Speciale Legami

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Periodico del Centro diurno del Mendrisiotto .. N°1 2022 .. Via
Bossi 11, 6830 Chiasso
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Editoriale pag.2 Rapporto di attività pag.3 Distacco pag.10 Natale a Mendrisio pag.11 Natale Insieme pag.12 Capodanno pag.13 Battito di tempo pag.14 Uscita a Tesserete pag.15 Tra passato e presente pag.16 Belle arti pag.17 Manicomi pag.19 Manicomi (canzone) pag.20 In cammino pag.21
legame pag.22
rete forte pag.23
e senso di appartenenza pag.24
’eredità di Salem pag.25 Abbandono pag.26 Intervista a pag.27 Samantha pag.30
INDICE
SPECIALE LEGAMI Il
Una
Gruppo
L

EDITORIALE

In questo primo numero del 2022, che per questioni organizzative ha tardato la sua uscita, abbiamo scelto di farci ispirare dai LEGAMI. Legami che intendiamo come relazioni, unione e possibilità di condivisione, una necessità del genere umano in quanto essere sociale che spesso è compromessa dalle vicissitudini che insieme alla sofferenza del disagio spesso portano anche il dolore del distacco di persone che ritenevamo importanti, o la difficoltà di creare nuovi legami.

Questo è uno dei motivi per cui l’aspetto comunitario dei Club terapeutici è per noi così importante e mettiamo tanta cura nel coltivare i legami e le relazioni tra le persone che ne fanno parte. Questa cura avviene per noi nello scambio che diventa sostegno reciproco, possibilità d’incontro e di sentirsi compresi, nonché compartecipazione a una quotidianità necessaria o a eccezionali progetti che fanno fiorire entusiasmo e rafforzano l’unione del gruppo.

L’opportunità dei legami si espande poi oltre andando a incontrare altre persone, altre realtà più o meno simili alla nostra, altra gente: l’Altro, dove l’incontro significa intenzione e capacità di annullare le differenze o, meglio ancora, di accettarle sapendo andare oltre, rispettandole.

Questa pratica è, ancora, un impegno nei confronti di una società che troppo spesso non volge a includere le differenze e si rivela ostile con chi, per motivi diversi, è in difficoltà. Uno sguardo critico ci permette di sviluppare e dare significato al nostro senso di solidarietà, alla voglia di esprimerlo e diffonderlo perché diventi più importante delle logiche di potere e di guadagno che rendono le persone miopi, individualiste, indifferenti o intolleranti.

Recentemente abbiamo ritrovato questi concetti negli interessanti contributi che abbiamo apprez-

zato al Convegno ‘Io sono ancora qui’, organizzato dal Club ’74 in memoria di Ettore Pellandini, che alla fine degli anni ’60 è arrivato dalla Francia e, sfidando il sistema vigente, ha dato alla psichiatria pubblica ticinese la possibilità di evolversi, aprendo le menti oltre alle porte, e di procedere nel suo processo di umanizzazione restituendo la parola e con essa la dignità alle persone che, in quanto diverse, venivano, all’epoca, segregate.

Prima della stampa di questo numero del Menestrello abbiamo partecipato anche al Mad Pride a Berna, alla sua seconda edizione in Svizzera. Anche questa è stata un’ottima occasione di ribadire parte dei concetti che ci contraddistinguono, sfilando festosamente nelle strade per dire che la sofferenza psichica non deve essere un tabù né motivo di vergogna o discriminazione.

Vi parleremo di questa esperienza nel prossimo numero e intanto vi auguriamo buona lettura.

La redazione 2

RAPPORTO DI ATTIVITA’ 2021

Introduzione

Il 2021 è stato un anno particolare per la vita del Centro diurno di Chiasso. Oltre a doversi adattare agli aggiornamenti rispetto alle misure di sicurezza dovute alla pandemia in corso, vi è stata l’assenza improvvisa dell’operatrice responsabile. Questo ha comportato, durante i primi mesi dell’anno, un grande impegno e una capacità di elaborazione da parte di tutti, che abbiamo affrontato anche con dei gruppi parola specifici, per poi arrivare ad accogliere una nuova operatrice supplente a metà anno. Un grande impegno, e grandi soddisfazioni, sono stati anche legati al progetto della mostra di arte urbana Eravamo felici di ogni piccola cosa, di cui vi parliamo in seguito, insieme al resoconto delle numerose attività realizzate. Un anno, questo 2021, caratterizzato da una proficua evoluzione della collaborazione con il Servizio psicosociale di Chiasso, che si è espressa con la grande disponibilità di tutti gli operatori a proporre e condurre attività al Centro diurno. Per questo motivo il presente Rapporto di attività è redatto a più mani, con il contributo di diversi operatori e utenti che hanno promosso, condotto o partecipato ai vari gruppi ed eventi che vi presentiamo, cogliendo l’occasione per ringraziare tutti. Un ringraziamento va anche a tutti i partecipanti alla vita del Centro diurno che, ognuno secondo le proprie possibilità, contribuiscono alla buona riuscita dei progetti e all’esistenza di una realtà fonte di legami e luogo di appartenenza.

Attività creativo-manuali

GIARDINAGGIO

Anche quest’anno il gruppo giardinaggio ha potuto coltivare l’orto per produrre verdure fresche e biologiche per la cucina del Centro diurno Inoltre, nell’ottica dell’economia circolare, si è installato un compostaggio che permette di riciclare scarti vegetali e ritrasformarli in sostanze utili all’ingrasso della terra. In particolare è stata acquistata una mini serra e costruito un letturnino dove piantare fiori e insalate. In primavera sono stati realizzati due eventi in cui le persone coinvolte hanno potuto sperimentare la coltivazione da seme di fiori che in parte sono entrati a far parte della biodiversità del giardino e in parte sono stati portati a casa per abbellire i balconi delle persone.

Purtroppo una persona fondamentale per il gruppo è venuta a mancare e questo ha suscitato commozione da parte di tutti. Dopo il cordoglio iniziale il gruppo ha deciso di onorare il lavoro svolto da questa persona e di adoperarsi per proseguirlo in suo ricordo

Alessandro Guidali, infermiere SPS

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ATELIER CREATIVI

Il mercoledìì pomeriggio abbiamo scelto come attività creativa di fare “gioielli” (collane, braccialetti, orecchini) con la pasta fimo, una tecnica semplice e soddisfacente nei risultati, lasciando ad ognuno la possibilità di esprimere la propria creatività. Oltre a questo, contemporaneamente c’è chi si diletta in tornei di scala quaranta. La partecipazione è buona, attiva ed il clima sereno e di collaborazione.

Eva Riva, infermiera SPS

Dopo il risultato positivo del laboratorio di attività manuale 2020, abbiamo frequentato un corso presso i laboratori CARL dove ci hanno insegnato il metodo quilling. Attraverso la lavorazione di strisce di carta si creano piccoli oggetti decorativi. Nella riunione di comitato si è deciso di creare il cartello con il nome del bar. L’attività si svolge il martedìì pomeriggio creando un atelier di manualità e di conseguenza di convivialità. Ci si ritrova intorno al tavolone dove si sviluppano manualità fine, creatività attraverso la creazione di oggetti e contemporaneamente si favorisce lo scambio tra le persone. L’attività ha un andamento altalenante ma che comunque piace.

Marina Ianni, infermiera SPS

GRUPPO ARTE

A inizio anno vi è stata la proposta di un gruppo di espressione attraverso il disegno e la pittura. Durante i pochi incontri il gruppo ha scelto un tema sul quale ognuno era poi libero di esprimersi graficamente con diverse tecniche, per poi passare ad una condivisione, tramite restituzione verbale di quanto provato.

Ursula Rampoldi, animatrice di socioterapia

Attività ricreativo-culturali

MOSTRA

A fine 2020 abbiamo cominciato a elaborare l’idea di una mostra coinvolgendo l’artista visivo Ricardo Torres. Abbiamo quindi intrapreso un percorso sulla memoria che ci ha portato alla realizzazione di opere con la tecnica del collage, assemblando vecchie fotografie e oggetti appartenenti agli utenti coinvolti, autori della propria opera personale. La mostra intitolata “Eravamo felici di ogni piccola cosa” è un’esposizione di immagini in stile Street art affisse ai muri di case ed edifici pubblici ad Arzo, Meride e Tremona durante il Festival internazionale di narrazione, dal 19 al 22 agosto, e fino alla primavera prossima. Le opere sono accompagnate da un ascolto sonoro: le narrazioni degli autori e delle autrici delle opere, registrate ed elaborate dalla giornalista Natascia Bandecchi. Per le persone coinvolte è stata un’esperienza importante, nella sua evoluzione, nell’atto creativo e di condivisione nel gruppo, di cui siamo felici oltre che soddisfatti. L’evento è stato significativo perché ci ha permesso di essere presenti sul territorio, all’interno di una nota e ammirevole manifestazione che ha dato una buona visibilità al nostro lavoro. Nell’ottica del lavoro promosso nei Centri diurni e degli scopi dei Club terapeutici, si tratta di un’esperienza che ha permesso di creare legami, tra le persone (tra i partecipanti ma anche tra gli stessi e il pubblico) come tra il luoghi, invitando alla riflessione sulla propria preconcezione del diverso.

U.R.

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VACANZE

La consueta vacanza in montagna Interclub si è svolta dal 2 al 5 agosto nella località di Splügen (Canton Grigioni). Nonostante l’incertezza del periodo per organizzare una colonia è stata molto apprezzata da parte degli utenti dei CD che vi hanno partecipato. Anche se la situazione metereologica non era molto favorevole gli organizzatori hanno provveduto ad organizzare diverse attività tra passeggiate, piscina e una gita nella città di Coira. Il ritrovarsi con altri utenti è sempre molto apprezzato soprattutto in un periodo di chiusura come questo

Manuela Cattola

A settembre il Centro diurno è andato al mare a Rimini. Il gruppo era composto da otto utenti e due operatrici che hanno trascorso quattro giorni al mare con piccole visite nei dintorni. L’attività è stata svolta dopo una forte richiesta degli utenti a seguito del lungo periodo di chiusura e si è svolta in modo armonico e sereno. Ha dato alle persone partecipanti la possibilità di rilassarsi e di godere del piacere di visitare posti non noti. Ha permesso anche al gruppo di approfondire la reciproca conoscenza trascorrendo tempo insieme in spiaggia cosi come nei momenti conviviali del pranzo e della cena. Al rientro ci sono stati tanti spunti per attività future, è sempre forte il desiderio di fare uscite sul territorio di più giorni.

M.I.

PROGETTO FOTOGRAFICO SULLA VULNERABILITÀ

Nel corso del mese di agosto 2021 è stato costituito un gruppo parola, che si è riunito due volte per confrontarsi sul tema della vulnerabilità. I partecipanti hanno avuto modo di condividere con gli altri il proprio punto di vista sul concetto e di esprimere pensieri ed emozioni legati alla tematica. L’obiettivo di questi due incontri preliminari è stato quello di coinvolgere l’utenza, attivandone la partecipazione, per costruire insieme una rappresentazione comune sull’argomento a partire dalle esperienze e dai contributi dei singoli.

A partire da inizio settembre, si sono svolti ulteriori sei incontri destinati all’allestimento di una mostra fotografica, basata sui contenuti emersi durante i due incontri del gruppo parola. L’attività di fotografia ha permesso di attivare la partecipazione dell’utenza alla costruzione di una cultura condivisa sul concetto di vulnerabilità, nonché la messa in campo di competenze diverse da parte dei partecipanti lungo tutto il processo di definizione e di realizzazione del progetto. Esso si è concluso nella seconda metà di ottobre con la stampa di tre fotografie, che sono state esposte all’interno degli spazi del Bar Centro sociale dell’OSC durante il Convegno del 29 ottobre.

U.R. 5

USCITE

Nonostante la situazione abbia limitato le uscite e le attività organizzate durante i fine settimana e i giorni festivi, durante il 2021 abbiamo visitato diverse mostre: Da Vinci Experience a Lugano, i Capolavori della fotografia moderna al LAC di Lugano, la mostra di Massimo Lanfranconi (infermiere dell’équipe Progetti complessi OSC) a Lanzo d’Intelvi, OpenArt a Roveredo Grigioni, la mostra del Club Andromeda di Locarno al Rivellino, la Triennale tra strada e Street art a Maroggia. Oltre a ciò abbiamo organizzato delle gite durante il periodo estivo: una visita al borgo di Bordei (Centovalli) dove abbiamo anche fatto un’esperienza in un Atelier di arte terapia, e un picnic sul passo del Lucomagno. Abbiamo anche fatto qualche uscita a mangiare insieme al ristorante, anche con facendo il karaoke.

U.R.

TOMBOLA E GIOCHI DI SOCIETÀ

Il lunedì pomeriggio dalle 14 alle 16 si svolge il gruppo tombola a cui hanno partecipato quasi sempre un discreto numero di persone. Gli utenti hanno partecipato con entusiasmo e allegria per stare in compagnia e vincere un regalino. Spero di ripetere questa esperienza magari proponendo altri giochi di società.

Maria Cristina Pacini, infermiera SPS

Attività espressivo verbali

REDAZIONE

Il Menestrello è il Giornale del Centro diurno, periodico pubblicato 3-4 volte l’anno e spedito in abbonamento insieme alle pubblicazioni degli altri Club terapeutici a circa 150 indirizzi. La riunione del gruppo redazione si svolge settimanalmente, ogni martedì mattina. Da inizio 2021 si è deciso di dedicare ad ogni numero del giornale un tema particolare. Tre temi sono stati approfonditi quest’anno: le emozioni, le dipendenze e uno speciale è dedicato alla nostra esperienza vissuta durante la mostra di arte pubblica. Lo scopo del gruppo redazione è quello di dare la possibilità a tutti di esprimersi in maniera scritta sui vari temi trattati, ma pure liberamente su ciò che si vuole, condividendo von il gruppo i vari scritti durante le riunioni di redazione. Poco alla volta, il gruppo si sta allargando e nuove persone si stanno facendo coraggio a scrivere per il Menestrello.

Patrick Adro, Presidente del Club Athena

GRUPPI PAROLA CON I MEDICI

L’attività proposta è stata quella di un gruppo parola, tenutosi un venerdì al mese e della durata di un’ora. Le tematiche trattate sono state proposte dai partecipanti e di carattere generale, accessibili a tutti, abbiamo iniziato trattando ansia, attacchi di panico, angoscia fino a passare a temi meno legati alla stretta patologia quali sonno, autodeterminazione, vulnerabilità…

La partecipazione è stata attiva e il gruppo è sempre stato coeso, non vi sono state conflittualità ed è stato lasciato ad ognuno il proprio spazio e la possibilità di fornire il proprio contributo o la propria esperienza che è stata da tutti ascoltata. Il clima è stato piacevole, accogliente e di relazione con buoni scambi.

Dr.ssa Federica Rainoldi, medico SPS

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Il gruppo parola con il sottoscritto è stato effettuato dall’inizio dell’anno con l’obiettivo di creare un momento di scambio, di ascolto, di confronto ma allo stesso momento di sostegno per i gli ospiti del Centro Diurno di Chiasso. Utilizzando un setting gruppale è stato possibile affrontare temi come la descrizione delle patologie psichiatriche a temi più di attualità come le restrizioni sociali legate alla pandemia e l’impatto di queste alla salute mentale. La possibilità del gruppo di diventare un sistema atto a ricevere, a figurare ed a contenere pensieri ed emozioni ha permesso anche l’avvio di un punto riflessione sulla natura del gruppo ed i prossimi temi da affrontare, riflessione che sta portando verso un mutamento del “gruppo parola” in “gruppo fiaba”.

Dr. Ioannis Romanos, medico SPS

GRUPPO ATTUALITÀ

Il gruppo attualità, che ha lo scopo di informare e di discutere su temi di società e di cultura generale, ha potuto affrontare, con rispetto e partecipazione, le tematiche portate dai partecipanti. Il “salotto” caratterizzato da “caffè, cornetto e giornale” e stato frequentato da numerose persone che hanno potuto dibattere e confrontarsi suoi temi più disparati, contribuendo in tal modo a formare opinioni di cittadini partecipi e informati sui principali fatti di attualità.

A.G.

GRUPPO LETTURA

Il gruppo lettura intendeva essere un momento di incontro e di scambio a proposito di letture fatte dai partecipanti, in una atmosfera rilassata, conviviale e di accettazione. Lo scopo poteva essere di promuovere l’interesse a delle letture, incoraggiare a prendersi il tempo per leggere, incuriosire, scambiare informazioni, conoscersi reciprocamente. Il gruppo si è ritrovato alle 14:00 di venerdì, per un’ora circa di durata. Una persona portava una lettura, descrivendola agli altri, leggendone delle parti o tutto il testo se breve. Ci si confrontava quindi su quanto letto/raccontato. Riguardo all’andamento del gruppo, mi sembra ci sia stato un interesse limitato all’attività. Da settembre si è deciso di cambiare il format: sono ora portati solo quei romanzi brevi o composti da capitoli brevi, ossia leggibili in meno di 15 minuti che comunque si prestano ad animare lo scambio di vissuti in gruppo.

COMITATO ATHENA

TAVOLE ROTONDE

Nel 2021 ho iniziato ad effettuare dei gruppi parola sul tema delle dipendenze. La scelta dell’argomento è stata effettuata coinvolgendo i vari utenti per la scelta di un tema che fosse di interesse e condiviso. I gruppi si sono tenuti una volta al mese e nel corso dell’anno 2021 abbiamo effettuato 6 incontri. L’ipotesi di lavoro è quella di poter sensibilizzare, informare, educare al tema della dipendenza su vari ambiti ed aspetti.

La riunione di comitato del Club Athena, che si tiene ogni giovedì pomeriggio presso gli spazi del Centro diurno di Chiasso, è il momento centrale dell’intera settimana. Qui ogni persona ha l’opportunità di dire la sua, di portare delle nuove proposte di uscite o di attività. Soprattutto, in questo spazio le persone hanno l’opportunità di prendere delle decisioni, che poi verranno discusse all’interno del gruppo in maniera democratica, come ad esempio spese per le varie uscite o per l’acquisto di materiale. Qui si discute pure del programma delle attività della settimana successiva, come di tutte quelle cose utili per il buon funzionamento del Centro diurno. P.A.

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Periodicamente hanno luogo le riunioni Interclub, ovvero quelle riunioni che vedono partecipanti gli utenti e gli operatori di tutti i Club legati ai Centri diurni OSC e il Club ‘74. A turno ogni Club organizza la riunione presso i propri spazi, preparando la convocazione e incaricandosi della gestione. Parallelamente, il Club che organizza la riunione prepara anche il pranzo per i partecipanti. In tempo di Covid, le riunioni Interclub sono state svolte utilizzando la piattaforma Zoom, mentre i pranzi sono stati sospesi. A livello Interclub è sorta l’esigenza di creare un gruppo di lavoro per trattare tutte quelle problematiche perlopiù comuni che sono emerse all’interno di ogni Club. Per ogni Centro diurno sono stati nominati due rappresentanti più l’operatrice di riferimento. Si sono svolte finora alcune riunioni e ogni Club ha avuto dei compiti da svolgere, ma la situazione di pandemia ha rallentato l’andamento di questo gruppo di lavoro, che mira a una riflessione sul funzionamento degli spazi della Socioterapia e sulla collaborazione con gli altri servizi.

I 10 PASSI PER LA SALUTE MENTALE

In questi otto incontri l’obbiettivo è stato quello di parlare consapevolmente di salute mentale con gli utenti e di dare delle strategie concrete per poter affrontare la vita quotidiana. La maggior parte delle persone sa come promuovere la propria salute fisica, ad esempio seguendo un’alimentazione sana o facendo movimento ogni giorno. È inoltre generalmente noto che buone condizioni ambientali e di lavoro giovano alla salute. Per contro, la salute mentale non viene praticamente tematizzata. Ciascuno di noi conosce dei rimedi contro le crisi o sa gestire più o meno bene lo stress quotidiano. Durante gli incontri si sono affrontati e tematizzati gli argomenti: rimanere in contatto, chiedere aiuto, parlarne, rilassarsi, partecipare, essere creativi e imparare nuove cose, accettare se stessi, non arrendersi.

Sofia Gellera, psicologa in formazione SPS

Attività espressivo verbali

GRUPPO RESPIRAZIONE E RILASSAMENTO

Nel 2021 sono continuati, con scadenza settimanale, gli incontri del gruppo di respirazione/ rilassamento con la Dr.ssa Dyrmishi. Gli esercizi prendono spunto dalle tecniche di yoga/ pranayama e apnea a secco; essi danno benefici sia all’apparato respiratorio che cardiovascolare.

U.R

Attività gestionali

PRANZI

La stagione cucina 2021 purtroppo è iniziata solo nel mese di giugno a causa delle restrizioni Covid. Da un giorno alla settimana con un numero massimo di 8 persone, a forte richiesta del gruppo e per dare la possibilità a tutti di partecipare, siamo passati a due giorni, il giovedì e il venerdì. Da ottobre è ripartito anche l’atelier pasticceria, in particolar modo per preparare una merenda e, al contempo, una colazione per incentivare la partecipazione delle persone al momento del martedì mattina. In cucina è permessa la presenza massima di 2 persone. Alcuni utenti sono autonomi nello svolgimento di questa attività e con il tempo si è consolidata l’abitudine che ad aiutare sia una persona che invece vuole imparare a cimentarsi ai fornelli. I pranzi sono un importante momento di incontro e di condivisione in un periodo spesso vissuto in solitudine a causa della pandemia. Un punto di forza sta anche il legame con l’Atelier giardino che spesso fornisce verdure e piante aromatiche. Ci siamo impegnati a cucinare i pasti con prodotti genuini onde evitare pietanze surgelate e preconfezionate, e risultano sempre molto apprezzati. Cerchiamo nel limite del possibile di variare i pasti tra primi e secondi sia di pesce che di carne.

INTERCLUB E GRUPPO DI LAVORO
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M.C.

Ho potuto preparare dei pranzi con i diversi utenti che volevano cimentarsi in questa avventura. Abbiamo proposto dei menù e abbiamo potuto cucinare per 8 persone circa. Abbiamo proposto un pranzo al mese da settembre 2021. Abbiamo ricevuto diversi complimenti che ci confermano che la direzione è giusta. Per via del Covid non è stato possibile avere più di una persona come aiutante o apprendista in cucina dove abbiamo potuto conoscerci meglio e nello stesso tempo imparare a cucinare nuove ricette. Una volta che le restrizioni verranno tolte vorremmo allargare a più persone la possibilitàà di partecipare e imparare a cucinare nuove pietanze.

CASSA

L’Atelier di gestione della contabilità della cassa del Club Athena e del budget dell’OSC per il Centro diurno è proseguito con i consueti incontri settimanali tra il Cassiere e l’animatrice, con particolare impegno visto il cambio dell’operatrice. Questa attività costituisce un compito importante che comporta autonomia e responsabilizzazione anche da parte del Comitato, che deve vagliare le spese da affrontare.

U.R

SEGRETARIATO

Il bar, da sempre luogo di incontro per gli utenti, è anche il primo approccio che si ha entrando al Centro diurno di Chiasso, tramite un team che lavora per accogliere, servire e aiutare gli utenti. Quest’anno abbiamo organizzato un concorso per dare un nome a questo piccolo angolo del Club Athena, ed è stato scelto “BAR SORRISO”, esattamente ciò che si ottiene rivolgendosi al personale: informazioni di base, un buon caffè e un bel SORRISO…Il personale è composto da utenti con la responsabilità di rifornire il bar e dare un buon servizio, c’è un buon affiatamento e il team che si riunisce una volta al mese per discutere eventuali problemi o modifiche da fare nella gestione.

Sonia Latella, vice cassiera Club Athena

Le persone addette alla funzione di segretari, attraverso le proprie competenze informatiche, hanno principalmente compiti organizzativi, statistici e di condivisione. Il segretario ed il suo vice si occupano della stesura del verbale di comitato, del programma settimanale delle attività e delle iscrizioni ai pranzi terapeutici o alle varie uscite. Il segretario si occupa pure di compilare mensilmente e stilare statistiche delle presenze degli utenti al Centro diurno. Tutto ciò consente di promuovere il coinvolgimento delle persone e quindi sviluppare il senso di appartenenza all’esperienza.

P.A./U.R.

SITO WEB

Sonia, la nostra vice cassiera, grazie alle sue competenze ha progettato e messo online il sito del Club Athena, dove si possono trovare gli orari di apertura del Centro diurno, i programmi mensili, le attività, gli eventi e tutte le informazioni utili per chi vuole conoscerci. Nel sito si trova anche un archivio del nostro giornale Il Menestrello. Tramite l’indirizzo di posta elettronica i visitatori possono mettersi in contatto con noi. Si tratta di un mezzo di comunicazione importante di cui abbiamo voluto dotarci e che ora Sonia ci sta insegnando a gestire e aggiornare.

P.A./U.R.

CORSO DI CUCINA
Marco Bischof, assistente sociale SPS BAR
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DISTACCO

Vi voglio raccontare che ultimamente non stavo bene, allora ho preso un momento di distacco che mi ha fatto stare meglio. Sono state 3 settimane in cui è andato tutto liscio, ho incontrato belle persone che mi hanno aiutato, specialmente quella che è diventata un’amica e che mi ha risollevato il morale con le sue parole di conforto dettate dall’esperienza. Mentre vi racconto questo, mi emoziono e mi commuovo. Adesso sono ritornata alla mia vita e al Centro diurno e sto bene, mi sento tranquilla e felice di andare d’accordo con tutti.

Grazie a tutti

Ida

di Ida P. 10

NATALE A MENDRISIO

Piacere, siamo in compagnia. Venticinque dicembre, giorno di festa. Tutti bene o male riuniti forse con piacere oppure no. Dai raduni famigliari spesso se ne viene fuori abbastanza provati. In questo periodo invece ancora più difficile spesso le persone per una loro scelta o perché la loro famiglia è lontana, questa festa di Natale la vedono come un giorno quasi da saltare. Io ho scelto di aggregarmi al Club e pranzare con il comune e il pranzo sociale svolto al Grotto Cercera. Tra il mago mentalista

Silvano e un giovincello ultraottantenne con la fisarmonica, il pranzo si è svolto in tranquilla atmosfera, forse limitato dal Covid , ma io ringrazierei il comune di Mendrisio e la socioterapia con Manolo e Gabriele per averci dato una seppur piccola ma importante possibilità di stare in unione nel giorno della nascita del Bambin Gesù .

NATALE INSIEME

Non è la prima volta che partecipavo a “Natale Insieme.” Mi è piaciuto anche se mi è venuta un po’ di malinconia. Se fossi stata a casa da sola sarebbe stato ben più triste. La cosa che ho apprezzato di più è stata la compagnia. C’era tanta gente che conoscevo. E’ stato gradevole, tutto andava bene, dal cibo al mago! Ringrazio tutti: il Comune di Mendrisio, il Club 74 e tutti i partecipanti.

di Ida P.

CAPODANNO

Il Capodanno di tre anni fa non è stato come tutti gli altri vissuti. In quei giorni, a cavallo tra fine 2018 e inizio 2019, l’atmosfera intorno a me non era certamente festaiola come in una piazza o in una qualunque casa. Ho però festeggiato anche io con una fetta di panettone, qualche pizzetta e un calice di spumante rigorosamente analcolico. D’altra parte mi trovavo in una clinica psichiatrica, ricoverato volontariamente da alcune settimane, e qui l’alcol è rigorosamente bandito. Mi sono pure divertito quella sera, in compagnia di altri pazienti e degli infermieri del turno di notte che lavoravano sul mio piano, anche se dai miei occhi traspariva un po’ di malinconia e nel mio cuore sanguinante albergava una così grande angoscia. Ho da sempre considerato questa esperienza di ricovero come una parentesi, un momento di pausa della mia vita in cui rigenerarmi ma pieno di incertezze. Se la vita è fatta di rarissimi momenti di grande intensità e innumerevoli intervalli, uno di questi è stato il punto di partenza per momenti magici che continuano ancora adesso.

Oltre che di momenti, la vita è fatta di legami che intercorrono fra noi esseri umani. Francesca è il nome di un’infermiera che lavorava la notte di quel malinconico Capodanno di tre anni fa. Mi ero invaghito di lei, tanto da aver pensato di farle un piccolo regalo e scriverle una lettera d’amore. Giorni prima, durante un congedo, mi ero recato a comprare una scatola di cioccolatini e un biglietto d’auguri che le avrei consegnato la notte di Capodanno. Rientrato in Clinica avevo preparato il pacchetto regalo e scritto la lettera a mano con parole che venivano direttamente dal cuore. Mi ero innamorato e, per la prima volta in vita mia, il cuore batteva forte per qualcuno. Il giorno dopo ho subito la ramanzina da parte del medico e dal capo degli infermieri, che sicuramente si sono fatti delle grasse risate leggendo quello che avevo scritto. In fin dei conti non avevo fatto nulla di male e, i cioccolatini, sono stati molto ben apprezzati da tutti gli infermieri presenti. Anche se solo per un attimo ho provato sulla mia pelle cosa fosse la felicità.

La vita è fatta di rarissimi momenti di grande intensità e di innumerevoli intervalli. La maggior parte degli uomini, però, non conoscendo i momenti magici, finisce con il vivere solo gli intervalli

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BATTITO DI TEMPO

Il tempo va, ma a che velocità ? Il tempo di batter ciglio e tutto scompare, o eterni minuti di sofferenza. L’uomo ha sempre provato a misurarlo, a volte grazie alla luna a volte grazie al sole. Un’ ora sono sessanta minuti e in un giorno sono ventiquattro ore, cioè il tempo che la terra ci mette a fare la rotazione sul proprio asse. Il tempo va e nessuno riesce a fermarlo o ad accelerare, spesso non ci accorgiamo ma bimbi crescono e se non fosse per qualche ruga in più o un capello grigio si direbbe che di tempo ne abbiamo. Ma a un animale, ad esempio un cane, a cui viene stimata un età media tra gli otto e dieci anni quanto in fretta passa il tempo? Sarà un eternità per lui attaccato a una catena, o il tempo di accompagnarci lungo un breve periodo della nostra vita. C’è un uomo del passato ha studiato e preso un premio Nobel sulla sua teoria della relatività. Ma pochi sanno che a scuola era definito un eterno incapace . Allora qui mi prende, ma tutte le persone etichettate come degli incapaci sono nonostante tutto dei semplici geni. Quattordici anni dal mio primo ricovero quanto tempo è? Sembra ieri ma se ci penso io quarantacinquenne, un terzo della mia vita l’ho trascorso ad aggiustare quel che non andava in me. Ho sperato veramente che la mia vita a un certo punto non fosse più lunga di quello che avevo già visto. Ogni lacrima da me versata sembrava un eterno che scendeva, ma poi un giorno ti guardi indietro e non capisci il senso del tuo passato, come pure il tuo obbiettivo per il futuro. Una mattina ti svegli e vedi il sole, gli uccelli che volano. Vedi piante rinsecchite dal freddo inverno che germogliano, allora ti dici di goderti quel attimo meraviglioso. Così quando ti risvegli il mattino successivo speri di rivedere la stessa magnifica scenetta. Non sempre però ci alziamo e vediamo la nostra stella così luminosa, spesso è coperta da nuvole e a volte piove. Io ora tutte le mattine guardo fuori e guardo il mondo dalla mia finestra

di

come se non ci fosse stato né un ieri né ci sarà un domani. Ogni singolo giorno è comunque diverso e mi voglio godere l’attimo. Per questo ho scelto di rimettermi in gioco e riprovare un’ennesima volta a tornare a vivere. Non so quanto tempo ho, ma so che ogni giorno lotto per un giorno migliore, per un’autostima consapevole che è la mia forza interiore che mi detta il tempo. La forza di ritornare a studiare, magari riqualificarmi. Non posso dire che lo faccio per i miei figli o per altri. Lo faccio per me e per potermi dire che la vita va vissuta in ogni suo tempo. Il mio pensiero lo dedico ai miei gatti, al mio cane Jolie con i sui due anni appena compiuti e tutti quelli che perdono la speranza che un giorno la vita che gli renda qualcosa di meraviglioso. Soprattutto la consapevolezza di aver fatto parte di questa terra che gira, gira ignara di quello che accade sulla sua superficie e del sole e della luna che ci diranno sempre che facciamo parte di un intero universo.

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USCITA A TESSERETE

Sabato 19 febbraio alcuni utenti del Centro diurno di Chiasso hanno partecipato ad una bellissima uscita di gruppo in quel di Tesserete. Accompagnati dalla nostra operatrice Sara, che aveva proposto lo svolgimento di questa gita, ci siamo aggregati ai nostri amici di Lugano, a loro volta accompagnati da un paio di operatori, Massimo ed Etienne. E pensare che inizialmente la data proposta era un’altra Fosse andata diversamente non avremmo incontrato sul nostro percorso alcune persone a loro modo importanti per il vissuto di alcuni partecipanti; il mondo è davvero piccolo come si dice. Anche la meteo è stata clemente, infatti le nuvole si sono ben presto diradate, lasciando spazio a degli squarci di sole. Anche questo un segnale, che la gita doveva essere svolta in questa giornata. Abbiamo passeggiato a lungo su un sentiero non impegnativo in mezzo al bosco, fra altissimi alberi di castagno, betulle e querce secolari. Una zona naturalistica, ma pure archeologica, in quanto location di un antico insediamento. Dopo una camminata di circa un’oretta nel bosco, abbiamo raggiunto una graziosa radura, dove ci siamo fermati a pranzare al sacco.

Eravamo super organizzati, tanto che avevamo pure il necessario per preparare il caffè. Il bravissimo Etienne ha portato la moka ed un fornellino a gas, oltre che le tovaglie da mettere sui tavoli. Dopo pranzo Sara e Manuela, che conoscevano bene queste zone, ci hanno fatto tornare indietro nel tempo, raccontandoci la storia di questi affascinanti luoghi medioevali. A proposito di medioevo, ogni mese di settembre questi boschi diventano la sede di una festa a tema, che è oramai diventata una consuetudine. Una particolarità di questa festa è che vi è pure una moneta coniata apposta, che viene usata per tutta la manifestazione. Riposati e rifocillati, ci siamo avviati verso il posteggio dove abbiamo lasciato le auto, non prima di una sosta presso un rivenditore di prodotti caseari in cui vi era la possibilità di fare degli acquisti. Qui il gentile contadino ci ha offerto dell’acqua, ma abbiamo voluto comunque lasciare una piccola mancia per la gentilezza manifestata nell’accoglierci. Nelle vicinanze, degna di dota, vi è pure l’azienda agricola protetta gestita dalla Fondazione La Fonte. Sicuramente un’esperienza da ripetere quando arriverà la bella stagione.

TRA PASSATO E PRESENTE

Adro 16
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BELLE ARTI

Guardo indietro. Quarantacinque anni e mi sembra di aver vissuto un secolo ma se guardo avanti mi sento giovane. Guardo indietro e ricordo colazioni con pane di sicuro ma non c’era la famosa crema alle nocciole. Io avevo la fortuna ogni tanto di avere pane burro e zucchero. Mia mamma spesso mi preparava l’uovo sbattuto fresco con zucchero e ne andavo matta. I miei cereali erano fiocchi d’avena con frutta dell’orto o dei boschi. In casa mia la cosiddetta arte non veniva interpretata come tale se non per dovuto alla parrocchia o al comune. Io ho imparato che d’estate spesso dovevo già fare lavoretti perché per le strette del paese non si stava a giocare e far disordini. Ma io adoravo fare i “lavoretti” mi faceva sentir importante, avevo aiutato un imbianchino per esempio, su e giù per i ponteggi a portar pennelli e pesanti vernici. Poi si doveva aiutare i contadini, era dovuto loro avevano bisogno per la fienagione, gli alpeggi e altre mille mansioni. Non avevano macchinari e la cosa importante era che loro potessero metter al sicuro foraggi e mungere il bestiame. Così era, perché il contadino ci forniva da mangiare. L’unico svago possibile era l’oratorio con gli scout e la filarmonica e tutte le attività che proponeva la parrocchia.

Avrò imparato la liturgia a memoria ma ne sono contenta per quel poco. Così sono partita da casa a sedici anni e non ho più fatto ritorno. Facendo la scuola agricola ho dovuto scegliere di esser presente in famiglie di contadini ma ne sono contenta, a casa mia non mi piaceva. Ma lavoro su lavoro non c’era tempo per dipingere o svolgere altre attività, bisognava solo chinarsi e andare avanti anche se di soldi non ne guadagnavo molti. Nel 2007 mi trovo per la mia prima volta in una clinica psichiatrica. Ho scoperto a mie spese che la vita è anche altro. E qui ringrazio tutti della socioterapia perché ho preso in mano per la prima volta dei pennelli, come pure della creta e a volte si scriveva e a volte si recitava. Nei miei primi trent’anni avevo visto solo Guccini a Bellinzona e per me era già maestoso quello… Poi ho cominciato a scrivere per il Centro diurno di Locarno e, wow ,sapevo far altro. Poi nell’ inverno successivo mi ritrovai a passar altri lunghi mesi a Mendrisio. Ma nonostante il mio stato morale è stato il periodo più bello perché mi sono conosciuta e tra le cose che adoravo di più c’erano i gruppi musica.

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Sembrerà strano ma ogni tanto sono un jukebox. Sarà perché la radio era una mia grande alleata sia in stalla che le lunghe ore passate su di un trattore ma conosco un repertorio di musica italiana e popolare vastissimo. Mi ricordo che da piccola c’era quella scatoletta nera sempre in funzione, non c’era altro. Nonostante non potevo parlare durante i pasti perché c’era il notiziario ma mi piaceva ascoltare le canzoni di mia mamma. Un po’ come descrive Gianda nel suo libro margini obliqui. Oggi abbiamo avuto al Centro Diurno il primo gruppo musica con Marco Urzi. Quel amico che durante i miei ricoveri mi ha fatto cantare e ballare, quel amico che qui voglio ringraziare. Spesso lontani ma anche vicini, quelle sere lunghissime che lui prendeva una chitarra e ci metteva allegria. Mi ricordo quando mi esprimeva la sua gioia quando riuscii a creare la sua musica su di un CD. Sono passati anni ma ancora canto grazie a lui, e grazie a lui mi ispira l’arte della musica. Ho imparato che si può esprimere con i colori su carta, come raccontare scrivendo.

Quest’autunno ho conosciuto Anna Kiskanç che mi ha insegnato ad amare anche la recitazione. Ringrazio anche Ricardo Torres per avermi ispirato a un’arte da strada. Avevo un compagno falegname restauratore e li ho amato il legno come materia prima da creare e costruire. A Bordei ho conosciuto la professione muratore che aggiusta le vecchie case in sasso. E se vado in dietro, ma molto indietro ho avuto un nonno artigiano costruttore di gerli e altri attrezzi. In tutto questo voglio dire grazie alle mie muse per le ispirazioni avute e mi voglio dire che anch’io valgo, che dentro di me c’è più di un saper contadino. Si perché in fondo è arte anche quello. Ora sono una grande fan di Davide Van de Sfroos, anche perché per la mia prima volta sono entrata a San Siro per ascoltarlo. Non ci credevo con tutti i miei problemi di stare in mezzo alla folla e alle persone. Avevo in tasca una mia scorta di Valium in tasca ma non ce ne stato neanche bisogno.

Grazie Musica!

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MANICOMI

Di paradossi nella vita se ne vedono tanti, il mio ultimo è stato un concerto intitolato Manicomi all’insegna della musica folk con il gruppo Davide Van De Sfroos. Nulla di strano se non fosse il mio primo concerto dopo il periodo Covid da seduti e con la sensazione di esser legati e non potersi scatenare come avveniva nei concerti passati con il cantate “Laghée”. Questo non è altro che il mio cantante preferito, sarà per il suo stile, sarà il suo tipo di musica o il fatto che canta in dialetto del lago di Como. Ricordo il primo concerto a cui ho partecipato con lui, era a Magic Blues a Cevio parecchi anni fa. Era stato il concerto per me più entusiasmante a cui avevo partecipato. C’erano piccoli e vecchi, giovani scatenati dalla musica che ti faceva ballare. Quella volta mi aveva dato una carica di adrenalina non da sottovalutare. Io avevo paura in genere di stare in mezzo alla gente e alla folla ma quella sera avevo vissuto qualcosa di magico dentro di me. Forse quella cosa mi aveva fatto confondere le idee così qualche mese più tardi mi sono ritrovata in clinica psichiatrica, ma ogni volta che sentivo parlare di Davide Van De Sfroos qualcosa di meraviglioso mi appariva nella mente.

Così mi sono ritrovata a un suo concerto allo stadio San Siro a Milano, avevo sfidato tutte le mie paure ma ci sono andata. Mi ricordo che giravo e sembravo probabilmente una figura scappata dal museo Vincenzo Vela. Ma ero decisa a rimanere a tutti costi.

In tasca avevo le mie munizioni blu di “Valium” , che non ho osato toccare perché non volevo guastarmi la festa. Lui è entrato sul palco e dopo due colpi di chitarra avevo il cuore che mi pulsava a mille ma di gioia, quella musica mi faceva venir voglia di cantare e di ballare una cosa strana ma piacevole per me. L’anno scorso mi avevano regalato dei biglietti per rivederlo al Teatro del Verme a Milano ma è stato rimandato due volte, ci speravo tanto. Ma la pandemia ha dettato le regole. Io un giorno sogno di poterlo ringraziare di persona, so inoltre che in fondo è uno di noi, passato anche lui da una clinica psichiatrica, sarà il potere della sua musica ma per me è stato sempre una grande medicina e il fatto di esser in piazza Riforma ad ascoltare i brani del suo vecchio LP intitolato Manicomi mi ha fatto ritornare quella carica di energia anche se purtroppo dovevamo stare tutti seduti, ma non fa niente, l’importante è che ho fatto il primo passo da Pass Covid.

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MANICOMI

Brano musicale di Davide Van De Sfroos

Ricordo una vita con donne e bottiglie

Ora ho un letto e tante pastiglie

Finestre a sbarre, angeli stanchi

Ci volano intorno con i camici bianchi

Ho nella testa pellicole strane.

Taglio i sogni come fette di salame

Forse dormo, forse sono sveglio

Qui non posso fare di meglio

Manicomi Vemm in lecc insema al demoni

Manicomi

Urmai semm matt basta prublemi

Manicomi

Chi ve l’ha dì che semm tücc scemi

Manicomi

Tante barche senza remi.

Teste rasate mille punture

Siamo gli occhi delle nostre paure

Non distinguiamo domani da ieri

Nelle urla dei nostri pensieri

Vengono a trovarci, non sanno più chi siamo

Vengono a trovarci, non li conosciamo

Vengono a trovarci, non sanno cosa dire

Parlano strano e non possiamo capire

Manicomi

Vemm in lecc insema al demoni

Manicomi

Urmai semm matt basta prublemi

Manicomi Chi ve l’ha dì che semm tücc scemi

Manicomi

Tante barche senza remi

Siamo figli di un sole nascosto

Con la luna mai al suo posto

Uomini pianta, avanzi di guerra

Uomini foglia sdraiati in terra

Occhi persi senza colore

Occhi persi dall’odio e dall’amore

Nella mia testa c’è un grande via vai

Nella mia testa non entrerete mai!

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IN CAMMINO

Parto da qui di Patrick Adro

Parto da qui e mi incammino verso di lei, la speranza. Edmund Husserl, filosofo tedesco, afferma che la speranza è tipica dell’uomo che progetta il proprio futuro, ma pure che essa è il fondamento dei suoi pensieri. L’anno che ho appena vissuto è stato quello del mio percorso di Recovery e la speranza è uno dei capisaldi di questo mio cammino di recupero, iniziato tempo fa e che continua ancora adesso. Se così non fosse, oggi la mia Vita non avrebbe senso e il mio futuro sarebbe angosciante proprio come un mio passato non troppo lontano. Io mi trovo proprio a metà, tra un passato da cui desidero staccarmi e un futuro su cui non mi devo fiondare all’impazzata. Si tratta del Qui e Ora, del momento presente che è ciò che più conta. Concretamente ciò significa godere di ogni singolo momento nel miglior modo possibile, facendo tesoro delle esperienze vissute e senza proiettarsi troppo in là nel tempo futuro. Parlavo di esperienze vissute, ma comuni a ciascuno di noi visto il periodo storico che stiamo vivendo e che inevitabilmente ci hanno toccato parecchio. Mi riferisco alla pandemia globale che stiamo affrontando e che ci ha cambiato letteralmente il nostro modo di vivere. In realtà, per quanto vissuto fin qui inerente al Covid, non si è trattato di una cosa per nulla inaspettata, anzi posso senza ombra di dubbio affermare di aver vissuto in passato situazioni diverse, ma in un certo modo simili, che mi hanno aiutato a vivere bene durante il lockdown. Riflettendo, ho potuto fare un paragone, a mio modo per nulla azzardato, con il mio vissuto di sofferenza legato alla depressione, quello che è stato ed è tuttora il mio demone interiore con cui sto convivendo. Ciò che ho vissuto in passato mi è stato di fondamentale aiuto per vivere nel migliore dei modi il periodo di pandemia facendone tesoro. Chiaramente si parla di situazioni diverse, come diverso sono stato io nell’affrontare questa nuova sfida. Mi sono sentito più forte, con più strategie a mia disposizione e con una rete di supporto molto valida, che ho costruito nel tempo. Quello che non avevo prima, quando mi ero isolato dal mondo, ho avuto in questo momento altrettanto difficile. Non mi riferisco però solo ai terapeuti, ma anche a una rete di amici che visto nascere e crescere in questi mesi. Mi sono aperto

al mondo e l’ho fatto stando al passo con i tempi, avendo imparato ad utilizzare le nuove tecnologie che proprio nuove non erano. Io sì che sono diventato una persona nuova e, di ciò posso sinceramente rallegrarmi soprattutto con me stesso. Nei mesi di chiusura ho avuto tempo e modo di riflettere innanzitutto, ma di mettere su carta qualche desiderio o sogno per il futuro, senza spingermi troppo in là come affermavo prima. Preferisco chiamarli in questo modo, desideri o sogni, piuttosto che obiettivi, poiché non voglio crearmi aspettative troppo grandi. Il vero e unico obiettivo è solo quello di stare bene con me stesso e con gli altri: ciò è quello a cui devo ambire! Per tutto il resto qualche suggestione c’è, come potrebbe essere la formazione di peer supporter nel momento in cui verrà istituita anche in Ticino. Altre idee sono quelle di introdurmi poco alla volta nel mondo del volontariato, mondo per il quale io nutro una certa sensibilità. Le certezze sono il mantenimento dei ruoli che ricopro al Centro diurno con il quale abbiamo portato avanti anche progetti di gruppo, come ad esempio la mostra di arte pubblica in parallelo al Festival di Narrazione di Arzo, e la ripresa quando possibile dell’atelier di teatro. A livello squisitamente personale c’è la voglia di riprendere a viaggiare e di imparare a parlare una lingua che trovo davvero affascinante come lo spagnolo. E poi, non da ultimo, essere un bravo zio. Si perché l’anno che ho vissuto è stato ricco di liete novelle. Lo scorso Natale ho ricevuto la notizia che sarei diventato presto zio e a giugno è nato il mio primo nipotino che si chiama Dorian. Tutto d’un colpo la mia Vita ha acquisito ulteriormente senso e questo bambino è diventato un’ulteriore spinta per andare avanti anche nei momenti bui.

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IL LEGAME

Una parola, tanti significati di Patrick Adro

La parola legame può avere una moltitudine di significati a seconda del punto di vista in cui la si prende in considerazione. Se a me la prima cosa che è venuta in mente è stata rete, riflettendoci, ho considerato un altro paio di significati. Il primo è connessione e può avere un’accezione sia filosofica che spirituale. Esistono infatti delle leggi che ci mettono in connessione con l’universo che ci circonda e con le persone che ne fanno parte. Una delle 12 leggi del Karma secondo il Buddismo è chiamata proprio Legge di Connessione e afferma che presente, futuro e passato sono connessi fra loro. Un altro significato della parola legame è correlazione, per esempio tra due vocaboli. Io non contento e per curiosità sono andato a cercare sul dizionario altre accezioni e sfumature di questo termine. Un paio di questi mi hanno colpito perché, come spesso accade, non ci si pensa. Secondo il dizionario un legame è un rapporto o vincolo affettivo, che comporta reciproca fedeltà, ma anche limitazione della libertà individuale. Quindi, un legame con una persona può avere sia una connotazione positiva, ma pure il contrario. (Infatti, il secondo significato che il dizionario riporta da un’ulteriore spiegazione in tal senso.) Il vocabolario utilizza il termine doppio legame, che ha un risvolto psicologico. In psicologia il doppio legame è quel vincolo affettivo basato su un rapporto di dipendenza da parte di uno dei due soggetti in gioco che si trova bloccato in una situazione psicologica senza via di uscita.

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UNA RETE FORTE

L’argomento di questo nuovo numero del Menestrello è quello dei legami. La prima cosa che mi viene in mente e che associo al termine legame, è un’altra parola che ho imparato a conoscere molto bene. Questa seconda parola è rete. Quello della rete è un concetto che fino a qualche tempo fa non avevo mai sentito e che riguarda non solo la psichiatria, mondo di cui faccio parte da qualche anno, ma la medicina in genere per quanto riguarda la rete formata da terapeuti. In realtà il significato di rete è ben più ampio e fuoriesce dal mondo delle cure toccando ogni aspetto della vita di ciascuno di noi. La famiglia, gli amici, la scuola e il lavoro sono solo alcuni ambiti in cui si può parlare di rete, perché la nostra vita è fatta di legami che si intrecciano. Una persona che conosce un’altra persona crea un legame e, così facendo, si crea una rete di legami che può essere più o meno vasta. La prima volta che mi sono confrontato con una presa a carico multidisciplinare, in riferimento alla rete formata da terapeuti, è stata durante il mio ricovero in Clinica. Fino ad allora, l’unico legame seppur fondamentale con questo mondo è stato con il mio medico. Sentivo di aver bisogno di altro, di un aiuto maggiore che andava oltre alla nostra psicoterapia individuale settimanale e alla terapia farmacologica, entrambe valide. In clinica ho avuto a che fare con il medico ovviamente, ma pure con un team di psicologi, di ergoterapisti e di fisioterapisti che mi hanno supportato ognuno rispetto alle proprie competenze. Terapie individuali, ma anche di gruppo le quali hanno contribuito ad allargare questa rete composta solo di figure curanti con altre persone nella mia stessa situazione, ossia gli altri pazienti che sono stati importanti in egual misura. Una rete non è mai statica, ma può cambiare sia come numero di persone facenti parte, sia come tipologia delle stesse. Per me è importante che ci sia una rete a cui appoggiarmi, ma pure fare capo alle mie capacità in modo da non diventarne dipendente. Fin qui ci sono riuscito, vedendo questa rete modificarsi con il passare del tempo. Al momento della mia dimissione dalla clinica ho abbandonato tutte quelle persone che hanno fatto parte della mia rete per circa 4 mesi, ma sono stato accolto da altrettante figure. È successo nel momento in cui sono entra-

to a Casa Astra e quando ho iniziato a frequentare il Centro diurno. In queste due circostanze ho conosciuto nuove persone, sia figure terapeutiche che non, e queste mi hanno accompagnato durante i mesi seguenti. Soprattutto frequentando il Centro diurno ho avuto modo di sviluppare nuovi legami, con la mia infermiera Marina per esempio, ma con tutti quei terapeuti che di volta in volta propongono delle attività nei nostri spazi. Grazie al Centro diurno ho avuto modo di conoscere altre realtà legate alla psichiatria, come il Club 74 e la Promentesana. Qui ho conosciuto ulteriori nuove persone con cui ho sviluppato nuove relazioni e nuove opportunità di crescita. A tutte le persone che hanno incrociato il mio cammino sento di essere grato in qualche modo, perché a loro modo mi hanno aiutato e lo stanno facendo tuttora. Ciò che mi rende felice è il fatto di sapere che sono in grado anche io di sviluppare nuovi legami e mantenerli nel tempo, rispetto al passato in cui questa possibilità non me la sono mai concessa davvero.

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GRUPPO E SENSO DI APPARTENENZA

Quando ci ripenso, al mio passato intendo, mi rendo conto di non aver instaurato molti legami. Non ho mai fatto parte di un gruppo o sviluppato un senso di appartenenza. Con il passare degli anni e gli sviluppi della vita molte delle mie relazioni passate sono andate perse, anzi direi quasi tutte. Le amicizie di un tempo, quando ero piccolo, le ho smarrite: crescendo ognuno ha preso la propria strada e vissuto la propria vita, magari costruendo una propria famiglia. Io ho scelto di andare ad isolarmi dal mondo e, come conseguenza, sono rimasto solo e sono caduto nel mio baratro. Lungo il mio percorso, ho cominciato pure a sviluppare relazioni, ma solo in clinica ho iniziato a capire l’importanza di fare parte di un gruppo. Inizialmente si trattava esclusivamente di gruppi terapeutici, come ad esempio i gruppi di parola o i gruppi emozioni, che tanto ho apprezzato e anche adesso. Poi ho conosciuto la socioterapia, nella quale facevo parte attiva di gruppi sempre con finalità terapeutica ma anche altro. Mi ricordo del gruppo cucina che svolgevo ogni lunedì e che mi ha aiutato a sviluppare una mia passione, quella tra i fornelli. Quando sono stato dimesso dalla clinica ho vissuto un’esperienza di vita comunitaria, presso Casa Astra. Vivevo sotto lo stesso tetto con operatori e altri utenti, con cui ho sviluppato bei rapporti di amicizia. Qui ho vissuto per 4 mesi, che sono stati sufficienti per farmi conoscere ed apprezzare da tutti. L’esempio più bello di appartenenza ad un gruppo è stato però quando sono giunto al Centro diurno. Fin dal primo giorno sono stato accolto bene da tutti e io ho fatto la mia parte per farmi voler bene. Ogni attività che viene svolta ha un duplice beneficio per le persone, quella di sviluppare competenze personali, ma anche di gruppo. Il fatto che poi esista un’associazione che raggruppa le persone, il Club Athena, permette di consolidare questo senso di appartenenza, che in me è forte essendone il presidente già da un paio di anni. Il tempo passato insieme agli altri utenti e i progetti comuni come la mostra di arte pubblica che abbiamo svolto lo scorso anno, ha permesso di cementare questo senso di appartenenza al gruppo, di cui è mio desiderio continuare a far parte anche in futuro. Fuori dal Centro diurno, ma sempre all’interno dell’ambito

psichiatrico, ho avuto modo di entrare a far parte di altri gruppi, come il gruppo sport o il gruppo musica al Club 74. Ma cosa intendo io per senso di appartenenza? Come ho detto più volte prima, il fatto di sentirmi accolto e accettato per quello che sono, con tutti i miei pregi e difetti. Una sorta di connessione profonda con il mondo che mi circonda e non il semplice farne parte.

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’EREDITA’ DI SALEM

Era la primavera 2019. Allora traslocavo dalla città di Locarno alla località appena sopra Tegna. Dove la Melena si scontra con il fiume Maggia, creando gole e spiaggette circondate da boschi. Finalmente uscivo da quel caos creato da una città e con me avevo oltre a Flavio due cani, due uccellini e i miei coniglietti. Entro in questa casa fatta da tre appartamenti: al pianterreno la padrona, un’anziana avvolta dai misteri più oscuri, al piano intermedio un giovane che vive tra “cercasi una nuova vita” e ricascare nel mondo degli stupefacenti. Io sono salita al secondo, all’inizio è sempre rose e fiori. Il ragazzo aveva una gatta con tre piccoli ragnetti, lui era disperato perché giustamente non aveva un centesimo per mantenerli. Io, avendo due gatti, perché no un terzo. Mentre il fratellino andò da mia mamma perché il suo era appena deceduto. L’ho chiamato Salem, un nome legato sicuramente al suo aspetto al pelo lungo tutto spettinato e alla mia passione per il mondo delle streghe. Salem è un nome usato tantissimo per chi è legato al mondo del mistico perché ricorda una strage di streghe avvenute proprio nella cittadina Salem negli Stati Uniti. Non ci ho messo molto a capire che in quella casa succedeva di tutto e io vivevo con eterna angoscia. La risposta definitiva l’ho ricevuta quando Salem si è ammalato. Per far copia con lui gli avevo preso una gattina nera di nome Ginger, anche lei veniva da un mondo non giusto e non sicuramente etico. E, se una é femmina e uno è maschio, come previsto, la dolce attesa non era lontana. E’ stato sicuramente un’ esperienza emozionante assistere il parto di tre micine. Tutte nere, chi aveva lo sguardo del papà e chi quello della mamma. Però Salem si è ammalato seriamente, sono corsa dal veterinario, antibiotici e altri medicamenti da cavallo ma alla fine l’ho portato sulle mie braccia così il veterinario gli ha dato una vita migliore. Non sono riusciti a capire cosa avesse, ma mi resta di aver perso il mio gatto che aveva solo un anno. Ma la vita va avanti, le tre piccole sono cresciute, due sono partite per altre famiglie. Ma una figlia è rimasta, insieme alla mamma ed a me. La figlia di Salem Monci l’estate scorsa ha avuto anche lei i suoi tre topini, una sorpresa quasi inaspettata. Io passo molto tempo ad osservarli, e nel frattempo mi ritorna l’immagine del mio ar-

ruffato gattone. C’è tra i tre piccoli una che mi prende di più di tutti. Sarà stato il suo colore in particolare da appena nata, sarà il fatto che è pur sempre la nipotina di Salem e Ginger ma la prendo in mano, ci penso un attimo, penso a un nome che si legherebbe al nome del nonno ed il gioco è fatto. Lei è Agata, nipote di Salem. La cosa che in tutto questo ancor più misteriosa e che Davide Van De Sfroos a settembre pubblica il suo nuovo LP con una canzone nuova intitolata appunto Agata. Ieri sera dopo l’entusiasmo della mia prima volta con una chitarra, ho passato la serata a provare e riprovare ma Agata era lì e questa cosa dalle corde vibranti la interessavano molto. Non so quanto centra la mia caparbietà di suonare ma sicuro ho degli angeli che mi sostengono: Salem e Agata.

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ABBANDONO

Non sarò mai solo di Patrick Adro

Anche oggi desidero parlare di legami, il tema di queste ultime settimane. Lo faccio buttando li una parola non a caso: abbandono. Si tratta di un vocabolo molto usato nel mondo della psiche umana e parecchio ridondante all' interno dei miei discorsi. Prima di continuare con alcune mie considerazioni sull'argomento in questione, desidero condividere un estratto della nota fiaba Hansel e Gretel.

La matrigna accompagnò i bambini nel folto della foresta, dove non erano mai stati prima di allora e, dopo aver fatto un gran fuoco, disse: "Sedetevi qui e riposate; se siete stanchi potete anche dormire. Noi andiamo più in là a far legna e vi chiameremo quando avremo finito". Quando arrivò mezzogiorno, Hansel e Gretel si divisero da buoni fratellini l'unica fetta di pane che era rimasta. Poi si addormentarono, ma quando arrivò la sera non venne nessuno a riprendere i poveri bambini…

L'abbandono è quella situazione in cui un legame d'affetto si rompe per tutta una serie di motivi: questa è la definizione che viene data in ambito psicologico e che può causare disagi emotivi piuttosto che disturbi psichici. Una persona può sentirsi abbandonata quando questo legame, tra se stessa e il proprio mondo, si spezza o si deteriora. L'abbandono porta con sé tutta una varietà di stati d'animo e di emozioni, come la solitudine, l'ansia, la paura e perfino l'angoscia.

Un'altra parola che io associo al termine abbandono è esclusione. Sentirsi escluso da un gruppo, in fin dei conti, è come venire abbandonati in un bosco di notte. Ancora adesso mi chiedo che cosa mi terrorizzi così tanto, dato che non sono più cosi solo come tempo addietro. Ho una bella cerchia di amici, ho una rete di terapeuti bravi e capaci, faccio parte di un gruppo in cui ho sviluppato un bel senso di appartenenza, sono anche oggettivamente diventato più forte.

Però...però ho ancora questa paura ben presente in me, forse perché sono ancora troppo legato al mio passato oscuro. Una spiegazione me la sono data: ho paura di ritornare alla situazione precedente, di rivivere esperienze del passato, di essere nuovamente abbandonato o escluso. Spesso, quando parlo con i miei terapeuti ,comunico loro di aver paura di perdere ciò che ho conquistato con fatica. Questi sono pensieri che, quando arrivano, faccio ancora enorme fatica a lasciar andare, ma ciò che mi rallegra sono proprio le parole delle persone che mi stanno vicino: “Patrick, non sarai mai solo!”

Immagine tratta da:

il bosco di Hansel e Gretel

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Non si può guardare oltre se non si ha la curiosità di voler conoscere”

Intervista

a Mariangela D’Ercole e Gloria Venturini a cura del gruppo redazione

Chi sono, Mariangela e Gloria?

Mariangela: Sono Mariangela D’Ercole, ho 41 anni, vivo a Coldrerio, lavoro a Chiasso nell’associazione Frequenze e sono mamma di due bellissime bimbe di quattro e un anno e mezzo. Lavoro a tempo pieno per l’associazione come consulente sul lavoro. In passato ho sempre lavorato in contesto organizzativo e industriale. Ho una laurea in scienze della comunicazione con dei master nel campo delle risorse umane ed uno in scienze dell’educazione e della formazione. Sono da sempre appassionata di risorse umane e ho voluto, in questa ultima esperienza, fare un passaggio nel sociale. In assoluto l’attenzione alle persone credo sia la parte più nobile di tutto il contesto delle risorse umane e, in Frequenze, accompagniamo in maniera individuale tutti i nostri utenti. Quindi, sono molto felice di questo lavoro!

Gloria: Io sono Gloria Venturini, vivo a Mendrisio, ho iniziato a lavorare per Frequenze da tre settimane e ho terminato un percorso di sette anni presso l’OSC CARL di Mendrisio in Villa Ortensia. Mi occupo della parte educativa insieme al collega Pavlin e prevalentemente del gruppo di giovani tra i 18 e i 25 anni che frequenta il mattino. Trascorriamo con loro del tempo organizzando delle uscite e delle attività più o meno strutturate. Contenta anche io di essere approdata presso Frequenze! Che cosa è Frequenze e di che cosa si occupa?

M: Frequenze è un’associazione nata in seno al comune di Chiasso che, in realtà, negli ultimi anni

ha sviluppato una sua identità per allargarsi a diversi comuni. Agiamo su un territorio che va da Lugano a Chiasso, con tantissimi e bellissimi progetti molti dei quali non solo innovativi ma anche attenti al green. Per esempio, facciamo massima attenzione agli sprechi, creiamo dei laboratori sulla carta e l’argilla, abbiamo dei progetti di vendita di abiti usati con il nostro negozio “Repost” qui a Chiasso. Oppure, abbiamo degli spazi che dedichiamo a studenti o lavoratori per consumare il pranzo e vivere delle ore in maniera conviviale, nello specifico i nostri progetti “Vela 4” e “Lunch”. Oltre a questo abbiamo delle collaborazioni con il Tennis Club di Chiasso, dove Frequenze è presente con i propri utenti impiegati principalmente in stage. Frequenze è punto di riferimento per gli utenti per quanto riguarda il reinserimento sociale o comunque l’accompagnamento al mondo del lavoro, compresa la parte di orientamento professionale. Frequenze ha circa 50 utenti di una vastissima fascia di età: noi accogliamo ragazzi a partire dai 18 anni, fino ai nostri preziosissimi utenti anziani che hanno anche oltre 60 anni. Le generazioni sono diverse, ognuna con le proprie specificità, e questo è il motivo per cui gli educatori sono molto attenti nel gestire mini-gruppi. Oltre all’accoglienza sotto l’aspetto educativo, è presente una consulente del lavoro che aiuta questi utenti nell’orientamento, nel capire quale è il lavoro in base alle loro attitudini. Molti non hanno assolutamente idea di che lavoro poter fare, anche se hanno una seniority avanzata. Spieghiamo le tecniche di ricerca del lavoro, li aiutiamo a trovare degli stage attraverso i nostri partener, contattando le aziende per promuovere le politiche attive sul territorio per quanto riguarda il lavoro. Oltre a ciò, la cosa forse più bella di tutte è accompagnare ed essere sempre punto di riferimento per gli utenti nel momento che iniziano una loro identità lavorativa al di fuori da Frequenze. Obiettivo è che queste persone, nonostante noi siamo molto legati a loro, restino in Frequenze il meno possibile e che arrivino ad avere una propria collocazione nel mondo del lavoro, sapendo che diventa sempre più difficile. Le sfide sono tante e si affrontano insieme tra gli utenti, i consulenti del lavoro, gli educatori e in generale tutto quello che è Frequenze.

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G: Gli invianti con cui collaboriamo sono i consulenti dell’assistenza e dell’AI. La maggioranza degli utenti arriva dall’assistenza, meno persone arrivano dall’ AI.

M: Per le persone in AI l’obiettivo è la riqualifica. Si tratta di persone che hanno superato o stanno superando le proprie difficoltà e sono abili al lavoro in una percentuale ridotta o completamente abili al lavoro. È chiaro che in questi casi l’orientamento professionale è una leva importante! Frequenze aiuta le persone a trovare una nuova collocazione spesso anche diversa dal lavoro che facevano. Orientare le persone non significa soltanto scoprire il lavoro, ma in realtà anche rinforzarle da un punto di vista delle competenze, perché si è fuori dal mondo del lavoro da diversi anni e il lavoro cambia, o semplicemente perché il nuovo lavoro che si può fare è diverso da quello di prima e quindi, prima di arrivarci, si ha bisogno di fare formazione. In questo caso noi chiediamo sussidi cantonali per sponsorizzare dei corsi di formazione. Ci occupiamo anche di individuare e organizzare corsi per queste persone. Una cosa importante: ovviamente, noi non conosciamo la genesi delle difficoltà di queste persone: noi conosciamo le persone, affrontiamo con loro degli obiettivi e quindi le reinseriamo. Non abbiamo persone in disoccupazione: per loro ci sono altri servizi. Che importanza hanno per voi i legami?

M: Frequenze nasce perché si voleva creare a Chiasso un fermento maggiore tra i negozi, tra le persone. Vedo il tema dei legami molto simile alla genesi di Frequenze, che ha legami forti con il territorio ticinese in generale. Come dicevo prima ci siamo allargati rispetto a Chiasso e oggi guardiamo al Ticino. Siamo in contatto con i comuni, ma anche con le realtà imprenditoriali ticinesi. Questo lo facciamo per inserire i nostri utenti in stage e in rapporti di lavoro, e dialoghiamo tantissimo con le politiche attive sul territorio per trovare delle chances per i nostri utenti, sia dal punto di vista della formazione o del confronto. Non si può guardare oltre se non si ha la curiosità di voler conoscere, quindi i legami sono un perfetto fil rouge!

G: Mariangela ha parlato del legame con il territorio, con i servizi, con le varie aziende e posti di lavoro disponibili. Io, da educatrice, penso al legame fra le persone, il legame che noi operatori instauriamo e quello che fra di loro si crea. Queste persone sono al di fuori del circuito economico e lavorativo, ma anche esterne a tutto quella parte di inclusione sociale e di vicinanza emotiva che viene a mancare quando sei tagliato fuori dalla

routine lavorativa. Quello che mi è saltato all’occhio subito è l’interazione e il supporto che c’è fra di loro e la facilità che hanno di aprirsi. E di trovare conforto e vicinanza: questo è il punto chiave del nostro lavoro!

M: Come esempio concreto, possiamo raccontare il legame che creiamo e cerchiamo di stimolare tra il gap generazionale, dove i nostri utenti più anziani diventano dei tutor per i nostri ragazzi più giovani. L’educatore ha un ruolo, ma il legame che si può creare fra due utenti è cosi forte da dare una mano agli educatori.

Quali punti in comune pensate di avere con il Centro diurno e quali potrebbero essere le possibili sinergie?

M: Non conosco molto il mondo dei Centri diurni ma, da quanto mi avete raccontato, credo che l’essere un ritrovo è un punto che ci accumuna. Considerate che i nostri utenti passano tutte le mattine dai nostri uffici, non soltanto per mettere una firma e dichiarare di esserci, di essere presenti nella società, ma anche per salutare gli educatori e le consulenti sul lavoro. Noi siamo un centro di forza per tutti gli utenti di Frequenze, anche soltanto per un aggiornamento veloce sugli obiettivi e su dove stiamo andando. Questo è qualcosa che ci accomuna, come il fatto di proporre tante attività anche innovative. Ci avete parlato del vostro giornale, qualcosa che anche noi abbiamo pensato di fare. Ci avete parlato dei vostri atelier, così come noi abbiamo i nostri. Quindi l’essere insieme, il fare e il saper fare.

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G: Lavorare per Frequenze mi dà l’opportunità di essere sul territorio, di incontrare delle persone, di conoscere delle realtà nuove, di collaborare con tutte le associazioni che propone il territorio di Chiasso Sicuramente potrebbero nascere delle belle alleanze, che possono far bene sia a voi che a noi. Il fatto di potersi incontrare, di collaborare e di essere vicini gli uni agli altri Noi ci siamo!

M: È molto bello fare attività anche al di fuori delle strutture. Abbiamo modo anche noi di fare gite e portare i nostri utenti a vedere altri contesti. Questo potrebbe essere davvero molto interessante!

Cosa manca a Chiasso per favorire l’integrazione?

M: Io mi permetto di dire lo sviluppo di una lingua che non sia solo il francese o il tedesco. Se parliamo di cultura internazionale, un approfondimento della lingua inglese potrebbe essere qualcosa di importante.

G: Permettere alle persone di Frequenze o di altre realtà di creare momenti in cui potenziare la lingua inglese, potrebbe essere una bella occasione. E poi attraverso vari eventi che Chiasso organizza, se si riesce a partecipare a questi, si tratta di un’occasione per farci conoscere dagli abitanti.

M: Io pensavo di far partire dei progetti di conoscenza di eventi importanti a livello internazionale, piuttosto che dare maggior visione a quelli locali, che sono collaterali alle attività che noi portiamo avanti. Faccio un esempio: noi ci siamo ritrovati e guardato insieme Sanremo. Sarebbe bello guardare insieme l’Eurovision, un contest di canzoni internazionali. Questo, nel piccolo, si può promuovere! Un aspetto culturale che vada oltre una territorialità a noi vicina. Magari, può essere un’idea!

Potreste parlare brevemente dei due vostri progetti “Lunch” e “Vela”?

M: Il “Lunchbox” e il “Vela 4” sono degli spazi, dei negozi, che hanno subito dei fallimenti e sono stati recuperati e presi da noi in gestione per creare al loro interno spazi di convivialità, a disposizione di quei lavoratori che non hanno un posto per pranzare all’interno dei loro uffici e che possono portare il loro pranzo da casa. Qui i lavoratori possono pranzare in modo agevole, ma pure scambiare due parole con colleghi o con nuove persone che può conoscere in questo spazio. Sono gestiti dai nostri utenti che mantengono i rifornimenti e le pulizie. Nello specifico, noi ci troviamo il martedì e il venerdì con i nostri utenti per cucinare e, anche noi, prendiamo uno spazio per pranzare tutti insieme. Esattamente come fate anche voi, ma noi ac-

cogliamo anche gli esterni. Il “Vela 4” è lo stesso concetto, però siccome è posizionato in una zona di Chiasso dove ci sono le scuole, fra cui le Commerciali, spesso è frequentato dagli studenti che si fermano a pranzo volentieri, perché è un luogo bello e perché ci sono i nostri utenti che li accolgono. Gli utenti sono assolutamente autonomi nella gestione di questi spazi. Questo per noi è un modo non solo per impiegarli, ma per dare loro delle sfide da un punto di vista lavorativo. Gli operatori garantiscono una supervisione, ma in piccoli frangenti della giornata. Inoltre ci sono gli orti comunali condivisi e posizionati dietro la pista di pattinaggio a Chiasso, dove c’è una squadra dei nostri utenti che lavora e si occupa della manutenzione. C’è il “Repost” che è un negozio di vestiti di seconda mano e poi ci saranno dei nuovi progetti in arrivo, che non possiamo anticipare, al di fuori del territorio di Chiasso. Una cosa molto bella che non abbiamo detto è che al “Repost” noi impieghiamo le mamme che rientrano nel mondo del lavoro. Donne che hanno smesso di lavorare nel momento in cui sono diventate mamme o che non hanno mai lavorato e che a un certo punto vogliono tornare nel mondo del lavoro. Il nostro negozio è proprio dedicato a loro e tiene in considerazione i loro impegni di mamme, che è il loro secondo lavoro.

Ringraziamo Mariangela e Gloria della loro squisita disponibilità ripromettendoci di tenerci in contatto per eventuali future e fruttuosecollaborazioni.

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SAMANTHA

Il legame con mia sorella di Patrick Adro

Tra me e mia sorella Samantha ci sono sette anni di differenza, ma siamo cresciuti insieme. Da buon fratello maggiore so di essere sempre stato un esempio. Ciò che ci lega è un rapporto bellissimo, che si è consolidato ulteriormente nel momento in cui ho cominciato a stare poco bene. Ora è lei ad essere un punto di riferimento per me, così come lo è stata nel mio momento più difficile. Soprattutto, è sempre stata presente, anche quando non lo era fisicamente. Sapevo infatti che potevo far conto su di lei sempre, in ogni momento, anche adesso che ha nuove priorità. Samantha mi ha reso zio di uno splendido maschietto, Dorian, il mio nipotino. C’è una cosa che non ho mai detto a nessuno, un episodio risalente a tre anni fa, quando io ero ricoverato. Si tratta di una telefonata intercorsa tra noi due in un momento assai duro. Ricordo bene le sue parole:

“Patrick, ti sento davvero giù!” Io che sono sempre stato un punto di riferimento, in quel momento non lo ero più. Ero così fragile! Al termine di quella telefonata, sono scoppiato in un pianto straziante, talmente carico di angoscia che l’allora mio compagno di stanza si è spaventato e gli infermieri hanno dovuto sedarmi per farmi ritrovare pace. Non sono in grado di immaginare cosa possa aver provato in quel periodo mia sorella, d’altronde non è facile per nessuno avere un proprio caro che sta male. A lei non l’ho mai chiesto. Quello che so è che anche lei ha sofferto con me, ma non mi ha mai abbandonato neanche per un attimo. Chi mi conosce lo sa, che questa è la mia paura più grande, quello di essere lasciato solo e lo ha sempre saputo anche lei. Per questo motivo le sarò eternamente grato!

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