Paper - Radici aeree - convegno Porto city Portrait - Venezia (2017)

“Radici aeree.

Azioni temporanee ed effimere per un solido paesaggio urbano” paper presentato al convegno “Porto City Portrait”, organizzato dalla Scuola di Dottorato dell’Università di Architettura di Venezia IUAV, Venezia (IT).

Autore: Chiara Sonzogni Data: maggio 2017

La città portuense è palcoscenico di nuove tendenze contemporanee della pratica architettonica

Porto City Portrait - RADICI AEREE Azioni temporanee ed effimere per un solido paesaggio urbano

Descrizione dell’ambito nel quale è stata svolta la ricerca Negli anni 2010/2012 ho vissuto in prima persona l’alba di una nuova fase della città di Porto. Prima legata al Politecnico di Milano e alla FAUP, poi come libera professionista, ho investigato e successivamente concretizzato interventi sperimentali nel tessuto urbano del centro storico. Attratta istintivamente dalla decadenza che caratterizzava il patrimonio urbano ed edificato, ne ho approfondito le cause e ho spontaneamente proposto strategie per esaltarne le potenzialità, alleggerendone la connotazione negativa.

Alla mappatura degli spazi è seguita la loro classificazione per grado di abbandono e dalla proposta per una valorizzazione degli stessi è nato un esperimento di uso spontaneo e temporaneo; il successo delle riflessioni e delle azioni proposte ha fatto evolvere l’indagine, passando da intuitiva a ponderata. A circa cinque anni di distanza da questo incipit, di cui sono stata protagonista grazie a collaborazioni importanti con istituzioni pubbliche e private, come Porto Lazer e Opium, la città è ora non più solo scenario ma protagonista di una forma effimera di fare città, che grazie alla sua leggerezza, morbidezza e sensibilità, è diventata strumento condiviso di rinascita della stessa. La maturazione di tali fenomeni, ormai consolidati, rende ora possibile un dibattito ragionato sui loro effetti e risultati.

Abstract “L’architettura deve potenziare gli spazi dimenticati, animandoli; deve aiutare la città ad accoglierli, migliorarne l’utilizzo e trasformali in luoghi, perché è sua competenza e solo così potrà preservarne la memoria collettiva”.

Queste le parole del sindaco di Porto, in occasione dell’inaugurazione dei progetti di LIKEarchitects e Morada Vaga nella primavera del 2015. Entrambi realizzano, in centro storico, due scale, con struttura in acciaio smontabile, dalle forme tradizionali ma dai colori pop, con l’intento di offrire ad abitanti, passanti e visitatori un rapporto più intimo con la città, grazie all’uso spontaneo, e punti di vista e opportunità spaziali inusuali. Questi ed altri progetti saranno oggetto della discussione e pretesto per raccontare una nuova stagione di Porto, iniziata circa cinque anni fa e che sta lasciando traccia nella sua identità, valorizzandola e preservandone le radici. L’ambiente urbano porta ancora i segni evidenti di una depressione recente ma ormai passata, sui quali nuovi strumenti e metodi di fare città stanno sovrapponendo scenari, gettando le basi per il futuro.

Proprio in quei luoghi, privi di funzioni e identità, fiorisco azioni leggere, morbide, sensibili, capaci di ridare vitalità, energia e significato a contenitori apparentemente vuoti. Il carattere effimero e temporaneo degli interventi riesce in un risultato permanente: stimolare la naturale empatia tra urbs e civitas, ristabilendo un legame tra patrimonio materiale e immateriale, e riscoprendo i valori di gentilezza e intimità con i luoghi, presupposti di ogni azione di maturazione e crescita. Tutto questo nasce dall’internazionalizzazione degli sguardi di giovani professionisti che importano ed esportano visioni dense di significato, radicandole nella tradizione della città. Sono i figli della scuola di Porto che usano le consolidate metodologie per tendere a risultati nuovi. Questa è la forza dell’innovazione. L’aumento esponenziale di piattaforme multidisciplinari e di collettivi che condividono ricerche, progetti e aspirazioni sono fattori abilitanti del rinnovamento, fautori e stimolatori di dinamiche endogene che disegneranno il paesaggio del futuro. Creano interdipendenza tra la sfera fisica e politica, rendono il fare città un atto collettivo e rinnovano con forza il valore sociale, antropologico ed etico della professione. Migliorano i luoghi e il loro utilizzo, attraggono e creano nuovi orizzonti. Come rinnovare la natura politica dell’architettura? Perché è importante che la città sia scenario di vita collettiva?

Quale il ruolo del rigeneratore urbano? Attraverso un reportage di casi esemplari si mostrerà come Porto sappia rispondere a queste domande, dialogando con i giusti interlocutori e dando loro lo spazio adeguato per esprimersi.

Parole chiave Effimero – Memoria - Patrimonio immateriale – Politica

Paper “Il ritratto dinamico di un paesaggio urbano si fa interrogando un luogo da un altro luogo”, così Carlotta Torricelli apre il convegno Porto City Portrait – ritratto di città, organizzato dalla Scuola di Dottorato dello IUAV, lo scorso 15 giugno. È Venezia ad interrogare Porto, chiamando a presenziare in aula Tafuri di Palazzo Badoer, alcuni tra i migliori professionisti e ricercatori della scena architettonica italo-portoghese.

Due le questioni affrontate: l’equilibrio progettuale nella sottile linea tra terra ed acqua e i meriti e le nuove possibilità della Scuola di Porto che ha fatto di un’idea di progetto una teoria e un metodo, grazie agli insegnamenti di F. Tàvora, A. Siza e E. Souto de Moura. Il dibattito si è alternato tra modernità e tradizione, tra passato e futuro, tra pratica e teorica riportando fedelmente le caratteristiche di una città mutevole e in fase di costante cambiamento. È proprio a partire dalla solidità teorica e metodologica, ben analizzata durante il convegno, che si rende necessario affrontare una questione contemporanea che, seppure fuori dal coro, sta tracciando un nuovo orizzonte, non più trascurabile: l’architettura effimera. Infatti la città ospita con frequenza crescente progetti temporanei e installazioni architettoniche che disegnano scenari inusuali.

Ho vissuto in prima persona il debutto di questa tendenza e ho partecipato alla sua diffusione, assistendo al cambiamento che negli ultimi dieci anni ha trasformato Porto e il suo ambiente urbano.

A causa del regime dittatoriale, finito solo nella primavera del 1975, e delle sue conseguenze economiche e sociali, la città ha sofferto di una forte depressione che ha causato una decadenza consistente del patrimonio materiale, lasciando segni indelebili e cicatrici evidenti: spazi dimenticati, vuoti urbani, incuria. Questi scenari, nonostante fossero espressione di una sofferenza dilagante e allarme di problematiche profonde, hanno sempre affascinato il mio sguardo che è stato in grado di cambiare punto di vista e di leggere tutto questo come un’occasione e un’opportunità di rinascita. Come la stessa Scuola di Porto mi ha insegnato, l’architettura è infatti un’attitudine, uno strumento per osservare la realtà e, a partire da nuove visioni, trasformarla.

La tesi di laurea magistrale in architettura, elaborata nel 2010 in collaborazione con l’Università di Porto, è stata l’occasione per ragionare su tale approccio. Attraverso la ricerca e la sinergia tra opinioni, idee, critiche e riflessioni, ho elaborato una strategia per avvicinare vuoto con gentilezza ed intimità, attraverso interventi leggeri, morbidi e sensibili. La tesi definiva le azioni enzimatiche, ossia capaci di riattivare il metabolismo urbano e spaziale senza per forza trasformarsi in prodotti finali. Tale riflessione e proposta hanno sollevato, soprattutto in ambito accademico, alcune critiche riconducibile alla domanda ricorrente: “Tutto questo è architettura?”.

La città di Porto, a cui presentai pubblicamente il mio lavoro di ricerca, mi diede la possibilità di rispondere a questa domanda, invitandomi a testare la proposta per valutarla come contributo alternativo alle strategie tradizionali di riqualificazione, in quel periodo molto contestate per la loro scarsa sensibilità. È infatti assolutamente attuale il dibattito sugli effetti devastanti di alcuni interventi che hanno compromesso per sempre identità e valore del patrimonio urbano.

1

Ho partecipato al progetto Manobras no Porto che aveva come obiettivo la riqualificazione immateriale della città, facendo del patrimonio materiale dimenticato la scenario perfetto d’espressione e accoglienza di azioni 2 e proposte creative. Il progetto ReTornáveis , di cui sono stata autrice, mi ha permesso non solo di testare nella realtà un’idea, ma di trasformare un punto di vista in un’azione e di toccare con mano le potenzialità di una metodologia capace di stimolare il rinnovamento urbano. Durante due anni ho liberato tre rovine dalla loro condizione di abbandono e offerto i loro spazi alla città, trasformandoli in luoghi, senza una funzione specifica se non quella di accogliere.

1 Progetto realizzato da OPIUM Lda, sponsorizzato da Porto Lazer, EEM e co-finanziato dal Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (ERDF). 2011-2012, Porto (PT) 2

www.retornaveis.wordpress.com

Il progetto è stato definito dal critico Luis Fernandes: “Un’eccellente metafora della condizione del centro storico di Porto. Al di là dell’esemplare progetto di riqualificazione urbana che è stato il Riberia-Barredo della CRUARB dopo il 25 aprile, al di là della movida della Ribeira negli 80’ e 90’ e della sua classificazione UNESCO come Patrimonio Mondiale dell’Umanità, c’è la dura realtà. Una difficoltà che si manifesta nella continua perdita di popolazione, nel degrado fisico e ambientale, nella perdita di centralità di quegli spazi simbolo della città, e nella conseguente connotazione di insicurezza urbana. Nella promessa di Porto come città europea e moderna, luogo emblematico della gentrificazione, il passo dall’euforia allo sconforto è breve. Quello che Chiara ha fatto è stato affrontare la rovina, non come oggetto di una mera riqualificazione (per la sua condizione di spazio abbandonato) ma come occasione di rinnovamento urbano. Riprendo nuovamente la CRUARB degli anni ‘80 per far notare come la capacità di tradurre la volontà di trasformazione sociale post 25 di aprile, in pratica sia stata dovuta all’intendere la riabilitazione fisica dell’edificato non come fine a se stessa, ma come punto di partenza per un rinnovamento urbano, capace di coinvolgere la gente, considerando la spazio nella sua accezione sociologica e comunitaria. Per questo l’intervento in una rovina deve essere letto al di là della concezione riparatrice del patrimonio. La CRUARB lo ha dimostrato: il grande cambiamento del quartiere Ribeira_Barredo, dopo aver riparato le questioni materiali, è avvenuto nel momento in cui è tornato ad essere spazio capace di accogliere le dinamiche di vita della città. È in questo che il progetto delle rovine di Chiara è stato esemplare: anche se ad una piccola scala ha dimostrato che la riabilitazione di uno spazio morto può essere 3 riparazione della stessa comunità” .

Posso dire così di aver contributo al cambiamento urbano e di aver vissuto in prima persona l’alba di una nuova stagione che si è ormai consolidata in una tendenza chiara che lascerà traccia di sé e valorizzerà l’identità della città. A questo cambiamento si aggiunge un fiorire dilagante dell’attività turistica. Porto infatti, negli ultimi anni, è diventata meta turistica d’eccellenza per l’Europa. Il flusso di attività ed energie in ingresso aumenta costantemente. Dal 2014 la città sta vivendo una nuova epoca.

La scena politica gioca un ruolo importante in questo cambiamento; l’amministrazione comunale infatti non solo riconosce esplicitamente il valore della cultura e la sua capacità di trasformazione urbana, ma riconosce all’architettura la sua capacità di risolvere problemi, tra cui quello di intervenire nei luoghi interstiziali dimenticati, dandogli un nuovo significato. A tal proposito sono significative le parole del sindaco Rui Moreira in occasione dell’inaugurazione dei progetti di LIKEarchitects e Morada Vaga nella primavera del 2015.

“L’architettura deve potenziare gli spazi dimenticati, animandoli; deve aiutare la città ad accoglierli, migliorarne 4 l’utilizzo e trasformali in luoghi, perché è sua competenza e solo così potrà preservarne la memoria collettiva” .

3 Luis Fernandes, nel libro “Manobras no Porto” Porto:2013. pag. 225 4 I due studi realizzarono, in centro storico, rispettivamente due scale, con struttura in acciaio smontabile, dalle forme tradizionali ma dai colori pop, con l’intento di offrire ad abitanti, passanti e visitatori un rapporto più intimo con la città, grazie all’uso spontaneo, e punti di vista e opportunità spaziali inusuali.

Fino a qui ho descritto il contesto dentro al quale si colloca il reportage che segue, destinato a progetti effimeri che con morbidezza, sensibilità e leggerezza hanno segnato il panorama urbano degli ultimi anni. Mi sono limitata ad osservare il lavoro di professionisti e a registrare la reazione della città. Il raccontarlo serve per spiegarlo agli stessi attori e per poter contribuire a definire le tracce per costruire nuovi scenari. I protagonisti hanno bisogno che si parli di tutto ciò, non solo per dargli importanza e merito, ma per aiutarli ad inquadrare una situazione che in quanto recente è difficile da decodificare.

La molteplicità dei casi viene di seguito riassunta attraverso l’analisi del lavoro di tre studi di architettura, emblematici di questa tendenza anche perché diversi in termini di approcci e risultati: le azioni delicate e sottili di Garcia&Albuquerque, i gesti provocatori e scenografici di FAHR 021.3 e le proposte umanistiche di Morada Vaga.

Lo studio Garcia&Albuquerque si occupa di progetti effimeri parallelamente alla pratica tradizionale. Le loro soluzioni progettuali sono tese alla semplicità e alla flessibilità degli spazi per garantire un’adattabilità all’imprevedibilità del futuro; gli interventi di riabilitazione mostrano la capacità di dialogare e rispondere all’incertezza di quel che sarà, pur rispettando il passato. Dedicarsi ad installazioni e progetti temporanei è per la coppia di architetti, un modo per affinare tale sensibilità e occasione per esprimerla pubblicamente e con chiarezza.

Il loro progetto Elegia (Alumia, Porto 2016) in occasione delle celebrazioni per il ventennale dalla nomina UNESCO di Porto Patrimonio Mondiale dell’Umanità, si componeva di un’installazione luminosa nel quartiere storico della Cattedrale. La scelta di lavorare con la luce è stata dovuta al voler usare un linguaggio non invasivo ma efficace dal punto di vista comunicativo, capace di essere compreso universalmente e da lontano. Disegnano un percorso luminoso su più livelli, uno a pavimento e l’altro in facciata attraverso grandi fuochi di luce, come lune, creando una maglia superiore a quella del tessuto storico e tessendo una tela sensibile.

La coppia Garcia&Albuquerque reputa questi progetti capaci di attrarre e affascinare la gente che in modo spontaneo raggiunge i luoghi, identificandosi con ciò che vedono e lasciandosi conquistare. Riconosco inoltre alla pratica il merito di recuperare una convivenza disciplinare tra arte, architettura e letteratura, che è andata persa. Nel momento in cui la stessa architettura ha deciso di staccarsi, isolarsi e arroccarsi, ha iniziato a soffocare sotto il peso della tecnica e della burocrazia. La domanda che pongono è quindi: Può l’architettura recuperare, attraverso questa commistione di discipline, un’energia e un significato culturale, utile al futuro della città?

Lo studio FAHR 021.3 fa della pratica contemporanea dedita all’effimero la sua principale attività. La coppia di architetti, figli della scuola di Porto, cominciano a prendere dimestichezza con la città e le sue forme di espressione a Berlino, dove vincono la loro timidezza partecipando e realizzando qualche piccolo progetto urbano. Tornano a Porto nel 2012 con il desiderio di importare energia creativa e mettere al servizio della propria città la lezione tedesca. In breve le loro installazioni riempiono le pagine dei giornali. Parlano di architettura comunicativa intesa come strumento per riattivare lo spazio in quanto mezzo d’espressione culturale e sociale. Le loro opere sono spesso provocatorie, realizzano oggetti atipici in spazi insoliti. L’obiettivo del loro lavoro è scuotere, animare il dibattito, stimolare e accelerare il metabolismo urbano, introducendo elementi diversi dalla consuetudine e creando luoghi e occasioni d’incontro.

Il loro progetto più famoso è Metamorphose, una maglia tridimensionale che ricostruisce la facciata di una nota rovina del centro storico, assumendo una forma che congela l’incipit del suo stesso collasso. Si tratta di un’opera ibrida, frutto di un gesto artistico e scenico importante ma che non può risolversi solo in questa definizione. Si tratta infatti di qualcosa di diverso, che è restato nella memoria di chi lo ha visto, suscitando inevitabilmente una reazione o un sentimento e lasciando nostalgia nel momento in cui è stata smontata, dimostrando di essere stata capace di lasciare traccia di sé nella memoria urbana. I FAHR 021.3 si definiscono makers, coloro cioè che con azioni concrete sottolineano questioni urbane, che con gesti veloci e prodotti temporanei aiutano la città e i suoi abitanti ad esprimersi e a costruirsi un’identità, servendosi del linguaggio dell’architettura e adattandosi alla dinamica del presente.

FAHR 021.3 aggiunge un’altra questione al dibattito: Si riconosce davvero il merito a questi esercizi d’architettura come contributi alla maturazione urbana o se ne apprezza solo l’effetto scenico? Se il loro valore viene riconosciuto, come registrarlo e diffonderlo? Ma soprattutto, come preservarlo quando le opere vengono smantellate? Come catalogarlo?

Morada Vaga è un collettivo costituito dall’architetto italiano Manfred Eccli e dal portoghese Pedro Cavaco Leitão che, attivi professionalmente nelle rispettive città di Bolzano e Porto, si riunisco quando chiamati alla realizzazione di progetti temporanei e workshop d’architettura. La loro pratica è legata al contesto da cui scaturiscono azioni e valori. Le loro opere hanno una connotazione fortemente visuale e interattiva.

Giustificano la temporaneità dei progetti con la similitudine dell’albero che fiorisce in primavera: non ci si aspetta che fiorisca per sempre, per questo si gode del suo momento, e la traccia che lascia nella memoria ha un valore simbolico, crea identità e significato senza causare nostalgia e polemica.

Il vero merito delle loro azioni sta nel non aspettarsi nulla, nel non pretendere risultati, ma al contrario nell’attendere il momento della verità del progetto, quello in cui il pubblico, interagendo, ne valuta uso, valore, significato. Questo è, secondo Morada Vaga, la strategia per godere dell’incontro con la città e farne esperienza.

Il significato delle loro opere, delicatamente concettuali come nel caso dell’opera Sunwheel, è soggettivo.

Morada Vaga accetta cioè ogni esperienza, racconto, interpretazione, dimostrando che l’unico modo per dialogare con la realtà sia prenderla per quello che è e che la capacità dell’architettura stia nel fornire il registro adeguato per interpretarla ed esprimerla.

Morada Vaga contesta il dibattito sterile e ridondante sul valore sociale dei progetti effimeri, e lo risolve accogliendo a priori il valore sociologico dell’architettura in quanto disciplina che lavora nella città, teatro e scenario della società. Il merito dei loro progetti sta nella capacità di stimolare partecipazione e interazione del pubblico, fornendo strumenti di espressione.

Alla luce di tutto questo risulta più semplice affrontare la domanda: “Tutto questo è architettura?”.

I progetti sopra presentati rispondono affermativamente, dimostrando di essere capaci di rispondere ad un bisogno crescente d’uso, miglioramento e riappropriazione dello spazio. Permettono a chi vive la città di sentirsi non solo abitante, ma protagonista fiducioso del proprio pensiero e delle proprie opinioni. È possibile declinare il valore dell’architettura effimera nel suo saper soddisfare i cinque ingredienti di ogni azione architettonica e i tre elementi chiave del loro significato.

PRATICA

si risolve nel processo che, avanzando per tentativi ed errori, permette di agire velocemente ed efficacemente.

RUOLO

è soddisfatto nel saper creare occasioni d’esperienza e contenitori capaci di provocare coscienze, smuovere necessità e comunicare contenuti.

CONTESTO

è inteso non solo come paesaggio fisico ma come paesaggio culturale e sociale, sul quale si interviene con affettività, gentilezza e intimità, influenzandolo positivamente e tendendo al suo miglioramento.

PUBBLICO

è costituito non più da utenti ma da agenti, persone che hanno cioè il desiderio di mettersi in gioco e interagire, che hanno voglia di trovare risposte alle domande, per costruirsi opinioni.

COMMITTENZA

è responsabile di trasmettere il rispetto per l’intrattenimento che non viene più intenso come mero consumo ma come intenzione di formazione culturale, come mezzo per agevolare l’azione collettiva.

POLITICA

intesa come azione collettiva, come atto del fare e dell’osservare

MEMORIA

avere un’opinione significa costruirsi un’identità e la città svolge il ruolo di laboratorio paziente

PATRIMONIO

fare, partecipare e osservare, aiutano a stimolare il metabolismo e ad aumentare l’energia e questo significa preservare la vita

È ora possibile giustificare e spiegare il titolo di questa dissertazione.

Gli alberi sviluppano le radici aeree quando il suolo su cui affondano quelle terrene non è sufficientemente nutriente o è troppo affollato, si adattano e modificano la loro conformazione per cercare ossigeno e nutrimento altrove, in aria. Le radici aeree sono fragili perché soggette all’imprevedibilità di una morte repentina (il passaggio dell’uomo, di animali, il vento e la pioggia) ma sono fondamentali per la sopravvivenza della pianta.

Lo stesso vale per gli esercizi d’architettura qui presentati, la precarietà e temporaneità non incidono sul loro ruolo e sul loro valore, ma al contrario forniscono significato, danno ossigeno alla pratica, permetteno libertà di espressione e creano spazi di possibilità.

Porto ha un terreno fertile e aria nutriente!