Paper - Smart thinking - convegno SmartCity - Bologna (2013)

“SmarThinking” Paper per la pubblicazione “SmartCity”, organizzata durante l’evento SmartCityExhibition, Bologna (IT).

Autore: Chiara Sonzogni Data: ottobre 2013

1

ri-GENERARE la città Micro-interventi per il paesaggio urbano del futuro Chiara Sonzogni*

Abstract L'oggetto di discussione di questo saggio è il paesaggio urbano contemporaneo e la possibilità di leggere la crisi che sta affrontando negli ultimi anni, come opportunità di rinnovamento e come occasione per ripensare alla qualità dell'ambiente urbano delle nostre città. Per cominciare è necessario analizzare criticamente l'esistente e pensare ad affiancare, ai grandi piani di organizzazione del territorio, piani di gestione che si occupino della piccola scala, favorendo così micro-interventi per migliorare il metabolismo del sistema città.

Il paesaggio urbano soffre a causa dell'abbandono e della difficoltà che i suoi stessi abitanti trovano nell'intervenire nell'ambiente in cui le loro vite si muovono. Tutto questo si riflette in un degrado del patrimonio architettonico, in una diminuzione della qualità della città e a scala più ampia in un aumento del consumo di risorse. É urgente bloccare questo processo, le città devono tornare ad essere interessanti e di qualità, anche con le loro fragilità; proprio queste fragilità (es. aree e edifici abbandonati) sono state, negli ultimi anni, teatro di esperienze e di nuovi modi di fare e di vivere la città oltre che campo di lavoro e sperimentazione di intellettuali, creativi e specialisti; attualmente sono fulcro di un dibattito molto fertile e animato su questioni che non riguardano solo la riqualificazione urbana ma anche la partecipazione collettiva.

Durante il 2011/2012 ho realizzato micro-interventi urbani nella regione nord del Portogallo. Si è trattato di strategie di riuso temporaneo e spontaneo di spazi abbandonati di piccola scala, trasformati in luoghi transitori, grazie alla partecipazione della collettività che ha giocato un ruolo chiave nella pianificazione e progettazione degli interventi; queste azioni, pur nella loro semplicità, hanno sollevato riflessioni importanti sul modo di intervenire nello spazio urbano, hanno evidenziato le necessità della città e suggerito strategie con cui intervenire concretamente nel dibattito oltre che rivelato la potenza rigeneratrice di azioni partecipate, chirurgiche e di piccola scala.

Si propone una sintetica presentazione dei progetti realizzati a Oporto, a Guimarães - Capitale Europea della Cultura 2012 - e ad Ílhavo. L'obiettivo é condividere le esperienze e ragionare sugli effetti delle strategie proposte per poterle migliorare ma soprattutto per poter discutere della validità delle stesse in termini di reali strumenti di rigenerazione urbana e sociale. Infatti, quello su cui riflettere non è la mera valutazione delle azioni-reazioni ma un'analisi attenta delle loro potenzialità come strumenti al servizio della stessa città che in questo recupera la forza e il coraggio per ripartire, per auto-costruirsi e per cambiare “a partire dal basso”!

Vivere la città misurando le nostre azioni invece che giudicandole potrà essere il presupposto per produrre e raggiungere nuova qualità? Occuparsi con coscienza del paesaggio in cui viviamo è un valore? Le strategie proposte possono contribuire alla crescita collettiva, inclusiva e intelligente che l'Europa si è posta come obiettivo?

Ricominciare ad occuparsi in prima persona dell'ambiente urbano ed individuare i mezzi per disegnarlo è una necessità che non possiamo più ignorare ed è urgente riflettere sulle esigenze della vita contemporanea e interpretarle correttamente per elaborare piani efficaci che tengano conto di tutti gli attori che vi partecipano.

Parole chiave: micro-intervento; valore; partecipazione; rigenerazione.

* Architetto, libero professionista Indirizzo: Rua Sá da Bandeira, 562, 4° dt 4000-431, Porto (PT) E-mail:chiara.sonzogni@gmail.com 2

La città come costruzione sociale di un concetto La città è un sistema di connessioni spaziali e temporali frutto di stratificazioni, forme e adattamenti a contesti socioeconomico-politici di epoche diverse. La città è testimonianza diretta delle culture che la abitano, la trasformano e la vivono, per questo appare così affascinante, interessante, densa e al tempo stesso problematica e complessa. Quando ci si relaziona al paesaggio urbano contemporaneo si affrontano questioni non solo urbanistiche e architettoniche ma anche culturali, il paesaggio è dato dalla somma della cultura e della natura. Per questo l'organismo urbano può essere considerato come concretizzazione del complesso sistema che definiamo società, è la costruzione sociale di un concetto, quello di come vivere, trasformare, agire sullo spazio che ospita le nostre vite e che noi vestiamo costantemente come una seconda pelle.

Questa prossimità tra l'ambiente e chi lo abita, rende necessario, quando si parla, analizza, discute di città, considerare coloro che la compongono e la trasformano. Gli abitanti di una città influiscono sulla stessa, vivendola, trasformandola, adattando i propri spostamenti, misurando i propri spazi e la propria realtà. Tuttavia spesso non hanno gli strumenti per poter intervenire nel dialogo urbano, non sanno come tradurre idee, pensieri, necessità in azioni concrete. Su questa necessità dovremmo ragionare e trovare soluzioni per accorciare la distanza tra gli abitanti dell'ambiente urbano e l'ambiente stesso, una separazione che li pone entrambi in una posizione critica.

Le città attuali sono bisognose di cure e attenzioni. Viviamo in un’era di cambiamento, i settori produttivi non necessitano più di grandi spazi, la rete virtuale si sta sostituendo a quella fisica, la nuova composizione della società porta con sé nuove necessità spaziali, l'egemonia dell'auto, ancora forte presto diventerà insostenibile obbligando a ripensare alla mobilità, la crisi economica implica un nuovo ordine di valori, un cambiamento nella scala delle priorità.

Ogni città reagisce a questi cambiamenti diversamente, assistiamo a centri vuoti e altri affollati, a periferie abbandonate e altre in crescita, i vuoti urbani aumentano, siano essi di piccola o grande dimensione, alcuni servizi si allontanano, altri si avvicinano, le funzioni si addensano o si spargono sul territorio. Qualunque sia il tipo e il grado di criticità che caratterizza le nostre città, l'importante è affrontarla riconoscendone i limiti, i confini, le forme per poterla trasformare in opportunità. Ogni situazione difficile obbliga infatti a ripensare il contesto, a porsi le giuste domande, ad analizzare e valutare. Per questo la crisi può essere considerata un'occasione per fermarsi a rivalutare i cammini intrapresi e a tracciarne di nuovi.

3 casi, 2 anni, 1 obiettivo Le considerazioni con cui si apre questo saggio sono frutto di esperienze pratiche. Volutamente nel testo non si farà riferimento a contributi teorici per dimostrare quanto l'esperienza sul campo, il contatto diretto con l'ambiente urbano e il dialogo con i suoi attori, offrano spunti interessanti e attuali. É proprio questa sorprendente ricchezza che ha permesso a queste azioni di partecipare ad un dibattito così attuale sul destino delle nostre città, sulla loro competitività, intelligenza e inclusione, caratteristiche definite dal piano Europa 20201 come necessarie per il futuro della Comunità.

Il Portogallo rappresenta un ottimo caso studio; infatti dopo l'epoca dittatoriale, terminata solo negli anni 70, si è innescato un processo di forte emigrazione che ha causato l'abbandono di molti quartieri delle città e di molti piccoli centri. Basti notare che per il 70% il centro della città di Oporto (seconda città del Paese) risulta degradato; se a questo aggiungiamo la crisi del settore produttivo e industriale il panorama risulta molto critico. Tuttavia, proprio in questa difficile situazione, stanno fiorendo nuove energie e strategie alternative che trasformano lo scenario della crisi in occasione per studiare la città, considerandola come campo per sperimentare nuove azioni e direzioni. É in questa situazione di novità dettata dalla necessità che il mio intervento ha trovato spazio e mezzi per auto-valutarsi e mi ha naturalmente introdotto ai temi contemporanei di intervento urbano: Tactical Urbanism, Urban Gardening, Collective Action.

Questi interventi sono nati dalla mia tesi di Laurea Specialistica in Architettura, dal titolo “Vuoti a rendere.

Conversazioni per una strategia di impronta”2 attraverso la quale si proponeva una strategia di uso temporaneo dei vuoti urbani della città di Oporto, con l'obiettivo di dare nuova qualità alla città, offrire una soluzione temporanea per contrastare l'avanzare del degrado e immettere nuovamente questi spazi nel mondo del mercato.

Pur nella sua semplicità e banalità la proposta è stata presentata pubblicamente alla città che l'ha accolta con entusiasmo al punto che mi è stata offerta la possibilità di testarne la sua validità, concretizzandola proprio nella stessa di città di 1 Europa 2020 è la strategia decennale per la crescita sviluppata dall'Unione europea; come afferma José Manuel Barroso,

2

Presidente della Commissione europea, (2010) “La strategia Europa 2020 punta a rilanciare l'economia dell'UE nel prossimo decennio. In un mondo che cambia l'UE si propone di diventare un'economia intelligente, sostenibile e solidale.

Queste tre priorità che si rafforzano a vicenda intendono aiutare l'UE e gli Stati membri a conseguire elevati livelli di occupazione, produttività e coesione sociale. In pratica, l'Unione si è posta cinque ambiziosi obiettivi – in materia di occupazione, innovazione, istruzione, integrazione sociale e clima/energia – da raggiungere entro il 2020. Ogni Stato membro ha adottato per ciascuno di questi settori i propri obiettivi nazionali. Interventi concreti a livello europeo e nazionale vanno a consolidare la strategia”.

Tesi discussa e depositata nell'Ottobre 2010 presso il Politecnico di Milano.

3

Oporto; in seguito, il successo ricevuto ha reso possibile la diffusione e l'adattamento della strategia anche in altri contesti: a Guimarães (eletta nel 2012 Capitale Europea della Cultura) e ad Ílhavo, un piccolo centro nel distretto della città di Aveiro.

“Retornáveis”. Il caso di Oporto Nella città di Oporto l'intervento si è concretizzato nell'uso temporaneo di due edifici, localizzati nell'area del centro storico, al momento in una condizione di abbandono tale da essere considerati rovine3. L'occupazione degli spazi è stata possibile stipulando, con i rispettivi proprietari, un contratto di cessione dello spazio.

Si è data la precedenza al contatto con gli abitanti del quartiere, a cui sono state presentate le intenzioni di progetto; successivamente gli spazi sono stati resi accessibili, puliti e sicuri. Dopo questa prima approssimazione si è lasciato del tempo affinché gli spazi venissero visitati e vissuti, in modo da conquistare un'identità e una funzione in una forma naturale e spontanea. Uno dei due è stato organizzato per ospitare un orto comunitario mentre l'altro non ha mai assunto una funzione specifica a non essere quella di spazio aperto.

L'intervento è stato patrocinato da Manobras no Porto4 e l'area di intervento corrispondeva a quella definita nel 1996 come Patrimonio Mondiale dell'Umanità da parte dell'UNESCO5 e l'obiettivo del progetto era affiancare agli abitanti, creativi e agenti culturali per elaborare proposte di interventi urbani volti a migliorare la qualità dell'ambiente.

I quartieri che hanno ospitato il progetto presentano caratteristiche molto particolari, sono quartieri storici i cui abitanti hanno necessità, valori e priorità ben lontane da quelle “prestabilite” dallo standard contemporaneo; se si pone l'accento su questa differenza non è per giudicare ma al contrario per sottolineare la specificità e l'autenticità di una zona della città che andrebbe salvaguardata e valorizzata invece che annientata.

Nonostante la proposta di intervento nascesse da una speculazione teorica di ambito accademico, i suoi presupposti si sono dimostrati adeguati al contesto, frutto di esigenze reali. Così partendo da un'idea tanto semplice quanto dettata da una necessità urgente, la proposta è sembrata essere una delle poche possibili e i suoi risultati sono stati così naturali da diventare essenziali. Il suo successo è stato dovuto dal suo essere completamente radicato nel paesaggio urbano e nell'aver contribuito concretamente ad un miglioramento dello stesso, il suo punto debole è aver avuto bisogno di un tempo più lungo di quello prestabilito dall'ente patrocinatore. Inoltre le qualità del progetto sono state offuscate dalla mancanza di risultati quantificabili.

Ad ogni modo in questi due anni è stato possibile “seminare qualcosa”: è stato dimostrato che il progetto può funzionare e merita l'investimento di mezzi (pochi) e di energie (molte). I veri risultati non hanno a che vedere con l'aver realizzato un giardino gradevole o un orto produttivo, ma con ciò che è rimasto nell'aria. Sono stati trasmessi messaggi concreti a chi vive la città: con poco è possibile migliorare e fare la differenza e la crisi può davvero essere un'opportunità. Quello che più di ogni altra cosa ha determinato il successo del progetto sono state le proposte ricevute in seguito dagli abitanti, come se davvero avessero scoperto che dare voce hai propri pensieri è possibile; due spazi abbandonati e in rovina si sono stati trasformati, con delle semplici azioni, in luoghi, con un'identità propria, indipendente dalla funzione, dimostrando che fare città è qualcosa che va al di là di un intervento architettonico; riguarda infatti molti aspetti, molte discipline, è qualcosa che richiede intelligenza, cultura, multidisciplinarietà e per questo merita uno studio approfondito e interventi ragionati e calibrati.

3

Sono classificati come rovine per la mancanza di una copertura e sono quindi privi di ogni funzione anche di quella

primaria di protezione. Definizione da Piano di Gestione - Volume I - Porto Vivo SRU; 2008, Porto. www.portovivosru.pt/planodegest.o.

4 Progetto di riqualificazione del patrimonio immateriale patrocinato da Porto Lazer, EEM and co-finanziato da European Regional Development Fund (ERDF).

5 Piano di Gestione - Volume I - Porto Vivo SRU, 2008, Porto; www.portovivosru.pt/planodegest.o.

4

Oporto - Orto urbano (Ottobre 2012)

Oporto – Giardino sospeso (Settembre 2011) Foto dall'archivio personale

Un ECO verde. Il caso di Guimarães Il micro intervento, proposto per la città di Guimarães, ha trovato posto nel quartiere di Couros, un'area del centro città che, dopo anni di completo disinteresse e abbandono, nel 2012 è stata sottoposta ad un importante intervento di riqualificazione delle infrastrutture e degli spazi pubblici. Gli obiettivi di progetto avevano inoltre scopi sociali, infatti la qualità degli spazi pubblici è stata accompagnata da politiche di dinamizzazione degli stessi, concretizzatesi con il progetto “CampUrbis”6. L'intervento proposto si è ritrovato così inserito in una realtà già dinamica, dove la prima barriera di scetticismo e sfiducia era stata oltrepassata e dove il dialogo con il contesto era già cominciato. L'area di intervento, messa a disposizione dalla Municipalità, è stata infrastrutturata e resa accessibile con l'aiuto del collettivo italiano esterni7; attraverso un lavoro di campo di contatto “porta a porta” è stato approfondito il dialogo con gli abitanti del quartiere, con i quali è stato possibile formare un gruppo motivato a partecipare attivamente. Si è così giunti insieme alla conclusione che un giardino e un orto avrebbero abbellito il quartiere e migliorato e dinamizzato anche la vita di comunità.

Il progetto è stato patrocinato dalla Capitale Europea della Cultura Guimarães 2012. In una fase iniziale l'appoggio di questa istituzione, il cui marchio era già conosciuto in città e mostrava risultati visibilmente positivi, si è dimostrato utile, come se fosse una garanzia di successo, tuttavia durante il processo, durato 6 mesi, le persone coinvolte hanno cominciato a sentire l'esigenza di prendere le distanze, come se l'aver sviluppato un attaccamento emotivo al progetto li portasse a volerlo identificare come proprio, personale e libero da un marchio che in quanto tale rischia di uniformare ogni giudizio di valore.

6 Progetto patrocinato e sviluppato da Setepés (impresa di consultoria e gestione culturale, con sede a Oporto, attiva dal 1998) e dall'associazione Fraterna (Centro Comunitario di Solidarietà e Integrazione Sociale della città di Guimarães).

7 Impresa con sede a Milano, attiva dal 1995.

5

Anche in questo caso si è notato quanto la partecipazione in sé trascenda la funzione di una azione collettiva; quello che è importante è sentirsi parte attiva e partecipe di una comunità, poter far sentire la propria voce, poter intervenire concretamente migliorando la propria condizione.

L'azione proposta ha dato grandi risultati, dimostrando che poter intervenire nel proprio ambiente va di pari passo con un sentimento di appartenenza alla città che leva con sé questioni culturali ed educative importanti che possono avere effetti positivi sulla stessa e possono contribuire attivamente nella questione della pianificazione urbana e territoriale.

La città sa cosa vuole, le mancano gli strumenti per esprimersi.

Il progetto è stato interrotto, nonostante sia stato comunicato alle autorità competenti la volontà di continuare e la disponibilità a trasferirlo in un altro luogo rispettando le condizioni imposte dal Comune; la risposta è stata negativa e ha ovviamente causato disillusione e sconforto, dimostrando nuovamente che uno degli ostacoli più difficili da superare è la discrepanza tra il tempo necessario affinché queste azioni maturino e il tempo delle istituzioni che non sono sufficientemente pazienti e che, invece che adattarsi al ritmo della città, lo interrompono, creando fratture, spesso insanabili.

Guimarães - Un ECO verde (Ottobre 2012) - Foto dall'archivio personale 6

Ílhavo: Fidarsi della città In ultimo e sinteticamente si presenta un altro caso, promosso dal Centro Culturale di Ílhavo nel Luglio 2012. Si è trattato di una residenza artistica, destinata ai migliori laureandi dei corsi delle Facoltà di Belle Arti del Paese.

L'obiettivo era intervenire nello spazio pubblico del centro storico del paese per valorizzarlo e renderlo nuovamente appetibile, dopo anni di abbandono e disinteresse. La geografia dell'area, interessante per la conformazione in “becos” tipica degli antichi villaggi di marinai, è caratterizzata da vie molto strette, senza via di uscita, comunicanti solo attraverso l'asse centrale; tuttavia la forma labirintica e spesso disorientante e l'inadeguatezza alle nuove esigenze urbane (spazi pubblici, posti per le auto, sicurezza, chiarezza) rendono questa zona poca amata e quindi volutamente dimenticata. L'intervento artistico aveva così l'obiettivo di attrarre nuovi e antichi visitatori e aiutarli ad orientarsi; è stata così proposta un serie di installazioni, nodi di una rete che avrebbe guidato i visitatori come una sorta di filo di Arianna, aiutandoli a fidarsi del percorso e delle voci che lo descrivevano. Gli artisti si confrontarono con lo spazio urbano, vivendolo, perdendosi, scoprendone aspetti positivi e negativi, dialogando con il contesto per scoprire storie e curiosità. Così, durante 10 giorni, il centro del paese è stato percorso da dinamiche artistiche e creative, gli abitanti, prima scettici, si sono abituati alla loro presenza, alle domande, alle necessità. Il risultato è stato una grande collaborazione tra le due parti, gli abitanti hanno appoggiato e mostrato interesse per le installazioni, anche le più astratte, e accettato anche le azioni più invadenti, al punto da aprire le porte delle proprie case, stabilendo una forte relazione tra pubblico e privato. É attraverso questa invasione artistica che si è dimostrato interesse per la città e questo è bastato agli abitanti per ritrovare l'entusiasmo e l'orgoglio perso dopo anni di abbandono; questa condizione, diffusa in molte aree delle nostre città, si traduce in una depressione della stessa, dimostrando il suo essere un organismo vivo e pensante. Tale depressione non va sottovalutata perché indebolisce l'audacia e l'ambizione delle nostre città, condizioni necessarie per la crescita del nostro paesaggio urbano contemporaneo.

Ílhavo – Interventi artistici in città (Luglio 2012) - Foto dall'archivio personale

7

Come disegnare una strategia I tre interventi proposti e brevemente affrontati, oltre ad essere stati una conferma della validità della proposta elaborata a livello teorico nel 2010, hanno sollevato questioni e riflessioni importanti, soprattutto per quello che riguarda la formulazione di una strategia di intervento nella città contemporanea e la possibilità di partecipare attivamente al dibattito che l'Europa sta articolando riguardo al proprio futuro. Infatti i micro-interventi proposti rappresentano un esempio di possibili azioni intelligenti, sostenibili e inclusive. Possiamo parlare di intelligenza per il valore culturale che questo approccio urbano leva con sé, dato sia dal dialogo con i protagonisti che dal suo valore educativo; si tratta infatti di un nuovo modo di fare città, di intervenire e di considerare lo spazio pubblico come competenza comune, come fosse un'estensione del privato, un ambiente in cui individuare e trasmettere valori, qualità, necessità.

Inoltre dare la possibilità di intervenire e di partecipare alla questione urbana, aiuta a sviluppare un sentimento di appartenenza che si traduce in un civismo che può solo essere benefico per la città. Saper riconoscere le proprie esigenze, saperle valutare e tradurre in azioni concrete permette di sentirsi parte integrante di un sistema e quindi di sviluppare un attaccamento allo stesso che giova in termini del suo buon funzionamento; infatti risulta evidente che per crescere è necessario partecipare, mettersi in gioco, applicarsi per il raggiungimento di un obiettivo comune.

Infine, dimostrare a chi vive la città che la stessa è oggetto di attenzione scatena un sentimento di orgoglio e di protezione che aiuta nel difficile processo di manutenzione dell'efficienza del sistema città; la volontà di risolvere i problemi invece che mascherarli, di ricercare le potenzialità del sistema invece che crearne uno nuovo sono tappe fondamentali per raggiungere l'obiettivo ambizioso di riscattare il paesaggio contemporaneo e dargli nuova qualità.

Tutti questi risultati hanno dimostrato chiaramente che un fattore da non sottovalutare è l'interdisciplinarietà delle nostre azioni: intervenire nella città richiede competenze ulteriori a quelle delle discipline di Architettura e Urbanistica. É necessario dare spazio e coinvolgere, tra le altre, la Sociologia, l'Economia, l'Ecologia, perché se la città è un sistema complesso le strategia attuate devono saper affrontare questa complessità. É giunto il momento di ragionare su quale sia stato il mio ruolo in questi interventi. Non ho certo agito solo come architetto, non è infatti necessaria una preparazione accademica per accorgersi della crisi delle nostre città, per riconoscere i punti fragili, per vedere il vuoto, pulirlo e renderlo accessibile; non ho dimostrato e non mi sono servita di conoscenze approfondite sul tema di “urban gardening”, quello che ho fatto è stato solo riunire gli strumenti e i materiali necessari per rendere possibile e concretizzare le proposte. Quello che davvero ha fatto la differenza è stata la disponibilità all'ascolto. Ho proceduto “porta a porta”, parlando con gli abitanti dei luoghi in cui erano localizzati gli interventi, ho ascoltato i loro dubbi, le loro perplessità, capito la loro diffidenza. Ho cercato di conquistare la loro fiducia e l'unico modo per faro è stato dimostrando di volermi mettere in gioco; quante volte mi è stata fatta la domanda: “Ma Architetto, cosa le fa fare di pulire questo schifo?” ma quanta soddisfazione nel sentire che la risposta era già stata data, che lavorando in prima persona avevo dimostrato che ero disposta a sporcarmi le mani pur di migliorare la situazione e quante riflessioni nel sentirsi dire “Beh, alla fine gli Architetti sono persone normali!”. Sì perché spesso il ruolo dei professionisti è visto come qualcosa di distante dalla realtà, come se arrivassimo ad imporre metodi, soluzioni, processi, prodotti che non si adattano a quello che la gente davvero vuole e che si trova quindi costretta a subire. Se vogliamo una città a misura d'uomo, una città in cui il suo abitante sia l'attore principale, una città confezionata come un vestito su misura, dobbiamo davvero lavorare come sarti. Il nostro compito sta nel trovare le forze affinché il processo di rigenerazione urbana cominci, per questo dobbiamo osservare, ascoltare, guardare al dettaglio, interpretare e poi fornire ai protagonisti gli strumenti adeguati per disegnare e poi costruire.

La città sa cosa vuole, non sa come ottenerlo. A noi l'audace compito di offrirle questa possibilità!

Imparare a prendersi il tempo necessario Porsi in una posizione di ascolto attivo! Con queste parole si può riassumere la strategia fino a qui proposta. Ma per farlo è necessario un metodo. Sintetizzando: l'unico metodo possibile è il Tempo! Nella riflessioni affrontate a seguire alla realizzazione dei micro-interventi, è affiorato spesso un problema relativo al tempo nella sua declinazione di temporaneità/effimerita e di ritmo.

I partecipanti si sono interrogati sul perché dovessimo accettare la temporaneità degli interventi; una domanda che sorge spontanea dopo aver partecipato attivamente ad un processo, dopo averne visto i risultati, dopo essere riusciti a sostituire lo scetticismo con l'entusiasmo. La temporaneità di queste proposte è una condizione dettata più da una mancanza di guadagno immediato che da una necessità del contesto. Nella nostra società il valore vero è quello monetario, spesso ci dimentichiamo della sua natura virtuale e lo eleggiamo all'unico possibile; in realtà quando si parla di paesaggio, ambiente, sistema urbano ci sono ben altri valori, che non possono essere tradotti in denaro. La qualità in questo ambito non è quantificabile. Se pensassimo a quanto questa sia determinante per le nostre vite ci renderemmo conto che migliorare uno spazio e quindi il nostro paesaggio, può giovare più di una qualsiasi somma di denaro. Queste parole possono sembrare retoriche eppure esprimono una considerazione che andrebbe fatta a priori. Infatti spesso gli stessi promotori di iniziative di partecipazione urbana e collettiva, hanno come obiettivo principale un guadagno, un ritorno economico; questo il più delle volte non viene raggiunto ma sostituito da un altro tipo di guadagno, qualitativo e non quantitativo, così, appena si percepisce questa discrepanza, i progetti vengono abbandonati, le energie e i mezzi si 8

affievoliscono e gli interventi si congelano. Per fare insieme è necessario tempo, per lasciare una traccia conta tanto l'efficacia quanto la maturazione di un'azione. Nonostante questo anche il più breve degli interventi, se efficace, può dare dei frutti. Le micro-azioni proposte hanno lasciato il segno, fosse solo nella convinzione che fare qualcosa di diverso è possibile, anche se a questo si accompagna l'amarezza di sapere che molto volte è necessario affrontare una fine e un nuovo inizio.

Per quanto riguarda il ritmo, si è accennato al tema della necessità di maturazione. Molte volte i processi di partecipazione urbana collettiva necessitano di un ritmo diverso da quello a cui forziamo le nostre città. Il tempo è necessario: per ascoltare, per capire i limiti del contesto e i suoi problemi, per individuare le forze con cui trasformarli in opportunità. Non è un caso che i frutti dei progetti qui presentati si stiano raccogliendo ora, a distanza di quasi un anno, nelle parole dei partecipanti, nelle loro azioni, nel loro nuovo modo di agire nel paesaggio urbano.

Tutti i tre progetti proposti al momento in cui si scrive questo saggio sono terminati, in un solo caso si tratta di una sospensione temporanea delle attività; tuttavia, dopo alcuni mesi di distacco, necessari per elaborare “il lutto”, i partecipanti, in forma autonoma, hanno cominciato ad applicare i semplici insegnamenti in altri contesti, spontaneamente: a Oporto (sede del progetto “Vuoti a rendere”) hanno ripulito uno spazio abbandonato, su iniziativa personale, arredandolo con sedie e tavoli; a Guimarães (sede del progetto “Un ECO verde”) i partecipanti hanno chiesto al Municipio la possibilità di realizzare un orto, in una qualsiasi area purché duratura; ad Ílhavo gli abitanti monitorano le installazioni artistiche ancora presenti, registrandone le tracce e i cambiamenti e continuando, o meglio, ricominciando a frequentare il centro storico.

Si tratta di piccoli successi, senza alcun ritorno economico, ma degni di essere registrati, raccontati, condivisi, apprezzati perché frutto di uno sforzo iniziale. Si tratta del primo passo di un bambino, traballante e incerto, destinato ad interrompersi ma così entusiasmante da aver voglia di riprovare ancora, per innumerevoli volte, fino ad acquistare la forza per correre.

Per fare una città … smart!

Sono già state affrontate molte questioni; come anticipato nell'introduzione a questo saggio, si è trattato di riflessioni generate da interventi concreti. Qui sta la chiave del mio contributo, quello di cui la città contemporanea ha bisogno, quello che ci permetterà di parlare di smart city sono azioni concrete: ripartire dal basso, dai piccoli interventi, sporcarsi le mani, riempirsi le orecchie e confondere i sensi, aprire gli occhi. Se vogliamo una città competitiva dobbiamo agire con intelligenza, occuparci degli aspetti educativi degli interventi che proponiamo, considerarne gli effetti sui comportamenti in cui viviamo le nostre città; se vogliamo una città inclusiva dobbiamo considerare tutti gli attori del processo, per farlo dobbiamo prenderci il tempo per individuarli, contattarli, capirne il ruolo e affidare responsabilità; se vogliamo una città sostenibile dobbiamo raccogliere i mezzi più adeguati per raggiungere i nostri obiettivi, e formare, con i pochi strumenti a disposizione, un'orchestra. Nessuna di queste volontà è semplice da raggiungere, la complessità, il tempo necessario, le competenze richieste sono tali da rendere essenziale un approccio multidisciplinare, solo così potremo davvero riuscire a rendere le nostre città competitive e pronte ad uscire dalla crisi a testa alta.

Una smart city è una città autosufficiente, che riesce a trovare all'interno del suo stesso sistema le forze necessarie per generarsi; per riuscire in questo intento è fondamentale concentrarsi sulla scala umana dei nostri interventi. Il nostro raggio di azione deve essere la nostra unità di misura; è importante inoltre considerare il raggio di influenza delle nostre azioni, solo così potremmo muoverci, agire, costruire in modo sostenibile. I progetti proposti sono riusciti a coinvolgere un numero significativo di persone in un raggio oscillante tra i 250 e 500 metri; gli strumenti e i materiali necessari sono stati raccolti in un raggio di 1 km; l'influenza del progetto ha un'area forse incalcolabile. Infatti le riflessioni qui riportate hanno già trovato spazio in dibattiti nazionali ed internazionali, dimostrando che anche con poco è possibile increspare la superficie, sollevare questioni, far sentire la propria voce e dimostrando quanto in questo ambito la qualità conti più della quantità.

Stiamo vivendo un'epoca in cui la superficialità e la spettacolarità sono diventate dei valori, dove quello che conta è fare il più possibile, passando rapidamente da un campo all'altro, da un esperienza all'altra, senza fermarsi. Ognuno vuole raggiungere la cresta dell'onda e restarci il più possibile. Tutto questo collide con quanto sostenuto fino a qui; una società di surfisti non ha tempo per fermarsi, ascoltare, osservare, decidere. La velocità con cui superiamo i cambiamenti dei nostri tempi è affascinante, viviamo a tempo di danza il che ci da l'ebrezza sufficiente per godere di questa realtà ma dovremmo cominciare a pensare che se tutto questo lo vogliamo salvare dovremmo afferrare qualcosa mentre viaggiamo veloci.

Guardare ad un orizzonte più vicino, osservare quello che ci circonda, intervenire là dove i nostri mezzi ci permettono di arrivare possono essere le nuove strategie per raggiungere mete lontane?

Sedersi e discutere attorno ad un tavolo imbandito invece che ad un bancone di un fast-food, può essere la metodologia per rendere fertili le nostre riflessioni?

“Tutto questo è difficile, ma dobbiamo riuscirci, perché il futuro si vendica!”. (cfr. B. Secchi [1997])

9

Bibliografia Baricco, Alessandro 2008, I BARBARI. Saggio sulla mutazione, Universale Economica Feltrinelli, Milano (IT).

Lidon, Mike 2012, Tactical Urbanism 2. Street Plans, Nextgen, Miami - New York (USA).

Maffessoli, M. 1996, con Giacomo Marramao, Le culture comunitarie. Zone di confine, Il Mondo3, Torino (IT).

Secchi, B. 1997, Lezione presso l'Università di Architettura di Oporto, Porto (PT).

Setepés 2012, Uma experiência singular. Envolvimento da População Local, Fraterna Centro Comunitário de Solidariedade e Integração Social, Guimarães (PT).

10