer, tu mi fai sentire inutile…”. La vita però è sempre pronta a ricordarci che le nostre esistenze sono collegate le une alle altre. Per la specie umana infatti il NOI risponde al bisogno primario di appartenenza, appartenenza che permette protezione e tutela del gruppo. La storia inoltre ci racconta che è nella cooperazione che abbiamo trovato la strategia per diventare la specie dominante del pianeta. Ecco perché troviamo soddisfazione nell’aiutare chi ha bisogno e in questo momento storico ancora di più volontariamente decidiamo di agire per rispondere alla chiamata dell’appartenenza. Che tocca da una parte le corde dell’IO - in quanto si rinforza l’idea di noi stessi come esseri in grado di generare piacere all’interlocutore - e dall’altra rinforza il NOI - perché ci sentiamo partecipativi di un gruppo, parte di un tutto in grado di incidere sul mondo, anche sulla guerra o perlomeno sulla sofferenza che causa.

Partecipare ha anche un effetto di difesa, ci permette di tollerare quel senso di impotenza e paura che gli eventi incontrollabili generano. È una strategia che, insieme ad altre, andrebbe attuata in momenti come questi. Ne suggeriamo alcune: • restare lucidi per leggere la realtà e non ancorarsi all’emotività dell’altro, anche perché se ci si lascia travolgere si diventa poco utili. • sostenere lo stato d’ansia, partendo dal presupposto che la guerra, così come la pandemia, è un evento incontrollabile, che non dipende da noi e che non possiamo controllare. • evitare overdose di notizie e scegliere pochi momenti di esposizione durante la giornata a fonti attendibili. • consapevolizzare la situazione nel qui e adesso senza mai perdere il focus dal proprio quotidiano. • sviluppare una visione, ricordandosi che il supporto che forniamo ad una persona o situazione, avrà delle conseguenze più allargate; un pò come dire “il battito d’ali di una farfalla altrove diventa uno tsunami". Chiudo ricordando una frase di Madre Teresa di Calcutta che sintetizza perfettamente l’importanza dell’IO e del NOI nel perfetto equilibrio che essi devono mantenere: “...quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno”.

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SALUTE

Erboristeria

COME REAGIRE ALLE AVVERSITÀ GRAZIE ALLE PIANTE GENNARO SPORTIELLO, Fitopreparatore

Venti di guerra, miasmi di pandemia. Credevamo che l’Europa fosse al di là del guado. Libera dalle piaghe che affliggono altri continenti. E invece no. Inquietudine, paura, pessimismo, avvilimento, si stampano sui nostri volti, scavano trincee dentro di noi. Non bastava il consueto stress da lavoro, traffico, salute. No, non bastava. Il mondo vegetale ci può dare una mano Prima di tutto ci vuole una passeggiata, immersi nella natura, dove il rumore del via vai dei motori è attutito, i cellulari spenti. Respirare a pieni polmoni e lentamente entrare in sintonia con alberi, piante, cespugli e fiori di ogni tipo. Pochi minuti e ci sentiremo più distesi e rilassati. Gli alberi ci infondono coraggio e ci guidano verso il 40 | VERDETÁ n° 84

buonumore, i fiori ci ricordano che ci sono anche cose belle nel nostro mondo, nonostante tutto. E poi è primavera. Certo la passeggiata dovrà essere ripetuta ogni giorno. O quasi. La camomilla, ovvero il coraggio nella sventura Cresce un po’ dovunque, dal mare alle zone collinari e può arrivare fino a mezzo metro di altezza. I fiori sono riuniti in capolini e da maggio in poi cominciano a fiorire. Sono la parte curativa con un’azione sedativa e antinfiammatoria. A tale effetto si aggiunge quello di ridurre la sensazione del dolore e favorire la digestione. A volte si usa piantare la camomilla nelle vicinanze di altre erbe più fragili e malaticce per aiutarle a irrobustirsi. Una volta ottenuto l’obiettivo si


rimuove, in modo che quella pianta debole apprenda a reagire alle avversità con le proprie forze. É proprio questo l’insegnamento della camomilla. Trovare la forza dentro di noi. L’iperico cacciadiavoli (fuga demonium) Comune nei boschi e nei campi incolti, ha il fusto rossiccio, con foglie ovali che nella pagina inferiore hanno dei minuscoli puntini, in realtà ghiandole che contribuiscono a produrre un olio rossiccio. I fiori gialli sono a forma di stella. Si usano soprattutto i fiori freschi che si raccolgono tra giugno e luglio. Ha un’azione antibatterica e antidepressiva. L’olio si friziona sulla pelle in caso di gonfiori, eritemi e scottature. Mentre la camomilla ci spinge a stringere i denti e non perderci d’animo, l’iperico ci aiuta a fare chiarezza. Guerra e pandemia sono minacce reali, concrete. Ma quanto ci ricamiamo sopra fino a ingigantire i problemi? Ebbene l’iperico è un toccasana per affrontare i rovelli che ognuno di noi si porta dietro. Non a caso un tempo si chiamava ‘cacciadiavoli’. Nel Medioevo si prendeva alla lettera. Allontanava diavoli, streghe, fantasmi. Ma poi si è capito che questi fantasmi non erano altro che le nostre paure che si mescolavano con le difficoltà reali, dando vita a una macedonia letale. Altre erbe contro ansia e depressione La melissa Ha un odore che ricorda quello del limone. Presente in tutta la penisola, ha foglie ovali e dentate, fiori bianchi e rossi che compaiono in estate. In erboristeria si usano i fiori e l’intera pianta seccata. Adatta a contrastare un senso di inquietudine nervosa, è da secoli utilizzata dai medici arabi per combattere ansia e depressione. La scienza moderna ha confermato le loro intuizioni. Indicata in caso di difficoltà digestive e problemi epatici, stimola la memoria e l’intelletto. La lavanda Il profumo discreto e inconfondibile e il colore gradevole dei fiori, celesti e divisi in spighe, irradiano serenità e distensione. Le foglie sono lineari, di colore verde chiaro e i fiori si raccolgono tra giugno e luglio. Impiegata da secoli come calmante, favorisce il sonno e il riposo. Contribuisce a ridurre i dolori addominali dovuti alla presenza di gas intestinali. Indicata in caso di spossatezza, ansia, insonnia. Placa cefalee,

mal di testa e vertigini, é diuretica e favorisce la sudorazione. La valeriana Pianta che può raggiungere il metro di altezza e predilige i luoghi freschi e riparati. Foglie rade e fiori riuniti, bianchi o lilla. In erboristeria si usano le radici che una volta seccate prendono un odore non proprio piacevole. Nonostante tutto è una pianta adatta a alleviare stati di nervosismo e agitazione. Calma crisi di ansia, tachicardia, senso di oppressione alla gola, spasmi dolorosi alla bocca dello stomaco. Favorisce il sonno e contribuisce a ridurre i pensieri fissi. La parola valeriana ha origine dal latino ‘valor’ che significa coraggio. É come se la pianta ci aiutasse ad andare oltre le nostre paure. Ma c’è un’altra spiegazione goliardica, in voga fra gli studenti, (almeno quelli dei miei tempi, molti anni fa). In questo caso il coraggio sarebbe quello necessario a chi volesse bere una tisana ottenuta dalla radice di questa erba, il cui fetore viene paragonato al puzzo dei calzini sporchi. Ultima raccomandazione, evitiamo il fai da te. Alcune di queste piante possono interferire con qualche farmaco. Consultare sempre un medico.

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DAL TERRITORIO

EMILIA ROMAGNA AL VIA IL CORSO DI EDUCAZIONE DIGITALE CNA PER I PENSIONATI DELL’APPENNINO Dieci pensionati seduti sui banchi di scuola. Sedici studenti di informatica a loro disposizione per dare una risposta ad ogni quesito sull’utilizzo di pc, smartphone e tablet. È partito subito col piede giusto l’altro ieri a Porretta Terme il primo Corso di educazione digitale rivolto ai pensionati dell’Appennino, organizzato da Cna Pensionati Bologna in collaborazione con l’Istituto Montessori Da Vinci. Cna Pensionati ha una lunga tradizione di Corsi di educazione digitale, ma per la prima volta il corso è stato organizzato per i pensionati che abitano nella montagna bolognese. Il corso nell’aula informatica dell’Istituto Montessori Da Vinci è stato è stato effettuato fra aprile e maggio. Docenti gli studenti del terzo e quarto anno dell’Istituto Tecnico, indirizzo informatica e telecomunicazione.

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I giovani che insegnano one-to one ai senior, un’inversione generazionale che per Cna Pensionati è ormai diventata una pratica consolidata in corsi che si focalizzano sugli utilizzi ormai fondamentali anche per i pensionati: come si videocomunica con amici e parenti, come si ordinano beni e servizi on line, come ci si collega con Spid a tutto l’universo della pubblica amministrazione digitale a partire dal Fascicolo Sanitario Elettronico. E come ci si può difendere dalle truffe informatiche che purtroppo non stanno risparmiando nemmeno il mondo dei più anziani “Siamo molto soddisfatti di come si è svolto questo nostro corso che per la prima volta è uscito dai confini del Comune di Bologna – commenta Marisa Raffa, Segretario Cna Pensionati Bologna - Gli studenti del Montessori Da Vinci sono subito entrati in empatia coi nostri pensionati, non c’è stato bisogno di presentazioni, ognuno ha ‘adottato’ il proprio senior e si sono messi immediatamente al lavoro. I nostri pensionati


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della montagna hanno subito mostrato interesse e per partecipare sono arrivati non solo da Porretta ma anche da altri Comuni montani quali Gaggio Montano, Vergato, Castel di Casio”. “È stato un bel successo grazie ad un’ottima collaborazione con l’Istituto – aggiunge Marco Gualandi, Vicepresidente Cna Pensionati Bologna - Lo aspettavamo da tre anni questo corso, poi con la pandemia lo abbiamo dovuto rinviare perché lo volevamo fare in presenza, essendo la prima edizione. È molto rilevante che un corso digitale per senior venga fatto in Appennino, un territorio che soffre del digital divide, mentre al contrario il digitale qui sarebbe utilissimo per accorciare distanze che inevitabilmente sono considerevoli in montagna”. “Mi sono davvero emozionata quando ho visto finalmente seduti insieme studenti e senior, era da tanto tempo che stavamo progettando il corso con Cna Pensionati – spiega Luisa Macario,

Dirigente scolastico dell’Istituto Montessori Da Vinci - Sono rimasta molto colpita dall’approccio umano che si è creato tra studenti e pensionati, la distanza generazionale si è immediatamente accorciata, con uno scambio reciproco di emozioni. Gli studenti si sono sentiti gratificati nel loro ruolo di ‘docenti’: alle ragazze e ai ragazzi bisogna dare fiducia, dare loro responsabilità e loro ti daranno soddisfazioni”. “Ho preparato i miei studenti spiegando loro che dovevano innanzitutto ascoltare e capire ciò di cui i pensionati avevano bisogno dal punto di vista digitale – conclude Gianni De Santis, docente di informatica all’Istituto Montessori Da Vinci – In un rapporto one-to-one come prevede questo corso, bisogna inizialmente sapere rispondere alle domande che vengono fatte al momento. Poi si crea la lista dei fabbisogni, l’obiettivo finale resta quello del superamento del digital divide per chi ha raggiunto la cosiddetta terza età”. VERDETÁ n° 84 | 43


DAL TERRITORIO

SICILIA LA LEGGE QUADRO SULL'ARTIGIANATO SICILIANO Le grandi conquiste non vengono mai da sole, sono sempre il frutto di anni di lotte e rivendicazioni e la legge che nel 1986 disciplinò l'Artigianato in Sicilia non fu l'eccezione, ma fu invece uno degli esempi più significativi di come l'iniziativa sindacale raggiunge risultati quando è ben organizzata e si fonda sulle giuste motivazioni. L'Italia una legge per la tutela degli artigiani la aveva già, era datata 1956, ma non si dimostrò all'altezza del compito: disciplinare e promuovere l'Artigianato in Italia. "La Legge n. 860/56 sarebbe dovuta essere alla base del rilancio dell’artigianato. Istituiva, ad esempio, la Commissione Provinciale per l’Artigianato, che avrebbe dovuto rappresentare e tutelare la categoria, ma secondo il Cavalier Biagio Messina, questa legge, “si dimostrò poco versatile e favorevole nei confronti degli artigiani”. Negli anni '70 comunque andava rinvigorita la normativa di settore, così ripresero le iniziative per arrivare ad una nuova legge. "Non fu per niente facile” racconta il Cavalier Messina “dopo un sofferto e lungo iter burocratico, ostacolato da

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certe componenti economiche, veniva approvata in Italia la Legge Nazionale sull’Artigianato n. 443, l’8 agosto 1985, una legge che ha cambiato il volto dell’artigianato." L’Artigiano diventava impresa a tutti gli effetti, assumendo la figura giuridica dell'impresa e mantenendo la caratterizzazione legata alla sua figura. L'Albo assumeva piena operatività e venivano introdotti nuovi strumenti e nuove opportunità a partire dalla qualifica per finire alle agevolazioni. La legge definiva una cornice giuridica che era recepita e riempita di contenuti dalle singole Regioni. La Regione Siciliana però si mostrò distratta al recepimento della Legge. “Con quella proposta di legge la categoria si batteva per difendere gli interessi degli artigiani - continua Messina - e di certo non potevamo arrenderci. Decidemmo di scrivere delle proposte da presentare al Governo regionale e alla commissione che stava discutendo la Legge Quadro per l’Artigianato approvata dallo Stato. Volevamo dare all’Artigianato Siciliano una legge moderna, anche a seguito dell’evolversi delle nuove tecnologie e per essere sempre più competitivi con le altre regioni del nostro paese”. Per il Cavalier Messina “La Regione Sicilia non doveva rimanere ultima, soprattutto sull’istruzione professionale che doveva essere interpretata con senso di responsabilità, per poi alla fine, emanare una legge funzionale, sia sul fronte della scuola dell’obbligo, sia su quello dell’apprendistato artigiano”. Le legge però procedeva lentamente. “Decidemmo allora di organizzare una grandissima manifestazione per far sentire la voce degli artigiani”. Il 14 Novembre 1985 fu indetta una grandiosa manifestazione unitaria, capitanata da CNA, la delegazione presente più grande. Alla manifestazione parteciparono oltre 10.000 artigiani che sfilarono per le strade di


DAL TERRITORIO

piazza gremita di persone – continua Messina - eravamo più di 10.000 artigiani ed ognuno di noi era lì perché credeva fermamente nel valore dell’artigianato siciliano, eravamo lì per far valere i nostri diritti, come protesta, e per far approvare la legge regionale n. 3 del 18/02/1986, che fu poi finalmente sbloccata e approvata”. Un avvenimento che appartiene certamente alla storia della Sicilia e che è stato una grande conquista che ha permesso all’impresa artigiana di svilupparsi, attrezzarsi e mettersi al passo con le più sofisticate tecnologie del tempo, che apportò grandi novità sui limiti dimensionali dell’impresa artigiana, sul credito e sull’apprendistato. “Siamo riusciti a raggiungere alti traguardi, proprio perché il nostro impegno è stato costante e perseverante, non ci siamo arresi e siamo intervenuti con energia perché speravamo fermamente in un futuro migliore di crescita e sviluppo della categoria artigiana” – conclude Messina.

SOLUZIONE DEI GIOCHI DI PAG. 49

Palermo. “Un avvenimento incredibile – aggiunge - come capita spesso in queste occasioni, si formò una delegazione per incontrare il Presidente e di questa delegazione facevo parte anche io. Una volta arrivati, andammo a parlare con il Presidente della Regione di allora, Rosario Nicolosi. Era un presidente che non guardava con particolare interesse la categoria degli artigiani. Capimmo subito che ci trattava con circostanza, così ricordo di averlo invitato a guardare la manifestazione che era sotto il palazzo. Dopo diverse insistenze finalmente si affacciò alla finestra per vedere con i propri occhi la quantità di persone che era venuta a difendere la propria categoria”. “Ricordo che il Presidente della Regione restò sorpreso e sbalordito nel vedere tutta quella gente, una

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LETTERE AL DIRETTORE

S

ignor Direttore, buongiorno. Sono un pensionato (dal settembre 2020). Ho ricevuto solo oggi, 06 aprile, il n. 83 di febbraio della Vs. rivista (anzi a tal proposito vorrei chiedere se è possibile riceverla o scaricarla in formato digitale sia per i tempi che per Vs. risparmio di carta e di spese postali). Vorrei chiedere che cosa intende con "Le nostre simulazioni hanno dimostrato che il beneficio ha riguardato tutta la nostra base associativa, anche se con percentuali molto contenute" riferito alla legge di stabilità. Essendo stato fino a qualche mese fa un insegnante di scuola primaria non ho tanta familiarità con alcuni termini tecnici e quindi ho pensato che benefici volesse dire vantaggi. Se ho inteso male mi spieghi meglio perché nei miei cedolini (e anche sul c/c postale su cui mi viene accreditata la pensione) mi risulta un aumento dell'importo lordo della mia pensione mensile di +37.06 € (2230.05 € anziché 2192.99 €) ma una riduzione di -14.53 € (1646.96 € anziché 1661.49 €) dell'importo netto. Grazie Luigino Raso ----------------------------------------Buongiorno Luigino, grazie per la segnalazione. Il tema dei ritardi nel recapito e dei costi è oggetto di discussione da tempo con Poste Italiane. Ultimamente il costo della carta, in particolare, ma anche quello dei trasporti ha inciso notevolmente. Purtroppo non tutti i nostri associati sono in grado di ricevere la rivista in formato digitale, ma ci stiamo organizzando per predisporne una copia integrale da mettere sul nostro sito ed inviare il link agli associati di cui abbiamo l’indirizzo mail. Purtroppo sono molto pochi quindi saremo costretti ancora all’invio della copia cartacea. Per quanto riguarda il quesito sul fisco il nostro esperto ritiene che sia molto probabile che il problema possa essere legato al passaggio dalle detrazioni per famigliari a carico insieme agli assegni famigliari, all’assegno unico previsto dalla recente riforma. Una risposta più precisa necessita 46 | VERDETÁ n° 84

della lettura del suo cedolino di pensione, quindi se volesse approfondire la questione la invito a rivolgersi all’ufficio CNA pensionati della sede CNA più vicina a lei facendo visionare la stessa.

B

uongiorno Filippo, sono una pensionata di Viterbo iscritta alla CNA Pensionati da diversi anni. Un anno fa ho perso mio marito e purtroppo i miei due figli hanno trovato lavoro in altre città, visto che a Viterbo non trovavano nulla. Io sono in buona salute anche se ormai sono vicina agli 80 e cerco di fare tante cose per tenermi occupata. Però in questo momento sto facendo sempre più fatica ad alzarmi dal letto e darmi da fare, mi sento sola e la casa è troppo vuota. Secondo lei Direttore come posso superare questo senso di solitudine e di apatia? Paola ----------------------------------------Cara Paola, intanto grazie per aver creduto nella nostra associazione. Mi dispiace molto per la sua perdita, so che niente potrà mai attenuare il suo dolore ma da parte mia sento di poterle dare un consiglio che potrebbe aiutarla a sentire di meno la sua solitudine. Sto parlando della possibilità di prendersi cura di un animale domestico e, visto che mi dice essere in buona salute, le consiglierei un bel cane. Io stesso ho avuto modo di “provare” quanto un cane (nel mio caso due, di mia figlia che vive con me) possa essere affettuoso e di compagnia. Passa il tempo con te e sembra davvero capire quello che gli dici. Inoltre, è bello vederlo scodinzolare in attesa di essere portato fuori, cosa che, tra l’altro, essendo lei in buona salute, è molto utile per uscire a fare passeggiate. Spero di aver almeno suscitato una sua riflessione e le auguro ogni bene. Filippo


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IL LIBRO DEL MESE

LA CITTÀ DEI LADRI Una storia ambientata a San Pietroburgo assediata dai tedeschi nell’inverno del 1941 con scarsità di cibo e tanto, tanto freddo. Ma nonostante la drammatica situazione David Benioff scrive la vicenda con humor e leggerezza. Protagonisti due ragazzi: uno ha 17 anni, ebreo figlio di un intellettuale punito dal regime sovietico, bassa statura, naso grosso, piuttosto timido, insomma bruttino; l’altro ha 20 anni alto, biondo, occhi azzurri, chiacchierone, spavaldo, bello e con grossi guai con l’esercito sovietico che lo considera un disertore. Insieme escono dalla città, attraversano le linee nemiche e vanno verso le campagne, alla ricerca di una dozzina di uova poiché a Pieter (cosi la chiamano San Pietroburgo) non si trovano proprio. Sono “comandati” per tale missione da un alto ufficiale dell’esercito russo che vuole sia fatta una torta nunziale come si deve per il matrimonio di sua figlia. Tante imprevedibili pericolose situazioni e incontri, trai quali la sorprendente Vika. L’incipit del romanzo descrive gli originali, fortissimi e deliziosi i nonni dell’autore, dai quali scaturisce il racconto. Immigrati russi in America che, alla fine della loro vita lavorativa, venduta la loro piccola attività, come da tradizione si sono trasferiti in Florida dove hanno comprato una casa sulla scogliera del golfo. Lui gioca a scacchi online con gli amici, lei, stufa di stare ferma, trova un lavoro presso l’università di Sarasota dove insegna letteratura russa ad alunni abbronzati, intimoriti dal suo sarcasmo e stupiti dalla sua ferrea memoria dei versi di Puskin. Alla sera cenano sul terrazzo, bevono qualche bicchierino di vodka e dormono con le finestre aperte: non hanno paura 48 | VERDETÁ n° 84

dei ladri. Hanno deciso che niente può ucciderli se non Dio, e comunque non credono nemmeno in lui. (AM) David Benioff è anche l’autore della “Venticinquesima ora” il suo primo romanzo dal quale è tratto il film con l’omonimo titolo di Spike Lee.


CRUCIVERBA A CHIAVE 1

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Nelle due colonne bordate leggerete il titolo di un film di Sidney Lumet (2 5 7 5 2 5). ORIZZONTALI: 1. Formano lo scheletro - 5. Non saputo - 13. Premio per attori e registi - 18. Suddivisioni militari - 19. Donne in convento... ma senza voti - 20. Simbolo del cobalto - 21. L’universale... dell’arca di Noè - 23. Lati di triangoli rettangoli - 24. Il centro di Riga - 25. Sfacciato e arrogante - 27. Ragazza che cuce - 29. Iniz. di Altman - 30. Si mangiano imbottiti - 31. Molto ampi - 33. Velocità (abbrev.) - 34. Contrassegnata come l’auto - 35. Richiesta di aiuto - 37. Asini - 38. Mostra di artista - 40. Squadra calcistica di Bergamo - 41. Messi in funzione - 43. Inizio di scuola - 44. Buono e comprensivo - 45. Principio d’economia - 47. Verme solitario - 50. Il lavoro provvisorio - 53. Tatum attrice - 54. Il centro di Verona - 55. Un alcol - 56. Iniz. della Milo - 57. Cadono dal cielo - 59. Guardati... dal medico - 61. Centro Sportivo Italiano 62. Tessuto poroso per accappatoi - 63. Lo consulta il cuoco - 65. Componimento in versi - 66. Agnese attrice - 67. Entrano nelle scarpe - 68. Dono senza pari. VERTICALI: 1. Privo di luce - 2. Un gioco di carte - 3. Marchese scrittore - 4. Muoversi scompostamente - 6. Il nome della De Sio, attrice - 7. Il numero più alto nella tombola - 8. Onorevole in breve - 9. Città... de Janeiro - 10. Infuocato - 11. Si mangia farcito - 12. Grave offesa - 14. Pubblicazioni periodiche - 15. Verso di grillo - 16. Iniz. di Stradivari - 17. Mancia, omaggio - 22. Cetaceo fluviale - 24. Immobile... come un gas - 26. Falde di cappelli - 28. Il nome del cantautore Fossati - 30. La mitologica Sirena innamorata di Ulisse - 32. Presi in attenta considerazione - 34. Copertura di casa - 36. Stappate - 38. Alimento quotidiano - 39. Il nome di Banfi - 40. Un acido - 42. Sigla su autotreni - 43. Messi ad asciugare - 46. Autocarro - 48. Dava ordini ai ras - 49. Il nome della Seredova - 51. Città calabrese sulla costa ionica - 52. Pronome... per loro - 57. Un’arte del ‘900 - 58. Indica uguaglianza - 59. Parteicella nobiliare olandese 60. Fa vedere rosso - 64. Anno Domini.

LA SEQUENZA La vignetta è stata fotografata in quattro momenti successivi mentre il disegnatore la stava ultimando. Sapete dire qual è l’ordine esatto?

SOLUZIONI DEI GIOCHI A PAG. 45 ??

GIOCHI TRATTI DAL MENSILE

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PANTERE GRIGIE PIETRO ROMANO

POVERI ENERGETICI, OLTRE AL DANNO LA BEFFA Al nostro presidente del Consiglio, Mario Draghi, qualche consigliere dovrebbe rammentare che per tantissimi italiani la prossima estate la scelta non sarà tra pace e aria fresca (da condizionatore o ventilatore) ma tra caldo e caldo. Così come, per il prossimo inverno, l’alternativa non sarà tra pace e aria calda (da calorifero o stufa o camino) ma tra freddo e freddo. Soprattutto se gli italiani in questione hanno raggiunto l’età della pensione. Semplicemente perché in un caso o nell’altro non riusciranno a permettersi l’agognata modifica della temperatura. Sono andati a ingrossare le fila dei “poveri energetici”. A differenza di quanto si sente di solito dire anche nei più importanti telegiornali (ma lo stesso vale per i giornali radio, per i quotidiani, per i siti) il fenomeno non è nato con l’invasione russa dell’Ucraina, ma data molto di più. E’ perlomeno dal terzo trimestre dell’anno scorso che i costi energetici (e di molti servizi) sono andati alle stelle. Ora questo fenomeno si è solo aggravato aggiungendo all’impennata dei prezzi anche la penuria del prodotto che per la regola della domanda e dell’offerta sta comportando ulteriori aumenti. Le sue cause sono numerose e non si possono affrontare in questo spazio ridotto ma la conseguenza per il consumatore finale è, appunto, una spiacevolissima… conseguenza. Una recente indagine (condotta da un sindacato dei pensionati) ha segnalato che gli ultra 65enni i quali rischiano di non potersi permettere energia elettrica, riscaldamento, acqua sono ormai quasi la metà del totale. Al 15 per cento circa che già soffriva questa condizione se ne è aggiunto un 30 per cento e più che la rischiano. Certo, c’è da rilevare che i bonus sociali decisi dal governo stanno attenuando questa condizione ma senza riuscire a combatterla efficacemente. Non arrivano a tutti coloro che ne hanno realmente bisogno. Non riescono a tenere dietro i rincari. E chi vive con una pensione artigiani (o dall’importo più o meno equivalente) sa che cosa significa questa situazione. Sentirsi quasi dare del guerrafondaio - perché desidera vivere un po’ meglio dopo una vita di lavoro e dovendo affrontare, si presume, acciacchi e più gravi malanni – non è una beffa, è quasi un affronto.

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LE SEDI CNA PENSIONATI Sedi Regionali

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VAL D'AOSTA-Aosta PIEMONTE-Torino LIGURIA-Genova LOMBARDIA-Milano FRIULI V.G.-Udine VENETO-Marghera EMILIA R.-Bologna TOSCANA-Firenze MARCHE-Ancona UMBRIA-Perugia LAZIO-Roma ABRUZZO-Pescara MOLISE-Campobasso CAMPANIA-Napoli PUGLIA-Bari BASILICATA-Potenza CALABRIA-Catanzaro SICILIA-Palermo SARDEGNA-Cagliari

Corso Lancieri di Aosta 11/F Via Andrea Doria 15 Via San Vincenzo 2 - 1° piano Via Marco D'Aviano, 2 Via Verona 28 int. 1 Via della Pila 3/B-1 Via Rimini 7 Via Luigi Alamanni 23 Via Sandro Totti 4 Via A. Morettini 7 Viale Guglielmo Massaia 31 Via Cetteo Ciglia 8 C.da Colle delle Api - Z.I. Via G. Porzio 4-C. Dir. ISOLA G 8-13° p. Via Nicola Tridente 2/Bis Via Isca del Pioppo 144 - Pal. Pino Via Lucrezia Della Valle 19 - II° piano Via Francesco Crispi 72 Viale Elmas 33

11020 10123 16121 20131 33100 30175 40128 50123 60124 06128 00154 65128 86100 80143 70125 85100 88100 90133 09123

0165-31587 011-5541811 010-5959171 02-36512030 0432-616911 041-921715 051-2133211 055-212121 071-286091 075-5009056 06-570151 085-4326919 0874-482021 081-7501065 080-5486931 0971-50148 0961-792484 091-582833 070-273728

Sedi Provinciali

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Agrigento Alessandria Ancona Arezzo Ascoli Piceno Asti Avellino Bari Belluno Benevento Bergamo-Gorle Biella Bologna Imola Bolzano Brescia Brindisi Cagliari Iglesias Caltanissetta Campobasso Carrara-Avenza Caserta Catania Catanzaro Chieti Como Cosenza Cremona Cuneo-Borgo S. Dalmazzo Enna Bassa Fermo Ferrara Firenze Foggia Forlì Frosinone Genova Gorizia-Gradisca d'Isonzo Grosseto Imperia-Sanremo Isernia

Via Imera 223/C Via Gramsci 59/A Via Umani 1/A - Baraccola Via Carlo Donat Cattin 129 Viale Indipendenza 42 Corso Alfieri 412 Via Serafino Soldi 9-11 Via Nicola Tridente 2/Bis Via S. Gervasio 17 Viale Mellusi 36 Via Roma, 85 Via Repubblica 56 Via Aldo Moro, 22 Via Pola 3 Via Milano 68 Via Orzinuovi, 3 Via Tor Pisana 102 Viale Elmas 33 Via Antonio Gramsci 1/3 Via Alcide De Gasperi 14 C.da Colle delle Api - Z.I. Viale G. Galilei 1/A Via Carlo Santagata 19 Piazza dei Martiri 8 Via Italia 19 Via Valera 22 Viale Innocenzo XI 70 V.le Giacomo Mancini-Pal. SOIMCO Via Lucchini 105 Via Cuneo 52/I Via Emilia Romagna 3 Via Salvo D'Acquisto 123 Via Caldirolo 84 Via Luigi Alamanni 31 Viale XXIV Maggio 44 Via Pelacano 29 Via Mària 51 Via San Vincenzo 2 (Torre S.V.) Viale Trieste 31 Via Birmania 96 Via Acquasciati 12 Corso Garibaldi 221

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L’Aquila Avezzano La Spezia Latina Lecce Livorno Lucca Macerata Mantova Matera Messina Milano Modena Napoli Novara Nuoro Tortolì-Ogliastra Oristano Padova Palermo Parma Pavia Perugia Pesaro Pescara Piacenza Pisa-Ghezzano Pistoia Pordenone Potenza Prato Ragusa Ravenna Reggio Calabria Reggio Emilia Rieti Rimini Roma Civitavecchia Rovigo-Borsea Salerno Sassari Olbia-Gallura Savona Siena Siracusa Teramo Terni Torino Trani-BAT Trapani Treviso Trieste Udine Varese Venezia-Marghera Verbania Vercelli Verona Vibo Valentia Vicenza Viterbo Viterbo

C. Dir. Strinella 88-via Pescara, 2/B Via Bruno Buozzi 31 Via Padre Giuliani 6 Viale P. L. Nervi 258/L Via Brunetti 8 Via Martin Luther King 15 Via Romana 615/P-Arancio Via Zincone 20 Via L. Guerra 13 Via degli Aragonesi 26/A Via Maddalena 108 Via Marco D'Aviano, 2 Viale Corassori 72 Corso Umberto I° 109 - 2° p. Viale Dante Alighieri 37 Via Napoli 14 Zona Industriale Baccasara Via Canalis 29 Via Croce Rossa 56 Via Rosolino Pilo 20 Via La Spezia 52/a Viale Montegrappa 15 Via A. Morettini 7 Via Degli Abeti 90 Via Cetteo Ciglia, 8 Via Coppalati, 10 (Loc. Le Mose) Via Carducci 39 Via Enrico Fermi 2 Via Nuova di Corva 82 Via Isca del Pioppo 144/A Via Zarini 350/C Via Psaumida 38 Viale Randi 90 Via Nicolò Da Reggio 7 Via Mameli 15/G Piazza Cavour 54 P.le Leopoldo Tosi 4 Viale Guglielmo Massaia 31 Via Togliatti 7 Via Alleati Combattenti d'Europa 9/D Corso Vittorio Emanuele 75 Z.I. Predda Niedda Nord Str. 18 BIS Via Vittorio Veneto 15 Via Paleocapa 22/8 Via delle Arti, 8 Via Carso 33 Via Francesco Franchi 25/B Via Lungonera Savoia 126 Via Millio 26 Via Piccinni 4 Via Venere 20 Viale della Repubblica 154 Piazza Venezia 1 Via Verona 28 int. 1 Via Bonini 1 Via della Pila 3/b-1 Via San Bernardino 31/c Via Guicciardini 20 Via Perlar 12 Via P.E. Murmura 56 Via G. Zampieri 19 Via I° Maggio 3 Via I° Maggio 3

67100 67051 19125 04100 73100 57128 55100 62100 46100 75100 98122 20131 41124 80138 28100 08045 08048 09170 35129 90139 43100 27100 06129 61100 65128 29100 56010 51100 33170 85100 59100 97100 48100 89128 42123 02100 47923 00154 00053 45030 84123 07100 07026 17100 53100 96100 64100 05100 10141 76125 91100 31100 34123 33100 21110 30175 28922 13100 37100 89900 36100 01100 01100

0862-61750 0863-414499 0187-598080 0773-605994 0832-256117 0586-267511 0583-4301100 0733-27951 0376-368742 0835-387744 090-661848 02-26142543 059-7476771 081-455165 0321-399564 0784-200264 0782-622913 0783-211188 049-8062211 091-6110688 0521-227211 0382-433111 075-505911 0721-4260 085-8430880 0523-572230 050-876111 0573-9211 0434-598141 0971-50148 0574-5784 0932-686144 0544-298511 0965-22853 0522-356488 0746-251082 0541-760211 06-570151 0766-546882 0425-21413 089-2583108 079-262751 0789-26910 019-801942 0577-260511 0931-64299 0861-23941 0744-206711 011-19672111 0883-480171 0923-593221 0422-3155 040-3185511 0432-616911 0332-285289 041-925925 0323-52385 0161-251687 045-4951425 0963-592429 0444-569900 0761-303312 0761-2291

Sedi ESTERE

Sedi ESTERE

Germania Colonia - Burgmauer 18 – 50667 GERMANIA (EE) - Tel 0049.221124761 Germania Mannheim - Augusta Anlage 10 - Tel. 0049.62216530968 Germania Solingen - Talstrasse 3 – 42697 GERMANIA (EE) - Tel. 0049.2123803240 Svizzera San Gallo - Unterer Graben 1 – 9000 SVIZZERA Tel. 0041.712237692 Francia Nizza - Rue Michel Ange 12 – 6100 FRANCIA Tel. 0033.981108543 Belgio Liegi - Chaussee Churchill 81 – 4420 BELGIO - Tel. 0032.42356700 Spagna Alicante - Plaza San Cristobal 2, Planta 1 , Puerta 1 03002 Alicante (Spagna). Tel. 0034.865716972

Australia Sidney Wollongong Coolatai Cescent 1 – 2176 - AUSTRALIA - Tel. 0061.287860888 Australia Melbourne - Grantham ST 57 – 3055 AUSTRALIA - Tel. 0061.393879126 Canada Toronto - 654 Bloor ST. Mississauga - Canada - Tel. 0019.058503611 USA New York - Myrtle Avenue – Glendale 65-54 – 11385 STATI UNITI - Tel. 001.7183865212 Brasile San Paolo - Av. Sao Luiz 50 - 2 Andar CJ 21-A - Brasile - Tel. 0055.1132562455 Argentina Buenos Aires - Calle 45 Uff 5 B 1068 – 1900 ARGENTINA - Tel. 0054.2214588948

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