L'economia scopre la felicità

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EDITORIALE DI ADOLFO URSO

Gianfranco FINI

fini@ farefuturofondazione.it

Segretario generale

Adolfo URSO

urso@ farefuturofondazione.it

Segretario amministrativo

Pierluigi SCIBETTA

scibetta@farefuturofondazione.it

Consiglio di fondazione Alessandro CAMPI, Rosario CANCILA, Mario CIAMPI, Emilio CREMONA, Ferruccio FERRANTI, Gianfranco FINI, Giancarlo LANNA, Vittorio MASSONE, Daniela MEMMO D’AMELIO, Giancarlo ONGIS, Pietro PICCINETTI, Pierluigi SCIBETTA, Adolfo URSO

Direttore scientifico Alessandro CAMPI

Direttore Mario CIAMPI

campi@farefuturofondazione.it

ciampi@farefuturofondazione.it

eichberg@farefuturofondazione.it

Segreteria organizzativa fondazione Farefuturo Via del Seminario 113, 00186 Roma - tel. 06 40044130 - fax 06 40044132 info@farefuturofondazione.it

www.farefuturofondazione.it

Nuova serie Anno V - Numero 5 - settembre/ottobre 2010

Direttore relazioni internazionali Federico Eichberg

Poste italiane S.p.a. - Spedizione in abbonamento postale - 70% /Roma/Aut. N° 140/2009

Presidente

www.farefuturofondazione.it

L’economia scopre la felicità

Farefuturo è una fondazione di cultura politica, studi e analisi sociali che si pone l’obiettivo di promuovere la cultura delle libertà e dei valori dell’Occidente e far emergere una nuova classe dirigente adeguata a governare le sfide della modernità e della globalizzazione. Essa intende accrescere la consapevolezza del patrimonio comune, di cultura, arte, storia e ambiente, con una visione dinamica dell’identità nazionale, dello sviluppo sostenibile e dei nuovi diritti civili, sociali e ambientali e, in tal senso, sviluppare la cultura della responsabilità e del merito a ogni livello. Farefuturo si propone di fornire strumenti e analisi culturali alle forze del centrodestra italiano in una logica bipolare al fine di rafforzare la democrazia dell’alternanza, nel quadro di una visione europea, mediterranea e occidentale. Essa intende operare in sinergia con le altre analoghe fondazioni internazionali, per rafforzare la comune idea d’Europa, contribuire al suo processo di integrazione, affermare una nuova e vitale visione dell’Occidente. La Fondazione opera in Roma, Palazzo Serlupi Crescenzi, via del Seminario 113. Èun’organizzazione aperta al contributo di tutti e si avvale dell’opera tecnico-scientifica e dell’esperienza sociale e professionale del Comitato promotore e del Comitato scientifico. Il Comitato dei benemeriti e l’Albo dei sostenitori sono composti da coloro che ne finanziano l’attività con donazioni private.

L’economia scopre la felicità Bimestrale della Fondazione Farefuturo Nuova serie anno V - n. 5 - settembre/ottobre 2010 - Euro 12 Direttore Adolfo Urso

Oltre il Pil, la lezione della crisi Il Pil e il debito pubblico erano i due parametri che scandivano la vita economica, sociale e politica dei paesi e dei popoli sino alla Grande Crisi. Il Prodotto interno lordo ne stimava le dimensioni e le potenzialità di crescita, con il suo conseguente reddito pro capite; il debito pubblico ne misurava lo stato di salute e le sue possibili criticità. L’Italia non brillava per quanto riguarda la crescita del Pil, troppo debole e comunque inferiore a quasi tutti i paesi europei, per non parlare di quelli emergenti; ed era in testa alla classifica – negativa – per quanto riguarda il debito pubblico, con il secondo più alto al mondo in rapporto alla propria popolazione. Sino a qualche giorno prima del fallimento della Lehman Broters, tutti paventavano la crisi Argentina e tenevano d’occhio i due parametri, e c’era chi puntava il dito contro i paesi con alto debito pubblico e con bassa crescita, e le due cose spesso ma non sempre coincidevano. In Italia coincidevano: altissimo debito pubblico e bassissima crescita del Pil. Sappiamo come sono andate le cose. Mentre tutti erano attenti al debito pubblico ed ogni cosa veniva ad esso rapportato, la fonte della crisi avveniva sul fronte avverso: su quella del debito privato e nel paese occidentale con la più alta crescita e con il più alto indice di consumi. La fonte della crisi si manifestava non dove si aspettava, non tra coloro che arrancavano, ma in quel paese che trainava la crescita: appunto negli Usa. Tutti erano attenti Certo, anche negli Stati Uniti il debito pubblico era schizzato alle stelle, già dual debito pubblico, rante l’era Reagan, quella della massima ma la crisi è scoppiata a causa di quello privato espansione, e poi ancora con Clinton e i Bush, ma sembrava ampiamente compensato dalla forza e dalla dinamicità della società e del sistema produttivo capace di consumare e quindi di produrre e comunque di importare. La crisi si è manifestata sul fronte del debito privato, delle famiglie e delle imprese, a cominciare da quello che altrove, e certamente nella nostra cultura, è invece il settore più solido, le fondamenta d’ogni cosa o, se volete, più semplicemente il bene rifugio: il mattone, cioè la casa. E infatti da noi si parla e si costruisce con i mattoni, mentre lì si costruisce con il legname, come a indicare la diversa solidità del bene primario. Anche questo ha portato a riconsiderare quali siano i veri indicatori della crescita e quindi della società e dell’economia: le fondamenta dello sviluppo. Oggi si parla sempre più di indicatori di benessere e non meramente di prodotto. Gwb (General well being) e non meramente di Gdp (Gross domestic product). Ne abbiamo parlato altre, tante volte negli anni passati, su Charta e anche nei documenti politici che realizzammo nell’ultima fase di An (cfr Ripensare il centrodestra nella prospettiva europea e il documento di indirizzo della Convention produttiva di Brescia). Allora, in pochi ne condividevano lo spirito, i più pensarono al solito vezzo del “futuristi”. Oggi, molti hanno cambiato idea choccati da quel che è accaduto.


SOMMARIO

APPUNTAMENTI

NUOVA SERIE ANNO V - NUMERO 5 - SETTEMBRE/OTTOBRE 2010

A CURA DI BRUNO TIOZZO w w w. f a r e f u t u r of o n d a zi o n e . i t

L’economia scopre la felicità

R OMA

L’energia di domani 27 settembre La fondazione Farefuturo ospita una giornata di stu-

Oltre il Pil, la lezione della crisi ADOLFO URSO - EDITORIALE Come coniugare ricchezza e benessere - 2 GIANFRANCO FINI

STRUMENTI Oltre il Pil. I nuovi indicatori del benessere e la sostenibilità dello sviluppo - 108

È il momento della civiltà dell’empatia - 8 MARIO CIAMPI

MINUTA

Alle origini dell’economia della felicità - 14 GIUSEPPE PENNISI

Mare nostrum - 146 MARIO RINO ME

Un nuovo modo di guardare la società - 24 ENRICO GIOVANNINI

Come nasce il politico del duemila - 160 PAOLO LOMBARDI

I nuovi indicatori della felicità - 34 CARLO CARRARO, CATERINA CRUCIANI, ELISA LANZI

Quell’innata paura della fine del mondo - 170 GIAMPIERO RICCI

La politica ha bisogno di nuovi strumenti - 44 ENRICO CANCILA, FRANCESCO ZECCA

dio e convegno organizzata dal Cetri-Tires dal titolo

NEW YORK

Development of the local government in Albania Seminario congiunto del centro studi Civitas e la Konrad Adenauer Stiftung sul ruolo degli enti locali. Domenica 3 – Lunedì 4 ottobre

2010 New York Forum Incontro annuale dell’American Enterprise Institute. L’edizione di quest’anno è stato dedicato alle imminenti elezioni di medio termine. Tra i relatori, John Bolton, già ambasciatore presso l’Onu. Mercoledì 20 ottobre

Interdipendenza energetica e indipendenza economica. È prevista una lectio magistralis in videoconferenza del professor Jeremy Rifkin.

WASHINGTON The Conservative Century Revisited Lo storico Gregory Schneider, studioso del pensiero conservatore statunitense, interviene presso l’American Enterprise Institute. Lunedì 4 ottobre

R OMA

L’Italia all’Expo di Shanghai 28 settembre 2010 Le fondazioni Symbola e Farefuturo organizzano a Palazzo San Macuto, in via del Seminario, 76, il convegno dal titolo Il padiglione italiano all’expo Shan-

Una rivoluzione culturale - 54 GIANFRANCO BOLOGNA

TIRANA

ghai 2010. Concludono i lavori il presidente di Symbola Ermete Realacci e il segretario generale di

BIRMINGHAM Energy Security in a Multipolar world: the challenge of engagement Seminario del Bow Group sulla sicurezza energetica, organizzato in concomitanza con la conferenza annuale del Partito conservatore. Martedì 5 ottobre

Farefuturo, Adolfo Urso.

Alla ricerca di un mondo sostenibile - 64 FABIO ORECCHINI Ma l’indicatore migliore resta il Prodotto interno lordo - 72 FIORELLA KOSTORIS

BERLINO

A SOLO (TV)

Il Pil? Meglio tenerselo caro... - 82 MARIO BALDASSARRI

Dialoghi asolani sulla legalità

Berlino, fra crescita reale e qualità della vita - 86 PIERLUIGI MENNITTI

22 e 23 ottobre

La “scelta” di essere felici - 92 BRUNO TIOZZO

La città di Asolo (TV) ospiterà la terza edizione dei Dialoghi asolani. Il workshop La legalità del citta-

dino, la legalità delle istituzioni, organizzato con-

Uno sviluppo fondato sull’etica - 100 MICHELE TRABUCCO

giuntamente dalle fondazioni Farefuturo e

Italianieuropei vedrà la partecipazione e il confronto di personalità del mondo della politica, delle istituzioni e dell’economia. Concludono Massimo §D’Alema e Gianfranco Fini.

Ohne Strategie, aber mit Konzept? La Konrad Adenauer Stiftung s’interroga sulle nuove sfide della Nato. Lunedì 11 ottobre

LILLE Ce que le Web fait à la démocratie représentative Convegno della Fondation pour l’innovation politique sui potenziali effetti benefici del web sulla democrazia. L’evento sarà trasmesso in diretta sul sito della fondazione con la possibilità di intervenire on-line. Sabato 16 ottobre

WASHINGTON Dupes: How America’s Adversaries Have Manipulated Progressives for a Century Presentazione presso la Heritage Foundation del libro Dupes, in cui il politologo Paul Kengor descrive come gli “utili idioti” progressisti nel campo della cultura sono stati strumentalizzati dall’Unione Sovietica contro gli interessi nazionali. Venerdì 22 ottobre

Direttore Adolfo Urso urso@farefuturofondazione.it Direttore responsabile Barbara Mennitti mennitti@chartaminuta.it Collaboratori: Roberto Alfatti Appetiti, Rodolfo Bastianelli, Federico Brusadelli, Stefano Caliciuri, Rosalinda Cappello, Diletta Cherra, Silvia Grassi, Giuseppe Mancini, Alessandro Marrone, Pierluigi mennitti, Cecilia Moretti, Domenico Naso, Giuseppe Pennisi, Paolo Quercia, Bruno Tiozzo, Pietro Urso. Direzione e redazione Via del Seminario, 113 - 00186 Roma Tel. 06/97996400 - Fax 06/97996430 E-mail: redazione@chartaminuta.it direttorecharta@gmail.com

Segreteria di redazione redazione@chartaminuta.it

ROMA Medien: Made in Italy / Made in Germany Conferenza sulla libertà dei media organizzata dalla rappresentanza della Konrad Adenauer Stiftung in Italia presso la sede dell’Istituto Luigi Sturzo. Lunedì 25 – Mercoledì 27 ottobre

Grafica ed impaginazione Giuseppe Proia

BRAZZAVILLE — N DJAMENA — DOUALA

Amministratore unico Gianmaria Sparma

Commémoration du ralliement des territoires de l’AEF à la France Libre Una delegazione della Fondation Charles de Gaulle si recherà in Congo, Ciad e Camerun per commemorare il sostegno dato 70 anni fa dalle tre ex colonie all’appello del generale. Lunedì 25 – Sabato 30 ottobre

Editrice Charta s.r.l. Abbonamento annuale € 60, sostenitore da € 200 Versamento su c.c. bancario , Iban IT88X0300205066000400800776 intestato a Editrice Charta s.r.l. C.c. postale n. 73270258 Registrazione Tribunale di Roma N. 419/06

Segreteria amministrativa Silvia Rossi Tipografia Tipografica-Artigiana s.r.l. - Roma Ufficio abbonamenti Domenico Sacco

www.chartaminuta.it


SOMMARIO

APPUNTAMENTI

NUOVA SERIE ANNO V - NUMERO 5 - SETTEMBRE/OTTOBRE 2010

A CURA DI BRUNO TIOZZO w w w. f a r e f u t u r of o n d a zi o n e . i t

L’economia scopre la felicità

R OMA

L’energia di domani 27 settembre La fondazione Farefuturo ospita una giornata di stu-

Oltre il Pil, la lezione della crisi ADOLFO URSO - EDITORIALE Come coniugare ricchezza e benessere - 2 GIANFRANCO FINI

STRUMENTI Oltre il Pil. I nuovi indicatori del benessere e la sostenibilità dello sviluppo - 108

È il momento della civiltà dell’empatia - 8 MARIO CIAMPI

MINUTA

Alle origini dell’economia della felicità - 14 GIUSEPPE PENNISI

Mare nostrum - 146 MARIO RINO ME

Un nuovo modo di guardare la società - 24 ENRICO GIOVANNINI

Come nasce il politico del duemila - 160 PAOLO LOMBARDI

I nuovi indicatori della felicità - 34 CARLO CARRARO, CATERINA CRUCIANI, ELISA LANZI

Quell’innata paura della fine del mondo - 170 GIAMPIERO RICCI

La politica ha bisogno di nuovi strumenti - 44 ENRICO CANCILA, FRANCESCO ZECCA

dio e convegno organizzata dal Cetri-Tires dal titolo

NEW YORK

Development of the local government in Albania Seminario congiunto del centro studi Civitas e la Konrad Adenauer Stiftung sul ruolo degli enti locali. Domenica 3 – Lunedì 4 ottobre

2010 New York Forum Incontro annuale dell’American Enterprise Institute. L’edizione di quest’anno è stato dedicato alle imminenti elezioni di medio termine. Tra i relatori, John Bolton, già ambasciatore presso l’Onu. Mercoledì 20 ottobre

Interdipendenza energetica e indipendenza economica. È prevista una lectio magistralis in videoconferenza del professor Jeremy Rifkin.

WASHINGTON The Conservative Century Revisited Lo storico Gregory Schneider, studioso del pensiero conservatore statunitense, interviene presso l’American Enterprise Institute. Lunedì 4 ottobre

R OMA

L’Italia all’Expo di Shanghai 28 settembre 2010 Le fondazioni Symbola e Farefuturo organizzano a Palazzo San Macuto, in via del Seminario, 76, il convegno dal titolo Il padiglione italiano all’expo Shan-

Una rivoluzione culturale - 54 GIANFRANCO BOLOGNA

TIRANA

ghai 2010. Concludono i lavori il presidente di Symbola Ermete Realacci e il segretario generale di

BIRMINGHAM Energy Security in a Multipolar world: the challenge of engagement Seminario del Bow Group sulla sicurezza energetica, organizzato in concomitanza con la conferenza annuale del Partito conservatore. Martedì 5 ottobre

Farefuturo, Adolfo Urso.

Alla ricerca di un mondo sostenibile - 64 FABIO ORECCHINI Ma l’indicatore migliore resta il Prodotto interno lordo - 72 FIORELLA KOSTORIS

BERLINO

A SOLO (TV)

Il Pil? Meglio tenerselo caro... - 82 MARIO BALDASSARRI

Dialoghi asolani sulla legalità

Berlino, fra crescita reale e qualità della vita - 86 PIERLUIGI MENNITTI

22 e 23 ottobre

La “scelta” di essere felici - 92 BRUNO TIOZZO

La città di Asolo (TV) ospiterà la terza edizione dei Dialoghi asolani. Il workshop La legalità del citta-

dino, la legalità delle istituzioni, organizzato con-

Uno sviluppo fondato sull’etica - 100 MICHELE TRABUCCO

giuntamente dalle fondazioni Farefuturo e

Italianieuropei vedrà la partecipazione e il confronto di personalità del mondo della politica, delle istituzioni e dell’economia. Concludono Massimo §D’Alema e Gianfranco Fini.

Ohne Strategie, aber mit Konzept? La Konrad Adenauer Stiftung s’interroga sulle nuove sfide della Nato. Lunedì 11 ottobre

LILLE Ce que le Web fait à la démocratie représentative Convegno della Fondation pour l’innovation politique sui potenziali effetti benefici del web sulla democrazia. L’evento sarà trasmesso in diretta sul sito della fondazione con la possibilità di intervenire on-line. Sabato 16 ottobre

WASHINGTON Dupes: How America’s Adversaries Have Manipulated Progressives for a Century Presentazione presso la Heritage Foundation del libro Dupes, in cui il politologo Paul Kengor descrive come gli “utili idioti” progressisti nel campo della cultura sono stati strumentalizzati dall’Unione Sovietica contro gli interessi nazionali. Venerdì 22 ottobre

Direttore Adolfo Urso urso@farefuturofondazione.it Direttore responsabile Barbara Mennitti mennitti@chartaminuta.it Collaboratori: Roberto Alfatti Appetiti, Rodolfo Bastianelli, Federico Brusadelli, Stefano Caliciuri, Rosalinda Cappello, Diletta Cherra, Silvia Grassi, Giuseppe Mancini, Alessandro Marrone, Pierluigi mennitti, Cecilia Moretti, Domenico Naso, Giuseppe Pennisi, Paolo Quercia, Bruno Tiozzo, Pietro Urso. Direzione e redazione Via del Seminario, 113 - 00186 Roma Tel. 06/97996400 - Fax 06/97996430 E-mail: redazione@chartaminuta.it direttorecharta@gmail.com

Segreteria di redazione redazione@chartaminuta.it

ROMA Medien: Made in Italy / Made in Germany Conferenza sulla libertà dei media organizzata dalla rappresentanza della Konrad Adenauer Stiftung in Italia presso la sede dell’Istituto Luigi Sturzo. Lunedì 25 – Mercoledì 27 ottobre

Grafica ed impaginazione Giuseppe Proia

BRAZZAVILLE — N DJAMENA — DOUALA

Amministratore unico Gianmaria Sparma

Commémoration du ralliement des territoires de l’AEF à la France Libre Una delegazione della Fondation Charles de Gaulle si recherà in Congo, Ciad e Camerun per commemorare il sostegno dato 70 anni fa dalle tre ex colonie all’appello del generale. Lunedì 25 – Sabato 30 ottobre

Editrice Charta s.r.l. Abbonamento annuale € 60, sostenitore da € 200 Versamento su c.c. bancario , Iban IT88X0300205066000400800776 intestato a Editrice Charta s.r.l. C.c. postale n. 73270258 Registrazione Tribunale di Roma N. 419/06

Segreteria amministrativa Silvia Rossi Tipografia Tipografica-Artigiana s.r.l. - Roma Ufficio abbonamenti Domenico Sacco

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EDITORIALE DI ADOLFO URSO

Gianfranco FINI

fini@ farefuturofondazione.it

Segretario generale

Adolfo URSO

urso@ farefuturofondazione.it

Segretario amministrativo

Pierluigi SCIBETTA

scibetta@farefuturofondazione.it

Consiglio di fondazione Alessandro CAMPI, Rosario CANCILA, Mario CIAMPI, Emilio CREMONA, Ferruccio FERRANTI, Gianfranco FINI, Giancarlo LANNA, Vittorio MASSONE, Daniela MEMMO D’AMELIO, Giancarlo ONGIS, Pietro PICCINETTI, Pierluigi SCIBETTA, Adolfo URSO

Direttore scientifico Alessandro CAMPI

Direttore Mario CIAMPI

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Segreteria organizzativa fondazione Farefuturo Via del Seminario 113, 00186 Roma - tel. 06 40044130 - fax 06 40044132 info@farefuturofondazione.it

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Presidente

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L’economia scopre la felicità

Farefuturo è una fondazione di cultura politica, studi e analisi sociali che si pone l’obiettivo di promuovere la cultura delle libertà e dei valori dell’Occidente e far emergere una nuova classe dirigente adeguata a governare le sfide della modernità e della globalizzazione. Essa intende accrescere la consapevolezza del patrimonio comune, di cultura, arte, storia e ambiente, con una visione dinamica dell’identità nazionale, dello sviluppo sostenibile e dei nuovi diritti civili, sociali e ambientali e, in tal senso, sviluppare la cultura della responsabilità e del merito a ogni livello. Farefuturo si propone di fornire strumenti e analisi culturali alle forze del centrodestra italiano in una logica bipolare al fine di rafforzare la democrazia dell’alternanza, nel quadro di una visione europea, mediterranea e occidentale. Essa intende operare in sinergia con le altre analoghe fondazioni internazionali, per rafforzare la comune idea d’Europa, contribuire al suo processo di integrazione, affermare una nuova e vitale visione dell’Occidente. La Fondazione opera in Roma, Palazzo Serlupi Crescenzi, via del Seminario 113. Èun’organizzazione aperta al contributo di tutti e si avvale dell’opera tecnico-scientifica e dell’esperienza sociale e professionale del Comitato promotore e del Comitato scientifico. Il Comitato dei benemeriti e l’Albo dei sostenitori sono composti da coloro che ne finanziano l’attività con donazioni private.

L’economia scopre la felicità Bimestrale della Fondazione Farefuturo Nuova serie anno V - n. 5 - settembre/ottobre 2010 - Euro 12 Direttore Adolfo Urso

Oltre il Pil, la lezione della crisi Il Pil e il debito pubblico erano i due parametri che scandivano la vita economica, sociale e politica dei paesi e dei popoli sino alla Grande Crisi. Il Prodotto interno lordo ne stimava le dimensioni e le potenzialità di crescita, con il suo conseguente reddito pro capite; il debito pubblico ne misurava lo stato di salute e le sue possibili criticità. L’Italia non brillava per quanto riguarda la crescita del Pil, troppo debole e comunque inferiore a quasi tutti i paesi europei, per non parlare di quelli emergenti; ed era in testa alla classifica – negativa – per quanto riguarda il debito pubblico, con il secondo più alto al mondo in rapporto alla propria popolazione. Sino a qualche giorno prima del fallimento della Lehman Broters, tutti paventavano la crisi Argentina e tenevano d’occhio i due parametri, e c’era chi puntava il dito contro i paesi con alto debito pubblico e con bassa crescita, e le due cose spesso ma non sempre coincidevano. In Italia coincidevano: altissimo debito pubblico e bassissima crescita del Pil. Sappiamo come sono andate le cose. Mentre tutti erano attenti al debito pubblico ed ogni cosa veniva ad esso rapportato, la fonte della crisi avveniva sul fronte avverso: su quella del debito privato e nel paese occidentale con la più alta crescita e con il più alto indice di consumi. La fonte della crisi si manifestava non dove si aspettava, non tra coloro che arrancavano, ma in quel paese che trainava la crescita: appunto negli Usa. Tutti erano attenti Certo, anche negli Stati Uniti il debito pubblico era schizzato alle stelle, già dual debito pubblico, rante l’era Reagan, quella della massima ma la crisi è scoppiata a causa di quello privato espansione, e poi ancora con Clinton e i Bush, ma sembrava ampiamente compensato dalla forza e dalla dinamicità della società e del sistema produttivo capace di consumare e quindi di produrre e comunque di importare. La crisi si è manifestata sul fronte del debito privato, delle famiglie e delle imprese, a cominciare da quello che altrove, e certamente nella nostra cultura, è invece il settore più solido, le fondamenta d’ogni cosa o, se volete, più semplicemente il bene rifugio: il mattone, cioè la casa. E infatti da noi si parla e si costruisce con i mattoni, mentre lì si costruisce con il legname, come a indicare la diversa solidità del bene primario. Anche questo ha portato a riconsiderare quali siano i veri indicatori della crescita e quindi della società e dell’economia: le fondamenta dello sviluppo. Oggi si parla sempre più di indicatori di benessere e non meramente di prodotto. Gwb (General well being) e non meramente di Gdp (Gross domestic product). Ne abbiamo parlato altre, tante volte negli anni passati, su Charta e anche nei documenti politici che realizzammo nell’ultima fase di An (cfr Ripensare il centrodestra nella prospettiva europea e il documento di indirizzo della Convention produttiva di Brescia). Allora, in pochi ne condividevano lo spirito, i più pensarono al solito vezzo del “futuristi”. Oggi, molti hanno cambiato idea choccati da quel che è accaduto.


In questo fascicolo di Charta esaminiamo se possono esistere altri indicatori non sostitutivi del Pil, che comunque rappresenta l’economia, ma aggiuntivi ad esso, per meglio spiegare la dinamica sociale, le aspettative e le intenzioni di vita dei singoli e dei popoli, lo stato reale del paese che non si può ridurre a quello di alcuni parametri numerici, tanto più nel nostro Occidente in cui, come diceva brillantemente Robert Kennedy, il Pil indica tutto tranne quello per cui vale la pena di vivere. Lo stato reale del paese Non pensiamo, ovviamente, che l’Europa possa essere letta come il Buthan legge se stesso, ma non si può ridurre certo non tutto è più riconducibile, se mai lo è solo ad alcuni meri stato, ai dati sulla produzione, perché altre e paramentri numerici sempre più sono le molle dell’agire umano e dei motivi per cui si apprezza ciò che si fa e si agisce per ciò che si vuole. Nello stesso modo e nel contempo, è ormai chiaro a tutti che se il debito pubblico resta uno dei fattori decisivi nell’andamento economico, come dimostra il balzo tedesco,in gran parte dovuto proprio alla politica del contenimento, elemento di stabilità ma anche di sicurezza, altri indicatori di debito sono altrettanto e forse più importanti: il debito delle famiglie e quello delle imprese non finanziarie. Insomma: la Germania è ed appare forte anche perché ha la migliore performance complessiva, cioè il migliore debito aggregato. L’Italia, però, non è da meno. Noi abbiamo un altissimo debito pubblico, ancorché sotto controllo, ma abbiamo anche una ottima performance nel debito delle famiglie (la migliore dell’Ocse) e delle imprese non finanziarie (la seconda migliore dopo quella tedesca). Ci ha salvato proprio la propensione al risparmio delle nostre famiglie e la scarsa propensione al credito delle nostre banche. Il fatto stesso che l’83% delle famiglie possieda una abitazione di proprietà, su cui l’incidenza del debito (cioè del mutuo) è davvero minima, è stato uno dei fattori decisivi nella capacità di resistenza della nostra società a fronte della crisi finanziaria e immobiliare che ha devastato prima gli Usa e poi la Penisola iberica e alcuni paesi dell’Europa centrale e orientale. In Grecia i vari fattori si sono sommati, implodendo su società e Stato. Il debito aggregato è ormai, e sempre più lo sarà, lo strumento di lettura della capacità di resistenza di una soIl debito aggregato è cietà e quindi di una economia. Quindi, non lo strumento di lettura più solo Gdp ma anche Gwb, non più solo dell’abilità di resistenza debito pubblico ma anche privato. In altre di una società parole, non più solo economia e Stato, ma sempre più famiglie e società. Questa è la vera rivoluzione che sta scuotendo i paese e i continenti, rivoluzionando assetti e gerarchie e che non si fermerà sino a quando nuovi equilibri non saranno raggiunti. Per il momento, il nostro Occidente e la nostra Europa non riescono ancora a trovare un nuovo equilibrio capace di imprimere uno sviluppo sostenibile. Resta il dubbio: si tratta di una crisi congiunturale o strutturale? E perché non si riesce più a trovare un punto di equilibrio tra risparmio, investimenti e consumi? È davvero giunto il “tramonto dell’Occidente”? E dopo la notte, ritornerà, e quando, il sole?

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Come coniugare ricchezza e benessere DI GIANFRANCO FINI

I

l Pil rimane uno strumento indispensabile per misurare l’attivitĂ economica di un paese. Ma è ora di pensare anche a criteri qualitativi per misurare il benessere dei cittadini.


L’ECONOMIA SCOPRE LA FELICITÀ Gianfranco Fini

Quello affrontato in questo arti- Quanto è accaduto nei mesi scorcolo è un tema destinato ad assu- si sui mercati finanziari e i timori mere un ruolo centrale nelle che la crisi scoppiata in Grecia odierne culture politiche e di possa estendersi anche ad altri governo operanti nei paesi occi- paesi europei ripropongono la nedentali. Da tempo s’avverte la cessità di politiche di bilancio rinecessità di individuare nuovi gorose e di politiche economiche indicatori statistici che permet- innovative, perché la grave situatano di misurare il benessere ef- zione che si è determinata ad fettivo della società oltre i para- Atene è il frutto di pesanti errori metri meramente quantitativi e di forti squilibri finanziari ed economici. offerti dal Pil. Si tratta di una grande sfida per le Ma la crisi e i timori di questi giorclassi dirigenti europee, certa- ni dimostrano anche altre cose. mente culturale. Ma è anche, e In primo luogo che, a due anni direi soprattutto, una rilevante dal fallimento di importanti istituti di credito sfida politica. americani, non si è La posta in gioco è Bisogna mantenere ancora instaurato di due tipi. quel sistema di Una riguarda la al centro dell’azione nuove regole inqualità della de- politica, con maggiore ternazionali, aumocrazia. C’è bisospicato a più rigno di mantenere decisione, il benessere prese nei vertici al centro dell’azio- reale dei cittadini del G20 che si sone politica, con maggiore decisione, il benessere no svolti lo scorso anno, capaci di impedire le ricorrenti e rovinose reale dei cittadini. È scontato rilevare che le cifre sui ondate speculative sui mercati fibeni prodotti e i servizi forniti an- nanziari. nualmente rappresentano gli in- In secondo luogo che il potere dicatori fondamentali per valutare oggi concentrato nelle mani delle la politica economica dei governi. società di rating, appare abnorme E tali rimarranno anche nel futu- e ingiustificato: pensiamo soltanro. È bene anche chiarire – a scan- to che Standard & Poor’s aveva so di equivoci – che quando si af- promosso a pieni voti Lehman ferma che occorre andare oltre il Brothers prima del fallimento. Pil non si intende affatto dire che È opportuno che tale questione il Prodotto interno lordo è diven- venga posta al più presto nell’agenda dei governi europei. In tato uno strumento superato. Senza il Pil, sarebbe impensabile tal senso, appare interessante la misurare il livello dell’attività proposta venuta nei mesi scorsi economica. È un parametro indi- dalla cancelliera tedesca Angela spensabile nella politica di bilan- Merkel, che si è espressa favorecio e nell’opera di far quadrare i volmente sull’ipotesi della nascita di un’agenzia di rating europea. conti pubblici.

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Ma, per tornare al tema, desidero biente. Quali le vie per la diffesottolineare che, nella prospettiva renziazione energetica. Quali i degli anni a venire, la politica settori industriali a maggiore ponon può continuare a rapportarsi tenziale dei prossimi decenni. con i cittadini solo attraverso le Quali le strategie e tecnologie per favorire la mobilità delle persone cifre del Prodotto interno lordo. Il Pil pro capite non ci indica, ad e la circolazione delle merci. esempio, l’effettivo tenore di vita Quali – ed è un punto che mi sta delle persone, il loro grado di particolarmente a cuore – gli mobilità sociale, la loro salute, la strumenti per permettere ai gioqualità dei servizi, la salubrità vani di costruire un futuro di opdell’ambiente, i legami sociali e portunità umane e lavorative, che tutta quella serie di fattori che sia all’insegna della libertà in un concorrono a determinare le con- mercato del lavoro flessibile ma dizioni di vita dei cittadini pur non della precarietà permanente. non essendo rappresentabili in un Tutti questi traguardi non possono essere raggiungrafico. Penso alla ti avendo come speranza di trovare Il Pil non indica tutti unico parametro la una nuova occupazione se si perde il i fattori che concorrono crescita quantitativa dell’econolavoro, alla perce- a determinare mia, che può talzione del futuro, o volta nascondere ancora alla qualità le condizioni al suo interno andell’istruzione dei di vita dei cittadini che forti squilibri figli, alle possibilità di accesso agli strumenti cul- sociali. Per la politica, fondamenturali, al grado di autonomia ed tale è avere di mira anche la creemancipazione dei giovani, alla scita qualitativa della società. motivazione a progredire profes- Non è un problema nuovo, ma un tema che percorre da molti anni sionalmente e socialmente. L’altra posta in gioco evocata dal le società industriali avanzate. dibattito intorno ai nuovi indici Gli stessi economisti che, a partidel benessere sociale attiene al fu- re da Simon Kuznetz, hanno elaturo delle nuove generazioni. Tra borato e applicato i criteri della i compiti primari della politica contabilità nazionale, non si sono c’è quello di operare scelte strate- mai nascosti le lacune presenti giche. Avere di mira il benessere nei sistemi di misurazione. Celeeffettivo delle persone significa bre tra gli studiosi una battuta di pensare il futuro in termini di Paul Samuelson: «Che succede al Pil quando un professore sposa la sviluppo sostenibile. Il che significa pensare, già da sua domestica?». oggi, a quali possono essere le so- Da un punto di vista politico, il luzioni possibili e più razionali primo a sollevare il problema fu per una green economy che assicuri Robert Kennedy più di quaranil progresso rispettando l’am- t’anni fa. «Nel 1967 – disse l’al-


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lora candidato democratico alla a causa dell’aumento di spese pubCasa Bianca – il Pil non tiene bliche e private per la sicurezza?». conto della salute delle nostre fa- «Bisogna ammettere – afferma miglie, della qualità della loro sempre Fitoussi – che la risposta a educazione, della gioia dei loro tutte queste domande è sì. È vero momenti di svago; non compren- che questo genere di eventi deterde la bellezza della nostra poesia e mina effettivamente un aumento la solidità dei valori familiari; del Pil. Ma sarebbe ovviamente non misura né la nostra arguzia, sbagliato dedurne che faccia crené il coraggio, né la nostra sag- scere anche il benessere della pogezza, né la nostra conoscenza, né polazione». la nostra compassione: misura Non so come incideranno ad tutto eccetto ciò che rende la vita esempio, sul Pil degli Usa, le enormi spese che il governo amedegna di essere vissuta». È sintomatico che il tema sia sta- ricano si accinge a sostenere per to sollevato in un paese, gli Stati limitare al massimo gli effetti della marea nera Uniti, che per priche minaccia Flomo è entrato nel La crisi economica rida, Louisiana, capitalismo matuAlabama e il delta ro. Ciò deve servire degli ultimi anni a ulteriore riprova ha riproposto con forza del Mississippi. è probabile che del carattere strutqualche azienda ci turale del proble- il tema dei nuovi indici guadagni. Ma il ma, soprattutto in del benessere sociale danno per la colconsiderazione dei costi crescenti rappresentati, per lettività americana è enorme. E la collettività, dai processi di de- non solo in termini ambientali, terioramento dell’ambiente, sia ma anche sociali ed economici. A riproporre con forza il tema dei naturale sia sociale. La necessità di non fermarsi alle nuovi indici del benessere sociale cifre è efficacemente rappresentata è stata la crisi economica degli dall’economista Jean-Paul Fitous- ultimi anni. La crescita vertiginosi, che ha partecipato insieme a Jo- sa della finanza non ha avuto corseph Stiglitz, Amartya Sen e altri rispondenze nell’economia reale autorevoli studiosi ai lavori della ed ha nascosto fenomeni preoccuCommissione istituita dal presi- panti come il crescente indebitadente Sarkozy per stabilire i criteri mento delle famiglie, soprattutto di nuove possibili misurazioni del al di là dell’Atlantico. La magbenessere sociale: «È vero – si è giore propensione al risparmio chiesto lo studioso – che gli ingor- dei cittadini europei e la solidità ghi del traffico a Parigi e in altre del sistema bancario – soprattutcittà in realtà alzano il Pil? È vero to di quello italiano – hanno perche l’aumento di comportamenti messo di limitare i danni. antisociali, e più in generale della Ma il risveglio è stato brusco per violenza, produce lo stesso effetto, tutti. E a tutti è apparso eviden-

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te il processo di erosione dei li- sociale, la conoscenza, i rapporti velli di vita, non solo delle fasce interpersonali. Si tratta di criteri deboli della società, ma anche che recepiscono le indicazioni fornite dall’Ocse su quello che è dei ceti medi. Per quello che riguarda in parti- stato definito il “benessere equo colare l’Italia, dobbiamo rilevare e sostenibile”. che, nel decennio 1998-2008, se- Può essere sicuramente una base condo i dati forniti dall’Ocse, il di partenza capace di produrre rireddito reale a disposizione delle sultati rilevanti. famiglie è stimato più basso del Un ulteriore problema su cui dereddito pro-capite registrato sulla sidero soffermarmi in conclusione è la necessità di evitare cobase del Pil. Forse, al reddito delle famiglie, munque il rischio che la discussi potrebbe fare ricorso con sem- sione sugli indici qualitativi del pre maggiore frequenza rispetto benessere sociale e la eventuale al passato. E non si tratterebbe messa in discussione del Pil possano fornire alibi di utilizzare un ai paesi con econoindice nuovo, ma È impresa non facile mie mature per di servirsi di un nascondere le difindicatore già esi- individuare i nuovi ficoltà di produrre stente. Dobbiamo indici qualitativi ricchezza aggiunperò riconoscere tiva e di promuoche la ricerca di che possano vere innovazione a nuovi indicatori integrare il Pil ritmi comparabili che possano integrare in modo affidabile e uni- a quelli dei paesi emergenti. versalmente condiviso le misure È bene essere chiari in proposito: del Pil è impresa tutt’altro che non si produce sviluppo duraturo semplice. Proprio perché parlia- in presenza di economie stagnanmo di indici qualitativi, risulta ti. Queste considerazioni valgono difficile stabilire criteri inconte- in particolare per l’Europa. stabili, al riparo tanto da valuta- Occorre aggiornare e rendere zioni arbitrarie quanto da utiliz- sempre più competitivo il modello economico continentale al fine zazioni strumentali. Come ha rilevato il presidente di permettere ai paesi dell’Ue di dell’Istat Enrico Giovannini, sostenere una concorrenza sul non è possibile basarsi su una mercato globale sempre più agmisura singola ma occorrono in- guerrita. dicatori diversi. Il rapporto della È necessario impedire che la difeCommissione istituita da Sarko- sa, peraltro comprensibile, degli zy individua diverse dimensioni interessi e dei diritti acquisiti si umane meritevoli di valutazio- traduca in immobilismo sociale ne: il lavoro, l’ambiente, il be- ed economico. nessere materiale, lo stato psico- Un concetto è essenziale: la difesa fisico, la partecipazione alla vita ad oltranza di privilegi e nicchie


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dorate di questa o quella categoria non ha nulla a che vedere con la necessità di promuovere politiche che abbiano di mira l’effettivo benessere sociale dei cittadini. Proprio la gravissima crisi sociale esplosa in Grecia ci ammonisce sui rischi insiti in comportamenti sociali e politici che non tengano conto delle trasformazioni avvenute nell’economia mondiale. Non si può e non si deve in alcun modo ignorare che la politica economica di ogni paese nell’odierna società globale deve essere massimamente equilibrata nelle compatibilità di bilancio quanto altamente innovativa nelle linee strategiche di sviluppo. Indipendentemente dall’abnorme potere di Moody’s, Fitch e Standard & Poor’s, deve essere a tutti chiara la consapevolezza che il comportamento dei mercati finanziari non è solo causa ma anche effetto della vita economica dei paesi. Per quanto riguarda l’Italia, la “lezione greca” dovrebbe indurci non solo a proseguire con convinzione nella saggia linea del rigore finanziario, ma anche a incrementare la competitività del sistema Italia attraverso riforme e interventi strutturali: dal disboscamento normativo alle infrastrutture portuali, viarie e telematiche, dalla produttività del lavoro alla grande questione di ridurre il divario tra nord e sud del paese. L’obiettivo di consolidare i meccanismi della crescita economica deve dunque andare di pari passo con quello di permettere alla po-

litica di orientare le proprie scelte sulla base di nuovi indici qualitativi che integrino il Pil. Senza produzione di ricchezza, non può esservi benessere sociale. Crescita e benessere devono essere visti sempre nella prospettiva strategica del futuro. L’economia sarà anche – come è stata definita – la “scienza triste”, ma rispettare le sue regole contribuisce notevolmente a renderci, non dico felici (con tutto il rispetto per i padri della Costituzione americana, la felicità umana è impresa troppo grande per la politica), ma almeno, questo sì, più fiduciosi nel futuro. 7

L’Autore gianfranco fini Presidente della Camera dei deputati, presidente della fondazione Farefuturo.



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Sistemi economici

È il momento della civiltà dell’empatia Andare “oltre il Pil” significa interrogarsi sul modello di sviluppo da seguire, sulla stessa vita economica e sul suo rapporto con la felicità umana, in definitiva sull’eticità del sistema economico generale. Significa, soprattutto, porsi il problema dello stato di salute del sistema capitalistico e dei correttivi di cui esso necessita. DI MARIO CIAMPI 9

«Il Pil non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti […]. Il Pil non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani»1. Già dal celebre discorso di Bob Kennedy, che è storicamente alla

base di ogni successiva discussione intorno al Pil, si capisce che quando si tenta di sostituirlo o di integrarlo come indicatore di ricchezza, in realtà ci si pone obiettivi molto più ambiziosi che esulano dalla contabilità nazionale o dalla statistica economica. “Andare oltre il Pil” significa interrogarsi sul modello di sviluppo da seguire, sulla stessa vita economica e sul suo rapporto con la felicità umana, in definitiva, sull’eticità del sistema economico generale. E questo spiega anche il motivo per cui è così difficile rinunciare al Pil rebus sic stantibus. Significa porsi tendenzialmente il problema dello stato di salute del sistema economico capitalistico e dei correttivi di cui esso necessita, se è vero che


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gli indici di misurazione vengo- talistico, quella tra un homo oecono dopo le grandezze da misurare nomicus che è legittimato a persee dopo la loro scelta. Insomma, guire obiettivi egoistici quando non è solo un problema di tecni- ragiona da privato, e un homo poche di rilevazione della ricchezza. liticus, che deve invece perseguire Chi avverte l’insufficienza del Pil l’interesse generale quando veste sente consapevolmente o incon- i panni pubblici del cittadino: da sapevolmente l’insufficienza del- Smith in poi, il capitalismo ha la mera soddisfazione economica scommesso su questa dicotomia, come fine personale o collettivo, che, come giustamente argomensente che il benessere non è ridu- ta Bazoli, «risulta in evidente cibile alla produzione, che la so- contraddizione con l’inscindibilivrasta nell’ordine logico e quindi tà della persona umana e la neanche nell’ordine economico. In cessaria coerenza e continuità altri termini, la realizzazione del della sua ispirazione morale, che profitto non è la sola garanzia di non può venir meno nel momento dell’agire ecouna buona attività nomico»3. economica: occor- Chi avverte re liberarsi da Il tema di fondo è quella strana ere- l’insufficienza del Pil, la concezione del dità di una certa sente l’insufficienza benessere indivimodernità econoduale, della felicim i c i s t i c a c h e della mera soddisfazione tà terrena, direbidentifica «l’eco- economica come fine bero i classici. Ma nomia con il luoè proprio sul frongo della produzione della ric- te del sistema economico che si chezza (o del reddito) e il sociale intravedono i condizionamenti con il luogo della distribuzione più pesanti contro il benessere e della stessa e della solidarietà»2. contro la sua versione dinamica e Su questi temi, tra l’altro, la re- durevole, lo sviluppo. In estrema cente crisi economica ha posto sintesi due sono gli aspetti su delle questioni di fondo che ne- cui soffermarsi. In primo luogo, cessitano di risposte profonde. la prevalenza del capitalismo Non si deve cedere ai corifei del- storico sull’economia di concorla decrescita, ma neppure ai mer- renza, per dirla con Einaudi. È catisti, che vedono il mercato co- come se la struttura feudale me l’unica vera istituzione neces- preesistente l’avvento dell’epoca saria per la democrazia e la liber- moderna, facesse sentire la sua tà. L’avidità non sarà mai una influenza imponendo rendite di virtù civica: già Dante nella Mo- posizione e cartelli oligopolistici narchia ammoniva circa i rischi al naturale corso del mercato e di una cupiditas che è la vera cor- della concorrenza. Einaudi parlaruttrice di ogni ordine sociale. È va di «sopraffazione dei forti pertanto assai perniciosa la schi- contro i deboli, degli astuti conzofrenia tipica del sistema capi- tro gli ingenui»4.


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In secondo luogo, la tendenza a esternalizzare i nostri costi sulle generazioni future. Secondo Scruton, a fronte di problemi reali che sono sempre trans-generazionali, «le soluzioni politiche rappresentano degli accordi tra vivi» e «hanno una tendenza innata di privare gli ancora non nati e i morti del loro diritto di voto». Ne deriva quello che alcuni chiamano produttivismo, il retroterra concettuale del Pil, la certezza che produrre sia un bene in sé, sempre e comunque, un sistema economico viziato che riduce lo spazio e il tempo del benessere, limitandone l’ampiezza e la durata. Le terapie sono maggiormente presenti nella teoria economica che nella prassi politica. Per quanto ci riguarda, non è difficile trovare nel popolarismo e nel conservatorismo europei qualche antidoto efficace. Wilhelm Röpke, ad esempio, ci ammonisce circa la necessità che «l’economia di mercato sia sorretta da un ordinamento generale, che non solo corregga con le leggi le imperfezioni e le asprezze della libertà economica, ma assicuri all’uomo un’esistenza consona alla sua natura». Si noti la differenza che Röpke e la scuola di Friburgo (dalla quale nasceranno l’ordoliberalismo e l’economia sociale di mercato) sottolineano tra l’economia libera e il capitalismo, per il fatto che quest’ultimo tende ad incentivare meccanismi anticoncorrenziali, favorendo la nascita di monopoli e l’abuso di posizione dominante.

IL LIBRO

La lezione di Rifkin Per secoli, filosofi, scienziati, psicologi ed economisti hanno contribuito a diffondere l'idea che l'essere umano sia per natura aggressivo e utilitarista, teso principalmente al soddisfacimento egoistico dei propri bisogni e al guadagno materiale. La storia, quindi, non sarebbe altro che una lotta senza quartiere tra individui isolati, solo occasionalmente uniti da ragioni di mera utilità e profitto. Ma negli ultimi decenni alcune sensazionali scoperte nel campo della biologia e delle neuroscienze hanno messo in dubbio questa tesi e hanno dimostrato, al contrario, che uomini e donne manifestano fin dalla più tenera età la capacità di relazionarsi con gli altri in maniera empatica, percependone i sentimenti, in particolare la sofferenza, come se fossero i propri. Alla luce di questo nuovo approccio, Jeremy Rifkin propone una radicale rilettura del corso degli eventi umani. Se nel mondo agricolo la coscienza era governata dalla fede e in quello industriale dalla ragione, con la globalizzazione e la transizione all'era dell'informazione, si fonderà sull'empatia, ovvero sulla capacità di immedesimarsi nello stato d'animo o nella situazione di un'altra persona. Tale risultato è stato però ottenuto a caro prezzo: per crescere e prosperare, società via via più complesse e sofisticate hanno richiesto sempre maggiori quantità di energia e risorse naturali, imponendo un pesante tributo all'ambiente sotto forma di un notevole aumento dell'entropia.

La civiltà dell’empatia Jeremy Rifkin Mondadori, 2010

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E lo stesso Roger Scruton, per le e più incisiva sia quella di una difendere un benessere duraturo riattivazione della collaborazione e trans-generazionale, invita a ri- e della relazionalità. In sostanza, vedere la nozione di proprietà della primazia della società e dei reinterpretandola come ammini- suoi bisogni sui canoni astratti strazione fiduciaria, all’interno dell’ortodossia liberista. È questo della quale il proprietario ha dei il senso della svolta del leader doveri nei confronti dei benefi- conservatore David Cameron, ciari futuri. Ovviamente, questo oggi premier britannico: «È tempresuppone che ci sia un legame po di aggiornare l’ortodossia del tra generazioni che solo può esse- libero mercato che ha dominato re garantito dal sentimento na- negli ultimi decenni. È tempo di zionale, senza il quale, prima o affermare una verità fondamentapoi, subentra la frammentazione le: che i mercati sono mezzi e non fini […] così dobbiamo moe l’individualismo. Sul diritto di proprietà si con- dellare il capitalismo perché si adatti ai bisogni centra pure la ridella società; non flessione di quegli Per Rifkin la visione modellare la socieeconomisti che da tà per adattarla ai tempo si interro- individualistica bisogni del capitagano sulle evolu- della proprietà privata lismo»6. E tra i bizioni del sistema economico e sulle è inadeguata per il nuovo sogni della società, sue relazioni con capitalismo distribuito c’è quello di uno il futuro della cisviluppo sostenibiviltà. Jeremy Rifkin, ad esem- le, sotto i profili sociale, econopio, insiste sulla inadeguatezza mico e ambientale. La categoria di una visione individualistica della sostenibilità ci viene in socdella proprietà privata, a fronte corso proprio per passare dal delle rivoluzioni tecnologiche pensiero all’azione, e assicurare che spianano la strada a quello una più accentuata attenzione al che chiama “capitalismo distri- benessere reale. Naturalmente, le buito”5, dove la collaborazione politiche sulla sostenibilità dello sostituisce la competizione e i sviluppo devono permettere passi diritti di accesso convivono con i concreti, il più possibile misuradiritti di proprietà. È la civiltà bili, e devono essere valutate in dell’empatia che avanza, a spese base al grado di miglioramento dell’interesse particolare e del- effettivo della qualità della vita, l’utilità soggettiva. Questa al- senza utopismi. meno sarebbe la previsione, forse Ma se questo è vero, se è necessalievemente futurologica, dei più rio e doveroso raddrizzare le tenavanzati interpreti della blogo- denze inumane del capitalismo sfera e dei modelli culturali im- che ha portato alla crisi recente, il dibattito sul Pil è solo la punta posti dalla rete. Sembra che la ricetta più credibi- dell’iceberg. Non è sufficiente mo-


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dificare le metodiche di rilevazione della ricchezza o del benessere: non sarà un congresso internazionale di statistici a risolvere i problemi del nostro sistema economico. Siamo dinanzi a scelte radicali, che coinvolgono la nostra cultura politica e la interrogano profondamente. Si può ammettere, nel centrodestra italiano, una qualche motivata critica al capitalismo e alle sue degenerazioni? Si può ridiscutere il suo paradigma antropologico, la sua base individualistica, per giunta vecchia di più di due secoli? Leggendo certe difese d’ufficio di una buona parte del neo-conservatorismo italiano, sembrerebbe di no. Eppure, è di tutta evidenza che il mercato non possa espletare pienamente la sua funzione senza rinvigorire la socialità e l’interdipendenza tra persone e comunità, anche a proposito di sostenibilità. Distinguere tra capitalismo ed economia di mercato, come del resto già faceva la Centesimus annus, spesso citata dai più strenui difensori del capitalismo vecchio stile in salsa teocon, stride con l’ortodossia liberista? Se è così, ce ne faremo una ragione, confortati dalla letteratura internazionale più aggiornata, ma soprattutto dalla migliore cultura politica del centrodestra europeo.

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Discorso tenuto all’Università del Kansas nel 1968 dall’allora candidato alla presidenza degli Stati Uniti d’America, Robert “Bob” Francis Kennedy. 2 S. Zamagni, Fraternità, dono, reciprocità nella Caritas in veritate, ottobre 2009, in www.sedosmission.org. 3 G. Bazoli, Il merito deve unire non dividere le comunità, in Il Sole24Ore, 17 febbraio 2010. 4 L. Einaudi, Economia di concorrenza e capitalismo storico. La terza via fra i secoli XVIII e XIX, in Rivista di storia economica, n. 2, 1942, p. 64. 5 Cfr. J. Rifkin, La civiltà dell’empatia, Mondadori, Milano 2010. 6 D. Cameron, We need popular capitalism, discorso del 30 gennaio 2009, in www.conservatives.com

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L’Autore mario ciampi Direttore della fondazione Farefuturo e presidente di Farefuturo editore. è docente di Storia del pensiero economico all’Università G. Marconi di Roma. Ha ricoperto l’incarico di coordinatore della Scuola di formazione politica di Alleanza nazionale.



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Storia della misurazione del benessere

Alle origini dell’economia della FELICITÀ

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agli inizi pionieristici alle tecniche sofisticate dei giorni nostri, molto è cambiato nel calcolo della ricchezza di una società. E oggi, grazie ai progressi fatti, anche il pubblico può capire di cosa si parla. DI GIUSEPPE PENNISI

Il dibattito sintetizzato, in Italia, con l’etichetta “oltre il Pil”, è antico quasi quanto le disciplina economica o, almeno la contabilità economica nazionale. Angus Maddison (Monitoring the World Economy, Oecd 1995), scomparso di recente ma certamente il maggiore specialista in materia degli ultimi sei decenni, è riuscito a ricostruire la contabilità economica nazionale dei maggiori paesi (ricostruendo, quindi, la contabilità economica mondiale) dal 1830 o giù di lì. Prima di allora le tecniche di raccolta ed elaborazione dei dati non erano tali da consentire una stima anche solo approssimativa di quanto venisse

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prodotto e consumato nell’economia di un paese: può interessare che, secondo il certosino lavoro di Maddison, nel 1830 oltre il 40% del Pil mondiale venisse prodotto e consumato in due soli paesi – Cina ed India: prima della rivoluzione industriale, in un mondo dominato dall’economia di sussistenza, è naturale che gran parte della produzione fosse per autoconsumo e, di conseguenza, il Pil fosse essenzialmente funzione della popolazione. Nella mia attività professionale, mi sono interessato a tematiche tecnico-statistiche connesse alla contabilità economica nazionale solamente all’inizio delle mia


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carriera in Banca mondiale: anco- Gdp: the Quest for a Measure of Sora allora, in molti paesi dell’Afri- cial Welfare, pubblicato sul nuca a sud del Sahara, l’agricoltura mero di dicembre 2009 del Jourdi sussistenza rappresentava circa nal of Economic Literature. Si tratla metà del prodotto lordo di un ta, a mio avviso, della più compaese e, di conseguenza, il Pil era pleta rassegna della letteratura in gran misura funzione della po- disponibile (circa 300 titoli), polazione e della propria produ- molti dei quali facilmente repezione per autoconsumo (non ribile sui principali siti di ricerca sempre agevole da stimare). Ne- in materia di economia. Fleurbagli ultimi anni, mi sono riavvici- ey costruisce una tassonomia dei nato a queste tematiche più per principali filoni del dibattito. In le implicazioni di politica econo- primo luogo, l’introduzione di mica in paesi ad alto livello di correzioni alle attuali regole e sviluppo e di reddito che sotto il prassi di contabilità economica nazionale, una strada impervia profilo tecnico-statistico. non solo per In effetti si è svil’aspetto giuridicoluppata una lette- Il concetto organizzativo a cui ratura scientifica si è fatto cenno, molto vasta che di “capacitazione” ma anche per diffiha influito su una deriva dalle analisi coltà tecnico-statipubblicistica distiche quali quelle vulgativa pure es- dell’economista attinenti alla “consa vastissima (an- Amartya Sen tabilità verde” ed che se, spesso, poco accurata). Insieme questi due alla “contabilità degli impatti tipi (pur molto differenti) di sulle generazioni future”. In breletteratura hanno alimentato un ve, le integrazioni più prometdibattito anche in think tanks e tenti riguardano stime di produfondazioni d’ispirazione politi- zione e lavoro non retribuito e di ca. Questa nota ha l’obiettivo di certe categorie di consumi (intefacilitare la comprensione di al- grazioni non troppo dissimili da cuni concetti di base poiché il quelle per le stime dell’economia dibattito in corso rischia di di- di sussistenza). ventare confuso. Riguarda es- In secondo luogo, la scuola di senzialmente uno dei quattro pensiero che mette l’accento sulaspetti in cui è stato declinato il la “capacitazione”, ossia sulle opdibattito: quello dell’“economia portunità di cui fruiscono i componenti della collettività di cui si della felicità”. Per un’analisi di come “l’econo- cerca di misurare il “Pil esteso”. mia della felicità” si coniughi Il concetto di “capacitazione” decon il dibattito “oltre il Pil”, cre- riva dalle analisi di Amartya Sen do che tutti gli interessati deb- in materia di “nuova economia bano leggere e meditare il saggio del benessere”. La sua applicaziodi Marc Fleurbaey Beyond the ne alla contabilità economica na-


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zionale, ed alla “misurazione del abbracciato l’economia della fePil esteso”, ha sino ad ora pro- licità con l’entusiasmo dei neodotto unicamente un lungo elen- fiti. In effetti il suo principale co di problemi (non solo statisti- contributo alla professione è staci ma soprattutto di scelte collet- ta la teoria economica dell’infortive) da risolvere. Una strada, mazione tanto sotto il profilo macro quanto sotto quello miquindi, lunga ed impervia. In terzo luogo, il percorso degli cro. Cominciò a lavorarci – ne “indicatori sintetici”, sovente fece il punto centrale della proadottato in documenti della lusione pronunciata quando gli Commissione europea ed analogo venne conferito il premio Nobel ad esercizi effettuati nei primi dell’Economia nel 2001 – in passi della programmazione eco- quella fucina di pensiero e fannomica in Italia, negli anni Ses- tasia che era l’Istitute of Devesanta. È stato riproposto, soprat- lopment Studies (Ids) della capitutto in Francia ed in Italia, ma tale del Kenya. Lì lavorava, fianco a fianco, con non si aggancia ad John Harris, Miuna teoria econo- L’economia della chael Todaro e mica solida e può Richard Jolly facilmente dare felicità ha il vantaggio specialmente sulluogo a conclusio- di collegarsi a vari l’economia del lani arbitrarie. voro e del capitaIn quarto luogo, la aspetti della nuova strada dell’econo- economia del benessere le umano allo scopo di comprendemia della felicità, con attenzione speciale alle diffi- re cosa inducesse tanti genitori e coltà di raffrontare stati di soddi- tanti ragazzi a completare cicli sfazione di vari gruppi della so- d’istruzione e migrare verso citcietà. Nonostante i suoi limiti, tà dove non c’era lavoro per lol’“economia della felicità” ha il ro. Stiglitz, con Harris, Todaro e vantaggio di collegarsi a vari Jolly risposero che la determiaspetti della “nuova economia nante era un sistema distorto del benessere”, tutti tesi a giun- d’informazioni. Ho vivo e vivigere ad una maggiore e migliore do in mente quel periodo percomprensione della distribuzione ché, allora in Banca mondiale, di preferenze e valori tra varie ca- faceva lunghi e frequenti sogtegorie della società, campi su giorni a Nairobi e frequentava cui si lavora da anni e che, pro- l’Ids. Temi importanti ma diprio a ragione di analisi iniziate stanti dall’economia della felicialcuni decenni fa, possono rap- tà, ma che erano stati al centro presentare un percorso utile per dell’attenzione degli economisti classici scozzesi e degli studiosi andare “oltre il Pil”. Negli ultimi cinque anni, alla di economia pubblica e scienza ricerca di un sentiero che porti delle finanze italiani e svedesi “oltre il Pil”, Joseph Stiglitz ha all’inizio del secolo scorso.

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L’economia della felicità – alla economico. Non si tratta, necesvoce economics of happiness di sariamente, di letteratura che fa Google escono circa 10 milioni ricorso a modellistica arcana ed di entry – viene da lontano ed è ad algoritmi complicati. Tra i entrata anche nella pubblicistica lavori in italiano (nonché basati giornalistica da decenni. Alla su studi ed esperienze italiane) metà degli anni Ottanta, ad di rilievo il libro Luigino Bruni esempio, uscì sul Wall Street e Stefano Zamagni Economia ciJournal un lungo articolo di un vile, equità, felicità pubblica, Il economista d’azienda giapponese Mulino 2004). intitolato, non senza una punta Tra le applicazioni recenti, utile di polemica, Konatabe, Gnp! (Vai ricordare il dibattito su tassazioal diavolo, Pil – ma in nipponi- ne progressiva e felicità (sia pubco, l’espressione è molto più vol- blica sia privata). Importante gare). In breve, l’articolo soste- l’indagine empirica sull’impatto neva che, poiché il fine pure co- del benessere economico in termini di felicità in stituzionale del Australia, GermaGiappone moder- Cambiamenti in livelli nia, Gran Bretano è il “perseguimento della feli- di ricchezza, di reddito gna, Paesi Bassi ed cità”, occorre mi- e di consumo producono Ungheria. L’indagine individua un surare la crescita tratto comune nei non in termini di mutamenti modesti cinque paesi: le aumento del valo- in termini di felicità spese per beni di re aggiunto di beni e servizi e della sua consueta consumo durevole contano almeripartizione tra consumi e ri- no quanto i flussi di reddito in sparmi/investimenti ma in ter- termini di felicità. Inoltre (altro mini di incremento della felicità tratto comune) cambiamenti in sia pubblica sia privata. Tanto livelli di ricchezza, di reddito e più che tecniche di indagine so- di consumo producono mutacio-economica e psicologica menti relativamente modesti in (quali quelle delle “valutazioni termini di soddisfazione, ossia di contingenti”) ne rendevano fat- felicità. Da diversi anni, gli abbonati al servizio telematico del tibile la misurazione. L’economia della felicità è dive- Social Science Resarch Network ricenuta una disciplina a sé stante, vono – ogni giorno – due newsletcon cattedre ad essa specificata- ter con abstracts di saggi che tratmente intitolate, all’inizio degli tano di “economia dei comportaanni Novanta. Da una decina menti”; una delle due riguarda la d’anni c’è anche una manualisti- metodologia, l’altra esperimenti ca per integrare le analisi con- concreti effettuati in condizioni suete, con tecniche condivise quasi di laboratorio (come un’auper il calcolo della felicità, spe- la universitaria allo scopo, ad cialmente sotto il profilo micro- esempio, di determinare cosa


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I LIBRI

Se il Pil è problema sociale e non materiale

Rompiamo gli steccati tra economia e ambiente

Molti paradossi del mondo globale - disuguaglianze territoriali e individuali, crescita senza occupazione, aumento del reddito pro capite ma non della qualità della vita - hanno più a che fare con situazioni di scarsità sociale che materiale. Eppure le due visioni dominanti del rapporto tra sfera economica e sfera sociale sembrano ignorare tale dato. La prima considera l’impresa come un’istituzione “asociale”, che si muove sul terreno eticamente neutro del mercato, alla quale chiedere semplicemente efficienza e creazione di ricchezza; sarà poi lo Stato a redistribuire più equamente le fette della torta. Per la seconda visione l’impresa è “antisociale” e il mercato il luogo selvaggio dello sfruttamento e della sopraffazione del più debole. Radicata nel pensiero economico dell’umanesimo civile, la visione dell’economia civile elaborata in questo volume ritiene invece che i principi “altri” dal profitto e dal mero scambio strumentale possano trovare posto proprio dentro l’attività economica e il mercato in particolare; viene anche prospettata una diversa configurazione di quell’insieme di attività che va sotto il nome di non profit e terzo settore. La via è quella dello sviluppo - accanto alle forme tipiche dello Stato e del mercato - di istituzioni di welfare civile e di forme nuove di impresa capaci di far diventare il mercato un luogo di incontri civili e civilizzanti, e persino di felicità pubblica.

L’inizio del terzo millennio sancisce il tramonto del Pil, e cioè dell’indicatore della ricchezza prodotta da un paese, come unico e solo parametro per misurare la salute di una società. Già da qualche tempo, gli studiosi segnalano la necessità di rompere gli steccati che separano l’economia dalle scienze dell’ambiente e di approfondire ogni possibile integrazione tra l’organizzazione economica, e le politiche ambientali e sociali, al fine di realizzare una piena sostenibilità. In effetti, le condizioni in cui versano il Pianeta, gli ecosistemi, le risorse naturali e parte della popolazione umana, fanno pensare alla fallacia della crescita economica come unica soluzione dei problemi delle nostre società. Lo scopo del libro è mettere in evidenza la radice ambientale dell’economia e riaffermare i fondamenti biofisici e termodinamici della vita. Il libro introduce e descrive la metodologia di un nuovo indicatore economico della sostenibilità (Isew), che fu proposta per la prima volta da Herman Daly e John Cobb nel 1989, allo scopo di integrare l’informazione contenuta nel Pil. Partendo dal livello dei consumi, essi proposero alcuni aggiustamenti per tenere conto di questioni sociali (tipo di urbanizzazione, pendolarismo, spese per sanità ed istruzione) e problematiche ambientali (costi dell’inquinamento, danni ambientali di lungo periodo, esaurimento delle risorse).

Economia civile. Efficienza, equità, felicità pubblica. Stefano Zamagni, Luigino Bruni Il Mulino, 2004

La soglia della sostenibilità ovvero quello che il Pil non dice Federico M. Pulselli, Simone Bastianoni, Nadia Marchettini, Enzo Tiezzi Donzelli, 2007

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renda “più felice” un gruppo di quelli dell’analisi costi-benefici giovani, voti più alti agli esami o (ed in certi casi come loro alternativa). maggior tempo libero). Guardando verso il futuro a lun- Oggi, non si è più ad uno stadio go termine, secondo un’analisi meramente pionieristico. Anche del servizio studi della Banca se c’è ancora molta strada da fare d’Italia, alla fine del XXI secolo prima di giungere ad una maci accontenteremo di un Pil a nualistica puntuale con tecniche crescita rasoterra poiché comun- condivise per il calcolo della felique, a ragione della diminuzione cità in termini sia micro-econodella popolazione, il reddito pro- mici sia soprattutto macro-economici, non mancano lavori accapite mostrerà leggeri aumenti. Facciamo un passo indietro. Ne- cessibili anche al pubblico che gli anni Ottanta, l’economia non ha preparazione matematicodella felicità non aveva ancora formale. Questi lavori analizzano raggiunto il rango di una disci- gli effetti economici della felicità e di converso il plina vera e proruolo della felicità pria, con cattedre Oggi la manualistica nel plasmare poliad essa attribuite tiche economiche. e pure premi No- sull’economia Tra i più utili vale bel tra i suoi cul- della felicità non è più la pena citare il litori. Si era agli bro di Bruno Frey inizi. O meglio ai ad uno stadio e Alois Stutzer p r o l e g o m e n i . pionieristico Happiness and EcoMahbub-ul-Haq, a lungo dirigente della Banca nomics; how the economy and the inmondiale, e successivamente stitutions affect human well-being, ministro della Programmazione (Felicità ed economia; come l’econodel Pakistan, prima di andare mia e le istituzioni incidono sul bealla guida del Programma per lo nessere umano) Princeton Universviluppo delle Nazioni Unite, sity Press, 2002. Bruno Frey – aveva fondato l’Human Deve- ricordiamolo – è noto in Italia lopment Center e pubblicava per i suoi studi teorici ed empiriogni anno un Human Develop- ci in tema di economia delle arti ment Report, corredato da apposi- sceniche (in particolare di quella ti indicatori (nonché indici musa bizzarra ed altera che è compositi) di sviluppo umano l’opera lirica), nonché di econoche facesse da con traltare al mia del terrorismo e dell’antiWorld Development Report della terrorismo; economista di vasti Banca mondiale. Richard Jolly, interessi è diventato titolare delallora vicedirettore generale del- la cattedra di Economia della fel’Unicef, proponeva l’utilizza- licità all’Università di Zurigo. zione di indicatori di sviluppo Un nesso tra lo studio delle arti umano per la valutazione dei sceniche, del terrorismo e della progetti come integrazioni di felicità c’è ed è molto forte: si ha,


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comunque, a che fare con l’anali- quando gli interessati non cosi economica dei sentimenti e struiscono, su nuovi matrimoni, con l’interazione tra comporta- nuove felici vite di coppia). La menti economici (sia micro sia morte del coniuge, invece, causa macro) e sentimenti – campo a una perdita di felicità economica cui ha dato apporti di grande che, in certi casi, sfiora i spessore, negli ultimi dieci anni, 200.000 euro l’anno nei primi Jon Elster ed in cui la strumen- tempi dopo l’avvenimento per tazione dell’economia deve essere ridursi via via che passano gli coniugata con quelle della psico- anni. Il valore, in termini di felicità economica, della perdita del logia e della sociologia. Sulla scorta del lavoro di Bruno lavoro varia notevolmente su baFrey e Alois Stutzer, il Cancel- se regionale (in funzione delle liere dello Scacchiere britannico, opportunità dal lato della doha fatto riferimento ai paradig- manda e delle rigidità da quello mi della “nuova economia della dell’offerta). E le pensioni? felicità” in un paio Oswald e Clarck delle relazioni di Andres Oswald stanno lavorando a presentazione, al quantizzare quanP a r l a m e n t o d i e Andrew Clark hanno to andare in quieWestminister, del misurato quanto scenza vale in terbilancio di previmini di aumento sione, un docu- gli eventi della vita o perdita di felicimento analogo al incidono sulla felicità tà, individuale e nostro Dpef. A convincere il flemmatico inglese nazionale. Li ha battuti sui temnon è stato solo il dotto libro di pi Kerwin Kofi Charles della Frey e Stutzer, due svizzeri un Università del Michigan che a fipo’ pedanti, ma anche e soprat- ne luglio ha pubblicato un volututto le quantizzazioni di An- minoso studio dal titolo La pendrew Oswald dell’Università di sione deprime? Incentivi a restare sul Warwick e di Andrew Clarck mercato del lavoro ed il benessere psidel Cnr francese in un interes- cologico nell’ultima fase della vita. sante saggio dal titolo Un metodo Il lavoro consiste in un raffinato statistico semplice per misurare gli modello econometrico dell’inteeffetti della vita che incidono sulla razione tra vita attiva, vita da felicità. Con il metodo statistico pensionato, benessere psicologico semplice si quantizza ad esem- e felicità (e dei suoi effetti su agpio che una vita di coppia ben gregati e politiche). L’analisi emvissuta ed ovviamente basata sul pirica riguarda tre campioni: comatrimonio vale 90.000 euro orti di sessantenni e settantenni l’anno di felicità economica. Il (negli Usa l’età della pensione divorzio equivale ad una perdita non è obbligatoria) andati a ripodi felicità economica per ben so all’inizio degli anni Novanta e 270.000 euro l’anno (sino a coorti, sempre di sessantenni e di

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settantenni, in pensione dall’ini- bourne) sull’impatto del benessezio degli anni Ottanta. Dopo pa- re economico in termini di felicigine e pagine di algoritmi e sta- tà in Australia, Germania, Gran tistiche, le conclusioni: la pen- Bretagna, Paesi Bassi ed Unghesione deprime chi ce l’ha, dan- ria. L’indagine (basata sulle inneggiando sia l’individuo sia il chieste periodiche sui consumi paese. La ricerca economica non delle famiglie effettuate dagli ufse ne è accorta perché ha posto fici statistici) individua un tratto l’accento sulle cause non sulle comune nei cinque paesi (per conseguenze della decisione di molti aspetti distinti e distanti andare in pensione. Lo sanno, pe- in termini di sistema economico rò, nella lontana Singapore, dove e di reddito-pro-capite): le spese chiunque fa un giro turistico del- per beni di consumo durevole la città-Stato, viene informato contano almeno quanto i flussi di dalla guida sulle misure che ven- reddito in termini di felicità. gono prese per mantenere gli an- Inoltre (altro tratto comune) cambiamenti dei ziani attivi e mentalmente e fi- Studi e saggi mostrano livelli di ricchezza, di reddito e di sicamente sani: consumo producoginnastica in tutti che l’economia i quartieri, prote- della felicità non è tema no mutamenti relativamente modezione dell’ambiensti in termini di te e giardinaggio, solo per paesi soddisfazione, oscura dei bambini ad alto reddito sia di felicità. in età prescolare, supporto a fare i compiti per È un tema solo da paesi e società quelli che vanno a scuola, assi- che hanno raggiunto livelli di stenza ai disabili (loro coetanei o reddito e di consumo tali da pomeno), gestione di biblioteche, ter fare fronte alle loro esigenze impieghi part-time nel terziario di base? Non proprio. Così come (favoritissimi i fast food) e via di- un quarto di secolo fa, i contributi alla costruzione degli indici scorrendo. Tra le altre applicazioni recenti, di sviluppo umano sono venuti interessante il dibattito su tassa- in gran parte da economisti e sozione progressiva e felicità (sia ciologi dei paesi in via di sviluppubblica sia privata) che ha con- po, ancora una volta apporti teotrapposto tra l’altro due esperti rici all’economia della felicità americani di rango di scienza vengono da studiosi di econodelle finanze come Thomas Grif- mia, sociologia e psicologia (mafith e Diane M. Ring. Importan- teria fondante della disciplina) te, e molto attuale, l’indagine di lande lontane, spesso ancora empirica condotta da Ruud Muf- del tutto ignoti in Europa e nefles (Università di Tilburg), Bru- gli Usa. Un esempio è Viswanace Headey e Mark Wooden (am- tha Sankara Rama Subramanian bedue dell’Università di Mel- che ha pubblicato, in India, un


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saggio molto stimolante sullo sviluppo (e sulla gestione) della felicità come pre-requisito per la crescita economica, o per accelerarne i tempi. Si possono applicare alcuni paradigmi dell’economia delle felicità alla situazione economica italiana? Vediamone un paio di esempi prima di lanciare una provocazione. Innanzitutto, altrove ho offerto una spiegazione dell’andamento economico italiano negli ultimi dieci anni non solamente in termini del contesto internazionale e delle politiche di forte aumento della pressione fiscale (sette punti percentuali del Pil) attuate nella legislatura 1996-2001 dai quattro governi di sinistra allora succedutisi proprio mentre si restringevano anche i freni monetari. È in gioco anche l’economia della felicità: il tenore di vita viene misurato ed avvertito in termini di reddito spendibile pro-capite, che in un paese caratterizzato da marcato invecchiamento e demografia stazionaria (sarebbe calante senza l’apporto degli immigrati), aumenta anche quando il Pil ristagna. Pertanto, se le nostre prospettive sono (come documentato da Albert Ando, Mit, e da Sergio Nicoletti Altimari, Bce, in un lavoro commissionato e pubblicato dalla Banca d’Italia) di un declino della popolazione italiana da 55 milioni nel 2005 a 25 milioni alla fine del secolo, ci accontentiamo e ci accontenteremo di un Pil a crescita rasoterra perché comunque il reddito procapite mostrerà leggeri aumenti.

Una spiegazione analoga può essere offerta al dibattito in corso ormai da due anni sulle poche ore di lavoro effettivo svolte dagli europei (e dagli italiani in particolare) relativamente a quelle effettuate dagli americani: in un contesto di reddito pro-capite comparativamente elevato, “il salario di riserva” per l’ora aggiuntiva di lavoro (ossia quello che si richiede per lavorare un’ora in più) diventa elevato, perché tale diventa la disutilità della fatica. Già alla fine degli anni Ottanta, Luca Meldolesi scriveva Mezzogiorno con gioia!, per indicare che i nodi dello sviluppo meridionale si sarebbero potuti affrontare unicamente mettendo nel cassetto la melanconia mediterranea e prendendoli di petto “con gioia”.

L’Autore giuseppe pennisi Docente di Economia all’Università europea di Roma e all’Università di Malta, ha guidato il settore politiche pubbliche alla Scuola superiore della Pubblica amministrazione per 15 anni,

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UN NUOVO MODO DI GUARDARE LA SOCIETÀ

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ome era già successo nel 1929, anche la crisi odierna ha aperto la strada a nuovi metodi di misurazione del benessere. E discutere dei nuovi indicatori, equivale a discutere della direzione che l’intera società decide di prendere. DI ENRICO GIOVANNINI 25

Nell’ultimo anno l’attenzione di molti statistici ed economisti, nonché di numerosi leader politici, si è rivolta al tema, non certo nuovo, della misura del benessere e dei limiti del Prodotto interno lordo (Pil) come indicatore del progresso di un paese. Numerosi seminari sono stati dedicati a questo tema, almeno due libri sono stati recentemente pubblicati in Italia sull’argomento, così come vari articoli di stampa ed alcuni numeri monografici di riviste culturali. Da dove nasce questo interesse e, come talvolta accade per i temi di moda, si tratta di un “fuoco di paglia” o di un processo destinato ad imprimere una svolta al modo di guardare alle nostre società e, quindi, di intendere la politica?

La risposta al primo quesito è facile: nella seconda metà del 2009 la pubblicazione di documenti autorevoli sull’argomento e di eventi rilevanti sul piano scientifico e politico hanno portato alla luce il lavoro svolto per vari anni da studiosi e organizzazioni internazionali, in un momento in cui la crisi economica metteva in discussione il paradigma di sviluppo economico dominante. Per ciò che concerne il secondo quesito, la mia impressione è che tutto ciò non sia un “fuoco di paglia”. Al contrario, i segnali che vi sia una graduale convergenza verso la necessità di un cambio di approccio al problema della crescita si stanno moltiplicando, coinvolgendo anche settori della società e dell’economia apparentemente meno


partire dal secondo dopoguerra. Abbiamo potuto orientare scelte individuali e collettive finalizzate al miglioramento delle condizioni di vita, valutare l’efficacia relativa di politiche economiche tra paesi e tra aree geografiche dello stesso paese e capire le crescenti interrelazioni tra paesi diversi, nonché tra settori differenti del sistema economico. Abbiamo sviluppato nuove teorie dei comportamenti degli operatori Dal Pil all’indice di sviluppo umano economici e effettuato previsioni La contabilità nazionale odierna relativamente accurate sulla evo(e quindi la misura del Pil) ha le luzione dell’economia mondiale e sull’effetto di polisue origini nel latiche economiche e voro fatto da Si- Il Sistema dei conti sociali. Insomma, i mon Kuznets nec o n ti n a z io n a li gli anni Trenta e nazionali è il pilastro hanno rappresentaQuaranta per il su cui si basano to e rappresentano Dipartimento del tuttora uno struCommercio ame- tutte le statistiche mento indispensaricano e poi ripre- economiche odierne bile per orientare so da studiosi come Richard Stone in Inghilterra le decisioni di milioni di agenti e molti altri. Oggi possiamo dire economici, per valutare i risultati che il Sistema dei conti nazionali conseguiti e per prevedere il fu(sviluppato dalle maggiori orga- turo delle nostre società. nizzazioni internazionali) rap- Ciononostante, i conti nazionali presenta il pilastro su cui si ba- hanno alcuni limiti che li rensano tutte le statistiche econo- dono inadatti, da soli, a rappremiche odierne. I dati prodotti sentare compiutamente il proattraverso di esso condizionano gresso di una società. Le ragioni profondamente le politiche eco- per cui tali limiti potranno difnomiche e le scelte delle impre- ficilmente essere superati sono se, con evidenti riflessi sulla vita fondamentalmente due: primo, i quotidiana di tutta la popolazio- conti nazionali adottano una metrica monetaria, mentre a ne mondiale. Grazie alla disponibilità dei con- molti degli elementi che deterti nazionali siamo stati in grado minano il progresso di un paese di misurare i risultati straordina- non è possibile assegnare in mori raggiunti dalle diverse aree del do ragionevolmente accurato un mondo in termini di produzione, prezzo, così da aggiungere o toconsumi e benessere materiale a gliere dal Pil il valore prodotto permeabili a questi temi, almeno nel passato1. Peraltro, non posso non notare come in Italia l’attenzione per l’argomento stia crescendo con un certo ritardo rispetto a quanto osservato in altri paesi e con caratteristiche non sempre positive, il che rende ancora più necessario chiarire i termini del problema e forse rivedere certi modi di interpretare il dibattito in corso.

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o distrutto da tali elementi; se- Indicatori statistici e politica condo, il Pil è una misura della Quando Kuznets sviluppò i conproduzione complessiva di una cetti di base di quello che sarebcollettività, ma nulla ci dice be poi diventato il Sistema dei sulla sua distribuzione tra gli conti nazionali, gli Stati Uniti ed individui (equità) e tra le gene- il mondo intero si dibattevano in quella che noi ancora chiamiamo razioni (sostenibilità). Tali limiti sono ben noti, e non la “grande depressione”. Il parada oggi, cosicché negli ultimi gone con la situazione che stiamo quaranta anni si sono moltiplica- vivendo oggigiorno, almeno sul te le iniziative per sviluppare in- piano economico, sarebbe facile e dicatori alternativi o comple- non dovrebbe stupire, quindi, mentari al Pil2, ma solo nel caso che come la crisi del ’29 portò aldell’Indice di sviluppo umano lo sviluppo di nuovi modi di mi(Isu), realizzato nel 1980 e an- surare l’attività di un paese, le nualmente pubblicato dal pro- difficoltà odierne alimentino iniziative volte a stagramma per lo svibilire nuove misuluppo delle Nazio- Il Pil è la produzione re del progresso ni Unite (Undp), delle nostre sociepossiamo parlare complessiva tà che vadano oldi un prodotto a di una comunità, tre il Pil. D’altra cui i media, i poliparte, ricordando tici e l’opinione ma non dice nulla che la parola “stapubblica pongono sulla sua distribuzione tistica” viene da sistematicamente attenzione3. D’altra parte, l’uso “scienza dello Stato”, ciò non dodi indicatori compositi è il modo vrebbe stupire. Infatti, le statipiù semplice di andare “oltre il stiche misurano ciò a cui la colPil” e non a caso esistono oggi lettività tiene, cioè quello che circa 160 indici di questo tipo, noi valutiamo come importante spesso usati dai media per stilare per le nostre scelte e per il nostro classifiche dei vari paesi. Infatti, futuro. Allo stesso tempo noi, costruire un sistema di conti na- come individui e come società, zionali che incorpori aspetti eco- poniamo attenzione a ciò che minomici, ambientali e sociali ri- suriamo e osserviamo. chiede un investimento massic- Alla luce di questa consideraziocio di risorse ed incontra grandi ne, ciò che appare paradossale difficoltà concettuali, mentre as- non è la ricerca di nuovi indicasemblare un paniere di indicatori tori di benessere, ma l’attenzione relativi ai diversi aspetti del be- spasmodica con cui i media conessere, standardizzarli, assegna- municano i dati economici, anre loro dei pesi e poi aggregarli che in fasi cicliche positive. Inrichiede un impegno finanziario fatti, ai dati economici e finannettamente minore, alla portata ziari vengono spesso dedicate le prime pagine dei giornali e dei di molti centri di ricerca.

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dell’Ocse su Statistica, conoscenza e politica, che organizzai a Palermo nell’ottobre 2004 (con 540 partecipanti) ed il terzo evento della serie, tenutosi a Busan (Corea del Sud) alla fine del 2009 (2000 partecipanti), nonché al successo del Progetto globale per la misurazione del progresso delle società (www. oecd.org/progress), si nota come si sia andato consolidando un vero e proprio movimento globale sul tema della misurazione, in Il movimento mondiale per la mi- teoria e in pratica, del progresso sura del progresso delle nostre delle nostre società. Ma perché parliamo di “prosocietà gresso” e non di A questo punto Discutere di indicatori “sviluppo”? dovrebbe apparire evidente perché è un modo per discutere Il termine “progresso” è stato utiuna riflessione sui dei fini ultimi lizzato nella Dimetodi attraverso chiarazione di i quali ci autorap- e della direzione Istanbul, firmata presentiamo in di una società nel 2007 dall’Octermini statistici diviene un modo per discutere i se, dalle Nazioni Unite, dalla valori che guidano le nostre scel- Banca mondiale, dalla Commiste, cioè per guardare a come le sione europea, dall’Organizzazionostre società sono organizzate e ne della Conferenza Islamica e come vogliamo che esse evolvano molti altri, al termine del seconin futuro. Come Amartya Sen, do Forum mondiale, per sancire premio Nobel per l’economia, ri- l’impegno ad andare “oltre il corda spesso, discutere di indica- Pil”. Tale scelta appare in linea tori è un modo per discutere dei con le più recenti riflessioni di fini ultimi di una società e della alcuni storici e filosofi. Ad esemdirezione che essa intende intra- pio, in un recente saggio, M. Salprendere. Ecco allora che, in un vadori distingue tra “progresso momento di crisi e di incertezza necessario”, da rifiutare come come l’attuale, una riflessione su dogma imposto dall’alto, e “proquesti aspetti può contribuire a gresso possibile”, frutto di un dirispondere alla domanda che tan- battito democratico che cerca di te persone oggi si pongono: dove disegnare le caratteristiche della società che si intende costruire4: stiamo andando? Guardando ai cinque anni passati «L’idea del progresso necessario tra il primo Forum mondiale nelle sue molteplici incarnazioni

telegiornali o spazi dedicati, anche se essi appaiono fortemente erratici o hanno presentato variazioni infinitesimali rispetto al giorno prima. Al contrario, dati importanti di carattere sociale ed ambientale trovano spazi minimi o nulli sui principali mezzi di comunicazione, anche se essi potrebbero aiutare a comprendere modificazioni di carattere strutturale, e come tali, difficilmente reversibili.

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privava gli uomini della responsabilità delle stesse scelte attinenti alla direzione da dare alla loro vita. Essa è definitivamente caduta, poiché la storia non è mossa da alcun motore oggettivo e impersonale». Il progresso in cui possiamo sperare, se intendiamo perseguire un vivere e un ordine civile, è unicamente un progresso difficile, non garantito se non da ciò che siamo capaci di mettere nella sua bilancia, è un progresso i cui lumi – e qui dobbiamo pagare un immenso tributo ai padri illuministi –possono essere accesi o spenti da noi stessi. Sta alla nostra ragione e al nostro senso di responsabilità evitare di essere trascinati in una notte da noi stessi creata che potrebbe essere senza ritorno. Il Progetto globale dell’Ocse, da me avviato alla fine del Forum di Istanbul, ha svolto un ruolo chiave di promotore delle idee enunciate nella Dichiarazione, stimolando ricerche metodologiche sull’argomento, creando un network tra le tante iniziative esistenti, organizzando dibattiti e conferenze in tutto il mondo, svolgendo attività di formazione verso coloro i quali erano interessati ad avviare un processo di misurazione del progresso. In particolare, il progetto ha sostenuto la necessità di ribaltare il processo normalmente seguito dalle organizzazioni internazionali in questo campo, non imponendo a tutti i paesi lo stesso set di indicatori deciso centralmente, ma favorendo una discussione

I FIGLI DEL PIL

I nuovi indicatori del benessere Indice sviluppo umano (Isu) Si tratta di un indicatore di sviluppo macroeconomico realizzato dall'economista pakistano Mahbub ul Haq nel 1990 e utilizzato dalle Nazioni Unite dal 1993, accanto al Pil, per valutare la qualità della vita nei paesi membri. Impronta ecologica È un indice statistico utilizzato per misurare la richiesta umana nei confronti della natura e mette in relazione il consumo umano di risorse naturali con la capacità della Terra di rigenerarle. Genuine progress indicator (Gpi) L'indicatore del progresso genuino è un concetto dell'economia verde e di quella dell'assistenza sociale. Misura l'aumento della qualità della vita di una nazione, evidenziando se l'incremento della produzione di merci e l'espansione dei servizi abbiano provocato realmente un miglioramento del benessere della gente. Indice di sostenibilità ambientale (Epi) Si tratta di un metodo per quantificare numericamente le prestazioni ambientali di un paese. Questo indice è stato pubblicato per la prima volta nel 2002 per integrare gli obiettivi ambientali delle Nazioni Unite. Feem sustainability index Presentato il 10 dicembre 2009 dalla Fondazione Enrico Mattei, è il primo indice che permette di misurare e confrontare la sostenibilità nei paesi anche attraverso il tempo. Alla base c'è un modellpo di equilibrio economico generale (Ices), sviluppato allo scopo di valutare le implicazioni finali sul benessere dovute all'impatto dei cambiamenti climatici sull'economia globale.

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democratica a livello di ciascun Proprio l’approccio proposto dal paese su cosa voglia dire “pro- Progetto globale è stato sposato gresso”, nel rispetto della cultu- in pieno dalla commissione Stira, della storia e delle istituzioni glitz, nata a seguito dei colloqui locali, per poi selezionare gli in- che ebbi, nell’autunno del 2007, dicatori più rilevanti per ogni con il ministero delle Finanze realtà specifica, i quali in tal francese. La commissione, compomodo possono acquisire quella sta da 25 persone, compresi cinlegittimità che manca alle liste que premi Nobel per l’economia, di indicatori definite in sede in- ha formulato numerose raccomanternazionale, e diffonderli ai cit- dazioni, che potremmo sintetizzatadini come contributo allo svi- re in cinque messaggi chiave5: – luppo di un dibattito democrati- invece che concentrarsi su un conco sullo stato del paese. cetto di produzione, quale è il Pil, Come già notato, l’interesse che i si deve privilegiare la misura del politici e le istituzioni internazio- benessere economico delle personali pongono oggi ne, ad esempio a questo tema è Non potendo avere usando il reddito stato stimolato dadisponibile delle gli eventi accaduti un unico indicatore, famiglie aggiustato nella seconda metà bisogna concentrarsi per la quantità di del 2009, tutti servizi pubblici e strettamente legati sul benessere privati da essi riceal lavoro del Pro- degli individui vuti; – non esiste getto globale: daluna misura singola la pubblicazione della Comunica- che possa dar conto di tutte le vazione della Commissione europea rie dimensioni del benessere e gli Pil e oltre: misurare il progresso in un indicatori compositi non sono una mondo in evoluzione, alla pubblica- risposta soddisfacente, così come zione del rapporto della Commis- la misura della felicità; – non posione sulla Misurazione della perfor- tendo avere un unico indicatore, mance economica e del progresso sociale ci si deve concentrare sulle di(il cosiddetto Rapporto Stiglitz), mensioni rilevanti per il benessere alla riunione di Pittsburg del degli individui. Sulla base delle G20 (il cui comunicato finale sot- ricerche disponibili, otto appaiotolinea che “visto che ci impe- no le più importanti: lo stato psigniamo a mettere in pratica un cofisico delle persone, la cononuovo modello di crescita sosteni- scenza e la capacità di comprendebile, dovremmo incoraggiare il la- re il mondo in cui viviamo, il lavoro sui metodi di misurazione voro, il benessere materiale, l’amvolti a meglio tenere conto delle biente, i rapporti interpersonali e dimensioni sociali ed ambientali la partecipazione alla vita della dello sviluppo economico”), alla società e l’insicurezza. Inoltre, biroadmap annunciata dall’Ocse al sogna guardare alla distribuzione termine del Forum di Busan. di tutte le dimensioni del benes-


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sere (equità); – la sostenibilità quelle definite dall’Ocse (che denon è solamente un fenomeno finisce il progresso come un auambientale, ma comprende ele- mento del benessere equo e sostementi di carattere economico e nibile) e con la nuova articolaziosociale e può essere misurata sola- ne dell’Indice dello sviluppo mente guardando agli stock di ca- umano che verrà pubblicato alla pitale che la generazione attuale fine del 2010. Possiamo, quindi, lascia in dote a quelle successive affermare che la ricerca interna(stock di capitale prodotto, di capi- zionale abbia raggiunto uno schetale naturale, di capitale sociale e ma di riferimento comune. Resta di capitale umano). Ma non ci si aperta, invece, la dimensione popuò illudere di poter misurare la litica del problema, a cui si riferisostenibilità sulla base di indica- sce l’ultima raccomandazione deltori relativi al passato, perché le la Commissione Stiglitz. statistiche, da sole, non ci possono Sul piano internazionale, l’Ocse dire se un percorso è veramente ha annunciato una vera e propria roadmap che l’orsostenibile. I dati ganizzazione instatistici vanno L’Ocse ha annunciato tende realizzare quindi usati per nei prossimi anni costruire modelli una roadmap tesa sull’argomento, che ci aiutino a a cambiare i parametri tendente a camguardare il futuro e biare in profondivalutare la sosteni- di giudizio di politiche tà i parametri sui bilità delle condi- economiche e sociali quali essa giudica zioni economiche, sociali ed ambientali; – il lavoro la bontà delle politiche economisvolto dalla commissione rappre- che, sociali ed ambientali, absenta un punto di inizio di questo bandonando il Pil come indicalavoro, non il punto finale. Per tore principale di successo. A rendere operative le raccomanda- qualcuno potrà sembrare un’idea zioni formulate, gli statistici de- troppo complessa da realizzare, vono fare la loro parte, ma il com- ma per rispondere a questa obiepito più importante spetta ai po- zione basta guardare il wellbeing litici, i quali, seguendo il percorso framework che il Tesoro australiaindicato nella Dichiarazione di no ha sviluppato per valutare gli Istanbul, dovrebbero costituire in interventi di politica economica6. ogni paese una tavola rotonda sul Se il Tesoro australiano può fare progresso, cui dovrebbero parteci- ciò, allora perché non pensare pare rappresentanti di tutte le che il G20, oltre a discutere del componenti della società. cosiddetto legal standard, non possa sviluppare un progress standard, incoraggiando i Tesori del Un’agenda per l’Italia e non solo Le dimensioni del benessere iden- G20 a adottare modelli simili a tificate dalla Commissione coin- quello australiano? Analogamencidono quasi perfettamente con te, l’Europa potrebbe, nell’am-

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bito dello sviluppo della sua strategia per il 2020, esercitare una importante funzione di stimolo verso un miglioramento delle misure di benessere e di un migliore legame tra informazione statistica e decisioni politiche, aumentano la accountability delle autorità di governo e parlamentari. E l’Italia? Il nostro paese dispone di moltissimi dati per misurare il benessere, i quali andrebbero presentati in modo più sistematico e pubblicizzati. D’altra parte, il patrimonio di esperienze maturate sull’argomento da istituzioni pubbliche e private di ricerca e della società civile costituisce un importante ingrediente per far avanzare la ricerca volta alla misurazione di fenomeni attualmente non quantificati in modo soddisfacente. Si registra, poi, un crescente interesse sul tema da parte di persone che svolgono ruoli di grande responsabilità, anche politica, di opinion leaders eccetera. Infine, sta maturando in molte imprese italiane l’attenzione al tema della corporate social responsibility, che tende a sviluppare indicatori sul contributo che ciascuna impresa fornisce al benessere della collettività. D’altra parte, si può notare una certa difficoltà dell’opinione pubblica a tenere l’attenzione sui temi rilevanti con continuità e l’attitudine dei media a trattare le statistiche in modo poco serio, mettendo sullo stesso piano il frutto di rilevazioni statistiche su decine di migliaia di persone ed i sondaggi di opinione svolti su

meno di mille individui. Non va poi dimenticata la tendenza alla radicalizzazione dello scontro politico, per sostenere il quale i dati vengono usati come strumenti dialettici, il che alimenta una certa sfiducia nelle statistiche e nell’uso che i politici fanno di queste ultime. In questo quadro, la proposta emersa recentemente, e codificata in una deliberazione del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel), è quella di fare di quest’ultimo la sede della tavola rotonda sul progresso della società italiana, con la partecipazione delle sue diverse componenti (politici, rappresentanti delle parti sociali e della società civile eccetera), con il compito di: discutere delle dimensioni che rappresentano il concetto di progresso; selezionare gli indicatori chiave ad esse relativi; diffondere questi indicatori ai cittadini. L’Istat è pronta a fornire il suo supporto tecnico all’iniziativa: di conseguenza l’Istituto ha indicato lo sviluppo di un sistema di misurazione del progresso come uno dei suoi dieci obiettivi strategici e sta svolgendo una ricerca volta ad identificare, partendo dallo schema Stiglitz-Ocse, i dati disponibili e gli eventuali gap informativi. Una discussione seria sul modello di sviluppo da realizzare, e quindi sugli indicatori da utilizzare per monitorarne i risultati, appare tanto più necessaria per un paese, come l’Italia, dove si confrontano culture significativamente diverse e dove, dopo i


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decenni del boom economico, la crescita economica appare persistentemente inferiore a quella degli altri paesi europei, la dinamica demografica squilibrata (con conseguenze dirompenti sui rapporti intergenerazionali) e la distribuzione delle risorse fortemente ineguale. La società italiana deve al più presto cercare di trovare un accordo sulle caratteristiche economiche, sociali ed ambientali chiave su cui intende fondare il proprio modello. La speranza è che l’occasione creata dalle iniziative avviate a livello internazionale e qui descritte non venga sprecata, ma che l’Italia (da cui, con il Forum di Palermo, si è dato l’avvio a questo processo) utilizzi questi strumenti per promuovere e realizzare un più alto livello di benessere equo e sostenibile, conseguendo un vero progresso della società.

no posizioni nella graduatoria, mentre è usato per scopi propagandistici in quelli che invece guadagnano posizioni, anche se esso viene soprattutto utilizzato per valutare la situazione dei paesi in via di sviluppo. 4www.coe.int/t/dg3/socialpolicies/.../conferencedebatesalvadori_fr.doc. Dello stesso autore si veda anche L’idea di progresso. Possiamo farne a meno? (2006), Donzelli. 5 Si veda www.stiglitz-sen-fitoussi.fr e J. Stiglitz, A. Sen, J.P. Fitoussi (2009) Vers de nouveaux systèmes de mesure, Odile Jacob, Paris. 6 Il Framework del Tesoro australiano contiene cinque dimensioni fondamentali: le opportunità e la libertà di cui beneficiano le persone, il livello del consumo possibile, la distribuzione delle possibilità di consumo, il rischio che le persone devono assumersi, il livello della complessità con cui le persone devono avere a che fare.

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Si veda E. Giovannini, Dal Pil al benessere: nuovi indicatori per misurare il progresso della società, in Libertà e benessere: L’Italia al futuro, Sipi, Roma, 2009. 2 Si veda, ad esempio, P. Parra Saiani (2009) Gli indicatori sociali, Il Mulino. Bologna. 3 L’Isu è un indice composito basato sul Pil pro-capite, sulla speranza di vita (rappresentativa delle condizioni sanitarie della popolazione) e sul tasso di scolarizzazione primaria (rappresentativo del livello educativo). L’indice è relativamente semplice e produce una classifica di tutti i paesi al mondo, la pubblicazione della quale richiama una grande attenzione mediatica (la sua semplicità rende il risultato apparentemente molto intuitivo) e spesso produce forti polemiche politiche in quei paesi che perdo-

L’Autore Enrico giovannini Presidente dell’Istituto nazionale di statistica (Istat) dal 2009. Dal 2001 al 2009 è stato Chief Statistician e Director of the Statistics Directorate dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) di Parigi. Insegna Statistica economica all’Università di Roma Tor Vergata.

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Gli indici aggregati

I nuovi indicatori della felicità Passare da uno sviluppo centrato su una dimensione puramente economica ad uno sviluppo sostenibile, richiede l’individuazione di nuovi indici aggregati di misurazione della crescita, che siano condivisi a livello internazionale. Molti istituti di ricerca hanno raccolto questa difficile sfida. DI CARLO CARRARO, CATERINA CRUCIANI, ELISA LANZI 35

Il raggiungimento di uno sviluppo sostenibile è stata una delle più grandi sfide delle società moderne negli ultimi tre decenni, da quando nel 1987 ne fu data la prima vera definizione formale dalla Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo1: «Uno sviluppo capace di soddisfare i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere il soddisfacimento di quelli delle generazioni future». Da allora, nonostante le iniziative legate alla promozione di uno sviluppo sostenibile si siano moltiplicate a livello istituzionale e politico, la ricerca fatta per perfezionare questo concetto e definirlo tramite un unico indice condiviso da tutti i governi mondiali sembra ancora senza soluzione. Soprattutto in questo periodo

storico, la definizione di una misura unica per misurare la sostenibilità dei paesi si qualifica come un passo necessario per confrontare le diverse performance dei paesi nel tempo e definire delle politiche efficaci per facilitare lo sviluppo sostenibile. La recente crisi economica e finanziaria, nonostante i drammatici effetti immediati sulle economie di tutto il mondo, ha permesso di analizzare con occhio critico i paradigmi di sviluppo finora utilizzati, identificando i limiti di uno sviluppo centrato solo sulla dimensione economica. I limiti del Pil come misura unica del grado di benessere di una società appaiono sempre più evidenti, ma una valida alternativa a questa misura stenta ad emergere nel dibattito internazionale.


la prima iniziativa per coordinare e sviluppare le iniziative legate allo sviluppo sostenibile nasce già a seguito dell’interesse manifestato dalla Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo, che nel 1992 fonda la Commissione delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile, incaricata di coordinare le iniziative di Agenda 21. L’Unione europea è la prima istituzione internazionale a lanciare una vera e propria strategia formale, presentando nel 2001 la prima versione della sua Strategia per lo sviluppo sostenibile2 durante Strategie per lo il Summit europeo sviluppo sosteni- L’Ue è stata la prima di Goteborg, agbile: prospettive giornata poi nel storiche e iniziati- istituzione a lanciare 20053 e nel 20094. ve politiche una vera strategia Nell’aprile di queIl concetto di sviluppo sostenibile, formale per lo sviluppo st’anno il Parlamento e il Consicosì come definito sostenibile glio europeo handalla Commissione mondiale per l’ambiente e lo no lanciato una proposta per la sviluppo nel 1987 risponde al- revisione dei conti ambientali l’esigenza di dare una dimensione dei paesi membri5, che rappretemporale al concetto di svilup- senta un importante passo in po, nel tentativo di capire e de- avanti per realizzare un vero e scrivere le complesse relazioni tra proprio sistema di contabilità le società di oggi e di domani. Se ambientale, creando gli strumenquesta dimensione temporale au- ti per monitorare diversi indicamenta la ricchezza di questo con- tori di stato ambientale nel temcetto, allo stesso tempo rende dif- po e confrontarli tra i diversi ficile trovare una misura unica paesi membri. La strategia per lo capace di rappresentarlo adegua- sviluppo sostenibile dell’Unione tamente e sostituire nell’immagi- europea è caratterizzata da una nario politico e sociale altri con- serie di indicatori divisi in quatcetti di sviluppo forse più ridut- tro macro aree (economica, sociativi ma estremamente diffusi co- le, ambientale e istituzionale) me il Pil. monitorati e gestiti da Eurostat6. La portata di questa sfida ha da Contemporaneamente al tentatisempre attirato l’interesse delle vo di dare una definizione dinaistituzioni internazionali; infatti, mica di sviluppo sostenibile, caRipercorrendo i passaggi storici che hanno portato lo sviluppo sostenibile ai primi posti delle agende politiche mondiali, questo articolo si propone di identificare alcune alternative al Prodotto interno lordo come misura di sviluppo e contribuire a chiarire quale sia l’importanza di queste nuove misure, per comprendere e affrontare le problematiche dello sviluppo sostenibile, per produrre politiche efficaci, e quindi indirizzare l’operato di politici e investitori.

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pace di descrivere le relazioni in- bientale e del deprezzamento del tertemporali tra le società del capitale e aggiungendo il valore mondo, l’interesse legato agli in- delle attività non di mercato, avedicatori di sviluppo ambientale e va portato Daly e Cobb a prodursociale è aumentato con il cresce- re anche l’Indice di progresso gere delle critiche legate alla cen- nuino (Gpi)8 che ne rappresenta tralità di indicatori puramente una variante che incorpora il coneconomici, come il Prodotto in- cetto di uso sostenibile delle riterno lordo, nelle politiche nazio- sorse naturali. nali. Nato come un indicatore per Con lo scopo di identificare i limisurare i flussi economici an- miti del Pil e contribuire a idennuali, il Pil è presto diventato tificare e valutare il ruolo di indil’indicatore principe dello svilup- catori alternativi per la misurapo, facendo implicitamente corri- zione del progresso sociale, è nata spondere allo sviluppo il concetto nel 2008 una nuova Commissioben più limitato di sviluppo eco- ne per la misura dello sviluppo economico e del nomico. progresso sociale, Una linea di ricer- Tra i nuovi indici guidata dai premi ca che ha visto uno Nobel Amartya sviluppo sostanzia- gli unici di successo le negli ultimi an- sono l’Indice di sviluppo Sen e John Stiglitz, su iniziativa ni è quella legata del presidente ad iniziative volte umano e l’Impronta francese Nicolas a modificare il Pil, ecologica Sarkozy. Il lavoro migliorando le procedure con cui è calcolato per della Commissione, riassunto in renderlo una misura più realistica un rapporto9 di oltre 300 pagine del benessere economico, ad non identifica un sostituto per il esempio contabilizzando diversa- Pil, ma indica i parametri per comente attività economiche che struire un sistema informativo da rappresentano un danno per la so- affiancarvi, caratterizzato da indicietà. Questa linea di ricerca de- catori sociali e ambientali oltre nominata “oltre il Pil” ha radice che economici, in grado di rapmolto profonde: già nel 1989 presentare in modo più adeguato Hermann Daly e John Cobb ave- il progresso sociale. vano sviluppato la prima misura Tra i molti tentativi di creazione di Pil corretto, trasformando di nuovi indici gli unici con un un’idea di William Nordhaus successo minimamente paragonaand James Tobin del 1972 nel- bile a quello del Pil sono l’Indice l’Indice di sviluppo economico di sviluppo umano (Hdi) e l’Imsostenibile (Isew)7. Il tentativo di pronta ecologica10. L’Hdi, realizmigliorare questa prima misura zato nel 1990 da un team guidato di benessere economico, ottenuta da Mahbub ul Haq e costruito sottraendo al Pil le spese per la sull’idea di capacità introdotta da difesa, i costi del degrado am- Amartya Sen, permette di calco-

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lare un indice per ciascun paese bilità di un paese si incrocia con del mondo combinando diverse quello legato alla definizione di informazioni legate ai livelli di misure che possano sostituire il vita, istruzione e standard sanitari Pil in un momento molto imporminimi. Particolarmente utiliz- tante per le economie mondiali. zato per analizzare il progresso La definizione di un progetto di dei paesi in via di sviluppo, l’In- sviluppo più sostenibile non è sodice di sviluppo umano ha aiuta- lo auspicabile, ma anche necessato a spostare l’attenzione dei poli- ria alla luce dei pesanti squilibri tici a livello mondiale su alcuni socio economici e delle fragilità aspetti fondamentali del benesse- messe in luce durante la recente re di una nazione che il Pil nella crisi economica anche nei paesi sua forma attuale non è in grado considerati più sviluppati. di catturare. Nonostante i suoi Gli istituti statistici dei principapregi, il Hdi non è in grado di li enti istituzionali hanno identidare alcuna valutazione sullo sta- ficato negli anni una vasta serie di indicatori per to delle risorse nadescrivere il proturali, né di spie- Ancora non esiste blema dello svilupgare le complesse po sostenibile, e, relazioni che lega- una lista di indicatori sebbene esista un no i diversi aspetti di sostenibilità certo grado di condello sviluppo socordanza sui temi stenibile – econo- pienamente condivisa mia, società e am- a livello internazionale principali trattati (economia, società, biente. Ad un altro estremo si colloca l’Impronta ambiente naturale, salute ecceteecologica, focalizzata sulla misu- ra), non esiste nemmeno una lista razione dell’impatto dell’attività di indicatori di sostenibilità pieumana sulle risorse naturali, ma namente condivisa a livello interattualmente non in grado di spie- nazionale. gare le complesse interrelazioni Gli indici presentati nella sezione tra ambiente, società ed econo- precedente, seppur in maniera dimia e per questo, non diversa- versa, riducono la complessità del mente dall’Indice di sviluppo fenomeno ad un unico numero umano, poco adatta a guidare po- indice perfettamente confrontalitiche complesse per la realizza- bile tra diversi paesi e nel tempo. zione di uno sviluppo sostenibile, Questa caratteristica è certamennonostante i suoi meriti e la sua te un elemento di forza nella corsa alla sostituzione di un indice ampia diffusione. diffuso come il Pil. Purtroppo gli Rendere operativa la sostenibili- elementi costitutivi di questi intà: dagli indicatori agli indici ag- dici non rappresentando una visione adeguata di sviluppo sostegregati Il dibattito sulla definizione di nibile; infatti, molti degli indici indicatori per misurare la sosteni- presentati sono in grado di de-


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IL PERSONAGGIO

Enrico Mattei, l’uomo che sfidò i grandi del petrolio Principe dell’industria italiana del dopoguerra, capitano coraggioso di un paese che sfidava le sette sorelle americane del petrolio, uomo di fede profonda, spirituale o politica che fosse. Enrico Mattei è stato questo e molto altro, e la sua morte misteriosa (ufficialmente si è trattato di un incidente aereo) ha innescato dietrologie e congetture nel corso degli ultimi cinquant’anni. E pensare che l’Agip Mattei doveva liquidarla, in breve tempo e con il maggior guadagno possibile, subito dopo la guerra. E invece da lì, da quella liquidazione imposta dall’alto e mai realizzata, Mattei ha costruito l’impero energetico italiano. In un paese che a malapena riusciva a immaginare il giorno dopo, è riuscito a tracciare un progetto ambiziosissimo: far diventare l’Italia una potenza energetica su scala globale. A questo scopo si diede da fare per costruire una fitta rete di relazioni internazionali, con paesi a volte difficilmente considerabili “amici” dell’Italia e del blocco occidentale in generale. E il capolavoro di Mattei sta proprio nell’aver sfidato (e battuto) le seven sisters dell’industria petrolifera, quelle aziende americane che facevano il bello e il cattivo tempo nei pozzi petroliferi di mezzo mondo. Il sistema Mattei si trasformò in una vera e propria strategia di politica estera per l’Italia. E il partigiano petroliere diventò uno degli uomini più potenti del paese. Ma erano tempi instabili, nonostante il boom economico. E l’esagerata popolarità dava ov-

viamente fastidio a qualcuno. A l’America senza dubbio, visto che Mattei andava a intaccare gli interessi economici statunitensi e nel frattempo scompaginava il rigido sistema dei blocchi contrapposti nel mondo postbellico. E anche in Italia, magari dentro quella stessa Dc che lo aveva lanciato e alla quale Mattei apparteneva per convinzioni politiche, qualcuno storceva il naso quando il presidente dell’Eni veniva accolto come un re nei paesini poveri della Sicilia, mentre lui stringeva migliaia di mani e invitava gli emigranti a tornare perché a breve si sarebbe stato lavoro per tutti. Mattei, che non era certo uno sprovveduto idealista senza malizia, sapeva bene i rischi che correva. Sapeva perfettamente di affrontare un Moloch per nulla arrendevole. Secondo alcuni osservatori, dunque, l’intraprendenza dell’uomo più potente d’Italia venne punita con lo strano incidente aereo di Bascapè, che pose fine alla sua vita e ai sogni di un’Italia energeticamente indipendente.

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scrivere solo alcuni degli aspetti trodurre nel dibattito politico che determinano il benessere (o specifici obiettivi in termini di progresso umano), oppure come sostenibilità, offrendo a politici nel caso della Strategia per lo svi- ed esperti del settore uno struluppo sostenibile dell’Unione eu- mento quantitativo per misurare ropea, erano caratterizzati da il progresso nel tempo, identifitroppi indicatori diversi per esse- care le aree più deboli e valutare re sintetizzati in un unico valore. in modo prospettico l’impegno Oltre alle difficoltà legate alla de- economico richiesto per la realizfinizione di una lista esaustiva e zazione di tali politiche. condivisa di indicatori di sosteni- Esistono varie metodologie per bilità che affrontino tutti gli normalizzare (tradurre i valori aspetti principali, la valutazione degli indicatori in un’unica unità della sostenibilità richiede anche di misura) e aggregare diversi indi considerare molti aspetti non dicatori. Gli sforzi a livello istitudi mercato e quindi privi di una zionale per far avanzare la ricerca legata alle metodoquantificazione monetaria precisa La sfida di determinare logie per la creazione di indici ago condivisa, rengregati vedono il dendo difficile la un indice aggregato Joint Research commistione con di sostenibilità è stata Center della Comelementi più legamissione europea11 ti all’area econo- raccolta da alcuni mico-finanziaria. tra i suoi più attivi istituti di ricerca Ammesso che sia contributori, insiepossibile sintetizzare la sosteni- me all’Organizzazione per la coobilità in un modo univoco, gli perazione e lo sviluppo economiindicatori prescelti dovrebbero co12. Oltre ad iniziative di tipo poi essere resi direttamente con- metodologico non mancano inifrontabili, trasformandoli in ziative di singoli istituti di ricerun’unità di misura comune, per ca per la creazione di indici agpoi essere aggregati e trasformati gregati di sostenibilità. Per esemin un unico numero indice, con- pio, l’Indice di performance amfrontabile nello spazio e nel tem- bientale (Epi)13 dell’Università di po. Nonostante le complessità Yale, combina informazioni su che queste operazioni implicano, diversi indicatori standardizzanla sfida di determinare un indice doli, normalizzandoli ed infine aggregato di sostenibilità è stata riassumendoli in un singolo indiraccolta da alcuni istituti di ri- ce di sostenibilità utilizzando una cerca, viste le grandi potenzialità media pesata. di un tale strumento. Oltre a so- Il recente lavoro sviluppato dalla stituire indicatori monodimen- Fondazione Eni Enrico Mattei sionali, come il Pil, nell’analisi propone un nuovo indice di sodelle performance dei paesi, un in- stenibilità, il Feem SI14, che rapdice aggregato permette di in- presenta un tentativo di superare


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diali capace di tenere conto delle interrelazioni economiche e commerciali fra 40 regioni mondiali, ottenute aggregando gruppi di paesi simili o geograficamente contigui. Il modello consente di calcolare il valore degli indicatori fino al 2020, proiettandoli nel tempo sulla base di specifiche assunzioni sulla crescita mondiale. L’indice di sostenibilità Feem Il Feem SI sintetizza tutti e tre i La coerenza tra i valori degli indipilastri della sostenibilità: econo- catori nel tempo è garantita dal mica, sociale e ambientale. Gli fatto che sono tutti costruiti alindicatori per ogni componente l’interno della medesima base dasono stati scelti tenendo conto ti. La grande potenzialità di quedella natura multidimensionale sta metodologia è che permette di ottenere non sodello sviluppo solo un’analisi retrostenibile, utiliz- Il Feem SI sintetizza spettiva, ex post, zando misure in della dinamica grado di cogliere le tutti e tre i pilastri delle diverse ecoprincipali sotto-te- della sostenibilità: nomie del pianeta, matiche, già evima anche una vadenziate dai lavori economica, sociale lutazione previsidelle varie com- e ambientale va, ex ante, della missioni internazionali sullo sviluppo sostenibile. sostenibilità economica, sociale e La componente economica, per ambientale delle regioni del esempio, affianca al Pil altre mi- mondo. Inoltre, consente di poter sure sulla capacità di spesa delle valutare l’impatto sulla sostenibifamiglie e sull’investimento delle lità di scenari alternativi di poliimprese in R&D. Il pilastro so- tica nazionale e internazionale, ciale misura l’estensione dei siste- modificando alcuni parametri del mi di welfare relativi a pensioni, modello e qualificandosi come un salute e istruzione. Infine, il pila- vero e proprio ambiente di simustro ambientale fornisce indica- lazione per valutare costi ed effetzioni sull’entità delle emissioni ti diretti e indiretti di determinadi gas serra, sull’efficienza ener- te politiche. getica, sull’utilizzo di energie La classifica della sostenibilità serinnovabili e sulle variazioni nel- condo l’indice di sostenibilità Feem per il 2010 mette ai primi pola biodiversità. Gli indicatori sono stati costruiti sti soprattutto paesi europei, ben all’interno di un modello dinami- otto dei quali si attestano nelle co di equilibrio economico gene- prime dieci posizioni, con la Sverale, ovvero una rappresentazione zia al primo posto. Alcuni paesi semplificata delle economie mon- emergenti, come Cina e India, soquesti limiti introducendo una nuova metodologia basata su tecniche di aggregazione non lineari, e sulla costruzione degli indicatori in un modello dinamico dell’economia mondiale che permette di guardare agli indicatori nel futuro.

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no invece in fondo alla classifica: infatti, secondo l’indice di sostenibilità Feem l’impressionante crescita economica, non compensa il degrado ambientale e le criticità sul piano sociale. L’Italia si colloca a metà classifica, grazie soprattutto al suo generoso sistema di welfare che garantisce la tenuta sociale. Gli effetti della realizzazione di determinate politiche volte a migliorare diversi aspetti della sostenibilità, dalla struttura economica alla situazione sociale e a quella ambientale, caratterizzano lo scenario alternativo, i cui risultati sono riassunti nella quinta colonna della tabella 1 che confronta la variazione nella posizione in classifica al 2020 dello scenario alternativo rispetto a quello base. Conclusioni

Se per decenni il Pil è stato il principale metro dell’azione economica dei governi, la crisi eco-

nomica degli ultimi anni ha dimostrato che è necessario ripensare il paradigma di sviluppo delle economie mondiali, focalizzandosi non solo sulla crescita economica ma anche sulla situazione sociale ed ambientale. Cercare di misurare la sostenibilità in tutte le sue dimensioni è una delle sfide più importanti per la politica internazionale di questo secolo e la strada per la definizione di un indicatore condiviso di sostenibilità è lunga e difficile. L’indice di sostenibilità Feem si propone come uno strumento particolarmente rilevante per spiegare gli effetti dell’introduzione di politiche specifiche sul complesso sistema economico mondiale, rappresentando un vero contributo nel tentativo di rendere operativo il concetto di sostenibilità per renderlo parte integrante dei processi decisionali dei governi e delle organizzazioni internazionali e fare un passo avanti nella strada “al di là del Pil”.

TABELLA 1 – Confronto Scenario alternativo e base


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Note

1 Report of the World Commission on Environment and Development: Our Common Future http://www.un-documents. net/wcedocf.htm. 2 Commissione delle Comunità europee, Comunicazione della commissione, Sviluppo sostenibile in Europa per un mondo migliore: strategia dell’Unione europea per lo sviluppo sostenibile, Maggio 2001. http://eur-lex. europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri= COM:2001:0264:FIN:IT:PDF 3 Commissione delle Comunità europee, Comunicazione della commissione al consiglio e al Parlamento europeo sul riesame della strategia per lo sviluppo sostenibile, una piattaforma d’azione, Dicembre 2005 http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2005: 0658:FIN:IT:PDF 4 Commissione delle Comunità europee, Comunicazione della commissione al consiglio e al Parlamento europeo, Non solo Pil, Misurare il progresso in un mondo in cambiamento, Agosto 2009. http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=C OM:2009:0433:FIN:IT:PDF 5 Commissione europea, Proposta di Regolamento del Parlamento europeoi e del consiglio relativo ai conti economici ambientali europei, Aprile 2010. http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2010:0132:FIN:I T:PDF 6 Eurostat, Indicatori per lo sviluppo sostenibile http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/sdi/indicators. 7 Per maggior informazioni si veda anche http://www.foe.co.uk/community/tools/isew/index.html. 8 Per maggior informazioni si veda anche http://www.rprogress.org/sustainability_indicators/genuine_progress_indicator.htm

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Stiglitz, Sen, Fitoussi, Report of the commission on the measurement of economic performance et social progress, http://www.stiglitz-sen-fitoussi.fr/docum 10 Per maggiori informazioni http:// www.footprintnetwork.org/en/index.php/ GFN/ 11 Per maggiori informazioni si veda http://composite-indicators.jrc.ec.europa.eu/ 12 Si veda in particolare Handbook on Constructing Composite Indicators: Methodology and User Guide sviluppato congiuntamente da Ocse e Jrc.. 13 Per maggior informazioni http:// epi.yale.edu/ 14 Informazioni sulla metodologia e risultati dell’indice di sostenibilitá Feem sono disponibili nel sito http:// www.feemsi.org

L’Autore carlo carraro Rettore dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, ha ottenuto il PhD. a Princeton. Ha insegnato a Roma, Parigi, Londra, Udine, NIzza ed Aixen-Provence. è responsabile del Programma sviluppo sostenibile della Fondazione Eni Enrico Mattei. caterina cruciani Laureata in economia, sta svolgendo il dottorato presso l’Advanced School of Economics di Venezia. è junior researcher della Fondazione Eni Enrico Mattei. elisa lanzi Laureata in economia all’Università di St. Andrews (Scozia), ha ricevuto un master degree presso l’University College di Londra. è junior researcher della Fondazione Eni Enrico Mattei.

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I nuovi parametri del benessere

La politica ha bisogno di nuovi strumenti Come costruire politiche basate sul miglioramento della qualità della vita? Innanzitutto, forse, sarebbe necessario modificare gli indicatori del benessere. Solo successivamente si potranno avviare politiche conseguenti ed efficaci. DI ENRICO CANCILA E FRANCESCO ZECCA 45

Il Prodotto interno lordo è l’indicatore sintetico che è stato da sempre utilizzato come elemento essenziale sia per la definizione, la misurazione e la valutazione delle politiche espresse da un paese, che per indicarne il benessere. Se, però, oggi chiedessimo a chiunque su quali basi misurerebbe la sua qualità della vita, difficilmente esprimerebbe solo ed esclusivamente valutazioni di natura economica e di reddito, ma introdurrebbe vari elementi legati, per esempio, alla possibilità di esprimersi, alla necessità di usufruire di un ambiente naturale sano, alla possibilità di accesso a beni e servizi che reputa essenziali, solo per citare alcuni esempi sintomatici. Il Prodotto interno lordo non esprime in alcun modo queste sfere e, mettendo in luce i

limiti dell’indicatore si esprimeva così, in un discorso tenuto all’Università del Kansas già nel 1968, l’allora candidato alla presidenza degli Stati Uniti d’America, Robert “Bob” Francis Kennedy: «Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, nè i successi del paese sulla base del Prodotto interno lordo. […] Il Pil non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del


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nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi. Il Pil non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani». Erano gli stessi anni in cui alcuni studiosi (Boulding1, Mishan2 e Kapp3) cominciavano a mettere in evidenza i costi derivanti dallo sviluppo economico dando il via all’interesse per lo studio economico dell’ambiente. Sino ad allora, in effetti, la scienza economica non si era più di tanto occupata del fenomeno poiché le risorse ambientali erano percepite come illimitate in rapporto al fabbisogno, o comunque come non scarse4. Contestualmente la misurazione della qualità della vita o del benessere veniva ricondotta alla ricchezza prodotta e conseguentemente disponibile. Nonostante il proliferare di numerosi sforzi volti alla costruzione di indicatori capaci di includere al loro interno la variabile “conservazione dell’ambiente” o “qualità della vita/benessere”, il Pil, ideato da Simon Kuznetz, è rimasto a tutt’oggi lo strumento dominante per quantificare la crescita, il progresso e lo sviluppo dei paesi. Tuttavia, negli anni più recenti il divario esistente fra la

TABELLA 1

L’ambiente è un bene da preservare per noi e per le prossime generazioni. Ogni politica illuminata deve affermare e difendere con decisione l’importanza di questo principio. Il miglioramento stesso della qualità della vita del nostro paese dipende dalle scelte in tema di sviluppo non solo economico ma anche sociale ed ambientale. La sostenibilità sociale, economica ed ambientale è un tema fondamentale delle politiche di sviluppo e si intreccia con alcuni capisaldi: - Le risorse ambientali sono limitate e devono essere oggetto di specifica attenzione: l’impronta ecologica dell’attività umana sul pianeta deve essere commisurata alle sue potenzialità naturali, Il rischio dei cambiamenti climatici di origine antropica esiste e sono necessarie mirate politiche di mitigazione ed adattamento, oltre ad una visione di medio termine che miri ad eliminare all’origine il problema, favorendo con decisione l’adozione di tecnologie che evitino le emissioni di gas serra. - La sostenibilità dello sviluppo impone interventi ed accordi internazionali e trans-nazionali: l’azione dei singoli paesi non è sufficiente a risolvere le più importanti criticità, Allo stesso tempo la sostenibilità dello sviluppo non trascura ma, anzi, si concentra sul territorio quale elemento in grado di assicurare la crescita economica dei sistemi locali grazie al formarsi in loco di fenomeni di condivisione socioambientale di tutti i processi. L’impatto ambientale può diminuire seguendo due strade: - cambiamento degli stili di vita e consumi più attenti alle caratteristiche dei prodotti; - progettazione e produzione di beni e servizi con minor impatto ambientale nell’intero ciclo di vita, anche grazie alla continua evoluzione tecnologica. La sostenibilità dello sviluppo rappresenta un indicatore socio-economico capace di esprime-


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re in maniera estremamente più efficace, rispetto ai soli indicatori economici o anche ai soli indicatori ambientali, il livello di sviluppo e quindi di durevole benessere di un Paese, di un’attività economica o di una comunità. Alla messa a punto di sempre più attendibili tecniche di “misura” della sostenibilità deve perciò tendere con forza l’attività scientifica. La formazione di una solida ed informata coscienza collettiva sul tema della sostenibilità è condizione necessaria perchè la società italiana possa cogliere le opportunità legate allo sviluppo di nuovi prodotti e processi e godere appieno dei benefici sociali, economici ed ambientali che scelte maggiormente sostenibili consentono di realizzare. La scuola, l’università, i percorsi formativi professionali e specialistici interni alle aziende e l’istruzione generale a tutti i suoi livelli ha un ruolo cruciale per la maturazione di una positiva spinta sociale, potendo fornire strumenti adeguati alla comprensione delle diverse implicazioni legate a scelte indirizzate verso la sostenibilità economica, sociale ed ambientale. Dato atto che questi capisaldi ed il loro intreccio impongono alle politiche sulla sostenibilità dello sviluppo di ragionare su almeno due scale, quella globale e quella locale, è importante attenersi ad alcuni elementi da riconoscere quali buone pratiche: Le politiche sulla sostenibilità dello sviluppo devono permettere passi concreti, il più possibile misurabili, e non rappresentare utopie non raggiungibili. In tal senso, le politiche, quando guardano a traguardi molto ambiziosi, devono indicare obiettivi intermedi raggiungibili e verificabili dalla collettività. Sono fondamentali la credibilità e la solidità tecnica delle scelte sul territorio per dare positiva applicazione alla fiducia dei cittadini e tendere sempre alla diminuzione della conflittualità. L’adozione di qualsiasi

processo innovativo deve essere considerata in base al grado di miglioramento della qualità della vita valutando come i benefici che l’innovazione tecnologica porta siano in grado di determinare chiari vantaggi di natura economico-sociale ed ambientale. Elementi di valutazione che devono salvaguardare anche funzioni non direttamente produttive dei beni pubblici quali, a titolo esemplificativo, il paesaggio, la ricchezza culturale, la biodiversità. È opportuno adottare politiche per settore produttivo che portino ad una premialità delle soluzioni maggiormente ecocompatibili aumentando l’efficienza del sistema socio-economico e riducendo l’impatto ambientale in tutti i casi ove sia possibile o valutando la migliore alternativa praticabile. I mercati economici decretano il successo o l’insuccesso di un prodotto, bene o servizio: una buona politica deve misurare le proprie azioni tenendolo presente. I mercati valutano la stabilità delle regole come elemento essenziale per attrarre investimenti. Poiché la sostenibilità dello sviluppo è fondata per definizione sull’innovazione una regolamentazione chiara e stabile è fondamentale. La certezza e la chiarezza delle condizioni e delle regole rappresentano un incentivo irrinunciabile al corretto comportamento della società, della politica, dell’imprenditorialità per l’ottenimento della più piena sostenibilità dello sviluppo. Ad investimenti importanti del sistema paese in tema di sostenibilità devono corrispondere controlli e sanzioni puntuali, che non permettano a comportamenti scorretti di pregiudicare l’enorme risultato comune raggiungibile, costituito dal pieno, attivo e proficuo coinvolgimento dell’Italia nel processo di transizione politica, ambientale, economica e sociale verso lo sviluppo sostenibile.

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misurazione offerta dal Pil e le il progresso raggiunti siano in reali condizioni di progresso e grado di produrre nuovo svilupsviluppo si è palesato in modo po ed opportunità di benessere chiaro e netto. È proprio questo il per le generazioni seguenti a passaggio fondamentale su cui quella attuale. occorre concentrarsi: un aumento Pur essendo, dunque, da tempo della produzione di beni è sì indi- conosciuto, andare “oltre il Pil” ce di crescita, intesa in senso clas- rimane ad oggi una sfida aperta sico, ma non necessariamente di sulla quale sia partiti progressisti progresso e di sviluppo. Fenome- che conservatori europei hanno ni quali l’acuirsi delle disegua- cercato di esprimersi citando, nei glianze, il depauperamento delle loro programmi politici, la necesrisorse ambientali o il peggiora- sità di affrontare il tema nel suo mento del benessere individuale complesso senza però riuscire ad non vengono registrati dall’indi- esprimersi pienamente sulla quece del Pil e mettono sempre più stione di fondo: come costruire politiche basate sul in evidenza le conmiglioramento traddizioni riscon- Andare “oltre il Pil” della qualità della trabili di fatto tra la crescita econo- rimane una sfida aperta vita e non sull’aumento del Prodotmica globale di un con cui sono chiamati to interno lordo. E paese e le reali condizioni di vita a misurarsi tutti i partiti d’altro canto così si esprime la Comdelle persone. Tra politici europei missione europea la crescita, indubbiamente indicabile con l’incre- in una recente Comunicazione mento del Pil, e l’efficacia in ter- che fornisce la visione, in un momini di progresso e sviluppo di mento di grave crisi economica, un sistema socio-economico sono dell’Europa al 2020: «L’Europa sta affrontando un momento di palesi le differenze. La discrepanza di informazione è trasformazione. La crisi ha cancelmaggiormente grave quando si lato anni di progresso economico rende evidente come ad un Pil e sociale ed ha esposto l’economia quantitativamente elevato non europea a debolezze strutturali. corrisponda più la creazione di C’è l’esigenza di una strategia che opportunità di ulteriore sviluppo aiuti ad uscire più forti dalla crisi per le generazioni successive a e trasformi l’Europa in un’econoquella in attività. Il problema mia sostenibile, inclusiva ed innon è più, come manifestato già telligente che possa portare alti 42 anni fa da Bob Kennedy, sol- livelli di occupazione, produttitanto comprendere meglio i ri- vità e coesione sociale. In particosultati della crescita economica lare sono tre le priorità di cui tein termini di benessere reale del- nere conto per lo sviluppo delle le famiglie, ma soprattutto capi- politiche europee: crescita intellire quanto e come lo sviluppo ed gente: sviluppando un’economia


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basata sulla conoscenza e l’inno- ed internazionale. Questo lo scovazione; crescita sostenibile: pro- po ultimo a cui si dovrebbe permuovendo un’economia più effi- venire: non solo un sistema di inciente dal punto di vista dell’uti- dicatori alternativi al prodotto lizzo delle risorse, più verde e più interno lordo condiviso dalla cocompetitiva; crescita inclusiva: munità scientifica, bensì arrivare supportando un’economia ad alto alla definizione di politiche che tasso occupazionale che porti coe- su queste misure siano basate. L’ampia letteratura sui limiti e le sione territoriale». Applicare lo spirito di questa Co- proposte di correzione del Pil si municazione vuol dire cambiare ferma al come misurare, ma ancoun intero paradigma di sviluppo ra più complesso è il passaggio sulla base del quale ci si è basati dalla teoria della misura alla conda sempre. È evidente: il percorso cretezza di esempi applicativi. è ancora lungo e sono necessari Come ben evidenziato anche nel alcuni passaggi essenziali preli- documento politico Charta della sostenibilità5, Fareminari, quali definire cosa s’intende Identificato un sistema futuro ritiene che per qualità della le politiche debbavita, come possia- di indicatori alternativi, no nascere in conmo misurarla e so- si potranno definire nubio e in paralleprattuto come inlo alla fase di anacludere variabili politiche basate lisi metodologica non finanziarie ne- su queste misure e scientifica, con gli strumenti di gradualità e non misurazione della sostenibilità con salti utopistici che non siano dello sviluppo nei diversi settori basati sull’estrema concretezza economici ed industriali. Favori- del divenire economico. re la misurabilità della sostenibi- Al fine di garantire il successo del lità dello sviluppo significa infat- percorso prospettato è necessario ti dar luogo ad approcci politico- che l’attuazione di tutte le politirelazionali a sistema aperto in che legate alla sostenibilità avgrado di prevedere l’inclusione venga in modo integrato e non nei processi decisionali di tutti settoriale. Porsi il problema della gli attori del sistema socioecono- fiscalità dei comuni italiani che, mico. Solo una corretta misura- come è noto, hanno i maggiori zione, può difatti spingere a co- introiti di bilancio dall’imposta struire, monitorare, confrontare e sugli immobili è, di fatto, porsi valutare delle politiche adeguate un problema non solo economico alle sfide poste dalla sostenibilità ma anche etico e di qualità della dello sviluppo. vita dei cittadini nel momento in Misurare deve essere il necessario cui, inevitabilmente, alcune riprimo passo di un percorso il cui sorse naturali non abbiano alcun apice risiederà nel passaggio a valore economico ma spesso, anzi, reali scelte di politica nazionale siano solo un costo e quindi indu-

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TABELLA 2

Charta della sostenibilità “Lo sviluppo sostenibile non consuma risorse, ma le usa e riusa illimitatamente”

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Questo concetto fondamentale è alla base della teoria dei “cicli chiusi”, riferimento scientifico del Gruppo Energia Ambiente del Cirps – Centro Interuniversitario di Ricerca Per lo Sviluppo sostenibile della Sapienza Università di Roma. La teoria parte dalla considerazione che la società umana consuma risorse che non è in grado di riprodurre. Le attività umane sono ancora basate su “cicli aperti”, che partono da una condizione naturale di equilibrio ambientale per arrivare generalmente ad una situazione di disequilibrio. Per generare benessere sociale ed economico a breve termine si ricorre cioè al “consumo di risorse” e dal punto di vista dell’analisi dei flussi di materia si giunge nella quasi totalità dei casi alla “produzione rifiuti”, intesi come quantità di materia non più utilmente sfruttabile ed anzi potenzialmente dannosa o pericolosa per l’uomo e per l’ambiente. La società umana negli ultimi due secoli ha accettato questa asimmetria come inevitabile; ha costruito la sua evoluzione industriale sullo sfruttamento dei materiali grezzi, che, attraverso processi produttivi, costituzione e distribuzione di prodotti, e smaltimento dei rifiuti finali, ha imposto cicli aperti all’ambiente. Si sa dove questi cicli inizino, ma la maggior parte delle volte non si è in grado nemmeno di predire esattamente dove essi finiscano: nell’acqua, nell’aria, o

nella terra. L’era dei cicli aperti è stata l’era di uno sviluppo rapido, ma solo per una parte della popolazione. La possibilità di trovare risorse da consumare, e terra dove scaricare rifiuti, è oggi spropositata se comparata alla percentuale della popolazione mondiale che ha accesso allo sviluppo e che ne avrà auspicabilmente in misura sempre maggiore nei prossimi decenni. Nell’ultimo periodo, il sistema si è evoluto verso cicli più complessi, che includono pratiche di riciclo o riuso. In questo modo il ciclo principale è allargato grazie all’aggiunta di cicli secondari, capaci di estendere il ciclo vitale di materiali e prodotti. Questa è sicuramente una via eccellente ma non una soluzione finale, il ciclo infatti nel suo complesso continua a consumare risorse e a produrre rifiuti. Il modello rimane “risorse, consumi, rifiuti”, ma per poter essere coerenti con la definizione di sviluppo sostenibile del rapporto Brundtland: “Lo sviluppo sostenibile è realizzato quando la società odierna non compromette con il suo sviluppo la possibilità di sviluppo delle generazioni future”, bisogna andare verso un modello diverso, che faccia riferimento al trinomio “risorse, uso, rigenerazione”. Il modello dei “cicli chiusi”, riferimento teorico contrapposto a quello attuale basato su cicli aperti, fornisce gli strumenti per misurare la sostenibilità delle attività umane. Il consumo di risorse non rinnovabili o non ricostituibili è infatti ritenuto per definizione insostenibile. Il concetto di consumo è infatti intrinsecamente legato alla non disponibilità successiva della risorsa alla quale viene applicato. Più un processo quindi preserva le risorse di partenza, la loro


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ricostituzione o rinnovabilità, più è vicino alla sostenibilità. La sfida della sostenibilità dello sviluppo si gioca pertanto nel confronto tra il concetto di consumo e quello di utilizzo. Più si è vicini a un modello di cicli chiusi riferito alle risorse disponibili, più si è vicini ad una società sostenibile, in grado di far seguire nuovo sviluppo allo sviluppo raggiunto. La sostenibilità, intesa come durevolezza dello sviluppo è infatti il principale misuratore dello sviluppo stesso: uno sviluppo che dura il tempo di uno generazione non può essere definito tale. La disponibilità di risorse naturali, di conoscen-

ze scientifiche e tecnologiche, di modelli socio-economici efficaci, di istituzioni nazionali ed internazionali capaci di garantire la convivenza civile e la sana competizione tra persone, tra imprese economiche e tra paesi o gruppi di paesi costituiscono le condizioni necessarie alla creazione di nuovo sviluppo; sono questi parametri, pertanto, i pilastri da preservare e costruire con sempre maggiore capacità da parte della società umana. Su questi pilastri si deve basare la misura dello sviluppo e del progresso, da utilizzare per andare “Oltre il Pil” nella valutazione delle performance.


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cano molte municipalità a sottovalutarne il valore intrinseco. Medesimo discorso può essere fatto per il mondo aziendale che fino a che verrà valutato in base esclusivamente al suo bilancio economico od alla quotazione azionaria standard, renderà bassa la spinta a valorizzare altre importanti sfere quali quella sociale e quella ambientale. Altrettanto può dirsi riguardo al ruolo dei consumatori e alla loro capacità di procedere ad un cambiamento degli stili di vita attraverso l’attuazione di processi di responsabilizzazione legati ad una circostanziata percezione delle variabili in gioco. Questi sono solo alcuni esempi che rendono l’ampiezza e la complessità del tema. Andare “oltre il Pil” significa, praticamente, iniziare a considerare variabili sociali, economiche ed ambientali nel momento in cui si decidano le politiche da porre in essere, così da poter scegliere quella che sia la migliore in una vera e propria analisi costi e benefici. Scegliere la migliore politica confrontando vari indicatori può anche voler dire porsi nella condizione di avere un grande miglioramento in alcune sfere ma un peggioramento in altre. In questi casi la trasparenza e la credibilità dei metodi di analisi sono fondamentali per chiarire le motivazioni della scelta ed ottenere una migliore accettabilità sociale delle politiche. Per questa ragione individuare e condividere cosa e come misurare non è un sofismo scientifico

ma un’esigenza per costruire le condizioni attraverso cui dare strumenti alla politica per un buon governo. 1

Boulding, 1966. The economics of the coming Spaceship Earth. 2 Mishan, E. J., 1968. The cost of economic growth. 3 Kapp, K. William, 1971. Environmental and Social Costs: a challenge to economics. 4 La motivazione risiede nel fondamento primario dell’economia stessa, la quale si occupa per definizione dei beni e delle risorse scarse, cioè disponibili in modo limitato rispetto ai bisogni da soddisfare. 5 Si veda il box 1.

L’Autore Enrico cancila Responsabile delle politiche ambientali della fondazione Farefuturo. Economista esperto di gestione dell’ambiente, coordina progetti di rilevanza nazionale ed europea sui temi connessi allo sviluppo sostenibile. francEsco zEcca Economista agrario, svolge attività didattica e di ricerca presso l'Università di Perugia. è stato dirigente del Mipaaf, ha fatto parte del Consiglio scientifico dell’Enea, ed è stato rappresentante per l’Italia dello Scar della Commissione europea.




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Sostenibilità dello sviluppo

Una rivoluzione CULTURALE Parlare di sostenibilità ci obbliga a ragionare in maniera transdisciplinare, smettendo di trattare l’ambiente naturale, la società e il sistema economico come fossero settori a compartimenti stagni e non elementi che interagiscono e concorrono a determinare la qualità della vita. DI GIANFRANCO BOLOGNA 55

L’attuale sistema socio-economico è insostenibile e non sembra più essere in grado di offrire all’umanità una corretta valutazione del proprio reale benessere. La crescita illimitata dell’uso delle risorse e dell’energia non è fisicamente possibile in un pianeta finito e questo lo dice la scienza ed il buon senso. Qualsiasi produzione economica implica la trasformazione di materie prime ed energia e rende sempre più compromessa la relazione tra i sistemi naturali ed i sistemi sociali, aggravando il nostro metabolismo sociale che sottrae sempre più energia e risorse al metabolismo naturale del quale facciamo parte e, senza il quale, non possiamo vivere. Inoltre la crescita illimitata dell’uso di risorse ed energia non produrrà un continuo aumento del benessere. L’il-

limitata crescita economica convenzionale (cioè la crescita del Prodotto interno lordo, Pil) non solo è impossibile ma è anche indesiderabile. Il Pil misura il reddito economico e non il benessere. Ciò che veramente occorre è riuscire a creare benessere con meno attività economica, e quindi con minori input di materie prime ed energia nei metabolismi sociali. L’Indice di progresso genuino (Genuine progress indicator, Gpi) costituisce un metodo alternativo al Pil per misurare il benessere, sottraendo costi come quelli della criminalità e dell’inquinamento e aggiungendo fattori come il valore della famiglia e del volontariato. Negli Usa, il Gpi raggiunse il suo picco pro capite nel 1975, quando il Pil pro capite era la metà rispetto a oggi. Nemmeno le misurazioni


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soggettive del benessere, come la te ridefinire gli indicatori del bepercentuale di persone che si ri- nessere. Scrivono gli economisti tiene “molto felice”, sono au- ecologici Robert Costanza, Jomentate dal 1975. Secondo mol- shua Farley e Ida Kubiszewski: ti studiosi l’evidenza empirica «L’obiettivo dell’economia dosuggerirebbe che un ritorno ai vrebbe essere quello di miglioraconsumi pro capite degli anni re in modo sostenibile il benesseSettanta non peggiorerebbe la re e la qualità della vita degli incondizione degli individui ma dividui tenendo conto del conteridurrebbe di metà il depaupera- sto attuale. Il consumo di matemento delle risorse, l’uso energe- riali e il Pil sono meri strumenti tico e gli impatti ambientali. per raggiungere tale scopo e non Anzi, è molto probabile che si sono fini a loro stessi. Sia l’antica starebbe meglio in quanto si saggezza sia la nuova ricerca psiavrebbe più tempo e risorse da cologica confermano che il coninvestire in beni pubblici, non sumo materiale oltre il bisogno reale può effettivadi consumo e promente ridurre il dotti con capitale Bisogna identificare benessere totale naturale e sociale. creando una proÈ necessario co- cos’è l’economia pensione insoddimunque, tener e quale il suo scopo sfacente e senza fipresente che, ogne a volere sempre gi, le istituzioni al fine di creare sono ancora cultu- un modello di sviluppo di più. Tale riorientamenralmente concepite per massimizzare il consumo to comporta compiti specifici. di risorse ed energia e non sono Prima di tutto, bisognerebbe cerin grado di adattarsi alla situa- care di individuare ciò che realzione odierna dell’epoca dell’An- mente contribuisce al benessere tropocene1, l’era geologica domi- dell’uomo e includere i contributi determinanti del capitale sonata dall’uomo. Ancora oggi i governi di tutto il ciale e naturale, entrambi sempre mondo forniscono sussidi annuali più sotto pressione. È importante di oltre duemila miliardi di dol- distinguere tra povertà reale (in lari per attività economiche con termini di bassa qualità della viimpatti negativi sull’ambiente ta) e semplice reddito basso. Infinel settore energetico, infrastrut- ne, bisogna identificare cos’è turale, agricolo, alieutico, fore- esattamente l’economia e qual è stale eccetera2. La salute e il il suo scopo e creare un nuovo mantenimento degli equilibri di- modello di sviluppo che tenga namici dei sistemi naturali costi- conto dell’attuale situazione di tuiscono un bene pubblico mon- mondo “pieno”. Ci sono molte diale che richiede soluzioni di iniziative per sviluppare indicatori di benessere più adeguati, cooperazione. Diventa quindi molto importan- tra cui il Gpi, ma occorre un im-


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pegno globale per raggiungere nazioni del mondo. L’ultimo Liun consenso per farli accettare ving Planet Report sarà reso noto diffusamente e acquisire credibi- nell’ottobre 2010. Nel 2007, l’ultimo anno per il lità»3. Un indicatore aggregato che for- quale sono disponibili gli aggiornisce dati interessanti sul nostro namenti dei dati, la nostra Imimpatto nei confronti delle risor- pronta ecologica globale era di se naturali è costituito dall’Im- 18 miliardi di ettari globali o di pronta ecologica, che misura 2,7 ettari globali pro capite. Inquanto l’umanità richiede alla vece la biocapacità del pianeta, biosfera in termini di terra e ac- cioè l’area disponibile per proqua biologicamente produttive durre le risorse rinnovabili e per necessarie per fornire le risorse assorbire il biossido di carbonio che usiamo e per assorbire i rifiu- da noi prodotto, era di 11,9 ettati che produciamo. Quest’area ri globali o di 1,8 ettari globali viene espressa in ettari globali, pro capite. L’impronta mondiale dell’umanità ha ettari cioè con una ecceduto la capaproduttività biolo- L’impronta mondiale totale terregica media globadell’umanità ha ecceduto cità stre per la prima le4. volta negli anni L’Impronta ecolo- la capacità terrestre Ottanta; questo gica, come qualsia“sorpasso” da allosi altro indicatore per la prima volta ra è andato semaggregato, possie- negli anni Ottanta pre incrementande ovviamente pregi e difetti. Nel tradurre il do tanto che, con i dati del 2007, nostro utilizzo di risorse biolo- la domanda è del 50% superiore gicamente produttive delle terre all’offerta. agricole e pascolive, dei prodotti È evidente che se continuassimo forestali, delle risorse ittiche, imperterriti a incrementare la della trasformazione della terra nostra Impronta ecologica a liin suolo edificato o infrastruttu- vello mondiale, non faremmo alrato e nella cattura del biossido tro che aumentare il nostro debidi carbonio prodotto dalla no- to ecologico, inficiando significastra attività (che costituiscono le tivamente le nostre stesse probaprincipali componenti del calco- bilità di sopravvivenza. lo dell’Impronta ecologica) si semplifica una realtà, quella del I nostri metabolismi sociali nostro impatto sui sistemi natu- Le società umane sono strettarali, certamente molto più com- mente interrelate al loro amplessa e articolata. biente biofisico dal quale Dal 2000 il Wwf pubblica, nel estraggono risorse naturali e dosuo rapporto biennale Living Pla- ve diffondono i loro rifiuti. net Report, tutti i dati aggiornati Questo flusso di energia e matesulle impronte ecologiche delle rie prime costituisce il nostro

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metabolismo sociale. Un prere- gioni del mondo, possiamo noquisito per avviare percorsi di tare le conseguenze della rapida sostenibilità dei nostri sistemi industrializzazione in paesi cosociali è costituito chiaramente me la Cina e l’India. La quota dalla riduzione del flusso di dell’Asia nell’estrazione globale energia e materie prime utiliz- di risorse è cresciuta costantemente, specialmente dai primi zate dal metabolismo sociale. Oggi le ricerche degli ultimi an- anni Novanta in poi. Dal 1985 ni ci offrono una notevole quan- al 2005, ad esempio, l’estraziotità di dati per comprendere me- ne dei combustibili fossili in glio le dimensioni di questo flus- Cina è triplicata. L’estrazione so e ci forniscono indicatori si- delle risorse dell’Europa è cregnificativi da poter utilizzare per sciuta di un solo 3% ma le ricomprendere meglio la dimen- cerche hanno dimostrato che le sione fisica delle nostre perfor- materie prime utilizzate nel mance economiche. Nell’ambito vecchio continente sono state progressivamente di un vasto prosostituite dall’imgetto di ricerche Per avviare percorsi portazione proverealizzato in sede niente dalle altre di Unione europea di sostenibilità e definito Mosus bisogna ridurre il flusso regioni del pianeta. L’America La(Modelling opportutina, ad esempio, nities and limits for di energia e materie si è specializzata restructuring Europe prime utilizzato nell’esportazione towards sustainability) si è provveduto a realizzare di prodotti ad elevata intensità il primo assessment mondiale di risorse, come i metalli o le dell’utilizzazione delle risorse da biomasse per la produzione di parte dei nostri sistemi socio- biofuel. Nel 2005 il Cile ha estratto cinque volte più rame economici5. Secondo queste ricerche, l’estra- che nel 1980, il Brasile tre volzione globale dagli ecosistemi te più zucchero di canna, la madel pianeta, risulta cresciuta dai teria grezza per la produzione 40 miliardi di tonnellate del di etanolo. 1980 ai 60 nel 2008. Rispetto al Si prevede che il flusso di risorse, 1980, attualmente si richiede se i livelli di consumo continuecirca il 25% in meno di risorse ranno a crescere e se non avranno naturali per produrre un’unità di luogo interventi politici seri per valore economico, ma questo far declinare questo trend, ragguadagno in efficienza è stato giungerà nel 2020 80 miliardi di sorpassato dal fatto che dal 1980 tonnellate. al 2005 l’economia globale è cre- Nel settembre del 2009 si è tenuto a Davos in Svizzera il primo sciuta dell’82%. Disaggregando i dati di estra- World Resources Forum, il sezione a seconda delle diverse re- condo è previsto per il 2011 e si


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stanno moltiplicando le iniziati- consapevolezza che la natura non ve per dimostrare la praticabilità si possa comprendere con semdi una forte riduzione nell’input plici relazioni di causa ed effetto di energia e materie prime nella è ormai acquisita. produzione di beni e servizi6. Una definizione molto calzante Questo sforzo si pone come di scienza della sostenibilità è obiettivo, nei paesi industrializ- stata indicata dal geologo Paul zati, l’incremento nella produtti- H. Reitan della Università di vità delle risorse della media di Buffalo, nel suo articolo apparso un fattore 10 nei prossimi 30-50 sul primo numero della rivista anni. Questo vuol dire che, entro scientifica online Sustainability: il 2050, la mobilizzazione globa- Science, Practice & Policy, nata nel le di risorse naturali non dovrà 2005: la Sustainability Science è superare le 5-6 tonnellate pro ca- definita come l’integrazione e pite l’anno, mentre le emissioni l’applicazione delle conoscenze di gas che modificano la compo- delle scienze del sistema Terra ottenute specialsizione chimica dell’atmosfera do- Attuare la sostenibilità mente dalle scienze olistiche e stovranno essere limitate a 2 tonnellate dello sviluppo equivale riche (quali geologia, ecologia, clidi biossido di car- ad una vera e propria matologia, oceabonio equivalente nografia) armonizpro capite l’anno. rivoluzione culturale, Si tratta di obietti- un grande cambiamento zate con la conoscenza delle intervi fattibili e non relazioni umane derivanti dalle irraggiungibili. scienze umanistiche e sociali, mirate a valutare, mitigare e miniLa sfida della sostenibilità Oggi, nel mondo, si stanno facen- mizzare le conseguenze, sia a lido straordinari progressi teorici e vello regionale sia mondiale, depratici verso la sostenibilità del gli impatti umani sul sistema nostro modello di sviluppo so- planetario e sulle società8. cioeconomico tanto che si è ormai La sostenibilità dello sviluppo delineata una vera e propria scien- costituisce, in realtà, una grande za della sostenibilità (Sustainabili- sfida alle nostre capacità di comty Science) che mette a frutto sti- prensione, di analisi, di interdimoli, ricerche, riflessioni di nu- sciplinarietà, di innovazione, di merose discipline innovative7. anticipazione. Tutta la cultura scientifica è, at- Possiamo dire che la concreta attualmente, in una situazione di tuazione della sostenibilità dello permanente fermento, i confini sviluppo equivale a una vera e disciplinari sono sempre più la- propria rivoluzione culturale, che bili, la percezione della nostra richiede la messa in discussione incapacità di comprensione della dei sistemi di pensiero consolidarealtà è sempre più elevata, la ti e la capacità di elaborare e at-

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tuare tempestivamente azioni e no australiano, da un pastore politiche capaci di futuro, in gra- mongolo a un pescatore delle codo cioè di interpretare, anticipa- ste malesi) può essere vista, visre, prevedere quello che sta avve- suta e considerata in tante manendo e ciò che potrebbe aver niere diverse, adottando, inoltre, luogo, alla luce delle migliori co- scale differenti. noscenze scientifiche e mettendo Non esiste pertanto nessuna riin atto iniziative efficaci in grado cetta definita per applicare la sodi modificare gli attuali trend ne- stenibilità. Non abbiamo dei trattati da seguire o delle linee gativi. Noi viviamo simultaneamente guida valide dappertutto. Persel’ambiente naturale, la società e guire la sostenibilità costituisce il sistema economico in cui ope- una continua ricerca operativa riamo. Questi aspetti della vita che ha certamente come obiettivengono sempre trattati come se vo principale quello di evitare di fossero tra di loro separati. I con- indebolire la vitalità, l’adattabilità, la flessibilità, fini sono invece la capacità di apsfumati e anche se La sostenibilità prendimento dei ci possono apparire netti, in realtà ci obbliga a tenere conto sistemi naturali e dei sistemi sociali. le connessioni esi- che la realtà è qualcosa La sostenibilità stenti sono numein continuo divenire, cerca di mantenere rosissime. le capacità evolutiLe risposte della non un dato statico ve dei sistemi, la politica e del mondo del mercato, della finan- loro possibilità di mantenere viza e dell’imprenditoria alle sfide ve le opzioni possibili e di non che la complessità della nostra ridurle o annullarle. società e delle sue relazioni con i Per ottenere questi importanti sistemi naturali ci pongono, so- risultati, i nostri modelli sociali no ancora dominate da una vi- ed economici devono essere mosione settoriale e non integrata dificati e non possono più perseguire il mito della crescita a tutdella realtà. Non è, quindi, affatto semplice ti i costi. Non è infatti possibile parlare di sostenibilità. Essa ci diffondere lo stile di vita di un obbliga a ragionare in maniera abitante medio di un paese ricco transdisciplinare, a tenere conto agli attuali 6,8 miliardi di abidel fatto che la realtà è un qual- tanti e ai 9,2 circa previsti, dalle che cosa in continuo divenire e Nazioni Unite, per il 2050. Si che tale realtà, a seconda di chi la tratta di una prospettiva assoluosserva e la vive (da uno scienzia- tamente insostenibile. to in laboratorio a un politico, da Nel 1972 un gruppo di giovani un giornalista a un operaio, da scienziati presso il prestigioso un pigmeo della foresta tropicale Massachusetts Institute of Tedell’Africa centrale a un aborige- chnology (Mit) di Boston elaborò


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il rapporto Limits to Growth su ri- strada di minore insostenibilità chiesta del Club di Roma, il del nostro modello di sviluppo gruppo informale di scienziati, socioeconomico: «1. La crescita economisti, educatori, dirigenti dell’economia fisica è consideradi aziende, voluto dall’italiano ta desiderabile; essa è al centro Aurelio Peccei (straordinaria fi- dei nostri sistemi politici, psigura umana e intellettuale del cologici e culturali. Quando la quale lo scorso anno si è celebra- popolazione e l’economia creto il centenario della nascita) uti- scono, tendono a farlo in modo lizzando un primo modello com- esponenziale. puterizzato del mondo per ana- 2. Vi sono limiti fisici alle sorlizzare gli scenari del nostro fu- genti di materiali e di energia turo ma dimostrando, soprattut- che danno sostegno alla popolato, che non è possibile ottenere zione e all’economia e vi sono liuna crescita economica, materia- miti ai serbatoi che assorbono i le e quantitativa, in un mondo prodotti di scarto delle attività umane. che presenta dei limiti biofisici ben L’umanità ha sperperato 3. La popolazione e l’economia in definiti. crescita ricevono, Tre studiosi di gli ultimi trent’anni sui limiti fisici, quel gruppo, Do- in futili discorsi, segnali che sono nella e Dennis distorti, disturbaMeadows e Jorgen dando fiacche risposte ti, ritardati, conR a n d e r s h a n n o alla sfida ecologica fusi o non riconopubblicato altri due rapporti aggiornando il pri- sciuti. Le risposte a tali segnali mo, a venti anni e a trenta anni sono ritardate. di distanza9. Nell’ultimo rappor- 4. I limiti del sistema non sono to affermano: «Il risultato è che solo finiti, ma anche suscettibili oggi siamo più pessimisti sul fu- di erosione quando vengano solturo globale di quanto non fossi- lecitati o sfruttati all’eccesso. Vi mo nel 1972. È amaro osservare sono inoltre forti elementi di non che l’umanità ha sperperato que- linearità – soglie superate le quasti ultimi trent’anni in futili di- li i danni si aggravano rapidabattiti e risposte volenterose ma mente e possono anche diventare fiacche alla sfida ecologica globa- irreversibili. le. Non possiamo bloccarci per L’elenco delle cause del superaaltri trent’anni. Dobbiamo cam- mento e del collasso è anche un biare molte cose se non vogliamo elenco dei modi che consentono che nel XXI secolo il superamen- di evitarli. Per indirizzare il sito dei limiti oggi in atto sfoci stema verso la sostenibilità e la governabilità, basterà rovescianel collasso». Essi ricordano alcuni punti fon- re le medesime caratteristiche damentali che hanno sinora im- strutturali: pedito il progresso verso una 1. La crescita della popolazione e

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del capitale deve essere rallentata, e infine arrestata, da decisioni umane prese alla luce delle difficoltà future, e non da retroazione derivante da limiti esterni già superati. 2. I flussi di energia e di materiali devono essere ridotti aumentando l’efficienza del capitale. In atri termini, occorre ridurre l’Impronta ecologica e ciò può avvenire in vari modi: dematerializzazione (utilizzare meno energia e meno materiali per ottenere il medesimo prodotto), maggiore equità (ridistribuire i benefici dell’uso di energia e di materiali a favore dei poveri), cambiamenti nel modo di vivere (abbassare la domanda o dirottare i consumi verso beni e servizi meno dannosi per l’ambiente fisico). 3. Sorgenti e serbatoi devono essere salvaguardati e, ove possibile, risanati. 4. I segnali devono essere migliorati e le reazioni accelerate; la società deve guardare più lontano e agire sulla base di costi e benefici a lungo termine. 5. L’erosione deve essere prevenuta e, dove sia già in atto, occorre rallentarla e invertirne il corso». Diventa quindi veramente difficile immaginare che una continua crescita economica, scontrandosi sempre più con i limiti ambientali, possa proseguire indisturbata ed è francamente preoccupante che questa visione sia ancora dominante nella politica e nell’economia mondiali. È ormai urgente e necessario voltare pagina.

Note

1. Crutzen P.J. e Stoerner E.F., 2002, The Antropocene, International Geosphere Biosphere Programme, Global Change Newsletter p.41.

Cruzen P.J., 2005, Benvenuti nell’Antropocene, Mondadori editore. Myers N. e Kent J., 2001, Perverse Subsidies: How Tax Dollars Can Undercut the Environment and the Economy, Island Press. 2

3 Costanza R., Farley J. E Kubiszewski, 2010, Adattare le istituzioni per vivere in un mondo “pieno”, in Worldwatch Institute, State of the World 2010. Trasformare la cultura del consumo, Edizioni Ambiente (ed. ital. a cura di G. Bologna). 4 Vedasi Wwf, 2008, Living Planet Report 2008, Wwf, Global Footprint Network e Zoological Society of London e Wwf 2010, Living Planet Report 2010, in stampa.

Vedasi il sito www.materialflows.net e il sito del Sustainable Europe Research Institute www.seri.at.

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Vedasi il sito www.worldresourcesforum.org.

Vedasi il volume introduttivo alla Sustainability Science, Bologna G., 2008, Manuale della sostenibilità. Idee, concetti, nuove discipline capaci di futuro, Edizioni Ambiente (2° edizione). 7

8 Reitan P H., 2005, Sustainability Science and What’s Needed Beyond Science, Sustainability: Science, Practice&Policy http:// ejournal.nbii. org/archives/vol1iss1/communityessay.reitan.html.

Vedasi Meadows D. H., Meadows D. L., Randers J. e Behrens III W. W., 1972, I limiti dello sviluppo, Mondadori; Meadows D. H., Meadows D.L., Randers J., 1993, Oltre I limiti dello sviluppo, Il Saggiatore; Meadows D. H., Meadows D. L., Randers J., 2006, I nuovi limiti dello sviluppo, Mondadori.

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L’Autore gianfranco bologna Direttore scientifico e sostenibilità del Wwf Italia e segretario generale Fondazione Aurelio Peccei, Club di Roma Italia.



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L’ECONOMIA SCOPRE LA FELICITÀ Fabio Orecchini

Un nuovo approccio ai sistemi umani

Alla ricerca di un mondo sostenibile L’Università delle Nazioni Unite è a capo di un processo accademico che ha come scopo la nascita di una nuova Scienza della sostenibilità, un nuovo approccio alle sfide della modernità e del progresso. DI FABIO ORECCHINI

Nel mondo sta nascendo una nuova scienza, la scienza della sostenibilità. Da almeno due decenni molte discipline innovative ma settoriali e basate sull’economia ambientale, sullo studio dei cambiamenti climatici, sui flussi di materia ed energia nelle diverse società industriali introducono elementi di grande valore, ma anche di estrema complessità, per la realizzazione di quello che è individuato come un bene globale, cioè il tanto decantato e fondamentalmente poco compreso “sviluppo sostenibile”. L’arrivo della Scienza della sostenibilità introduce finalmente un elemento di estrema semplificazione in uno scenario che vede coinvolto non soltanto il mondo accademico ma anche l’industria, la politica e la società nella sua più ampia accezione. La nuova scienza si avvia ad essere l’espressione più caratteristica del secolo

appena iniziato e probabilmente del nuovo millennio, la vera affascinante novità intellettuale capace di dare allo studio ed allo sviluppo umano un fine preciso e condiviso. L’intangibilità del concetto di sostenibilità dello sviluppo, che ha danneggiato non poco la sua reale applicazione nelle pratiche quotidiane di tutti e di ciascuno, sta per essere sostituita da metodi e strumenti utili allo scopo finale ma anche immediatamente utilizzabili per l’attività industriale, sociale ed economica di ogni giorno. La nuova Scienza della sostenibilità sta nascendo grazie ad un processo guidato dall’Università delle Nazioni Unite e dalle principali università e centri di ricerca del mondo, e fin dal principio ingloba in tutti i meccanismi di messa a punto di metodologie e campi di studio: l’industria, le istituzioni internazionali e na-

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zionali, le diverse e più dinami- che travalichino i classici confini che espressioni dell’economia e delle diverse discipline scientifidella società. Una nuova scienza che, portando all’esplorazione dei non può nascere infatti nel Ven- margini di creazione di questa tunesimo secolo in roccaforti del nuova scienza, che secondo alcuni, sapere, come è accaduto per la richiamandosi all’idea di scienza nascita delle scienze classiche a normale di Thomas Khun, conpartire dal Medioevo. Deve na- durrà all’apertura di una nuova fascere, e sta nascendo, dalle esi- se di scienza post-normale. Una genze e dagli stimoli quotidiani scienza, cioè, in grado di evolversi di una vita sociale sempre più e rimettere in discussione se stessa incline allo scambio di informa- ogni giorno, non per questo genezioni tra persona e persona, tra rando caos, bensì risposte adeguacomunità e comunità, tra disci- te alle richieste quotidiane di indirizzo e metodo di una società plina e disciplina. Il mondo dell’economia e del- anch’essa istantaneamente mutevole. l’industria è parte integrante e trai- Nel Ventunesimo secolo La Scienza della sostenibilità si sta fornante di questo nuovo processo di una nuova scienza deve mando in un monascita di nuove partire dalle esigenze e mento in cui l’intera cultura scientifiidee, trasformate in nuovi prodotti dagli stimoli quotidiani ca è in grande ebollizione, i confini die quindi in svi- della vita sociale sciplinari si fanno luppo economico. La nuova Scienza della sostenibi- sempre più labili, tanti nuovi aplità cresce concretamente nell’at- procci e saperi si incrociano e si tività imprenditoriale da almeno interfecondano e siamo sempre quindici anni e il prossimo futu- più consapevoli delle nostre ogro la vedrà sempre più integrata gettive difficoltà di conoscenza efnei processi di creazione dei pro- fettiva della realtà che ci circonda, dotti e di comprensione e in- delle difficoltà di interpretarla, di gresso sui mercati, oltre che di governarla, di gestirla. È sempre organizzazione e valutazione del- più evidente che, nel prendere la stessa attività imprenditoriale. decisioni di governo e di gestioLa natura fortemente complessa ne dei sistemi naturali e di quelli delle sfide che abbiamo davanti, il sociali ed economici ci troviamo contesto di incertezza in cui sono in palesi situazioni di incertezza. immerse, sia che pensiamo alle I nuovi problemi di dimensione conseguenze degli eventi poten- globale che emergono dalla relazialmente più catastrofici che ai zione tra sistemi naturali, sociali rimedi da adottare e la predomi- ed economici possono produrre nanza dell’interdipendenza dei conseguenze di lungo periodo e problemi e delle riposte hanno con preoccupanti caratteristiche palesato la necessità di conoscenze di irreversibilità. La situazione


L’ECONOMIA SCOPRE LA FELICITÀ Fabio Orecchini

attuale posta dallo stretto intrec- il Centro di ricerca interuniversicio dei problemi ambientali e so- tario per lo sviluppo sostenibile ciali rende necessarie nuove me- (Cirps) della Sapienza Università todologie basate su di un nuovo di Roma, la University of Tokyo fondamento epistemologico, e la Arizona State University, che quello, appunto, di una scienza agiscono a livello internazionale come leader del processo di forpost-normale. La Scienza della sostenibilità ha mazione della nuova scienza. l’ambizioso obiettivo di superare i Dopo il successo della precedente limiti di un approccio classico e edizione a Tokyo nel febbraio legare la conoscenza dei sistemi 2009, frutto di uno straordinario naturali ed umani all’azione con- impegno di tutti i partner coincreta per raggiungere la sostenibi- volti, nel 2010 la Conferenza ha lità. Basandosi sull’instaurazione centrato il duplice obiettivo di di reti e collegamenti di ricerca ed consolidare il ruolo della Scienza innovazione a livello internaziona- della sostenibilità nell’ambito accademico e allo le, possiede quattro stesso tempo di far principali innovati- La Scienza incontrare il monve caratteristiche: affronta la com- della sostenibilità nasce do dell’industria, la società civile, i plessità con un ap- per superare i limiti top manager di proccio transdiscigrandi aziende, i plinare; è orientata dell’approccio classico decisori delle istialla risoluzione dei ai sistemi umani tuzioni pubbliche, problemi e usa il sapere scientifico a livello locale con gli esponenti dei più autoreper risolvere problemi contingen- voli centri di ricerca scientifica ti, seppur nel contesto e nello sce- sulla sostenibilità. Con il fine dinario globale; promuove il coin- chiarato di diffondere la nuova volgimento di diversi attori, detti disciplina mediante la condivisiostakeholders nel linguaggio tecnico ne della conoscenza pratica e del (mondo accademico e della ricer- sapere scientifico oltre i confini ca, società civile, settore impren- del mondo accademico. Le aree di priorità identificate ditoriale e politica). propongono un’attenta riflessione a tutti gli attori, con particolare La seconda conferenza attenzione al mondo politico ed a internazionale sulla Scienza quello imprenditoriale, per un della sostenibilità: Icss 2010 La seconda edizione della Confe- fruttifero scambio di stimoli con renza internazionale sulla Scienza il network della Scienza della sodella sostenibilità si è tenuta a stenibilità su temi cruciali per il Roma dal 23 al 25 giugno 2010 benessere e lo sviluppo dei prossipresso la Sapienza Università di mi decenni: governabilità locale e Roma, grazie alla collaborazione globale della sostenibilità, sostetra la United Nations University, nibilità dello sviluppo, progresso

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economico e innovazione, indica- quali ci si trova e al potenziale tori di benessere, sostenibilità e contributo degli attori coinvolti sviluppo, responsabilità sociale e dei protagonisti del cambiad’impresa, relazioni complesse tra mento. Come affermato con forza uomo e natura, preservazione proprio in occasione dell’apertura dell’ambiente, opportunità delle di Icss 2010 dal premio Nobel generazioni future, disponibilità, del 2009 per l’economia, Elinor Ostrom, «è tempo di agire», non consumo e utilizzo delle risorse. Icss 2010 ha svolto la funzione di bisogna più aspettare. “stati generali” di quest’arena di Se dunque le più recenti stime ricerca a livello internazionale e delle Nazioni Unite prefigurano rappresenta una pietra miliare un significativo aumento della della costituzione della nuova popolazione al 2050, prevedendo scienza. Oltre alle sessioni plena- per tale data il superamento dei rie e alle sessioni tematiche di 9 miliardi di esseri umani, si contenuto scientifico, ampio spa- comprende immediatamente come la realtà induzio è stato dedicastriale e economica to a due panel, uno In un mondo in pieno giocherà un ruolo con il mondo deldeterminante per l’industria ed un boom demografico, la sostenibilità. È altro con la società la realtà economica ha evidente che un civile, con l’obietaumento della potivo di trasferire e un ruolo determinante polazione possa condividere cono- per la sostenibilità rappresentare da scenza al di fuori dell’ambito accademico e di por- un certo punto di vista una buotare all’interno del processo di na notizia, poiché si traduce in creazione della nuova disciplina i un aumento del numero di podiretti interessati delle conse- tenziali nuovi consumatori. Tutguenze di una condotta di vita tavia appare altrettanto chiaro globale insostenibile, parimenti che la crescente scarsità di una protagonisti del necessario cam- serie di risorse chiave e l’aumento della pressione del sistema biamento. economico sull’ambiente permetteranno di mantenere (o raggiunLa collaborazione tra industria gere, nel caso di paesi in via di e mondo accademico sviluppo) gli attuali stili e stanper la sostenibilità L’impegno globale per il rag- dard di vita occidentali soltanto giungimento della sostenibilità grazie alla formazione di una dello sviluppo richiede una visio- nuova ed inedita capacità di creane di lungo periodo che includa re sviluppo, benessere e crescita le diverse priorità di tutti i sog- economica in condizioni di sostegetti interessati, una ponderazio- nibilità sociale, economica ed ne di queste ultime rispetto alle ambientale. Questo è esattamenprincipali sfide di fronte alle te lo scopo della Scienza della so-


L’ECONOMIA SCOPRE LA FELICITÀ Fabio Orecchini

stenibilità, la “scienza delle scienze” necessaria per permettere all’uomo ed al pianeta di continuare a convivere in grande armonia e senza tradire l’innato spirito di slancio al miglioramento che caratterizza la natura umana. Il settore industriale rappresenta un interlocutore di primaria importanza per effettuare la transizione socio-economicoambientale verso la sostenibilità. All’interno del processo di costituzione della nuova scienza si è avviato un processo di collaborazione tra l’industria e il mondo accademico fin dalla prima edizione di Icss. Il panel “Industry and Academia for a transition towards Sustainability” nella Conferenza di Roma, permette un ulteriore passo in avanti verso una maggiore strutturazione della collaborazione, l’inclusione di diversi settori industriali ed aree di business a livello internazionale nonché sul fronte della strategia di lungo termine. La condivisione antecedente al panel dei documenti e dei temi di discussione ha permesso di creare una solida collaborazione e un confronto costruttivo fra i diversi partner industriali e i rappresentanti universitari. La presenza del settore auto (Fiat), di quello energetico (Enel), di quello chimico (Sapio) e bancario (Unicredit) nel gruppo di lavoro varato a Roma, garantiscono un’ampia copertura di diversi modelli di business e la caratura internazionale dei partner conferisce un ca-

IL LIBRO

Esiste una terza via tra Stato e privato? Governing the commons è un classico della letteratura in materia. Il volume affronta una delle questioni più antiche e controverse nel campo della gestione dei beni collettivi: come l’utilizzo di questi può essere organizzato in modo da evitare sia lo sfruttamento eccessivo sia costi amministrativi troppo elevati. Ostrom sostiene, con vigore, l’esistenza di soluzioni alternative alla privatizzazione, da una parte, e al forte ruolo di istituzioni pubbliche e regole esterne, dall’altra. Soluzioni, invece, fondate sulla possibilità di mantenere nel tempo regole e forme di autogoverno di uso selettivo delle risorse. L’autrice basa le sue conclusioni sul confronto di casi di successo e fallimento dell'autogoverno e identifica alcune caratteristiche fondamentali dei sistemi di gestione di risorse collettive che hanno avuto successo. Di qui la formulazione di veri e propri principi da rispettare nell’uso delle risorse collettive. Seguendo il metodo dell’analisi istituzionale sono stati necessari alcuni anni di lavoro soltanto per leggere un sufficiente numero di casi, studiare i precedenti tentativi di sintetizzare le conclusioni provenienti da campi specializzati e sviluppare i moduli di codificazione. Durante questo processo si è tentato di costruire e illustrare una teoria che fosse in grado di comprendere le costanti che si cominciavano a vedere leggendo questi diversi materiali. Governing the commons Elinor Ostrom Cambridge University Press, 1990

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rattere globale ed internazionale alla discussione e all’approccio alle tematiche. La prossima sfida è quella di condividere una roadmap e un documento di riferimento che traghettino il processo di cooperazione verso un vero e proprio gruppo permanente, aperto e rivolto alla totalità delle istituzioni universitarie e realtà imprenditoriali interessate a lavorare assieme, per il raggiungimento della sostenibilità dello sviluppo. Grazie ad un stretto connubio fra teoria e ricerca scientifica e pragmatismo e logiche industriali, si può instaurare la dinamica di collaborazione che consentirà di accelerare i tempi e di fornire risposte concrete, mirate ed efficaci a problemi e sfide sempre più complesse.

possa governare un nuovo ciclo di sviluppo, solidamente basato su principi di sostenibilità e creazione di benessere duraturo, e non limitarsi a sempre più vane strategie di difesa rispetto ai danni ambientali, e di conseguenza socio-economici, di dinamiche di organizzazione, produzione e consumo ormai palesemente inadeguate. Lo sviluppo è tale, infatti, soltanto se è capace di generare nuovo sviluppo, pertanto è tale solo se è sostenibile e duraturo. E non limitato al tempo di vita di alcune generazioni o ad alcune aree del pianeta.

L’opportunità per la politica

La promozione ed il coordinamento italiano da parte del Cirps-Sapienza Università di Roma del gruppo di lavoro accademia-industria, varato alla conferenza di Roma, ha già ottenuto il prezioso risultato di portare i suoi lavori direttamente all’interno della sede delle Nazioni Unite a New York, con la partecipazione di industrie provenienti da America, Europa ed Asia. La Scienza della sostenibilità dimostra così immediatamente il suo carattere “pratico”, orientato a varare attività operative grazie alla collaborazione tra mondo accademico, impresa, società. Si offre così come un’opportunità unica alla politica, perchè essa

L’Autore fabio orecchini Professore universitario di Sistemi per l’energia e l’ambiente, fondatore e coordinatore del Gea (Gruppo energia e ambiente) e del Gra (Gruppo di ricerca automotive) del Cirps (Centro interuniversitario di ricerca per lo sviluppo sostenibile della Sapienza Università di Roma). Collabora con l’Università delle Nazioni Unite. Giornalista, scrive di temi relativi all’innovazione sul quotidiano La Repubblica.




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Tra vecchi e nuovi metodi

Ma l’indicatore migliore resta il Prodotto interno lordo

L

’introduzione di nuovi parametri per misurare il benessere non soltanto è inutile, ma anche dannoso. Non tutti i problemi di analisi verrebbero risolti e per l’opinione pubblica sarebbe un cambiamento incomprensibile. DI FIORELLA KOSTORIS

Come è noto, il Pil misura il valore dei beni e servizi prodotti e scambiati nel mercato, nonché di alcuni di quelli autoconsumati, in un dato periodo di tempo. Adattandosi ad una serie di convenzioni internazionali (Sns, Sec), il Pil è atto al confronto intertemporale e internazionale e, come tale, è un indicatore apprezzabile. Tuttavia, esso male approssima il benessere sociale per varie ragioni, tra l’altro perché include alcuni elementi di malessere (come i tempi di attesa per l’eccesso di traffico su strade e ponti, senza vie di comunicazione alternativa), ed esclude altri che rendono una persona felice, ma non circolano sul mercato

in forma monetizzabile (cfr. Padoan-Mira D’Ercole, 2010; Fitoussi, 2010). Il cosiddetto Rapporto Stiglitz del 2009 (Stiglitz et al., 2009) propone perciò nuovi indicatori del benessere sociale. Ad esempio, nella sua prima raccomandazione, esso indica la preferibilità dell’utilizzo del reddito nazionale netto anziché del prodotto interno lordo. Esistono alcuni buoni motivi per compiere il costoso passaggio dal Pil al reddito nazionale netto, poiché quest’ultimo tende a misurare il tenore di vita della gente, mentre con il Pil si valuta il livello della produzione. Ma la contromotivazione principale per ritenere inutile, se non addirittura

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dannoso, questo cambiamento è stituzione del Pil con indicatori che già ora, dal punto di vista più raffinati del benessere sociale della contabilità nazionale, sussi- rischia di risultare ancora più inste un’identità fra reddito-spesa- comprensibile all’opinione pubproduzione; inoltre, la nettatura blica e ai policy makers ed è perciò del Pil è parzialmente arbitraria di fatto dannosa. Altre sono, a perché il deprezzamento del ca- mio avviso, le priorità nel campo pitale è solo imputato statistica- statistico, come apparirà chiaro mente, e la scelta di considerare dopo che avrò enucleato i sei (nel reddito nazionale) parte del principali limiti, da tempo noti, nostro benessere il compenso de- del Pil stesso. gli emigrati italiani all’estero, Cominciando a trattare del prianziché quello degli immigrati mo, si sa che il Pil o il reddito stranieri in Italia (come avviene nazionale netto registrano unicacon il Pil) è del tutto discutibile. mente i flussi che transitano dal In definitiva, condivido con altri mercato. La conseguente, grave, distorsione è percommentatori (ad fettamente conoesempio, Garnero, La sostituzione del Pil sciuta da almeno 2010) l’idea che i cento anni, dacché due concetti con- con altri indicatori un famoso econotabili sopra indi- può risultare mista inglese illucati presentino strò il paradosso problemi simili, incomprensibile costituendo en- per l’opinione pubblica secondo cui, se improvvisamente tuttrambi approssimazioni davvero imperfette del ti i gentiluomini del suo paese livello del benessere sociale, che avessero sposato le loro cameriesi vorrebbe sintetizzare in un pa- re, la mera trasformazione in morametro quantitativo; al meglio, gli di queste ultime, ferma reforse, un elevato livello di quelle stando la continuazione dei loro variabili è condizione necessaria impegni casalinghi, avrebbe fatma non sufficiente perché un to diminuire – secondo la contapaese sia soddisfatto, nel senso bilità nazionale – il livello del che essere ricchi non rende felici, benessere sociale. In una situama essere poveri di certo non zione come quella attuale, dove aiuta (Di Tella et al., 2003). Non il no profit o il volontariato del solo, dovrebbe, allora, valere la tutto gratuito stanno divenendo regola aurea del quieta non movere, ancora più diffusi che in passato se i vantaggi futuri presunti del- (quando già erano molto imporle trasformazioni proposte dal tanti, come rivelato da F. Padoa Rapporto Stiglitz o da tanti altri Schioppa, 1977), una dimensione esperti sono modesti e i costi im- significativa e crescente del bemediati sono certi e non del tut- nessere delle persone sfugge, to trascurabili, ma, in aggiunta, dunque, alle statistiche ufficiali. bisognerebbe ricordare che la so- Discutendo ora del secondo limi-


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te, vorrei ricordare che tanto il cietà per azioni, spesso too big to Pil che il reddito nazionale netto fail, sulla base della performance sono indici mediocri del benesse- societaria, sostenibile nel tempo, re, perché ignorano il problema anziché sulle quotazioni azionadel mantenimento nel tempo dei rie soggette a enorme volatilità flussi di mercato stimati dalla quotidiana e per di più tenute arcontabilità. La teoria economica, tificialmente elevate dall’azzardo da almeno settant’anni (con Value morale derivante dall’impossibiand Capital di Hicks, 1939), sa lità del fallimento. che il calcolo del valore aggiunto Passando a trattare del terzo lipresuppone che a creare il pro- mite, risulta evidente che non il dotto non si distruggano risorse valore assoluto del Pil o del reddel nostro futuro; altrimenti vi dito nazionale netto identifica il sarebbe una sottrazione negli an- benessere sociale, bensì eventualni a venire, accanto ad una addi- mente queste stesse variabili rizione nel presente, sicché il “ve- portate alla numerosità e alla distribuzione della ro” Pil sostenibile popolazione. Sapattuale andrebbe Nella stima piamo, ad esemmisurato come pio, che la Cina ha una sorta di som- del benessere sociale superato il Giapma algebrica di bisogna tenere conto pone dal punto di addendi di segno vista del livello opposto. In tale della distribuzione del prodotto, ma contesto, è ovvio delle risorse ciò succede perché che, nella valutazione del benessere sociale, sia un in essa vive un miliardo e 300 errore trascurare i danni ambien- milioni di abitanti. Se invece che tali provocati dalle attività cor- al Pil, più correttamente guarrenti. Meno ovvio è che, per lo dassimo al Pil pro capite, per ristesso motivo, subito dopo la ter- levare il potere d’acquisto della ribile crisi dei mercati finanziari gente, la graduatoria cambierebdel 2007-2009, si procede ad un be e la Cina sarebbe ben lontana cambiamento del metodo di de- dalle posizioni apicali della clasterminazione dei bonus dei ban- sifica globale. Nella stima del chieri, precedentemente ispirato benessere sociale, conviene, dunal criterio del mark to market, cioè que, concentrarsi in prima apall’andamento erratico dei corsi prossimazione sulle medie e sulle di borsa, correlati alla liquidità mediane. È però necessario tener aziendale più che alla solvibilità conto più approfonditamente e alla profittabilità delle imprese della distribuzione delle risorse nel medio-lungo termine: si in- nella popolazione, perché il redtende, quindi, calcolare le retri- dito pro capite in quanto tale buzioni variabili dei banchieri e può presentare tutte le contraddegli alti dirigenti ed ammini- dizioni del famoso pollo di Tristratori delegati delle grandi so- lussa: se ci sono due persone, me-

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diamente ciascuna ne mangia Per tornare al tema più generale metà, sebbene possa accadere che dell’importanza della disuguauna se lo pappa per intero, men- glianza nella determinazione del tre l’altra rimane a bocca asciut- benessere sociale, va menzionato ta. Ma precisare l’intera distribu- che la valutazione dell’effetto pozione e non solo la media delle sitivo, neutro o negativo dell’una variabili di contabilità nazionale sull’altro è strettamente collegata implica l’utilizzo di indicatori alle preferenze e alle opzioni postatistici di difficile comprensio- litiche, diverse fra paesi e in mone per l’opinione pubblica. Lo menti differenti. Se la funzione dimostra il caso, pur molto sem- del benessere sociale è di tipo paplificato, delle misure della po- retiano, cioè se la popolazione è vertà, che in Europa si riferisce di più soddisfatta quando aumenta solito a quella “relativa”, più che l’utilità di alcuni, ferma restando a quella “assoluta”. La prima è le- quella degli altri, in sostanza il rigata alla distribuzione dei reddi- durre la disuguaglianza non è di per sé un valore, ti, non al loro liperché questa può vello, che invece è Nell’Unione europea diminuire in due rilevante per la semodi – abbassando conda. Normal- una persona è definita il reddito di chi sta mente, nell’Ue, povera se guadagna meglio o alzando una persona è dequello di chi sta finita povera se meno della metà peggio – e con il guadagna meno del reddito medio primo sistema non della metà del reddito medio (o talvolta meno vi è un miglioramento di tipo padel 60% del mediano, come in retiano. Al contrario, chi crede Eurostat, 2005a): dunque, coeteris che la disuguaglianza sia in sé un paribus, la povertà (relativa) è as- male, considera che l’interesse gesociata alla varianza dei redditi. nerale sia premiato anche facendo Perciò, si potrebbe arrivare a so- “piangere i ricchi”, oltre che instenere che nel paese più emargi- ducendo al “sorriso i poveri”: la nato dell’Africa, dove tutti sono sua funzione del benessere, imal limite della sussistenza, ma prontata per così dire all’invidia tutti vivono egualmente di sten- sociale, è di tipo non paretiano. ti, i poveri sono meno numerosi Passando al quinto limite del che negli Stati Uniti, dove vige Pil, molti esprimono – non da un’enorme variabilità nella distri- oggi (Sen, 1982) – la preferenza buzione dei redditi, sicché i po- per un uso congiunto di indicaveri (relativi) costituiscono il tori oggettivi e soggettivi. Fra le 20% della nazione, ma ciascuno tante variabili oggettive finora di essi in realtà sta meglio del- prese in considerazione dalla letl’intera popolazione di quel de- teratura per gli indicatori multipresso paese africano, in cui senza pli del tenore di vita della popolazione, segnalo quanto in propoeccezione si muore di fame.


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sito da me già scritto nel Lessico di economia più elementari. Tutdell’economia V (Kostoris, 2008). tavia, non sempre il “far niente” Ad esempio, il Rapporto del- è ugualmente “dolce”: bisogna l’Undp (2009), presentando l’in- distinguere fra i tempi davvero dice dello sviluppo umano, in es- liberi da un’occupazione regolarsere dal 1990, reputa rilevanti mente retribuita, e dunque vonon solo il reddito pro capite, ma lontari, da un lato, e quelli supeanche l’aspettativa di vita e il rimpegnati da “non lavori domegrado di istruzione degli adulti, stici”, faticosi e indesiderati, dalcombinato con la percentuale di l’altro, e quelli del tutto vuoti, iscritti ai tre livelli scolastici involontariamente inoperosi, per principali. Il Center for the Stu- un altro verso ancora. Non vi è dy of living standards (Osberg e dubbio che una casalinga in cerca Sharpe, 2009), invece, adotta una di impiego preferirebbe all’otium metodologia più articolata nel- il negotium, anche se non si annol’uso di numerose variabili og- vera fra i disoccupati, e che le stesse aspirazioni gettive e giunge così alla stima di Gli indicatori soggettivi caratterizzano tanti giovani inattivi, un indice compodisposti a intercasito del benessere sono particolarmente lare ore di studio e economico di alcu- analizzati dalla scuola di lavoro e tanti ni paesi dell’Ocse meno giovani che fra il 1980 e il inglese con un forte hanno perso il po2007. Il Cepii richiamo a Bentham sto e perfino il cofrancese (Cepii, 2006) corregge il reddito pro ca- raggio di cercarlo, tutti egualpite con altre sei evidenze empi- mente frustrati. Non si può alloriche – sulla composizione delle ra considerare sempre un male il famiglie, sul tempo di lavoro, tempo lavorato, né ritenere che sulla sua precarietà, legata alla solo i disoccupati registrati nelle probabilità di disoccupazione, forze di lavoro lo testimonino. sulla speranza di vita in buona Per quanto concerne gli indicasalute, sulle ineguaglianze nel tori soggettivi, quelli, per intenreddito (considerate un male), derci, sulla felicità (cfr Speroni, sulla sostenibilità ambientale. Le 2010), essi sono particolarmente variabili oggettive, proposte per analizzati dalla scuola inglese, gli indicatori multipli del benes- con un forte richiamo, non certo sere sociale sono in parte arbitra- casuale, alle filosofie utilitaristirie, come già spiegato trattando che alla Jeremy Bentham. Quedel problema della disuguaglian- sto tipo di indici, come tutti za. Ad esempio, con riferimento quelli sul sentiment della popolaal parametro tempo di lavoro, zione, si fonda sui sondaggi di molti lo considerano un diminu- opinione, ad esempio su quelli di tivo dell’utilità, seguendo in ciò Eurobarometer, recentemente riun’idea esposta nei libri di testo proposti da Clark e Oswald

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(2002) e Layard (2005). Essi, a quindi pratica tra il deficit e il mio parere, al meglio forniscono debito pubblico? Pochissimi proelementi che possono aggiunger- babilmente, ma molti di più sansi a quelli provenienti dagli hard no che il primo – non si sa bene facts, ma non vanno presi isolata- come definito e calcolato – debba mente, perché è difficile inter- essere inferiore al 3% del Pil . È pretarne il significato. Ad esem- allora che le statistiche di finanza pio, non è chiaro se il fatto che pubblica divengono “calde” e il l’Italia esca frequentemente in desiderio dei policy-makers di tali sondaggi come un paese fra i “massaggiarle” elevato, per il fatpiù scontenti del mondo svilup- to stesso che su di esse si concenpato sia dovuto alla circostanza tra l’esame della Commissione o che i nostri connazionali si la- del Consiglio europei circa mentano, anche senza ragione, l’eventuale “deficit eccessivo”, e più degli stranieri, oppure se essi dunque si appunta l’attenzione effettivamente hanno seri e con- (preconcetta e disinformata) dell’opinione pubcreti motivi di inblica: gli stakehols o d d i s f a z i o n e : Le variabili oggettive ders guardano al comprenderlo e numero, senza valutarlo appieno proposte comprendere che, richiede l’esame per gli indicatori essendo una variadi quegli indicabile stocastica, lo tori oggettivi, da del benessere sociale cui la quinta criti- sono in parte arbitrarie stare poco sopra o poco sotto al famoca sul Pil è preciso 3% è statisticamente (ma non samente cominciata. Infine, un flash sul sesto punto, politicamente) insignificante. sulla relazione tra statistica e po- Avviene così che spesso sussista litica: i numeri dovrebbero essere non solo una larga differenza tra neutri, freddi, compresi in tutti i la prima uscita (la prima release) loro limiti e significati da tutti. sul dato del disavanzo pubblico C’è da dubitare che questo succe- illustrato dagli istituti di statida, per varie ragioni. In primis, stica nel febbraio-marzo successiperché c’è un problema di finan- vo ad ogni anno solare di rifericial and economic illiteracy, testi- mento e lo stesso dato assestato moniato nel nostro paese anche due anni dopo, ma che, sopratda recenti analisi della Banca tutto, quest’ultimo sia, come nel d’Italia (Visco, 2010). Quando caso italiano, sistematicamente l’opinione pubblica legge le evi- superiore a quello ufficialmente denze empiriche di carattere og- esposto nel momento in cui era gettivo riguardanti le variabili “caldo”, cioè alla prima release. A macroeconomiche, spesso non è partire dal nuovo millennio, in in grado di interpretarle: ad particolare, il nostro rapporto deesempio, quanti italiani conosco- ficit/Pil è sempre stato, salvo in no la differenza concettuale e tre anni (2002 e 2007-08), mag-


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giore del 3%, ma questa infor- re”, si sostiene una verità lapalismazione non è mai uscita quando siana, con un caveat aggiuntivo, il numero concerneva l’anno im- tuttavia. In realtà i policy-makers mediatamente antecedente, bensì vorrebbero possedere informazioè lievitato nei mesi e negli anni ni statistiche accurate e tempeseguenti, servendo a quel punto stive (attraverso sondaggi, dati oggettivi e soggettivi, evidenze solo agli storici economici. La situazione all’interno dell’Ue sul sentiment), ma desidererebbero è, in proposito, molto differenzia- che gli altri non ne fossero semta. Alcuni paesi sono noti per pre a conoscenza, al fine di poter aver diffuso vere e proprie bugie prendere contromisure – nei casi sulla loro finanza pubblica, a sco- migliori sulla realtà, nei casi po politico: esemplare è il caso peggiori sui numeri che la rapdella Grecia, che ha spudorata- presentano – se non per scopi di mente mentito per poter aderire manipolazione, almeno per una all’euro con un solo anno di ritar- captatio benevolentiae sia del corpo elettorale, sia dei do rispetto ai primi partners della Gli indici sul sentiment controllori. Non a caso, nella revisiomoneta unica. In ne del Patto di stauno studio svolto della popolazione per la Commissio- si fondano su sondaggi bilità e crescita realizzata nel 2005 ne europea, Mora e Nogueira Martins d’opinione e non vanno dalla Ue (cfr. Consiglio delle Comu(2007) dimostrano presi isolatamente nità europee, che, fra il 1994 e il 2006, Francia, Germania e Re- 2005a e 2005b e Eurostat, gno Unito sono stati gli Stati 2005b) e tuttora nei progetti di membri dell’Unione che hanno riforma attualmente in discussioriportato le informazioni sui defi- ne nelle sedi europee (cfr. Consicit pubblici più affidabili, l’affi- glio europeo, 2010), molto si indabilità essendo definita tanto siste sulla necessità per gli istitumaggiore quanto minore è la dif- ti di statistica di divenire più inferenza fra il dato assestato e dipendenti, autorevoli, terzi riquello dell’iniziale release; è solo spetto all’esecutivo. Il peso polialla quinta uscita che i dati italia- tico nella loro governance è in alni sul disavanzo pubblico rag- cuni Stati membri troppo elevagiungono lo stesso grado di affi- to, indipendentemente dal disedabilità di quelli francesi alla pri- gno istituzionale che sulla carta ma release. Dopo la Grecia, il Por- magari li preserva da pressioni togallo e l’Italia vengono indicati governative, così come, all’opponel paper del 2007 della Commis- sto, in altri paesi esso di fatto si sione europea come i paesi che rivela leggero, anche se formalmente tali istituti di statistica forniscono i dati meno affidabili. Sicché, quando si afferma che sembrano direttamente dipendere “bisogna conoscere per delibera- dal ministro delle Finanze (come

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avviene in Francia o negli Usa). Per concludere, nelle società moderne, il rapporto fra statistica e politica è particolarmente complesso. Perché esso diventi più sano, è necessaria un’opera profonda e prolungata di alfabetizzazione economico-finanziaria dell’opinione pubblica e dei media, nonché di moralizzazione e professionalizzazione dei produttori e degli utilizzatori dei dati. Tale discorso vale anche per i parametri oggettivi e soggettivi concernenti la stima del benessere sociale. Rebus sic stantibus, non solo non pare prioritario procedere all’offerta di nuove misure, più raffinate del Pil, volte a valutare quel benessere, ma questi eventuali, più sofisticati indici rischiano addirittura di esacerbare il problema maggiore per l’opinione pubblica, consistente nella scarsa consapevolezza di cosa venga misurato e con quali strumenti e limiti. Inoltre, bisogna capire che la volontà di andare oltre il Pil, fortemente manifestata l’anno scorso dal presidente Sarkozy e da numerosi policy-makers europei (come implicitamente rivelato dalla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, dal titolo Non solo Pil, 2009), è di natura tutta politica: l’abbandono del concetto di Pil non a caso si promuove proprio nel 2009, quando esso scende nell’area dell’euro di ben 4,1 punti percentuali (in Italia del 5,1%), cifre al ribasso da capogiro, che non si osservavano nel vecchio continente dalla fine del-

la grande depressione; la sostituzione del Pil con indicatori nei quali il tempo di lavoro pesa negativamente sul benessere sociale, non a caso è desiderata fortemente in luoghi come la Francia e l’Italia, dove le ore lavorate toccano un minimo nel mondo, il che permetterebbe, attraverso “appropriate modifiche”, di far rimbalzare nei primi posti della classifica proprio quei paesi dove invece il Pil pro capite negli ultimi anni è caduto fortemente (come da noi) o è rimasto quasi stagnante. Del resto, non si può dimenticare che lo stesso professor Jo Stiglitz era stato più di 10 anni fa l’estensore di un Rapporto, simile a quello del 2009, per il presidente americano Clinton, il quale ci credeva personalmente moltissimo, ma aveva dovuto gettarlo nel più vicino cestino della Oval Room perché i tempi allora non erano politicamente maturi e il Pil degli Stati Uniti mostrava in quegli anni uno dei massimi boom economici del dopoguerra.

L’Autore fiorella kostoris Economista, è docente presso La Sapienza Università di Roma e al College of Europe di Bruges. Ha pubblicato circa venti libri su macroeconomia, lavoro, finanza pubblica e politiche dell’occupazione.


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L’ECONOMIA SCOPRE LA FELICITÀ Mario Baldassarri

Un dibattito ancora aperto

Il Pil? Meglio tenerselo caro...

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l Prodotto interno lordo non è un indicatore perfetto e nel tempo va monitorato e migliorato. Ma senza un’alternativa certa e migliore sarebbe dannoso buttare a mare quello che è stato raggiunto fino ad oggi. 83 DI MARIO BALDASSARRI

È certamente giusto chiedersi se il grado di sviluppo e di benessere di un paese possa essere correttamente misurato dal Prodotto interno lordo. Ed è altrettanto chiaro che il Pil, da solo, non può esprimere tutte le condizioni di vita dei cittadini. È quindi giusto cercare di andare “oltre il Pil”, misurando “con rigore scientifico e non a chiacchiere sociologistiche” tutti gli altri elementi, condizioni e parametri che determinano la vita quotidiana della gente. Su questo però, vorrei porre due paletti precisi. Primo paletto. Abbiamo speso quasi mezzo secolo per “concor-

dare” metodi più o meno affidabili e per avere un riferimento confrontabile sul piano internazionale che misurasse il “flusso” di reddito prodotto ogni anno in ciascuna area geografica e, soprattutto omogenei criteri di rilevazione e di contabilità che potessero condurre a risultati confrontabili nel tempo (anno dopo anno) e nello spazio (paese per paese). Siamo arrivati a fatica a definire questo parametro nel Prodotto interno lordo. Il risultato ottenuto non è ancora del tutto sufficiente e soddisfacente. D’altra parte, però, non si può certo buttare a mare ciò che è stato ottenuto e che comunque


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contribuisce a capire qualche co- agricoltura ed industria la misusa e soprattutto a capire meglio razione del prodotto è relativain termini oggettivi, senza tirare mente più semplice perché più la coperta da una parte o dall’al- legata a fattori fisici. Anche se è tra, nell’interesse di questo o di pur sempre difficile dire quante quell’altro. Se in una economia il Fiat 500 sono contenute in una Pil cresce al 10%, in un’altra cre- Mercedes. Le cose si complicano sce al 4% ed in un’altra ancora quando diventa sempre più concresce all’1%, non c’è dubbio sistente il peso delle produzioni quale di esse si stia muovendo “immateriali”, cioè quando aucon più successo. Certamente non menta in modo esponenziale la metterei la mano sul fuoco nel ca- produzione dei servizi. Ma anche so in cui le differenze fossero tra qui le tecniche di misurazione l’1% e l’1,2%. Ed inoltre, ciò che possono sicuramente essere afficonta è la dinamica di crescita nel nate e migliorate. tempo: il 2% in più di crescita di In sintesi, il Pil non è un indicatore perfetto e coPil all’anno per munque nel tempo dieci anni conse- Il Pil non è tutto, va monitorato e cutivi, significa migliorato, ma che alla fine del ma senza crescita senza una alternadecennio la distan- del Pil c’è il declino di tiva certa e miglioza diventa di quasi il 30% e la conse- un paese ed aumentano re è bene tenerselo… caro. guenza le difficoltà di vita Secondo paletto. in termini di occupazione diventa, a seconda delle Da varie parti si sostiene l’opdimensioni delle diverse econo- portunità e la necessità di “andamie, di centinaia di migliaia di re oltre il Pil” valutando tante posti di lavoro o di milioni di po- altre condizioni: l’aria pulita, sti di lavoro. Ecco perché il Pil l’acqua, il mare, la cultura, non è tutto, ma senza crescita del l’istruzione, l’ambiente, le case, Pil… c’è il declino di un paese ed le città, i fiumi, i boschi, il veraumentano le difficoltà di vita di de, i monumenti, i reperti aruna popolazione, determinando cheologici eccetera. Sono tutti per di più un pesante retaggio nei parametri determinanti per vatrasferimenti anziani e giovani lutare, oltre alla “quantità”, annon solo delle risorse esistenti ma che la “qualità della vita”. Su questo però, va fatta chiarezza anche delle opportunità future. Le grandi trasformazioni tecnolo- tra stock e flussi. È come per la giche e le rivoluzioni produttive contabilità di impresa dove oced organizzative di questi ultimi corre distinguere lo stato patrianni (e sempre più nel futuro) moniale” dal conto profitti e perstanno radicalmente mutando la dite. Le due cose sono evidente“composizione settoriale” del Pil. mente interconnesse, ma il priÈ chiaro che finchè “dominano” mo è appunto uno stock ed il se-


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condo è un flusso. Certamente un “flusso” continuo di profitti determina una crescita del netto patrimoniale ed un flusso continuo di perdite determina il dissolvimento del patrimonio. Ecco allora che occorre fare chiarezza nei parametri aggiuntivi al Pil che si intende proporre ed anche nel modo in cui si intendono misurare. Faccio un esempio a casa nostra. L’Italia indubbiamente gode più di altri paesi al mondo del fatto di avere un clima mite, mediterraneo, un cibo più salutare, un’acqua migliore, paesaggi incantevoli, mare da tutte le parti, montagne meravigliose e laghi e fiumi, monumenti, opere d’arte, memorie archeologiche eccetera. Ma questo stock di benessere c’è sempre stato da millenni. Il problema vero allora è verificare con rigore se lo stiamo migliorando o se lo stiamo disperdendo. Faccio un esempio anche a casa d’altri. La Cina, il cui Pil cresce da quasi due decenni al 10% all’anno ed è ormai la seconda o terza potenza mondiale, se, parallelamente, inquina l’aria e l’acqua, fa morire gente nelle miniere, manda i dissidenti politici in galera o peggio alla forca eccetera e se questi effetti li produce anche al di fuori dei propri confini geografici, occorre o no tenerne conto… accanto alla crescita del suo Pil? Ecco che la misura del miglioramento o del depauperamento rappresenta una modifica dello stock e diventa perciò un flusso e questo va certamente considerato, in aggiunta o in sot-

trazione del Pil. Il problema allora è come misurare scientificamente e con attendibilità queste variazioni di stock di benessere. In sostanza e a ben vedere, le radici profonde della Scuola italiana di economia e scienza delle finanze sviluppate a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo possono essere un utile ed importante riferimento per tutti noi e per tutto il resto del mondo: economie e diseconomie, interne o esterne docent.

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L’Autore Mario baldassarri Senatore di Futuro e Libertà, è presidente della commissione Finanze e Tesoro e membro della commissione parlamentare per l’Attuazione del federalismo. è docente di economia alla Sapienza Università di Roma.


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BERLINO, fra crescita reale e qualità della vita

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opo la crisi economica, la Germania, locomotiva europea, ha ripreso a correre. Almeno secondo il Pil. Ma chi lo dice ai tedeschi che il Prodotto interno lordo non dà la felicità?

DI PIERLUIGI MENNITTI

Chi glielo dice adesso ai tedeschi che il Pil non rende felici? Chi ha il coraggio di contraddire la nuova ventata di ottimismo che si respira in Germania da quando, a metà agosto, le agenzie ufficiali hanno snocciolato i dati economici più recenti? Gli ultimi bollettini sono piovuti sul paese come manna dal cielo, riaccendendo entusiasmo e speranza dopo il lungo inverno della crisi globale. Tutto questo proprio grazie a quei numeri legati al Pil (che in tedesco si chiama Bip, Bruttoinlandsprodukt, venti fra consonanti e vocali tutte strette assieme come nella tradizione del lessico tedesco, che dettano il ritmo economico della nazione). Nel secondo trimestre la crescita congiunturale (cioè trimestre su trimestre) è stata del

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2,2%, quasi un punto in più del previsto, un balzo da paese emergente visto che il dato annualizzato ammonta a quasi il 9% di crescita. Una crescita tendenziale del 3,7%, corretta per i giorni lavorati, con revisione al rialzo anche del dato del primo trimestre. Si tratta – annunciano trionfanti le agenzie economiche – della crescita più sostenuta dai tempi della caduta del muro di Berlino. La locomotiva europea è tornata, primo vagone del convoglio a ventisette a uscire dal tunnel della crisi che per mesi ha inghiottito denari pubblici e privati, posti di lavoro, indici di borsa, titoli buoni e titoli spazzatura. Ed è tutto scritto lì, in quel segno più e in quelle cifre accanto alla parola di venti lettere: il Pil può ren-


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dere felici. Gioiscono gli indu- sivo per raggiungere la felicità striali, tornati a inseguire gli or- nella vita». La sicurezza del posto dini che piovono da tutto il mon- di lavoro o l’ambiente nel quale si do (e dalla Cina in particolare), svolge la propria attività non sogioiscono i sindacati già pronti a no meno rilevanti del guadagno rinegoziare i contratti di lavoro, in busta paga, ad esempio. E di gioisce Angela Merkel, che spera conseguenza «un aumento del di sfruttare l’onda favorevole per proprio reddito non riesce a comraddrizzare un governo che finora pensare un’eventuale perdita del ha deluso le aspettative (i sondag- lavoro», prosegue van Suntum. Per passare dalla teoria alla pratigi sono disastrosi). Tuttavia potrebbe trattarsi di una ca, i socio-economisti dell’Unifelicità passeggera, o comunque versità di Münster hanno lavorato circoscritta alla stretta cerchia de- all’elaborazione di un nuovo indigli addetti ai lavori: imprenditori catore del benessere della società che tornano a far profitti, sinda- tedesca, che riuscisse a misurare il grado di felicità calisti che trovano dei cittadini supepiù spazio di ma- Sicurezza e ambiente rando i puri dati novra per le riveneconomici del Pil. dicazioni salariali, del posto di lavoro politici che vedo- non sono meno rilevanti Un progetto portato avanti a stretto no rasserenarsi contatto con il prel’orizzonte econo- del guadagno stigioso istituto mico. Per tutti gli in busta paga Iniziativa per una altri tedeschi il dato potrebbe essere irrilevante. nuova economia sociale di mercaChe il paese si sia rimesso in mo- to (Insm), fondato nel 2000 a to, s’intende, resta un fatto posi- Berlino dalla Gesamtmetall, l’astivo, ma da tempo sociologi, eco- sociazione degli industriali dei nomisti e psicologi che si con- settori metallurgici ed elettronifrontano con quell’araba fenice ci, che si propone di sensibilizzadella felicità individuale e collet- re l’opinione pubblica tedesca tiva hanno spostato l’attenzione sulla necessità delle riforme del su altri fattori. «Gli uomini non sistema di economia sociale di vivono di solo Pil», afferma il mercato, pur senza abbandonare professor Ulrich van Suntum, di- la strada maestra tracciata da rettore del centro di ricerca eco- Ludwig Erhard negli anni Cinnomica applicata dell’Università quanta, lungo la quale la Germadi Münster, nel cuore della Rena- nia del dopoguerra ha ricostruito nia industriale, «e gli studi più la propria forza economica. Sturecenti dei ricercatori in materia diosi e imprenditori, uniti dalla hanno indicato con chiarezza che fiducia nell’economia di mercato accanto alla crescita economica e temperata, hanno escogitato un alla ricchezza materiale molti al- nuovo modello, ribattezzato sentri fattori giocano un ruolo deci- za troppa fantasia “Pil della feli-


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cità” che valuta fattori come la si- delle avanzate democrazie inducurezza e l’ambiente del posto di striali occidentali». lavoro, la ripartizione del reddito, Van Suntum aggiunge altri dati. il patrimonio, la salute, lo stato «Nel lasso di tempo analizzato, familiare, il luogo in cui si vive: si sono succedute fasi di crescita elementi solo in apparenza priva- e fasi di stagnazione, ma il grado ti, in realtà in gran parte conse- di felicità non ha risentito delle guenti alle decisione di politica oscillazioni del Pil. La sua sosociale dei partiti e dei governi. stanziale stabilità è sopravvissuta Basandosi sui dati forniti dai son- dunque ai cicli economici. Il raldaggi raccolti negli ultimi di- lentamento della crescita sofferto ciotto anni dal Panel socio-econo- dall’economia tedesca dal 1997 mico – 19mila cinquecento citta- al 2004 contrasta, ad esempio, dini intervistati nel lasso di tem- con il punto di massima felicità po fra il 1991 e il 2008, di fatto riscontrato nel 2001. I cittadini l’intero periodo dalla riunifica- inoltre non reagiscono immediatamente a una crizione tedesca – il si economica, la risultato che è Il punto di massima cui percezione si emerso conferma produce almeno empiricamente la felicità in Germania con un anno di ririlevanza relativa è stato riscontrato tardo». Il 2008, del Pil come fattonel 2001, nonostante anno della più re di felicità. «Nonostante una la crisi in atto dal 1997 grave crisi economica dai tempi crescita pressoché costante del Prodotto interno del grande crollo del 1929 (e in lordo, il tasso di felicità dei tede- Germania della crisi più profonschi per la loro vita si è mantenu- da dalla fine della seconda guerra to in diciotto anni costante, e mondiale), non ha determinato nelle regioni appartenenti alla ex alcun riflesso sull’indice di feliciGermania occidentale è addirit- tà dei tedeschi, non solo perché tura lievemente calato», afferma la società ha faticato a percepire Max A. Höfer, direttore della la natura del crollo in atto ma anIniziativa per una nuova econo- che perché le misure promosse mia sociale di mercato. «Crescita dal governo (allora la maggioraneconomica e felicità non vanno za di grande coalizione fra cridunque di pari passo, un alto li- stiano-democratici e socialisti) vello di benessere della società hanno positivamente inciso sulla non rende necessariamente felici, tenuta della società. Provvedibasti pensare che gli indicatori menti come l’estensione della internazionali promuovono il settimana corta con il contributo Regno del Buthan come Stato statale – concertata con le assonel quale i cittadini sono più ciazioni imprenditoriali e sindaraggianti, una nazione la cui ric- cali – hanno fatto sì che a fronte chezza è assai distante da quella di una contrazione della produ-

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FOCUS

E la Germania va...

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«Ancora una volta, siamo il motore della crescita in Europa». Parola di Angela Merkel, e nel nostro continente non c’è nessuno che possa smentirla. L’ottimismo mostrato a metà settembre dalla cancelliera durante un intervento al Bundestag, è motivato dai primi dati sul Prodotto interno lordo del 2010. Secondo le stime ufficiali, la Germania vedrà crescere il proprio Pil del 3%. Davvero niente male per un periodo del genere e per un’economia europea che tenta a fatica di uscire dalla lunga crisi. E la prova dell’innegabile peculiarità tedesca è data anche dai risultati degli altri paesi dell’Ue, tutti molto al di sotto del dato del Pil di Berlino. I sondaggi vedono un calo costante della popolarità di Angela Merkel tra gli elettori, ma i risultati dell’azione del governo di coalizione tra cristianodemocratici e liberali per contrastare la crisi sono più che positivi. E la Kanzlerin vuole approfittare di un momento congiunturale favorevole per introdurre una tassa sui mercati finanziari. L’Europa arranca, dunque, e la Germania va. Come sempre.

zione industriale il denaro pubblico venisse utilizzato non per finanziare la disoccupazione o la cassa integrazione ma il mantenimento del posto di lavoro. La scommessa era che l’economia potesse ripartire in tempi brevi (e in questo senso la ripresa del Pil fa tirare a tutti un respiro di sollievo), la conseguenza è stata che gli operai tedeschi non sono stati espulsi o sospesi dai processi produttivi ma hanno potuto rallentare il ritmo, mantenendo gli stessi livelli salariali e sperando nella ripresa. Scelte politiche, dunque, con le quali si confronta questa nuova scienza della “economia della felicità”, come la chiama Höfer, che affianca ai fattori economici quelli psicologici: «L’introduzione del Pil della felicità non vuole cancellare il dato della crescita economica fra i fattori che concorrono al benessere collettivo e individuale ma semplicemente affiancargli un indicatore aggiuntivo che offra ai politici informazioni più accurate per le loro scelte». Il nuovo indice è un’invenzione recente, è stato presentato per la prima volta lo scorso dicembre a Berlino. A differenza di altri paesi come la Gran Bretagna o l’Australia o della Francia, dove Nicolas Sarkozy ha istituito una speciale commissione per capire in che modo possa essere accresciuto il benessere dei francesi, la Germania si è limitata finora al modello tradizionale di correlazione fra Pil e felicità, anche se, come abbiamo visto, il buonsenso dei po-


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litici ha guidato il varo di misure sociali intelligenti durante l’ultima crisi economica. Lo studio conferma il ruolo centrale del lavoro, che si dimostra essere un valore in sé, sia per quel che riguarda l’ambiente umano e materiale in cui si svolge, e al quale molti attribuiscono un significato superiore anche rispetto al guadagno, sia per quel che riguarda la sua salvaguardia. Il lavoro nobilita l’uomo, il vecchio adagio emerge anche dalle statistiche: «Privilegiare i programmi di workfare rispetto ai sussidi di disoccupazione resta una chiave vincente per i governi anche nel prossimo futuro», dice van Suntum. Rispetto al Pil, gli autori concordano sul fatto che più che al dato assoluto sia opportuno riferirsi a quello relativo: le aspettative giocano un ruolo maggiore rispetto a quel che si ha. Una crescita economica viene rapidamente assorbita dai cittadini, che si adeguano velocemente a un reddito più alto, maturando altrettanto velocemente nuove aspirazioni. «Il viaggio è più importante della meta, negli anni Cinquanta i tedeschi erano più felici pur essendo più poveri, perché intravedevano grandi opportunità negli anni a seguire, che furono infatti quelli del miracolo economico». Sarà interessante seguire gli sviluppi di questo dibattito in Germania e anche i risultati dei prossimi indici che promettono di affinare la ricerca e di indagare, ad esempio, un campo finora inesplorato come quello delle diffe-

renze fra i lavoratori impiegati a tempo determinato, part-time o con nuovi tipi di contratto a tempo, i cosiddetti precari: non è escluso che emergano dati sorprendenti, capaci di sovvertire anche consolidati luoghi comuni. «Le società contemporanee sono composte da singoli individui assai diversi fra loro – conclude Höfer – quel che uno vede come un vantaggio, un altro può valutarlo come un danno. Il compito di chi governa, oggi, è diventato assai complesso ma occorre stare lontano da un altro vecchio mito che può rivelarsi fatale, quello che lo Stato debba essere il grande artefice della felicità dei cittadini». È la vecchia lezione di Popper: il tentativo di realizzare il paradiso in terra ha spesso condotto all’inferno.

L’Autore pierluigi mennitti Giornalista, vive a Berlino e si occupa prevalentemente di Germania ed Europa centroorientale, Scandinavia e Balcani. È co-autore del sito East Side Report (www.esreport.net). Su questi temi collabora con diversi quotidiani e riviste italiane.

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L’ECONOMIA SCOPRE LA FELICITÀ Bruno Tiozzo

La nuova sfida di Cameron

La “scelta” di essere felici

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al tatcherismo degli anni Ottanta ad oggi, i conservatori inglesi hanno modificato la loro visione del benessere e della qualità della vita, per costruire la big society del futuro. DI BRUNO TIOZZO

La convinzione che la vera sfida per la politica del nostro tempo consista nel migliorare la qualità della vita per le persone corre come un filo rosso nell’impegno di David Cameron alla guida dei conservatori britannici. Già nel luglio 2005 (e quindi alcuni mesi prima di conquistare la leadership dei tories), in un discorso al Centro di giustizia sociale del partito, Cameron affermò che il maggiore pericolo per la società moderna consiste non tanto nel suo declino economico quanto in quello sociale. Individuò anche alcuni esempi concreti nell’indebolimento della famiglia, nella disoccupazione giovanile, nella difficoltà per molti immigrati di inserirsi nella società britannica e nella minaccia posta dalla droga. Dopo la sua elezione a leader del

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partito nel dicembre 2005, Cameron ha avuto modo di tornare sull’argomento in molte occasioni. Nel discorso tenuto dinanzi alla conferenza annuale organizzata da Google a Londra il 22 maggio 2006, il neo leader conservatore evidenziò i limiti del Prodotto interno lordo (Pil) come misura per determinare il livello di benessere realmente avvertito dalla gente. Nell’intervento, Cameron lanciò il concetto di general well being (Gwb) come un indicatore alternativo al Pil per misurare il livello generale di benessere. Disse infatti: «Il benessere non si misura con il denaro o con l’andamento dei mercati. Non può essere imposto per legge o distribuito dal governo. Riguarda la bellezza dei nostri paesaggi, la qualità della cultura, e so-


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prattutto la qualità delle nostre I trasporti, e più in generale le relazioni umane. Migliorare il infrastrutture, hanno un impatto nostro benessere generale è, cre- vitale sul nostro sistema econodo, la sfida politica centrale dei mico e la loro efficienza incide sul Pil. Meno tempo impiegano, nostri tempi». Qualche mese dopo, il 20 luglio meno incidono negativamente 2006, in un altro intervento anche sull’ambiente e sul cosidpubblico, Cameron ebbe l’occa- detto tempo di qualità che possione di illustrare meglio il con- siamo dedicare alle cose che ci cetto. L’obiettivo dei conservato- interessano. ri, come definito nel nuovo pro- Si potrebbe quindi dire, citando gramma politico del partito Cameron, che per il Pil resta inBuilt to last (Costruito per dura- nanzitutto importante fare in re), spiegò Cameron, è «di mi- modo che la gente arrivi in temgliorare la qualità della vita per po al posto di lavoro la mattina, tutti tramite un’economia dina- mentre per il Gwb è anche importante provvedemica, una società re a un celere ritorforte e un ambien- Le due parole chiave no a casa e agli afte sostenibile». Il fetti personali una governo laburista, dietro il concetto volta conclusa la accusava il leader di general well being giornata lavorativa. conservatore, s’era L’altro aspetto del limitato a operare sono il “tempo” Gwb, il controllo delle politiche fast e il “controllo” esercitato sulle defood. Aveva dimostrato di non essere in grado di cisioni che ci riguardano, concerfornire delle risposte innovative e ne anche la concezione della polidurature alle nuove sfide poste tica e il ruolo della sfera pubblica. La felicità, dice Cameron, dedal Terzo millennio. Invece i conservatori hanno indi- riva in modo significativo dalla viduato nel raggiungimento del sensazione di avere il controllo benessere generale una sfida che sulla propria vita. Sono infatti deve vedere la crescita economica più felici i lavoratori che sentono accompagnata anche da una cre- di incidere sulle scelte della proscita sociale ed ecologica. Secon- pria azienda e di conseguenza do Cameron, le due parole chiave sulla propria carriera. Lo stesso dietro il concetto Gwb sono vale per i genitori quando posso“tempo” e “controllo”. Per quan- no scegliere, anziché subire, le to riguarda il tempo dovremmo modalità di gestire i diversi interrogarci sul modo migliore aspetti pratici che riguardano la per impiegarlo. Un esempio vita familiare. spesso utilizzato per illustrare Il controllo esercitato dal cittadil’influenza esercitata dal fattore no tramite la partecipazione detempo sia sul Pil, che sul Gwb, mocratica diretta è, secondo Cameron, un fattore di benessere riguarda i trasporti.


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che supera in importanza sia la Unito “all’opportunità, alla moprosperità economica che il fun- bilità e alla libertà”, tramite rizionamento dello Stato sociale. forme liberiste. Allo stesso temSono infatti più contenti della po riconosce però che la ricerca propria situazione gli abitanti della ricchezza non sia sufficiente dei paesi dove esiste un alto tasso per soddisfare le aspirazioni più profonde delle persone. Si avverdi democrazia diretta. L’aspirazione di rafforzare la so- te pertanto sempre più fortemencietà civile rispetto a un settore te il desiderio di potenziare anpubblico ritenuto troppo inva- che la sfera sociale. dente è in realtà un cavallo di La necessità di coniugare i cambattaglia caro al conservatorismo biamenti sempre più rapidi nel liberale, soprattutto nei paesi an- mondo moderno con un rinnovaglosassoni. Nella versione di Ca- to senso di appartenenza sociale meron si avvicina tuttavia ancora ha quindi portato i tories a riscodi più al principio di sussidiarie- prire il One nation conservatism di Benjamin Disraetà, che deriva dalla dottrina sociale Per Cameron la felicità li, e a ripensare l’atteggiamento della Chiesa cattolica, è un caposal- deriva dalla sensazione thatcherista nei confronti dell’indo del Partito po- di avere il controllo tervento pubblico. polare europeo e La Lady di ferro prevede che le de- della propria vita era infatti dell’avcisioni siano prese e delle proprie scelte viso, espresso in al livello più vicino possibile al cittadino. In co- un’intervista del 1987, che la somune con il principio di sussi- cietà non esistesse. Esistono sindiarietà c’è anche il grande inte- goli individui e famiglie, ma non resse riservato ai corpi intermedi una società in quanto tale, secondella società, che per molti versi do la Thatcher. La conseguenza possano sostituire l’azione svolta logica di questo ragionamento era che ognuno innanzitutto avedagli enti pubblici. Per meglio comprendere la poli- va il dovere di badare al proprio tica sostenibile (opposta a quella benessere, prima di interessarsi fast food) invocata da Cameron agli altri. per realizzare il raggiungimento Secondo Cameron invece la sodel Gwb, occorre soffermarsi sul cietà esiste e andrebbe pure rafrecente riposizionamento dei forzata. Un compito che spetta conservatori britannici nei con- anche (ma non solo) al governo, fronti della sfera sociale e lo stes- che tuttavia non andrebbe confuso con la società. Il governo e so concetto di società. Cameron ammette che il conser- la politica devono svolgere la vatorismo di Margaret Thatcher loro parte, spiega Cameron, innegli anni Ottanta ebbe il com- sieme alle singole persone, alle pito storico di aprire il Regno famiglie, alle imprese e a tutti

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coloro che insieme costituisco- priorità alle attività che contano. E, infine, cambiare la cultura nano la società. La politica del Gwb si basa quin- zionale in modo da valorizzare di sulla fiducia dei cittadini di meglio il tempo di qualità e dare essere in grado di assumersi delle alle persone e alla società civile responsabilità e condividere il un maggiore controllo sulle scelprocesso decisionale con il gover- te che le riguardano. no. Su un piano più concreto, Con l’avvicinarsi delle elezioni comporta la cessione di influenza politiche che avrebbero portato da parte del governo centrale non Cameron a Downing Street, il leasolo ai corpi intermedi della so- der conservatore ha sempre di più cietà, ma anche alle autorità lo- legato il discorso del Gwb all’orcali. Il decentramento ammini- ganizzazione dello Stato. In un strativo proposto da Cameron discorso tenuto il 10 novembre (indirizzato però ai comuni e non 2009, Cameron lanciò un altro alle assemblee regionali istituite concetto che da allora ha tenuto banco nel dibattito dai laburisti) rappolitico britannico. presenta anch’esso La politica del Gwb Il ragionamento di un importante riCameron è che pensamento ri- comporta la cessione l’estensione del setspetto alla politica di influenza da parte tore pubblico nel centralista dei godel governo centrale Regno Unito orverni Thatcher. mai ha raggiunto David Cameron alle autorità locali un livello tale da ritiene tuttavia che l’approccio dei governi con- ostacolare, anziché agevolare, servatori negli anni Ottanta, obiettivi quali la riduzione della quando si trattò di creare le con- povertà, la lotta alle discriminadizioni per una crescita economi- zioni e più in generale il raggiunca, siano applicabili anche oggi gimento del benessere generale. per realizzare la politica del be- Non si tratta tuttavia di ripronessere generale. I governi That- porre una semplice ritirata del cher crearono incentivi (abbas- settore pubblico senza riempire sando la pressione fiscale), rimos- lo spazio lasciato vacante, ma sero degli ostacoli (abolendo del- piuttosto di ripensare dalle fonle restrizioni burocratiche) e damenta il ruolo e il peso che lo cambiarono la cultura nazionale Stato dovrà avere nel futuro. Se(rafforzando l’imprenditorialità e condo Cameron, lo Stato dovrebbe innanzitutto mettere le singol’orgoglio nazionale). Allo stesso modo, Cameron vor- le persone, le famiglie e i corpi rebbe creare degli incentivi per intermedi della società nelle confavorire anche la crescita sociale dizioni di esercitare un vero coned ecologica. Rimuovere gli osta- trollo sulla propria esistenza. Lo coli che impediscono alle persone Stato dovrebbe quindi svolgere e ai corpi intermedi di dare la un ruolo attivo nella creazione di


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FRANCIA

La commissione Stiglitz-Sen-Fitoussi Nel febbraio 2008, il presidente francese Nicolas Sarkozy aveva annunciato la nascita di una commissione di esperti che ripensasse il modo di misurare il benessere, nel solco del dibattito aperto negli ultimi anni sulla necessità di andare “oltre il Pil”. Il gruppo, guidato da tre campioni del settore come Joseph Stiglitz, Amartya Sen e Jean Paul Fitoussi, era composto da quindici esperti (tra cui cinque premi Nobel), uno dei quali era Enrico Giovannini, presidente dell’Istat. Dopo un anno e mezzo di lavoro, la commissione ha presentato il rapporto finale alla Sorbona, nel corso di una conferenza internazionale, il 14 settembre 2009. Il rapporto ha raggruppato i possibili indicatori di ricchezza e benessere attraverso tre grandi direttrici: 1. economia, con un miglioramento nel metodo di elaborazione del Pil; 2. benessere, con una valutazione oggettiva e soggettiva del consumo e della ripartizione dei redditi e dei patrimoni; 3. sostenibilità dello sviluppo, con due diverse angolazioni di approccio: un indicatore monetario sintetico di sostenibilità; degli indicatori fisici, uno dei quali indica chiaramente in che misura ci stiamo avvicinando a livelli pericolosi di danneggiamento dell’ambiente. La Commissione ha fatto chiaramente presente che il Pil costituisce una misura incompleta per dare conto del livello del benessere nel tempo, particolarmente nelle sue dimensioni economiche, sociali ed ambientali, nella visione che oggi viene definita di sostenibilità. Il Pil non è uno strumento sbagliato in se stesso ma è sbagliato l'utilizzo che ne vie-

97 ne fatto. Un messaggio chiave del rapporto è che ormai è giunto il tempo di modificare i nostri sistemi di misurazione delle performance economiche e di porre quindi l'enfasi non più sulla misurazione della produzione economica, ma sulla misurazione del reale benessere delle persone. E il rapporto aggiunge altrettanto chiaramente, che le misure del reale benessere devono essere poste in un contesto di sostenibilità. Il dibattito internazionale che si è creato attorno all’attività della commissione Stiglitz-Sen-Fitoussi, dovuto anche all’estrema notorietà degli esperti coinvolti, ha innescato una discussione più ampia, a livello globale, sulla necessità storica di superare il concetto di Pil come unico indicatore del benessere di un paese. Nicolas Sarkozy ha mostrato una volontà marcata di proseguire su questa nuova via, spostando l’asticella del dibattito ancora più in alto rispetto agli anni precedenti quando già qualcuno, soprattutto in Inghilterra, aveva posto l’accento sulla questione.


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ciò che Cameron ha definito “la grande società” (the Big society). I governi laburisti, accusa Cameron, hanno cercato di vincere le sfide poste dalla globalizzazione con il ricorso ai classici metodi cari ai partiti socialisti: dalle misure redistributive all’aumento della spesa pubblica. Tutto ciò non ha aumentato il livello di benessere, né è venuto meno il gap tra la parte più povera e quella più ricca della popolazione. È invece cresciuto, di parecchio, il cosiddetto big government. Il controllo esercitato dal settore pubblico sulla società britannica è aumentato negli ultimi tredici anni di governo laburista. Discostandosi dall’approccio laissez-faire tradizionalmente caro ai conservatori anglosassoni, Cameron non immagina che la grande società da lui auspicata possa sorgere spontaneamente. Ci vuole insomma una chiara indicazione politica. Lo Stato dovrebbe innanzitutto ridistribuire i poteri decisionali in linea con il principio di sussidiarietà. La convinzione di Cameron è infatti che le persone, una volta ottenuto un maggiore livello di responsabilità, tendono anche a comportarsi in modo più responsabile. Un altro aspetto legato al controllo (fondamentale per il Gwb) è secondo Cameron la trasparenza. «L’informazione è potere», ricorda il leader conservatore. Aumentare il livello di trasparenza nelle decisioni prese dal settore pubblico (per esempio tramite la loro pubblicazione su internet) è

un modo per riportare lo stesso sotto il controllo della società. Lo Stato dovrà però anche esercitare un ruolo di stimolo e fare in modo che i cittadini e i corpi intermedi si facciano avanti per svolgere una parte attiva nella costruzione della grande società. Questa parte è forse la più difficile in quanto normalmente solo una minoranza della popolazione sceglie di propria iniziativa di fare volontariato o altre attività per il bene comune. Come procedere allora per incentivare un comportamento responsabile nei cittadini? Per trovare una risposta a tale quesito, Cameron si è rivolto alla psicologia comportamentale. Il comportamentismo è quel ramo della psicologia che studia l’apprendimento e le forme in cui l’influenza sociale condiziona il nostro comportamento. Il leader conservatore ha così individuato un modello esplicativo particolarmente calzante nel cosiddetto “paternalismo libertario” descritto in un libro del 2008 di Richard Thaler e Cass Sunstein, due professori dell’università di Chicago. Il libro si chiama Nudge: improving decisions about health, wealth, and happiness ed è basato sul presupposto che la natura umana, per motivi di inerzia, troppo spesso tende a non optare per la scelta giusta o razionale. Ci vorrebbe quindi un nudge, cioè una spinta gentile dall’alto per meglio presentare le alternative che abbiamo davanti, senza per questo limitare il libero arbitrio delle persone. Piccoli


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accorgimenti, come il modo in cui viene predisposto un formulario sulla donazione di organi, possono infatti avere un effetto determinante sulle nostre scelte. È da notare che gli stessi autori di Nudge sono tra gli ispiratori anche del presidente statunitense Barack Obama. Sunstein lavora infatti nell’amministrazione presidenziale Usa e Thaler non ha mai nascosto le sue simpatie per i Democratici. Non è però un segreto che corre un rapporto di reciproca stima tra il presidente americano e il neo premier britannico, come si era già visto in occasione del loro primo incontro nel luglio 2008. La teoria della “spinta gentile” comporta quindi che la politica sia investita da un’importante responsabilità nell’indicare un esempio positivo, coerente con il proprio messaggio, in modo da realizzare l’auspicato cambiamento. Chiedendo delle misure per abbassare le emissioni di Co2, Cameron può indicare l’esempio posto dal governo e da cinquanta enti locali di maggioranza conservatore, i quali hanno promesso di tagliare le proprie emissioni con il 10% nell’arco di un anno. Cameron ha definito la creazione della grande società la sua più grande passione in politica. Non nasconde che si tratta di un vero e proprio cambiamento culturale, e che ci vorrà probabilmente più di una generazione prima di vederla realizzata. Arrivato alla guida del governo dopo le elezioni di maggio, il leader conservatore ha dimostrato di rimanere

coerente con il proprio credo. In un discorso, lo scorso 19 luglio, ha infatti svelato che in quattro comuni, tra cui Liverpool, partiranno dei progetti pilota per decentralizzare la gestione di alcuni servizi pubblici agli stessi cittadini e il mondo del volontariato. La ricerca della felicità per il popolo britannico tramite la creazione della grande società animata dal Gwb non è stata ideata innanzitutto per far risparmiare lo Stato. Le iniziative comporteranno dei costi che verranno finanziate da una Big society Bank, creata da fondi provenienti dai conto correnti dormienti e da una dotazione iniziale pari a 300 milioni di euro. Il 44enne David Cameron è nell’arco di nemmeno cinque anni riuscito a innovare il Partito conservatore, creando un modello interessante per il resto del centrodestra europeo. La legislatura appena iniziata ci dimostrerà se il neo premier arriverà anche a gettare le basi per un importante progetto sociale che potrebbe avere un impatto a livello internazionale pari a quello esercitato dal modello thatcherista negli anni Ottanta.

L’Autore bruno tiozzo Autore di numerosi articoli per riviste come Charta minuta, Con, Imperi e Millennio. Lavora come esperto per il ministero delle Politiche comunitarie.

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Tra Vangelo e progresso

Uno sviluppo fondato sull’etica Nel corso degli ultimi decenni, il progresso dei popoli è stato affrontato dalla Chiesa cattolica con encicliche, documenti e prese di posizione dei pontefici. Con un occhio rivolto al benessere e l’altro ben saldo sul messaggio evangelico. DI MICHELE TRABUCCO

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L’uomo ha inscritto nel suo intimo la spinta a crescere, a migliorarsi, cercando e realizzando nuove condizioni di vita personale e sociale. Il desiderio di fare, conoscere e avere di più, antropologicamente fondato sulla natura dell’uomo, nel pensiero della Chiesa si associa indissolubilmente anche alla ricerca di “essere di più”. Per questo i pontefici, soprattutto negli ultimi due secoli, hanno posto sempre più attenzione al tema dello sviluppo, iniziando, nel 1891, con papa Leone XIII e la sua enciclica Rerum novarum, un percorso di riflessione e approfondimento che è arrivato fino ai giorni nostri con l’ultima pubblicata nel 2009 da papa Benedetto XVI dal titolo Caritas in veritate. Papa Paolo VI, nel 1967, ha dedicato specificatamente una delle sue più importanti encicliche a questo tema, intitolandola pro-

prio Populorum progressio (Lo sviluppo dei popoli) e poi Giovanni Paolo II, con la Sollecitudo rei socialis e la Centesimus annus, ha continuato a offrire il contributo della Chiesa ai temi economici e sociali del nostro tempo. Nel corso di questo tempo, quindi, si è andato formando un corpus teorico-pratico di grande profondità, arricchito non solo dalla autorevole parola dei papi ma anche da tanti teologi, economisti e politologi che hanno dato il proprio contributo al formarsi della dottrina sociale della Chiesa. Lo sviluppo, nel pensiero di Paolo VI, è una sorta di “dovere” per l’uomo, in quanto è Dio stesso che gli chiede di progredire, di non adagiarsi, di mettere a frutto i suoi doni e le sue capacità per migliorare la propria vita personale e sociale. «Ogni uomo – si legge nella Populorum progressio al


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n. 15 – è chiamato da Dio ad uno ambientale e lo sfruttamento irresviluppo. È proprio questo fatto a sponsabile delle risorse naturali, legittimare l’intervento della si è aggiunto il dato riguardante Chiesa nelle problematiche dello la sostenibilità ambientale: come sviluppo». Continua ancora il pa- uno sviluppo sano debba tener pa ribadendo che «se esso riguar- conto sia della qualità dell’amdasse solo aspetti tecnici della vi- biente sia della possibilità che le ta dell’uomo, e non il senso del generazioni future possano benesuo camminare nella storia né ficiare ugualmente di condizioni l’individuazione della meta di ta- favorevoli alla crescita, e non erele cammino, la Chiesa non avreb- ditare da noi “solo” i problemi e be titolo per parlarne». Lo svilup- gli effetti negativi. po non è solo economico. Anche Il concetto di sviluppo, perciò, rila Chiesa, come recentemente sente dei cambiamenti storici, è sempre più spesso viene fatto da storicamente determinato, sia nel tanti altri protagonisti del mon- senso delle nuove esigenze dell’uomo, che dei do accademico e nuovi traguardi politico, ribadisce Per la Chiesa l’idea raggiunti dalla tecche il Pil, ideato nica e dalle scienze da Simon Kuznetz di sviluppo ha bisogno e rimasto a tut- di un solido fondamento in generale, che delle condizioni t’oggi lo strumenambientali e geoto dominante per etico per evitare politiche. Non c’è quantificare la un declino relativista uno sviluppo neucrescita, lo sviluppo e il progresso dei popoli, non è trale, astorico e astratto. La Chiesufficiente. Il livello di produtti- sa in questo senso parla della ferività, per quanto importante ed ta del peccato originale. Questa indicativo, non riesce a dirci ab- ferita, che appartiene all’uomo, bastanza della qualità della vita «condiziona l’interpretazione dei dei cittadini di un paese, del loro fatti sociali e la costruzione della benessere e della loro felicità. Le società, causando gravi errori nel stesse Nazioni Unite, già negli campo dell’educazione, della poanni Novanta, hanno integrato il litica, dell’azione sociale e dei codato che proviene dal Pil, con il stumi» (Catechismo della Chiesa cosiddetto Indice di sviluppo cattolica, n. 407). Proprio per umano (Isu), che cerca di offrire questa sua storicità, l’idea di sviuna visione più ampia della con- luppo ha bisogno di un solido dizione dell’uomo, attraverso fondamento etico e naturale, per l’elaborazione dei dati riguardan- evitare di diventare un concetto ti il tasso di mortalità e di aspet- storico nel senso di relativistico e tativa di vita, la qualità e l’acces- indifferenziato. Papa Benedetto so all’istruzione, al cibo e all’ac- XVI nella sua enciclica Caritas in qua potabile. Ancora più recente- veritate n. 34, ha sottolineato comente, per il progressivo degrado me questi “effetti perniciosi del


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peccato” si siano manifestati re- uomo” e per “tutto l’uomo”. Non centemente anche nell’economia si può separare l’economico dal“con una prova evidente”: la con- l’umano. Ciò che conta è l’uomo, vinzione della esigenza di auto- ogni uomo, ogni gruppo d’uominomia dell’economia, che non de- ni, fino a comprendere l’umanità ve accettare influenze di carattere intera. La crescita, ogni crescita, è morale, ha spinto l’uomo ad necessaria perché l’uomo possa “abusare dello strumento econo- diventare più uomo, ma può dimico in modo persino distrutti- ventare anche la sua prigione, vo”. Per questo, «a lungo andare quando “diventa il bene supremo queste convinzioni hanno portato che impedisce di guardare oltre”. a sistemi economici, sociali e po- Andare oltre, significa misurare il litici, cha hanno conculcato la li- benessere di una persona, di una bertà della persona e dei corpi so- società, di una nazione, non con ciali e che, proprio per questo, indicatori che misurino solamennon sono stati in grado di assicu- te i beni materiali, la produzione di merci, il flusso rare la giustizia che prometteva- Papa Paolo VI auspicava di oggetti e denaro che passano di no». Ecco dove la ferita del peccato uno sviluppo economico mano in mano. Andare oltre siha recentemente tale da produrre gnifica «garantire inficiato e distorto in maniera più sil’idea di economia una crescita reale cura la propria e di rispetto della sostenibile per tutti sussistenza, la sadignità umana. Lo sviluppo, quindi, non si può lute, un’occupazione stabile, una ridurre alla semplice crescita eco- partecipazione più piena alle renomica, occorre una visione am- sponsabilità, al di fuori da ogni pia e integrata del concetto, per oppressione, al riparo da situazionon cadere in un riduzionismo ni che offendono la dignità delasfittico che, privo di respiro eti- l’uomo; godere di una maggiore co, rischia di diventare un puro istruzione; in una parola, fare coprocedere in avanti come a tento- noscere e avere di più, per essere ni. La debolezza, o peggio l’assen- di più» (Populorum progressio n. 6). za, di un fondamento etico ed an- L’idea di sviluppo di Paolo VI, letropologico, dà a tutto l’impianto gata al contesto sociale ed econoconcettuale una mancanza di di- mico del suo tempo, ha privilerezione, di senso a ciò che si vuo- giato soprattutto la dimensione le raggiungere o migliorare. dei popoli, delle loro relazioni, L’idea cristiana di sviluppo, nella tanto che l’effetto e il segno più Populorum progressio di Paolo VI, evidente di uno sviluppo autentichiedeva di pensare ad uno “svi- co veniva indicato con il consoliluppo autentico integrale”, carat- darsi di relazioni giuste, eque tra terizzato da due tratti essenziali: popolo e popolo: «lo sviluppo è il un progresso che fosse per “ogni nome nuovo della pace». In quel

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FOCUS

Paolo VI: tutti hanno diritto al benessere

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L'enciclica Populorum progressio, scritta da Paolo VI e pubblicata nel marzo 1967, è dedicata alla cooperazione tra i popoli e al problema dei paesi in via di sviluppo. In essa vi è la denuncia dell'aggravarsi dello squilibrio tra paesi ricchi e paesi poveri, la critica al neocolonialismo e il diritto di tutti i popoli al benessere. È inoltre presente una critica al capitalismo e al collettivismo marxista. Una delle proposte più concrete che il Pontefice rivolgeva al mondo, riguardava la creazione di un fondo mondiale per gli aiuti ai paesi in via di sviluppo. Si tratta, senza dubbio, di una delle encicliche più importanti della storia della Chiesa, soprattutto perché affronta per la prima volta le sfide dell’economia globale e prende posizione su alcune questioni che erano anche e soprattutto politiche. Negli ambienti più conservatori, però, l’enciclica ha provocato una serie di critiche e lamentele. Particolarmente discusso, il passo che negava alla proprietà privata lo status di diritto incondizionato e assoluto. «Nessuno – si legge nell’enciclica – è autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò che supera il suo bisogno, quando gli altri mancano del necessario».

contesto, pur non ancora così fortemente globalizzato e condizionato dai paesi avanzati e dai nuovi protagonisti della scena mondiale, il pontefice intravedeva un serio pericolo per l’uomo: un modello di sviluppo in cui si perseguiva l’esclusivo obiettivo del profitto senza il bene comune come fine ultimo. Tale situazione rischia di distruggere ricchezza e generare povertà. Lo sviluppo economico che auspicava Paolo VI doveva essere tale da produrre “una crescita reale, estensibile a tutti e concretamente sostenibile”. Esiste, quindi un dovere di tutti, ma in particolar modo dei paesi ricchi, a impegnarsi per uno sviluppo “solidale” con l’umanità. Nella visione cristiana non ci può essere un progresso solo di alcuni e per alcuni o, peggio, a scapito di altri. Non ci può essere sviluppo se non cresce tale sensibilità e non si diffonde la concezione che guarda il mondo non come contrapposizione di nazioni e di popoli, ma come unica famiglia umana. Giovanni Paolo II ha continuato la riflessione sottolineando, in particolare, un fattore preziosissimo per garantire lo sviluppo: la condizione di libertà e il suo uso responsabile. Lo sviluppo è possibile se ci sono delle condizioni che permettono la scelta, l’iniziativa, la creatività, l’azione. «Ciascuno deve scoprire e utilizzare il più possibile lo spazio della propria libertà». Per questo Giovani Paolo II indicava la democrazia come il contesto essenziale per il progresso. Essa permette la parte-


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cipazione di ogni uomo all’inizia- bito socio-economico, forse, può tiva economica e sociale e, nella sembrare azzardato, se non addiresponsabilità, accresce e rafforza rittura fuori luogo. Per troppo la sua dignità. Come detto anche tempo si è pensato alla carità neldal premio Nobel Amartya Sen la sua riduttiva idea di elemosina, nel suo libro Sviluppo è libertà, la di azione solidale verso i poveri, prosperità economica dei popoli è come modo di marginale aiuto e frutto sia della globalizzazione di alleggerimento della propria delle libertà democratiche e del coscienza, che non richiede altro libero mercato, sia dell’universa- sforzo se non quello di liberarsi di lizzazione delle opportunità so- una parte delle proprie dotazioni ciali, ottenute grazie ad una di- monetarie (oggi basta un click per stribuzione equa dei benefici de- inviare un bonifico in rete). Lo rivanti dall’interazione economi- stesso papa ne è cosciente quando dice: «Sono consapevole degli ca internazionale. L’incremento della libertà o, me- sviamenti e degli svuotamenti di senso a cui la cariglio, delle libertà è già per se stesso Lo sviluppo economico, tà è andata e va incontro, con il consviluppo e insieme seguente rischio di sua causa. Andare sociale e politico, oltre il Pil signifi- se vuole essere umano, fraintenderla, di estrometterla dal ca misurare, verifivissuto etico e, in care la condizione deve fare spazio ogni caso, di imdi libertà, di de- al principio di gratuità pedirne la corretta mocrazia reale, di partecipazione attiva e responsa- valorizzazione. In ambito sociale, giuridico, culturale, politico, bile, che c’è in un paese. Proprio sulla linea della responsa- economico, ossia nei contesti più bilità, Benedetto XVI inserisce esposti a tale pericolo, ne viene un ulteriore filone di riflessione e dichiarata facilmente l’irrilevanza di approfondimento sul concetto a interpretare e a dirigere le redi sviluppo: la carità è “la princi- sponsabilità morali» (n. 2). La capale forza propulsiva per il vero rità, invece, nel suo “stretto collesviluppo di ogni persona e del- gamento con la verità, può essere l’umanità intera” e per questo la riconosciuta come espressione auprincipale responsabilità dell’uo- tentica di umanità e come elemo è quella di vivere la carità nel- mento di fondamentale imporla verità. Solo in questo modo av- tanza nelle relazioni umane, anviene il processo dello sviluppo, che di natura pubblica”. L’analisi che altrimenti risulterà regolato del concetto di sviluppo umano si solo da interessi di parte e logiche arricchisce di una prospettiva di potere che hanno l’effetto di nuova e diversa: «Lo sviluppo disgregare i legami fiduciali, cor- economico, sociale e politico – rompendo alla fine il tessuto so- dice il papa nella Caritas in veritaciale. Parlare di carità in un am- te al n. 34 – ha bisogno, se vuole

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essere autenticamente umano, di poli ricchi possono comprendere fare spazio al principio di gratui- meglio le necessità di quelli potà». In che senso? In che modo veri, evitare di impiegare ingenti possiamo parlare di gratuità den- risorse economiche e intellettuali tro l’attuale sistema economico per soddisfare desideri egoistici e moderno? Sembra un controsenso promuovere azioni virtuose” (n. affermare la gratuità, quando lo 28); il rispetto del diritto alla liscopo principe dell’impresa e del bertà religiosa. Lo sviluppo nemercato è il profitto, il guada- cessita di tutto l’uomo e di tutte gno. Il mercato, strumento essen- le sue forze. Quando viene tolta o ziale del nostro sistema economi- diminuita anche la libertà relico moderno, si basa sul contratto giosa si sottraggono forze morali ma soprattutto sulla fiducia reci- e spirituali indispensabili per improca e generalizzata, per questo pegnarsi nello sviluppo e si impela Chiesa non si è mai stancata di disce di avanzare con rinnovato affermare che “senza forme inter- dinamismo nel proprio impegno (n. 29); un multine di solidarietà e di fiducia recipro- La crescita è necessaria culturalismo non eclettico, né apca, il mercato non piattito e omologapuò pienamente perché l’uomo possa to in comportaespletare la pro- diventare più uomo, menti e stili di vita pria funzione ecomassificati, ma nomica” (n. 35), e ma può diventare animato da una che “non esiste il anche la sua prigione profonda comunimercato allo stato puro” (n. 36). La stessa recente cazione e da un’intensa conviviacrisi economico-finanziaria sta a lità, favorisce la crescita ed evita dimostrare che a livello teorico e di ridurre l’uomo a puro dato culpratico i tradizionali principi del- turale facendolo cadere in nuovi la trasparenza, dell’onestà e della pericoli di asservimento e maniresponsabilità non possono essere polazione (n. 26). trascurati o venire attenuati. La A fronte di tutto il papa tedesco logica del dono in economia si- avverte la necessità di fare chiagnifica andare oltre la logica del rezza su una parola tornata di contratto, che resta fondamentale grande attualità dopo la crisi ecoper regolare gli scambi, per aprire nomico-finanziaria: etica. Si è spazi ad attività che vadano oltre parlato da diverse fonti, a diversi il puro profitto senza rinunciare a livelli e nei più disparati parterre, di necessità di una nuova stagioprodurre valore economico. In questa visione papa Ratzinger ne etica per l’economia, di nuove propone alcuni indici di sviluppo regole per evitare i problemi che per integrare quelli strettamente ancora stiamo pagando. Scrive il tecnico-economici: l’apertura alla papa: «Oggi si parla molto di etivita e il suo rispetto, per cui “col- ca in campo economico, finanziativando l’apertura alla vita, i po- rio, aziendale. Nascono centri di


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studio e percorsi formativi di business ethics, si diffonde il sistema delle certificazioni etiche; le banche propongono conti e fondi di investimento cosiddetti “etici”, si sviluppa una finanza etica» (n. 45). Questi processi sono apprezzabili, ma, avverte il papa, si «nota un certo abuso della parola “etico”, che adoperato in modo generico si presta a designare contenuti anche molto diversi». Per questo occorre «adoperarsi non solamente perché nascano settori o segmenti “etici” dell’economia o della finanza, ma perché l’intera economia e l’intera finanza siano etiche e lo siano non per un’etichettatura dall’esterno, ma per il rispetto di esigenze intrinseche alla loro stessa natura». Parole forti che sbaragliano da ogni equivoco e imboccano la strada dell’impegno serio, responsabile e concreto. Basta etichette di eticità senza far seguire scelte e azioni coerenti a questi principi. In questo la politica e le grandi istituzioni hanno precise responsabilità e doveri. Non è solo di corto respiro, per l’oggi o, peggio, per meri e calcolati interessi elettorali. Servono uno sguardo e un impegno che, fondati su basi etiche, prendano le generazioni future come criterio di programmazione e di scelta. Lo stesso papa parla di un “dovere gravissimo” per tutti noi verso il futuro: «Occorre consegnare la terra alle nuove generazioni in uno stato tale che anch’esse possano degnamente abitarla e ulteriormente coltivarla» (n. 50).

Questa responsabilità è globale e si dispiega in diversi settori, dove l’economia ha il compito fondamentale di rendere più efficiente l’uso delle risorse. Lo sviluppo si sta arricchendo di diversi aggettivi, proprio perché è un concetto “policentrico”. Oggi si deve parlare di sviluppo sostenibile, integrale, solidale, autentico, gratuito. Ma la riflessione per ottenere strumenti adeguati a misurare e confrontarne tutti gli aspetti è in itinere. Occorre ancora tempo e volontà per poter misurare, se mai fosse possibile, quando una vita è davvero bella, buona e felice. Ma una cosa è certa per la Chiesa: «Bisogna che lo sviluppo sia anzitutto vero e integrale. L’uscita dall’arretratezza economica, un dato in sé positivo, non risolve la complessa problematica della promozione dell’“uomo”» (n. 23).

L’Autore michele trabucco Giornalista free lance, laureato in Teologia e in Scienze dello sviluppo e della cooperazione internazionale.

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gli strumenti di

Il Prodotto interno lordo è l’indicatore sintetico che è stato da sempre utilizzato come elemento essenziale sia per la definizione, la misurazione e la valutazione delle politiche espresse da un paese che per indicarne il benessere. Se, però, oggi chiedessimo a chiunque su quali basi misurerebbe la sua qualità della vita, difficilmente esprimerebbe solo ed esclusivamente valutazioni di natura economica e di reddito. Il paper della fondazione Farefuturo, a cura di Enrico Cancila, Fabio Orecchini e Francesco Zecca, analizza il dibattito che si è innescato negli ultimi anni sulla necessità di andare “oltre il Pil” e di mettere a punto strumenti di misurazione che siano più al passo con i tempi e con le nuove esigenze della società contemporanea.


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Premessa e lancio del Tavolo di lavoro “aperto” promosso da Farefuturo per andare “Oltre il Pil”. I limiti del Pil Il prodotto interno lordo è l’indicatore sintetico che è stato da sempre utilizzato come elemento essenziale sia per la defi-

nizione, la misurazione e la valutazione delle politiche espresse da un paese che per indicarne il benessere. Se, però, oggi chiedessimo a chiunque su quali basi misurerebbe la sua qualità della vita, difficilmente esprimerebbe solo ed esclusivamente valutazioni di natura economica e di reddito ma, introdurrebbe vari elemen-


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ti legati, per esempio, alla possibilità di esprimersi, alla necessità di usufruire di un ambiente naturale sano, alla possibilità di accesso a beni e servizi che reputa essenziali, solo per citare alcuni esempi sintomatici. Il Prodotto interno lordo non esprime in alcun modo queste sfere e mettendo in luce i limiti dell’indicatore si esprimeva così, in un discorso tenuto all’Università del Kansas già nel 1968, l’allora candidato alla presidenza degli Stati Unti d’America, Robert “Bob” Francis Kennedy: “Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. […] Il Pil non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere o l'onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell'equità nei rapporti fra di noi. Il Pil non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.”

Erano gli stessi anni in cui alcuni studiosi (Boulding1, Mishan2 e Kapp3) cominciavano a mettere in evidenza i costi derivanti dallo sviluppo economico dando il via all’interesse per lo studio economico dell’ambiente. Sino ad allora, in effetti, la scienza economica non si era più di tanto occupata del fenomeno poiché le risorse ambientali erano percepite come illimitate in rapporto al fabbisogno, o comunque come non scarse4. Contestualmente la misurazione della qualità della vita o del benessere veniva ricondotta alla ricchezza prodotta e conseguentemente disponibile. Nonostante il proliferare di numerosi sforzi volti alla costruzione di indicatori capaci di includere al loro interno la variabile “conservazione dell’ambiente” o “qualità della vita/benessere”, il Pil, ideato da Simon Kuznetz, è rimasto a tutt’oggi lo strumento dominante per quantificare la crescita, il progresso e lo sviluppo dei paesi. Tuttavia, negli anni più recenti il divario esistente fra la misurazione offerta dal Pil e le reali condizioni di progresso e sviluppo si è palesato in modo chiaro e netto. È proprio questo il passaggio fondamentale su cui occorre concentrarsi: un aumento della produzione di beni è sì indice di crescita, intesa in senso classico, ma non necessariamente di progresso e di sviluppo. Fenomeni quali l’acuirsi delle diseguaglianze, il depauperamento delle risorse ambientali o il peggioramento del benessere individuale non vengono registrati dall’indice del Pil e mettono sempre di più in evidenza le contraddizioni riscontrabili di fatto tra la crescita economica

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globale di un Paese e le reali condizioni di vita delle persone. Tra la crescita, indubbiamente indicabile con l’incremento del Pil, e l’efficacia in termini di progresso e sviluppo di un sistema socio-economico, sono palesi le differenze. La discrepanza di informazione è maggiormente grave quando si rende evidente come ad un Pil quantitativamente elevato non corrisponda più la creazione di opportunità di ulteriore sviluppo per le generazioni successive a quella in attività. Il problema non è più, come manifestato già 42 anni fa da Bob Kennedy, soltanto comprendere meglio i risultati della crescita economica in termini di benessere reale delle famiglie, ma soprattutto capire quanto e come lo sviluppo e il progresso raggiunti siano in grado di produrre nuovo sviluppo e opportunità di benessere per le generazioni seguenti a quella attuale. Andare “oltre il Pil”, pur essendo un tema da tempo conosciuto e sul quale, successivamente, sia partiti progressisti che conservatori europei hanno cercato di esprimersi, rimane ad oggi una sfida. Sfida in quanto è stata poco o per nulla affrontata la questione di fondo: costruire politiche basate sul miglioramento della qualità della vita e non sull’aumento del prodotto interno lordo. E d’altro canto così si esprime la Commissione europea in una recente comunicazione che fornisce la visione, in un momento di grave crisi economica, dell’Europa al 20205. Il Centrodestra italiano ha affrontato la questione in occasione della “Conferenza nazionale per lo sviluppo e l’impresa” or-

ganizzata da Alleanza nazionale il 2 e 3 febbraio 2007 a Brescia, nel cui documento di indirizzo politico ci si richiama alle posizioni nascenti in Gran Bretagna: «Appare illuminante la svolta dei Tories, autori della vera “rivoluzione liberale e produttiva” degli anni Settanta, che con il nuovo leader David Cameron si sono posti addirittura la questione se non occorra rileggere la crescita anche sotto il fattore del benessere, non solo quindi come Gdp ma anche e sempre più quale Gwb, laddove essa va intesa quale General Well Being». Il documento (approvato dall’Esecutivo di Alleanza nazionale il 27 gennaio 2007) indica come proprio lo stile di vita italiano, con la sua riconosciuta qualità, debba portare a massimizzare il wellness facendone il caposaldo per una politica industriale tipica del made in Italy, orizzonte di una più avanzata politica economica e sociale dell'Europa. E citando Cameron fa proprie le affermazioni secondo cui: «il benessere non si misura con il denaro o con l'andamento dei mercati. Non si può imporre per legge o distribuito dal governo. Riguarda la bellezza dei nostri paesaggi, la qualità della cultura, e soprattutto la qualità delle nostre relazioni umane. Migliorare il nostro benessere generale, è, credo, la sfida politica centrale dei nostri tempi». Oggi l’Europa sta affrontando un momento di ulteriore trasformazione. La crisi ha cancellato anni di progresso economico e sociale ed ha esposto l’economia europea a debolezze strutturali. C’è l’esigenza di una strategia che aiuti ad uscire più forti dalla crisi e trasformi l’Europa in un’economia sostenibile, inclusiva ed in-


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telligente che possa portare alti livelli di occupazione, produttività e coesione sociale. In particolare sono tre le priorità di cui tenere conto per lo sviluppo delle politiche europee: – Crescita intelligente: sviluppando un’economia basata sulla conoscenza e l’innovazione; – Crescita sostenibile: promuovendo un’economia più efficiente dal punto di vista dell’utilizzo delle risorse, più verde e più competitiva; – Crescita inclusiva: supportando un’economia ad alto tasso occupazionale che porti coesione territoriale. Applicare lo spirito di questa comunicazione vuol dire cambiare un intero paradigma di crescita sulla base del quale ci si è basati da sempre. È evidente che il percorso è ancora lungo e sono necessari alcuni passaggi essenziali preliminari di natura definitoria: cosa si intende, infatti, per qualità della vita e soprattutto come possiamo misurarla? Solo la misurabilità, infatti, può spingere a costruire, monitorare, confrontare e valutare delle politiche. Un nuovo paradigma scientifico: la Scienza della Sostenibilità Tali riflessioni hanno indubbiamente stimolato la rimessa in discussione del modello su cui si basa la valutazione di performance del sistema economico mondiale ed evidenziato la necessità di considerare come elemento centrale la sostenibilità dello sviluppo, intesa nella sua accezione più ampia (economica, sociale, ambientale ed istituzionale). Molte discipline, innovative ma settoriali, basate sul-

l’economia ambientale, sullo studio dei cambiamenti climatici o sui flussi di materia ed energia nelle diverse società industriali, hanno introdotto elementi di grande valore, ma anche di estrema complessità, al fine di perseguire quello che viene individuato come un bene globale, cioè il tanto declamato e fondamentalmente poco compreso “sviluppo sostenibile”. Più di recente si è assistito ad un ulteriore passo in avanti del panorama scientifico internazionale, concretizzatosi nella creazione di un nuovo paradigma scientifico: la Scienza della Sostenibilità. L’arrivo della Scienza della Sostenibilità introduce difatti un elemento di estrema semplificazione in uno scenario di forte complessità e incertezza. La nuova scienza si avvia ad essere l’espressione più caratteristica del secolo appena iniziato e probabilmente del nuovo millennio. La vera affascinante novità intellettuale capace di dare allo studio e allo sviluppo umano, un fine preciso e condiviso. L’intangibilità del concetto di sostenibilità dello sviluppo, che ha danneggiato non poco la sua reale applicazione nelle pratiche quotidiane di tutti e di ciascuno, sta per essere sostituita da metodi e strumenti utili allo scopo finale ma anche immediatamente utilizzabili per l’attività industriale, sociale ed economica di ogni giorno. La nuova Scienza della Sostenibilità sta nascendo grazie ad un processo guidato dall’Università delle Nazioni Unite e dalle principali università e centri di ricerca del mondo, che fin dal principio include, in tutti i meccanismi di messa a punto di metodologie e campi di studio, non solo il mondo accademico ma anche l’industria,

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le istituzioni internazionali e nazionali, le diverse e più dinamiche espressioni dell’economia e della società civile. Una nuova scienza nel Ventunesimo secolo non può nascere infatti in roccaforti del sapere come è accaduto per la nascita delle scienze classiche a partire dal Medio Evo. Deve nascere, e sta nascendo, dalle esigenze e dagli stimoli quotidiani di una vita sociale sempre più incline allo scambio di informazioni tra persona e persona, tra comunità e comunità, tra disciplina e disciplina. Il mondo dell’economia e dell’industria è parte integrante e trainante di questo nuovo processo di nascita di nuove idee, trasformate in nuovi prodotti da immettere sul mercato e quindi in sviluppo economico. Il dinamismo italiano: la conferenza mondiale ICSS 2010 sulla Scienza della Sostenibilità e il Tavolo di lavoro “oltre il Pil” sugli indicatori di sostenibilità promosso da Farefuturo per il 2010-2011 All’interno di questo contesto in continua e fervente evoluzione a livello internazionale, il Centro di Ricerca Interuniversitario Per lo Sviluppo sostenibile (Cirps) della Sapienza Università di Roma, quale principale realtà in Italia attiva nella ricerca sulla sostenibilità dello sviluppo, si è fatta carico di dare avvio ad una profonda riflessione su questi temi e, con il fine ultimo di coinvolgere sia la politica, sia il mondo imprenditoriale, che la comunità civile, è divenuto promotore della Scienza della Sostenibilità nel nostro Paese. Il 2010 risulta essere un anno fondamentale, denso di opportunità e di avveni-

menti per il processo di costituzione di questa nuova scienza e ciò è ancor più vero per la realtà nazionale. La Scienza della Sostenibilità prenderà difatti forma, in maniera più definita, proprio a Roma, nel corso della “International Conference on Sustainability Science ICSS2010” (www.icss2010.net) il prossimo 23-25 giugno presso la Sapienza Università di Roma. La Conferenza è organizzata dal Cirps – Centro Interuniversitario di Ricerca Per lo Sviluppo sostenibile assieme all’Università delle Nazioni Unite, alla University of Tokyo e all’Arizona State University. L’evento vedrà inoltre coinvolte alcune delle principali realtà industriali europee che si confronteranno sulle sfide e le opportunità offerte dalla sostenibilità nell’apposito spazio dedicato alla collaborazione tra Accademia ed Industria, il “Panel Industry and Academia: a transition towards sustanibility”. In questo contesto gli indicatori di sostenibilità e sviluppo, quali metriche dei fenomeni e delle evoluzioni assumono un valore cruciale, poiché si qualificano come strumenti necessari per valutare le politiche da adottare, dunque a supporto della Politica, come cassetta degli attrezzi a disposizione dei dirigenti d’azienda per anticipare le tendenze del mercato e come fonte di informazione e partecipazione per la società civile, troppo spesso non adeguatamente rappresentata dai valori espressi dagli indicatori classici. Come sosteneva Lord Kelvin: “To measure is to know it. If you cannot measure it you cannot improve it” 6. Perfezionare gli strumenti di misura è condizione necessaria per orientare il progresso e lo sviluppo


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verso la sostenibilità. Per tali ragioni la Fondazione Farefuturo, intendendo valorizzare gli sforzi di studiosi e ricercatori che concordano nell’affermare le carenze del Pil quale strumento primario di misurazione del benessere e dare avvio ad un tavolo di lavoro composto da esponenti del mondo accademico, politico, industriale e della società civile, volto all’esplorazione di una pluralità di strumenti alternativi in grado di colmare le lacune da esso lasciate, spingendosi appunto “oltre il Pil”. L’obiettivo del tavolo di lavoro promosso da Farefuturo per il periodo 2010-2011 è quello di far sì che l’Italia possa giocare un ruolo da protagonista all’interno di un processo avviatosi già a livello internazionale e di contribuire in modo ancora più determinante al perseguimento della sostenibilità. Nel 2011, proprio nell’anno del 150° anniversario dell’unità d’Italia, i risultati del tavolo di lavoro “oltre il Pil” di Farefuturo proporranno strumenti e linee guida per i “prossimi 150 anni” di sviluppo sociale ed economico del nostro Paese. Questo documento rappresenta una base di partenza per la discussione e vuole stimolare la riflessione sugli indicatori e le iniziative di maggiore rilevanza per andare oltre il Pil. Sono state individuate due principali iniziative di carattere più generale ed omnicomprensivo, quella del Dipartimento degli Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unite (Undesa) -volta a fornire metodologie e linee guida per l’adozione di indicatori di sostenibilità -e quella della Commissione Sarkozy -volta invece all’esplorazione delle misure esistenti (nonché delle relative criticità) con-

cernenti le performance economiche e del progresso sociale -nonché analizzati più nel dettaglio altri quattro indicatori: l’impronta ecologica, l’equazione Ipat, il Dow Jones Sustainability Index e il Feem Sustainability Index. La scelta di questi ultimi risiede nella capacità del primo di esprimere in un unico numero ed in modo piuttosto intuitivo l’impronta dell’umanità sul sistema ecologico da cui preleviamo le risorse, del secondo di esplicitare in modo piuttosto chiaro i principali driver dell’impatto dell’attività antropica sull’ambiente, del terzo di quantificare la performance di sostenibilità del mondo imprenditoriale e dell’ultimo di sintetizzare la sostenibilità in un unico numero pur mantenendo un bilanciamento tra indicatori diversi (economici, sociali ed ambientali). Viene inoltre riportata la proposta scientifica del Cirps Sapienza Università di Roma riferita alla comparazione tra cicli aperti basati sull’idea di “consumo” delle risorse e cicli chiusi riferiti al concetto di “utilizzo”, considerata attualmente a livello internazionale tra le più interessanti per giungere ad una misurabilità della sostenibilità dello sviluppo nei diversi settori economici ed industriali. 1. Commissione per la Misurazione delle Performance Economiche e del Progresso Sociale (Ocse)

L’iniziativa Nel febbraio 2008, il Presidente della Repubblica francese Nicolas Sarkozy, mosso dall’insoddisfazione per lo stato attuale delle informazioni statistiche sull’economia e la società7, ha chiesto a Joseph Sti-

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glitz (Columbia University, premio Nobel per l’economia 2001), a Amartya Sen (Harvard University, premio Nobel per l’economia 1998) e a Jean-Paul Fitoussi (Institut d’Etudes Politiques de Paris) di organizzare una Commissione per la Misurazione delle Performance Economiche e del Progresso Sociale. Questi a loro volta hanno scelto altri 22 membri, tra economisti e specialisti di scienze sociali di fama mondiale con competenze che spaziano dalla contabilità nazionale all’economia dei cambiamenti climatici. Concluso il proprio lavoro la Commissione ha presentato il 14 settembre 2009, alla Sorbona, il rapporto finale di cui qui riporteremo gli elementi fondamentali.

Obiettivo e contenuti del rapporto Gli obiettivi assegnati alla Commissione erano: – di determinare i limiti del prodotto interno lordo come indicatore di performance economica e di progresso sociale, inclusi i problemi relativi alla sua misurazione; – di considerare le informazioni complementari che potrebbero essere necessarie per ottenere degli indicatori di progresso sociale più pertinenti; – di valutare la fattibilità di nuovi strumenti di misura e di dibattere sulla presentazione appropriata delle informazioni statistiche. Il Rapporto, di circa 300 pagine, è disponibile in versione integrale sul sito internet della Commissione (http://www.stiglitz-sen-fitoussi.fr) in inglese e in francese. È composto di tre parti nelle quali sono affrontate, con un livello di dettaglio crescente, le tematiche relative alla misurazione delle performance economiche e

del progresso sociale. Queste sono suddivise in tre temi principali: – il miglioramento delle misure economiche tradizionali (“questioni classiche relative al Pil”); – la valutazione del benessere (“qualità della vita”); – e la misurazione degli impatti ambientali e della sostenibilità del modello di sviluppo adottato (“sviluppo sostenibile e ambiente”). All’inizio viene effettuato un breve riassunto che spiega perché, da chi e per chi è stato scritto il rapporto, per quale motivo esso è importante e quali ne sono i principali messaggi, sintetizzati in 12 raccomandazioni. Nella seconda parte, i tre temi del Rapporto vengono trattati distintamente e in maniera sintetica (20 pagine per ciascuno). Sono introdotte le problematiche attuali, i possibili miglioramenti attuabili ed attuati in alcune ricerche, le sfide che si prospettano nel futuro. Nella terza parte, le argomentazioni precedenti sono discusse in maniera più approfondita ed analiticamente accurata, spiegando i motivi che hanno portato ad elaborare le 12 raccomandazioni. Per esigenze di trattazione ci concentreremo sui 12 messaggi chiave contenuti nel rapporto.

Le 12 raccomandazioni finali RACCOMANDAZIONE 1: Quando si valuta il benessere materiale, bisogna far riferimento al reddito e ai consumi più che alla produzione. Il Pil è lo strumento di misurazione dell’attività economica più utilizzato. Gli economisti sanno che esso misura essenzialmente la produzione del mercato, espressa in valore monetario, e che, come tale, ha la sua utilità. Comunque, è spesso utilizzato come se si trattasse di


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una misura di benessere economico. In realtà, i livelli di vita materiale sono più legati al reddito nazionale netto, al reddito reale e ai consumi delle famiglie. RACCOMANDAZIONE 2: Mettere l’accento sul punto di vista delle famiglie. Se è interessante seguire le evoluzioni delle economie nel loro insieme, il calcolo dei redditi e dei consumi delle famiglie permette di seguire meglio l’evoluzione del tenore di vita dei cittadini. Uno sforzo di riconciliazione statistica andrà fatto per capire perché certi indicatori, come il reddito delle famiglie, possano evolversi in maniera diversa a seconda della fonte statistica utilizzata. RACCOMANDAZIONE 3: Considerare reddito e consumi assieme alla ricchezza. Se i redditi e i consumi sono essenziali per valutare il tenore di vita, essi necessitano di essere considerati insieme alle informazioni sul patrimonio. Le misure della ricchezza sono essenziali per valutare la sostenibilità. Ciò che è risparmiato per il futuro si deve esprimere in termini di stock, sia che si tratti di capitale fisico, naturale, umano o sociale. La valutazione appropriata di questi stock gioca un ruolo cruciale, anche se spesso è problematica. Alcuni indicatori non monetari, più diretti, possono essere preferibili poiché la valutazione monetaria è incerta o difficile da dedurre. RACCOMANDAZIONE 4: Dare maggiore importanza agli aspetti distributivi di reddito, consumi e ricchezza. Il reddito medio, i consumi medi e la ricchezza media sono degli indicatori statistici importanti ma insufficienti per capire in modo esaustivo il tenore di vita, c’è bisogno di integrarli con indicatori che fanno riferimento alla

loro distribuzione. La nozione di consumi mediani, redditi mediani e ricchezza mediana offrono un’indicazione migliore su ciò che accade ad un “tipico” individuo o ad una famiglia rappresentativa. Inoltre è importante conoscere cosa succede agli estremi della scala distributiva di redditi e ricchezza. RACCOMANDAZIONE 5: Allargare gli indicatori di reddito alle attività non di mercato. Ci sono stati grandi cambiamenti nel modo di funzionare di famiglie e società. Per esempio, molti servizi che prima venivano soddisfatti da altri membri della famiglia, adesso sono acquistati sul mercato. Ciò si traduce in un aumento dei redditi nella contabilità nazionale e può dare a torto l’impressione di una crescita del tenore di vita. Invece, numerosi servizi che le famiglie producono per se stesse non sono compresi negli indicatori ufficiali di reddito e produzione anche se costituiscono un aspetto importante dell’attività economica. Le attività domestiche dovranno essere l’oggetto di conti satellite a quelli della contabilità di base. Un altro aspetto da considerare nelle attività fuori mercato è il tempo libero. RACCOMANDAZIONE 6: La qualità della vita dipende dalle condizioni oggettive e dalle capacità delle persone. Dovrebbero essere compiuti dei passi avanti nella misurazione di salute, istruzione, attività personali e delle condizioni ambientali delle persone. In particolare, uno sforzo notevole dovrebbe essere dedicato allo sviluppo e all’applicazione di indicatori robusti e affidabili delle relazioni sociali, della partecipazione politica e dell’insicurezza, un insieme di elementi che possono pre-

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dire la soddisfazione di vita. Ciò che conta sono le opportunità di cui dispongono le persone, cioè l’insieme di possibilità che si offrono loro e la loro libertà di scegliere, in questo insieme, il tipo di vita che meglio si adatta ai loro valori. Se la lista precisa delle caratteristiche che influenzano la qualità della vita si basa inevitabilmente su giudizi di valore, vi è un consenso sul fatto che la qualità della vita dipende dalla salute e dall’istruzione dei cittadini, dalle loro attività quotidiane (che comprendono il diritto a un lavoro dignitoso e all’alloggio), dalla loro partecipazione al processo politico, dall’ambiente sociale e naturale in cui vivono, e dai fattori che influiscono la loro sicurezza personale ed economica. In questi campi, la difficoltà risiede nel migliorare ciò che è già presente, identificare le lacune che presentano le informazioni disponibili e investire in capacità statistiche in domini (come l’uso del tempo) dove gli indicatori disponibili sono insufficienti. RACCOMANDAZIONE 7: Gli indicatori di qualità della vita dovranno, in tutte le dimensioni che copriranno, fornire una valutazione esaustiva e globale delle disuguaglianze. Le disuguaglianze nelle condizioni umane fanno parte integrante di ogni valutazione della qualità della vita tra le nazioni e su come essa si evolva nel tempo. La maggior parte delle dimensioni necessitano di misure distinte delle disuguaglianze che tengano conto dei legami e delle correlazioni tra esse. RACCOMANDAZIONE 8: Delle rilevazioni dovranno essere svolte per valutare i legami tra i differenti aspetti delle qualità della vita di ognuno; le informazioni ottenute

dovranno essere utilizzate quando si definiscono delle politiche nei vari campi. È essenziale capire come le evoluzioni in un dominio della qualità della vita influiscano sugli altri domini e come le loro evoluzioni siano legate ai redditi. Ciò è importante perché le conseguenze sulla qualità della vita dei molteplici svantaggi supera di gran lunga la somma dei loro effetti individuali. Quando si definiscono le politiche nei domini specifici, i loro effetti sugli indicatori relativi alle differenti dimensioni della qualità della vita dovranno essere considerati insieme, in modo da trattare le interazioni presenti e capire meglio i bisogni delle persone svantaggiate in più domini. RACCOMANDAZIONE 9: Gli istituti statistici dovranno fornire le indicazioni necessarie per aggregare le differenti dimensioni della qualità della vita e permettere così la costruzione di differenti indici. Nonostante la stima della qualità della vita esiga una pluralità di indicatori, esiste una domanda crescente di un indicatore sintetico unico. Oltre che agli aspetti oggettivi della qualità della vita, bisognerà procedere con la creazione di indicatori soggettivi. RACCOMANDAZIONE 10: Le misure di benessere, sia oggettive che soggettive, forniscono informazioni chiave sulla qualità della vita delle persone. Gli uffici statistici dovrebbero integrare le loro rilevazioni con delle domande volte a conoscere la valutazione che ognuno dà alla sua vita, delle sue esperienze e delle sue priorità. La ricerca ha mostrato che è stato possibile raccogliere dati significativi e affidabili sul benessere soggettivo come su quello oggettivo. Gli indicatori qualitativi degli aspetti soggettivi offrono la possibilità di


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fornire non solo una buona misura della qualità della vita, ma anche una migliore comprensione dei suoi determinanti, andando al di là di redditi e condizioni materiali delle persone. RACCOMANDAZIONE 11: La valutazione della sostenibilità richiede un cruscotto ben individuato di indicatori. La caratteristica distintiva dei componenti di questo cruscotto dovrebbe essere quella di essere interpretabili come variazioni di alcuni “stock”. Un indice monetario della sostenibilità ha il suo posto in questo cruscotto, ma, allo stato attuale, dovrebbe essere focalizzato sugli aspetti economici della sostenibilità. La valutazione della sostenibilità è complementare alla questione del benessere attuale o delle performance economiche attuali e dunque dovrebbe essere esaminato a parte. Per misurarla, dobbiamo perlomeno disporre di indicatori che ci informino sui cambiamenti nelle quantità dei diversi fattori importanti per il benessere futuro. L’approccio alla sostenibilità in termini di stock può essere declinato in due versioni. La prima guarda alle variazione di ciascuno stock, valutando se aumentano o diminuiscono, con un’attenzione particolare a fare il necessario per mantenerle al di sopra di una certa soglia considerata critica. La seconda versione converte tutte queste attività in valori monetari, ammettendo quindi in modo implicito che una sostituzione tra i vari tipi di capitale è possibile. Tale approccio è potenzialmente fruttuoso, ma ha diversi limiti. Il principale è che spesso non esiste un mercato dove si possa effettuare la valutazione delle attività. E anche se esiste

un valore di mercato, nulla ci garantisce che questo rifletta in modo adeguato l’importanza dei vari asset che sono importanti per il benessere futuro. RACCOMANDAZIONE 12: Gli aspetti ambientali della sostenibilità meritano di essere seguiti separatamente, utilizzando una batteria di indicatori fisici selezionati con attenzione. È importante, in particolare, che esista un indicatore che ci dica la nostra vicinanza a livelli pericolosi di danno ambientale. È spesso difficile attribuire all’ambiente naturale un valore monetario; degli insiemi distinti di indicatori fisici saranno dunque necessari per seguirne l’evoluzione.

2. Indicatori per lo Sviluppo Sostenibile: metodologia e linee guida (Undesa)

L’evoluzione storica Sia il Capitolo 40 dell’Agenda 21 che il Piano d’Azione adottato alla Conferenza per l’Ambiente e lo Sviluppo delle Nazioni Unite, tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992, invitavano i paesi, quanto le organizzazioni internazionali, governative e non, a sviluppare un set di indicatori per lo sviluppo sostenibile al fine di fornire una solida base per le future decisioni politiche. Questo mandato si è poi concretizzato nella decisione del 1995, presa dalla Commissione per lo Sviluppo Sostenibile (Commission for Sustainable Development – Csd), di adottare un programma di lavoro per la costruzione di una serie di indicatori guida per lo sviluppo sostenibile da realizzare con un forte consenso ed un’attiva partecipazione degli stessi stati interessati.

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La prima bozza di indicatori fu sviluppata congiuntamente dalla Divisione per lo Sviluppo Sostenibile (Dsd) e quella Statistica delle Nazioni Unite, entrambe facenti parti del Dipartimento per gli Affari Economici e Sociali (Undesa). La suddetta bozza, comunemente nota come “blue book”8, conteneva 134 indicatori. In seguito ad una fase di sperimentazione pilota di applicazione effettuata da ventidue paesi si evidenziò l’eccessiva ampiezza della serie di indicatori, i quali, nella seconda versione del “blue book”9, furono circoscritti a 58. Più di recente, la Csd, per ottemperare alla necessità di riflettere negli indicatori le evoluzioni susseguitesi nella ricerca sullo sviluppo sostenibile nel corso degli anni e per includere un legame con i Millennium Development Goals (MDGs), ha provveduto alla pubblicazione del terzo “blue book”10. Attualmente il set è composto di 50 indicatori “core”, parte di un set più ampio di 96. Di seguito forniamo gli ele-

menti fondamentali che illustrano la metodologia impiegata e i principi guida redatti dalle Nazioni Unite per quanto concerne gli indicatori di sviluppo sostenibile.

Descrizione generale I 50 indicatori core soddisfano tre criteri fondamentali: – Coprono tematiche rilevanti per lo sviluppo sostenibile in molti paesi; – Forniscono un’informazione critica non ottenibile da altri indicatori; – Possono essere calcolati in molti paesi con dati già disponibili oppure ottenibili in tempi e costi ragionevoli. I temi principali sono sintetizzati dalla tabella riportata qui di seguito, la quale non esplicita la divisione per i quattro pilastri (sociale, economico, ambientale ed istituzionale) per enfatizzare il passaggio ad una visione multi-dimensionale dello sviluppo sostenibile e l’importanza dell’integrazione dei diversi pilastri:

TABELLA 1 - Tematiche degli indicatori della CSD Povertà Governance Salute

Disastri naturali Atmosfera Terra

Educazione Demografia

Oceani, mari e coste Acqua dolce Biodiversità

Sviluppo economico Partnership economia mondiale Modelli di consumo e produzione

Fonte: adattata da “Indicators of Sustainable Development: Guidelines and Methodologies” III Edition.


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Per esigenze di trattazione non riproduciamo la struttura dei 50 indicatori utilizzati e rimandiamo alla pubblicazione di riferimento per maggiori informazioni. Di maggiore interesse è invece la tematica dei “likages”, strettamente correlata alla visione multi-dimensionale ed integrata dello sviluppo sostenibile. La Csd ha difatti posto l’accento sulla capacità di alcuni indicatori di essere funzionali a diversi pilastri, temi e sub-temi. A titolo esemplificativo citiamo l’indicatore della “proporzione di popolazione avente accesso ad acqua potabile”. Questo presenta palesi collegamenti primari con le tematiche

della povertà e della salute. Tuttavia altri collegamenti, di tipo secondario, possono essere rintracciati nella possibilità di misurazione dell’impatto della regolazione concernente le utilities dell’acqua e dunque la governance di tale risorsa. Inoltre l’indicatore fornisce informazioni sulla disponibilità e sull’uso dell’acqua, nonché sull’adeguatezza delle infrastrutture. Conseguentemente si ottengono informazioni utili per lo sviluppo economico e così via. Nella tabella riportiamo un esempio di come Csd consiglia tracciare i likages tra i diversi indicatori (in nero i collegamenti primari e in grigio quelli secondari).

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Proporzione di popolazione avente accesso ad acqua

Fonte: adattata da “Indicators of Sustainable Development: Guidelines and Methodologies”, UN,Third Edition.

I principi guida per l’applicazione degli indicatori allo sviluppo sostenibile a livello nazionale

I criteri di selezione L’attività della Csd è primariamente volta all’informazione politica a livello nazionale e alla predisposizione di strumenti che permettano di tracciare i progressi verso il raggiungimento di uno sviluppo sostenibi-

le. Molti paesi hanno difatti implementato gli indicatori nelle loro strategie nazionali per lo sviluppo sostenibile. Oltre a questi principi di carattere generale vengono esplicitati 9 criteri di selezione: 1) Primario interesse nazionale; 2) Rilevante per valutare i progressi verso lo sviluppo sostenibile; 3) Limitato nel numero ma adattabile a futuri usi diversi (open-ended);

Modelli di sviluppo e di consumo

Partnership economica mondiale

Sviluppo Economico

Biodiversità

Acqua dolce

Oceani, mari e coste

Terra

Atmosfera

Disastri Naturali

Demografia

Educazione

Salute

Governance

Povertà

TABELLA 2 - Esempio mappatura likages tematici


4) Grande copertura degli aspetti dell’Agenda 21; 5) Comprensibile, chiaro e non ambiguo; 6) Concettualmente facile da comprendere; 7) Maggiore rappresentatività possibile del consenso internazionale; 8) Sviluppabile attraverso le disponibili capacità nazionali; 9) Dipendente da dati costo-efficaci (da ottenere) e robusti.

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Adattabilità al contesto e alle necessità nazionali: la matrice di selezione Ciascun paese potrebbe essere interessato a selezionare quegli indicatori che meglio si addicono alle necessità contingenti a livello nazionale. A tal fine le Nazioni Unite hanno proposto uno strumento volto a semplificare queste operazioni di scelta e adeguamento del set di indicatori messi a disposizione. È una semplice matrice avente sulle sue di-

mensioni la disponibilità e la rilevanza di dati, nella quale il paese può inserire l’indicatore e verificarne l’adeguatezza o la necessità di eventuali necessarie correzioni. Per quanto riguarda la disponibilità, la Csd sottolinea l’utilità di classificare gli indicatori in una delle quattro categorie di una “scala di disponibilità di dati” da: a) Pienamente disponibile; b) Potenzialmente disponibile: contiene i casi in cui i dati possono essere ottenuti in un tempo e ad un costo ragionevoli; c) Dati relativi disponibili: questa categoria concerne i casi di mancanza di dati significativi ma per cui potrebbero essere usati dati relativi per comporre l’indicatore; d) Non disponibile. Anche per la rilevanza sono state introdotte quattro categorie: a) Rilevante; b) Rilevanza di un indicatore relativo; c) Rilevante ma mancante; d. Irrilevante.

FIGURA 1 - Matrice per l'adattamento degli indicatori della Csd al contesto nazionale

Fonte: Indicators of Sustainable Development: Guidelines and Methodologies”, UN,Third Edition.


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3. L’Impronta Ecologica (Global footprint network)

Il concetto di Impronta Ecologica (Ecological Footprint - EF) Il concetto di “Impronta Ecologica” è stato introdotto nel 1997 da Mathis Wackernagel e dai suoi colleghi all’Università di Anáhuac de Xalapa11. Partendo dalla concezione secondo la quale la domanda di prodotti e servizi richiesta e prelevata dagli ecosistemi sia in continua crescita e che tale domanda stia superando la capacità rigenerativa e di assorbimento della biosfera, hanno costruito uno strumento che misura la domanda e la disponibilità di “regenerative and waste absorptive capacity”12. In altre parole, l’impronta cerca di quantificare l’appropriazione di ecosistema conseguente dalla produzione di beni e servizi e di esprimerla in termini di quantità di terra e mare necessaria per fornirli. Quest’area (terra e mare) viene chiamata “capacità bio-produttiva” e rappresenta l’area complessivamente utilizzata nel corso di un anno da una determinata popolazione umana per produrre le risorse che essa consuma e per assimilare i rifiuti che essa produce. Vengono contabilizzati sei tipologie differenti di terra (“land use”): – Terra coltivabile (cropland) necessaria per produrre alimenti e risorse naturali; – Terra da pascolo (grazing land) per allevamento e produzione di prodotti animali; – Superficie marina (fishing ground) per produrre pesci e frutti di mare; o Terra forestata (forests land) per produrre legname e carta;

– Terra edificata (built-up land) per ospitare infrastrutture edilizie; – Terra per l’assorbimento dell’anidride carbonica o terra energetica (carbon uptake), foresta necessaria per assorbire le relative emissioni risultanti dal consumo energetico. Per ogni componente la domanda di servizi ecologici è divisa per il rendimento di ciascuno di questi servizi per arrivare all’impronta di ciascun tipo di terra. Per convertire l’ammontare di terra fisica domandata in capacità bio-produttiva media mondiale, chiamata “ettaro globale”, e fare comparazioni fra le diverse tipologie di terra, l’impronta e l’area bio-produttiva sono scalati con fattori di rendimento (yield factors) e di equivalenza. I calcoli sono basati principalmente sui dati internazionali pubblicati dalla Fao (ResourceSTAT Statistical Database 2007), dalla IEA, dalla divisione statistica delle Nazioni Unite (UN Commodity Trade Statistics Database – UN Comtrade 2007) e dall’Ipcc.

Le sei ipotesi chiave della metodologia di calcolo La misurazione dell’EF si basa su sei principali assunti: 1. La maggioranza delle risorse che le persone consumano e dei rifiuti generati possono essere tracciati; 2. Molte di queste risorse e dei flussi di rifiuti possono essere misurati in termini di area bio-produttiva necessaria per mantenere tali flussi. Quei flussi che non possono essere misurati vengono esclusi sottostimando l’impronta complessiva; 3. Ponderando ogni area per la sua bio-

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produttività (attraverso yield factors) diverse tipologie di terra possono essere convertite in un'unica unità: l’ettaro globale, l’ettaro rappresentante la bio-produttività media mondiale; 4. Poiché un singolo ettaro globale rappresenta un singolo uso tutti gli ettari globali sommati rappresentano la stesso ammontare di bio-produttività e possono essere sommati per ottenere un indicatore aggregato: l’Impronta Ecologica; 5. La domanda dell’umanità, espressa come IE, può essere direttamente comparata all’offerta della natura (bio-capacità), quando entrambe sono espresse in ettari globali; 6. L’area domandata può eccedere l’area offerta se la domanda nei confronti di un ecosistema eccede la capacità rigenerativa dello stesso. Tale situazione viene denominata di “overshoot”.

Il metodo di calcolo dell’Impronta e della bio-capacità L’EF misura la bio-capacità, la quale rappresenta a sua volta la disponibilità di terra bio-produttiva. Per ogni tipologia di terra l’EF di un paese, in ettari globali, è data da: P EF = –– · YF · EQF YN Dove P è la quantità di prodotto prelevato o rifiuto emesso, YN il rendimento medio nazionale riferito a P, e YF e EQF rispettivamente il fattore di rendimento e di equivalenza per la tipologia di terra in questione. La bio-capacità di un paese

(BC) per ogni tipologia di terra è invece calcolata come segue: BC = A · YF · EQF Dove A corrisponde all’ammontare di terra disponibile per una data tipologia di terra. L’EF di prodotti derivati dai flussi primari utilizzando specifici tassi di estrazione (Extr). Per ulteriori approfondimenti si rimanda alla letteratura di riferimento13. Il criterio di equilibrio è dato dalla differenza tra la BC e l’EF: se il risultato è negativo il paese si trova in condizione di “debito ecologico” al cui interno sono inclusi gli effetti derivanti dagli scambi commerciali (si veda parte relativa al commercio).

Il calcolo degli ettari globali: la normalizzazione delle aree bio-produttive e i fattori di scala La produttività media differisce tra le tipologie di terra considerate e quest’ultima varia da paese a paese per tipologia stessa. Per effettuare comparazioni tra paesi vengono utilizzati fattori di rendimento mentre per confrontare tipologie di terra fattori di equivalenza. In ultimo l’EF e la bio-capacità vengono espresse in unità di area bioproduttiva mondiale media, gli ettari globali, permettendo di tracciare i flussi commerciali internazionali. I fattori di rendimento Per misurare le variazioni della produttività tra le varie nazioni vengono impiegati fattori di rendimento in modo da quantificare la produttività specifica all’interno di


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un paese in rapporto alla produttività media mondiale di ciascuna tipologia di terra. In ogni anno, dunque, ciascun paese ha un fattore di rendimento per la terra coltivata, per quella da pascolo, per la su-

perficie marina e via dicendo. In altre parole questi fattori ponderano le tipologie di terra rispetto alla relativa produttività. Qui sotto riportiamo alcuni esempi per alcuni paesi.

TABELLA 3 - Esempio fattori di rendimento per alcuni paesi (Anno 2006) Rendimento

Terra coltivabile

Media mondiale Algeria Germania Ungheria Giappone Giordania Nuova Zelanda Zambia

Foresta

1 0,6 2,1 1,4 1,5 1 1,9 0,5

1 0,4 4,1 2,6 1,4 1,5 2 0,2

I fattori di equivalenza Per combinare EF e BC di diverse tipologie viene poi utilizzato un secondo fattore di scala che permette di trasformare le diverse tipologie di terra con i relativi fattori di rendimento in ettari globali equivalenti. Ai fini del calcolo della EF e della BC, difatti, ciò che interessa non è tanto

Terra da pascolo

Mare produttivo

1 0,7 2,2 1,9 2,2 0,4 2,5 1,5

1 0,9 3 0,0 0,8 0,7 1 0

la superficie utilizzata quanto il suo potenziale produttivo e i fattori di equivalenza associano le diverse tipologie di terra mettendole a rapporto con la produttività media dei terreni e la bio-produttività media a livello mondiale. Qui di seguito riportiamo i valori attualmente utilizzati.

TABELLA 4 - Fattori di equivalenza (Anno 2006) Tipo di terra

Terreni agricoli principali Foreste Terre da pascolo Mare produttivo Acque continentali Terra edificata

Fattore di equivalenza (ettari globali/ettaro)

2,39 1,24 0,51 0,41 0,41 2,39

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Il commercio Per includere gli effetti derivanti dal commercio internazionale viene costruito l’indice dell’EF relativo al consumo di beni e servizi prodotti in un paese (EFC), dato dalla differenza tra l’EF della produzione (EPP) sommato all’EF delle importazioni (EFI) e l’EF delle esportazioni (EFE): EFC = EFP + EFI – EFE

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Come accennato, un paese la cui domanda di beni ecologici supera quella della sua offerta domestica è un debitore ecologico e dovrà pertanto far ricorso all’import di bio-capacità (e viceversa).

I risultati Gli ultimi risultati del 2009 (riferiti all’anno 2006) indicano che l’umanità non sta vivendo nei limiti del pianeta. I 17,1 ettari globali superano di gran lunga gli 11,9 di biocapacità. Sintetizzando ciò significa che l’umanità nel 2006 ha utilizzato più dell’intera bio-capacità mondiale per circa il 40% (dunque 1,4 pianeti). Secondo le stime servirebbero quindi un anno e quattro mesi per rigenerare queste risorse prelevate in eccesso (Figura 2). Inoltre metà dell’EF mondiale è attribuibile a soli dieci paesi con Stati Uniti e Cina che hanno pesato rispettivamente per il 23 e 21% (si vedano le figure di seguito riportate).

FIGURA 2 - EF dell’umanità 1961-2006

Fonte: (GFN) “Ecological Footprint Atlas 2009”


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Le criticità Attorno al concetto di impronta ecologica si è acceso un forte dibattito. Come qualsiasi indicatore l’EF ha dei pregi e dei difetti. Il fondamentale pregio è quello di riuscire ad aggregare e convertire una serie di dati piuttosto complessi e di natura diversa, esprimendoli però in una sola unità: gli ettari globali. Il fondamentale difetto è in realtà collegato alla stessa necessità di aggregazione che, inevitabilmente, costringe a semplificare e adottare ipotesi in certa misura controverse. Spesso inoltre la metodologia viene rivista e modificata, rendendo più complesso l’utilizzo dello strumento per effettuare comparazioni da un punto di vista storico. Oltre a ciò, data la complessità del fenomeno analizzato e l’abbondante quantità di dati, è doveroso sottolineare come l’affidabilità di questi ultimi rappresenti, oltre alle controversie teoriche di impostazione metodologica, una criticità rilevante. Un rapporto commissionato dalla Commissione Europea ha analizzato lo strumento attraverso diverse metodologie di analisi (Racer and Swot) sintetizzando così i maggiori punti di forza: «Integrates all resource use in terms of demand on regenerative capacity. Allows relating human demand to supply by nature and determining clear target. Considers trade flows (incl. embodied energy) based on a clear research question» e quelli di debolezza: «EF cannot cover impacts for which no regenerative capacity exists (e.g. pollution in terms of waste generation, toxicity, eutrophication, etc.). EF shows pressures that could lead to degradation of natural capital (e.g. reduced quality of land or re-

duced biodiversity), but does not predict this degradation»14 .

4. L’equazione IPAT

La nascita dell’equazione IPAT (Impatto = Popolazione * Agiatezza * Tecnologia) L’identificazione e la comprensione delle forze trainanti l’impatto dell’attività antropica e gli effetti della produzione di sostanze inquinanti sull’ambiente, mette gli studiosi di fronte a problemi e variabili che trascendono la disciplina economica ed interessano diverse materie e campi di studio, quali ad esempio quello demografico (crescita della popolazione), quello economico (crescita economica), quello energetico (consumo energetico), quello ambientale (emissioni inquinanti) e quello scientifico (l’innovazione tecnologica). L’origine dello studio di queste tematiche e degli sforzi profusi alla comprensione delle cause retrostanti al rapporto tra il sistema economico e quello ambientale risale all’incirca agli anni settanta. Fra i tentativi di realizzazione e concretizzazione di queste riflessioni, l’evoluzione delle applicazioni e delle formulazioni della c.d. “Ipat equativo”, ricopre senza ombra di dubbio la posizione di maggiore importanza ed interesse scientifico. Generalmente accreditata a Ehrlich, l’equazione Ipat, è difatti riuscita ad includere le sfaccettature di differenti e più complessi modelli in materia ed è stata scelta da numerosi studiosi15 come il punto di partenza per l’investigazione delle interazioni fra popolazione, crescita economica, sviluppo tecnologico ed ambien-

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te. Inizialmente concepita come un’identità, l’Ipat, è stata solo in seguito formulata come un’equazione matematica in grado di misurare la pressione antropica sull’ambiente. Originariamente formulata da Ehrlich e Holdren16 come identità volta all’investigazione del ruolo della popolazione come determinante delle crisi ambientali presentava questa veste: I = PxF

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Dove I sta per impatto totale, P per dimensione della popolazione ed F per impatto procapite. Come spiegano gli autori l’impatto totale aumenta al crescere di una delle due variabili o se una variabile aumenta più velocemente del declino dell’altra. Per dimostrare la non linearità dell’equazione e l’interdipendenza delle variabili, l’identità è stata poi successivamente ripresentata sotto questa forma: I = P(I,F) x F In tale variante è chiaro che F dipende da P e che P dipende allo stesso tempo da I e F. Facendo un esempio concreto, possiamo riferirci ad una rapida crescita della popolazione in grado di inibire la crescita del reddito e del consumo (caso particolarmente vero per i paesi in via di sviluppo).

In questo stadio iniziale dell’evoluzione dell’identità, la tecnologia, non viene espressa come variabile separata, ma discussa in relazione alla variabile F, la quale, essendo legata al consumo procapite (di energia, cibo, metallo, etc.), può essere influenzata dalla tecnologia che ovviamente può incidere sul minore o maggior consumo. Gli autori notano che «improvements in technology can sometimes hold the per capita impact, F, constant or even decrease it, despite increases in per capita consumption»17. Nonostante il ruolo riconosciuto alla tecnologia, gli autori concludono che essa abbia un’influenza sul trend ma che non possa sovvertirlo. È in questo contesto che Commoner, nella sua famosa opera The Closing Circle, gioca un ruolo piuttosto importante per il futuro dell’identità, concentrando i propri sforzi sull’importanza attribuita al cambiamento tecnologico come determinante dell’impatto. Commoner e i suoi colleghi, nel tentativo di misurare la quantità di inquinamento risultante dalla crescita economica degli Stati Uniti durante il periodo postbellico, decisero di usufruire dell’identità come strumento di riferimento. Per far ciò, si occuparono di dare un rigore matematico all’identità e di operazionalizzare le tre variabili. Il risultato li portò a presentarla sotto tali vesti:

Economic good Pollutant I = Population X ––––––––––––––– X ––––––––––––––– Population Economic good


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Dove I si riferisce alla quantità di un certo tipo di fattore inquinante introdotto annualmente nell’ambiente, Popolazione alle dimensioni demografiche in un dato anno e beni economici a determinati beni, prodotti o consuma-

ti, in un certo periodo di tempo ed in riferimento all’agiatezza (affluence). In questo modo l’identità acquisisce rigore matematico e sostanzialmente riconduce l’impatto antropico all’inquinamento:

Economic good Pollutant I = Population X ––––––––––––––– X ––––––––––––––– Population Economic good Così facendo Commoner, si concentra sull’analisi dell’impatto di ciascuna variabile rispetto all’impatto totale e sulla comparazione dei tre elementi fondamentali dell’equazione: popolazione, affluence e tecnologia. Nei suoi lavori sostiene che il contributo della popolazione e dell’agiatezza economica siano inferiori a quello svolto dalla tecnologia, nei modi di produzione e di consumo.

La veste originaria dell’equazione Da qui nacque l’acceso dibattito accademico che si tenne nel corso degli anni settanta con i promotori originari dell’identità, Ehrlich e Holdren, i quali rigettavano le basi matematiche di Commoner. Proprio da questo dibattito, trae origine la veste dell’equazione che noi oggi conosciamo come equazione Ipat. I due autori, difatti, nella loro opera di critica18 riprendono la formula di Commoner per poi scomporla ed analizzarla nelle diverse sezioni scrivendo: «for compactnees, let us rewrite this equation»: I = PxAxT

Dove I sta per l’impatto, P per popolazione (population), A per ricchezza (affluence)eT per tecnologia (technology). Da questa critica, che fu portata avanti da Ehrlich e Holdren al fine di sottolineare la correlazione, l’interdipendenza e le conseguenze di queste proprietà dell’identità sull’impatto totale, nasce appunto l’equazione e lo sforzo di scomporre ed analizzare ogni singolo elemento dell’identità matematica che tuttora stimola l’interesse di molti studiosi. L’equazione, difatti, ha successivamente assunto diverse fattezze col passare del tempo e dei contributi scientifici ad essa correlati. Essa, inoltre, ha progressivamente conquistato un notevole successo negli studi legati ai cambiamenti climatici, specificatamente agli studi legati ai contributi del consumo di energia e dell’emissione di CO2.

Le formulazioni attuali La consacrazione del suo successo si è registrata senza dubbio nel 1996 quando l’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) ha implementato per la prima volta l’equazione per le proprie analisi19. Ultimamente, l’evidenza ha suggerito che l’equa-

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quale modello di riferimento per previsioni ed analisi del contributo antropico all’emissione di sostanze inquinanti21. Proprio quest’ultimo è divenuto l’uso più comune negli ultimi anni.

zione può essere usata per supportare diversi punti di vista. Ehrlich e Holdren la utilizzano per evidenziare l’apporto della popolazione, Commoner quello della tecnologia, l’economista Julian Simon20 ritiene invece che la crescita della popolazione e della ricchezza siano le forze trainanti del nuovo sviluppo tecnologico. Il fatto che essa possa essere interpretata in così tanti modi diversi è al contempo un punto di forza e di debolezza. Da una parte ciò potrebbe portare a considerarla come troppo ampia e generalizzante nelle variabili che cerca di controllare e nelle interdipendenze che tenta di individuare e misurare. Dall’altro lato, non ha registrato grandi errori statistici e la sua formulazione non essendo definitiva potrà comunque essere modificata in futuro in modo da incrementare il suo potere attrattivo

Una celebre derivazione: la Kaya Identity Un contributo determinante al riguardo è stato dato dall’economista giapponese Yoichi Kaya, il quale nel 1990 ne ha fatto largo uso al punto che oggigiorno non di rado ci si riferisce all’identità con appellativi che richiamano il suo nome (Kaya Identity). La sua formulazione presenta una caratteristica particolare, ovvero quella di includere il settore energetico. Di frequente difatti, la Kaya identity viene utilizzata come strumento per identificare i drivers, le forze trainanti, delle emissioni do CO2 legate al settore energetico:

CO2 Emissions from energy = Population X

Dove dentro le parentesi quadre troviamo le variabili A -primi due frazioni di cui la seconda per energy s’intendono i consumi primari di energia -e T -ultima frazione. In questo caso l’equazione è in forma lineare, dunque, il cambio di una delle variabili non produce un effetto sulle altre. Ciò non è completamente vero ma procedendo in questo modo è possibile catturare i principali drivers dell’impatto dell’attività antropica sull’ambiente. Lo stesso Nicola Stern, nella sua più famosa opera ricorre alla Kaya identity per comparare le diverse realtà mondiali rispetto al problema delle

[

GDP Energy CO2 –––––––– X ––––––– X ––––––– Population GDP Energy

emissioni di CO2 legate al consumo di energia22. Notiamo che la formulazione della Kaya identity è composta da una serie di indicatori. All’interno delle parentesi quadre, difatti, troviamo nell’ordine il Pil procapite, l’intensità energetica dell’economia e l’intensità carbonica del mix energetico. Per semplificare possiamo dire che le emissioni sono la risultante di due tipi di forze: una tipa sociale (crescita della popolazione e crescita del reddito pro-capite) ed una di tipo tecnico (crescita dell’intensità energetica dell’economia e del

]


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contenuto carbonico del mix energetico). Insieme, le socio-forze e le tecno-forze determinano l’aumento o la diminuzione delle emissioni.

5. Feem Sustainability Index (Fondazione Enrico Mattei) Il FEEM Sustainability Index (FEEM SI) è un progetto della Fondazione Enrico Mattei, avviato nel 2005 e conclusosi nel 2010, volto alla creazione di uno strumento flessibile per la valutazione della sostenibilità dei paesi. È costruito sulla base della letteratura esistente sulla sostenibi-

lità e trova le sue fondamenta in un modello di calcolo di equilibrio generale (Computable General Equilibrium Model – CGE23) che permette di valutare la sostenibilità da un punto di vista dinamico e dunque di fornire indicazioni tanto sul passato che sul futuro. L’indicatore è calcolato secondo diverse ipotesi economiche, sociali ed ambientali e ciò gli garantisce una sostanziale flessibilità nel tempo ed adattabilità al contesto. La creazione dell’indicatore consta di quattro principali fasi: una prima fase di selezione degli indicatori, una seconda di modellizzazione, una terza di normalizzazione ed una quarta di aggregazione.

DIAGRAMMA 1 - Fasi di costruzione del FEEM SI

Fonte: adattato dal sito del progetto (http//www.feemsi.org/pag/project.php

La selezione degli indicatori Gli indicatori sono selezionati partendo dallo studio della letteratura esistente e da fonti internazionali affidabili. Coerentemente con la teoria della sostenibilità, sono stati individuati i tre principali pilastri della sostenibilità – economico, sociale e ambientale – e, coerentemente

con altri lavori effettuati da parte da istituzioni internazionali, sono state coperte le principali aree di ricerca nel panorama di valutazione della sostenibilità (struttura economica, ricerca e sviluppo, povertà della popolazione, benessere sociale, energia, qualità dell’aria e risorse naturali).

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TABELLA 5 - Fonti utilizzate per la scelta del set di indicatori per il FEEM Set di indicatori

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Fonte

Tipo

EU Sustainable Development Strategy (EU SDS) UN

Communication Almunia to the Member States

Theme-based indicator set

Sustainable Development Strategy (UN CDS)

Commission on Sustainable Developmant

Three-pillar indicator set (2001) Theme-based indicator set (2005)

World Development Indicators (WDI)

World Bank

Theme-based indicator set

EEA core set of indicators

Eurostat, EEA

Environmental indicators

Fonte: adattato da “FEEM Sustainability Index, Methodological Report”

La scelta è stata condizionata dalla necessità di inserire nel modello di equilibrio generale dei dati che rispondessero a due criteri: commodities soggette a transazione e misurabili in termini di unità monetarie.

L’analisi condotta ha portato alla selezione di 18 indicatori classificati secondo i tre pilastri della sostenibilità contenente una serie di sottosezioni corrispondenti a diversi indicatori.

TABELLA 6 - Indicatori del FEEM SI Theme

Sub-theme

ECONOMIC

ECONOMIC STRUCTURE COMPETITIVENESS

SOCIAL

POPULATION POVERTY SOCIAL WEALT

Indicator

1. GDP per capita 2. Consumption 3. R&D 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10.

Grouth rate of population Food relevance in primary consumption Energy per capita Expenditure in insurance and pensions Public expenditure on education Healt expenditure on education Overall health expenditure


STRUMENTI

Theme

Sub-theme

Indicator

ENVIRONMENTAL

AIR

11. CO2 intensity of energy 12. GHG emission per capita 13. Energy iontensive 14. Imported energy 15. Clean energy 16. Use of renewable water resources 17. Biodiversity index-plants 18. Biodiversity index-animals

ENERGY

NATURAL ENDOWMENT

Fonte: “FEEM Sustainability Index, Methodological Report”

133

La modellizzazione Il modello scelto per la costruzione del FEEM SI è il ICES model (Inter-temporal Computable Equilibrium System). Questo modello era stato sviluppato con lo scopo principale di valutare l’implicazione finale di benessere dei cambiamenti climatici sulle economie mondiali ed è anche il punto d’inizio per la costruzione del FEEM SI. Per adattare Il modello è basato su un database relativo al 2001, proiettato fino al 2020, che rappresenta lo stato delle diverse economie regionali per ogni anno e che viene utilizzato per costruire la serie di indicatori che compongono il FEEM SI. Il risultato finale è prodotto utilizzando tutti gli input disponibili (risorse naturali, la terra, il lavoro, il capitale, l’energia e un insieme di beni intermedi, etc). Il modello, inoltre, tiene conto delle principali emissioni di gas serra, cioè CO2, CH4 e N2O. Le politiche per limitare le emissioni di gas serra possono essere inserite nel modello al fine di con-

frontare la sostenibilità in assenza o in presenza di esse. La dinamica del modello è guidata da due fonti: una esogena e l’altra endogena. La prima deriva da percorsi di crescita imposti in modo esogeno da qualche variabile chiave quale la popolazione, la produttività del lavoro, la produttività della terra. I valori di queste variabili sono presi da proiezioni statistiche disponibili o da altri esercizi di modellizzazione. La seconda fonte riguarda il processo di accumulazione del capitale. Il capitale sociale viene aggiornato nel tempo al fine di tener conto della decisione di investimento endogeno. L’aggregazione attuale del modello ci permette di calcolare gli indicatori di sostenibilità del FEEM SI per 40 regioni del mondo. Gli indicatori sono costruiti con le variabili ottenute dai risultati del modello ICESSI per ciascuna delle tre principali componenti della sostenibilità. Il modo in cui vengono utilizzate le variabili per costruire gli indicatori di sostenibilità è spiegato nella tabella sottostante.


TABELLA 7 - Calcolo degli indicatori Indicator

Description

GDP p.c.

GDP / population

Consumption expenditure

Consumption / GDP * 100

Research and development R&D

R&D expenditure / GDP * 100

Growth rate of population

Population growth rate

Food relevance in primary consumption

Expenditure in food / Total expenditure in primary consumption goods * 100

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Energy p.c.

Energy volumes / population

Expenditure in insurance and pensions

Insurance expenditure / GDP * 100

Public expenditure on education

Expenditure in education / GDP * 100

Health expenditure by privates entities

Private expenditure in health / Pverall expenditure

Overall health expenditure

Health expenditure / GDP * 100

CO2 intensity of energy

CO2 emission / Energy volumes

Greenhouse gas emission p.c.

N2O+CH4+CO2 emission / population

in health * 100

Energy intensity

Energy Use / GDP

Imported energy

Imported Energy / Overall Energy Used * 100

Clean energy

Clean Energy Production / Overall Energy Use * 100

Use of renewable water resorces

Water use / Total Renewable Water

Biodiversity index of animals

Highly Endangered Species / Total Endangered Species * 100

Biodiversity index of plants

Highly Endangered Species / Total Endangered Species * 100

Fonte: “FEEM Sustainability Index, Methodological Report”

Normalizzazione degli indicatori Poiché la sostenibilità è caratterizzata da molte componenti diverse, è naturale che come ogni altra serie di indicatori, quello creato per il FEEM SI è caratterizzata anche da unità di misura diverse. Per combi-

nare insieme tali elementi diversi in una sola misura e creare il FEEM SI si è effettuato un processo di normalizzazione in modo da ricondurre tutti gli indicatori ad una scala comune. La procedura di normalizzazione scelta


STRUMENTI

per il SI FEEM parte da una considerazione molto semplice: la sostenibilità è un concetto ben definito in alcuni settori (specifiche politiche esistono per aumentare la sostenibilità misurata con specifici indicatori) e molto meno definite in altri. Perché non sfruttare le informazioni disponibili e trovare un modo flessibile per affrontare quei settori ancora sconosciuti? Per tale ragione gli indicatori SI FEEM sono stati classificati in una scala da 0 ad 1, mediante una griglia di normalizzazione per gli indicatori specifici, volta a ordinare le politiche di sostenibilità in base alla loro rilevanza o sula base di un criterio medio. Questo metodo si chiama benchmarking ed è molto appropriato soprattutto nel caso di tali indicatori per i quali esiste un target concordato di qual-

che tipo (es. a livello dell'UE o globali). Di norma, la procedura di valutazione comparativa assegna solo due valori, 1 e 0, secondo la corrispondenza ad un livello di riferimento scelto. Nel caso del SI FEEM lo scopo non era solo quello di individuare le migliori e le peggiori pratiche, ma anche di fornire una misura di distanza da un determinato obiettivo. Per questo motivo gli indicatori SI FEEM sono normalizzati secondo una funzione di benchmarking che passa attraverso cinque livelli di riferimento che definiscono una funzione a gradini con quattro chiusi e due aperti, ognuno dei quali è "linearizzato", prendendo i valori medi dei due intervalli successivi e l’interpolazione, creando dunque una funzione continua (si veda figura sotto).

Ognuno dei cinque livelli di riferimento corrisponde ad un determinato livello di sostenibilità, come una serie di fasi che vanno da insostenibili a pienamente sostenibili, mentre i valori all'interno di uno

qualsiasi degli intervalli definiti da questi cinque valori corrisponde ad un livello intermedio tra le due fasi. Di seguito riportiamo le definizioni dei cinque livelli di riferimento.

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TABELLA 8 - Livelli di sostenibilità di riferimento 0

Extremely unsustainable situation

0.25

Indicator is still not sustainable but not as severely as in the previous case

0.50

A discrete level of sustainability, but still far from target

0.75

Satisfactory level in the sustainability, yet not on target

1

Target level, fully sustainable

Fonte: “FEEM SI Project website

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Aggregazione degli indicatori Il FEEM SI è una misura aggregata di sostenibilità che consente di classificare i paesi del mondo secondo la loro performance di sostenibilità complessiva. La sostenibilità è caratterizzata da indicatori molto diversi, alcuni dei quali possono essere complementari e ridondanti. Alcuni paesi possono registrare valori migliori per alcuni indicatori e peggio altri. Ciò richiede una metodologia di aggregazione in grado di affrontare efficacemente tutte le informazioni contenute nei diversi indicatori. Il FEEM SI ottimizza il trade off tra semplicità ed efficacia focalizzandosi sulle interrelazioni tra gli indicatori attraverso un’adeguata ponderazione. Essi sono organizzati in una struttura ad albero (si veda figura) nella quale l’aggregazione parziale si svolge a tutti i livelli. L’albero rispetta la struttura dei tre pilastri dello sviluppo sostenibile (economia, ambiente, società) e permette una progressiva aggregazione di indicatori per ogni pilastro fino ad arrivare al nodo finale che è l’indice SI. Differentemente da altri metodi,

dove viene attribuito un peso ad ogni indicatore, nell’albero decisionale ogni peso viene attribuito all’insieme di indicatori presente per ogni nodo (punto d’incontro dei sotto livelli di indicatori). Al fine di valutare il grado di interazione tra i criteri, due livelli di comportamenti estremi sono state definiti per ciascun indicatore (worst, best). Successivamente, un peso (o misura) non è assegnato ad un solo criterio, ma a ogni raggruppamento di criteri per ogni nodo della struttura decisionale. In tal modo, l'importanza di due rendimenti non è necessariamente la somma ponderata dell’importanza (singola) di due soli benefici, ma può essere maggiore (nel caso di interazione positiva) o inferiore (nel caso di interazione negativa). Un algoritmo adatto, basato sul così detto integrale di Choquet, aggrega i criteri in uno solo prendendo in considerazione tutti i pesi del raggruppamento. L’interazione tra i criteri può essere misurata con la tendenza della preferenza dell’intervistato verso un comportamento più o meno "pessimista" (conservativo). Cioè, un


STRUMENTI

decisionista conservatore preferisce che tutti (o molti) dei criteri siano soddisfatti al fine di dare una valutazione positiva, mentre un"ottimista" è soddisfatto se una prestazione eccellente è osservata in al-

meno un criterio, indipendentemente dal livello degli altri criteri. Questo tipo di comportamento è una caratteristica della serie di pesi, e può essere sintetizzato in un indice numerico.

137

I risultati I risultati per il 2009 hanno visto al primo posto la Svezia. I paesi scandinavi i generale sono ritenuti forte-

mente sostenibili nel loro complesso. Al terzo posto il Canada e al 14° gli Stati Uniti, una posizione avanti all’Italia.

FIGURA 3 - Risultati FEEM SI 2009

Fonte: “FEEM SI Project website


6. Dow Jones Sustainability Index

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Lanciati nel 1999, i Dow Jones Sustainability Indexe sono i primi indici globali a tracciare i rendimenti finanziari delle aziende leader nella sostenibilità. Sulla base della collaborazione tra Dow Jones Indexes, STOXX Limited e la SAM forniscono riferimenti affidabili e oggettivi per gestire portafogli di sostenibilità. Attualmente più di 70 licenze DJSI sono presenti in 16 paesi per gestire una varietà di prodotti finanziari inclusi fondi attivi e passivi, certificati e gestioni patrimoniali. Tutti gli indici della grande famiglia dei DJSI sono valutati in accordo al Corporate Sustainability Assessment (Valutazione di sostenibilità aziendale) e ai rispettivi criteri. La metodologia è basata sull’applicazione di criteri di valutazione e di opportunità e rischi derivanti dalle dimensioni economiche, ambientali e sociali di ognuna delle aziende ammissibili nel mondo DJSI. Alcuni criteri sono applicabili per tutte le industrie mentre altri criteri sono specifici in base al settore industriale. Le informazioni sono prese da: – le risposte al questionario online fornito dalla SAM, compilato da tutte le aziende partecipanti al report annuale, che sono verificate da audit esterni; – le documentazioni presentate; – le politiche e i reports; – le informazioni disponibili pubblicamente; – i contatti diretti da parte degli analisti della SAM con le aziende.

Monitoraggio Una volta che un’azienda è selezionata come membro della famiglia DJSI, è monitorata quotidianamente per quanto riguarda le nuove criticità crescenti. Il processo di monitoraggio comprende una valutazione del coinvolgimento di un’azienda in situazioni di crisi economiche, ambientali o sociali, e nel mettere a confronto la sua gestione delle crisi, contro i suoi principi e le sue politiche. Il monitoraggio della sostenibilità aziendale può portare all'esclusione di un’azienda dalla famiglia DJSI indipendentemente dal modo in cui essa aveva svolto in sede di valutazione annuale. I seguenti problemi vengono individuati ed esaminati nel processo di monitoraggio. L’obiettivo del monitoraggio della sostenibilità aziendale è quello di verificare il coinvolgimento e la gestione di un’azienda delle criticità ambientali, economiche e sociali o delle situazioni di crisi che possono avere un effetto altamente dannoso per la sua reputazione. Inoltre, la coerenza del comportamento di un’azienda e di gestione delle situazioni di crisi viene rivista in linea con i principi e le politiche dichiarati. I seguenti problemi vengono individuati ed esaminati nel processo di monitoraggio: – le pratiche commerciali, ad esempio, frode fiscale, riciclaggio di denaro, antitrust, frode e casi di corruzione; – violazioni dei diritti umani, quali ad esempio casi di discriminazione, lavoro forzato, lavoro minorile; – licenziamenti conflitti o di impiego; ad esempio cassa integrazione estesa e scioperi;


STRUMENTI

– eventi catastrofici o incidenti: per esempio, numero di vittime, questioni relative alla sicurezza sul posto di lavoro, guasti tecnici, catastrofi ecologiche e richiami di prodotto.

Valutazione d’impatto Ciascuno dei componenti del DJSI è monitorato giorno per giorno per le criticità e le situazioni di crisi. Se si verifica una criticità, l’analista responsabile SAM provvede a valutare l’entità della crisi all’interno dell’azienda, geograficamente e in termini di copertura mediatica. Se l’impatto della crisi sulla reputazione della società e il suo core business è di vasta portata, presente nei media di tutto il mondo o è una preoccupazione importante per l’azienda, il monitoraggio si muove verso la fase successiva. Qualità della gestione delle crisi In una seconda fase, gli analisti verificano la qualità della gestione delle crisi di un’azienda. Essi verificano come l’azienda informa il pubblico, riconosce la responsabilità, prevede misure di sostegno, coinvolge le parti interessate e sviluppa soluzioni. Un comitato interno a SAM Research pesa poi la gravità della crisi in relazione alla gestione delle crisi della società e, se lo ritiene opportuno, fornisce al DJSI Index Design Committee una proposta di escludere l’azienda dalla famiglia DJSI. Criteri di valutazione I criteri di valutazione sono allo stesso tempo economici, ambientali e sociali. CRITERI ECONOMICI – Codici di condotta, conformità e corruzione

– Gestione aziendale (corporate governance) – Gestione delle crisi e dei rischi – Criteri specifici dell’azienda dipendenti dal settore industriale CRITERI AMBIENTALI – Report ambientali25 – Criteri specifici dell’azienda dipendenti dal settore industriale CRITERI SOCIALI – Cittadinanza aziendale/Filantropia – Indicatori delle pratiche di lavoro – Sviluppo del capitale umano – Report sociali26 – Attrattiva e mantenimento del talento – Criteri specifici dell’azienda dipendenti dal settore industriale.

7. Misurabilità della sostenibilità dello sviluppo (Cirps)

“Lo sviluppo sostenibile non consuma risorse, ma le usa e riusa illimitatamente” Questo concetto fondamentale è alla base della teoria dei “cicli chiusi”, riferimento scientifico del Gruppo Energia Ambiente del Cirps – Centro Interuniversitario di Ricerca Per lo Sviluppo sostenibile della Sapienza Università di Roma. La teoria parte dalla considerazione che la società umana consuma risorse che non è in grado di riprodurre. Le attività umane sono ancora basate su “cicli aperti”, che partono da una condizione naturale di equilibrio ambientale per arrivare generalmente ad una situazione di disequilibrio. Per generare benessere sociale ed economico a breve termine si ricorre cioè al “consumo di risorse” e dal punto di vi-

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140

sta dell’analisi dei flussi di materia si giunge nella quasi totalità dei casi alla “produzione rifiuti”, intesi come quantità di materia non più utilmente sfruttabile ed anzi potenzialmente dannosa o pericolosa per l’uomo e per l’ambiente. La società umana negli ultimi due secoli ha accettato questa asimmetria come inevitabile; ha costruito la sua evoluzione industriale sullo sfruttamento dei materiali grezzi, che, attraverso processi produttivi, costituzione e distribuzione di prodotti, e smaltimento dei rifiuti finali, ha imposto cicli aperti all’ambiente. Si sa dove questi cicli inizino, ma la maggior parte delle volte non si è in grado nemmeno di predire esattamente dove essi finiscano: nell’acqua, nell’aria, o nella terra. L’era dei cicli aperti è stata l’era di uno sviluppo rapido, ma solo per una parte della popolazione. La possibilità di trovare risorse da consumare, e terra dove scaricare rifiuti, è oggi spropositata se comparata alla percentuale della popolazione mondiale che ha accesso allo sviluppo e che ne avrà auspicabilmente in misura sempre maggiore nei prossimi decenni. Nell’ultimo periodo, il sistema si è evoluto verso cicli più complessi, che includono pratiche di riciclo o riuso. In questo modo il ciclo principale è allargato grazie all’aggiunta di cicli secondari, capaci di estendere il ciclo vitale di materiali e prodotti. Questa è sicuramente una via eccellente ma non una soluzione finale, il ciclo infatti nel suo complesso continua a consumare risorse e a produrre rifiuti. Il modello rimane “risorse, consumi, rifiuti”, ma per poter essere coerenti con la definizione di sviluppo sostenibile del

rapporto Brundtland: «Lo sviluppo sostenibile è realizzato quando la società odierna non compromette con il suo sviluppo la possibilità di sviluppo delle generazioni future», bisogna andare verso un modello diverso, che faccia riferimento al trinomio “risorse, uso, rigenerazione”. Il modello dei “cicli chiusi”, riferimento teorico contrapposto a quello attuale basato su cicli aperti, fornisce gli strumenti per misurare la sostenibilità delle attività umane. Il consumo di risorse non rinnovabili o non ricostituibili è infatti ritenuto per definizione insostenibile. Il concetto di consumo è infatti intrinsecamente legato alla non disponibilità successiva della risorsa alla quale viene applicato. Più un processo quindi preserva le risorse di partenza, la loro ricostituzione o rinnovabilità, più è vicino alla sostenibilità. La sfida della sostenibilità dello sviluppo si gioca pertanto nel confronto tra il concetto di consumo e quello di utilizzo. Più si è vicini a un modello di cicli chiusi riferito alle risorse disponibili, più si è vicini ad una società sostenibile, in grado di far seguire nuovo sviluppo allo sviluppo raggiunto. La sostenibilità, intesa come durevolezza dello sviluppo è infatti il principale misuratore dello sviluppo stesso: uno sviluppo che dura il tempo di uno generazione non può essere definito tale. La disponibilità di risorse naturali, di conoscenze scientifiche e tecnologiche, di modelli socio-economici efficaci, di istituzioni nazionali ed internazionali capaci di garantire la convivenza civile e la sana competizione tra persone, tra imprese economiche e tra paesi o gruppi di paesi costituiscono le condizioni necessarie alla


STRUMENTI

creazione di nuovo sviluppo; sono questi parametri, pertanto, i pilastri da preservare e costruire con sempre maggiore capacità da parte della società umana. Su questi pilastri si deve basare la misura dello sviluppo e del progresso, da utilizzare per andare “oltre il Pil” nella valutazione delle performance.

8. La sfida Misurare deve essere il necessario primo passo di un percorso in cui la vera sfida risiederà nel passaggio a reali scelte di politica nazionale ed internazionale. Questo lo scopo ultimo a cui si dovrebbe pervenire: non solo un sistema condiviso dalla comunità scientifica di indicatori alternativi al prodotto interno lordo, bensì arrivare alla definizione di politiche che su queste misure siano basate. Tutta l’importante rassegna di studi sin qui presentata si ferma al come misurare ma, in letteratura, è molto più complesso ritrovare il passaggio dalla teoria della misura alla concretezza di esempi applicativi. Come ben evidenziato anche nel documento politico “charta della sostenibilità” riteniamo come Farefuturo che a questi si debba arrivare. Politiche che devono nascere in connubio e parallele alla fase di analisi metodologica e scientifica con gradualità e non con salti utopistici che non siano basati sull’estrema concretezza del divenire economico. Porsi il problema della fiscalità dei comuni italiani che, come è noto, hanno i maggiori introiti di bilancio dall’imposta sugli immobili è, di fatto, porsi un problema non

solo economico ma anche etico e di qualità della vita dei cittadini nel momento in cui, inevitabilmente, alcune risorse naturali, non abbiano alcun valore economico ma spesso, anzi, siano solo un costo e quindi inducano molte municipalità a sottovalutarne il valore intrinseco. Medesimo discorso può essere fatto per il mondo aziendale che fino a che verrà valutato in base, esclusivamente, al suo bilancio economico o alla quotazione azionaria standard renderà bassa la spinta a valorizzare altre importanti sfere come quella sociale e quella ambientale. Questi sono solo due esempi che rendono l’ampiezza e la complessità del tema. Andare “oltre il Pil” significa, praticamente, iniziare a misurare variabili sociali, economiche ed ambientali nel momento in cui si decidano le politiche da porre in essere così da poter scegliere quella che sia la migliore in una vera e propria analisi costi e benefici (first best). Scegliere la migliore politica confrontando vari indicatori può anche voler dire porsi nella condizione di avere un grande miglioramento in alcune sfere ma un peggioramento in altre. In questi casi la trasparenza e la credibilità dei metodi di analisi sono fondamentali per chiarire le motivazioni≠ della scelta ed ottenere una migliore accettabilità sociale delle politiche. Per questa ragione individuare e condividere cosa e come misurare non è un sofismo scientifico ma un esigenza per costruire le condizioni attraverso cui dare strumenti alla politica per un buon governo.

141


Note

1

142

Boulding, 1966. The economics of the coming Spaceship Earth. 2 Mishan, E. J., 1968. The cost of economic growth. 3 Kapp, K. William, 1971. Environmental and Social Costs: a challenge to economics. 4 La motivazione risiede nel fondamento primario dell’economia stessa, la quale si occupa per definizione dei beni e delle risorse scarse, cioè disponibili in modo limitato rispetto ai bisogni da soddisfare. 5 Cfr: CE, COM (2010) 2020 EUROPE 2020. 6 “Misurare è conoscere. Se non si può misurare non si può migliorare”. 7 “There is a huge distance between standards measures of important socio economic variables like growth, inflation inequalities etc...and widespread perceptions; […] Our statistical apparatus, which may have served us well in a not too distant past, is need of serious revisions”. Da Commission on the measurement of Economic Performance and Social Progress, Issue Paper. 8 United Nations, Indicators of Sustainable Development Framework and Methodologies, United Nations Sales Publication No. E.96.II.A.16 (New York, August 1996). 9 United Nations, Indicators of Sustainable Development: Guidelines and Methodologies, Second Edition, UN Sales Publication No. E.01.II.A.6 (New York, September 2001). 10 United Nations, Indicators of Sustainable Development: Guidelines and Methodologies, Third Edition, (New York, September 2007). 11 Wackernagel, M., Larry Onisto, Alejandro Callejas Linares, Ina Susana López Falfán, Jesus Méndez García, Ana Isabel Suárez Guerrero, Ma. Guadalupe Suárez Guerrero, Ecological Footprints of Nations: How Much Nature Do They Use? How Much Nature Do They Have?. Commissioned by the Earth Council

for the Rio 5 Forum. Distributed by the International Council for Local Environmental Initiatives, Toronto, 1997. 12 Global footprint network (Gfn): Calculation methodology for the national footprint accounts. 2008 Edition. 13 Ibidem. 14 Cfr: Potential of the Ecological Footprint for a basket of indicators for monitoring environmental impact from natural resource use. Report to the European Commission, DG Environment, May 2008. 15 Commoner, B., Corr M., and Stamler P. J., 1971. The closing circle: nature, man, and technology. New York: Knopf; Dietz, T. and Rosa E., 1994. Rethinking the environmental impacts of population, affluence and technology, in Human Ecology Review 1, pag. 277– 300; Dietz, T. and Rosa E., 1997. Environmental impacts of population and consumption, in Environmentally Significant Consumption: Research Directions, edited by P. Stern et al. Washington, DC: Committee on the Human Dimensions of Global Change, National Research Council; Dietz, T. and Rosa E., 1998. Climate change and society: Speculation, construction and scientific investigation, in International Sociology 13(4), pag. 421–455. 16 Ehrlich, P. and J. Holdren. 1971. Impact of population growth”, in Science 171, pag. 1212– 1217; Ehrlich, P. and J. Holdren. 1972a. Impact of population growth, in Population, Resources, and the Environment, edito da R.G. Riker. Washington DC: U.S. Government Printing Office. pag. 365–377; Ehrlich, P. and J. Holdren. 1972b. A bulletin dialogue on the ‘Closing Circle’: Critique: One dimensional ecology, in Bulletin of the Atomic Scientists 28(5): 16–27. 17 Cfr: Ehrlich, P. and J. Holdren. 1972. Impact


STRUMENTI Xxxxx Xxxxxxx

of population growth, in Population, Resources, and the Environment edito da R.G. Riker. Washington DC: U.S. Government Printing Office pag. 372. 18 Ehrlich, P. and J. Holdren. 1972. A bulletin dialogue on the ‘Closing Circle’: Critique: One dimensional ecology, in Bulletin of the Atomic Scientists 28(5): 16–27. 19 Cfr: Chertow, M. R. The IPAT Equation and Its Variants; Changing Views of Technology and Environmental Impact, Journal of Industrial Ecology, 4.4 (2001): 13-29. 20 Cfr: Simon J., 1981 Environmental disruption or environmental improvement?, in Social Science Quarterly 62,(1), pag. 30–43. 21 Cfr: Chertow, M. R. The IPAT Equation and Its Variants; Changing Views of Technology and Environmental Impact, Journal of Industrial Ecology, 4.4 (2001): 13-29. 22 Cfr: Stern N., 2006. Stern Review: The Economics of Climate Change, Report to the British Government, pag 202-204. 23 Un modello Cge è un set di equazioni collegate insieme da identità contabili e da condizioni di equilibrio del mercato. Fa parte di una classe di modelli economici utilizzati per stimare come, sulla base di una serie di dati economici, un’economia reagisce a cambiamenti di policy, livelli di tecnologia o altri fattori esterni. 24 Vedi http://www.sustainability-index.com/. 25 Basati su informazioni disponibili pubblicamente. 26 Basati su informazioni disponibili pubblicamente.

BIBLIOGRAFIA Boulding, 1966. The economics of the coming Spaceship Earth. Commission on the Measurement of Economic Performance and Social Progress, 2008. Issues Paper. Commission on the Measurement of Economic Performance and Social Progress, 2009. Commissione Europea (Ce) 2010. Communication Com (2010) 2020 Europe 2020: A strategy for smart, sustainable and inclusive growth. Chertow 2001. The IPAT Equation and Its Variants Changing Views of Technology and Environmental Impact. Journal of Industrial Ecology. Fondazione Enrico Mattei (FEEM), 2009. FEEM Sustainability Index, Methodological Report. Global Footprint Network (Gfn) 2009. Ecological Footprint Atlas 2009. Gfn 2008. CalculationMethodology for the National Footprint Accounts, 2008 Edition. Kapp, William, 1971. Environmental and Social Costs: a challenge to economics. Mishan, 1968. The cost of economic growth. Orecchini, 2007. A measurable definition of sustainable development based on closed cycles of resources and its application to energy systems. Sustainability Science, Springer. Report to the European Commission, DG Environment, May 2008. Potential of the Ecological Footprint for a basket of indicators for monitoring environmental impact from natural resource use. United Nations (UN) 1996. Indicators of Sustainable Development Framework and Methodologies. UN, 2001. Indicators of Sustainable Development: Guidelines and Methodologies”, Second Edition. UN, 2007. Indicators of Sustainable Development: Guidelines and Methodologies, Third Edition.

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Minuta GEOPOLITICA

Mare nostrum Mario Rino Me FORMAZIONE

Come nasce il politico del Duemila Paolo Lombardi CINEMA E LETTERATURA

Quell’innata paura della fine del mondo Giampiero Ricci



Mario Rino Me

Mare Nostrum I rapporti tra le due sponde, il ruolo dell’Italia, gli sviluppi futuri della cooperazione: ecco come è cambiato il ruolo del Mediterraneo sullo scacchiere internazionale. 146

Come afferma Jacques Le Goff, «la storia non può essere disgiunta dalla geografia, perché gli avvenimenti sono sempre legati a luoghi»1. Applicata al Mediterraneo, questo conferma l’interpretazione di Yves Lacoste che lo associa a un “concetto di geo-politica e geostoria”. In effetti, la configurazione stiracchiata (tremilaottocento chilometri tra le estremità con larghezza massima di 700, e superficie di tre milioni chilometri quadrati), la presenza delle tre grandi penisole agli estremi e al centro, e i cordoni insulari predispongono il Mare Nostrum a dinamiche endogene, quali l’incontro e confronto dei popoli dei tre continenti che vi si affacciano, e il localismo. Il declino del Mare Nostrum fu preconizzato già dal 1511, dal cronista Tomé Pires, che nella sua Su-

ma Oriental, osservava che «il signore che possiede lo Stretto di Malacca, ha le mani sulla collottola di Venezia». Allora la riconfigurazione delle rotte del commercio verso le distese oceaniche lo escluse dalla Grande storia, per dirla alla Aron. In effetti, gli stereotipi d’importazione hanno continuato a emarginarlo anche nel corso della storia recente, associandolo a una delle tante “autostrade marittime” per dirla alla Mahan, poi trampolino di proiezione di potenza per gli attori globali fino a un restrittivo ”fianco sud” dell'Alleanza Atlantica ai tempi della Guerra fredda. Si tratta di una raffigurazione difforme dalla visione nazionale degli anni Trenta, che è invece di estrema attualità. Ciò in quanto gli scritti di Pietro Silva e di altri autori nonché


GEOPOLITICA

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di politici dell’epoca2, associano l’ambiente a una sorta di condominio, i cui inquilini sono chiamati a curarsene, in altre parole a uno spazio di vita per i popoli rivieraschi. Oggi sicurezza e sviluppo sono legati in una relazione univoca di human security3, che sfocia nella securization of development. Del resto un’interpretazione estesa della sicurezza, emersa dai G20 dell’epoca di Londra e Pittsburgh e sintetizzata da Gordon Brown in “prosperity is indivisibile”, porta a considerare che la soluzione dei problemi non si può basare sulla prevalenza del proprio tornaconto ma sulla mediazione con quello delle controparti. Da qui possono scaturire anche meccanismi di solidarietà per far fronte ai rischi di contagio della social insecurity. L’approccio alla sicurezza, all’in-

terno del quale l’economia è divenuta, di fatto, l’arbitro della gerarchia del potere, è divenuto più generale, tanto che la cattiva salute dell’economia è riconosciuta come uno degli handicap anche alla capacità di influenzare proiettare il potere all’esterno. Un potere peraltro in fase di diffusione e, di conseguenza, correlato all’allargamento degli ambiti decisionali. “Inclusione” e regionalismo si saldano come esigenza combinata di sicurezza comune e senso d’identità, e dunque “soluzioni regionali a problemi regionali”: chiaro messaggio che le organizzazioni regionali non accettano più ingerenze, ma solo concorsi di tipo capacitivo. E chi ha orecchie per intendere (Nato e Ue) dovrà adeguarsi a questa nuova realtà. Con la fine del mondo bipolare, il Mediterra-


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neo ha ripreso quella connotazio- tà palestinese). Quest’ultima pone unica di ambiente a se stante trebbe ripercuotersi sia sui negodella geografia politica, tradotto ziati, che possono essere efficaci nel gergo tecnico come security solo con la ricomposizione del complex4, il cui perimetro si è di- fronte palestinese, sia sulla two latato rispetto all’orizzonte geogra- States solution. Ma non solo. Dal fico. Di fatto, se prima i suoi con- punto di vista della comunità aratorni erano definiti dagli ambienti ba, la questione israelo-palestineattorno alle sue sponde, oggi, in se e il suo spill-over sono consideun mondo sempre più interconnes- rate un problema di sicurezza, so, le realtà della prossimità geo- che nel corso degli anni ha contrigrafica e dell’interdipendenza, ci buito a creare un “nazionalismo portano a parlare di Mediterraneo vittimista, frustrato e aggressivo”5. allargato. In questa prospettiva, Le sponde meridionali e orientali l’insieme Mediterraneo appare in- hanno risentito delle difficoltà incontrate dai vari scindibile dalle apmodelli di moderpendici euro-africane Con la fine del mondo nizzazione, adotdell’Atlantico centroorientale da una parbipolare, il Mediterraneo tati dalle classi politiche del pete, dal mar Nero, è tornato ad essere riodo post-colomar Rosso e Vicino un ambiente a se stante niale. Fa ecceOriente dall’altra. zione la Turchia, Dunque «non un madalla geografia politica peraltro mai colore, ma una successionizzata. Nel bane di mari», per dirla alla Braudel. Tuttavia, i suoi voli cino occidentale, la forte identità pindarici non mettono a fuoco la socio-culturale delle popolazioni realtà che si schiude con la so- del Maghreb, oltre a ridurre le tenvrapposizione securitaria, che met- sioni politiche tra Algeria e Marocte in mostra quella triste serie di co, ha reso la realizzazione delcrisi non risolte, che lo associano l’Unione del Maghreb arabo a una delle aree di maggiore ten- (Uma) una priorità delle agende sione geopolitica del pianeta. Un politiche dei paesi membri 6 lungo catalogo che, partendo da (“obiettivo strategico primario” nelCipro, si snoda nei Balcani occi- le parole di re Mohammed VI del dentali fino al Sahara occidentale. Marocco). Ma sul piano politico Dove il clou è rappresentato dalle lo stallo è ben evidente. La Lega non infrequenti deflagrazioni del Araba fa quel che può per venire conflitto che oppone, da tanto a capo delle frequenti lacerazioni, tempo, israeliani e palestinesi, con tra cui la guerra dei summit della il corollario della rappresentatività primavera del 2009. Nell’area di di questi ultimi (Hamas e/o Autori- demarcazione dei due bacini, la


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Libia, con il ritorno nella comunità nella Nato e una volta alleata di internazionale e il disgelo delle re- Tel Aviv, assume oramai posizioni lazioni con l’Occidente7, ha as- ufficialmente “mediane” nella disunto una veste panaraba e pana- sputa israelo-palestinese9, ed è tefricana e ha dato l’impressione di nuta in gran considerazione nel aver usato la presidenza dell’Unio- Maghreb e nel suo vicinato (Siria, ne africana per ampliare la sua Iraq e Iran). Damasco, coerente base di consenso e acquisire mag- con il detto arabo che la vede cogiore influenza. Il Levante ha risen- me crocevia di pace, è divenuta tito per un po’ di tempo del mag- la meta di visite importanti. Difatti, gior isolamento dai flussi economi- con l’internazionalizzazione del co-finanziari. La cosiddetta “pace problema libanese, l’attenzione è fredda” tra Egitto e Giordania da passata alla Siria, con i riflettori una parte, e Israele dall’altra, pur puntati sull’élite al governo. Dopo coinvolgendo solo i governi e non anni di antagonismo, mostra di voler cooperare e, le popolazioni, si è, come scrive Pequantomeno, dimoTurchia a parte, ter Harling 1 0 , strata in grado di as«allineandosi sorbire le varie tensiole sponde meridionali con la Turchia, si ni esogene. La Strie orientali hanno subito piazza tra le forscia di Gaza è rimagli effetti delle difficoltà z e d i I r a n e sta chiusa da un aneldell’Occidente e lo di cemento armato, post-coloniali si rafforza ecoper isolarla, rispettivanomicamente». mente, da Israele e dall’Egitto. Nel tacito consenso sulla strategia per isolare il movi- Le prime forme di cooperazione. mento Hamas (nemico di Israele e Nell’Helsinki final act della Confesospettato in Egitto per i suoi lega- renza sulla sicurezza e cooperami con i Fratelli musulmani) e raf- zione in Europa del 197511 troviaforzare, indirettamente, la debole mo l’importante riferimento alla “inAutorità Palestinese, si è però inse- divisibilità della sicurezza” nel Merito di forza il ri-orientamento della diterraneo. Da allora in poi le depolitica estera della Turchia8 verso bolezze strutturali del ”gran lago sud ed est. E il near abroad otto- salato” del citato Pietro Silva, hanmano sembra annunciare un rias- no attirato l’“attenzione” della cosetto degli equilibri regionali. Qui munità internazionale. L’Osce, la la sfida è rappresentata dall’equili- Nato e l’Unione europea (Ue), sulbrio tra la dinamica con epicentro la scia del clima favorevole di mein Turchia e il ruolo degli attori tra- tà anni Novanta e in controtendendizionali, quali l’Egitto e l’Arabia za con l’ascesa del radicalismo di Saudita. La Turchia, già ingessata matrice islamica, hanno avviato

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specifiche iniziative di respiro regionale, con funzioni che potremo definire di stabilizzatrici. Il loro sviluppo ha messo in risalto le difficoltà di pervenire a piattaforme comuni, a causa della complessità e La Siria è al centro varietà delle didell’attenzione dopo l’internazionalizzazione namiche e degli intrecci difficili del problema libanese da sbrogliare, dalla tela di fondo, dove il clima nord-sud è stato caratterizzato da divergenze d’interessi, percezioni e dall’onnipresente questione israelo-palestinese. È mancato poi il sostegno della comunicazione, latu sensu, a tal punto che le proposte 150 provenienti dal versante nord, una vera proliferazione, sono state percepite in competizione e a un senso. Nella sostanza, gli obiettivi Nato sono stati associati prevalentemente alla hard security e ad interessi di parte (in particolare, disponibilità di forze locali interoperabili nelle operazioni a guida Alleanza), mentre le tematiche prioritarie del sud riguardano la stabilità politica, dispute su linee di frontiera e sviluppo socio-economiGli obiettivi Nato sono stati associati co. Strada faalla hard security cendo e sotto lo e ad interessi di parte stimolo degli alleati mediterranei, nel summit di Istanbul del 2004 il dialogo è stato innalzato a livello di partenariato, con conseguente incremento del paniere delle attività. È però mancato il tocco finale, poiché non si è mai

pervenuti alla firma dell’attesa dichiarazione congiunta. Dal canto suo, l’immagine dell’Ue, ancorché più appetibile, è stata associata alla securizzazione delle sue frontiere, confermando l’impressione di essere percepiti come fattore di rischio per i dirimpettai del nord. Dunque la raffigurazione prevalente è quella di un’Europa interessata primariamente alla propria sicurezza o al rischio di mancanza di sicurezza nel suo estero-vicino12. Peraltro, la disomogeneità delle agende nord-sud si è combinata con altri fattori, che hanno inibito il decollo del volet della sicurezza, anche per l’esclusione iniziale di quegli attori medio-orientali, strumentali agli equilibri regionali. A ciò si aggiunga la priorità conferita all’allargamento verso est, che ha determinato nello stanziamento dei fondi per gli aiuti a est e a sud un rapporto di circa 4 a 1, rispettivamente. Con queste premesse non ci si può dunque meravigliare se tipologia di approccio tradizionale (rivolto ai governi, istituzionale, tono prescrittivo e asimmetrico nel formato), contenuti e metodiche dei processi non abbiano corrisposto alle forse tante aspettative. Anche se un giudizio equilibrato sui bilanci ci porta a riconoscere che, se da un lato, pace e sicurezza non sono state raggiunte, dall’altro, sono stati definiti dei quadri di riferimento per operare al miglioramento delle relazioni nord-sud. Il dilemma della sicurezza13 sembra ora superato. In più, con la parte-


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cipazione di israeliani e palestinesi, il partenariato EuroMed ha segnato una svolta nel percorso del multilateralismo, oramai riconosciuto come strumento principe per guardare al futuro. Già da qualche tempo si registra infatti una generale condivisione della diagnostica securitaria e i fermenti sociali e culturali che hanno interessato le società civili della sponda sud non hanno prodotto gli effetti di radicalizzazione, riscontrati in qualche altra parte. Tutti sono impegnati nella lotta al terrorismo e in ogni foro si afferma che il principio dell’indivisibilità della sicurezza riguarda tutti. Tuttavia, alti e bassi delle relazioni tra le due sponde sono il termometro della precarietà e incertezza dell’area. Sta di fatto che nella sponda sud, dove emozioni, storia, folklore e pregiudizi giocano ancora un ruolo importante, l’eredità del passato coloniale porta a preferire le relazioni bilaterali sull’asse nord-sud. E la tendenza, da cui non è immune nemmeno Israele, è quella di scegliersi partners di fiducia, pochi ma privilegiati. Per questo motivo, al fine di operare in ambiti multilaterali, occorre pensare a una diversa tipologia di cooperazione (meno pedagogica, bilanciata e con sbocchi pratici), e a colmare anche il deficit della comunicazione. Anche perché senza quest’ultima non si va da nessuna parte, giacché le percezioni contano tanto nelle relazioni internazionali, notoriamente scienza non esatta. E in

un contesto che richiede rispetto, disciplina e affinità, la dimensione militare, grazie alla concretezza e schematicità, si è rivelata un efficace apripista. Non si può poi trascurare un’altra peculiarità delL’Europa appare l’ambiente medi- interessata alla propria terraneo; la disicurezza e a quelle versa interpretadel suo estero vicino zione del tempo al sud; che si può tradurre in questi termini: procedere con calma e costruire passo dopo passo. Il nuovo volto e le sue potenzialità A fronte delle difficoltà incontrate a 151 livello regionale, alcune iniziative messe in piedi a livello sub-regionale hanno riscontrato maggiore successo. L’Adriatico è attraversato da reti di collaborazione sotto varie forme. Il Mediterraneo occidentale che da nord a sud, dalla Mauritania alla Libia, ha visto affermarsi, nell’ambito di una visione etica che presuppone uno scambio proficuo tra le parti14, una forma di cooperazione alla pari, incentrata su attività pratiche dove si caNell’ambito della lotta pitalizzano le al terrorismo, prevale il c o n s o n a n z e . principio di indivisibilità della sicurezza Nel nuovo genere di rapporti, non basato sulla diffusione del proprio modello, la centralità della comunicazione si combina con la trasparenza ed efficacia del dialogo: solo così si possono definire di comune accordo obiettivi raggiungi-


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bili da tutti e conseguire risultati concreti. In effetti, è parso opportuno seguire approcci innovativi, in grado di elevarsi sulla prassi, in modo da tradurre in concreto il prodotto del primo livello d’interazione: il tanto abusato “dialogo”. Ciò in quanto, nei vari processi politici e in particolare in quelli da avviare ex novo, il successo è determinato dalle dinamiche sprigionate dai vari componenti. Rispetto reciproco, padronanza dei processi, consenso, cooperazione a due sensi e tra uguali, costituiscono gli elementi salienti. E nel Mediterraneo, dove controversie e malintesi prevalgono sui (pochi) successi, queste forme di cooperazione pratica, che non toccano né sfiorano temi sensibili, proteggono ogni iniziativa dalle turbative dell’ambiente. È questo, in buona sostanza lo

spirito dell’iniziativa 5+5 difesa, definita nell’incontro informale dei ministri della Difesa dell’Unione europea con gli omologhi cinque maghrebini del settembre 2007, come “modello di cooperazione e laboratorio di esperienze”15. Qui la combinazione di “cooperazione democratica”16 e ambito geografico, motiva il pieno successo di questo esercizio, che in cinque anni ha visto il decuplicarsi delle attività del piano di lavoro. L‘Unione per il Mediterraneo (UpM), avviata ufficialmente dai capi di Stato e di governo il 13 luglio 2008 a Parigi, segna un punto di svolta nella costruzione di uno spazio regionale. S’ispira a un modello relazionale di tipo “idealistico”, basato sull’assunto che nell’incontro di realtà diverse, percezioni condivise su aree d’interesse comune, possano


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determinare una sorta d’identità senza di oltre mille imprese a parfunzionale, innescando processi di tecipazione italiana che fatturano convergenza e non di tensione. oltre dieci miliardi di euro l’anno, Per certi versi è una scommessa con l’impiego di circa 80mila unigeopolitica che tiene conto del tà lavorative. Il Censis riporta poi nuovo quadro e offre, nel contem- che cinque paesi della sponda po, prospettive politiche che le sud (dal Marocco all’Egitto) sono precedenti iniziative europee non “la vera Cina dell’Italia”20. E quesono riuscite a creare. Difatti, il pa- sto a un’ora di volo dal nostro norama mediterraneo di oggi è in- paese. Attraversando il mare si fluenzato dalle dinamiche della ri- contribuisce al benessere e dalla distribuzione del potere economi- dimensione del business si può co, che vi fa confluire ingenti risor- procedere a più ampio spettro, se, e dall’attuale cartografia degli garantendo però condizioni di siscambi commerciali, che lo ripro- curezza condivise (a partire dalla sorveglianza mapone come arteria del rittima, cruciale commercio di beni e L’UpM è stata creata per un territorio sevizi (containers e ridi 45mila chilosorse energetiche17, e ufficialmente dai capi reti in fibra definite metri di coste, di Stato e di governo come cyber-silk road). abitate da 150 durante il summit di Certo il gap è ancora milioni di personotevole, dato che, ne, un terzo deParigi, il 13 luglio 2008 come sostiene Canigli abitanti delno18, l’intera regione l’area). Il procesè regredita del 58% rispetto al pic- so va dunque indirizzato e goverco del boom petrolifero degli anni nato. Sul piano geopolitico, l’inOttanta. Ed è noto che insicurezza quadramento europeo crea le pree differenziali di sviluppo possono messe per la costituzione di una creare, in sequenza, condizioni sorta di polo, al momento virtuale, d’instabilità, propedeutiche a crisi replicando una configurazione sie conflitti. Perdurano peraltro le mile a quanto riscontrato altrove21. asimmetrie nei processi di riforma, Ma con il notevole vantaggio delsia sull’asse nord-sud, come pure la prossimità geografica. L’innesco sud-sud. È però vero che per effet- di una spirale virtuosa potrebbe to delle dinamiche della globaliz- poi dinamizzare l’amalgama tra le zazione, la crescita media del pro- economie emergenti e quelle svidotto interno lordo regionale della luppate. In breve, un processo di sponda sud si attesta tra il 4 e il crescita trans-mediterranea, che 5% . I dati dell’Istituto per il com- coinvolgerebbe anche il Mezzomercio con l’estero (Ice) italiano19, giorno europeo, che si colloca tra indicano per l’area sud una pre- le due estremità.

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Una sfida, dunque. Anche perché la costruzione mediterranea va al di là del peso economico e richiede la partecipazione delle componenti dinamiche delle società (media, università). La loro inclusioLa crescita media ne dovrebbe indel Pil della sponda fatti evitare il sud del Mediterraneo si attesta tra il 4 e il 5% c o n f i n a m e n t o del processo a fasce ristrette e generare spazi d’azione nelle potenzialità della complementarietà mediterranea, l’altro enorme vantaggio. Si pensi alla demografia, dove alle medie giovanili del sud, corrispondono valori ingrigiti al nord. E il discor154 so potrebbe allargarsi alle sinergie tra le risorse e manodopera qualificata disponibili al sud e tecnologia/know-how ed esperienza al nord. Dopo tutto, i fondamenti delle scienze politiche sostengono che molteplicità e differenze rappresentano il sale che fa lievitare processi d’identità. Per qualche maître à penser, “l’Europa che verrà dovrà parlare all’Islam”22. Il caleidoscopio Mediterraneo mette dunque in risalto la sua dupliDifferenziali di sviluppo e insicurezza ce natura: cropossono creare cevia di popoli tensioni e conflitti e d’interessi distinti, e spazio di potenziale aggregazione. Quanto al primo aspetto, proprio la logica del crocevia ha reso simili, nel tempo, le abitudini delle popolazioni che vivono sulle due rive. Per il secondo, grazie all’au-

mento degli scambi, l’intero bacino sta assumendo, pian piano e in una sorta di “rivincita di Barcellona”, la connotazione di ”spazio d’azione mediterraneo”. E anche qui le scienze sociali ci ricordano che i grandi movimenti collettivi maturano sotto la superficie per poi emergere all’improvviso. Sulla fattibilità del progetto Euro-Mediterraneo grava però l’incognita della oramai sessantennale questione israelo-palestinese, che fa intravedere, per il momento, la sola possibilità di un accordo per la riduzione della tensione e della violenza dato che i tempi non so-


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no ancora maturi per il faccia a faccia. Eppure il 13 giugno di trent’anni fa, i nove Stati dell’allora Comunità europea, articolarono, nella storica Dichiarazione di Venezia, una visione lungimirante per il futuro di quest’area tormentata. Essa anticipava quella two states solution, che oggi si cerca di portare avanti. Così attuale che, come ammettono Touval e Pardo del New York Times, “l’Europa aveva ragione e noi torto”. Conclusioni Il forte impegno Usa sul fronte politico-diplomatico per la ripartenza del processo israelo-palestinese, e

la relativa calma regionale, non hanno sortito gli effetti sperati. Tra l’amministrazione Obama e Netanyau c’è qualche distonia, anche se, nel quadro delle relazioni strategiche, dovrebbe essere pasSecondo il Censis, seggera. Per cinque paesi della ora la shuttle disponda sud sono plomacy ha pro- “la vera Cina” dell’Italia dotto la sola ripresa di colloqui a distanza. Manca inoltre un’azione che supporti e faciliti la svolta decisiva. A cominciare dall’apparato dei summit e degli special envoy che ha prodotto risultati inferiori alle aspettative. 155


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Poi il Quartetto, espressione di uno occorre anche provvedere alla ristatus e modus operandi superato, strutturazione degli strumenti operache, come già avvenuto con il pro- tivi europei, visto che i prodotti delcesso EuroMed, ha dimostrato i la burocrazia di Bruxelles, al vasuoi limiti per l’esclusione di spon- glio del test applicativo e come più sor tra i paesi arabi moderati e volte riconosciuto dalla stessa l’aleatorietà della coerenza tra i Commissione, si sono rilevati ineffifattori della formula. Ma come si è caci. A partire dai vari partenariati detto, occorre avere pazienza e strategici passando attraverso la sostenere lo sforzo del presidente politica di buon vicinato, anch’esObama. Anche perché stanno en- sa sbilanciata e quindi da multilatrando in gioco altri fattori che pos- teralizzare, anche per tener conto sono plasmare, a loro volta, l’evo- dell’esigenza di assicurare l’inteluzione dell’intero quadrante me- grazione lungo l’asse sud-sud. diorientale. A partire dalle dinami- In un futuro sempre meno occidenche della nuova state–centrico, la rigione turca, che semscoperta del MeGià trent’anni fa, bra spinta dagli intediterraneo sotto ressi economici di l’Europa aveva proposto la prospettiva di una classe attiva e reasse di sviluppo, la two states solution per ligiosa di operatori ritaglia un ruolo risolvere il conflitto tra commerciali. Il busimolto importante ness, che peraltro reall’Italia, asse meisraeliani e palestinesi gistra tante storie di ridiano tra i due successo, appare bacini 23 . Tradidunque un motore di enormi poten- zionalmente sensibile alle istanze zialità, ma andrebbe sostenuto su dei più deboli, è peraltro rafforzaaltre dimensioni per costruire ad ta nell’immagine dal riconoscimenampio spettro. Con l’UpM blocca- to degli errori del suo passato cota in stazione e un’Unione europea loniale. Nel polo in being, vi sono in regressione, alle prese con le sfi- parti per anche le dimensioni sude interne d’integrazione a tutto bregionali e locali, che, nella procampo, non resta allora che capi- spettiva di sussidiarietà europea, talizzare l’esperienza, consolidare potrebbero inserirsi nella rete trane mettere a sistema l’esistente ai smediterranea degli scambi, della vari livelli, in modo da mantenere cooperazione e della solidarietà, un certo abbrivio. In un mondo che cogliendo le opportunità che si richiede coerenza, la realizzazio- schiuderanno nello sviluppo a tapne della complementarità tra Nato pe del processo euro-mediterraeo. e Ue diventa cogente, sia per lan- Varie iniziative sono state proposte ciare segnali inequivocabili, sia a livello locale, come ad esempio per evitare inutili duplicazioni. Ma Roma Capitale per il Mediterra-


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neo. Perché allora non sfruttare il dinamismo delle metropoli mediterranee, dove si concentra un terzo della popolazione mediterranea e che dal punto di vista paesaggistico costituiscono una vera collana di perle? Braudel, a proposito della fragilità del nostro ambiente, sosteneva che “tutto si equilibra, deve equilibrarsi o sparirà“. Orbene, proprio le città saranno il banco di prova per le risposte alle sfide al nostro ambiente (dai cambiamenti climatici all’integrazione sociale). In somma, seguendo gli schemi delineati in precedenza, si potrebbe ipotizzare un ambito di cooperazione (unione delle capitali?), basato su progetti concreti sui temi del quotidiano. Coniugando attività in comune e solidarietà, potrebbe costituire la forma di risposta mediterranea alla raffigurazione della competizione geostrategica sino-indiana. E Roma potrebbe dare l’avvio, ospitando, ad esempio, una riunione volta a definire piattaforme d’intesa su temi d’interesse comune (protezione ambientale, socio-urbanistica eccetera). Ma il Mediterraneo non è solo ricerca di simmetrie tra il dare e l’avere; nel quadro di un rapporto bilanciato tra le sponde è anche integrazione. Il Mare Nostrum è dunque l’area delle tre “co”: cooperazione, co-sviluppo e conviventia. Solo così potremo pensare a uno sviluppo reciproco durevole. Attenzione al sud e al Levante dunque, nella logica di una nuova cooperazione, anche perché, come diceva il

generale Dwight Eisenhower, “le persone che antepongono gli interessi ai principi, alla fine perderanno entrambi”. Occorre dunque preparare il terreno, giacché la consapevolezza che lo status quo non è sostenibile indefinitamente e potrebbe portare, prima o poi, a scelte coraggiose e alla tanto attesa svolta nel vicino Oriente. L’area euro-mediterranea ha le credenziali storico-politico-geografiche per assolvere il ruolo di connettore tra est, ovest e sSud. E proprio nel nostro vicino del corridoio mediterraneo, l’Unione europea, delineando una strategia congiunta con l’Unione africana, ha individuato il proprio futuro.

l’autore mario rino me Docente di Politica di difesa e sicurezza presso il Centro alti studi difesa, già assistente del presidente del Comitato militare della Nato negli anni 1999-2002, già direttore nel 2007 dello Steering Committee dell’Iniziativa 5+5 Difesa.

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Note

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1 Nuccio Ordine, Jacques Le Goff: questa mia Europa laica, CorSera 245-2010. 2 Pietro Silva Il Mediterraneo. Dall’unità di Roma all’Impero italiano, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, Milano 9 Dic.1937, pag 476. Ne “I problemi della guerra moderna e la politica militare dell’Italia” ed. 1939, pag. 90, Carlo De Risky riferisce “l’Italia è un’isola che riemerge nel Mediterraneo. Questo Mare per la Granbrettagna è una strada, una delle tante, piuttosto una scorciatoia. Per noi italiani è la vita. Occorre che il Mediterraneo sia una via sempre aperta”. 3 Comprende quelle basi materiali e morali, che contemperando la sicurezza individuale con quella statuale, garantiscono condizioni di vita decorose alla maggioranza della popolazione. Per maggiori dettagli vedasi articolo autore pubblicato su Rivista Gnosis 2\2008. 4 La definizione di security complex sovrappone all’ambito geografico il continuum eterogeneo di spinte ed interessi differenti (fattori etnici, religiosi e socio-economici), che hanno generato e possono generare seri ed imprevedibili rischi per la sicurezza dei paesi rivieraschi e del sistema internazionale, ma nel cui ambito si possono trovare anche le soluzioni. In questo quadro, questa nozione trova la sua espressione in vari progetti, come la “Alleanza delle Civiltà”, proposta dal premier L. Zapatero e dall’ex Segr. Gen. delle NU Kofi Annan, un anno dopo gli attentati di Madrid, la proposta di re Abdullah d’Arabia, nel ruolo di peace broker, per un trattato di

pace tra israeliani e palestinesi, peraltro salutata dal Quartetto (Ue-Usa-RuNU), e infine, l’iniziativa condotta dalla Turchia per la normalizzazione dei rapporti tra Siria e Israele. 5 Sergio Romano, Lettere al Corriere, 295-2010. 6 Vedi Belkacem Iratni, The strategic interests of the Maghreb State, Ndc Forum paper n°4, Rome nov. 2008. 7 Dopo la rinuncia al programma nucleare nel 2003. 8 Si abbina ad un fenomeno collettivo ora definito “Ottomania”, che unisce religiosi e laici nel ricordo di un’era di conquiste e splendore. Vedi Dan Bilefsky, Frustrated with the West Turks Revel in empire lasts, New York Times 5 Dec 2009. 9 Anche se, non sembra proprio così, visto ché nel vertice della Lega Araba di Sirte del 27 marzo, T. Erdogan ha dichiarato che “Gerusalemme è la pupilla degli occhi del mondo musulmano”, aggiungendo che “le affermazioni di Netanyahu “sulla indivisibilità di Gerusalemme n.d.r.) “sono una follia”. 10 Senior analyst dell’International Crisis Group di Damasco, vedi Robert F. Worth, Relations with Turkey kindle hopes in Syria, Iht 14 Dec 2009. 12 Nell’autunno 2005, il tentativo di emigranti subsahariani di superare in massa il filo spinato delle enclaves spagnole di Ceuta e Melilla, ha provocato un rafforzamento delle frontiere meridionali europee. Matthew Carr (The invisble people of Oujda, New York Times May 2-2010) lamenta il silenzio europeo sulla “situazione di violenza, miseria ed esclusione” che regna in una città di Oujuda (15 km dal confine algerino e 150 dalle coste di Melilla) e che coin-


ESTERI

volge una“popolazione invisibile” di diverse migliaia di persone, molte delle quali cristiane. 13 Stefania Nicolosi lo definisce come “Situazione che si innesca nel sistema internazionale in cui gli strumenti impiegati da uno Stato per accrescere la propria sicurezza di norma provocano una riduzione, anche non intenzionale, della sicurezza di altri Stati. Ciò innesca una spirale d’insicurezza reciproca che conduce inevitabilmente al conflitto”. Vedi www.tesionline.it/default/glossario.jsp/ e John H. Hertz “Idealist Internationalism and Security Dilemma”, World Politics, Vol. 2(1950), p.157-158. 14 Il Prof. Benedetto Ippolito di Roma 3 ha recentemente messo in risalto che “Come ha giustamente osservato il filosofo tedesco Karl-Otto Apel, l’importanza del dialogo va di pari passo con la rilevanza dell’etica. E, conseguentemente, il declino del dialogo si accompagna sempre ad uno smarrimento della dimensione etica o ad una sua derubricazione”. 15 Vedasi articoli autore Un esempio di cooperazione in ambito flexible multilateralism alla mediterranea, pubblicato su La Rivista Marittima n°1 - 2008, e Notre espace maritime commun: la contribution de l’initiative 5+5 Défense, hors-série, Défense Nationale et Sécurité Collective, May 2008. www.defnat.com. 16 Vedasi, articolo autore Le défi Méditerranéan, issue giugno 2010, Révue Défense Nationale. 17 Circa il 30% del petrolio, 2\3 del fabbisogno energetico europeo, e un terzo del traffico di containers mondiale passa nel Mediterraneo, con un flusso medio di 2.000 navi\giorno per un to-

tale di circa 750 milioni di tonnellate\anno (valori pre-crisi finanziaria).. 18 Mediterranean Disunion, Iht 146-2010. L’autore riferisce che in termini di reddito pro capita poi, il differenziale con le medie europee è dell’ordine di 1 a 4 per Algeria e Tunisia, 1 a 6 per Egitto e Giordania e 1 a 8 per Marocco e Libia. 19 Angelo Pergolini, Il Maghreb Il Nuovo Eldorado (anche per gli italiani), Panorama 14-5-2009; Massimo Minella, Mediterraneo la ripresa viene dal mare, La Repubblica 18-5-2009. 20 Eugenio Occorsio, Tra Egitto e Libia il Bengodi Italiano, Il Lunedì de La Repubblica,10-5-2010. 21 Qualche esempio, ma non limitato a, è fornito dall’area del Nafta, MercoSur ecc. Vedasi citato articolo autore “Le défi Méditerranéan”. 22 Alain Tourraine, Perché bisogna parlare con l’Islam, La Repubblica 13 maggio 2010. 23 Vedi Guido Vannutelli L’Italia e il Mediterraneo, Il Mediterraneo e la civiltà mondiale nonché Saggio sullo sviluppo politico ecc, dove l’autore si dimostra un efficace assertore della missione mediterranea dell’Italia. Sempre F. Braudel, a proposito dell’approccio italiano, scrive che “L’Italie trouve la le sens de son destin. Elle est l’axe meridien de la mer... N’y a t’elle pas longtemps trouvé ses richesses?”, La Méditerranée L’Espace Et L’Histoire, Flammarion, pag 8-9,17.

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Come nasce il politico del Duemila Dalle vecchie forme-partito alle fondazioni culturali, ecco come è cambiata la formazione politica in Italia. Anche se le competenze necessarie rimangono le stesse.


FORMAZIONE

Quando si parla di formazione politica bisogna stare attenti a non confonderla con la socializzazione politica. Purtroppo molti cadono in questo errore tendendo a sovrapporre i due termini e generando non poca confusione sia semantica che disciplinare. Quante volte abbiamo sentito dire che la politica la si apprende facendola? È fuor di dubbio che sia così, ma l’apprendimento che avviene durante l’agire politico va considerata socializzazione politica, appunto perché svolge funzioni socializzative, di integrazione del soggetto nelle dinamiche e nei rituali del partito e delle istituzioni. Per capire meglio questo concetto occorre partire dalla definizione di socializzazione che possiamo intendere come l’insieme dei processi, delle pratiche e delle

consuetudini volti all’integrazione del soggetto nella società o nella struttura sociale, che si compie attraverso la trasmissione del patrimonio culturale e comportamentale necessario al suo corretto inserimento. Per formazione, invece, si intende l’insieme dei processi e delle pratiche volti al cambiamento del soggetto individuale o collettivo attraverso la trasmissione di un nuovo, inteso come innovativo, patrimonio culturale e comportamentale. Quindi la formazione è tale se interviene nelle e sulle dinamiche socializzative al fine di un cambiamento della stessa dinamica socializzativa. La socializzazione, quindi, è rivolta ai “giovani”, intesi non in senso strettamente anagrafico ma come i nuovi entrati, per inserirli, attraverso processi di modellamento e adattamento, in un contesto dato storicamente, sia esso intera società, singola organizzazione o sua struttura interna; mentre la formazione punta ai “vecchi”, inteso ai già socializzati, per cambiare i loro modelli (cognitivi, comportamentali, comunicativi, organizzativi eccetera) ai fini dell’efficacia e dell’efficienza organizzativa. Possiamo, quindi, capire da questa introduzione il cambio notevole di paradigma. La socializzazione svolge funzioni di integrazione e adattamento attraverso processi codificati da prassi e consuetudini e, quindi, prevalentemente “spontanei” e “dati per scontati”; la formazione svolge funzioni di ristrutturazione e cambiamento attraverso

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processi appositamente costruiti tica ma non la formazione politica con strumenti e metodologie “altre” pur esistendo da molti anni le fadalla consuetudine e, quindi, pre- coltà di Scienze della formazione. valentemente intenzionali. Quello Ma la ragione principale, che che occorre capire è che la forma- spiega anche il vuoto disciplinare, zione si distingue dalla socializza- è il vuoto organizzativo dei partiti, zione perché il suo intervento è fi- o meglio il loro progressivo svuotanalizzato a colmare un divario esi- mento. Il dibattito sociologico sulla stente fra uno stato (individuale o crisi dei partiti ha ampiamente collettivo) esistente ed uno deside- messo in luce le cause di questo ferato. Chiaramente il discorso si nomeno, dalla perdita della dimencomplica perché non si tratta di in- sione comunitaria del loro agire altegrare un soggetto in un contesto la loro trasformazione in luoghi già dato ma di cambiare il sogget- “anemici” caratterizzati da un diffuto (singolare, plurale) per cambiare so individualismo/personalismo. il contesto. È necessaIn estrema sintesi, rio, quindi, sviluppare il processo di La socializzazione svolge svuotamento è il una capacità astrattiva maggiore perché funzioni di integrazione prodotto di queloccorre: conoscere le la razionalità inattraverso processi criticità dello stato inconscia che gocodificati da prassi dividuale o collettivo verna i comportache non soddisfano menti organizzatie consuetudini determinati parametri vi e che li spinge di riferimento (valoriaad economizzare li, culturali, comportamentali, orga- le proprie risorse (umane ed econizzativi eccetera); persuadere i nomiche) concentrandole nella disoggetti sulla necessità del cambia- rezione del loro core business, mento; progettare l’azione formati- che per i partiti consiste nella conva mirandola alle reali esigenze di quista del potere attraverso libere cambiamento riscontrate e verifica- elezioni. L’attenzione dei partiti, re il raggiungimento dello stato de- quindi, si è spostata negli anni siderato. dalla formazione del consenso alA questo punto sorge la domanda: la sua cattura, delegando ad altre perché i partiti contemporanei non agenzie (famiglia, scuola, Chiesa fanno formazione politica pur es- e associazionismo) la socializzasendo formazioni politiche? Il di- zione politica di base (valori e scorso è molto complesso perché identità) e alle università, centri stule cause sono molteplici tra cui di e fondazioni politiche la social’esistenza di un vuoto disciplinare. lizzazione politica secondaria (coEsiste la sociologia politica, l’antro- noscenze e competenze). pologia politica, la psicologia poli-


FORMAZIONE

La socializzazione politica prima- l’esperienza dell’appartenenza, dell’essere parte, e aderendo al ria e secondaria Partendo dalla distinzione durkhei- destino comune, sentendolo come miana di socializzazione primaria fortemente intrecciato con il proe secondaria – che distingue un li- prio. Il mio successo è legato al vello primario di integrazione, successo del mio “gruppo”, contro quando il patrimonio culturale tra- eventuali altri gruppi. Quindi non smesso è comune a tutta la comu- può esserci un’altra nazione, città, nità, e un livello secondario, quan- famiglia o religione perché questo do è legato alla specializzazione legame è dato come totale e indissociale conseguita – possiamo de- solubile. finire la socializzazione politica di La socializzazione politica seconbase o primaria l’insieme dei pro- daria consiste nell’insieme dei processi volti all’integrazione sociale cessi volti all’integrazione funzionadel soggetto attraverso lo sviluppo le del soggetto nel contesto politico dato; allo svidel sé identitario, luppo del sé poliquindi della costruzioL’attenzione tico, nel senso ne del suo senso di più tradizionale appartenenza, del dei partiti si è spostata del termine, ossentirsi parte di una dalla formazione sia di un soggetcomunità condividendel consenso to che apprende done valori, regole e a stare nella poideali. Da quando si alla sua cattura lis e a ragionare nasce e per tutto l’arsulla polis. In co della nostra vita i processi di integrazione identitaria questa fase, data più o meno per sono fondamentali ai fini della coe- scontata, l’adesione ideologica ad sione e del mantenimento sociale un patrimonio di valori, regole ed rappresentando per questo la pre- ideali comuni, la centralità è posta occupazione prima, appunto pri- sulla dimensione cognitiva del sogmaria, di qualsiasi società. Esso getto, sulla sua educazione intelletrappresenta la dimensione etico tuale, intesa come educazione teovaloriale della formazione del citta- rica e pratica. Le competenze inteldino e, quindi, della sua educazio- lettuali del politico sono innanzitutne sentimentale. Si deve amare la to ideologico-culturali, intese come propria nazione, la propria città, la capacità di sviluppare e arricla propria famiglia, la propria chire l’identità politica di apparteChiesa, ma affinché ciò avvenga nenza, adattandola e applicandooccorre che l’individuo maturi con la ai mutati contesti nazionali e inesse un legame assoluto, nel senso ternazionali. Questa competenza è etimologico di ab solutus, “sciolto quella appunto relativa alla figura da”, e questo avviene solo vivendo dell’intellettuale organico di gram-

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sciana memoria che non è scomparsa ma si è progressivamente adattata ad una critica sociale meno centrata sui massimi sistemi ma più tematizzata e settoriale, relativa ad ambiti disciplinari orgaLa socializzazione politica secondaria per nizzati intorno a fenomeni e prointegrare il soggetto blematiche spenel contesto politico cifiche, la cui individuazione delle possibili soluzioni è alla base della nuova disputa politica. Pensiamo alle tematiche etiche, del lavoro, dell’ambiente, della sicurezza e dell’immigrazione su cui si anima il dibattito politico rispetto alle, non tanto re164 mote, discussioni ideologiche di “alternative di sistema” che hanno tanto caratterizzato lo scontro politico nel passato. Per quanto riguarda le competenze pratiche, quelle del saper agire in politica, che pur avendo un fondamento intellettuale sono conoscenze che vanno concretamente applicate, queste sono rappresentate dalle capacità di leadership, di comunicazione, tra cui saper parlare in pubblico, di organizzazione, come saper Le competenze intellettuali del politico ideare e progetsono innanzitutto tare iniziative, e ideologico-culturali quelle più propriamente istituzionali, dal saper comprendere i meccanismi e le procedure decisionali al saper prendere le decisioni giuste al momento giusto (competenza non proprio scontata). Anche la formazione politica possia-

mo, in estrema sintesi, distinguerla in primaria e secondaria a seconda se operi per il cambiamento dei valori, delle regole e delle idealità, che sono fondative di un modello socializzativo, oppure per il cambiamento di skills e competenze per una più innovativa risposta operativa. L’irrazionalità dell’attuale razionalità politica Se diamo per scontato che già da anni i partiti hanno smesso di essere luoghi di socializzazione politica primaria, nel senso di prima socializzazione alla politica – basta pensare alla formidabile funzione di alfabetizzazione politica che hanno svolto agli albori e che ha consentito l’accesso nella sfera decisionale pubblica di fasce di popolazione fino ad allora escluse – meno scontata, e ciò dovrebbe destare una qualche preoccupazione, è la progressiva perdita della funzione di socializzazione politica secondaria di selezione e preparazione della classe dirigente. Infatti, non rappresentano più delle rare eccezioni quei politici che accedono nelle istituzioni attraverso un percorso formativo “altro” dai partiti. In passato capitava spesso che i partiti si adoperassero per far entrare in parlamento soggetti che, pur lontani dalla politica attiva, godevano di un tale prestigio, per l’apporto dato al dibattito politico, che si rendeva necessario una loro valorizzazione pubblica. In ogni caso una presentazione al partito


FORMAZIONE

veniva fatta, con relativi giri per le sezioni, ai fini della loro accettazione. Oggi assistiamo sbalorditi alla cooptazione di soggetti totalmente estranei non solo alla politica attiva ma anche al dibattito intellettuale che vi gravita intorno. Qual è la causa di questa perdita di funzionalità? La penetrazione delle teorie economicistiche nelle culture organizzative dei partiti. In sintesi: il comportamento razionale dei partiti, finalizzato a concentrare il proprio focus, quindi le proprie energie e risorse, nel proprio core business, la competizione elettorale, è alla base della loro crisi. La loro è una razionalità irrazionale, perché avendo nei fatti abbandonato qualsiasi ambizione di formazione del consenso, quindi di costruzione della domanda politica, che avrebbe comportato il mantenimento di strutture e canali “in-formativi” sul territorio e sistemi premianti di carriera, rimangono vittime della domanda organizzata da altri soggetti (economici, religiosi, sociali e culturali) che invece svolgono un’intensa attività socializzativa e di formazione. Rincorrendo il modello del partito leggero, che altro non è che il partito degli eletti per gli eletti, si sono smantellati i vecchi canali di socializzazione e formazione nell’illusoria convinzione che specializzandosi nel marketing e nella comunicazione politica si sarebbero potuti colmare i vuoti identitari e di insediamento sociale. Mirando l’offerta politica per catturare consenso

altro non si fa che adattarsi al volere di chi ha il potere di condizionare la domanda politica. Non è un caso che la crisi dei partiti sia coincisa con l’affermarsi della deregulation economica voluta Le competenze pratiche d a l l e n u o v e sono rappresentate dalle oligarchie ficapacità di leadership nanziarie. Dae di comunicazione gli anni Ottanta in poi, l’economia ha preso totalmente il sopravvento nel governo delle democrazie occidentali, assumendo il primato sulla politica. Le stesse logiche economiche dell’agire utilitaristico sono penetrate nei partiti che ad esso hanno 165 adeguato i propri assetti e le proprie strutture organizzative. Adesso poco alla volta, in seguito anche alla grande crisi economica e sociale prodotta da questa miopia della politica, ci si sta rendendo conto dell’illusione. Ma per correre ai ripari occorre riequilibrare il rapporto e questo lo si può fare solo attraverso un ritorno dei grandi partiti pesanti e pensanti e della partecipazione politica diffusa. Un nuovo priCome le competenze, la formazione politica mato della polisi ditingue in primaria tica e dei partiti e secondaria Per ristabilire il primato della politica, che è inscindibile da una diffusa partecipazione , occorre un salto culturale dei politici che devono comprendere che i partiti non sono solo techne ma anche psiche, non solo corpo ma anche ani-


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ma, non solo interessi ma anche zione politica nasce da fattori ontopassioni. Insomma: i politici devo- logici endogeni ed esogeni all’indino riscoprire il loro senso di supe- viduo. riorità che è data dalla ragione Endogeni, perché l’individuo è un fondante del loro stare insieme. De- essere profondamente comunitario vono insomma comprendere che e spirituale che ha bisogno di essesono parte di una famiglia spiritua- re sostenuto nel suo processo di inle per diversi motivi. I partiti, infatti, dividuazione politica del sé. Senza detengono un sapere “ideologico” scomodare troppo Jung, il processo proprio che solo loro possono pro- di individuazione politica del sé durre e trasmettere in quanto comu- consiste nell'avvicinare l'Io, quindi nità di intenti con una mission da la coscienza immediata del soggetcompiere; quindi la socializzazio- to, al sistema mitico e simbolico, la ne e la formazione sono insite nel coscienza collettiva, della propria loro Dna. Questo sapere è parte di comunità politica. Tutti i partiti foncompetenze “esclusidano la loro apve” dell’essere politipartenenza su un Dagli anni Ottanta in poi, patrimonio identico in quanto tale che sono irriproducibili tario che è la stral’economia ha avuto da altri contesti. Solo tificazione storica più peso della politica i partiti possono predi modelli, miti e nelle decisioni parare i cittadini alla archetipi che fonsoluzione di problemi dano l’universo dei governi di carattere generale simbolico e mitoe globale in quanto logico, l’inconpromotori di una visione sinergico- scio collettivo, della propria mitoolistica dei fenomeni sociali e solo poietica. con la più ampia, libera e consa- Esogeni, perché i partiti durante la pevole partecipazione dei cittadini loro vita si trovano ad attraversare alla gestione della cosa pubblica costantemente periodi di forte critiessi possono affermare il primato cità (insuccessi elettorali, eccessiva della politica, e quindi il loro, con- conflittualità interna, ristrutturazione tro forme “interessate” e manipola- identitaria, scarsa partecipazione torie di potere. giovanile eccetera) e quindi divenI politici devono riscoprire la forma- tano palesi le deficienze e le lacuzione politica perché è l’unica che ne organizzazione da superare. può dare risposte alle domande di identità e di partecipazione prove- Conclusioni nienti dalla società attiva, in parti- All’evidente importanza della forcolare dai giovani e dai non cor- mazione politica continua a persirotti dal cinismo e dalla rassegna- stere un vuoto disciplinare e orgazione. Perché il bisogno di forma- nizzativo. A questo punto occorre


FORMAZIONE

chiedersi: chi potrebbe occuparsi di un suo rilancio? Non i partiti che pur svolgendo, come qualsiasi organizzazione, attività di reclutamento e selezione non sembrano prestare particolare attenzione alla qualità del personale politico imbarcato, che poi rappresentano il prodotto che “vendono” all’opinione pubblica, perché le dinamiche di competizione interna spingono i gruppi dirigenti ad agire dando priorità alla tutela dei propri interessi di autoriproduzione e, quindi, le selezioni vengono effettuate tenendo conto dei bisogni di stabilizzazione e di ascesa della leadership a discapito, molto spesso, della qualità del personale politico cooptato. A prevalere, quindi, sono criteri di affidabilità, fiducia e spendibilità elettorale e non di motivazione e preparazione, che anzi possono rappresentare un ostacolo. Questo è la dimostrazione che le dinamiche socializzative non sono sufficienti a promuovere queste qualità, le cosiddette virtù politiche, anzi il più delle volte sono la causa del loro scadimento, e per questo è necessario operare una netta distinzione fra socializzazione e formazione politica. Allora bisogna rassegnarsi alla marginalità della formazione politica nei partiti? Certamente no, anche perché esiste una forte domanda di formazione politica e i politici più lungimiranti si sono già attivati o si stanno attivando per soddisfarla. Infatti, in questi ultimi anni sono nate le

fondazioni politiche proprio per sopperire alla carenza strutturale di formazione politica nei partiti. Forse stiamo assistendo ad una loro eccessiva proliferazione ma l’idea di dotarsi di strutture interne e, allo stesso tempo, esterne ai partiti , in quanto “staccate” dalle dinamiche di competizione interna, specificatamente rivolte all’ideazione e progettazione di formazione politica è certamente una importante novità. Il problema è capire il margine di operatività che avranno nei rispettivi partiti e il loro livello di ambizione: limitarsi a svolgere una funzione suppletiva oppure di cambiamento del paradigma organizzativo? Perché rispondere a questa domanda significa capire se esse, le fondazioni politiche, intendono svolgere una funzione socializzativa o formativa all’interno dei partiti. Io opterei per la seconda strada, perché bisogna avere ben chiaro che il mancato rinnovamento dei partiti continua a favorire il più grande fenomeno politico di massa oggi esistente: l’antipolitica.

l’autore Paolo lombardi Collaboratore parlamentare. Autore del saggio La Scienza della formazione politica, Epap, Firenze, 2004. è dottore in Sociologia, specializzato nello studio della politica nei suoi aspetti psicologici e formativi.

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Il catastrofismo nella cultura occidentale

Quell’innata paura della fine del mondo Da Platone ai kolossal hollywoodiani, l’uomo ha sempre riversato nella produzione culturale tutto il suo timore per l’Apocalisse imminente. Tra scienza e fantascienza. Tra finzione e realtà. DI GIAMPIERO RICCI

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Dal racconto della scomparsa di Atlantide nei dialoghi Timeo e Crizia di Platone sino al 2012 di Emmerich, un sottile filo di Arianna tiene unito l’immaginario collettivo umano, una oscura attrazione verso la fine imminente, un millenarismo ininterrotto che genera continui fenomeni di creativa ricerca sulla direzione del percorso che dovrà condurre l’avventura umana alla sua uscita dal mondo. Le tempeste solari, il blocco della rotazione terrestre, la paura di possibili conseguenze catastrofiche im-

previste durante gli esperimenti al Cern, lo stesso global warming o una guerra termonucleare globale qualsiasi, sono manifestazioni evidenti di una verità nascosta dentro la nostra immaginazione. Delle conseguenze superficiali della fine dei tempi, sappiamo sempre di più: esplosioni di vulcani grandi come l’Everest, la scomparsa nel Pacifico dell’intera faglia di Sant’Andrea, terremoti capaci di aprire voragini lunghe migliaia di chilometri nel terreno, tsunami alti millecinquecento metri, la crosta o il nu-

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cleo della Terra che si sfaldano, tut- giamo ciò che osserviamo o immate profezie a cui negli ultimi anni, giniamo. con la crescente paura per il clima- Stando ad Heisenberg, ipoteticate change, e dopo cataclismi come mente, per evitare il destino perdulo tsunami indonesiano, l’uragano to che le cassandre di turno ci assiKathrina, il terremoto nello Sichuan curano essere prossimo, sarebbe cinese o quello dell’Aquila, si è co- sufficiente far concentrare il genere minciato ad attribuire crescenti dosi umano per qualche istante sulla tridi credibilità. ste realtà apocalittica, perché queInsomma, l’argomento geologico è sta fosse inesorabilmente condotta con dovizia analizzato, ma consi- alla inesistenza. Una legge da tederare, seppure su di un piano me- nere a mente quando con gli occhi ramente estetico, la natura in ribel- si scorrono pagine e fotogrammi lione “per se stessa” non avrebbe tratte dal romanzo apocalittico consignificato se il protagonista dell’av- temporaneo. ventura della vita sulla Potrebbe essere Terra, l’uomo, non vequesto, a ben veDa The day after nisse incluso nell’anadere, il senso nalisi del fenomeno. Il scosto di film cotomorrow a 2012, fatto che l’immaginame il 2012. L’ultiil regista Emmerich zione porti l’uomo a mo lavoro di Emè stato il cantore del temere che che il merich ha una mondo per lui creato catastrofismo al cinema sceneggiatura barischi di inghiottirlo, sinale, un cast megnifica che nell’aria si diocre dove si salsta aggirando un messaggio di un va solamente John Cusack, una qualche valore, un messaggio che concatenazione di eventi che mette viaggia su frequenze d’onda e di- insieme il rischio del bombardamenmensioni differenti dalle nostre ma to di neutrini rilasciati dalle tempeste di cui riusciamo distintamente a solari con l’inversione dei poli geopercepire il senso di allarme senza grafici terrestri, in un pout p ourri comprenderne il significato. che deve servire in fin dei conti a reC’è da stare attenti con l’immagina- galare quasi tre ore di effetti speciazione. Verne creò l’idea di aeropla- li, questi sì degni di essere visti e rino perché qualcuno poi si sforzas- visti. si tratta di un esercizio che rise di crearlo per davvero. Heisen- sulta vuoto e costringe lo scenegberg con il principio di indetermi- giatore al finale buonista che nelle nazione, nella sua teoria della fisi- apocalissi vere non esiste mai. ca quantistica, ci spiegò come l’os- Emmerich ripropone il fortunato cliservazione modifichi gli eventi e ché di The day after tomorrow ma renda impossibile ogni misurazione mentre lì la base scientifica per il spazio-temporale, ovvero: distrug- congelamento dell’emisfero nord


CINEMA E LETTERATURA

della Terra era correttamente ricon- do di stabilire cosa tutto ciò potrebdotta all’innalzamento della tempe- be generare, tantomeno Emmerich. ratura dei mari, qui ai neutrini – Se il 2012 sia l’ora X e se i Maya particelle dell’atomo capaci di at- abbiano azzeccato la previsione lo traversare la materia – si attribuisce scopriremo tutto sommato presto. la capacità di innescare una rea- Il fatto è che tutta la materia visibile zione a catena tale da sciogliere il e invisibile vibra ad una determinanucleo del nostro amato pianeta. ta frequenza perché tutto è enerLa parte più scientificamente fonda- gia, è frequenza d’onda; un eleta e preoccupante è quella sull’in- mentare principio della fisica ci inversione dei poli. segna poi che quando lo stato viScettici? Tranquilli, già dal 1991 il brazionale della materia è lento, Servizio geologico degli Stati Uniti l’energia si fa densa e tende a soliha diramato un documento che as- dificarsi, così risulta vero anche il seconda le tesi secondo le quali contrario: ad un aumento della veogni cinquecentomila locità di vibrazioanni il campo magnene - cui la Terra L’allarme più fondato e dei nostri tempi tico terrestre raggiunge lo zero per poi ripreoccupante riguarda sembra soggetta formarsi lentamente; la - corrisponde una l’inversione dei poli, prova che il punto zediminuzione delgià teorizzata da enti ro sarebbe ad un pasla densità delso, andrebbe ricercal’energia e quinscientifici governativi ta nella elevata condi dei campi maversione d’idrogeno in gnetici terrestri. elio cui si assiste negli ultimi anni e Il fenomeno è stato analizzato dallo che dimostrerebbe come i prossimi scienziato Gregg Braden (Effetto cinquecentomila anni siano alla Isaia. Decodificare la scienza perscadenza. Cosa provocherà il rag- duta della preghiera e della profegiungimento del punto zero? Il bloc- zia, 2001, Macro Edizioni), geoloco della rotazione del pianeta, un go ed ex collaboratore della Nasa. blocco stimato in 72 ore, i tre gior- La malattia della Terra, con buona ni del Vangelo – “…distruggete pace di Al Gore, non sarebbe l’uoquesto tempio ed io in tre giorni lo mo ed il suo stile di vita, giacché la ricostruirò” (Gv 2, 13-25) –dopo di dinamica dell’innalzamento della che la Terra ricomincerà a girare temperatura terrestre sarebbe da nell’altro senso ma non prima di imputarsi all’aumento esponenziale aver ruotato sull’asse terrestre ed della frequenza vibrazionale del aver variato quindi drasticamente campo energetico. In pratica la la posizione dei poli geografici, un questione dell’innalzamento della po’ come Emmerich ha provato a temperatura sarebbe connessa alla raccontarci. Ma nessuno è in gra- frequenza sonora della Terra che

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sta aumentando con molta velocità. Essa è la frequenza sonora di base, chiamata “Risonanza di cavità Schumann”. Dal 1899, momento della sua scoperta, al 1940, Il global warming questa frequennon sarebbe causato za è rimasta dall’uomo ma da ciclici e inevitabili fenomeni inalterata a circa 7,8 hertz o 7 cicli al secondo. L’inizio del suo innalzamento sarebbe avvenuto nel 1986-1987 e nel 1996 aveva raggiunto gli 8,6 hertz. Attualmente, secondo recenti stime, il valore della risonanza di cavità Schumann avrebbe già superato i 10 hertz e continuerebbe ad aumenta174 re ulteriormente accompagnata da un altro fenomeno: la diminuzione del campo magnetico terrestre. Il nostro pianeta è un enorme magnete con una moltitudine di livelli che ruotano per formare un campo magnetico. L’intensità della densità del campo magnetico è proporzionale alla velocità di rotazione del pianeta, una diminuzione del campo magnetico terrestre provocherà la cessazione della rotazione terrestre. Un tema così gustoso come quello del blocco delIl tema del blocco la rotazione terdella rotazione terrestre restre non poteha destato l’attenzione va non destare di Hollywood l’attenzione di Hollywood. The Core (2003), di recente riproposto anche per la tv, prova a giocarci su. Nel film, Aaron Eckhart è un geologo che scende negli abissi cavalcando insieme a tre colleghi un av-

veniristica navicella ignifuga attraverso le profondità della Terra: obiettivo far detonare una serie di testate nucleari necessarie a riattivare il moto rotatorio del nucleo terrestre. Eckhart naturalmente riuscirà a salvare il mondo, giusto in tempo per fidanzarsi con la belloccia di turno. Tutto sommato un film di secondo piano, consigliabile però agli appassionati di questa stagione pop del neo-catastrofismo. Neo-catastrofismo, perché la stagione dei filmoni hollywoodiani sulla fine del mondo inizia già nel 1998, quindi oltre dieci anni fa, con il duo Armageddon e Deep Impact, film che raccontano la paura delle collisioni con enormi asteroidi provenienti da ignote distanze dell’universo. Una paura, non c’è che dire, che ha un certo fondamento reale, non fosse altro per la certificazione dei motivi della fine della stagione dei Dinosauri, oramai quasi pacificamente fatta ricondurre allo schianto sulla Terra di un meteorite che innescò una serie di reazioni a catena climatiche tali da trasformare repentinamente le condizioni ambientali del pianeta. Armageddon di Michael Bay, probabilmente il film più “americano” del genere oltre che quello dal cast più rinomato, racconta di una squadra di trivellatori di petrolio nelle profondità marine che vengono direttamente dalla pancia del paese a stelle e strisce. Gli strampalati eroi finiranno per ritrovarsi catapultati sopra un asteroide mostruosamente grande in rotta di collisione


CINEMA E LETTERATURA

con la Terra. La missione è quella di trivellare l’asteroide e di porvi all’interno una testata nucleare per spaccarlo in due, facendo in modo che i resti finiscano fuori dell’orbita di attrazione terrestre. La Nasa partecipò attivamente alla realizzazione del film, fu permesso alle telecamere di entrare nei luoghi di addestramento e sulle piattaforme di lancio; una rarità. Speculare Deep Impact, per la regia di Mimi Leder, una produzione di Steven Spielberg, con l’unica differenza, rispetto ad Armageddon, rappresentata dal finale tragico: gli sforzi per impedire l’impatto sulla Terra vanno a vuoto, i meteoriti sono due, uno coglie l’Atlantico provocando uno tsunami di 400 metri che travolgerà New York e la costa est nord americana, l’altro verrà frenato dal sacrificio della missione terrestre che vi si scaglierà contro salvando quindi l’umanità da estinzione certa. Questo senso di abbandono, e di disperazione che segue la presa di coscienza dell’ineluttabilità è scandagliato con intensità anche dalla letteratura che utilizza la forza della parola per tradurlo nello sfilacciamento di legami, tra le cose e tra noi, per una fotografia di una società arrivata al capolinea. Un esempio è il romanzo di Antonio Scurati Il bambino che sognava la fine del mondo, (Bompiani, 2009), libro dove il quotato scrittore italiano parte dall’analisi del corto circuito tra media e società, responsabile della generazione di

paranoie e idiosincrasie collettive. Rassegnazione di massa, ricerca a tutti i costi da parte dei media dello shock che faccia breccia nell’immaginario popolare sono ingredienti che il Male, una vecL’innalzamento della chia conoscentemperatura sarebbe za del mondo, connesso alla frequenza utilizza per sonora del pianeta guadagnare terreno. La storia è ambientata a Bergamo, dove alcune maestre si organizzano per perpetrare violenze sui propri alunni mentre la tv compie la propria opera di ingarbugliamento informativo. Un racconto ballardiano, in cui il protago175 nista cerca ti tenere insieme senza successo i pezzi della società che lo circonda, una società piegata da un mefistofelico effetto domino che sembra inarrestabile. Un libro ambizioso che, oltre alla critica alla fabbrica di mostri mediatica, racconta i termini di una battaglia spirituale comune a tanta parte dell’Occidente. Una piega fantasy fa invece prendere al racconto apocalittico Nick Harkaway con Il mondo dopo la fine del mondo I film Armageddon e (Mondadori, Deep Impact hanno 2009). Figlio inaugurato il filone del d’arte di John Le neocatastrofismo pop Carré, Harkaway viene dalla professione di copywriter nel web e per l’industria, e all’esordio si presenta con un romanzo fantascientifico che si pone l’obiettivo di farci ragionare sui pro e i contro dell’arrivo dell’ultimo


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giorno. A metà tra la nera ironia si ritrova tra le ragioni della fortuna, giocherellona di Vonnegut e l’orro- tanto per fare un esempio, dei surifica fantascienza del Lovecraft pereroi. Il mondo di Pandora, il degli , Harkaway ricorre all’icona pianeta dei Na’Vi, è un mondo del protagonista votato ad un de- denso di energia e i Na’Vi sono il stino deterministicamente preordi- prodotto dell’esplosione libera di nato verso un fine, la morte. Sarà questa energia. lui, un soldato, a portare sulle spal- Che sia questo il destino della Terra le il mondo e a lottare per la no- e dell’uomo, sdilinquirsi in un’orgia stra sopravvivenza contro mutanti, di energia, travalicare qualcuna mutazioni, ninja, in scenari da tea- delle undici dimensioni rinvenute tro fumettistico da autore. dal fisico Ed Witten (nel 2006 noSempre alla graphic novel d’autore minato da Benedetto XVI membro sembra rimandare Avatar, ultima della Pontificia accademia delle fatica di James Cameron, un pro- scienze) e osservare la propria vegetto cinematografico nire travalicata a partito da lontano, sua volta da altre Armageddon è il film più entità? dagli anni in cui si girava Titanic e riman“americano” del genere La cristianissima dato di volta in volta ed eretica visione catastrofico, realizzato in attesa dell’arrivo di di Pierre Teilhard anche con la consulenza de Chardin (Il geuna tecnologia che permettesse di riprosuita proibito. Vidella Nasa durre sul grande ta ed opere di schermo con la digniPierre Teilhard de tà del capolavoro una storia che Chardin, Giancarlo Vigorelli, parla di viaggi tra dimensioni, di 1964), sposa l’evoluzionismo con passaggi di coscienza tra corpi di- la teologia preconizzando l’avvenversi, di assunzione di sembianze to dell’Homo noeticus dopo il satra umani ed esseri extra-umani, do- piens sapiens, lasciando intendere ve gli uomini sono alla conquista di uno sbocco equivalente a quello mondi distanti e popolati da creatu- sopra descritto. re diverse ed affascinanti che mo- L’Homo noeticus di de Chardin è strano di aver raggiunto una piena posto a difesa dell’equilibrio geoloconsapevolezza evolutiva. gico, politico e spirituale e racchiuNon è difficile, nella scelta che il de in se la nostra eredità culturale regista impone, tra le sembianze millenaria. Figura che il teologo umane e quelle dei Na’Vi, leggersi francese aveva visto abbozzarsi una voglia di un salto evolutivo, nei movimenti non violenti e pacifidella liberazione di energie e po- sti e nella nascita dell’ambientalitenzialità date per presenti nell’uo- smo, tanto da fargli vedere in essi il mo ed inutilizzate, un qualcosa che segno del “tutto è compiuto”.


CINEMA E LETTERATURA

Pierre Theilard de Chardin (1881 – 1955) non è più tra noi, ma sarebbe interessante chiedere il suo parere sull’emergere del fenomeno del terrorismo suicida, per capire se anche questo, quale esplicito fenomeno di scelta di uscita dal mondo, di abbreviamento della corsa, non possa essere letto come un annuncio della fine dei tempi. Per questa parte di teologia cristiana, quanto stiamo esaminando non sarebbe che la spinta inconscia della immaginazione umana verso la ricerca della perfezione. L’uomo è il suo viaggio. Il suo spirito e il suo corpo (bellezza, equilibrio, ecc.) possono leggersi come un segno evolutivo che richiama alla meta, ad un fine, e ad esso si associa naturalmente il concetto di rivelazione. Vi sarebbe quindi un legame intimo tra il desiderio dell’oltre e la bellezza e su ciò si interroga un interessante lavoro di Ian McEwan. Per l’inglese, scrittore tra i più considerati, il racconto della fine del mondo per noi uomini è un blues (Blues della fine del mondo, Einaudi, 2008), il suono di un flauto magico che non smette di incantarci. Il libro a cui affida la sua riflessione a voce alta sulla nostra attrazione verso i racconti che riportano la nostra fine, scandaglia il nostro bisogno di sognare il termine per noi e il nostro genere, associandovi una necessità di attribuirci una collocazione spazio-temporale (vedi il principio di Heisenberg di cui sopra). McEwan rovescia la nostra doman-

da non espressa a Pierre Teilhard de Chardin chiedendosi se non sia proprio la scarsa capacità di una scienza contemporanea arida che non sa aprirsi al mito e non riesce a competere con le storie delle tradizioni antiche, a lasciare nell’abbraccio del fondamentalismo e quindi del terrorismo suicida una parte significativa dell’umanità. Il discorso di McEwan disamina i tipi di pensiero apocalittico, prende in esame particolarmente il movimentismo delle religioni monoteiste negli Usa passando attraverso il portato medievale e alla fine si risolve in un elogio della curiosità che aiuta a comprendere come «possiamo ancora distruggerci, oppure, forse, cavarcela. Affrontare tale incertezza costituisce il mandato della nostra maturità, e l’unico sprone ad agire con saggezza». La stagione della nostra estetica ci chiede di interrogarci sulla possibilità della estinzione della razza umana, ma anche se sul serio la nostra uscita dal mondo debba davvero essere da noi considerata il corollario di un livello di bellezza raggiunto non implementabile. Ci si chiede, insomma, se una storia debba per forza avere un inizio e una fine.

l’autore giampiero ricci Giornalista pubblicista, si occupa di letterarura, cinema e cultura pop. Collabora con il quotidiano Liberal, il Domenicale, l’Occidentale e Ffwebmagazine.

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