Anno LVI • maggio-luglio 2021 • N. 2
Le nuove del Pais BOLLETTINO DEL DECANATO DI LIVINALLONGO 32020 BL-I
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S
i sente dire spesso, riguardo al periodo di pandemia che sembra ci stiamo lasciando alle spalle, che “niente sarà come prima”, oppure, come il titolo, “non dobbiamo ritornare come prima”: perché? Forse perché ci siamo accorti che “prima” non andava tutto così bene, specialmente limitando la riflessione al nostro essere cristiani. Papa Francesco lo ha detto chiaramente, prima ancora che quasi sapessimo cosa fossero le mascherine: “Quella che stiamo vivendo non è semplicemente un’epoca di cambiamenti, ma è un cambiamento di epoca.” E aggiungeva che non si tratta di cambiare qualche atteggiamento esteriore, una strategia diversa o qualche aggiustamento nel nostro modo di fare, ma di una trasformazione che parta dal cuore e porti all’esterno le sue conseguenze per un mondo più umano e quindi più cristiano. Perché il periodo che abbiamo vissuto segna il cambiamento? Perché ci ha spogliato delle apparenze e delle illusioni. Abbiamo dovuto rinunciare alla Messa per alcuni mesi e alcuni si sono agitati e hanno reclamato come se la vita cristiana consistesse solo in questo (importante comunque); altri si sono tranquillamente accontentati di vederla in TV (che è la stessa cosa di andare a pranzo per telefono) e i restanti hanno capito che si viveva tranquillamente anche senza. Come se la vita cristiana si
Un gerrmoglio di speranza...
Non dobbiamo
RITORNARE
come prima
concentrasse esclusivamente in un’ora la domenica. Ci siamo anche trovati di fronte a due modi di pregare, rivelatori; - Una preghiera rivolta a Dio perché ci dia la forza di attraversare questa crisi con senso di responsabilità e gratitudine nei confronti di chi (scienziati, medici, infermieri e amministratori pubblici) si è speso e si spende per superarla quanto prima, a volte rimettendoci la vita. - Un’altra preghiera, fin troppo presente nel nostro cristianesimo, che invece parte da una falsa creduloneria religiosa e superstiziosa che si appella a Dio perché, magari con un evento straordinario e miracoloso, ci risolva il problema e ci dia salute e guarigione, “saltando” la natura, la medicina, la scienza e un buon governo. La preghiera dei cristiani non è quella
che si rivolge a un dio tappabuchi che interviene solo se alimentiamo una catena di messe e di rosari, a un dio pieno di rancore e tiranno che vuole punire la superbia umana con il flagello del coronavirus. La preghiera dei cristiani è quella che, da un lato, si rivolge a Dio, onnipotente nell’amore e nella misericordia, «apre il cuore dei credenti e li rende capaci di vedere il dolore del mondo con gli stessi occhi del Dio compassionevole rivelatoci da Gesù, in un mondo segnato dall’egoismo e dall’ingiustizia» e, dall’altro, sollecita i credenti a cambiare modo di vivere e a sentirsi responsabili soprattutto verso i poveri e i sofferenti. La crisi provocata dalla pandemia è l’occasione per liberarci definitivamente da ogni falsa immagine di Dio e per guardare a Gesù che, dinanzi al dolore degli uomini e delle donne, si è fatto loro vicino con compassione, ha pianto le loro lacrime, si è indignato per il male svelandoci, così, un solo volto di Dio: il Dio dell’amore che ha cura di noi e vuole la nostra totale liberazione e felicità. Da qui si parte per essere cristiani e, con l’occhio attento alla vita che scorre attorno a noi, sapremo trovare le strade per renderla più bella e luminosa, come Dio la sogna per ciascuno. Non sarà come prima! Don Dario.