Diari di Ecopoesie

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9 Quaderni del volontariato 2022 sociale Centro Servizi per il Volontariato PerugiaTerni CESVOL UMBRIA ETS EDITORE
IARI
2017 anno 0 di Elena Bussolotti
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DI ECOPOESIA
Edizione 2022 Quaderni del volontariato 9

Cesvol

Centro Servizi Volontariato Umbria

Sede legale: Via Campo di Marte n. 9 06124 Perugia

tel 075 5271976

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Edizione ottobre 2022

Coordinamento editoriale di StefaniaIacono Stampa Digital Editor - Umbertide

Per le riproduzioni fotografiche, grafiche e citazioni giornalistiche appartenenti alla proprietà di terzi, l’editore è a disposizione degli aventi diritto non potuti reperire. È vietata la riproduzione, anche parziale e ad uso interno didattico, con qualsiasi mezzo, non autorizzato.

ISBN 9788831491396

I QUADERNI DEL VOLONTARIATO UN VIAGGIO NEL MONDO DEL SOCIALE PER COMUNICARE IL BENE

I valori positivi, le buone notizie, il bene che opera nel mondo hanno bisogno di chi abbia il coraggio di aprire gli occhi per vederli, le orecchie e il cuore per imparare a sentirli e aiutare gli altri a riconoscerli. Il bene va diffuso ed è necessario che i comportamenti ispirati a quei valori siano raccontati.

Ci sono tanti modi per raccontare l’impegno e la cittadinanza attiva. Anche chi opera nel volontariato e nell’associazionismo è ormai pienamente consapevole della potenza e della varietà dei mezzi di comunicazione che il nuovo sistema dei media propone. Il Cesvol ha in un certo senso aderito ai nuovi linguaggi del web ma non ha mai dimenticato quelle modalità di trasmissione della conoscenza e dell’informazione che sembrano comunque aver retto all’urto dei nuovi media. Tra queste la scrittura e, per riflesso, la lettura dei libri di carta. Scrivere un libro per un autore è come un atto di generosa donazione di contenuti. Leggerlo è una risposta al proprio bisogno di vivere il mondo attraverso l’anima, le parole, i segni di un altro. Intraprendendo la lettura di un libro, il lettore comincia una nuova avventura con se stesso, il libro viene ospitato nel proprio vissuto quotidiano, viene accolto in spazi privati, sul comodino accanto al letto, per diventare un amico prezioso che, lontano dal fracasso abituale, sussurra all’orecchio parole cariche di significati e di valore.

Ad un libro ci si affeziona. Con il tempo diventa come un maglione che indossavamo in stagioni passate e del quale cerchiamo di privarcene più tardi possibile. Diventa come altri grandi segni che provengono dal passato recente

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o più antico, per consegnarci insegnamenti e visioni. Quelle visioni che i cari autori di questa collana hanno voluto donare al lettore affinché sapesse di loro, delle vite che hanno incrociato, dei sorrisi cui non hanno saputo rinunciare. Gli autori di questi testi, e di tutti quelli che dal 2006 hanno contribuito ad arricchire la Biblioteca del Cesvol, hanno fatto una scelta coraggiosa perché hanno pensato di testimoniare la propria esperienza, al di là di qualsiasi tipo di conformismo e disillusione. Il Cesvol propone la Collana dei Quaderni del Volontariato per contribuire alla diffusione e valorizzazione della cittadinanza attiva e dei suoi protagonisti attraverso la pubblicazione di storie, racconti e quant’altro consenta a quel mondo di emergere e di rappresentarsi, con consapevolezza, al popolo dei lettori e degli appassionati. Un modo di trasmettere saperi e conoscenza così antico e consolidato nel passato dall’apparire, oggi, estremamente innovativo.

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DIARI DI ECOPOESIA

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2017 anno 0

INTRODUZIONE

Gentile ma allo stesso tempo un po’ discola. Come una ragazzina cresciuta fra i borghi e i prati, magari sopra quelle colline fra l’Umbria, il Senese e l’Aretino di cui si sono nutriti i suoi sensi, che ama giocare ma che ogni tanto, com’è giusto che sia, trasgredisce le regole. Non ho mai incontrato in presenza, come ci siamo abituati a precisare, Elena Bussolotti. L’ho conosciuta soltanto attraverso le sue narrazioni, poetiche e giornalistiche, più alcune conversazioni in rete. Mai dal vivo, per capirci. Però me la immagino così. Come una persona animata da una grande passione verso il prossimo e la natura, desiderosa d’incidere, come scrive in una delle sue composizioni, con il proprio “puntino” nel “quadro del mondo”. Rivoluzionaria a modo suo, insomma, attraverso relazioni interpersonali autentiche, una forte generosità umana, l’adesione a ideali di grande respiro. E un’innata predisposizione alla divergenza esistenziale, ci sembra, prima che ideologica. In qualche maniera alla disobbedienza (come la natura di cui scrive, “madre” e “sorella” ma anche un pochino “brighella”) che cogliamo nella sua scrittura, nelle opzioni stilistiche che persegue, nella composizione stessa del periodo e nelle discordanze che generano le sue carrellate visive. Piccole pietre d’inciampo, piazzate ad arte, come le preposizioni semplici al posto di quelle articolate, un certo ricorso all’accumulo e all’allitterazione che s’interrompono bruscamente, bisticci e slittamenti semantici che

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obbligano a rileggere l’intero periodo per confermarne il senso. Pare di stare a passeggio con l’amica che ogni tanto ti fa lo sgambetto, ti dà un pizzicotto quando meno te l’aspetti, tanto per invitarti a stare desto con la mente, a riflettere sul presente, a controllare dove metti i piedi. Forse ad accorgerti di lei. È una poesia soprattutto di frammenti espressivi e assonanze, la sua, che indulge soltanto di rado alla rima, evocando stralci che oscillano fra Mario Luzi e Guido Gozzano (il paesaggio elettivo d’altro canto è molto simile). C’interroghiamo sull’ecopoesia, leggendo questo suo Diario, curiosamente fermo al 2017. Scopriamo che Elena in quegli anni spaziava fra gli oceani e le sorgenti di campagna, fra la Luna e le nuvole, fra lo stupore verso tutto ciò che brulica su questo pianeta e quanto risuonava nella sua interiorità. Percepiamo una passione quasi mistica (siamo poco distanti, del resto, dalle terre di Francesco) verso il contatto con l’erba e la percezione della luce, un’esplorazione tattile, viene quasi da dire infantile – nel significato più proprio del termine, vale a dire inesprimibile attraverso le parole – degli ecosistemi. Poi il senso della memoria, la lealtà verso le proprie radici (la raccolta del resto è dedicata alle nonne Olga e Ada ma anche i saperi dei nonni vengono più volte evocati), il rifiuto verso la violenza e la richiesta di Pace, con la P maiuscola, valore che oggi cogliamo in tutta la sua centralità nell’ambito di una cultura ambientalista che forse, dopo la stagione pionieristica di Alex Langer, l’ha frettolosamente messo da parte. E ancora, l’idea che la presa in carico di tutto questo spetti alle molteplici generazioni, attraverso un patto di lealtà

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che guardi verso il futuro. Va letta e riletta questa prima produzione di Elena Bussolotti, spontanea come l’erba di quei campi su cui ci sembra di vederla correre, per apprezzarne la coerenza e il messaggio, forse anche l’imperfezione a volte inconsapevole, a volte voluta, nel segno di una punteggiatura anomala come un diamante in gestazione. La base di una ricerca che oggi prosegue, chissà, verso direzioni inedite, che siamo curiosi di scoprire, certamente in continuità con una personalità narrativa fortemente ancorata al bene comune, a quanto ci lega fra noi e agli altri viventi. Al bisogno di sentirsi utili, per quanto attraverso un minuscolo punto, al racconto d’insieme della biosfera. Nel frattempo qualcosa è cambiato, c’è parso d’intravedere una vita nuova, dentro i riquadri di quelle conversazioni in remoto, fra le braccia dell’autrice. La poesia s’è fatta bambina, sembra che proprio per lei ci sia ancora bisogno di comporre versi utili al cambiamento, che a lei fra poco si possa passare la parola.

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PREFAZIONE

L’epifania non è soltanto una questione letteraria, una figura retorica. Anche, ma non solo. L’epifania è una questione esistenziale, ontologica, metafisica. Una condizione, umana, di apertura verso orizzonti di senso che improvvisamente mostrino l’essenza più autentica del mondo che ci circonda, della vita che siamo.

Può riguardare tutti gli esseri umani, ma alcuni autori fortunati hanno una tale predisposizione all’epifania da riuscire non solo a farne esperienza, ma anche a trasferirla sulla pagina scritta. Di questo gruppo fa parte Elena Bussolotti.

L’io lirico da cui muovono i suoi versi e il suo sguardo è talmente disposto all’epifania che vive quasi in uno stato di abbandono vigile e desiderato nei confronti della natura. E la natura risponde, sorprendendo l’autrice, ricordandole che la destinazione e il dovere di donne e uomini non sono il successo, il potere, il dominio, ma l’armonia, l’amicizia, l’amore.

Sin dal titolo di questa raccolta breve ma composta da poesie dotate di una forza sorgiva, la dimensione autobiografica (i “diari”) si indirizza verso un compito quasi etico, “l’ecopoesia”, versi che, attraverso l’apertura al mondo, restituiscano al lettore l’ambiente, la “casa” (“eco” deriva dal greco òikos, casa, appunto), il mondo in cui gli esseri umani sono gettati alla nascita, superando la frattura cartesiana tra res cogitans e res extensa, tra aspetti materiali e spirituali, ricomponendola e mostrando che

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siamo chiamati a vivere in armonia con tutto quello che ci circonda – e di cui siamo parte –, con gli altri umani –che anche noi siamo – e con noi stessi.

COMMENTO

Diari di ecopoesia

Dialoghi nuovi con la natura

Leggere le pagine di un diario è come varcare la soglia di un giardino privato. L’autrice ci invita a condividere una riflessione intima, un dialogo segreto. Il lettore accede ad una dimensione interiore, assistendo al bisbigliare della poetessa alla natura in un flusso di coscienza in versi. Il libro, come una farfallina su sfondo colorato, raccoglie un vibrare intimo fatto di tante piccole cose che formano un caleidoscopico mosaico con la capacità di trattare la grande tematica del rapporto uomo-natura. Al centro della raccolta una festa di compleanno, un evento come tanti, o un pretesto per nascere che disvela il segreto della creazione della soggettività. Nascita di un Io leopardianamente solo, sperduto ed estraneo a partire dagli adulti più prossimi della propria specie. Ma la natura rimane il nido in cui un punto di vista può sempre prender corpo attraverso alcuni materici ingredienti in grado di legare insieme i pezzi per creare una forma. Se riusciamo a tenerli insieme - tengo tutto stretto - si può festeggiare la nascita e il giorno del/dì natale. Un testo pieno di frammenti (gemme/arazzi/collage/patchwork) che cercano una nascita, una forma. Perché è di frammenti che è fatta la voce artistica del XXI che si esprime anche attraverso le parole di Elena Bussolotti, una Ifigenia poetessa che nelle pagine di un diario dialogico con il mondo circostante si fa raccoglitrice di pezzetti (unici Altri-da-Sé possibili) e li unisce con una colla

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che sa di sabbia, di miele, farina.

Sembrano essere proprio le pagine del diario, anch’esse ri-legate insieme, a creare un interno-culla da cui uscire nella natura, un diario, anzi tanti diari, da cui possono sgusciare fuori poesie attraverso cui la voce umana si intona al canto della natura.

Diari di ecopoesia è una raccolta plurale. Non un diario ma tanti diari in uno. E a fare di tanti diari una sola raccolta, la colla sembra essere la sua natura sonora.

Una natura piena di sole che anche quando è tumultuosa ci indica la via attraverso suoni come le imposte che sbattono, le vele che si gonfiano e sbattono e in cui l’Io docile non sente paure, resistenze, infatuazioni… esso le segue. In una dialettica continua con una natura animata di cri cri e cip cip (grilli e uccellini) si crea un immaginario sonoro che pare dunque indicarci la Via ma… solo apparentemente perché se si porge l’orecchio la natura smette di palesarsi diventando afona! In questo modo il testo, anche quando parla di assenza di voce come nell’invocazione al muto oceano, è attraversato da un silenzio che è anch’esso una potente esperienza acustica. Muto e assordante sono i due estremi di una dimensione acustica sempre oscillanti e compresenti nello stesso fenomeno osservato. Due poli capaci di creare dimensioni spaziali in opposizione come in un aiuku che talvolta risolve la tensione ambivalente in una invocazione alla natura. Ma quale invocazione può risolvere la lacerante contraddittorietà della natura? Forse proprio la possibilità di farne parte. Richiesta che nella sua semplicità spezza la tensione di secoli concentrati sull’incolmabi-

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le iato – per dirla in termini psicanalitici lacaniani – tra l’essere umano con quella natura che che nell’atto di nascita ci espelle inesorabilmente dalla fusione simbiotica primaria di cui faremo eternamente ricerca. Nella poesia ecologica invece si intravede una sorta di alleanza, un ponte tibetano teso in questo baratro di distanza. I versi dei diari sono testimonianza di un grido possibile verso la natura perché ci fornisca l’opportunità di aggiungere la voce umana nel suo grande spazio sonoro. In “mali peggiori” sarà nuovamente un suono – un vento sonoro –a dare forza. Un vento sonoro che nasce da un gerundio interiore, meditando. L’oceano può forse trovare un’isola perché la voce umana possa partecipare. Per aiutare/ col mio puntino/ il quadro del Mondo.

E ancora l’animo poeta pazienta, accondiscendente al capriccio della natura in un’attesa arcadica. La natura terrestre diventa il giardino in cui l’autrice osa - presi del vento - e partecipa - e gli espirai un sogno -. Alcuni versi appaiono come ciò che rimane di antiche invocazione al vento dell’ovest, Sii tu il mio spirito impetuoso vento, a cui come Shelley si può ancora chiedere ispirazione... e con una modalità tutta contemporanea, averla. Da quel passato i versi sono in grado di portarci fin qui dove siamo, in un presente storico, l’antropocene, in cui sono palesi gli effetti dello sfruttamento della specie umana sulla natura e si ha consapevolezza scientifica sul significato del cambiamento climatico. Tra le nuove generazioni si diffonde una nuova idea di natura e di rapporto con l’ambiente che è frutto proprio di questa consapevolezza di disastro imminente. E’ qui che la poesia può acquista-

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re un significato ecologico. E forse è questo il messaggio che si può cogliere in un intento ecopoetico. Iscrivo dunque in quest’ottica il lavoro di Elena, poetessa che incarna la sua epoca, sentendosi essa stessa natura e che di fronte all’evento terrestre albero, diventa albero e ci fa sentire attraverso il suo corpo lo scricchiolare pieno d’anima. I versi portano il lettore in una dimensione storica in cui la natura da madre diventa anche sorella perché si anima di capacità, fosse anche grottesca, di scherzare. Una natura sorella che si fa piccola e diventa divinità da accudire. Una natura che si trova nei guai e va accudita ribalta nuovamente le dimensioni spaziali. Da puntino quale siamo nel quadro del mondo lo stesso infinitamente piccolo puntino acquisisce voce per cantare e mani per accarezza consolare e diventa così potente che è in grado di guarire la gigantesca madre. Quel puntino che è isola nello spazio liquido, è lo stesso che nello spazio asciutto di un assolato il pomeriggio, compiendo una stereotipia generativa dal cuore bollente della natura, produce movimento animato, Io e l’anima gira in un’allegra conocchia. La semplicità dell’esistenza sembra svelare in un colpo di allegria e di gioco una smagliatura nella rete attraverso cui la meccanica stessa di un movimento umano può generare presenza nell’ambiente.

Una natura poliedrica e cangiante talvolta consolatoria e talvolta animata di un senso divino che la poetessa sfida “ho osato rapire il cielo in un canto” superando quella distanza timorosa antica da un contesto che indifferente esprime la sua placida esistenza cose (Il cielo. / Nevica.). Una natura che talvolta si nega al poeta, si nega alle

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nuove generazioni, una natura che parlava solo ai nonni. Una natura da interrogare con nuove domande, da guardare con nuovi occhi, tanti occhi quante sono le sue facce. Una natura che si fa cibo e nettare ma un nettare che dolcifica solo la vita degli dei mentre quella degli umani allegramente la ingrassa.

Un testo pieno di bei paesaggi, altitudini, giochi geologici e idrici che diventano poesia (la pianura chiama a sé le sorgenti…) mostrando una identità comune tra la natura e gli umani entrambi guidati da una volontà pulsionale sconosciuta in cui amare si può dire solo cosa non è ma è pur sempre amore che Ci muove alla nascita e ci innerva i passi, ed è centro di energia pulsante della vita.

Psicologa. Docente di poesia-terapia presso master di arti-terapie ad orientamento psicofisiologico di Roma

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Per “DIARI DI ECOPOESIA”.

Contributo. di Antonella Giacon

Le liriche della raccolta “Diari di Ecopoesia” di Elena Bussolotti sono teneri appunti di un incessante dialogo tra il fuori e il dentro. La Natura prima di tutto, fonte di meraviglia, ma anche Grande Maestra di vita, energia incessante alla quale attingere, donatrice di sollievo nei momenti di fatica e difficoltà, mistero da contemplare e a cui prestare infinita gratitudine. Ad essa si accosta un’interiorità sensibile, attenta ai mutamenti del proprio essere, così come è mutevole la luce e le onde del mare. Tutto ciò che è visibile diviene metafora di un monito a vivere la vita il più intensamente possibile, ma al tempo stesso con un impegno costante per il miglioramento di sé stessi e della vita degli altri, la propria famiglia, gli amici, il Mondo nella sua interezza.

L’impegno non è mai disgiunto dall’amore, un amore lucido, consapevole delle asprezze del vivere, ma anche delle sue meraviglie.

Lo sguardo di Elena, sempre pronto a cogliere l’attimo fugace, ci spinge ad ammirare il mistero della bellezza folgorante, che appare e si dissolve, lasciandoci pieni di stupore e di riconoscenza per quanto la vita, se ci poniamo in attento ascolto, momento dopo momento può donarci.

A mio figlio

Ai nonni e alle nonne All’amicizia senza tempo

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SORPRESA NEL VENTO

Il mare mi colse di sorpresa, io presi del vento e gli espirai un sogno.

La luce mi brilla negli occhi. Quella di albero, quella di foglie, quella che vibra uno scricchiolare pieno d’anima piena.

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LA LUCE NEGLI OCCHI

CICALE

Friniscono le cicale che come un falegname tagliano i pomeriggi assolati senza tregua, con la voglia di un tuffo a galleggiare a viso in su Piena di Sole.

VELE SPIEGATE

Le vele. Le imposte. Sbattono. Ci indicano la via dove si gonfiano, dove sbattono; Io le seguo. E mi ritrovo in alto mare, con la faccia al muro.

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OCEANO

Muto oceano, assordante di spazi a perdita d’occhio, a perdita di orecchio; trova per me un’isola, Dove possa cantare.

CUCIRE IO

Assolato pomeriggio. Assolata. Assolo, affusolato. Come un vibrante fuso, in un’allegra conocchia ruota l’Anima mia.

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E’ MAGGIO

Maggi di uomini anziani mi spingono a vivere la vita a modo mio, piena di amore per l’impegno, piena di gioia di imparare un’attenzione per aiutare col mio puntino il quadro del Mondo.

NATURA IN CULTURA

Natura madre, Natura sorella, Natura brighella.

Scherzi ci fai

ma adesso ti trovi nei guai.

Dobbiamo accarezzarti prostrarci alla tua vitalità ammantata di divinità, suo specchio.

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MALI PEGGIORI

Mali peggiori di un paio d’ali sciolte; mali peggiori di nasi incredibilmente lunghi; mali peggiori di stordimenti dormienti nulla facenti. Occorre voltarsi a lato prendendo forza, poi camminare meditando un vento sonoro.

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COMPLEANNO

Strada, cammino, Aurora di sogni, percorso di sassi, gemme, arazzi, collage, patchwork. Mi aiuto raccogliendo. Scegliendo una colla che sa di sabbia, di miele, farina.

Tengo tutto stretto e dispiego il giorno del dì natale, facendo festa agli amici che mi fanno festa.

Baciando i parenti, anche quelli serpenti.

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UN GRILLO E UN UCCELLINO

Un grillo mi cantò di un uccellino palustre che intonava un cinguettìo per non perdermi.

Ed io tesi l’orecchio ma già era afono e non riuscii a localizzare la sua sorgente, e allora aspettai le ore che gli facessero riprender fiato.

E alla fine cantammo insieme, gettando messaggi sulle onde.

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SORGENTI

Sorgenti di campagna

Sorgenti di montagna; la pianura vi chiama ad irrorare le fonti. Io vi seguo e penso all’acqua, alla sua genesi, alle sue trasformazioni..

E mi sento fiera di essere al Mondo, colma di lei calma.

RISSA

Un brivido mi corse sulla schiena quando vidi una rissa cominciare una rissa amare l’onore la parola data.

Pensai che bisogna essere lucidi, ‘cristallinando’ le situazioni, stando vigili, e magari chiamandoli se la testa non c’è più.. Volata sulla Luna.

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LUNA LUNA

Luna Luna, svelami il tuo segreto, scuro e allo stesso tempo Diafano.

Sembri serbare il segreto, la chiave del cielo, del divenire, del mutare, del silenzio pieno di comunicatività.

Vorrei solo una volta sedere ‘nella’ tua altalena.

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RAPIMENTO

Ho osato rapire il cielo in un canto. L’ho serbato a lungo; adesso quando esce è un urlo, un urlo di guerra, di raccolta, di allarme contro le infamie di un presente che ignora il suo sapore di divino amico. Il cielo. Nevica.

SAPER AMARE

Sapere amare è come usare nel giusto verso la carta vetrata.

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LE NUVOLE

Corrono le nuvole con le quali Mio nonno assaporava il tempo di domani.

Chiedo loro di parlare anche a me; le invito ad assaporare i miei manicaretti, ma loro mi dicono di pensare a mio nonno, che non possono più parlare.

..Neanche per un tea?

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ROTOLARE

Ruote rotolando distillano un delicato sciroppo d’agave. Sciroppo degli Dèi che dolcificano una vita che sa più di acero. Miele.

Marmellata..

E poi nuvole di gelato, come panna, assottigliano le voglie di gola, ingrandendo i fianchi.

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FIANCHI

Fianchi di donna, Fianchi di mamma, di zia, di nonna, di nanny.

Quanto grandi devono essere

Oggi per accogliere tutte le esigenze di bimbi in una società della prestazione senza senso del limite?

Oscure misure..

Celesti.

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IL RICORDO

Perché dimenticarsi l’Amicizia?

Perché perdersi verso un aquilone che porta alle vie del successo?

Un aquilone strano che ha perso la sua poesia, trasformandola in chimera.

Io preferisco Credere che possiamo parlare come sempre come se il tempo non fosse passato.

Io l’aquilone lo voglio dentro il petto; così non

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lo perdo. Così perdono.

FOGLIA-A-ME

Una foglia cade

e vaga scendendo, svolazzante,

e si ferma sulla mia mano;

io la raccolgo

e la porto al petto come piuma d’Angelo.

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NOTIZIE

Bambini stanchi su una terra, di Terra bisognosa di Pace: ci stimolano a migliorare per realizzare un’Era più serena, senza guerre, senza ingiustizie, diffondendo serenità e l’Amore promesso.

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PER MANO

Un bambino una bambina parlano con la pelle di nascita accesa, di un cuore di candela ed incenso Fiorita. Non possiamo tradire la spiaggia la sabbia, il sale delle lacrime di gioia d’Eco risuonante.

AMORE CI

Amore mi parla di un canto antico che Ci muove alla nascita, che Ci innerva i passi, che Ci spinge a danzare nella vasca, tiepida di una vita posata.

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RICORDO SIRENA

Guizzando pesciolini mi insegnano la Sacralità della Vita, rigenerante risanante

talvolta ri-posante, con le codine che accarezzano o rinvigoriscono

Pelle di mare e Sole Vestita.

BIVACCO SULL’ERBA

Erba verde che massaggia che stuzzica

l’epidermide affranta dalla fatica di un lungo cammino che necessita

Tesori

Rinati di Poesia risananti.

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CUSTODE PER AMORE

Gioie, amori, Follie per raggiungerli, mi aspettano

ogni sera nei sogni, e ascoltando

la mattina

il loro ricordo

mi ricordo:

che ogni esperienza

mi lascia un tesoro

che custodisco

per essere

una Madre;

un’Amica, una Compagna migliore.

Come gocce su frutta bagnata

la rugiada

dei sogni

mi instilla

il desiderio di vivere

Energia pulsante.

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COSA VOLA?

Gli oggetti volanti con la loro ombra proiettata, sulla terra della Terra, mi fanno pensare a quanto l’Umanità possa fare imitando Uccelli, Farfalle, Coccinelle; che con le loro Planate arrivano a noi Irrorandoci di linfa vitale fatta di invisibile desiderio, Infinità..

Di buon auspicio se il futuro

lo facciamo, Dolce e tenero

Come lo amo, Se con poco tetro retró

Lo dipingiamo.

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L’ARTE DELLE LINEE

Disegnare È come esternare una buona Impronta, Ecologica. Disegnare con tisane, verdure sale e bicarbonato, è come far nascere un neonato. A suon di musica poi è una delizia che senza malizia ci porta nei paesaggi Interiori, che ci illudono solo se non li accogliamo come parto, portandoci invece se ascoltati

Meravigliose bevande in una giornata secca e asciutta, su una scogliera brillante.

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CALPESTIO DI ARCOBALENO

Arcobaleno sono i tuoi occhi

seta il tuo tocco delicato

Profumo di pepe rosa

il tuo ricordo

che come un rammendo si è insinuato

nella mia esistenza

Adottando la mia Venere di veneranda età.

La tua Luce calpesta dolcemente la mia Anima, fiaccando un Respiro tenue di Sorpresa.

O ti Amo O ti odio

Certo è

che quando un’ape rossa se ne invola dopo aver sunto polline lasciandosi guardare

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per poi volare via, senza farsi fotografare, Un ritratto di scintilla di fiamma ha lasciato in me, Folgorata dalla sua Libertà.

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«L'io lirico da cui muovono i suoi versi e il suo sguardo è talmente disposto all'epifania che vive quasi in uno stato di abbandono vigile e desiderato nei confronti della natura. E la natura risponde, sorprendendo l'autrice, ricordandole che la destinazione e il dovere di donne e uomini non sono il successo, il potere, il dominio, ma l'armonia, l'amicizia, l'amore.»

CarloCarabba
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