Clarus - Gennaio 2014

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EDITORIALE

Puntare in alto di EMILIO SALVATORE

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i sono due modi di affrontare la vita: puntare in basso o puntare in alto.

Partiamo dal puntare in basso, ovvero porsi poche aspettative. Chi punta in basso ha paura di rischiare, teme di restare deluso, di gioire, di amare e di soffrire. Chi ragiona così si mette al riparo dalle critiche, dalle difficoltà, agisce sottacqua, sottobanco. Naturalmente pensa di pagare di meno il costo della vita. L’immagine biblica resta quella del ricco che va da Gesù (Mt 19,16-22; Mc 10,17-22 e Lc 18,18-23) affascinato dalla sua radicalità, ma se ne torna deluso, in quanto non ha avuto il coraggio di osare.

In un certo senso questa mediocrità, che non è frutto di un’accettazione delle conseguenze della vita, ma una sorta di progettualità della minimum tax, rappresenta l’assistenzialismo dominante delle nostre terre, l’incapacità all’avventura. Questa alternativa ha dei limiti, in quanto tenderà a farci fare poco e non ci rafforzerà nella volontà, nella determinazione, nella gestione delle avversità. Chi pensa così sul lavoro, negli affetti, nella vita di fede, si condanna a raccogliere sempre poco e alla lunga non troverà mai soddisfazione. Si condanna all’infelicità. Al contrario il puntare in alto ci porterà a vivere con grandi sogni, grandi motivazioni, grandi riserve d’amore e di energia, anche nei momenti dell’insuccesso, dell’incomprensione. Puntuare in alto non significa sopravvalutarsi, credersi John Travolta, come in un celebre film americano, ed essere invece Jerry Lewis. In questo ci viene incontro la parola di Paolo: «Per la grazia che mi è stata concessa, io dico a ciascuno di voi: non valutatevi più di quanto è conveniente valutarsi, ma valutatevi in maniera da avere di voi una giusta valutazione, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato» (Rm 12,3). Puntare in alto significa saper valorizzare le proprie risorse, riconoscere i doni ricevuti, fare leva su di essi, per realizzarsi nella vita non contro gli altri, in una sorta di stupida competizione che diventa conflittualità permanente ma, invece, emularsi nel dare il meglio di sé: «Gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nello zelo; siate invece ferventi nello spirito, servite il Signore. Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella n.1

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preghiera, solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell’ospitalità» (Rm 12,10-13). Puntare in alto è una testimonianza di amore alla vita in tutte le sue forme, in ogni sua stagione e condizione.

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chiaChi punta in basso ha paura di ris gioire, re, chi tema di restare deluso, di così si di amare e di soffrire. Chi ragiona diffimette al riparo dalle critiche, dalle coltà, agisce sottacqua, sottobanco. no il Naturalmente pensa di pagare di me costo della vita. Un racconto (per concludere) che vuole anche essere un augurio per il nuovo anno: Una piccola falena d’animo delicato s’invaghì una volta di una stella. Ne parlò alla madre e questa gli consigliò d’invaghirsi invece di un abat-jour. «Le stelle non son fatte per svolazzarci dietro», gli spiegò. «Le lampade, a quelle sì puoi svolazzare dietro». «Almeno lì approdi a qualcosa», disse il padre. «Andando dietro alle stelle non approdi a niente». Ma il falenino non diede ascolto né all’uno né all’altra. Ogni sera, al tramonto, quando la stella spuntava s’avviava in volo verso di essa e ogni mattina, all’alba, se ne tornava a casa stremato dall’immane e vana fatica. Un giorno il padre lo chiamò e gli disse: «Non ti bruci un’ala da mesi, ragazzo mio, e ho paura che non te la brucerai mai. Tutti i tuoi fratelli si sono bruciacchiati ben bene volteggiando intorno ai lampioni di strada, e tutte le tue sorelle si sono scottate a dovere intorno alle lampade di casa. Su avanti, datti da fare, vai a prenderti una bella scottatura! Un falenotto forte e robusto come te senza neppure un segno addosso!». Il falenino lasciò la casa paterna ma non andò a volteggiare intorno ai lampioni di strada né intorno alle lampade di casa: continuò ostinatamente i suoi tentativi di raggiungere la stella, che era lontana migliaia di anni luce. Lui credeva invece che fosse impigliata tra i rami più alti di un olmo. Provare e riprovare, puntando alla stella, notte dopo notte, gli dava un certo piacere, tanto che visse fino a tardissima età. I genitori, i fratelli e le sorelle erano invece morti tutti bruciati ancora giovanissimi. (Bruno Ferrero).

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primopiano

29 dicembre 2013

Cosa è accaduto? Il 29 dicembre un terremoto di magnitudo 4.9 scuote il matese Clarus ripropone la cronaca di quel momento e dei giorni seguenti il sisma. La parola all’esperto, nell’intervista ad Alberto Michelini direttore dell’INGV, e a Mons. Valentino Di Cerbo, vescovo di Alife-Caiazzo.

Alberto Michelini

Direttore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ci spiega in un’intervista la normalità degli eventi sismici che hanno interessato (e interessano) il Matese. «La prevenzione? Osservanza delle norme costruttive» Cosa ha determinato il terremoto nell’area del Matese? Il terremoto si è verificato su una faglia diretta (o normale) le cui caratteristiche geometriche riflettono i movimenti tettonici di tipo estensivo che caratterizzano la zona come pure gran parte della catena appenninica Si tratta di una faglia ben conosciuta o non ancora catalogata? Premetto che noi geofisici/sismologi non abbiamo accesso diretto alle faglie in profondità e quindi ci è impossibile stabilire con certezza dove esse siano. La maggior parte delle volte

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Ore 18:08:43. Un terremoto di magnitudo 4.9 (41.37°N, 14.45°E) colpisce l’Alto Casertano. L’epicentro è il Matese, per la precisione, i comuni di San Gregorio Matese, Castello del Matese, Piedimonte Matese e San Potito Sannitico. Il sisma si fa sentire anche a Napoli e nell’intera regione Campania. Anche il Molise trema. La popolazione di queste aree precipita nel panico. Ore 18:30. La macchina dei soccorsi scatta immediatamente: con l’andare dei minuti, arrivano notizie sempre più confortanti, che escludono vittime e feriti. Tuttavia si inizia a parlare di danni al patrimonio edilizio ed artistico. A Piedimonte Matese, per i cittadini intenzionati a dormire fuori casa vengono messi a disposizione il mercato coperto, il piazzale del Palazzetto dello Sport e l’area dei Salesiani. Intanto, comincia la prima, lunga notte di veglia. La paura è tanta e gli abitanti dell’Alto Casertano, compresi quelli che non hanno ricevuto danni alle proprie abitazioni, non se la sentono di rientrare. Moltissimi scelgono di dormire in auto oppure, o presso case di parenti e amici. Le prime verifiche al patrimonio artistico vanno avanti fino a notte fonda.

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30 dicembre

Ore 8:00. Con le prime luci dell’alba, i danni agli edifici si fanno più evidenti: ad Alife, pezzi di calcinaccio caduti dal campanile della Cattedrale ed una lieve crepa apertasi nel presbiterio e nella cripta, fanno propendere per una chiusura dell’edificio. Idem a San Gregorio e Castello del Matese per le rispettive chiese. A San Gregorio Matese inoltre, una frana danneggia la condotta idrica ma, grazie al serbatoio comunale, il disagio viene drenato fino a tutta l’intera mattinata. Ore 13:00. A Piedimonte, al termine del sopralluogo dei Vigili del Fuoco, di concerto con la Soprintendenza per i Beni Culturali, la chiesa di Ave Gratia Plena viene dichiarata inagibile, così come la Chiesa dell’Arciconfraternita del Carmine. Nel centro storico si accertano danni anche alla Chiesa di San Domenico e alla Basilica di Santa Maria Maggiore. Viene riaperto il reparto di Pediatria dell’Ospedale Civile di Piedimonte, chiuso la sera prima in via cautelativa.

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31 dicembre

Ore 7:00. Le scosse di assestamento si susseguono numerose, anche se di lieve entità, oscillando tra 1 e 3 gradi di magnitudo. All’elenco dei luoghi monumentali costretti alla chiusura si aggiungono purtroppo anche i Santuari francescani di Santa Maria Occorrevole e un’ala del Convento. Ore 15:00. Le Forze dell’Ordine e la Protezione Civile intanto sono in campo per gli opportuni accertamenti sulla statica degli edifici, nei territori maggiormente colpiti dal sisma. A Piedimonte, nonostante i danni generalizzati lungo tutto il territorio comunale, si fa drammaticamente evidente la situazione degli abitanti di Via Aldo Moro. Nella zona, popolarmente conosciuta come “la Bonifica”, molte abitazioni di recente costruzione presentano danni gravi alle murature. Molti appartamenti situati ai primi piani degli stabili, avendo risentito maggiormente dell’onda sismica, vengono dichiarati inagibili.

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estrapoliamo la posizione delle faglie da dove si pongono i terremoti. Nel caso specifico, i terremoti sono ubicati pressappoco dove si è concentrata l’attività sismica di fondo dal 2005 - anno in cui la Rete Sismica Nazionale è stata aggiornata ed infittita a scala nazionale fornendo quindi dati di maggiore qualità. Quanto questo evento sismico rientra in quelli appartenenti alle serie storiche altamente distruttivi del 1456, 1688, 1805? Si può affermare che questo sisma era quello atteso nell’ambito a partire da questa serie? Purtroppo è difficile dettagliare su eventi sismici che si sono verificati molto tempo fa e di cui abbiamo solo poche notizie storiche. Quello che sappiamo però dai documenti rinvenuti è che l’area in generale è stata colpita più volte da sismi intorno e anche superiori a magnitudo 7 e quindi un forte terremoto nell’area è possibile e certamente prima o poi si verificherà. Purtroppo allo stadio attuale delle nostre conoscenze non possiamo assolutamente dire quando. Tuttavia, la migliore maniera per “difendersi” dai terremoti non è prevederli, ma fare prevenzione e cioè, per esempio, rispettare le norme basate sulla mappa di pericolosità sismica che è una legge dello stato (http://zonesismiche.mi.ingv.it). Esiste una correlazione con i recenti eventi sismici nell’Umbria? Quali differenze con quello dell’Aquila? Non esiste una correlazione con i terremoti in Umbria e neppure con quello dell’Aquila a parte che entrambe queste zone (come pure il Matese) si trovano in Appennino e sono soggette ad uno stile tettonico estensionale caratterizzato da faglie “normali” come gia’ si diceva. In base alle serie storiche, qual è la massima magnitudo che ci si può attendere nella zona del Matese? Nella zona si possono verificare terremoti intorno a magnitudo 7. In che misura la natura del suolo nelle diverse zone di Castello, di Piedimonte Matese e della valle del Volturno può aver influenzato gli effetti. Che varietà di morfologia del suolo esiste nella zona del Matese? Le condizioni locali del suolo e la topografia possono amplificare il campo d’onda generato dai terremoti, ma è di norma difficile quantificare il livello di amplificazione. L’evoluzione dell’evento fa presupporre che il fenomeno sia in via di esaurimento o ci si deve attendere qualche altra scossa di intensità paragonabile? La sequenza sta diminuendo in numero di terremoti e di magnitudo massima come di norma si verifica a seguito di un evento principale come quello di M4.9 del 29 dicembre. Tuttavia ci si possono aspettare sicuramente degli eventi più forti come pure


«Restiamo insieme, e insieme andiamo avanti...» Un confronto con S. E. Mons. Valentino Di Cerbo: il sisma, la paura, la fatica di ricominciare, necessità di restare uniti

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1 gennaio 2014

Ore 10:30. La notte più intensa dell’anno, quella di San Silvestro, è ormai archiviata: tra gli abitanti delle zone terremotate però non c’è alcuna voglia di festeggiare. E difatti, l’indomani il lavoro di accertamento sugli edifici prosegue febbrile: presso la centrale operativa della Protezione Civile, allestita al piano terra del Municipio di Piedimonte Matese, le richieste di sopralluogo da parte di privati cittadini ed enti pubblici si fanno più insistenti: si oltrepassano così le mille domande. Anche la Croce Rossa invia una sua squadra a Piedimonte per un pronto intervento mentre le amministrazioni comunali continuano a stare in prima linea per monitorare la situazione.

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Eccellenza, all’indomani del terremoto, nel Messaggio che ha inviato alla sua Diocesi, ha scritto: “Inizieremo il prossimo anno con qualche difficoltà in più, ma da credenti sappiamo che il tempo della crisi è tempo di crescita, tempo per “terremotate” false sicurezze e stabilire l’esistenza sulla salda roccia delle convinzioni, degli atteggiamenti e dei sentimenti che ci rendono più umani”. Il nostri territorio non ha subito danni gravissimi, tuttavia risulta ancora difficile “vivere la normalità” come se nulla fosse accaduto. Quali convinzioni, quali sentimenti, oggi possono renderci più umani? La convinzione di essere creature fragili, affidate alla cura di Dio, che nel loro quotidiano: il lavoro, la dedizione alla propria famiglia…non perdono di vista l’essenziale, la passione per la vita semplice e onesta che non rincorre falsi miraggi e posizioni di prestigio da vantare davanti agli uomini. Questo ci insegna un terremoto: la convinzione di essere piccola cosa e al tempo stesso strumenti straordinari di pace, condivisione, di carità. E’ nel momento delle difficoltà che si generano quelle catene di solidarietà che nei giorni scorsi non sono mancate tra la nostra gente.

2 gennaio

Ore 16:00. Viene reso noto il report dei Vigili del Fuoco, circa l’inagibilità dei principali luoghi di culto piedimontesi: la chiesa di Ave Gratia (lesioni alla volta della navata centrale e sinistra e iniziale distacco della facciata principale), la chiesa del Carmine (lesioni alla volta e diffuse infiltrazioni), quella di San Domenico(lesioni all’arco del presbiterio ed alla volta della sacristia), la Basilica di Santa Maria Maggiore (lesioni sulla controfacciata e sulla volta della prima cappella destra), la chiesa di Santa Maria Occorrevole (lesioni capillari riscontrate lungo le pareti esterne e quelle interne al secondo piano del noviziato), e la monumentale torre campanaria. Risultano intatte la chiesa gotica di San Biagio, la seicentesca San Filippo Neri, la moderna Santa Lucia e la Chiesa parrocchiale di Sepicciano. Risulta danneggiato anche il torrino del Municipio e intanto si conferma la totale inagibilità della Casa canonica della Parrocchia di Santa Maria Maggiore.

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3 gennaio

Ore 9:30. Proseguono gli accertamenti sulle abitazioni civili danneggiate dal sisma: le prime stime, per il solo abitato di Piedimonte Matese, parlano di trecentottanta richieste di sopralluogo raccolte in sole ventiquattrore, dodici ordinanze di sgombero per circa una ventina di nuclei familiari, la maggior parte delle quali concentrate nella zona di Via Aldo Moro. Nel frattempo, la Croce Rossa ha approntato la palestra della Scuola Elementare G.G.D’Amore con trenta posti letto per le famiglie interessate dalle ordinanze di sgombero.

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non possiamo escludere anche un evento molto più forte come in linea con quanto menzionavo prima. albertoAttualmente, le mappe di rischio sismico sono redatte in base alla macrozonazione. E’ fattibile ed utile l’attuazione della microzonazione sismica nel territorio matesino? Qual è lo status di tale mappatura in Campania ed in particolare nel territorio matesino? E’ competenza dei comuni o di chi altro predisporre studi di microzonazione? Nella regione Campania è in vigore una delibera della giunta regio-

Zone sismiche

(livello pericolosità) zona 1 (alto) zona 2 (medio) zona 3s zona 3 (basso) zona 4 (molto bas.)

4 gennaio

Ore 16:30. I sindaci dei comuni del COM (Comitato misto, rispettivamente facenti capo a Piedimonte, Alife, Gioia Sannitica, Castello del Matese, San Gregorio Matese, San Potito Sannitico), pur avendo incassato dalla Regione Campania uno sblocco dei fondi per le aree più colpite dal sisma ricevono il rifiuto per la dichiarazione dello stato di emergenza, dovuto ad un limite imposto dal precedente governo Monti, tale per cui la dichiarazione dello stato di calamità viene riservata a situazioni ben peggiori rispetto al sisma nel Matese.

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5 gennaio

Ore 13:00. E’ passata una settimana dal terremoto, ma la paura permane anche nei cittadini che hanno potuto far ritorno nelle proprie abitazioni. Già dalle giornate precedenti, anche la Caritas diocesana, di concerto con i sindaci dei centri più colpiti dal sisma, diffonde i suoi contatti per venire incontro alle numerose richieste d’aiuto dei cittadini. Ad Alife intanto, permane l’inagibilità della Cattedrale, a seguito delle lesioni nella cella campanaria e delle pareti interne. Seri danni alla Chiesa di Santa Caterina, mentre risultano fruibili le chiese periferiche di San Michele e San Giovan Giuseppe della Croce.

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nale del 2002 sulla classificazione sismica che appare non completamente in linea con la normativa a scala nazionale. E’ bene tuttavia ricordare quanto viene riportato sul tema dal dipartimento della Protezione Civile: “Dal 1 luglio 2009 con l’entrata in vigore delle Norme Tecniche per le Costruzioni del 2008, per ogni costruzione ci si deve riferire ad una accelerazione di riferimento “propria” individuata sulla base delle coordinate geografiche dell’area di progetto e in funzione della vita nominaledell’opera. Un valore di pericolosità di base, dunque, definito per ogni punto del territorio nazionale, su una maglia quadrata di 5 km di lato, indipendentemente dai confini amministrativi comunali.” (http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/classificazione.wp).


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Si riferisce a qualche episodio particolare? Non abbiamo vissuto situazioni di estrema emergenza, ma ho potuto cogliere in molti casi la solidarietà e la vicinanza tra familiari, tra giovani e anziani, tra vicini di casa: una cosa straordinaria, che – contrariamente ai rischi anche sociali che comporta un evento tragico come questo – deve irrobustire le fondamenta della nostra vita e farci sentire uniti. Le difficoltà non mancheranno, soprattutto nei prossimi mesi: l’emergenza durerà ancora molto e costringerà diverse famiglie a tirare la cinghia per riparare le proprie abitazioni. Per molti questo significherà rinunce, fatica, delusione per un futuro che tarda a “ricomporsi”. Cosa sente di dire alla sua gente? “Si dimentica forse una donna del suo bambino? (Is 49,15)”. Il Signore ha a cuore la vita di ciascuno, conosce le nostre debolezze, ma soprattutto il nostro coraggio che egli sosterrà e accrescerà nella “ricostruzione” del prossimo futuro. Da quando sono in questa Diocesi ho avuto la fortuna di incontrare e conoscere famiglie, singoli, catechisti, politici, capaci di reinventarsi ogni giorno, nonostante la consapevolezza di vivere in un contesto geografico ai margini della politica e degli affari che contano. La nostra gente vive di una passione importante, quella per la propria terra e per l’uomo. Contiamo sull’aiuto che i Sindaci dei nostri comuni potranno ottenere dalla Regione, dal Governo centrale, ma anche sul sostegno concreto che potremmo avere per la ricostruzione delle numerose chiese danneggiate, che al momento risultano inagibili. La possibilità presentata dalla Regione, di destinare finanziamenti alle chiese terremotate, ha sollevato polemiche, e un conseguente fiume di commenti dal sapore anticlericale, che in un momento delicato come questo paiono fuori luogo. Oltre che fuori luogo, sono commenti che offendono la sensibilità di quanti hanno mostrato da subito la preoccupazione per la stabilità dei nostri templi: luoghi di incontro, di preghiera, partecipazione, di scambio, i luoghi dell’ascolto; e spesso sul nostro territorio gli unici spazi a disposizione della collettività. Non mi riferisco solo alle attività puramente pastorali che ordinariamente ci coinvolgono, ma anche a quelle culturali o laiche in genere che trovano nelle chiese ospitalità e accoglienza. Mi sorprende, ma di questo sono grato, che dalla popolazione più anziana – quella che oggi vive di piccole pensioni – sia venuta la proposta di contribuire alla ricostruzione delle chiese. Come lo leggiamo questo atteggiamento? E’ frutto della saggezza di chi si sente parte di una famiglia e pensa al futuro di essa, pur nella consapevolezza di non esserci più un giorno. Del resto questo patrimonio, di cui la Diocesi ha la diretta responsabilità giuridica, altro non è che un bene della collettività, oggi come negli anni che verranno.

6 gennaio

Ore 18:00. Nella giornata dell’Epifania, anche i comuni interessati dal sisma festeggiano l’arrivo della Befana. A Piedimonte, l’Amministrazione comunale tiene la consueta cerimonia, già calendarizzata, proprio per favorire un rapido ritorno alla normalità. Lo stesso avviene per la Parrocchia di Sepicciano, dove si tiene un concerto della corale parrocchiale, già programmato. Poco più in là, continua il lavoro della sala operativa della Protezione civile. Cerimonia sottotono, ma ugualmente solenne anche per le Comunità di Santa Maria Maggiore ed Ave Gratia Plena, la prima costretta a riparare nell’Auditorium comunale mentre la seconda ospitata nella Chiesa di Santa Lucia. L’indomani, per i ragazzi dell’Alto Casertano, si torna a scuola: il comune ha già accertato e fatto presente l’agibilità delle scuole comunali, eccetto l’Istituto Agrario, temporaneamente alloggiato nei laboratori dell’Istituto Indistriale.

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13 gennaio

Ore 16:00. I sindaci del Matese (V. Cappello, G. Avecone, C. Mallardo, F. Imperadore, M. Fiorillo e A. Montone) vengono ricevuti dal presidente della Regione Stefano Caldoro, il quale garantisce l’avvio celere di procedure per il sostegno ai comuni e ai cittadini colpiti dall’emergenza. Mediante una convenzione stipulata con Comuni e Vigili del Fuoco, la Regione si servirà di questi ultimi per i lavori di messa in sicurezza delle abitazioni gravemente danneggiate, facendosi carico degli oneri economici. Messa in sicurezza e adeguamento sismico delle strutture pubbliche strategiche (municipi, scuole e uffici pubblici). Possibilità risolutive anche per la sicurezza dell’Ospedale Civile. Tempi più lunghi, invece, per gli interventi al resto dei fabbricati lesionati.

A cura di ALFONSO FEOLA n.1

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E’ legittimo dunque che ognuno abbia avuto premura per la “propria casa”… Ogni vescovo, come ogni parroco, o un padre di famiglia ha la responsabilità dei beni che gli sono affidati. Sarebbe inammissibile il contrario… Ma la nostra responsabilità, posso dirlo con serenità e fermezza, va bel oltre le chiese. Tramite la Caritas diocesana abbiamo dato disponibilità ai Sindaci di Piedimonte, Alife, Gioia Sannitica, Castello del Matese, San Gregorio e San Potito per le necessità impellenti delle persone colpite dal terremoto. Le nostre porte rimarranno aperte – come lo sono tutt’ora - per le emergenze di quelle famiglie che faranno presenti le proprie necessità. Ma la Carità non è un racconto, essa è un’esperienza che passa dal cuore alle mani, non necessariamente dalla pagine dei giornali. Queste chiese sono anche scrigni d’arte. Il nostro territorio deve a questi luoghi la conservazione della memoria, dell’identità locale, della cultura che siamo stati in grado di produrre. Corriamo forse il rischio che rimangano chiuse per troppo tempo e qualcosa di noi vada perduto? E con quali conseguenze logistiche e sociali? Stiamo procedendo con le opportune verifiche circa la stabilità e agibilità delle strutture; dapprima in collaborazione con i Vigili del Fuoco prontamente intervenuti e i tecnici del MiBac, poi con le ditte da noi incaricate e autorizzate dal Ministero per i Beni Culturali alla tutela degli edifici di culto. Purtroppo, la carenza di saloni parrocchiali spaziosi penalizza le nostre liturgie, ma questo non ci impedisce di rimanere famiglia unita, che guarda avanti, senza adagiarsi ai disagi del momento. L’entusiasmo e la speranza sono gli ingredienti che contano. Uno sguardo al territorio, ferito e fiero di aver reagito bene. A chi sente di rivolgere una parola in particolare? La mia preghiera, in questi giorni - come nei giorni passati - è per tutta la famiglia diocesana: i volontari della Protezione Civile che in più comuni hanno lavorato con prontezza e competenza, gli amministratori comunali e con essi i Sindaci che infaticabilmente non hanno lasciato il “posto di comando”, i parroci che alle 18.08 del 29 dicembre stavano celebrano l’eucarestia – io stesso ero a Pratella nella chiesa dedicata alla Sacra Famiglia - ; i fedeli che hanno vissuto la tremenda paura di quei lunghi secondi sotto le volte tremanti delle chiese; gli anziani, i tanti anziani, che non sono potuti fuggire dalla loro case; i bambini che non dimenticheranno facilmente. E un pensiero particolare ai commercianti dei nostri piccoli comuni, anelli di una catena già debole, che faticosamente regge il peso di una crisi che sembra non arrestarsi più. Resistiamo insieme e insieme andiamo avanti, senza temere di tendere la mano per chiedere o per donare.

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VISITA PASTORALE Speciale

Una Chiesa che dialoga Dopo ottant’anni la Visita Pastorale ritorna a Caiazzo

L’incontro del Vescovo con le Parrocchie Maria SS. Assunta e San Nicola de Figulis-San Pietro del Franco: «Abbiamo sentito forte la presenza premurosa della Chiesa in mezzo a noi...»

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ono trascorsi poco più di ottant’anni dall’ultima visita pastorale nell’ex diocesi di Caiazzo. Dal 1986, dopo l’unione con la diocesi di Alife, il tentativo di iniziare e condurre a termine una Visita Pastorale ha trovato numerosi ostacoli, in ultimo il trasferimento di Mons. Pietro Farina alla Diocesi di Caserta. E’ stato in occasione del recente giubileo diocesano che Mons. Valentino Di Cerbo ha annunciato la ripresa della Visita pastorale. Una visita “rivisitata” in molti aspetti, soprattutto nella scelta di incontrare sul territorio - nello scambio costruttivo di pareri, opinioni, speranze e difficoltà la gente. Da parte del Vescovo, la scelta di privilegiare gli organi di consulta delle parrocchie, le

A cura della Redazione

associazioni cattoliche e laiche del territorio e poi malati e disabili. Il confronto “istituzionale”, quello con i responsabili della cosa pubblica, con il mondo imprenditoriale e sociale in genere, è stato affidato ai Convegni di forania e alle fasi preparatorie di questi singoli eventi che di fatto “aprono” la Visita del Vescovo in una precisa area geografica della Diocesi. Il 7 gennaio il Vescovo ha iniziato il suo ciclo di incontri a Caiazzo presso la parrocchia Maria SS. Assunta (chiesa Concattedrale, che pochi mesi fa ha assunto il titolo di Basilica minore) e la settimana successiva presso la parrocchia San Nicola de Figulis-San Pietro del Franco: prima i consigli pastorali parrocchiali e i consigli per gli affari economici, motore di ciascuna parrocchia per il suo “funzionamento” pastorale ed economico; poi una lunga serie di incontri con i comitati festa, le scholae catorum, gruppi di preghiera, ragazzi del catechismo e rispettivi genitori e studenti del territorio. Settimane movimentate da un gran desiderio di comunicare, di raccontare, ma soprattutto dalla necessità - da parte delle persone - di trovare nel Vescovo un interlocutore adulto, un padre premuroso e vicino, disponibile all’ascolto: l’esperienza dei tanti operatori pastorali che gravitano intorno alle iniziative parrocchiali, ma anche dei giovani delle associazioni laiche che Mons. Di Cerbo ha incontrato (in questo caso alla presenza del sindaco della città, Tommaso


L’incontro con gli studenti del Liceo Scientifico e dell’Istituto per Geometri

L’incontro con le associazioni laiche presso la sede della Pro Loco

L’incontro in località “Cappella”, presso la chiesa di Sant’Angelo

Sgueglia), si caricano della fatica comune di intercettare i bisogni delle giovani generazioni e riuscire a stabilire con esse forme di dialogo e di partecipazione duratura e costante. Sono numerosi gli adolescenti e i giovani che scelgono di trasferirsi altrove per studio o lavoro; mentre per altri si avverte il campanello d’allarme legato all’uso di alcol e sostanze stupefacenti; per altri ancora l’isolamento totale da ogni forma di contatto – se non quello virtuale – con la realtà che li circonda. Denunce che tuttavia trovano risposte confortanti nell’altra faccia dell’universo giovanile che Mons. Di Cerbo ha incontrato in queste due settimane in occasione degli incontri con le scuole del territorio (dalla Primaria alle Superiori): all’apparenza si rimane stupiti, ma di fatto non sorprende la curiosità e l’intelligenza delle domande, la voglia di conoscere, l’esigenza di avere risposte concrete da un mondo adulto (potenza assoluta dell’universo giovanile!). Tanti i “perché” e tante domande di senso, quelle che i ragazzi hanno posto al Vescovo e che inevitabilmente ci pongono di fronte ad una riflessione: quanti adulti autorevoli compiono il gesto umile di chiedere a questi giovani spettinati o pesantemente gelatinati, acqua e sapone o 10

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decorati di trucco appariscente, sognanti o distratti; insomma, quanti adulti osano prendere la parola e dire loro: “Ecco, sono qua per ascoltarti…”? Situazioni in cui non contano le risposte, ma il tempo dedicato ad essi che coraggiosamente si lanciano a precipizio con legittima polemica o con felice entusiasmo in domande che interrogano pesantemente il mondo adulto, o in racconti di sé. “Quanto guadagnano un prete e un vescovo? E cosa ne fanno di quei soldi? Perché la Chiesa “si veste” di paramenti? Perché la Chiese condanna i rapporti sessuali prematrimoniali? Come fa un giovane a discernere la chiamata al sacerdozio?”. Coraggio esclusivamente giovanile, segno della libertà e della disponibilità a capire e mettere (e mettersi) in discussione. Semi buoni di una visita pastorale che inevitabilmente crea un nuovo ponte, un rinnovato legame tra la Chiesa e la gente di questa terra. Dalla parte dei giovani si è posto anche un altro intervento del Vescovo, quello rivolto ai Comitati festeggiamenti, oggi alle prese con bilanci e burocrazia che la legge impone all’organizzazione degli eventi di piazza. In diverse e ripetute occasioni Mons. Di Cerbo ha chiesto ai rappresentanti dei Comitati di coinvolgere sui palchi delle feste i giovani artisti del territorio; e ancora lo chiede: «Perché non dare la giusta evidenza a cantanti e musicisti, queste simpatiche band che nascono nelle nostre parrocchie, nei quartieri e nei garage sotto casa?». Un pensiero aggiunto è stato quello di devolvere una minima cifra del bilancio della festa per un segno concreto di carità. L’orientamento pastorale proposto dal vescovo e che emerge ormai con chiarezza nei suoi interventi è: partecipazione, carità, dialogo. Ed è proprio nell’ottica di questi verbi, con cui potremmo riassumere anche il senso della Visita pastorale, che si collocano anche i centri di ascolto e i momenti conviviali svolti in zone periferiche della città (Cappella, fam. Insero, Cameralunga): qui, il dialogo con un mondo prevalentemente più adulto, o maggiormente anziano, ha messo in luce l’antica tenerezza di uomini e donne dediti al lavoro agricolo, alla puntualità degli impegni, al rispetto per gli altri e “per le cose di Dio”. Una lettura, quella emersa al termine di due settimane di incontri, che permette al Vescovo di individuare per gli uomini e le donne di questa Diocesi (e soprattutto per queste chiese locali) un rigenerato stile di vita, ossia quello di essere Chiesa in ascolto, Chiesa eucaristica e – richiamando un’esortazione di Papa Francesco - una Chiesa in uscita. Una Chiesa che si confronta e dialoga con gli altri, che attorno all’Eucarestia impara un nuovo stile di vita costruito sulla fraternità, l’essenzialità, il servizio, la condivisione, la solidarietà: ricchezza da trasmettere e condividere necessariamente con l’umanità.


Un giorno ho incontrato

4 Un giorno ho incontrato il ragazzo speciale A

Meno di un anno fa partiva il torneo letteraio “Un giorno ho incontrato...” a cura della Biblioteca diocesana San Tommaso d’Aquino. Oltre centoventi partecipanti tra gli studenti delle scuole superiori del territorio diocesano si mettevano alla prova mostrando, prima che le loro capacità di scrittura, le emozioni e i sogni. Ben venti di quelle opere sono giunte alla fase finale del Concorso. Esse saranno pubblicate ogni mese sulle pagine centrali di Clarus per essere staccate e raccolte. Tra i racconti, nove, individuati dalla commissione esaminatrice sono confluiti nel libro “Un giorno ho incontrato...” edito da Città Nuova presto in distribuzione.

vevo appena quindici anni e la mia vita si stava già sgretolando in un baratro di disperazione; eppure tutto era cominciato con la cosa più bella e, al tempo stesso, più devastante al mondo: l’amore. Ero rimasta folgorata da lui sin dal primo incontro. Mi piaceva in tutto ciò che faceva, mi piaceva in tutto ciò che era. Amavo la sua aria fiera e un po’ ribelle, il suo modo di camminare, di vestire, il suo stile di vita tanto leggero e spensierato, il suo aspetto quasi scomposto ma affascinante, il suo essere sempre allegro e socievole, la sua popolarità, il suo essere più grande di me e, persino, la sua frivolezza che, allora, mi appariva come uno dei tanti pregi. Per me era una persona impeccabile, favolosa. Volevo anch’io entrare a far parte del suo mondo dorato, lo volevo ad ogni costo ed ero talmente abbagliata da questo desiderio che, senza nemmeno rendermene conto, cominciai a diventare una persona molto diversa da quella che ero sempre stata. Lo seguivo sempre e cercavo di somigliargli quanto più possibile, perché mi notasse: vestivo in modo alquanto discutibile per sembrare più grande, prendevo al bar le sue stesse cose, saltavo la scuola e facevo in modo che se ne accorgesse, affinché mi ritenesse una ragazza indipendente, proprio come lui. Ero del tutto presa dalle mie fantasie ed ero assente per tutto il resto, dalla famiglia agli amici, allo studio. Non avevo più il tempo per fare i compiti perché avevo sempre l’impellente bisogno di uscire, di vederlo, di restare in piazza sino a notte fonda. Avevo litigato con i miei compagni, anche quelli di vecchia data, quelli a cui avevo tenuto più di ogni altra cosa, quelli per cui avrei fatto l’impossibile. Mi dicevano che stavo diventando insopportabile, che non dovevo assolutamente frequentarlo perché aveva una pessima influenza su di me. Quanto odiavo questi consigli così arroganti: chi erano per giudicarlo? Non lo conoscevano affatto! Mi allontanai da loro, perché ero stanca di ascoltare le solite chiacchiere inutili. Il loro disappunto aumentava, così mi costrinsero a scegliere definitivamente: la loro amicizia o lui. Scelsi lui. Quanto me ne pentii in futuro! Quando avrei voluto un amico fidato accanto ed invece non c’era. Allora trascorrevo molto tempo davanti allo specchio, più del solito e più del dovuto. Uno specchio che non mi riconosceva più da tempo, uno specchio che mi vedeva trafficare con i capelli e con il trucco, tutto per apparire al meglio, tutto per lui. Non c’era altro che questo, però: apparenza e futilità. Alla fine, comunque, i

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miei sforzi furono premiati e lo conobbi. Dopo poco tempo stavamo già insieme ed ottenni il mio angolo di paradiso. La mia vita era diventata perfetta, davvero perfetta. Ero, ormai, una persona dissoluta, che si perdeva in banalissime cose e pensava solo a divertirsi, senza preoccuparsi delle conseguenze; ma non importava perché avevo lui e a me bastava. Più credevo di avvicinarmi al suo cuore, più mi convincevo che saremmo stati uniti per sempre, più stavo bene. Mi sentivo realizzata e, in qualche modo, protetta. In realtà, l’unica cosa alla quale mi stavo avvicinando era la rovina. Un giorno m’invitò ad una festa. Ero così emozionata all’idea di uscire con lui, davanti a tanta gente, per giunta. Mi sentivo importante, sicura di me, soddisfatta e non poteva esistere di meglio al mondo. Proprio allora, però, successe ciò che avrei dovuto evitare e qualche settimana dopo, i miei peggiori sospetti furono confermati: scoprii di aspettare un bambino. All’inizio sentii solo un grande vuoto dentro, come la sensazione che si prova sull’orlo di un precipizio, come se qualcuno mi avesse risucchiato l’anima. Non riuscivo a pensare lucidamente, ero attonita, inerme ed avevo un’espressione vacua. Mi sembrava di trovarmi in un incubo: mi era inconcepibile cosa era accaduto. Poi, d’un tratto, ripresi a ragionare e mi assalirono una rabbia ed un rimorso insopportabili, per il modo in cui avevo calpestato la mia dignità con tanta determinazione. Immaginare cosa avrei dovuto affrontare, essere consapevole del mio mostruoso sbaglio, era davvero avvilente. Avevo un timore allucinante di questa responsabilità che mi opprimeva e non smettevo mai di chiedermi come avessi fatto ad essere tanto cieca e priva di giudizio. Mi sentivo completamente persa, abbandonata, incatenata ad una situazione dalla quale non potevo evadere in alcun modo, come prigioniera di me stessa. C’era qualcosa che cresceva e mi logorava dall’interno allo stesso tempo e non sapevo accettarlo. Non pensai mai di confessarlo a lui, perché sapevo che si sarebbe tirato indietro e che dovevo sbrigarmela da sola, così ruppi semplicemente ogni rapporto e da quel giorno diventammo completi sconosciuti. Capii che le uniche persone disposte ad aiutarmi, erano i miei genitori, quindi raccolsi tutto il coraggio che avevo e diedi loro la notizia. La reazione non fu delle più piacevoli: erano sbigottiti e spiazzati almeno quanto me. Mi chiesero di raccontar loro com’era potuto succedere, ma io mi rifiutai per vergogna o per paura, o forse per entrambe. Non la presero bene e mi diedero una punizione severa, carica di delusione, apprensione e rabbia, sperando che avrei confessato, ma io ero una tomba: non avevo più niente da perdere o guadagnare e quando se ne resero conto, compresero che non c’era bisogno di punirmi in quel modo, perché ci avevo pensato da sola. Sapevano che ero estremamente pentita e che mi dispiaceva troppo dover dare loro un pensiero così gravoso. Penso mi ritenessero una figlia ingrata, disobbediente o che, addirittura, si sentissero in colpa per non avermi saputo impartire dei principi sani. Stavo peggio solo a pensarlo. Con il tempo, si abituarono all’idea di tutto ciò e, per amore verso di me, decisero che mi avrebbero

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appoggiato, qualunque cosa avrei scelto di fare. Le mie intenzioni erano chiare, anzi, cristalline: volevo l’aborto e lo volevo subito. Era una decisione piuttosto drastica, ma ero troppo giovane per affrontare un qualcosa di tanto complesso e snaturato. Mi sentivo troppo confusa e non ero neppure lontanamente pronta ad avere un bambino. Nessuno avrebbe potuto far crollare le mie convinzioni, perché l’aborto era l’unica speranza, l’unico modo di ritornare alla mia vita come se niente fosse accaduto; così andammo all’ospedale per parlare con un medico e decidere il da farsi. Per la prima volta dopo un mese, mi sentivo sollevata, ma c’era ancora un dubbio che mi rodeva la testa: stavo davvero facendo la cosa giusta? Non dovevo farmi prendere da un improvviso attacco di amore materno, non potevo. Dovevo essere convinta a volermi cavare fuori da quest’impiccio, proprio come lo ero stata a mettermici dentro. Dopo il colloquio con il dottore, sedevo nel lungo corridoio dell’ospedale completamente deserto, aspettando che i miei genitori terminassero la solita prassi burocratica; gli occhi fissi sull’orologio, il mento sulle mani, qualche sguardo alla maglietta che tra qualche mese mi sarebbe di sicuro andata strettissima, immersa in una moltitudine di pensieri. La verità era che lo stavo facendo per cancellare dei ricordi troppo amari. Mi sentivo come un delinquente che sta distruggendo le prove del suo crimine. Ero nauseata. Nauseata da questo mondo ripugnante, da chi mi aveva portato a tanta laidezza, ma soprattutto da ciò che avevo fatto io. Credevo che nessuno potesse capirmi, che nessuno stesse peggio di me in quel momento. Tutto ciò che aspettavo, forse, era addirittura


la morte o un miracolo. Chiusi gli occhi. La prima non arrivò, ma il secondo apparve ben presto. Era un ragazzo. Un ragazzo sui sedici anni radioso che salutava medici ed infermieri come se li conoscesse da anni ed anni. Si muoveva in quell’ospedale, come se fosse a casa sua ed, in effetti, lo era. Aveva anche una stanza, lì, che era piena di aggeggi di ultima tecnologia; aveva playstation di ogni genere, cellulare, tablet, televisione, computer: tutto ciò che un sedicenne possa desiderare. Aveva anche molte foto sul comodino e appese al muro: foto dei suoi familiari, della sua ragazza, dei suoi amici, foto delle città e dei luoghi più belli al mondo, quelli che lui non avrebbe mai potuto visitare. Il suo letto era sempre occupato da tanti peluches e da tanti ricordi, quelli della sua vita passata. Era anche un ragazzo con cui non potevi non sederti a parlare: ciò che diceva era di una profondità singolare. Era una persona solare, gentile, amava scherzare e a volte era un po’ malizioso, ma quel suo sorriso era capace di rendere insignificante ogni provocazione ed ogni presa in giro. Era bellissimo. Bello di una bellezza angelica che non poteva essere scalfita da alcuna sofferenza, una bellezza che scaturiva da una maturità molto elevata, da un’intelligenza davvero brillante. Un sedicenne come pochi; ma pure nel suo essere quasi perfetto, dietro il suo sguardo azzurro e ridente, custodiva un qualcosa di triste e malinconico; un destino crudele dal quale non poteva fuggire: sangue bianco, traslitterando semplicemente l’originario significato greco. Ecco cosa scorreva in lui. Ecco cosa lo aveva condotto in quella stanza, in quel letto di quell’ospedale. In quella nuova, orribile vita. Aveva visto finire le serate con il motorino, le giornate al mare, le passeggiate con la ragazza, i pranzi e le cene in famiglia, il Natale, la Pasqua, le feste con gli amici, la squadra di calcio, la sua amata batteria e tutto ciò che sembra fondamentale e, al contempo, speciale per un comune ragazzo della sua età. Faceva lezione via webcam, perché se c’era una cosa che gli mancava davvero tanto era la scuola, la sua scuola, il Liceo Classico, dove aveva imparato a vedere il mondo con occhi più attenti; dove aveva imparato a ragionare e aveva allenato la sua mente per poter rendersi utile agli altri, un giorno. Temeva solo che ciò non sarebbe mai accaduto: si, aveva paura e, a volte, lo confessava. Non lo diceva mai, ma si poteva chiaramente capire che questa paura stava diventando davvero atroce ed immensa. La paura di lasciare qualcosa in sospeso, di dover dire addio a qualcuno di caro, di non avere abbastanza tempo per fare ciò che avrebbe voluto. Il tempo gli sfuggiva di mano sempre, così vegliava anche di notte, come per recuperare dei pezzi di vita. Esternava questi sentimenti solo rare volte, come un segreto di cui vergognarsi. Voleva essere forte e lottare contro questa cosa più grande di lui. Voleva lottare perché aveva dei sogni e non li ha mai abbandonati, nemmeno nei momenti di sconforto assoluto, nemmeno dopo le brutte notizie che gli piovevano addosso come in una tempesta. Aveva perso del tutto la fede in Dio, ne era assolutamente convinto e, del resto, come poteva continuare ad averne? Credeva fermamente nei suoi progetti, però, nelle

sue forze e sperava sempre che il sole avrebbe rischiarato il cielo grigio e nuvoloso di quella sua esistenza. Dopo il liceo e l’università, infatti, sarebbe diventato medico, avrebbe continuato a giocare a calcio in una squadra importante, avrebbe sposato la sua ragazza e avrebbero vissuto insieme in una casa su un lago con i loro bambini. In quel periodo della mia vita, avrei voluto avere almeno un pò della sua tenacia, ma proprio non riuscivo a trovarla. Quando ci conoscemmo, per me, era molto difficile riuscire a fidarmi degli altri e all’inizio pensai di non voler stringere dei legami: ero convinta che avrei sofferto di nuovo, ma lui mi mostrò che poteva esserci un altro modo di avere una relazione, un modo che non conoscevo. Mi fece anche comprendere che le persone non sono tutte meschine, tutte uguali come pensavo, che c’è ancora del buono sulla Terra, un barlume piuttosto fioco, ma presente ed efficace. Mi pregava sempre perché studiassimo insieme ed io, ogni volta, inventavo una scusa per correre all’ospedale. Mi conoscevano quasi tutti, ormai. Ero un’assidua frequentatrice di quel reparto e nessuno tentava più di cacciarmi, perché mi identificavano come la sua amica ed era sufficiente a lasciarmi passare. Mi piaceva questo appellativo, perché mi faceva sentire apprezzata. Parlavamo davvero tanto e non mi annoiava mai perché riusciva, in qualche modo, a strapparmi dalla melensa quotidianità che mi circondava, mi faceva pensare alle cose che contavano veramente. Mi chiedeva di me, dei miei interessi, dei miei amici, di tutto ciò che facevo, come se per lui fosse una realtà troppo lontana da raggiungere. Era molto curioso, di una curiosità vivace ed assetata: voleva sempre sapere, n.1

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imparare e ancora sapere. Mi dava dei consigli. Un giorno gli raccontai la mia disavventura e mi disse che per lui era assurdo ciò che avevo intenzione di fare: mi obbligò a pensare a tutte quelle persone che lottano ogni giorno, con tutte le loro forze, per la vita, mentre io volevo distruggerne una. Mi sentii un individuo spregevole in quel momento, ma ero comunque risoluta a non cambiare idea. Eravamo così impegnati a preoccuparci di queste cose che avevamo dimenticato persino dov’eravamo e perché. Ecco, lui aveva questa capacità: rendere anche il momento più buio, migliore. Trascorrevamo dei pomeriggi intensi, interessanti. Da lui avevo imparato come si vive in un ospedale e come si fa a renderlo un posto piacevole. Mi aveva fatto conoscere altre persone affette dalla sua stessa malattia e mi aveva insegnato a farle sorridere. Sapeva risollevare il morale a tutti e invece di pensare a sé, tranquillizzava persino l’ansia e il dolore di sua madre. Si preoccupava per gli altri bambini malati e si comportava come un fratello maggiore con loro; cercava di rallegrare le tante giornate in cui erano rinchiusi in quelle mura, indeboliti dai farmaci e tentava di distrarli in ogni modo, perché diceva che “è fondamentale essere contenti, anche solo per un attimo”. Era un ragazzo speciale, nonostante gli mancasse la cosa più preziosa al mondo, nonostante fosse consapevole del fatto che non gli rimanesse molto altro tempo. Avrebbe potuto chiudersi in se stesso, come avevo fatto io, e deprimersi: ne avrebbe avuto tutte le ragioni, ma non lo fece perché la sua più grande qualità era il coraggio; per questo si diede agli altri e cercò di vivere nel modo più felice possibile. In confronto, mi sentivo una nullità, una codarda, quasi un’assassina. Come potevo essere tanto egoista? Come potevo farmi soggiogare dalla paura in quel modo, quando invece, lui era così tenace nonostante la sua situazione? Capii che mi ero sbagliata di grosso, che c’era qualcuno in condizioni peggiori delle mie, ma tutto questo riflettere e rimuginare, non mi portava ad un esito diverso, perché lui era ancora lì a sostenermi, a fare appello alla mia umanità. Voleva a tutti i costi che il bambino nascesse, voleva che capissi che eliminare l’aborto, sarebbe sempre stata la scelta più giusta, che avrebbe magnificato anche me stessa e che non c’era alcun motivo abbastanza valido da giustificare il porre fine ad una vita . Io, però, ero insensibile a questi espedienti; forse perché non avevo mai conosciuto davvero la morte e non immaginavo cosa fosse avvicinarcisi ogni giorno di più. Poi mi fu comunicata la brutta notizia: lui se n’era andato, con il suo sorriso sereno e la sua simpatia. Solo in quel preciso istante, scattò la molla che era stata tesa e ferma per tutto quel tempo. Capii, finalmente, cosa si provasse di fronte ad uno dei misteri più grandi per l’uomo e seppi esattamente cosa avrei dovuto fare: così mentre una giovane vita si spegneva, un’altra aveva deciso di risalire i fianchi di quel baratro tanto buio e profondo, di illuminarli con ritrovata speranza e trionfare sulla paura dell’ignoto. Decisi di tenere il bambino. Non mi sembrava vero, ma alla fine volevo farlo davvero e sapevo che lui, il mio migliore amico, sarebbe stato fiero di me. Mi dispiaceva solo il fatto che non avrebbe avuto la possibilità di vedere il bambino per cui aveva tanto discusso; o forse no, perché l’aveva già

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visto, come diceva sempre, in sua madre. Non fui presente al suo funerale perché sapevo che non lo desiderava. L’unica cosa che potetti fare per rispettare la sua memoria, fu andare di nuovo nel corridoio in cui l’avevo incontrato, poi nel reparto per salutare gli altri bambini ed infine nella sua stanza: luminosa, proprio come lui. Riguardando quelle pareti, quel letto e i nostri ricordi, mi venne solo da sussurrare un “grazie”. Lì, pensai che incontrarlo fosse stata un’esperienza unica, meravigliosa. Lui mi aveva salvato in ogni modo in cui una persona potesse essere salvata. Senza di lui non ce l’avrei mai fatta ad andare avanti; mi è stato accanto giorno dopo giorno e mi ha trascinata fuori dal naufragio in cui ero incappata. Mi aveva insegnato a combattere anche quando tutto sembrava perduto, ad avere fiducia in me, a non indugiare o avere rimpianti, a dare il cento per cento sempre e in tutto ciò che faccia, a pensare al futuro, ma soprattutto a vivere il presente, perché ogni momento potrebbe essere l’ultimo e vale la pena goderselo. E’ forse per quello che mi ha lasciato, che la sua morte non mi dà tanta tristezza: lo sento ancora vicino attraverso le sue parole, i suoi gesti. L’ho ammirato infinitamente e non potrò mai dimenticarlo. Una delle ultime cose che ha fatto, l’ha fatta con me: è stata bere una coca-cola. Diceva che “a volte non c’è niente di meglio di una coca-cola fresca bevuta in compagnia di un’amica e che forse, alla fine, puoi sperare solo in quest’ultimo, felice pensiero.” Riflettendo su questo, mi guardai per caso allo specchio sul suo armadio e riconobbi una ragazza dall’aspetto familiare, una ragazza che non vedevo da tanto tempo. Sorrisi. Aveva proprio ragione, avevo fatto la scelta giusta ed ero cambiata ancora o, per meglio dire, ero di nuovo io.


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Dalla CRONACA

Dalla CRONACA

12 DICEMBRE. La comunità di Alvignano ha vissuto quattro giorni in compagnia della Vergine del Rosario di Pompei. Momento di commozione quando il quadro, portato in spalla, è giunto al Santuario dell’Addolorata dopo aver recitato il Rosario e celebrato la santa messa. Alcune iniziative hanno caratterizzato i giorni della presenza del quadro: la visita agli ammalati fatta dai sacerdoti e dalle suore che hanno accompagnato la Madonna; l’unzione degli infermi amministrata dal nostro Vescovo, Mons. Valentino Di Cerbo; un momento culturale per i ragazzi delle scuole medie; la processione per le strade del paese. Molti gli ammalati delle parrocchie di San Nicola e di San Sebastiano sono stati raggiunti dall’équipe per essere ascoltati e confessati. Un momento molto forte è stato il ringraziamento fatto dal parroco, don Emilio Meola, in cui ha anche spiegato il perché della presenza del quadro in parrocchia. I sacerdoti e le suore che hanno accompagnato la missione mariana hanno poi lasciato alla parrocchia un quadro con l’immagine della Madonna.

13 DICEMBRE. Un atto di grande generosità, coraggio, solidarietà e amore è quello che ha visto protagonisti una sorella e un fratello di Piedimonte Matese. Lui soffriva di una malattia renale cronica e lei gli dona un rene. L’espressione più alta della bontà fraterna proprio a ridosso del Natale. In una società in cui i non valori acquisiscono sempre più vigore, gesti di questo genere devono indurre alla riflessione, a un esame di coscienza.

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16 DICEMBRE. Alberico Bojano, di San Gregorio Matese, si aggiudica il primo premio del concorso letterario nazionale “Salva la tua lingua” indetto dall’Unione Nazionale Pro Loco d’Italia e Legautonomie Lazio, in collaborazione con il Centro di documentazione per la poesia dialettale “Vincenzo Scarpellino” di Roma e il Centro Internazionale Eugenio Montale. L’opera, La commare all’intrasatta, è risultata vincitrice tra i 59 racconti passati al giudizio della giuria. Il 16 gennaio la premiazione a Roma presso la Sala della Protomoteca in Campidoglio, mentre il giorno successivo, 17 gennaio, sarà celebrata come ogni anno la Giornata Nazionale dei Dialetti.

21 DICEMBRE. Doloroso l’addio a Rosa Folco, figlia del Sindaco di Sant’Angelo d’Alife. Dopo una falsa speranza di miglioramento la donna non ce l’ha fatta e pochi giorni prima delle feste natalizie è deceduta. Era stata ricoverata per un periodo presso l’ospedale Tor Vergata di Roma dopo essere stata colpita da un aneurisma cerebrale. Tutte le attività natalizie organizzate in paese erano state sospese, e poi del tutto annullate, in segno di vicinanza e solidarietà nei confronti del primo cittadino, al quale la comunità si sente ancora più vicina dopo il tragico evento.

23 DICEMBRE. A Pontelatone in località Patricella avviene un tragico incidente. Un’Alfa Romeo 166, alla cui guida si trova un giovane di Santa Maria C.V., si scontra violentemente con una Fiat Uno condotta da Gennaro Di Rauso, 78 di Pontelatone, causando la morte di quest’ultimo. Sul luogo dell’accaduto accorrono tempestivamente i Carabinieri del Nucleo Radiomobile della Compagnia di Capua e quelli del Comando di Formicola. Inutili i soccorsi del 118, che una volta arrivati confermano il decesso dell’anziano uomo avvenuto sul colpo. Per il ragazzo, invece, si è trattato solo di piccole ferite opportunamente medicate all’ospedale di Caserta. Tuttavia, dagli esami alcolemici e tossicologici emerge che al momento dell’impatto il 26enne aveva assunto della cocaina. A causa del suo stato, i carabinieri hanno rimesso il giovane in Stato di Libertà. Intanto, le due auto coinvolte sono state sottoposte a sequestro. Giovanna Corsale


29 DICEMBRE. 28 DICEMBRE. Ancora una volta il Matese è fuori dal finanziamento che prevede fondi per le aziende zootecniche site in aree svantaggiate della Campania. Per questo gli allevatori matesini hanno fatto sentire la loro voce per far sì che essa arrivi alle orecchie di chi di dovere dopo il secondo rifiuto in 5 anni della domanda di fondi per il “Sostegno al pascolo estensivo” richiesto dai suddetti allevatori. Così come nel 2008, anche nello scorso dicembre è stata dichiarata l’inammissibilità delle richieste di fondi. La rabbia sale ancor più quando si sa dell’esito positivo ricevuto dalle domande delle zone interessate nelle altre 4 province campane. I fondi vengono direttamente dalla Comunità Europea e sono pari a 2.500.000 euro annui per 5 anni, per un totale di oltre 12 milioni di euro. L’ennesimo caso in cui il Matese, e l’Alto Casertano pur garantendo nel tempo e nella storia la qualità di produzioni eccellenti, allevamenti sani e controllati, si ritrovano da soli a fronteggiare il futuro, senza l’aiuto economico necessario. A distanza di pochi giorni, a seguito di polemiche e di un incontro presso la sede della Comunità Montana del Matese tra allevatori, politici e l’onorevole Angelo Consoli vicepresidente della Commissione Attività Produttive del Consiglio Regionale della Campania, qualcosa cambia. La Regione blocca la graduatoria che escludeva il Matese dal beneficio dei fondi. E si resta in attesa di novità sul caso.

Il mondo Gas (Gruppi di Acquisto Solidale) si propone di rimodellare le pratiche di consumo e più in generale i modelli di organizzazione sociale ed economica secondo principi etici. La novità sta nell’uso di network alimentari portando così ad uno sviluppo tecnologico nell’ambito agro-alimentare. Ed è sulla base di queste innovazioni che Gas e Mercato Contadino “Area Medio Volturno”, nato dalla collaborazione dell’associazione Piccolo Mondo Contadino Alvignano e A.P.E.C. SUD di San Prisco hanno portato a termine il progetto di un Mercatino contadino. E’ in corso la pubblicazione, sul sito Apec Sud, delle schede complete di prodotti a “Km zero” e di fine qualità oltre che genuinità. Sarà possibile acquistare questi prodotti da casa con un semplice clik e ritirarli poi presso il produttore o presso l’area mercato di Curti.

10 GENNAIO 2014. Il Gal Alto Casertano e Slow Food insieme per il “Presidio della Biodiversità territoriale”. Il progetto è stato presentato a Piedimonte Matese, sostenuto dal Gal mediante i fondi della Misura 412 del Piano di Sviluppo Rurale Alto Casertano “Giardino di Terra di Lavoro”. Si tratta di un presidio per tutelare la biodiversità locale, un’opportunità di studio per l’individuazione di colture e allevamenti tradizionali a rischio di scomparsa. Ideato da Slow Food, l’iniziativa è articolata in più step, con il censimento e la selezione delle biodiversità sul territorio, più la possibilità di attivare presidi slow food in zona. Ma ci sarà pure la formazione e l’informazione per valorizzare le competenze territoriali. Insomma, un nuovo tassello in quel percorso che il Gal sta seguendo per promuovere un’immagine nuova e sostenibile dell’Alto Casertano.

10 GENNAIO 2014. Due colpi di pistola al volto, una cittadina sotto shock. La tranquillità di Baia e Latina viene turbata da un omicidio compiuto in pieno giorno: Giuseppe Cantile è stato assassinato nelle prime ore del mattino, nella propria auto, colto di sorpresa dal suo killer mentre si recava al lavoro. L’uomo si era trasferito da qualche tempo a Baia e Latina, e aveva precedenti penali, secondo gli inquirenti legato al clan camorristico dei Papa. Dopo poche ore le forze dell’ordine sono riuscite a risalire agli autori del delitto: due uomini, padre e figlio, legati anch’essi allo stesso sodalizio criminale di Cantile. L’episodio ha scosso l’intero comprensorio, solitamente abituato a vivere nella tranquillità e nella pace di un territorio di periferia

A cura di Vincenzo Corbo

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it t e r r r oio

cHIESA

Parte il Centro diocesano per la Famiglia

Nessuno è solo Psicologi, avvocati, assistenti sociali, medici a disposizione di singoli e famiglie

Consulenze e servizi gratuiti

I

l Centro Diocesano per la famiglia – ormai noto con il termine “consultorio” - è pronto ad aprire le sue porte. Da qualche mese, gli esperti incaricati dell’organizzazione di tale centro, stanno conducendo una attenta lettura del territorio e l’analisi dei bisogni della popolazione attraverso il confronto con gli uffici comunali e sanitari competenti. A breve la parola passerà alle associazioni no profit del territorio, alle associazioni diocesane, ai distretti sociosanitari, mentre ai sacerdoti di Alife-Caiazzo saran-

no dedicati momenti di incontro specifici. I parroci avranno un ruolo fondamentale nell’ambito di questa nascente struttura, e cioè quello di orientare e indirizzare singoli o famiglie in difficoltà. Seppur mancano poche settimane all’inizio delle attività, è tempo di primi bilanci, resi possibili proprio grazie agli studi condotti fino da ora. Ne abbiamo parlato con Davide Cinotti, psicoterapeuta e responsabile del Centro Diocesano.

ltà come quelle di ima lettura del territorio? rda le nostre piccole rea ua rig Cosa è emerso da una pr e ch ica om on ec a finanziaria ed Senza dubbio l’emergenz co e demografico. più ampio respiro geografi di mutua assistenza… non come una struttura a nt ese pr neo alla risosi ia tav tut ia la famigl per la Famiglia non sia ido no esa oc Di o ntr Ce Il Centro Diocesano per il sociale, come crescente esasperazione pensare che un servizio la , o ali mm ion tre az po rel o ltà lat co un diffi da Se rare le e nella maggior par, dobbiamo invece conside ie stanno affrontando e ch igl fam le e ch luzione di simili problemi tà nti ide di ione dell’intera le crisi dei rapporti o sto altro non è che il camp nte co cro mi o str la tensione psicologica e no Il . ica ri, dell’isolauazione di crisi econom confronti di donne e mino i ne le uta br to en am te dei casi emergono i sit att l maltr ti della vita umana. ve emerge il dramma de o l’approccio nei confron tiv ga ne popolazione italiana, do te en tem for so mutando in sen mento socio-culturale. Sta o? di quei valori assoluti erà allora il vostro lavor intesa come carburatore ia igl fam Su questo aspetto si innest la are izz lor va ivisione. o ha l’obiettivo di ranza, la pazienza, la cond ve rse pe la Un servizio come il nostr o, log dia il , vita umana: il rispetto iverso” che orbitano intorno alla ritorio piccolo quanto “d ter un è o str no il ia tav ento ideologico? ispirazione cristiana, tut r ispirazione e orientam pe Si tratta di un centro di e ers div e ch an e nz ge i problemi, in maniera conto di esi ssibilità di risoluzione de po e e complesso. Come tener ers div le te en am – è quello della gizzare estrem do di spiegare in passato mo uto av Lavoreremo senza ideolo ha s aru Cl me erà di avere stro approccio – co i casi. Questo ci permett de da on sec a malleabile e duttile: il no ss gre pro rali evi. Un constante work in e multidisciplinari e cultu ich ott e ers div o progettazione partecipata ers rav att co e non rigido, sappiadella realtà, muovendoci tema di intervento elasti sis una visione più elastica un à sar si, ca i de e delle vicende i ambito di intervento. tando la cronicizzazione all’implosione in qualsias rti po tà idi rig la to an qu mo bene a attenzione? erge e s’imporrà alla vostr em e ch o tiv ca nifi sig o o lte famiglie, mente nuov nando l’equilibrio di mo mi te en Esiste un dato, particolar iam ser o nn sta ssi sagioco compulsivo a che ci confermano gli ste tic ma ble pro a Purtroppo le patologie da Un le. na sionale. A questo si omico che interrelazio ta quanto incisiva e profes sia dal punto di vista econ cre dis to tan ra nie ma in e collettivo. ervenire ti, e un diffuso malesser san cerdoti, chiedendoci di int pe o re ge leg e, gh dro l consumo di aggiunge il problema de

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Sarà intitolato gna, a Mons. Angelo Campa PER LA FAMIGLIA. il CENTRO DIOCESANO onte Matese (Via San Marco, Piedim lle 10.00 alle 14.00) da 2, 75 47 15 6 36 ll. Ce

ande Vescovo, «Sull’esempio di un gr amore, esso sarà uno spazio di semplicità, umanità...»

certezza hanno paura, la precarietà, l’in la : ale loc le cia so ma cli e e psicolosul i casi fragilità economich avendo già ripercussioni est sta , qu In oto e. rem br ter em te dic en 29 rec l Il la sera de nel giro di pochi minuti assunte forme concrete iore minaccia. giche diventano un’ulter , inevitabilmente geologici e quelli interiori oti rem ter i tra Un pensiero al riguardo… gie alo ura e l’inan ni, per questo dietro la pa hitettonici troverei delle zio arc fun mi di e ble i pro din i itu de ab là di di to Al en cambierà sa” comporta un cambiam porterà ma sicuramente os ci “sc ve ni do Og mo o. pia lor sap tra i n no ess conn ignoto che te può spaventare pre qualcosa di nuovo, di una realtà che inizialmen ivo sit po in e nir efi certezza si nasconde sem rid er e iniziali è importante sap le cose. Superate le paur si pensava di avere. ere delle risorse che non ma certamente fa emerg dare? o mette a ncrete che il Centro potrà orio e le risorse che ess rit ter il n co e Quali sono le risposte co gir era int cogliere le richieste uttura aperta, capace di compito sarà quello di ac o Vogliamo essere una str str no il ia tav tut ri, ita e ascoltando e ri servizi san 2), metterci a disposizion 75 47 15 disposizione attraverso alt 6 36 no efo tel di attivo il numero che ci verranno (è ormai so. poi agire a seconda del ca o riferimento, ci sarà Cioè? ure professionali di nostr fig le no an sar ti eu ap ter ll’utenza. i, psico mi e la presa in carico de ble Assistenti sociali, psicolog pro i de o l de e ion az tarlo verso za, di individu sarà nostra premura orien ora all e, un processo di accoglien nz ge esi e cis pre caso cronico con Lì dove si presenterà un nalità. altre e specifiche professio dici e avvocati del tuito… contare sul supporto di me ter po di ) ata Un servizio totalmente gra rm nfe co o espresso la ssibilità (recentemente dici Cattolici: in tanti hann Me i de e i lic tto Ca i Esatto. In più avremo la po ist ur i Gi fessionali. Matese Alto Casertano, de ità le loro competenze pro ttiv lle co Rotary Club Piedimonte lla de e ion siz po e e mettere a dis disponibilità a collaborar ra con un’opera , ancor prima di iniziare… per la prima volta si misu e ch zo iaz Ca Un importante risultato feAli di a importante per la Chies Un risultato storicamente portata. eciale… sociale diocesana di tale miglia ad una persona sp Fa la r pe no esa oc Di o ntr alla gente comune, ea di voler intitolare il Ce della carità; appassionato à; cit pli Ancor più significativa l’id sem lla de vo sco re fosse legato ad scovo di tutti. Il ve nome del suo predecesso il e ch o lut vo Angelo Campagna, il ve ha o rb Ce dell’amore. a. Mons. Valentino Di impariamo ancora l’arte na dia oti qu tità san ai laici anima della Chies a su lla à perché sull’esempio de un’opera concreta di carit re… i non ci si stanca di parla nde vescovo: Una figura “vicina” di cu esto sull’esempio di un gra qu sia a gli mi Fa la r pe ocesano Vogliamo che il Centro Di ti. plicità, di umanità per tut sem di , uno spazio di amore n.1

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APP BIBBIA CEI La Parola sempre con te

CHIESA CATTOLICA ITALIANA

APP BIBBIA CEI nasce gratuita per offrire a tutti una nuova esperienza di lettura della Sacra Bibbia. È la prima e unica APP a proporre il testo biblico nella traduzione ufficiale 2008 della Conferenza Episcopale Italiana, completo dell’apparato critico. APP BIBBIA CEI, realizzata da SEED - Ed. Informatiche

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dedicato a CHI LEGGE Appuntamento con il destino Faber est suae quisque fortunae

In un vivace spaccato degli anni ‘70, in cui la società italiana - e la scuola in particolare - viveva gli anni della contestazione giovanile e femminile, si intesse la storia di Chiara e Matteo, due compagni di scuola che si trovano improvvisamente coinvolti in una vicenda che li catapulta nel bel mezzo della Cordigliera delle Ande, in Perù. Qui, un susseguirsi di avventure - il crollo di una miniera, un complotto politico, l’incontro con diversi perAdriana Cercato “Appuntamento con il destino. sonaggi spesso inquietanti - induce Faber est suae quisque fortunae” i due protagonisti ad effettuare un Marcianum Press, Venezia, viaggio introspettivo, verso la cono2013 Pagg. 305 scenza di se stessi e del proprio mondo interiore. Attraverso l’esperienza delle “coincidenze”, approderanno alla comprensione delle verità ultime, che sono alla base della creazione del mondo, sperimentando l’interconnessione fra mente e materia e sapranno darti una risposta in merito all’eterno interrogativo dell’uomo, ovvero se l’essere umano è soggetto ad un destino ineluttabile oppure se ognuno ha la possibilità di forgiare il proprio futuro.

Arte, Cultura & Turismo Il viaggio oltre la conoscenza e la valorizzaizone

Arte e cultura sono ancora fatto i vincenti sui quali puntare per far ripartire l’economia di un paese in crisi? E quali persone si dovrà destinare l’offerta? Ai turisti, ossia a coloro che più voracemente osservano le bellezze del paese nel quale si trovano, oppure ai viaggiatori che sentoA cura di Alessandro Di Paolo, no il bisogno di immerFabiano Longoni gersi e farsi abbracciare “Arte, Cultura & Turismo” dal paese per comprenMarcianum Press, Venezia, dere il contesto cultura2013 le? Pagg. 143 Un testo intelligente, adatto alla riflessione sul territorio altocasertano continuamente in cerca del proprio riscatto turistico e culturale.

Alvignano (CE) · Piazza Mercato, 1 · Tel. 0823-865620 Caiazzo (CE) · Via Cattabeni, 26 · Tel. 0823-868907 Alife (CE) · Via Roma, 86 · Tel. 0823-783394 n.1

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Edificata nel 1280, fu ampliata, ristrutturata e decorata nel 1743 dal regio Architetto Nicola tagliacozzi Canale con la collaborazione del maestro stuccatore pietro Buonocore riprendendo temi cari alla cultura architettonica settecentesca di EMILIA PARISI

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Foto Rossano Orchitano

la Chiesa della SS. Annunziata Scrigno di Storia a Caiazzo Le origini e l’ampliamento La chiesa della SS. Annunziata fu edificata in tufo intorno al 1280 lungo l’odierna via A. A. Caiatino. Mantenne la sua struttura inalterata fino al 1743 quando ne furono avviati i lavori di ampliamento con la costruzione di un transetto, l’apertura di due cappelloni e di quattro cappellette, la nuova sacrestia, la cupola che copriva la croce e lo smontaggio ed il rimontaggio del vecchio campanile lungo il fronte su via A. A. Caiatino. L’oratorio della Congrega dei SS. Nomi di Gesù e Maria, abbattuto in seguito ai lavori di ampliamento, fu ricostruito nel 1743 quando gli economi e i governatori della SS. Annunziata concessero due stanze, una contigua e l’altra al di sopra della nuova sacrestia da aprirsi alla sinistra dell’ingresso della chiesa. Il disegno della nuova struttura e degli stucchi fu affidato al Regio Architetto Nicola Tagliacozzi Canale e la realizzazione al maestro stuccatore Pietro Buonocore.

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La facciata principale e l’interno In posizione ortogonale rispetto all’asse urbano principale, la facciata della chiesa della SS. Annunziata si apriva con un portale quattrocentesco ed era scandita da lesene con capitelli che sostenevano una trabeazione aggettante e continua. Il piano superiore, sopraelevato in corrispondenza della navata centrale, era raccordato alla struttura inferiore da due semplici alette. L’interno, realizzato a pianta a croce latina, era dotato di una navata unica, interamente rivestita in stucco e coperta da una volta a crociera. A destra e a sinistra furono aperte quattro cappelle (due per


A proposito di Tagliacozzi Canale: lato) sormontate da archi a tutto sesto, coperte da volte a botte intagliate, interamente stuccate e con quattro altari «ad urna» rivestiti di stucco con al di sopra quattro edicole. Tra l’una e l’altra cappella, su entrambi i lati della navata, furono aperti quattro vani. Il transetto fu costruito con quattro archi maggiori e due cappelloni nei bracci coperti con volte a botte e con al centro della parete di fondo due altari su gradini in marmi policromi e stucchi. L’abside e la cupola Sul fondo della chiesa, superata la balaustra in marmi policromi, si entrava nell’abside, coperta da volta a crociera, al centro della quale si ergeva l’altare maggiore intarsiato di marmi e decorato con stucchi. In alto fu posta l’edicola con al centro il quadro del De Mura raffigurante l’Annunciazione e al di sopra una decorazione in stucco raffigurante un baldacchino sostenuto da due puttini con nel mezzo la figura del Padre benedicente circondata da tredici teste di cherubini ed intrecci di nuvole. La cupola, poggiata sull’incrocio della navata unica con il transetto, era suddivisa in quattro lunette, in cui furono sistemate quattro finestre, dotate di steli con fiori e nastri nei pennacchi e al centro una colomba in stucco che rappresentava lo Spirito Santo, mentre all’esterno l’estradosso gradonato fu rivestito di tegole.

“Guizzi ed ornamentazioni ricordano le macchine da festa o costruzioni effimere che egli realizzava attraverso una precisa configurazione scenica e prospettica”

L’inventiva del Tagliacozzi Canale In ogni forma e decorazione presente nella chiesa della SS. Annunziata è possibile leggere la fantasia e la capacità inventiva del Tagliacozzi Canale: guizzi ed ornamentazioni ricordano le macchine da festa o costruzioni effimere che egli realizzava attraverso una precisa configurazione scenica e prospettica: gli stucchi, i marmi, gli intagli, le volute e le decorazioni della chiesa riprendono temi cari alla cultura architettonica settecentesca. (fonte: F. Corvese, Storia, memoria, identità il caso della Campania, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2003)

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Tra onirismo e suspence il capolavoro fantasy di Peter Jackson

Nella tana del mostro A Norristown, ridente cittadina della Pennsylvania, ci sono casette a schiera e campi di granturco. In uno di quei terreni sterminati, aridi e stepposi d’inverno, rigogliosi e fertili d’estate, si nasconde un covo sotterraneo, pieno di ninnoli, locandine e bottiglie di coca-cola. In realtà, quella botola scavata nel sottosuolo non è altro che una trappola ben congegnata per ragazzine indifese, predisposta da un maniaco omicida, l’insospettabile George Harvey (Tucci). In quella casupola, il 6 dicembre del 1973, finisce la quattordicenne Susy Salmon (Ronan), attirata con l’inganno dal mostro: così il rifugio alla moda si trasforma, agli occhi della vittima, in un luogo sinistro e claustrofobico, ma prima che riesca a scappare viene stuprata e poi assassinata a sangue freddo. Di Susy si ritroverà soltanto il cappellino di lana malconcio e macchiato di sangue rigettato dal campo di granturco. Purgatorio multi-color Luogo intermedio tra Terra e Paradiso, il “Cielo” di Susy è allegro e pieno di colori: un gazebo affiora come un isolotto al centro di un lago romantico, le fronde degli alberi si tramutano in stormi di uccelli, soleggiati campi di grano si stagliano all’infinito...Susy elaborerà la sua morte violenta mettendo piede, dopo un lungo percorso di maturazione interiore, nella malefica dimora dell’assassino, dove farà la conoscenza delle altre povere vittime e si guadagnerà un biglietto di sola andata per il Paradiso. Non prima però di aver dato una mano ai suoi cari nella ricerca del serial-killer psicopatico. Gioiello fantasy Tratto dall’omonimo romanzo di Alice Sebold, vittima di un vero stupro all’epoca del college, «Amabili resti» è un piccolo gioiello di onirismo e suspense: dalla “Terra di mezzo” Susy racconta in flashback la sua storia (come in «Viale del tramonto», 1950 di Billy Wilder) e il terribile, fatale incontro con il suo aguzzino. Il regista Peter Jackson - «Creature del cielo» (1994), «Il signore degli anelli» (2000-2003), «Lo Hobbit» (2012-2013) - dà prova ancora una volta del suo talento visionario in sequenze psichedeliche e multi-color arricchite dalle musiche di Brian Eno. L’aggressione iniziale di Susy, l’irruzione di Lindsey nella casa asettica e ultra ordinata del maniaco, il confronto finale della protagonista con le sue paure sono sequenze zeppe di suspense “alla Hitchcock”. Il messaggio della pellicola è tutto nel titolo: gli amabili resti non sono tanto le povere spoglie mortali della piccola Susy, occultate per sempre dalla terra nera di una discarica, ma piuttosto i legami che cresceranno nella sua assenza.

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1991 di Albert Brooks

Titolo originale The Lovely Bones Genere Drammatico/Santasy Nazione Usa, Uk, Nuova Zelanda Anno 2009 Durata 135 min. Regia Peter Jackson

Prossima fermata: Paradiso

amabili resti

i a Pa r i s

“L’intento è garbato, mai invadente e leggera, la tematica insegue la moda degli ‘al di là’ pericolanti, tanto in voga nel cinema americano”. Fabio Bo, “Il Messaggero”

1998 di Vincent Ward

A

Emil c u ra d i

Al di là dei sogni

B VI U SI O N NI E

“Splendida visione di un regista fantasioso e raffinato, probabilmente anche amante della Divina Commedia di Dante. Infatti i motivi del viaggio, l’amore idealizzato, la guida e la concezione di un aldilà idilliaco sono il frutto di un’attenta lettura della grande opera fiorentina. Ne vien fuori una storia romantica e dolce, ambientata in paesaggi sconfinati e coloratissimi”. www.recencinema.it

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