Economia del Mare n. 8 - Speciale Lazio

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indice 2

editoriale

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Nell’Italia dell’Economia del Mare

Economia del Mare Magazine

e trasporti

Redazione: redazione@economiadelmare.org

Insieme abbiamo tante e grandi cose da fare Intervista al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio

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Una grande alleanza internazionale per la difesa del Mediterraneo Intervista al Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti

Impaginazione e progetto grafico: Ilaria Grimaldi Editore: Canali Aperti Srl www.canaliaperti.it info@canaliaperti.it

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La foto della balena a pagina 53 è stata realizzata da Roberto Rinaldi per il film Oceans di Jaques Perrin e Jaques Cluzaud Copyright: Tutti i nomi e le denominazioni di prodotto e i logo utilizzati sono marchi registrati di proprietà dei rispettivi titolari

pesca e acquacoltura

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istruzione e ricerca

portualità turistica

Portualità turistica: 5 spunti per far crescere il settore di Luciano Serra, Presidente Assonat 26-27

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formazione

ITS Fondazione “G. Caboto”: occupazione al 100% Intervista al Presidente Cesare d’Amico 48-49

acquacoltura

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cultura

WWF Italia: 50 anni per un Mediterraneo di qualità

Legambiente: 30 anni dalla parte del mare

shipping e logistica

Tutte le sfide - vinte del porto di Civitavecchia L’Autorità Portuale guidata da Pasqualino Monti ha chiuso il 2015 in crescita

ambiente ambiente

internazionalizzazione YMF: Blue Tunisia Lazio International Intervista a Mourad Fradi, Presidente della Camera TunisoItaliana di Commercio e Industria

turismo

I Borghi più belli d’Italia: una bellezza tutta italiana Il contributo dei borghi marinari, lacustri e fluviali all’Economia del Mare

nautica

La nautica stimola innovazione e trasmette i valori del Made in Italy Intervista al Segretario Generale della Fondazione Symbola Fabio Renzi

cluster

Vincenzo Poerio: dalla Nautica all’Economia del Mare dalle Regioni all’Italia

Lo stato mondiale della pesca e dell’acquacoltura I dati dell’ultimo rapporto FAO 2016 32-33

La foto a pagina 2 è di Francesco Rastrelli. Le foto a pagina 50, 51, 52 e 53 sono di Roberto Rinaldi.

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pesca e acquacoltura

Pesca e acquacoltura: un valore da preservare Intervista al Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Maurizio Martina

Canali Aperti Srl è iscritta nel Registro Operatori della Comunicazione con il numero 20883 Stampa: Nuova Grafica 87 Via del Tavolato Snc 04014 Pontinia (Lt)

ambiente

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Gli armatori italiani non hanno mai smesso di investire Intervista al Presidente di Confitarma Emanuele Grimaldi

3 Riforme e connessioni per l’Economia del Mare Intervista a Maria Teresa Amici, 20-21 ricerca Sottosegretario di Stato alla La ricerca marina nel Consiglio Presidenza del Consiglio dei Ministri Nazionale delle Ricerche per le Riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento 22-24 innovazione Thales Alenia Space Italy: 4-5 infrastrutture lo spazio al servizio del mare

Luglio 2016 – Anno 4 Numero 8 Quadrimestrale – Registrazione al Tribunale di Latina numero 06/2011 www.economiadelmare.org Direttore responsabile: Roberta Busatto direttore@economiadelmare.org

shipping e logistica

Del Pesce: altissima qualità targata Lazio Un viaggio nell’azienda leader dell’acquacoltura insieme al suo Amministratore Delegato Pietro Lococo

Roberto Rinaldi: Subacqueo a 3 dimensioni

Verso il Cluster Tecnologico 54-55 studi e statistiche 34-35 ambiente Nazionale dell’Economia Il valore dell’Economia del Mare La grande squadra di Marevivo del Mare Gli ultimi dati di Unioncamere e Intervista al Ministro dell’Istruzione, Federazione del Mare 36 ambiente dell’Università e della Ricerca Le Aree Marine Protette del Lazio Stefania Giannini 56 internazionalizzazione I primi Euro-Med Days of the 37 ambiente 12-15 sicurezza Blue Economy Bandiera Blu: un marchio Lo sportello unico del mare 17 Paesi dell’area euromediterranea sempre più riconosciuto Intervista all’Ammiraglio Ispettore a confronto sui temi dell’Economia Vincenzo Melone, Comandante del Mare Generale del Corpo delle 38 nautica Capitanerie di porto – Guardia La componente artigiana delle 57 Save the Arctic con Costiera imprese è l’ossatura della Ludovico Einaudi nautica italiana Intervista a Gaetano Bergami, 16-17 shipping e logistica Presidente di CNA Produzione L’Italia tra i corridoi europei e il Mediterraneo A confronto con Antonio Cancian, Presidente di Rete Autostrade Mediterranee Spa

Segui sul nostro magazine online tutto quello che succede quotidianamente nell’Economia del Mare www.economiadelmare.org


Quando si varca l’arco d’ingresso al tempio dei sogni, lì, proprio lì, c’è il mare… - Luis Sepulveda -

Nell’Italia dell’Economia del Mare La sensazione è quella di una nuova stagione per l’Economia del Mare. Sembra di sentirlo il vento del cambiamento che lentamente smuove la superficie delle acque. L’Economia del Mare oggi c’è. Sembra una banalità, perché il mare e la sua economia ci sono sempre stati. Ma oggi c’è anche come espressione. È parte del linguaggio. E questa si, non è una banalità. Il nostro magazine è nato nel 2012 con l’obiettivo di contribuire ad accrescere la riconoscibilità e la forza di un settore strategico per il nostro Paese. Abbiamo lavorato, nel nostro piccolo, per ampliare e rafforzare la rete di imprese, istituzioni e associazioni che a vario titolo si occupano di mare. Oggi, a distanza di quattro anni ci rendiamo conto che una parte del lavoro è quasi compiuta. E l’altra è sempre più necessaria. Il Governo italiano ha dimostrato di cogliere l’importanza reale della rete. Praticamente tutti i Ministeri sono a vario titolo coinvolti, come ci racconterà Sesa Amici a pagina 3. Il Ministro Delrio ha avviato una riforma attesa da decenni, che, a prescindere dai suoi eventuali difetti, rivoluziona l’Economia del Mare su un punto: da questo momento il Governo italiano, qualunque esso sia, si assume la responsabilità politica di stabilire la direzione in cui il Paese deve andare. Sta nascendo il Cluster Tecnologico Nazionale dell’Economia del Mare che può dare anima e sostanza alla nostra idea di Crescita Blu e proiettare l’Italia al centro delle politiche euromediterranee per il mare. Il nostro Paese è fatto di tante realtà diverse e spesso confliggenti, ma tutte unite direttamente o indirettamente da un elemento: il mare, perché dal mare passa gran parte delle sue potenzialità economiche. Per conoscerlo meglio questo Paese abbiamo avviato un viaggio in tutte le sue Regioni. Vogliamo entrare dentro ciascuna area territoriale e farne emergere le peculiarità e i punti di forza. Partiamo dal Lazio, che è una regione un po’ speciale, essendo il centro di sviluppo politico del settore. Ecco perché in questo numero abbiamo colto l’occasione per raccontare anche quanto sta avvenendo nelle istituzioni nazionali. Proseguiremo con tutte le altre regioni italiane, con la speranza di contribuire così alla costruzione di una politica competitiva e internazionale di crescita dell’Economia del Mare. Varcando la soglia di ingresso dei sogni dove c’è il mare. E portandoli indietro nella realtà.

Roberta Busatto Direttore Responsabile

editoriale


Riforme e connessioni per l’Economia del Mare Intervista a Maria Teresa Amici, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per le Riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento Qual è l’impegno del Governo per l’Economia del Mare? L’Economia del Mare è un settore che attraversa competenze e interessi trasversali, tutti però convergenti su un punto: la risorsa mare è preziosa per il nostro Paese. Ecco perché il Governo ha espresso la chiara determinazione a intervenire su quello che può diventare il vero asset strategico di sviluppo dell’Italia. Sul mare stanno lavorando diversi Ministeri. Il Ministero Infrastrutture e Trasporti, che con la Riforma della Portualità e della Logistica sta segnando un cambio di passo fondamentale nella cultura marittima del Paese, il Ministero delle Politiche agricole che ha attivato azioni concrete di sostegno alla filiera ittica, il Ministero dell’Ambiente con la Campagna di tutela ambientale, la nuova norma per escavi e dragaggi e il lavoro sinergico a favore delle aree marine protette, il MIUR che ha avviato il percorso per la costituzione del Cluster Tecnologico Nazionale dell’Economia del Mare e supporta i percorsi formativi legati all’istruzione nautica e superiore. E ancora il Mibact con le attività di promozione del turismo balneare e nautico e la valorizzazione del patrimonio culturale, storico e archeologico delle nostre coste. Ma Economia del Mare è anche Sviluppo economico e integrazione con le politiche europee, è Lavoro, è Difesa e sicurezza con il coinvolgimento delle autorità militari competenti, è semplificazione della macchina amministrativa, politica Interna ed Estera, Affari regionali e Salute. Insomma una grande squadra lavora, per la prima volta in Italia in maniera sinergica e integrata, con la consapevolezza che l’Economia del Mare non è una parola astratta ma un insieme concreto e propositivo di interessi. Quale potrebbe essere il contributo italiano all’interno delle politiche europee della Blue Growth? La determinazione con cui il Governo italiano ha deciso di muoversi per valorizzare la risorsa mare, mira prima di tutto a costruire una proposta più forte nell’ambito delle politiche europee. Strutturando una rete più coesa di competenze e azioni, possiamo ottenere maggiori finanziamenti ad hoc sull’Economia del Mare. La Crescita Blu è ormai una realtà in Europa, che riconosce ai mari di essere motore propulsivo per l’economia, con enormi potenzialità per l’innovazione e una crescita sostenibile, intelligente e inclusiva. E l’Italia può e deve esserne il Paese leader. Non solo perché ha quasi 8.000 km di costa ma anche e soprattutto perché esprime standard elevatissimi in termini produttivi, industriali, turistici, culturali e tecnologici. Ora la Blue Growth è anche nel nuovo Piano Nazionale della Ricerca. Molte Regioni l’hanno inserita nelle loro Smart Specialization Strategy. Sta nascendo il Cluster Tecnologico Nazionale dell’Economia del Mare. L’Economia del Mare è entrata nel linguaggio quotidiano dell’opinione pubblica. Qualcosa si sta muovendo e la Riforma della Portualità portata avanti dal Ministro Delrio è la prova che l’Italia può spendersi se esprime una logica di sistema nazionale,

con idee e regole chiare. Noi siamo una grande piattaforma nel Mediterraneo e possiamo dimostrare che questo antico mare non significa solo migrazione, ma anche risorse reali per il nostro Paese. È appena iniziato un percorso di riforme e iniziative legislative importanti per il mare, tra cui la Riforma Delrio che ha già citato: quali sono gli obiettivi? L’asset strategico del Governo italiano è uno solo e coinvolge anche l’Economia del Mare: semplificazione, coordinamento degli investimenti, efficientamento del sistema economico e allentamento dei vincoli burocratici. È

quanto stiamo portando avanti anche con la riforma della Pubblica Amministrazione, che mira a dare risposte certe e veloci sugli investimenti a imprese e cittadini. La sinergia sta nell’avere una idea chiara e condivisa sullo sviluppo della politica economica del mare, che non può e non deve vedere i Ministeri ragionare per compartimenti stagni. È questo il salto di qualità che stiamo tentando di fare. Come può crescere un’attenzione per l’Economia del Mare nel Sistema Paese? L’Italia ha 15 regioni su 20 bagnate dal mare, ma anche quelle interne come ad esempio la Lombardia hanno importanti interessi industriali in ambito marittimo. Ciascuna area territoriale esprime una sua peculiarità in termini di offerta imprenditoriale, economica, naturale e culturale. È importante che ciascuna Regione possa valorizzare il proprio specifico potenziale e metterlo a fattor comune per un unico progetto nazionale di sviluppo. È questo il vero modo per rendere l’Economia del Mare centrale per il Sistema Paese. Questo numero è dedicato al Lazio. Che ruolo può assumere secondo lei questa Regione nel panorama nazionale e internazionale? È evidente che la Regione guidata da Nicola Zingaretti ha tutte le condizioni perché si sviluppi un’azione di sostegno a favore del litorale e delle attività economiche collegate. Turismo, nautica, portualità e logistica, convergenza istituzionale sono gli ingredienti che mixati potrebbero riportare il Lazio ad assumere un ruolo centrale nel panorama nazionale ed euromediterraneo. Così come sta avvenendo con le Isole di Ventotene e Santo Stefano, tornate ad essere simbolo di un nuovo percorso costitutivo dell’Europa.

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infrastrutture e trasporti Insieme abbiamo tante e grandi cose da fare Intervista al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio In che modo, secondo lei, la Riforma della Portualità e della Logistica cambierà il volto del Paese? Creando le migliori condizioni per valorizzare come sistema il grande patrimonio che rappresenta il settore marittimo italiano. Abbiamo messo in campo volutamente una riforma della portualità e, insieme, della logistica, perché le due componenti sono strettamente connesse. Secondo diverse analisi di settore la catena logistica in Italia è frammentata, e comporta una perdita di 50 miliardi annui in inefficienza. Il trasporto merci in primis soffre molto di questa condizione. La riforma non è solo quella della governance, ma la visione nazionale delle infrastrutture legate ai corridoi Ten-T, la “cura del ferro” con cui abbiamo potenziato gli investimenti di Rfi, gli investimenti per ultimo miglio e connessioni, le semplificazioni burocratiche e doganali, i fast corridor. Tutto avviene per la prima volta in modo organico, non a macchia di leopardo come in passato, avendo in mente un’idea del Paese e una mappa precisa per “Connettere l’Italia” come dicono le linee strategiche predisposte con la struttura tecnica di missione per l’indirizzo strategico coordinata dal professor Ennio Cascetta. Quale pensa sia realmente la chiave per aumentare la competitività internazionale del sistema marittimo italiano? Pensarsi, appunto, come sistema. Cosa che non è realmente accaduta finché non abbiamo iniziato il cammino del Piano Strategico nazionale della Portualità e della Logistica. Dico spesso che la geografia è destino. Sembra una banalità invece è una normalità non acquisita nella coscienza collettiva: l’Italia è come un grande porto d’Europa, immerso nel Mediterraneo con 8 mila chilometri di coste. Questa sua vocazione, percepita solo dalle città di mare deve diventare una forza perché sia davvero una piattaforma di sviluppo e connessioni tra Europa e i Paesi che possono guardare al Mediterraneo come a una via di scambi. In che direzione il Governo italiano ha intenzione di investire per incrementare i nostri traffici marittimi? Selezionando gli interventi in modo coerente, e non in ordine sparso, con offerte individuali. Per questo la riforma Madia sulla semplificazione, razionalizzazione e riorganizzazione della portualità colloca al Ministero una Conferenza nazionale delle Autorità di sistema portuale. Dobbiamo pensarci come un’unica forza propulsiva, rispetto alla competizione internazionale. “La vocazione dell’Italia non può essere solo quella di un grande deposito contenitori”, lo ha dichiarato in occasione della presentazione della Riforma. Qual è secondo lei la reale vocazione dell’Italia? Dal punto di vista marittimo organizzare una varietà di proposte che facciano perno sulle Autorità di sistema portuale, per rispondere alla varietà di richieIl Piano strategico della portualità ste dei vari settori sui vari territori. Il trasporto passeggeri, per esempio, dae della logistica in sintesi vanti al desiderio forte di Italia non può essere trascurato. Come pensa sia possibile per il Governo attuare l’azione di pianificazione avviata con la Riforma in un Paese abituato a una voluta frammentazione del potere territoriale? È questo l’avvio di una rivoluzione culturale? Da ex sindaco e autonomista convinto, ho sempre promosso e sostenuto, nella mia esperienza di governo, la cooperazione competitiva tra le amministrazioni. Non giocare l’uno contro l’altro, ma insieme, condividendo gli obiettivi e chiarendo bene i compiti. È un lavoro faticoso di democrazia e di capacità amministrativa, che richiede pazienza e onestà intellettuale, ma che dà importanti frutti per tutti. Ognuno ha un’eccellenza da promuovere, ognuno può cedere un pezzo della propria autonomia per raggiungere obiettivi più alti in modo cooperativo. Quali sono i prossimi passi e a che punto sono i piani di settore? Stiamo lavorando da un anno al Mit, con tanti strumenti diversi, su tutti i campi, senza perdere l’obiettivo e con la pazienza necessaria affinché tutti i passaggi amministrativi si compiano. Si consideri che tutti gli ambiti di go-

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infrastrutture e trasporti

Il Piano strategico della portualità e della logistica, approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri il 7 agosto 2015, fissa dieci obiettivi: • misure per semplificazione e snellimento; • competitività e concorrenza; • accessibilità; • integrazione del sistema logistico; • potenziamento delle infrastrutture; • innovazione; • sostenibilità; • certezza delle risorse; • coordinamento nazionale; • nuova governance. Molte le azioni già realizzate in quest’anno. Tra queste: l’innovazione nella logistica, con l’opera di coordinamento unico dei provvedimenti tra Agenzia e Mit, il potenziamento dello sdoganamento in mare, con l’A-

genzia delle Dogane, oggi attivo in 17 porti, l’incremento dei “fast corridor”, 16 attualmente in funzione per oltre 1.400 container. Nel Pon Infrastrutture e Reti 20142020 inoltre 63 milioni di euro sono destinati alla realizzazione della Catena Logistica Digitale e i progetti pervenuti per implementare l’intero sistema sono in valutazione. Sull’ultimo miglio ferroviario continua la attuazione del Contratto di Programma RFI, capitolo “Ultimo Miglio Porti”. Sono state insediate le Cabine di Regia territoriale in tutte le 5 Regioni Obiettivo Coesione per le Aree Logistiche Integrate, tra porti, aeroporti, interporti e infrastrutture, e si stanno firmando i Protocolli di Intesa con tutte le Regioni del Sud beneficiarie del Pon, mentre si sta avviando la selezione concertata degli interventi prioritari.


LE 15 AUTORITà DI SISTEMA PORTUALE 1. Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale Porti di Genova, Savona e Vado Ligure 2. Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Orientale Porti di La Spezia e Marina di Carrara 3. Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale Porti di Livorno, Capraia, Piombino, Portoferraio, Rio Marina e Cavo 4. Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno CentroSettentrionale Porti di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta 5. Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale Porti di Napoli, Salerno e Castellamare di Stabia 6. Autorità di Sistema Portuale dei Mari Tirreno Meridionale, Jonio e dello Stretto Porti di Gioia Tauro, Crotone (porto vecchio e nuovo), Corigliano Calabro, Taureana di Palmi, Villa San Giovanni, Messina, Milazzo, Tremestieri, Vibo Valentia e Reggio Calabria 7. Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sardegna Porti di Cagliari, Foxi-Sarroch, Olbia, Porto Torres, Golfo Aranci, Oristano, Portoscuso-Portovesme e Santa Teresa di Gallura (solo banchina commerciale) 8. Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sicilia Occidentale Porti di Palermo, Termini Imerese, Porto Empedocle e Trapani 9. Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sicilia Orientale Porti di Augusta e Catania 10. Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale Porti di Bari, Brindisi, Manfredonia, Barletta e Monopoli 11. Autorità di Sistema Portuale del Mar Ionio Porto di Taranto 12. Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Centrale Porto di Ancona, Falconara, Pescara, Pesaro, San Benedetto del Tronto (esclusa darsena turistica) e Ortona 13. Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico CentroSettentrionale Porto di Ravenna 14. Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale Porti di Venezia e Chioggia 15. Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale Porto di Trieste

verno sono al centro di riforme di efficientamento e per la buona amministrazione. Il piano per la Banda Larga, per esempio, non è estraneo al buon funzionamento della catena logistica e alla sua digitalizzazione, per la quale ci sono 63 milioni nel Pon Infrastrutture e Reti. Così come tutte le riforme della Pubblica amministrazione, il piano strategico nazionale per il turismo cui stiamo lavorando con il Mibact, i Pon della nuova stagione di programmazione con la strategia per la specializzazione intelligente: tutto concorre a muovere il Paese. I dati 2015 dello Svimez dimostrano che la giusta strada è stata intrapresa. Sarà molto importante, per il Mezzogiorno, la focalizzazione delle Ali, le Aree Logistiche Integrate, tra porti, aeroporti, interporti e infrastrutture. Si stanno firmando i Protocolli di Intesa con tutte le Regioni del Sud beneficiarie del Pon, mentre si sta avviando la selezione concertata degli interventi prioritari. Oggi l’Italia è al 55esimo posto nel mondo per infrastrutturazione portuale: dove sta veramente il problema? Nel fatto che in Italia, dati 2014, per realizzare un’opera da 100 milioni di euro servono 14 anni, di cui un terzo di tempi morti e il 60% circa di parte amministrativa. Sono gli esiti dello studio che avevamo realizzato a Palazzo Chigi quando coordinavo i fondi di Coesione. Il Nuovo Codice dei contratti pubblici e delle Concessioni, quando sarà a regime, potrà intervenire anche su questo, soprattutto sulla riduzione delle varianti in corso d’opera e con il progetto definitivo che viene messo a gara. Lei è il protagonista della recente conferenza stampa di presentazione di Mare Sicuro, operazione che tra l’altro raccontiamo in questo numero del giornale, che l’ha vista insieme ai Ministri dell’Ambiente Galletti e dell’Agricoltura Martina. Il comparto marittimo chiede da tempo un unico Ministero di riferimento o comunque un coordinamento con competenze centralizzate. È il primo passo in questa direzione? Direi piuttosto che è un esempio di quanto le ho detto prima, ed è la direzione in cui si sta muovendo questo Governo, il meno litigioso degli ultimi decenni. Tutti i dicasteri stanno concorrendo verso obiettivi condivisi in modo cooperativo. Le competenze del settore marittimo sono trasversali a vari settori, così come quelle di molti altri settori, pensi anche solo all’edilizia scolastica, per fare un esempio, o alle infrastrutture per turismo. La cosa principale è la condivisione delle stesse strategie. Può l’Economia del Mare in Italia crescere e in che modo? L’Economia del Mare è un pezzo fondamentale dell’economia del Paese e può produrre ricchezza e opportunità. Certamente può crescere, in primo luogo con proposte e progetti robusti e maturi. È una cosa che cercheremo di fare insieme. Ricevo spesso investitori internazionali interessati al nostro Paese, ma su questi tavoli vanno discussi progetti molto seri, credibili, che superino brillantemente esami approfonditi e oggettivi. Non parlo solo del settore marittimo, ma di tutti i settori italiani. Questo messaggio è già passato e si cominciano a vedere i primi frutti. Pochi giorni fa è stato approvato dal Consiglio dei ministri il decreto sulla portualità. Quali sono i prossimi passi? Senz’altro la nomina dei presidenti e la configurazione delle 15 Autorità di sistema portuale che coordineranno 57 porti. Questa riorganizzazione è un potenziamento e una valorizzazione dell’attività marittima, non una riduzione. Sono convinto che tutti gli operatori e il settore ne siano consapevoli. Sarà una fase di cambiamento che va nella direzione che abbiamo descritto, in cui la collaborazione di tutti è necessaria perché, come detto, il beneficio sarà di livello nazionale e insieme abbiamo tante e grandi cose da fare. Il decreto di “Riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione delle autorità portuali” Approvato dal Consiglio dei Ministri del 28 luglio 2016

Semplificazione burocratica Rispetto agli attuali 113 procedimenti amministrativi, svolti da 23 soggetti, il decreto prevede l’istituzione di due sportelli che abbasseranno drasticamente i tempi di attesa, lo Sportello Unico Doganale per il Controllo sulla merce, che già si avvale delle semplificazioni attuate dall’Agenzia delle Dogane, e lo Sportello Unico Amministrativo per tutti gli altri procedimenti e per le altre attività produttive in porto non esclusivamente commerciali. Inoltre semplificazioni sulle modalità di imbarco e sbarco passeggeri e misure di snellimento delle procedure e innovazione amministrativa per l’ adozione dei Piani Regolatori Portuali. Razionalizzazione con le Autorità di Sistema portuale Sono 57 i porti di rilevanza nazionale che vengono riorganizzati nelle nuove 15 Autorità di Sistema Portuale, centri decisionali strategici con sedi nelle realtà maggiori, ovvero nei porti definiti ‘core’ dalla Comunità Europea.

Alle 15 Autorità di Sistema Portuale viene affidato un ruolo strategico di indirizzo, programmazione e coordinamento del sistema dei porti della propria area. Avrà funzioni di attrazione degli investimenti sui diversi scali e di raccordo delle amministrazioni pubbliche. L’Autorità di Sistema Portuale avrà al suo interno due sportelli unici. Stretta la relazione con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in particolare per il Piano Regolatore di Sistema Portuale e i programmi infrastrutturali con contributi nazionali o comunitari. Le Regioni possono chiedere l’inserimento nelle Autorità di Sistema di ulteriori porti di rilevanza regionale. riorganizzazione della governance L’Autorità di Sistema Portuale sarà guidata da un board snello, ristretto a poche persone, da 3 a 5, il “Comitato di gestione” con il ruolo di decisore pubblico istituzionale. Il Comitato di gestione è guidato da un presidente manager, di comprovata esperienza nell’economia

dei trasporti e portuale e con ampi poteri decisionali. Viene scelto dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti d’intesa con la Regione o le Regioni interessate dall’Autorità di sistema. Rispetto ai precedenti Comitati Portuali, con limitata capacità decisionale, si passa da circa 336 membri a livello nazionale a circa 70 persone che agiranno con più efficacia. I rappresentanti degli operatori e delle imprese faranno parte, invece, degli “Organismi di partenariato della Risorsa Mare con funzioni consultive: potranno partecipare al processo decisionale, non potranno più votare atti amministrativi. Per garantire la coerenza con la strategia nazionale verrà istituita una “Conferenza nazionale di coordinamento delle Autorità di Sistema Portuale”, istituzionalizzata e presieduta dal Ministro, vi sarà una programmazione nazionale delle scelte strategiche e infrastrutturali, fino a definire un Piano regolatore portuale nazionale.

infrastrutture e trasporti

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ambiente Terza Campagna Nazionale di Tutela Ambientale Dati relativi al 2015 1.754 notizie di reato 1.043 persone denunciate 774 sequestri per un valore di oltre 2 milioni di euro

320.000 metri quadri di aree demaniali e non

sottoposte a sequestro

900 navi ispezionate sotto i profili anti-

inquinamento, con 211 deficienze riscontrate

1.230 sanzioni amministrative, per un totale di 4,5 milioni di euro

4,8 tonnellate di rifiuti sequestrati 5 aree di intervento: la tutela delle zone marino-costiere, finalizzata alla repressione degli abusivismi demaniali e delle violazioni nelle aree marine protette; la vigilanza sui rifiuti; il contrasto all’inquinamento provocato da navi; la salvaguardia della fauna e della flora marina; la vigilanza sugli scarichi a mare. La Campagna è promossa dal Ministero dell’Ambiente e sviluppata dal Reparto Ambientale Marino del Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera

Una grande alleanza internazionale per la difesa del Mediterraneo Intervista al Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti Siamo giunti alla Terza Campagna Nazionale di Tutela Ambientale: qual è secondo lei il bilancio del 2015 e quali sono i principali obiettivi del 2016? La campagna si è chiusa con numeri importanti. Per citarne solo alcuni: più di mille persone denunciate, sequestri per oltre due milioni di euro, più di 1700 notizie di reato. Per il 2016 la nostra priorità sarà vigilare ulteriormente sugli scarichi in mare, aspetto decisivo della protezione del delicato equilibrio eco-sistemico del nostro mare. L’azione delle Capitanerie di Porto e, più in generale, l’attività di magistrati e Forze dell’Ordine in campo ambientale ci dicono una cosa molto chiara: nel nostro Paese deve crescere e radicarsi una vera cultura ambientale, anche per isolare culturalmente quanti credono di poter fare affari sulla pelle dell’ambiente. Oggi abbiamo gli ecoreati nel codice penale e quindi ci sono gli strumenti per punire severamente i responsabili delle malefatte contro le nostre acque e le nostre coste. In che modo l’ambiente marino può avere un ruolo nella crescita dell’economia italiana? Se l’Italia ha un patrimonio di biodiversità che la fa primeggiare a livello europeo e mondiale il merito è anche del nostro mare. Abbiamo il dovere di difendere e valorizzare questo grande tesoro, consapevoli che debba rappresentare più di quanto lo sia oggi anche un fondamentale asset per lo sviluppo. Bisogna ad esempio favorire il turismo responsabile e sostenibile, che diventi crescita per una comunità. Stiamo puntando molto sulla valorizzazione dei porti, con il lavoro del collega Delrio. Stiamo, per fare un altro esempio, lavorando sulle piccole isole per capire come ridurre gli impatti ambientali nei momenti di maggiore afflusso turistico, a partire dai rifiuti e dai trasporti che regolarmente in certe realtà vanno in ‘tilt’. C’è molto da fare e da sperimentare. In che direzione va la semplificazione della normativa per escavi e dragaggi? Oggi per queste attività abbiamo, finalmente, un quadro regolamentare chiaro, che consentirà di superare le difficoltà riscontrate negli anni passati. Con il Collegato Ambientale abbiamo avviato un percorso che va nella direzione della semplificazione normativa e prevede l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili per le operazioni di dragaggio e la gestione del materiale dragato. La nuova legge per gli ecoreati in che modo consentirà di ottenere una maggiore efficacia nei controlli? Ieri procedevamo per analogia con altri reati. Oggi invece abbiamo nel codice penale gli strumenti per punire prima e in maniera più precisa i responsabili dei crimini ambientali. Naturalmente, ciò è possibile solo grazie all’impegno

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ambiente


e al lavoro quotidiano delle nostre forze operative sul campo. Cosa cambierà con il nuovo collegato ambientale? Il Collegato ambientale ha tante novità importanti anche per il mare, oltre che per tutti i settori nevralgici dell’economia verde. Dei dragaggi ho già detto. Molto importante è il Fondo di garanzia per gli interventi di potenziamento delle infrastrutture idriche, comprese le reti di fognatura e depurazione: come sappiamo da questo aspetto dipende direttamente la qualità delle nostre acque. C’è poi l’introduzione dell’obbligo per i proprietari di carichi inquinanti via mare di dotarsi di una polizza assicurativa a copertura integrale di rischi anche potenziali. Sono previsti poi fondi per le aree marine protette per un totale di 2,8 milioni in tre anni. E non dimentico l’aggiornamento della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, che verrà integrata con un apposito capitolo che considera gli aspetti della «crescita blu» del contesto marino.

biodiversità: serve una grande alleanza internazionale per la difesa del Mare Nostrum. Cosa pensa possa fare di più e di meglio il Governo italiano per sostenere la crescita dell’Economia del Mare? L’Italia è impegnata nell’attuazione della direttiva quadro dell’Unione europea sulla strategia marina e stiamo definendo i programmi di misure per raggiungere l’obiettivo del buon stato ambientale della acque da qui al 2020. Abbiamo anche bisogno, sempre più, di azioni politiche che facciano in modo che il nostro mare non sia più luogo di morte e disperazione, ma ponte di civiltà e speranza tra i popoli.

Uno degli elementi più preoccupanti in Italia sono i sistemi di depurazione delle acque. In che modo il Governo ha deciso di intervenire? Siamo consapevoli delle numerose criticità esistenti e stiamo facendo tutto il necessario per recuperare gli inaccettabili ritardi che non solo creano un danno ai nostri mari e alle nostre acque, ma ci espongono continuamente al rischio di pesanti sanzioni da parte dell’Unione europea. Oggi stiamo procedendo, con i poteri che ci affida la legge, alla nomina di commissari che intervengano per rimediare alle mancate azioni in sede regionale. C’è da recuperare, specialmente al sud, un gap infrastrutturale enorme derivante da anni di immobilismo. È possibile una politica comune dei Paesi del Mediterraneo per la salvaguardia dei nostri mari? Non solo è possibile, è necessaria. La strada è quella avviata con il Ramoge, che unisce in un controllo comune l’Italia, la Francia e il Principato di Monaco. Per me chi condivide l’onore e l’onere di affacciarsi su un mare straordinario e fragile come il Mediterraneo deve fare fronte comune a tutela della

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pesca e acquacoltura Pesca e acquacoltura: un valore da preservare Intervista al Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Maurizio Martina

Cosa può fare e sta facendo il Governo per ottimizzare l’utilizzo delle risorse comunitarie destinate alla pesca e all’acquacoltura? È importante favorire l’occupazione e il reddito dei nostri pescatori. Con i 537 milioni di euro della nuova programmazione, a cui si aggiungono gli oltre 440 milioni di euro di quota nazionale, vogliamo dare futuro all’intera filiera ittica. Bisogna innanzitutto evitare gli sprechi e favorire operazioni di semplificazione attraverso la stipula di convenzioni lavorando in collaborazione con i consorzi e le associazioni di categoria. Cosa succederà con la nuova programmazione FEAMP? Dobbiamo utilizzare i fondi che abbiamo a disposizione per sostenere un settore strategico come quello della pesca e dell’acquacoltura che dà lavoro a 30mila persone. Le priorità del Feamp sono la promozione della pesca e dell’acquacoltura sostenibili sotto il profilo ambientale, efficienti in termini di risorse, innovative e competitive, ma anche l’aumento dell’occupazione e lo sviluppo della commercializzazione e trasformazione. Semplificazione amministrativa e sburocratizzazione nella pesca: cosa è stato fatto e cosa si può ancora fare? Il Testo Unificato per la Pesca, ora in discussione in Commissione agricoltura della Camera, prevede una delega al Governo proprio in tema di semplificazione. Con questo provvedimento vogliamo iniziare un’operazione di digitalizzazione dell’intero settore, a cominciare dalla licenza elettronica e l’accesso online ai registri. Il vero sviluppo del comparto passa necessariamente anche da qui. Che ruolo hanno la ricerca e l’innovazione in un settore così legato alla tradizione antica italiana? La ricerca, l’innovazione e la formazione sono le chiavi per rispondere in maniera concreta alle sfide del settore. Abbiamo messo a punto un piano strategico per l’innovazione e la ricerca per raccogliere la sfida di un cambio di passo per sostenere un modello che guardi al futuro. L’obiettivo è garantire il rafforzamento del coordinamento fra gli enti di ricerca per favorire

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un adeguato supporto scientifico alle scelte gestionali; la messa a punto di strumenti operativi di gestione e l’integrazione delle diverse politiche della ricerca nazionali e regionali che riguardano il mare. Può la formazione rappresentare un elemento di competitività per il prodotto ittico italiano? La formazione di risorse umane preparate e qualificate all’interno della filiera ittica è un tema fondamentale per la crescita settore, previsto anche tra le misure finanziabili attraverso il Feamp. È attraverso la formazione che possiamo accrescere le competenze tecnico professionali necessarie per uno sviluppo strutturale e sostenibile dell’intero comparto. Come si può innalzare il livello di controllo e la relativa certificazione di qualità e riconoscibilità del pesce italiano? Garantire la qualità e la salubrità del nostro pescato significa non soltanto preservare la salute dei consumatori, ma anche il lavoro degli operatori italiani che operano nel rispetto delle normative. Importanti novità su questo fronte sono contenute nel Collegato Agricolo approvato nelle scorse settimane e riguardano l’introduzione di sanzioni per il contrasto al bracconaggio ittico nelle acque interne oltre al rafforzamento di quelle in materia di pesca e acquacoltura riguardanti la taglia minima. È possibile, secondo lei, costruire un unico disegno strategico di sviluppo che metta insieme pesca, acquacoltura e ambiente? Non solo è possibile, ma è necessario. Lo sviluppo del settore ittico passa attraverso una politica strategica che guardi al medio e al lungo periodo. Bisogna lavorare insieme per ottimizzare le procedure produttive senza dimenticare le attività tradizionali come la gestione produttiva delle lagune costiere che contribuiscono alla conservazione della biodiversità e di produzioni ittiche tipiche. Tutte le attività di pesca e le produzioni ad esse collegate costituiscono un valore dal punto di vista non solo alimentare, ma anche ecologico e socio-culturale che va assolutamente preservato.


LO STATO MONDIALE DELLA PESCA E DELL’ACQUACOLTURA I dati dell’ultimo rapporto FAO 2016 di cui solo 64.000 superavano i 24 metri di lunghezza. Il 6,7% delle proteine totali consumate dalla popolazione a livello mondiale è stata fornita dal pesce, oltre a costituire una ricca fonte di acidi grassi omega 3 a catena lunga, vitamine, calcio, zinco e ferro. Circa 57 milioni di persone sono state impiegate nei settori primari della pesca, di cui un terzo nell’acquacoltura.

20 kg di pesce pro capite l’anno vengono consumati nel mondo. Il doppio rispetto al livello degli anni ’60. Questo record avviene grazie ad una maggiore offerta proveniente dall’acquacoltura, a una domanda stabile, alla pesca record per alcune specie e alla riduzione degli sprechi. Un terzo degli stock di pesce ad uso commerciale viene pescato a livelli biologicamente non sostenibili (una percentuale tripla rispetto al 1974). Nonostante i notevoli progressi in alcune aree, lo stato delle risorse marine mondiali non è migliorato. 93,4 milioni di tonnellate nel 2014 è la produzione globale totale della pesca da cattura, inclusa quella in acque interne. Un dato leggermente maggiore dei livelli degli ultimi due anni. Il merluzzo dell’Alaska è stata la specie maggiormente pescata, superando l’acciuga cilena per la prima volta dal 1998 e dimostrando che le pratiche efficienti di gestione delle risorse hanno dato i loro frutti. Si registra inoltre una pesca record anche per altre quattro importanti categorie nel 2014: tonni, aragoste, gamberi e cefalopodi. 4,6 milioni di imbarcazioni hanno operato in tutto il mondo nel 2014, il 90% delle quali in Asia e in Africa, e

L’1% del commercio mondiale totale in termini monetari e oltre il 9% delle esportazioni agricole totali è stato rappresentato dai prodotti della pesca. Il valore delle esportazioni agricole mondiali è salito a 148 miliardi di dollari nel 2014, rispetto agli 8 miliardi del 1976. I paesi in via di sviluppo hanno esportato pesce per un valore di 80 miliardi di dollari, realizzando ricavi netti commerciali superiori a quelli di carne, tabacco, riso e zucchero assieme.

L’ACQUACOLTURA 73,8 milioni di tonnellate nel 2014 di produzione globale, costituita per un terzo da molluschi, crostacei ed altre specie marine diverse dai pesci. Dato significativo in termini sia di sicurezza alimentare che di sostenibilità ambientale, circa metà della produzione mondiale di animali proveniente dall’acquacoltura – spesso crostacei, carpe e piante (tra cui alghe marine e microalghe) è costituita da specie non foraggiate. Il settore sta crescendo rapidamente in diverse parti del mondo. La Cina resta di gran lunga la nazione leader per quanto riguarda l’acquacoltura. In Nigeria, la produzione legata all’acquacoltura è cresciuta di oltre 20 volte nel corso degli ultimi vent’anni e il resto dell’Africa Sub-sahariana non è stato da meno. Anche Cile ed Indonesia hanno registrato una crescita significativa, simile a quella di Norvegia e Vietnam

– attualmente il secondo e terzo maggiore esportatore mondiale di pesce. Misurati come fetta del commercio mondiale in termini monetari, salmone e trota sono diventate le specie principali, un onore che per decenni è appartenuto ai gamberi.

LO STATO DELLA SOSTENIBILITÀ Circa il 31,4% degli stock ittici naturali regolarmente monitorati dalla FAO nel 2013 è catalogato come colpito da pesca eccessiva, un livello che è stabile dal 2007. La metodologia della FAO è coerente con gli accordi internazionali che prevedono che gli stock di pesce dovrebbero esser mantenuti o ricostituiti a un livello che possa sostenere il Rendimento Massimo Sostenibile (Maximum Sustainable Yield, MSY). Pertanto, gli stock sono classificati come sfruttati a livelli biologici insostenibili – ovvero soggetti a pesca eccessiva – quando il loro livello è inferiore a quello in grado di produrre il Rendimento Massimo Sostenibile. In alcune regioni si è osservata una riduzione della cattura di prodotti ittici per via della messa in atto di efficaci regolamentazioni sulla gestione, come ad esempio nell’Atlantico Nord-occidentale, dove i livelli del pescato annuale sono ora pari a metà di quelli dei primi anni ’70. Gli stock di halibut, platessa e asinello in quella regione stanno mostrando segni di ripresa, sebbene ciò non valga ancora per il merluzzo. Le misure sulla gestione sembrano funzionare anche per il costoso nototenide della Patagonia – un tipo di pesce bianco dell’Antartide spesso commerciato (nei ristoranti americani) come spigola cilena – poiché la pesca di questa specie nelle acque dell’Antartico è rimasta stabile dal 2005. La pesca di krill antartico, che compone il fitoplankton, è cresciuta sostanzialmente a livelli mai raggiunti dagli anni ‘90, mantenendo però gli stock entro i limiti dei livelli sostenibili.

Il 59% degli stock monitorati nel Mediterraneo e nel Mar Morto sono sottoposti a livelli di pesca biologicamente non sostenibili e catalogati come “allarmanti”. Ciò è particolarmente vero per le specie più grandi come il nasello, la triglia, la sogliola e l’orata. Nel Mediterraneo Orientale, la possibilità di un aumento delle specie ittiche invasive legato al cambiamento climatico è inoltre motivo di preoccupazione. La FAO continua a lavorare con tutti i paesi per migliorare la qualità e l’affidabilità dei dati annuali sulle banchine. Il raddoppio, rispetto al 1996, del numero di specie presenti nel database della FAO – arrivate ora a 2.033 – indica un generale miglioramento della qualità dei dati raccolti. 87%, pari a 146 milioni di tonnellate, nel 2016 è la percentuale di produzione ittica mondiale utilizzata per il consumo umano diretto Nel 2014 era di dell’85%, pari a 136 milioni di tonnellate. Il settore, in crescita, della lavorazione del pesce offre anche opportunità per migliorare la sostenibilità della catena produttiva-commerciale delle risorse ittiche, poiché la gamma dei suoi sottoprodotti ha molti usi attuali e potenziali, dal mangime per l’acquacoltura, al collagene per l’industria cosmetica, alle piccole lische di pesce che possono essere mangiate dall’uomo come snack. “La vita sott’acqua, che l’Agenda di Sviluppo Sostenibile ci chiede di preservare, è un alleato cruciale nei nostri sforzi per far fronte a una serie di sfide, dalla sicurezza alimentare al cambiamento climatico. Questo rapporto dimostra che la pesca da cattura può essere gestita in maniera sostenibile, evidenziando al tempo stesso l’enorme e crescente potenziale dell’acquacoltura nel migliorare l’alimentazione e sostenere i mezzi di sussistenza con lavori produttivi”. José Graziano da Silva Direttore Generale della FAO

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istruzione e ricerca Verso il Cluster Tecnologico Nazionale dell’Economia del Mare Intervista al Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini Quali sono le prospettive di crescita della Blue Growth, una delle dodici aree di specializzazione individuate nel PRN 2015/2020? In un Paese con più di 7mila kilometri di coste, la crescita blu dovrebbe rappresentare un fattore critico di successo per il sistema economico e per questo intendiamo favorirla attraverso la ricerca, sempre connessa con il tessuto industriale. È un nuovo inizio per immaginare l’Italia del 2030, quella che dopo aver recuperato il tempo e le decisioni perdute, definisce i lineamenti della sua identità produttiva in un tempo e in uno spazio più esteso. Oggi l’Economia del Mare è un settore molto composito che tiene insieme pesca e turismo, movimenti di merci e di persone, le attività di “ricerca, regolamentazione e tutela ambientale” (cresciute del 22,2% negli ultimi 4 anni) e la filiera della cantieristica. In alcuni comparti, possiamo contare su know how e competenze distintive che vanno consolidate e trasformate in fonti di attrazione di capitale umano ed economico dall’estero. Senza dimenticare la nostra leadership in BlueMed, il progetto europeo per la ricerca marina e marittima che coinvolge altri Paesi del Mediterraneo, il nostro affaccio naturale sul mondo. Come procede il percorso del nuovo Cluster Tecnologico Nazionale dell’Economia del Mare? A breve avvieremo la costituzione dei 4 nuovi cluster tecnologici nazionali, infrastrutture interistituzionali agili per mettere in connessione università, enti pubblici di ricerca e imprese e tra centro e territori e dare una spinta unitaria e univoca alla ricerca e all’innovazione. Il Cluster Blue Growth sarà tra questi, tematicamente in continuità con gli indirizzi di Horizon 2020 e in linea con la Strategia Nazionale della Specializzazione Intelligente. Seguiremo il modello di successo adottato per la costituzione dei primi 8 cluster che ad oggi coinvolgono più di 400 soggetti. Ci sarà una chiamata pubblica di interesse per aggregazioni tra pubblico e privato dove verranno richiesti un Piano di Sviluppo Strategico – per identificare reti e traiettorie tecnologiche significative – e i Progetti di Ricerca Industriale, per un impatto industriale, socio-economico e occupazionale. Crediamo molto in questo modello e per questo nel PNR abbiamo deciso di investire circa 450 milioni di euro nel triennio nella cooperazione pubblicoprivato attraverso i 12 cluster. Molte Regioni italiane hanno inserito l’Economia del Mare nelle loro Smart Specialization Strategy. Cosa significa questo per la crescita del sistema nazionale? Significa che sta giustamente crescendo la dovuta attenzione su questo set-

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tore, un’attenzione evoluta e innovativa non solo da parte delle regioni che tradizionalmente vantano economie e filiere più floride. Si tratta di una occasione di cambiamento del modello economico e di crescita straordinaria soprattutto per il Sud e se cresce il Sud cresce l’Italia. La costituzione del Cluster Nazionale sarà una chiamata all’azione e uno stimolo non solo per gli enti di ricerca, ma soprattutto per i territori e per riunire eccellenze e potenzialità all’interno di una strategia complessiva. In che modo la ricerca, l’innovazione e la formazione possono sostenere il processo di crescita dell’Economia del Mare italiana? Creando una forza lavoro altamente qualificata e dunque competitiva e incoraggiando una crescita economica intelligente perché sostenibile e duratura, rispettosa dell’ambiente e della risorsa su cui costruisce la sua ricchezza. Non dimentichiamo che il mare rappresenta innanzitutto una risorsa paesaggistica da tutelare, ma difendere la bellezza non significa far rimanere sommerso un potenziale scientifico e industriale. Se c’è un fine sociale che la ricerca deve perseguire oltre agli obiettivi scientifici, è proprio quello di rendere possibile quest’equilibrio tra ambiente e sviluppo grazie alla conoscenza. Istituti nautici e ITS del mare: quali sono le prospettive di occupazione oggi in Italia? E quale è il sostegno del Ministero? I percorsi che lei cita, insieme anche alle facoltà di ingegneria navale e nautica ad esempio, garantiscono una alta occupabilità, in alcuni casi del 100%, grazie a un collegamento diretto con le imprese che partecipano anche alla didattica. È un approccio che va promosso in tutte le discipline, così come intendiamo diffondere l’esperienza degli ITS in tutta Italia per far conoscere una realtà davvero positiva, alternativa all’università ma sempre professionalizzante. Non dobbiamo però agire soltanto su settori specifici. Bisogna realizzare politiche educative avanzate e trasversali. La svolta culturale radicale impressa dall’alternanza scuola-lavoro obbligatoria anche per i licei offre un sostegno strutturale e profondo per un patto scuola-impresa che vada nella direzione di una coltivazione progressiva e costante dei talenti. Un investimento importante poi è la creazione di nuovi ambienti per l’apprendimento aperti al territorio per contrastare abbandono scolastico e disoccupazione. Cito il caso dei 58 laboratori territoriali che abbiamo finanziato con circa 45 milioni di euro e non è un caso che tra questi sia stato selezionato un laboratorio navale itinerante che verrà costruito a Gaeta, in partenariato con comuni e università: una Nave Scuola che si sposterà nei territori coinvolti nel progetto dove poter fare formazione “in situazione”, non simulata.


PROGRAMMA NAZIONALE DELLA RICERCA 2015/2020 L’investimento finanziario del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca nel PNR 2015/2020 è di quasi 2,5 miliardi di euro di risorse nei primi tre anni, che si aggiungono al finanziamento che il MIUR destina a Università ed Enti Pubblici di Ricerca, pari a 8 miliardi ogni anno. Per valorizzare le competenze distintive del sistema della ricerca e innovazione italiana, il PNR individua 12 aree di specializzazione intorno alle quali strutturare politiche e strumenti nazionali e regionali efficaci e significativi dal punto di vista dell’impatto sullo sviluppo sociale ed economico del Paese. Si tratta delle aree in cui la ricerca, soprattutto se realizzata in collaborazione tra pubblico e privato, può produrre i migliori risultati. Le aree, che tengono conto anche del peso industriale dei settori produttivi ad esse collegate, sono state analizzate incrociando due tipi di indicatori: quelli relativi alla rilevanza della ricerca italiana nei vari settori in termini di pubblicazioni scientifiche e quelli relativi alla capacità innovativa legata alla capacità brevettuale. Si compone così un quadro coerente con le scelte strategiche compiute a livello europeo – soprattutto con il programma quadro Horizon 2020 – con le politiche di intervento definite a livello nazionale e regionale. Tale classificazione è correlata, infatti, con il processo di definizione della Strategia Nazionale di Specializzazione Intelligente (SNSI), definito dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca insieme al Ministero dello Sviluppo Economico nell’ambito delle attività di programmazione dei fondi strutturali.

> Obiettivi: • L’Internazionalizzazione, il coordinamento e l’integrazione delle iniziative nazionali con quelle europee e globali. • Dare centralità all’investimento nel capitale umano. • Dare un sostegno selettivo alle infrastrutture di ricerca. • La collaborazione pubblico-privato, qui intesa come leva strutturale per la ricerca e l’innovazione: in tale ambito, i Cluster Tecnologici Nazionali, costituiti coerentemente con le aree di specializzazione della ricerca applicata, sono riconosciuti come infrastrutture permanenti per il dialogo tra università, enti pubblici di ricerca e imprese e tra centro e territori. • Il Mezzogiorno. • L’Efficienza e qualità della spesa.

> Le 12 aree: Aerospazio; Agrifood, Cultural Heritage; Blue Growth; Chimica verde; Design, creatività e Made in Italy; Energia; Fabbrica intelligente; Mobilità sostenibile; Salute; Smart, Secure and Inclusive Communities; Tecnologie per gli Ambienti di Vita. La Blue Grotwh è inserita tra le Aree tecnologiche ad Alto Potenziale, cioè quelle nelle quali l’Italia possiede asset o competenze distintive, che devono essere sostenute con l’obiettivo di aumentarne la ricaduta industriale.

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Lo sportello unico del mare Intervista all’Ammiraglio Ispettore Vincenzo Melone Comandante Generale del Corpo delle Capitanerie di porto - Guardia Costiera Il Corpo delle Capitanerie di porto opera al servizio del mare in molti modi diversi. Ci piacerebbe insieme a lei raccontarli tutti. Innanzitutto desidero sottolineare come l’attuale Governo, ed in particolare il Ministro Delrio, unitamente agli altri due ministri che si occupano di mare, il Ministro Galletti e il Ministro Martina, hanno posto un’attenzione importante alle questioni marittime e le hanno messe al centro della nuova attività politica. Un argomento che va in tal senso è certamente la riforma sull’ordinamento portuale, così come il piano strategico nazionale della portualità e della logistica, ma anche la problematica degli escavi in ambito portuale portata avanti dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e la particolare attenzione che il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali conferisce alla risorsa ittica. Il Corpo delle Capitanerie di porto è caratterizzato da una propria identità e specificità: piena dipendenza, funzionale e di bilancio, dal Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti; esercita funzioni attribuite da norme primarie alle dipendenze dei Dicasteri dell’Ambiente e delle Politiche agricole. In definitiva, il Corpo è chiamato ad assumere compiti e connesse responsabilità nei comparti civili e produttivi della vita marittima e portuale. Senza accennare anche a tutte quelle altre limitate funzioni, comunque attribuite da norme primarie e svolte dal Corpo alle dipendenze funzionali di altri Ministeri. Infine, quale Corpo della Marina Militare, svolgiamo concorrenti compiti di natura militare. Il regolamento di organizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti definisce il ruolo e la collocazione del Comando generale, che è anche centro di responsabilità amministrativa del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - responsabile di definire il bilancio sulle spese di funzionamento e di investimento. Qual è il ruolo delle Capitanerie di porto che giocano a tutto campo in questo settore? Mi consenta di fare un passaggio storico per rendere meglio il concetto. Fino al 1993 esisteva un solo Ministero che si occupava di tutte le questioni

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marittime, il Ministero della Marina Mercantile. Il Corpo delle Capitanerie di porto si occupava per conto di questo Ministero di tutte le questioni di carattere marittimo, quali il comando dei porti, la sicurezza della navigazione, la nautica da diporto, la gestione del personale marittimo, le inchieste sui sinistri marittimi, il demanio, la tutela dell’ambiente marino, la tutela della risorsa ittica. Quando il Ministero della Marina Mercantile è stato soppresso, le sue competenze sono state distribuite su tre Ministeri: il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, per quanto riguarda il comando dei porti, la sicurezza della navigazione, la nautica da diporto e la gestione del personale marittimo, l’allora ispettorato del mare è passato al Ministero dell’Ambiente e l’allora direzione generale della pesca è passata al Ministero delle Politiche agricole. In buona sostanza è accaduto che tutte le questioni marittime a livello governativo, e quindi centrale, sono state divise fra i predetti tre Ministeri. Le Capitanerie di porto, per le quali non è cambiato il quadro normativo di riferimento, si sono trovate ad essere la periferia di tre Ministeri. E ancora oggi lo sono. Questa è una cosa molto importante, perché nei nostri 300 uffici marittimi territoriali, che sono distribuiti lungo la cosa, c’è una unicità nella trattazione delle materie marittime. Questo in un’ottica di spending review è un valore aggiunto, perché non è necessario che ciascun Ministero venga dotato di una propria componente aeronavale, ce n’è una sola che si occupa di tutte le funzioni. Ed è quella delle Capitanerie di Porto. In sostanza, per tutte le questioni che riguardano il mare i tre Ministeri si avvalgono di una sola organizzazione. L’esempio più evidente è quanto avviene con la Campagna Mare Sicuro. La sensibilità che ho prima richiamato su tutte le questioni marittime da parte del Governo italiano, ha trovato riscontro anche ultimamente in occasione della presentazione dell’operazione Mare Sicuro 2016. In conferenza stampa erano presenti tutti e tre i Ministri competenti. Questo è un bel segnale, di condivisione, di compattezza e di consapevolezza dell’importanza che l’Economia del Mare riveste per l’Italia. Mare Sicuro è una campagna che si svolge durante il periodo estivo, in particolare condotta operativamente dalla Guardia costiera, che impiega circa 3.000 uomini e donne


e 300 mezzi navali, con l’obiettivo di assicurare la corretta fruizione del mare e l’ordinato svolgimento delle attività ludiche e produttive a esso collegate. Le Capitanerie di porto lavorano molto sulla prevenzione, attraverso un’attività continua di informazione. Sappiamo, infatti, che la presenza di una divisa aiuta molto, specialmente nella stagione estiva, quando le spiagge e il mare sono frequentate da molte persone, legate al diporto nautico e alle diverse attività ludico-ricreative. Le vacanze si sono accorciate, e in quei pochi giorni a disposizione il bagnante o il diportista cerca di esprimersi dal punto di vista dell’energia al massimo, magari perdendo anche il controllo delle sue azioni o facendone altre che potrebbero rappresentare un pericolo per se stessi e per gli altri. Noi siamo ben consapevoli di ciò ed è per questa ragione che cerchiamo di fare prevenzione, perché la nostra presenza scoraggia eventuali atteggiamenti esuberanti. Proprio in quella occasione lei ha parlato della Capitaneria di porto come Sportello Unico del Mare. L’azione quotidiana svolta dalle Capitanerie di porto è dettata dall’attività connessa agli usi produttivi e civili del mare. Essendo rappresentanti sul territorio di ben tre Ministeri, sostanzialmente costituiamo uno Sportello Unico del Mare. Così come esiste lo Sportello unico doganale. In Capitaneria di porto si trovano le risposte a tutte le domande che ogni cittadino si può fare per tutte per le questioni che ruotano intorno al mare. Vogliamo fare degli esempi? Io sono solito fare l’esempio del pescatore, perché penso possa rendere bene l’idea. Il pescatore per poter esercitare la sua attività - il rilascio della licenza di pesca e l’utilizzo delle attrezzature - deve far capo necessariamente alla Direzione generale della pesca, cioè al Ministero delle politiche agricole. Per il fatto di appartenere alla gente di mare, il rilascio dei titoli professionali dipende dal Ministero dei Trasporti, così come anche accade per tutto quanto concerne la sicurezza della barca e le relative certificazioni. L’utilizzo corretto dello strumento di pesca (nei luoghi e alle distanze previste) coinvolge anche l’ambiente, laddove ad esempio sono previsti divieti di pesca nelle riserve marine. Il pescatore, di fatto, per esercitare la sua professione si riferisce a ben tre Ministeri. La sintesi di tutto questo si trova in Capitaneria di porto: la certificazione per la sicurezza della barca, l’ iscrizione nella gente di mare, l’iscrizione della sua impresa di pesca, il rinnovo della licenza. Il pescatore non deve trascorrere le giornate andando da un ufficio all’altro o da una città all’altra, ma può fare tutto in unico luogo. Un altro esempio: un eventuale sinistro in mare. Premesso che il nostro primo pensiero è quello di salvare la vita umana - l’azione di salvataggio che le Capitanerie fanno avviene per conto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti quale titolare della funzione - , in un momento successivo, però, ci

dobbiamo preoccupare che l’imbarcazione sinistrata non procuri un danno all’ambiente, funzione svolta per conto del Ministero dell’Ambiente. Rimuovere una rete derivante presente in mare, come le cosiddette spadare, che rappresentano un danno, non soltanto per l’ambiente e per la sicurezza della navigazione, ma anche per la risorsa ittica e a tutela specialmente delle specie protette, è una funzione svolta per conto del Ministero delle Politiche agricole. Quanto pensa sia importante la Riforma Portuale portata avanti dal Ministro Delrio? La riforma portuale è provvedimento fondamentale per rilanciare l’Economia del Mare. Si scrive una nuova pagina sulla governance e si stabilisce che le decisioni strategiche vengano prese a livello centrale, seguendo una logica di interventi infrastrutturali che guardano al Sistema Paese e al sistema europeo, e quindi internazionale. Si esce così fuori da tendenze localistiche. A mio avviso la riforma portuale diventa strategica proprio per il rilancio di tutto il comparto mare, che significa anche occupazione, nuovi posti di lavoro. Cosa significa per le Capitanerie di porto svolgere la funzione di comando dei porti? I porti maggiori vedono la presenza di due figure importanti: l’Autorità portuale e la Capitaneria di porto. Sono come marito e moglie, o due mezze mele, l’uno è funzionale all’altro e insieme governano il porto. L’Autorità portuale si occupa dell’indirizzo, dello sviluppo, degli interventi necessari da un punto di vista infrastrutturale. Il Comandante della Capitaneria di porto si occupa di tutti gli aspetti che riguardano la sicurezza della navigazione e la sicurezza portuale in generale. È l’autorità di sicurezza anche ai fini della security del porto e, attraverso il potere di ordinanza e di polizia marittima, disciplina il corretto uso del mare e l’ordinato svolgimento delle attività in senso lato. C’è una perfetta sintonia fra le due figure, ognuna svolge la propria attività sapendo esattamente quali sono i rispettivi confini e la necessità di interagire nell’interesse della realtà portuale e dell’utenza. La Guardia Costiera ha saputo imporsi alle cronache del nostro Paese grazie allo straordinario lavoro svolto quotidianamente per il salvataggio delle vite umane in mare. La missione principale che svolge la Capitaneria di porto - Guardia costiera è la salvaguardia della vita umana in mare, una competenza esclusiva che esercita su un’area di responsabilità grande due volte l’Italia: 500.000 km quadrati di mare. Nell’ambito di quest’area operano circa 500 unità navali dalle grandi e piccole dimensioni, che garantiscono h 24 per tutto l’anno la disponibilità di una struttura dedicata al soccorso immediato. Per garantire la risposta più rapida possibile alle emergenze, abbiamo creato lungo tutti gli 8.000 km di

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sicurezza costa una maglia in cui prevediamo di avere una motovedetta di soccorso che dista rispetto all’altra 20 miglia. Con il fenomeno dell’immigrazione è avvenuto che il soccorso si è amplificato all’ennesima potenza. Siamo passati da circa 9.000 soccorsi all’anno solo nei confronti di diportisti, pescatori, bagnanti, membri di equipaggio e turisti in crociera, a coordinare operazioni per quasi 170.000 persone. La differenza è l’immigrazione. Per affrontare tutto questo che facciamo da 25 anni, ci siamo strutturati in modo tale che tutte le motovedette d’Italia ruotino su Lampedusa a turno per tre mesi. Questo ci consente di avere sull’Isola, per garantire lo sforzo e fronteggiare questa emergenza umanitaria, sempre sei motovedette, oltre a due pattugliatori grandi. Ovviamente per svolgere questa funzione di coordinamento ci avvaliamo anche di unità mercantili, di unità da pesca, di rimorchiatori in assistenza alle piattaforme, di mezzi delle ONG e di unità militari sia della Marina Militare italiana che di altre marine, nonché di mezzi messi a disposizione da Frontex e di motovedette delle altre forze di polizia. Tutti questi mezzi sono coordinati dalla centrale operativa della Guardia Costiera – Ministero delle infrastrutture e dei trasporti”. Nel mese di maggio è accaduto un fatto straordinario: il Corpo delle Capitanerie di porto ha ottenuto un riconoscimento da parte del Continente africano per premiare l’impegno nel Mediterraneo. Quella di voler premiare il Comando generale è stata un’iniziativa degli Ambasciatori del Continente africano. Il lavoro che svolgiamo costituisce, in termini di mezzi, uno sforzo enorme per il Corpo, ma è soprattutto un grande impegno per il personale, perché chi opera a Lampedusa naviga in tre mesi tante di quelle miglia che normalmente si percorrono in un anno. Ciò che fa la differenza e che ha portato all’attenzione del mondo la Guardia costiera italiana è il cuore, che costituisce un valore aggiunto. Perché quando noi chiamiamo a rotazione gli equipaggi, non ce n’è uno, né un singolo membro, che si tira indietro. Sono tutti pronti a partecipare. Prima di dichiarare l’indisponibilità del mezzo per eventuali disfunzioni tecniche, l’equipaggio opera con ogni energia per ristabilire l’operatività del mezzo. E questo fa la differenza. Recentemente a Napoli, in concomitanza con la Naples Shipping Week, si è svolto il Forum delle Guardie Costiere del Mediterraneo. Come è andato? Abbiamo organizzato il Forum delle Guardie Costiere del Mediterraneo, su specifico mandato della Commissione Europea – Direzione Generale per gli Affari Marittimi e la Pesca (DG MARE). Il Forum nasce da un’idea dell’Ammiraglio Raimondo Pollastrini, allora Co-

mandante generale del Corpo, che nel 2009 organizzò la prima edizione. È stata un’intuizione geniale, perché allora non esisteva il Forum delle Guardie Costiere del Mediterraneo (che abbraccia il numero maggiore di guardie costiere), ma il forum delle Guardie Costiere Europee, quello delle Guardie Costiere del Baltico, quello delle Guardie Costiere del Mar Nero. Questa intuizione ha avuto un seguito. Infatti, quest’anno ci è stato conferito per la seconda volta il mandato di organizzare il forum, che si è svolto alla Stazione Marittima di Napoli dal 30 giugno al 2 luglio. Hanno partecipato 23 Paesi e 16 tra Organizzazioni internazionali /Istituzioni Europee e Regionali , 63 delegazioni straniere e rappresentanti di 4 continenti. Questa edizione si è proposta di rafforzare il dialogo all’interno del bacino del Mediterraneo, con particolare riferimento ai cambiamenti che riguardano il settore marittimo. Abbiamo voluto trovare un tema, la tutela del mare, che unisse tutte le guardie costiere del Sud Europa ma anche quelle del Nord Africa. La salvaguardia dell’ambiente ci unisce e rientra tra le funzioni delle guardie costiere. Un elemento di successo di questo forum è aver strutturato l’organizzazione, creando un segretariato, in modo da dare una continuità e iniziare a condividere le regole di ingaggio, il linguaggio, la mappatura di quello che è presente, per poter pianificare le azioni. L’idea di strutturare un segretariato, che sarà curato dall’EMSA, l’Agenzia Europea per la Sicurezza Marittima, è un grande successo perché consentirà al forum di avere un’organizzazione nel tempo. Il prossimo appuntamento sarà ospitato dalla Guardia costiera turca.

I COMPITI SVOLTI DALLE CAPITANERIE DI PORTO Per conto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti: • Coordinamento dell’organizzazione nazionale di ricerca e soccorso della vita umana in mare e sui laghi maggiori(SAR) • Comando dei porti ed esercizio delle funzioni di Autorità marittima • Funzioni certificative e ispettive in materia di sicurezza della navigazione sul naviglio nazionale ( flag state) nonché su quello straniero che tocca i porti dello Stato ( port state control) • Autorità di sicurezza per il trasporto marittimo (maritime security), in materia di prevenzione da minacce a navi e ad infrastrutture portuali • Esercizio delle funzioni di Polizia marittima • Disciplina degli accosti delle navi e interfaccia unica nazionale per le formalità amministrative in arrivo e partenza • Disciplina e regolamentazione dei servizi tecnico-nautici • Disciplina, monitoraggio e controllo del traffico navale • Indagini e inchieste sui sinistri marittimi al fine di individuarne cause, circostanze e responsabilità • Amministrazione attiva in materia di personale marittimo, regime amministrativo della nave, diporto nautico e demanio marittimo • Sicurezza degli stabilimenti e depositi costieri di sostanze infiammabili o esplosive nei porti • Sicurezza e salute dei lavoratori a bordo delle navi e nell’espletamento di operazioni portuali

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Per conto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare: • Tutela dell’ambiente marino e marino-costiero per la prevenzione e repressione di tutti i tipi di inquinamento marino • Coordinamento degli interventi antiinquinamento • Vigilanza specialistica nelle aree marine protette • Adozione ed attività ispettive sui piani di raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi • Funzioni ispettive, di certificazione e vigilanza ambientale sul naviglio nazionale e straniero • Sorveglianza e accertamento illeciti in materia di scarichi e gestione del ciclo dei rifiuti • Polizia e vigilanza negli ambiti demaniali marittimi e portuali Per conto del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali: • Direzione delle attività di vigilanza e controllo sulle attività di pesca e acquacoltura, sul commercio e la somministrazione • Funzioni tecnico-amministrative di Centro di Controllo Nazionale della Pesca • Funzioni di amministrazione attiva per flotta e ceto peschereccio, gestione del pescato e sua tracciabilità


Mai così tanto fu dovuto da tanti a tanto pochi Pubblichiamo la lettera del Maresciallo Faggiano da Lampedusa Pregiatissimo Ammiraglio Ispettore (CP) Vincenzo Melone Chi Le scrive coglie l’occasione per esprimerLe il più sentito ringraziamento ed il senso della più viva stima e gratitudine per l’affetto e la vicinanza che Ella ha sempre voluto riservare a tutto il personale del Corpo e nello specifico a quello di Lampedusa, dove lo scrivente presta servizio in qualità di Comandante titolare della M/V CP 312. Ormai sono prossimo al mio trasferimento a nuovo Comando dopo circa tre anni e cinque mesi di permanenza a Lampedusa e come sempre accade a conclusione di ogni periodo della vita è motivo di bilanci. Posso sostenere senza ombra di dubbio, che è stata un’esperienza assolutamente unica, irripetibile che arricchisce sicuramente sia professionalmente ma soprattutto a livello umano. In questo periodo, ho soccorso e salvato svariate migliaia di persone, ma ho assistito purtroppo anche a tante tragedie, una per tutte sicuramente quella del 3 ottobre 2013, che ha lasciato un segno indissolubile a tutti noi soccorritori. Spesso in tanti mi chiedono di quante persone ho tratto in salvo nel periodo di permanenza a Lampedusa, ma rispondo col dire, che i numeri hanno poca importanza, perché anche salvare una sola persona è un successo, invece il mio unico pensiero va a quanti coloro non sono riuscito a strappare al mare. A tutto ciò, mi conforta la convinzione di aver sempre operato in coscienza come un uomo con la dignità e l’avvedutezza del ruolo rivestito nel condurre uomini e mezzo al massimo delle possibilità, senza risparmio alcuno di energie, spesso anche a grave rischio della propria vita, pericoli condivisi da tutto l’equipaggio, per ottemperare al nostro compito prioritario, cioè la salvaguardia della vita umana in mare. Per questo Ammiraglio mi permetta e perdoni la mia presunzione nel dire, che nell’attività di ogni giorno, nel nostro piccolo siamo davvero grandi, non certamente per quello che siamo, ma per quello che facciamo e soprattutto per quello che spesso rappresentiamo, cioè quel

miracolo che tutti si aspettano che noi compiamo ogni qualvolta che dal mare i tanti porgono le mani in segno di richiesta di aiuto, nella consapevolezza che solo grazie alla nostra professionalità e all’impegno profuso da ognuno di noi quel miracolo si compie, facendo spesso la differenza fra la vita e la morte dei richiedenti aiuto. Non ultimo pesa in tutti noi, la responsabilità e il dovere di salvaguardare sempre l’onore e il prestigio del nostro Corpo, rafforzandone la sua immagine che può avvenire appunto solo dalla nostra capacità di ottenere brillanti risultati in ogni circostanza, perché come recita una celebre frase di A. Einstein “Ci sarà sempre una penna per scrivere il futuro, ma non ci sarà mai una gomma per cancellare il passato”. Mi preme affermare, che la più grande ma anche la più vera ricompensa ricevuta al termine di questa esperienza è stata sicuramente i tantissimi affettuosi e innocenti sorrisi dei bambini, quei piccoli ma sinceri gesti di riconoscenza e gratitudine degli adulti, che spesso si sono concretizzati in un semplice “GRAZIE”, a gratifica di tutti i sacrifici fatti, piccole cose ma dal grande valore umano, da custodire per sempre tra i ricordi più cari, che racchiudono la vera essenza e vocazione del nostro Corpo, nella certezza di aver dato a tutti loro una seconda opportunità di vita, contribuendo così a scrivere ogni giorno un capitolo di quella pagina di storia chiamata “Lampedusa”. Concludo Ammiraglio, con una celebre frase di W. Churchill che seppur indegnamente da me modificata in parte nella sua composizione, ben si sposa alla circostanza “Mai così tanto fu dovuto da tanti a tanto pochi”. Lampedusa, 06.04.2016 Suo devotissimo 1° M.llo Np Raffaele Faggiano

L’ambasciatore della Repubblica del Congo, Decano del Corpo Diplomatico Africano, Sua Eccellenza Kamara Dekamo Mamadou, a nome di tutti gli Ambasciatori presenti, ha consegnato un riconoscimento alla Guardia Costiera Italiana per l’attività di ricerca e soccorso che ha consentito di salvare negli ultimi anni centinaia di migliaia di vite umane nel mar Mediterraneo (quasi 500.000 dal 2003). “È un grande onore e un immenso privilegio che sentiamo oggi 23 maggio 2016 partecipando a questa importante cerimonia di omaggio alla Guardia costiera della Repubblica italiana. In questi ultimi anni continuiamo a deplorare migliaia di morti in naufragi a causa dell’immigrazione clandestina. Famiglie intere che non hanno accesso al diritto di asilo o che si scontrano con politiche restrittive corrono il rischio dell’immigrazione lasciandosi decimare durante la traversata. Il Mediterraneo che si è quindi confermato a partire dal 2013 come la principale rotta attraverso la quale avvengono le immigrazioni clandestine in destinazione dell’Europa oggi sembra essere diventato un cimitero in cui riposano ogni giorno decine e decine di corpi. È per questo che l’azione di soccorso alle vite umane intrapresa dalle valorose guardie costiere italiane sul Mediterraneo merita tutto il nostro sostegno e il nostro riconoscimento. Approfittiamo quindi di questa felice circostanza, di questa occasione solenne, per rivolgere loro tutte le nostre più sincere congratulazioni e testimoniare loro tutta la nostra fiducia, la fiducia del nostro Continente rispetto a questa opera nobile di salvezza. Il corpo diplomatico africano considera il lavoro realizzato dalla Guardia costiera italiana come una testimonianza inoppugnabile della solidarietà che ha sempre cementato i legami tra l’Italia e l’Africa. E per questo ci tiene per mia voce a esprimere anche tutta la profonda gratitudine al Governo italiano per la sua politica di accoglienza e assistenza ai migranti in generale e agli africani in particolare”.

TUTTI I NUMERI DI MARE SICURO 2015 SICUREZZA DELLA NAVIGAZIONE

sono stati effettuati 34.525 controlli su un traffico di 37 milioni di passeggeri

DIPORTO NAUTICO

sono stati effettuati 78.430 controlli e 1.315 unità di nautica da diporto soccorse nella sola estate

TUTELA DELL’AMBIENTE

1.754 notizie di reato, 1.043 persone denunciate, 1.230 sanzioni amministrative, 900 navi ispezionate (di cui 211 con irregolarità), 774 sequestri, 320mila mq di aree sottoposte a sequestro, 4,5 t di rifiuti sequestrati da marzo a settembre per la Campagna di Tutela ambientale

SALVAGUARDIA VITA UMANA IN MARE PESCA 4.510 persone tratte in salvo nella sola estate DEMANIO MARITTIMO

64.348 controlli e ispezioni, 690 denunce penali e 239 sequestri nella sola estate

63.133 controlli (di cui 50.215 a terra e 12.918 in mare), 984 reati contestati, 600 t di prodotti ittici sequestrati per un valore di oltre 20 milioni di euro

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shipping e logistica L’ITALIA TRA I CORRIDOI EUROPEI E IL MEDITERRANEO A confronto con Antonio Cancian, Presidente di Rete Autostrade Mediterranee Spa Rete Autostrade Mediterranee nasce nel 2004 con lo scopo di realizzare il Programma nazionale delle Autostrade del Mare all’interno del più ampio contesto della Rete Trans-Europea dei Trasporti (TEN-T), con uno specifico riferimento al Corridoio trasversale Motorways of the Sea (MoS) agevolando lo sviluppo delle reti di trasporto marittimo e valorizzando l’apporto strategico che esse sono in grado di fornire al sistema di collegamenti dell’area Euromediterranea e alla catena logistica door to door. La maggior parte delle attività di RAM ha come obiettivo quello di favorire il naturale sbocco dei 4 corridoi europei che attraversano l’Italia (ScandinavoMediterraneo, Baltico Adriatico, Reno-Alpi, Mediterraneo) verso i Paesi della Sponda Sud del bacino Mediterraneo. Società in house del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ne è diventato anche il braccio operativo per l’attuazione di alcune linee stabilite nel Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica. RAM si occupa della gestione degli incentivi per la promozione dell’intermodalità, della progettazione e della realizzazione di proposte nazionali su fondi europei, della promozione del sistema nazionale in ambito multilaterale, dei Fast Corridor, delle incentivazioni e della formazione. E’ anche advisor e/o partner per lo sviluppo di progetti territoriali a valere su programmi europei, nazionali e regionali, anche attraverso la costruzione di schemi di Public Private Partnership. Antonio Cancian, onorevole ma prima di tutto ingegnere dichiaratamente concreto e realista, ha assunto la carica di Presidente nell’autunno del 2014. Da poco più di un anno e mezzo il suo lavoro si basa su alcune linee di condotta ben precise. IL MEDITERRANEO “Io parto dalla basilare convinzione che una completa conoscenza del Mediterraneo, intesa come l’insieme di tutti i progetti, i programmi e gli attori coinvolti, sia il fattore chiave dello sviluppo dell’economia di questa rilevante area geografica. Ecco perché ritengo che sia questo il punto di partenza della nostra azione, come RAM ma anche come Sistema Paese dell’Economia del Mare. È importante intraprendere un’azione fondata sui concetti di coordinamento e integrazione poiché solo una conoscenza approfondita consente di evitare sovrapposizioni e duplicazioni sia in termini di programmazione che di progettazione e quindi spreco di risorse”.

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shipping e logistica

IL RUOLO DELL’ITALIA “Sono convinto della centralità economica, politica, culturale e sociale del bacino del Mediterraneo rispetto alle grandi dinamiche internazionali in atto nonché del ruolo che l’Italia può e deve giocare sia negli aspetti della cooperazione che in termini di sviluppo progettuale. Proprio per questo RAM sta lavorando per dare una visione coordinata e per rendere le Autostrade del Mare la via privilegiata di accesso alle reti TEN-T, senza mai dimenticare che trasporto e comunicazione vuol dire anche reti energetiche e telematiche. Perché vuole rendere il sistema portuale italiano un vero e proprio hub dell’Europa e del Mediterraneo e fare della Risorsa Mare l’elemento strategico più rilevante per la crescita del nostro Paese. Per farlo è necessario intraprendere azioni volte a supportare tutti i soggetti del settore marittimo portuale con l’ottica di cogliere appieno le opportunità congiunturali che l’attuale momento storico può offrire al Sistema Italia: dalla ritrovata centralità del Mediterraneo quale scacchiere per i flussi di traffico internazionali anche a seguito del raddoppio del Canale di Suez, all’allineamento dei 4 corridoi core delle TEN-T che attraversano il nostro territorio, in aggiunta alle priorità orizzontali MoS ed ERTMS (sistema di gestione, controllo e protezione del traffico ferroviario e segnalamento a bordo ndr), passando per il potenziale economico di alcuni Paesi della sponda mediterranea, del Mar Nero e dei Paesi del Golfo, senza dimenticare la grande sfida del miglioramento delle performance ambientali lato nave e lato terra”. LE TRE i “In continuità rispetto ai principi che hanno ispirato il Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica del Ministro Delrio, siamo fermamente convinti che le proposte progettuali nel settore delle infrastrutture, dello shipping e della logistica, debbano rispondere alla sfida di quelle che


timo, le vie fluviali, ferroviarie, strade e aeroporti, includendo i collegamenti abbiamo definito le 3 i: • L’interconnettività: i collegamenti di ultimo miglio infra/info-strutturali di ultimo miglio infra/info-strutturali tra i corridoi/assi TEN T e i nodi core tra i corridoi/assi TEN T e i nodi core. anche nell’ottica dell’estensione della rete TEN-T verso i Balcani occidentali • L’intermodalità: sviluppo di un modello di trasporto intermodale moder- al fine di migliorare la connettività della regione adriatico-ionica”. no ed efficiente che integri il trasporto marittimo, le vie fluviali, ferroviarie, QUADRANTI E AREE LOGISTICHE strade e aeroporti. • L’integrazione progettuale e finanziaria: nel settore dei trasporti è ne- “È nostro interesse promuovere tavoli di lavoro con operatori privati, enti locessario sviluppare il concetto di integrazione, ovvero la convergenza pro- cali e soggetti pubblici per mettere in comune progettualità e proposte per gettuale tra le reti di trasporto, le reti energetiche e le reti di telecomunica- incrementare la competitività del sistema logistico-portuale italiano, in linea zione. Il concetto di integrazione deve essere sviluppato anche in termini con lo sviluppo di aree logistiche integrate così da unire l’offerta e la domandi blending finanzario, ovvero di matching tra le da di servizi logistici con uno sguardo verso i rispettidiverse opportunità/fonti di finanziamento. vi mercati di riferimento. Lo stesso discorso vale per L’Economia del Mare è economia dell’intermodalità le aree logistiche integrate che interessano le regioni e della connessione. Se sappiamo rispondere alla convergenza, su cui si innesta il discorso della ProMarebonus è l’incentivo previsto dall’articosfida delle 3 i saremo in grado di garantire proposte grammazione nazionale e regionale per il periodo lo 1, comma 647 della Legge di Stabilità per progettuali sostenibili dal punto di vista tecnico-eco2014/2020”. il triennio 2016-2018 allo scopo di sviluppare la modalità combinata strada-mare attravernomico-sociale-ambientale, favorendo in tal modo so la creazione di nuovi servizi marittimi e il anche l’accesso di capitali privati”. MAREBONUS e FERROBONUS miglioramento di quelli già esistenti. “Se la Direzione generale per la competitività della Il Governo ha stanziato nell’ultimo DEF 2016 PRIMA IL PROGETTO POI I FINANZIAMENTI Commissione europea dovesse approvare definitiva138,4 milioni di euro così ripartiti: “L’aspetto economico e finanziario diventa di più famente le misure proposte, la pubblicazione dei de> 45,4 mln per il 2016 cile risoluzione se abbiamo costruito un progetto increti Marebonus e Ferrobonus nel mese di settem> 44,1 mln per il 2017 tegrato e sostenibile. bre consentirebbe di impegnare i fondi stanziati per > 48,9 mln per il 2018 Il compito di RAM è di mettere nelle condizioni di il 2016 entro la fine dell’anno. essere finanziati, e quindi realizzati, i progetti che riCome noto, il sistema della logistica italiano risulMarebonus è finalizzato a favorire l’istituziospondano ai requisiti sopra citati e che siano in sintota fortemente caratterizzato dal prevalente utilizzo ne di nuovi servizi di trasporto marittimo per le Autostrade del Mare (Ro-Ro e ro-Pax) o il nia con la programmazione europea. della modalità stradale rispetto alle modalità di tramiglioramento di quelli esistenti su rotte in Nell’allegato al DEF 2016 “Le Strategie per le infrasporto più eco-sostenibili. Per questo è giusto e imarrivo e in partenza da porti situati in Italia, strutture di trasporto e logistica” troviamo un nuovo portante intervenire incentivando gli operatori della attraverso un incentivo rivolto alle imprese approccio alla realizzazione delle opere pubbliche catena logistica che utilizzano le Autostrade del Mare armatrici. incentrato sulla pianificazione, programmazione e e la ferrovia per trasportare le merci. L’incentivo è calcolato sulle unità di trasporto progettazione di infrastrutture utili, snelle e condiviIn tal senso, per agevolare l’iter approvativo da parte imbarcate moltiplicate per le tratte chilomese, volte ad accrescere l’integrazione modale e l’indella Commissione europea, il Ministero ha operato triche sottratte alla percorrenza stradale sultermodalità, valorizzare il patrimonio infrastrutturale attraverso le Direzioni generali competenti al fine di la rete viaria italiana. esistente e lo sviluppo urbano sostenibile. costruire due misure incentivanti in linea con le poliLo strumento si completa infine con il riverLa carenza di risorse è un falso problema. Semmai tiche europee di sostegno ai trasporti. samento del contributo da ciascun armatore alleimprese di autotrasporto cha abbiano possiamo parlare di un cambiamento, perché sono In passato è mancata un’integrazione virtuosa fra usufruito dei servizi marittimi. a disposizione sempre meno grant a favore di un le infrastrutture di trasporto su acqua, su ferro e su orientamento teso a sviluppare progettualità basate gomma. Va in questa ottica ad esempio il progetto Secondo una prudenziale previsione si presu schemi di blending finanziario in cui è necessario cofinanziato dall’Unione Europea nell’ambito della vede di ottenere annualmente un risparmio trovare un mix di risorse: grant, prestiti, strumenti fiCall CEF 2014 Fresh Food Corridors. di esternalità superiore a 260 milioni di Euro, nanziari innovativi tra cui project bonds e le garanzie Mi ritengo soddisfatto del lavoro svolto finora e sono sottraendo ogni anno dalla rete stradale unità offerte dal Piano Juncker, in una ipotesi di società di ottimista circa la positiva conclusione di questa fase di carico equivalenti a oltre 800.000 camion, scopo rivolto alle Partnership Pubblico Private. preparatoria entro i termini preventivati”. pari a quasi 650 milioni di veicoli/km trasporCertamente dobbiamo prepararci alle prossime call tati, con uno sviluppo complessivo di oltre 16 europee con progetti di qualità; la programmazione EUROBONUS milioni di metri lineari di stiva disponibile per servizi marittimi utilizzabili per il trasporto nazionale e regionale del periodo 2014-2020 va fina“Nel frattempo abbiamo lavorato su un progetto eumerci. lizzata anche secondo la labelizzazione che stiamo ropeo “Med Atlantic Ecobonus” aggiudicato nell’amseguendo in qualità di focal point operativo responbito dell’ultima call CEF Transport 2014. sabile per il Mit, con il Pilastro 2 (Connettere la RegioIl progetto consiste in uno studio di policy, condotne) sulla Strategia dell’Unione Europea per la regione dell’Adriatico e dello to in cooperazione con i Ministeri dei Trasporti di Spagna, Francia, Italia e Ionio (EUSAIR)”. Portogallo, che mira allo sviluppo di uno schema di incentivi coordinato a supporto della domanda di Autostrade del Mare, di valenza europea, valido STRATEGIA DELL’UNIONE EUROPEA PER LA REGIONE DELL’ADRIAper i mercati dell’area Atlantica e del Mediterraneo occidentale (sia esistenti TICO E DELLO IONIO che potenziali) e che sia in compliance con la normativa prevista in materia “EUSAIR si fonda sulla strategia marittima per la regione dell’Adriatico e di Aiuti di Stato. L’auspicio è quello di creare, attraverso la stretta collaboraIonio adottata dalla Commissione Europea nel 2012 ed è l’unica strategia zione tra beneficiari e Commissione Europea, uno schema di incentivazione macro-regionale Europea che coinvolge ben 4 stati membri (Italia, Croazia, condiviso a partire dal 2018 (c.d. Eurobonus). Grecia, Slovenia) e 4 paesi extra UE (Albania, Montenegro, Serbia, Bosnia- Ipotizzando infatti che l’Eurobonus possa partire nel 2018, si troverebbe in Herzegovina). L’Italia è co-coordinatore, insieme alla Serbia, del Pilastro 2 perfetta continuità con il termine dell’arco temporale previsto per Mareboche affronta due priorità distinte, ma interconnesse: 1. Reti dei Trasporti a nus e Ferrobonus”. sua volta suddivisa in trasporti marittimi e connessioni intermodali verso l’hinterland e 2. Reti per l’energia. Il Progetto intende sviluppare un modello di trasporto intermodale moderno ed efficiente che integri il trasporto marit-

MAREBONUS

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shipping e logistica Gli armatori italiani non hanno mai smesso di investire Intervista al Presidente di Confitarma Emanuele Grimaldi I dati del V rapporto Censis della Federazione del mare delineano una situazione armatoriale italiana decisamente positiva. La nostra flotta di bandiera è la terza tra i grandi paesi riuniti nel G20 e la seconda in Europa. Come interpreta questo costante trend di crescita nonostante la difficoltà economica contingente? L’insieme delle misure che regolano l’iscrizione delle navi di bandiera italiana nel Registro Internazionale, in vigore dal 1998, non solo ha frenato l’emorragia di naviglio, ma ha consentito alla nostra flotta mercantile di competere ad armi pari con le altre marinerie sui mari del mondo e di crescere in quantità e qualità. La competitività della flotta ha consentito, anche in periodi di crisi, di continuare ad investire, creare occupazione, formare giovani per le carriere di mare e di terra ed ha anche favorito la permanenza in Italia di aziende armatoriali facenti capo a gruppi internazionali, come ad esempio Costa Crociere e Italia Marittima. Confitarma si è recentemente resa protagonista di una battaglia in difesa dell’attuale impianto del Registro Internazionale. E’ tutelando la crescita, per altro costante dal 1998 a oggi, delle imprese armatoriali italiane, che si garantisce anche quella dell’occupazione di marittimi italiani? È evidente che la crescita della flotta di bandiera è condizione indispensabile per continuare a garantire occupazione ai marittimi italiani. La scelta che il nostro Paese ha fatto 18 anni fa di istituire il Registro internazionale, in linea con quanto previsto per il settore in ambito europeo si è rivelata lungimirante e premiante, per l’industria marittima, per l’economia del Paese, ed anche per l’occupazione, come dimostrano le statistiche dalle quali risulta che anche il numero dei marittimi italiani imbarcati sulle nostre navi in questi anni è aumentato grazie all’aumento della flotta di bandiera. Da qualche anno è in atto un rilevante rinnovamento della flotta armatoriale italiana. Concorda con quanti sostengono, ad esempio Abs, che sarà questo uno dei principali elementi di competitività internazionale al momento della ripresa dei traffici? Negli ultimi 10 anni gli armatori italiani hanno investito circa 15 miliardi di euro in nuove navi ed oggi possiamo vantare una delle flotte più giovani del mondo con il più del 60% del naviglio di età inferiore ai 10 anni. Abbiamo continuato ad investire nonostante la crisi, convinti che in un mercato sempre più concorrenziale gli alti standard qualitativi siano la carta vincente per affrontare la competizione globale. Non solo. Lo spirito imprenditoriale degli armatori non è venuto meno neanche nei momenti di crisi ed oltre ad aver potenziato servizi, hanno messo in campo risorse e mezzi per la salvaguardia dell’ambiente e per promuovere la formazione.

Nella Riforma della Portualità e della Logistica che il Ministro dei Trasporti Delrio sta portando avanti, un capitolo è dedicato al cosiddetto “Marebonus”. Come giudica l’attuale impianto normativo anche in confronto a quanto avvenuto nel 2001 con le Autostrade del Mare e in che modo pensa sia possibile realmente favorire una crescita dei traffici via mare a scapito di quelli via gomma? Le Autostrade del Mare rappresentano ormai da tempo un importante fattore di sviluppo dell’economia nazionale ed hanno registrato una crescita costante e rilevante negli ultimi anni. Oggi, con più di 70 navi (traghetti misti e tutto-merci) gli armatori italiani offrono servizi annuali di collegamento dai porti nazionali verso i porti nazionali e del Mediterraneo per un totale di un milione di metri lineari settimanali. Parliamo di 430 partenze (215 partenze a/r) pari ad oltre 60 partenze giornaliere, che collegano l’Italia con Marocco, Tunisia, Spagna, Francia, Malta, Albania e Grecia. Le Autostrade del Mare, risorsa strategica per il Paese, rappresentano un sistema che, quando correttamente integrato, consente di ridurre, oltre ai costi diretti del trasporto, anche quelli derivanti dal suo impatto sociale ed ambientale, i cosiddetti “costi esterni”. Nel 2007, l’Italia, prima in Europa, al fine di incentivare il trasferimento via mare delle merci, introdusse, per un triennio, il cosiddetto ecobonus, i cui risultati, in termini di utilizzo e sviluppo delle autostrade del mare, sono stati molto positivi. Si trattava di un “ticket ambientale” - parametrato ai costi esterni risparmiati evitando il “tuttostrada” - corrisposto agli autotrasportatori che avessero scelto l’alternativa rappresentata dall’intermodalità strada-mare.

Commercio estero dell’Italia nel 2015 per modalità di trasporto (fonte Confitarma) 18

shipping e logistica


Flotta mercantile italiana (fonte Confitarma) Navi di oltre 100 gt

31.12.2015

31.12.2014

Var. 2015/2014

N.

000 gt

N.

000 gt

N.

gt

NAVI DA CARICO LIQUIDO

259

4.348

273

4.751

-5%

-8%

Petroliere

94

2.386

101

2.673

-7%

-11%

Gasiere

26

430

28

433

-7%

-1%

Chimichiere

108

1.501

115

1.615

-6%

-7%

Altre cisterne

31

31

29

31

7%

2%

NAVI DA CARICO SECCO

193

7.043

202

7.092

-4%

-1%

Carico generale

34

201

37

221

-8%

-9%

Portacontenitori

16

654

19

763

-16%

-14%

Portarinfuse

73

3.203

79

3.375

-8%

-5%

Traghetti

70

2.985

67

2.732

4%

9%

NAVI MISTE E DA PASSEGGERI

432

4.479

440

4.583

-2%

-2%

Crociera

25

1.992

26

2.039

-4%

-2%

Aliscafi, Catamarani e unità veloci

71

22

72

22

-1%

1%

Traghetti

197

2.417

203

2.465

-3%

-2%

Altre navi trasporto passeggeri

139

48

139

57

0%

-16%

PORTARINFUSE POLIVALENTI

1

33

1

33

0%

1%

NAVI PER SERVIZI AUSILIARI

591

689

587

696

1%

-1%

Rimorchiatori e navi appoggio

356

245

352

245

1%

0%

Altri tipi di navi

235

445

235

450

0%

-1%

TOTALE

1.476

16.592

1.503

17.155

-2%

-3%

Movimento crocieristi nei porti italiani (fonte Confitarma)

Fortemente voluta dal Ministro Delrio per dare impulso alla “cura” dell’acqua e del ferro, la legge di stabilità 2016 ha previsto gli stanziamenti necessari per l’attuazione di due nuovi provvedimenti – ora al vaglio della Commissione UE - volti ad incentivare per un nuovo triennio il trasferimento del trasporto su strada verso quello intermodale marittimo (“Marebonus”) e quello ferroviario (“Ferrobonus”). Entrambi i provvedimenti, anche se attraverso meccanismi differenti rispetto al passato, mirano a premiare i fruitori del trasporto intermodale, soprattutto gli autotrasportatori, con un incentivo parametrato ai Km di strada evitata in territorio nazionale, imponendo al tempo stesso un miglioramento, soprattutto in termini di qualità del servizio offerto, al vettore marittimo ed a quello ferroviario. È evidente che iniziative di questo tipo, volte ad accrescere e a migliorare la catena intermodale decongestionando la rete viaria, favoriscono il trasporto combinato delle merci, come pure il miglioramento dei servizi su rotte esistenti, in arrivo e in partenza da porti situati in Italia, che collegano porti situati in Italia o negli Stati membri dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo. Tra le sue iniziative più recenti c’è quella inerente il tentativo di aggregare in un unico soggetto tutte le associazioni legate al mare che operano nell’ambito di Confindustria. L’obiettivo è quello di aumentare la massa critica nei confronti della politica? L’economia del mare rappresenta un punto di forza di questo Paese ma,

spesso, è poco conosciuta e sottovalutata. Ecco perché, per far sentire più forte la voce dell’intero cluster marittimo stiamo pensando di creare all’interno di Confindustria una cosiddetta “federazione evoluta”. Abbiamo già avuto manifestazioni di interesse da parte di altri attori del cluster marittimo. L’idea è quella di dare maggiore unitarietà e rappresentatività al settore marittimo, non solo per far sì che la “risorsa mare” abbia un peso maggiore all’interno della Confederazione dell’Industria, ma anche per rendere la politica più consapevole dell’importante ruolo che questo comparto gioca per l’economia del Paese. Il grande lavoro di raccolta e divulgazione dei dati sull’Economia del Mare che la Federazione del Mare dal 1996 ha egregiamente condotto è basilare per questo progetto che Confitarma intende portare avanti con determinazione non solo per l’industria armatoriale ma per l’insieme delle attività che ruotano intorno al sistema-nave. Sempre nell’ottica di un ampliamento della rete del mare, come reputa l’idea di avere un unico Ministero o un coordinamento stabile interministeriale che unisca tutte le deleghe legate al mare e ne condivida e pianifichi le azioni? Non mi stancherò mai di ripetere che la competitività delle imprese di un contesto amministrativo adeguato. Purtroppo, nel corso degli anni le numerose riorganizzazioni ministeriali hanno portato all’accorpamento in un’unica Direzione generale delle diverse competenze marittime e portuali ed alla frammentazione e distribuzione in altre sedi delle specifiche competenze marittime che, di certo, meriterebbero più attenzione in un Paese come il nostro. Certamente un’unica struttura, non necessariamente ministeriale, cui facciano capo tutte le competenze che afferiscono al settore marittimoportuale potrebbe essere la soluzione per delineare in Italia una politica marittimo-portuale integrata, ormai mancante da troppi anni e auspicata dall’Unione europea. L’industria armatoriale di fatto chiede di valorizzare il ruolo dell’Amministrazione dedicata alle numerose e complesse problematiche marittime quale interfaccia altamente qualificata con il mondo produttivo. Una Pubblica Amministrazione il cui ruolo può essere fondamentale anche per compensare l’inerzia del legislatore attraverso un’attività interpretativa e regolamentare, attenta alle esigenze dell’utenza e consapevole degli effetti su di essa.

Commercio dell’Unione europea per modo di trasporto Secondo i dati Eurostat nel 2015 il commercio estero dell’Ue è pari a 2,333 miliardi di tonnellate di cui il 76% (1.772 mld di tonn) utilizza la via marittima

Principali flotte mondiali di navi traghetto passenger Ro-ro cargo e Ro-ro cargo Italia al 1° posto per un totale di GT 5.026.797 con N. 251, rappresentando il 17,78 % circa su un totale mondiale di GT 28.262.610

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ricerca La ricerca marina nel Consiglio Nazionale delle Ricerche Massimo Inguscio Presidente

Il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) sviluppa importanti attività di ricerca marina, che includono l’oceanografia fisica, la geologia marina, i rischi sottomarini, la biologia e lo studio degli ecosistemi marini, la pesca e l’acquacoltura. Di notevole importanza attuale è lo studio del cambiamento climatico e degli impatti delle attività umane su mari e oceani. Il cambiamento globale in atto, infatti, influenza fortemente l’ecosistema marino, modificando la circolazione termoalina, determinando l’acidificazione degli oceani, l’innalzamento del livello del mare a causa della fusione dei ghiacci e, quindi, modificando la biodiversità con la perdita di specie e la diffusione di specie aliene. Inoltre, il CNR con i suoi dipartimenti svolge importanti programmi di ricerca e innovazione nell’ambito dell’Economia del Mare, impegnato con circa mille persone tra ricercatori, tecnologi e tecnici e con la dotazione di infrastrutture e laboratori che compongono la rete osservativa. La gran parte delle attività in questo ambito vengono condotte dagli Istituti del Dipartimento Scienze del Sistema Terra e Tecnologie dell’Ambiente (CNR-DTA) che si occupano di ricerca marina come l’Istituto di Scienze Marine (CNRISMAR), l’Istituto per l’Ambiente Marino Costiero (CNR-IAMC) e l’Istituto per le Scienze dell’Atmosfera e del Clima (CNR-ISAC), il cui gruppo di ricerca di oceanografia operativa ha sede a Roma nell’Area della Ricerca di Tor Vergata. La multidisciplinarietà delle tematiche legate al mare favorisce inoltre numerose collaborazioni con Istituti afferenti ad altri Dipartimenti, nei settori delle tecnologie, delle scienze fisiche, della medicina con gli studi su mare e salute, dell’alimentazione e dei beni culturali. Particolarmente rilevante è il contributo sulle tecnologie marine da parte dell’Istituto Nazionale per Studi ed Esperienze di Architettura Navale (CNR-INSEAN) con sede a Roma e dell’Istituto di Studi sui Sistemi Intelligenti per l’Automazione (CNR-ISSIA). Le aree strategiche su questi temi, quali il cambiamento globale, gli ecosistemi e la gestione sostenibile delle risorse, i rischi naturali e antropici, le tecnologie per i processi ambientali, gli impatti su ecosistema e salute, l’osservazione della Terra, comprendono aspetti chiave dell’Economia del Mare con i vari temi coinvolti: la pesca e le risorse biologiche del mare, le biotecnologie marine, l’esplorazione del mare profondo, le tecnologie navali, lo sfruttamento dell’energia dal mare e le piattaforme multifunzionali off-shore, il turismo

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ricerca

Enrico Brugnoli Direttore Dipartimento Scienze del Sistema Terra e Tecnologie Ambiente

e i beni culturali, nonché il monitoraggio e la bonifica dei siti inquinati. L’eccellenza scientifica unita alle azioni di valorizzazione dei risultati della ricerca e trasferimento tecnologico hanno contribuito al consolidamento della posizione del CNR nello scenario nazionale ed europeo, come dimostrano le numerose attività nelle quali l’Ente ha un ruolo di riferimento: • progetti nazionali, tra cui il coordinamento del Progetto Bandiera RITMARE – La ricerca italiana per il mare; regionali, legati all’attrazione dei fondi strutturali; ed internazionali, a valere principalmente sul programma quadro europeo di ricerca e innovazione e sui bandi della Direzione Generale per gli affari marittimi e la pesca e per l’ambiente; • collaborazioni con il settore privato e partecipazioni ai distretti tecnologici; • azioni di supporto alle decisioni politiche e alla pianificazione, affinché queste siano basate sulla conoscenza: in quest’ambito il CNR-DTA è il referente tecnico del Ministero dell’Ambiente per l’implementazione della Strategia Marina e del Ministero delle Politiche Agricole, Ambientali e Forestali per il Programma di Raccolta Dati Alieutici; • attivazione di accordi strategici con Enti locali, autorità portuali, guardia costiera, resi possibili anche dalla presenza capillare degli Istituti CNR sul territorio. Ad esempio, Nella Regione Lazio è attivo un accordo quadro con la Regione e un accordo di collaborazione con l’Autorità Portuale. L’attività coordinata nella ricerca marina si espleta anche attraverso la partecipazione a consigli di indirizzo strategico internazionali, come lo European Marine Board e la Intergovernmental Oceanographic Commission, nazionali, nonché consorzi e piattaforme tecnologiche. Il CNR promuove azioni volte a favorire sinergie su più scale, nell’ottica di condividere competenze e conoscenze. In questo contesto si inserisce il supporto all’iniziativa europea per l’economia del mare Mediterraneo, lanciata dal Governo durante il semestre di Presidenza Italiana e il coordinamento dell’Azione di coordinamento e supporto BLUEMED. Su questo settore l’Unione Europea e il Governo Italiano stanno puntando risorse rilevanti. L’ultimo forte segnale è contenuto nel Programma Nazionale della Ricerca (PNR) di recente uscita, laddove si annuncia l’emanazione a breve di un bando per la formazione di un Cluster Tecnologico Nazionale per l’Economia del Mare.

Enrico Brugnoli


BLUEMED BLUEMED è il quadro di riferimento strategico per la ricerca e l’innovazione nell’ambito dell’Economia del Mare nel Mediterraneo. L’iniziativa declina la comunicazione della Commissione Europea Innovation in the Blue Economy: realising the potential of our seas and oceans for jobs and growth. Con 450 tra porti e terminal, 236 Aree marine protette, 400 siti UNESCO e un flusso di arrivi che nelle stagioni turistiche contribuisce a raddoppiare la popolazione lungo le coste, il Mediterraneo non può che guardare a una crescita sostenibile. 9 Stati membri (Cipro, Croazia, Francia, Grecia, Italia, Malta, Portogallo, Slovenia e Spagna) sotto la guida dell’Italia e con il supporto della Commissione Europea, hanno deciso di intraprendere un percorso comune. L’analisi preliminare, condotta consultando i molteplici attori che rappresentano i settori della crescita blu, ha consentito di identificare lacune ed esigenze. Il 5 dicembre 2014, il “documento di visione” di BLUEMED è stato presentato al Consiglio europeo di competitività. La successiva pubblicazione dell’agenda strategica di ricerca e innovazione, costruita su dodici sfide da affrontare attraverso azioni concrete, con un approccio integrato multisettoriale e multidisciplinare, ha rappresentato anche un successo dell’impegno del nostro Paese nel semestre di Presidenza Italiana. L’agenda strategica è stata presentata ufficialmente all’Expo Aquae di Venezia nel 2015, alla quale hanno partecipato il Commissario europeo per la ricerca, la scienza e l’innovazione Carlos Moedas e il Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca Stefania Giannini, che ha sottoscritto per l’Italia la dichiarazione di Venezia. L’iniziativa BLUEMED è stata poi inserita nel Piano Nazionale della Ricerca 2015-2020. A livello europeo, ricadute tangibili dirette si sono avute sul programma Horizon 2020, con numerosi bandi dedicati esplicitamente alla crescita blu nel Mediterraneo. In particolare, a supporto dell’iniziativa BLUEMED, è stato recentemente approvato un progetto finanziato dalla Commissione Europea e coordinato per l’Italia dal CNR. Un Consorzio, formato da 11 partner di 9 paesi europei, lavorerà per quattro anni alla costruzione della macchina che operativamente guiderà nel lungo termine il coordinamento delle attività di ricerca e innovazione marino-marittime. A partire dall’agenda strategica, verrà definito un piano per la selezione e la realizzazione delle azioni. Nel processo verranno coinvolti anche i Paesi non europei del Mediterraneo. Il progetto BLUEMED mira a definire un approccio integrato all’Economia del Mare attraverso un equilibrio sinergico tra le politiche, la ricerca, il mondo privato e la società civile. Tra i principali impatti attesi: incrementare la conoscenza, sviluppare tecnologie e servizi, potenziare le infrastrutture e valorizzare le risorse umane, formando adeguatamente la forza lavoro impegnata nell’economia blu e promuovendo l’eccellenza e competitività dei ricercatori, delle industrie e delle piccole e medie imprese; massimizzare l’impatto della ricerca marino-marittima, attraverso un allineamento transnazionale dei programmi ed evitando duplicazioni; supportare le politiche europee del settore. Compiti estremamente complessi e altrettanto necessari. Un’opportunità unica per una grande azione sinergica dedicata alla ricerca e innovazione per l’economia del Mar Mediterraneo.

Enrico Brugnoli Direttore CNR-DTA

Margherita Cappelletto CNR-DTA

Il CNR Insean La Vasca Navale di Roma Il CNR-INSEAN è l’istituto di tecnologie marine del CNR, fondato nel 1927 (come Istituto Nazionale per Studi ed Esperienze di Architettura Navale) per dare supporto allo sviluppo tecnico-scientifico del settore navale e marittimo italiano. Dal 2011 fa parte del DIITET, il Dipartimento di Ingegneria. “L’istituto ha una duplice vocazione: sviluppare conoscenza nei suoi settori disciplinari (idroelasticità, idroacustica e interazioni fluido-struttura)” spiega il direttore Emilio Campana, “e fornire supporto tecnico – scientifico al sistema industriale della cantieristica e della nautica. Le ricadute e applicazioni sono nei diversi campi delle tecnologie marine: dal trasporto eco-sostenibile alla sicurezza, alle energie dal mare. Le conoscenze dei metodi di indagine, numerici e sperimentali trovano applicazioni anche in altri importanti settori industriali quali quello aeronautico ed aerospaziale, nei quali ambiti l’Insean ha sviluppato importanti collaborazioni”. Il portafoglio di partner scientifici e industriali è assai variegato e prestigioso: grandi cantieri (Fincantieri, Hyundai, Oshima), importanti industrie nel settore della nautica (Yamaha, Azimut), grandi società di ingegneria (Technip), numerose marine militari: oltre a quella italiana e a molte marine europee attraverso i programmi EDA - European Defense Agency, è significativa la quasi ventennale collaborazione con la Marina Militare USA, attraverso i programmi dell’Office of Naval Research. Anche i partner del settore aerospaziale sono assai prestigiosi: basti citare Airbus, Boeing, Dassault, ESA. Ma la vera novità è costituita dal coinvolgimento nello sviluppo di attività di ricerca sulla Blue Growth. Il CNR-INSEAN dispone di impianti sperimentali di livello mondiale, sia per dimensioni che per i loro avanzati sistemi di misura: grandi bacini rettilinei (il bacino “Pugliese” misura 470m x 13.5 x 6,5m) dotati di carri dinamometrici e generatori d’onde in grado di replicare spettri di mare regolari ed irregolari per lo studio della sicurezza e il confort di ogni mezzo marino, e grandi canali di circolazione, per test di cavitazione. L’Istituto dispone di circa 140 unità di personale tra ricercatori e tecnologi, tecnici specializzati e personale amministrativo. Nei suoi laboratori vengono costruiti ed allestiti tutti i prototipi che poi vengono testati negli impianti, secondo un approccio che ha consentito di riportare in istituto la quasi totalità delle progettazioni e lavorazioni in precedenza affidate in outsourcing.

Marina Landolfi CNR INSEAN

L’agenda strategica: Conoscenza per il Mediterraneo

Settori chiave nel Mediterraneo

Sviluppo tecnologico e di competenze per il Mediterraneo

1. Ecosistemi del Mar Mediterraneo: servizi, risorse, vulnerabilità e resilienza alla pressione naturale e antropica 2. Dinamica del Mar Mediterraneo: sviluppo di servizi per l’adattamento sostenibile al cambiamento climatico e piani di mitigazione 3. Salvaguardia delle aree costiere nel Mediterraneo

1. Business innovativi dalle biorisorse marine nel Mediterraneo 2. Gestione ecosistemica di pesca e acquacoltura nel Mediterraneo 3. Turismo sostenibile nel Mediterraneo 4. Cluster marittimi del Mediterraneo 5. Pianificazione dello spazio marittimo e gestione integrata delle zone costiere del Mediterraneo

1. Trasporti e logistica marittima intelligente e ‘verde’ nel Mediterraneo 2. Sistemi osservativi e oceanografia operativa nel Mediterraneo 3. Piattaforme off-shore multifunzionali nel Mediterraneo 4. Scoprire, preservare e valorizzare il patrimonio culturale marino e costiero nel Mediterraneo

ricerca

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innovazione

Rappresentazione del satellite Sentinel-1° (© ESA - P. Carril, 2014)

THALES ALENIA SPACE ITALY: Lo Spazio al servizio del Mare Vantaggi delle sinergie tra i sistemi spaziali COSMO, Copernicus e future missioni di micro-satelliti per sorveglianza marittima e applicazioni di monitoraggio Thales Alenia Space (TAS) è la più importante azienda europea per i sistemi spaziali. Questa è una joint venture tra la francese Thales e l’italiana Finmeccanica (Leonardo), due dei leader mondiali nel settore dell’alta tecnologia. TAS è in grado di realizzare Sistemi, piattaforme, payload, sottosistemi ed equipaggiamenti spaziali per Satelliti di Telecomunicazioni, Osservazione, Navigazione e Scienza, per Veicoli di trasporto spaziali, per Elementi di Esplorazione dello spazio umani e robotici.

Sorveglianza marittima e monitoraggio dell’ambiente marino attraverso satelliti per l’Osservazione della Terra I sistemi spaziali per l’Osservazione della Terra sono sempre più usati come fonte dati per l’erogazione di servizi in ambito marino. Negli ultimi anni sono stati progettati e sviluppati diversi sistemi per l’osservazione remota di aree marine e terrestri con diversi sensori. Questo sviluppo è giustificato dalla particolare utilità nell’impiego di sensori spaziali per l’acquisizione di dati o immagini senza dover ricorrere a sensori in situ. Inoltre, i sistemi spaziali permettono di abbattere vincoli temporali e spaziali dovuti, ad esempio, alla necessità di acquisire periodicamente vaste aree in mare aperto con un’elevata accuratezza. I sensori che possono essere utilizzati per l’Osservazione della Terra in ambito marino sono: sensori radar d’immagine (Synthetic Aperture Radar - SAR) a differenti bande e polarizzazioni, sensori ottici multi-spettrali, sensori nell’infrarosso o ultravioletto, radiometri, scatterometri e altimetri. Ognuno

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innovazione

di questi strumenti permette di misurare determinate caratteristiche della zona osservata, spesso la complementarità tra i sensori è utilizzata per fondere i dati e ricavare informazioni a valore aggiunto. Tra le applicazioni di sorveglianza marittima e monitoraggio dell’ambiente marino, risultano particolarmente supportate da sistemi spaziali le seguenti: > Monitoraggio imbarcazioni cooperanti e non cooperanti > Monitoraggio attività di pesca, legale ed illegale > Monitoraggio e previsione di condizioni metereologiche > Monitoraggio dei venti, delle correnti e delle maree > Monitoraggio emergenze naturali in ambiente marino > Monitoraggio aree costiere e qualità delle acque > Monitoraggio cambiamenti climatici Vediamone le caratteristiche una per una.

Monitoraggio imbarcazioni cooperanti e non cooperanti Le tecnologie satellitari per l’osservazione remota forniscono la possibilità di individuare vascelli e navi in mare aperto e negli oceani. I sistemi di osservazione sono talvolta accompagnati da capacità AIS per individuare e comunicare con le imbarcazioni cooperanti. Al momento esistono svariati sistemi per il tracciamento di navi cooperanti (VMS, AIS, LRIT) al fine di fornire informazioni alle navi vicine o alle autorità costiere. Questo tipo d’informazione contiene dati sulla tipologia, posizione e rotta della nave. La necessità di dover monitorare aree di mare eventualmente attraversate da navi non cooperanti, porta all’utilizzo di sistemi per l’osservazione che siano indipendenti da apparecchiature a bordo delle stesse. Le immagini SAR acquisite dallo spazio sono generalmente utilizzate per individuare navi e per stimarne la velocità con tecniche Doppler o tramite interpretazione della scia. Inoltre, la capacità di sensori SAR di acquisire sia di notte che di giorno e senza dipendenza dalle condizioni meteo, fornisce un punto di forza per attività di monitoraggio che siano quasi permanenti sull’area interessata.


Esempio di immagine SAR a 3 m di risoluzione (COSMO-SkyMed © Agenzia Spaziale Italiana)

Monitoraggio attività di pesca, legale ed illegale Negli ultimi anni l’industria della pesca è cresciuta così tanto da causare un impoverimento delle riserve mondiali. Il controllo delle attività di pesca è diventato una necessità al fine di assicurare il rispetto degli ecosistemi marini. In questo contesto, l’osservazione remota è di notevole supporto nell’identificazione di zone adatte alla pesca e nella stima delle riserve ittiche. Immagini ad alta risoluzione acquisite sistematicamente con vari sensori sono essenziali al fine di poter derivare degli andamenti in grado di influenzare la crescita dei banchi di pesci. Oltre al supporto e al monitoraggio degli ambienti di pesca, l’utilizzo di sensori per l’osservazione remota è di particolare utilità al fine di identificare attività di pesca illegale, come nel monitoraggio di imbarcazioni non cooperanti.

Monitoraggio e previsione di condizioni metereologiche L’utilizzo di sistemi spaziali per il monitoraggio e la previsione delle condizioni meteo, affonda le sue radici negli ultimi decenni del secolo scorso. A livello internazionale il WMO (World Meteorological Organization) coordina svariati programmi (spaziali e non) con lo scopo di sviluppare e mantenere una rete operativa di osservazione per il meteo ed il clima.

Monitoraggio dei venti, delle correnti e delle maree Sistemi radar spaziali possono monitorare parametri come altezza e direzione delle onde, velocità del vento ed elevazione della superficie marina. Lo studio delle maree e delle correnti è necessario per la comprensione dei flussi marini e della distribuzione del calore che potrebbe influenzare il clima del nostro pianeta. Le tecniche per la misurazione da spazio di questi fenomeni possono usufruire di misure altimetriche da satellite.

Monitoraggio emergenze naturali in ambiente marino Ogni anno nei nostri mari avvengono migliaia di fughe di petrolio causate da incidenti e disastri naturali. A volte queste fughe sono volontarie per svuotare e lavare scafi in mare aperto, andando contro le norme ambientali. Fuoriuscite di petrolio danneggiano l’ambiente, devastano le risorse naturali, il benessere pubblico e l’economia. Per mitigare questo fenomeno e poter gestire con efficacia eventi naturali e disastri, l’utilizzo di misurazioni spaziali si mostra ancora una volta adatto al compito richiesto.

Monitoraggio aree costiere e qualità delle acque Il monitoraggio dell’ambiente costiero marino e terrestre è alla base dell’economia del turismo, del trasporto e della pesca. Misurazioni qualitative e quantitative sulle acque delle aree costiere sono generalmente realizzate con campioni di acqua prelevati in loco, spesso legate a ritardi per i vincoli su tempi e costi associati a questo processo.

I parametri misurabili con sensori imbarcati su satelliti sono: • Concentrazione di clorofilla in μg/l • Trasparenza o torbidità • Concentrazione di sedimenti in μg/l • Monitoraggio della proliferazione delle alghe • Temperatura della superficie marina in K

Monitoraggio cambiamenti climatici L’importanza di comprendere fenomeni su scala locale e globale è sempre stata chiara. Il legame che esiste tra i fenomeni misurati ed i cambiamenti climatici è così stretto da rendere necessario l’impiego di sensori spaziali in grado di controllare vaste aree. Esempi di applicazioni dirette sono il monitoraggio dei ghiacci e degli iceberg, monitoraggio dell’inquinamento marino, monitoraggio del ciclo termico e previsioni meteorologiche e marine.

Cosmo SkyMed COSMO-SkyMed (Constellation of small Satellites for Mediterranean basin Observation), CSK, è il più grande investimento italiano in Sistemi Spaziali per l’Osservazione della Terra commissionato e finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e il Ministero della Difesa (MoD), concepito “dalla nascita” come un Sistema end-to-end di Osservazione della Terra ad uso duale (civili e difesa) con lo scopo di creare un servizio globale in grado di fornire dati, prodotti e servizi con prestazioni in linea agli standard internazionali e di rilievo per un grande ventaglio di applicazioni, come Gestione dei Rischi, Applicazioni Scientifiche e Commerciali e Applicazioni di Difesa/Intelligence. Il sistema è formato da una costellazione di quattro satelliti di medie dimensioni in orbita LEO (Low Earth Orbit), che trasportano a bordo un sensore SAR (Synthetic Aperture Radar) di tipo multi-modo e ad alta risoluzione, operante in banda X. Il sistema COSMO-SkyMed sarà seguito ed integrato con il sistema COSMO Seconda Generazione, CSG, comprendente due satelliti sulla medesima orbita, che incrementeranno le performance della missione. Il sistema è completato da infrastrutture dedicate di Terra per la gestione della costellazione e per garantire servizi ad-hoc di raccolta, archiviazione e distribuzione dei dati di telerilevamento acquisiti. La Missione COSMO-SkyMed offre oggi una risposta efficiente alle attuali esigenze del mercato di Osservazione della Terra, fornendo uno strumento caratterizzato da copertura globale, indipendente da condizioni meteorologiche, in grado di acquisire giorno e notte una grande quantità d’immagini, ad alta risoluzione e grande accuratezza, con alta qualità d’immagine, rapidi tempi di rivisita/risposta, con capacità di tipo interferometrico/polarimetrico e con facili e veloci procedure per ordinare e consegnare

Orbite della costellazione Cosmo SkyMed (CSK)

innovazione

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innovazione Orbite della costellazione radar di micro-satelliti per Mediterraneo ed Italia

dati, prodotti e servizi. La costellazione è in orbita nella configurazione completa dal 2010, mentre il primo satellite è in orbita dal 2007. Il sistema COSMO di acquisizione immagini radar in banda X si è dimostrato di notevole utilità e spesso indispensabile per applicazioni come il monitoraggio del traffico marittimo, la salvaguardia delle riserve protette e il monitoraggio di emergenze naturali in ambiente marino.

Copernicus Il programma europeo per l’osservazione Copernicus, precedentemente noto come GMES (Global Monitoring for Environment and Security), consiste in un complesso gruppo di sistemi che raccolgono dati da diverse fonti: satelliti per l’osservazione della Terra (Sentinel) e sensori in situ. Copernicus processa i dati per fornire agli utenti informazioni affidabili e aggiornate attraverso un gruppo di servizi legati a problematiche ambientali e di sicurezza. Le sei aree tematiche indirizzate dai servizi di Copernicus riguardano: terra, mare, atmosfera, cambiamento climatico, gestione emergenze e sicurezza. Il programma Copernicus è coordinato e gestito dalla Commissione Europea. Lo sviluppo delle infrastrutture per l’osservazione è svolto dall’ESA (European Space Agency) per quanto riguarda la componente spaziale, mentre l’European Environment Agency e gli Stati Membri si occupano di componenti in situ. Con il lancio nel 2014 del primo satellite, Sentinel-1A, l’Unione Europea ha inaugurato la messa in orbita di una costellazione di poco più di una dozzina di satelliti nel corso dei prossimi dieci anni. Sentinel-1 è attualmente operante con una costellazione di 2 satelliti, Sentinel-1A e Sentinel-1B, che verrà estesa a 4, condividenti lo stesso piano orbitale. La missione Sentinel-1, sviluppata da un team industriale guidato da Thales Alenia Space Italia, permetterà lo sviluppo di nuove applicazioni, seguendo le necessità sempre in evoluzione del programma Copernicus, come ad esempio nell’area del cambiamento climatico e monitoraggio associato. I modi operativi comprendono immagini con risoluzione di qualche metro e dimensione sotto i cento kilometri fino ad altre con risoluzione di qualche decina di metri e dimensione di circa quattrocento kilometri. La diffusione dei dati raccolti dalla missione radar Sentinel-1, uniti con quelli provenienti dalla missione ottica Sentinel-2 e dai sensori di Sentinel-3, sta dimostrando la notevole capacità proveniente dall’integrazione di questi dati in diversi ambiti. Il settore marino, con tutte le applicazioni che lo popolano, sta sempre più beneficiando dei dati raccolti da spazio con le missioni

Sentinel, le principali applicazioni supportate sono: monitoraggio dei venti e delle correnti, monitoraggio rotte navali (iceberg, venti, correnti, etc.), supporto alla navigazione, monitoraggio delle emergenze naturali in ambiente marino, studio della qualità delle acque e monitoraggio dei cambiamenti climatici.

Il sistema integrato di osservazione con micro-satelliti Un ulteriore sviluppo ed una naturale evoluzione dell’attuale programma italiano Cosmo SkyMed e dell’europeo Copernicus, è il sistema IMMEOS (Italian Mini/Micro-satellites for Earth Observation Services) per l’osservazione della Terra, focalizzato su Italia e Mediterraneo che Thales Alenia Space Italia propone di sviluppare. IMMEOS potrebbe diventare parte integrante del sistema Copernicus, fornendogli una missione dedicata al monitoraggio con alta frequenza del sud Europa e del Mediterraneo. Le missioni presenti in IMMEOS hanno come scopo quello di fornire un servizio complementare a quello già esistente. In particolare, l’adozione di tecnologie che permettono lo sviluppo di mini/micro-satelliti, rende possibile la realizzazione di costellazioni numerose permettendo un’osservazione quasi continua dell’area di interesse, abbattendo i vincoli in tempi di accesso e produzione del servizio che sono propri degli altri sistemi. Inoltre, l’adozione di sensori differenti come sensori multi-spettrali, all’infrarosso termico, radar ad apertura sintetica attivo/passivo ed AIS consente, in un unico sistema integrato, di sviluppare prodotti ed erogare servizi a valore aggiunto di interesse nazionale. Questa eterogeneità di informazione prodotta dai vari sensori rappresenta un punto di forza di questa missione per osservazione della Terra, rendendola unica nel settore. L’utilizzo di questa costellazione sarà permesso agli enti statali, regionali e locali che avranno bisogno dei vari servizi. Il sistema IMMEOS abbraccerà vari servizi appartenenti a differenti domini applicativi tra cui il monitoraggio di infrastrutture critiche, il controllo idrogeologico del territorio, la gestione delle risorse naturali, la pianificazione sostenibile del territorio, il supporto alle attività agricole e di pesca sostenibile, il controllo frontaliero, il monitoraggio di rischi naturali e la gestione di emergenze. In particolare, il futuro sistema integrato di micro-satelliti sarà in grado di fornire servizi a valore aggiunto per tutta l’area del Mediterraneo nelle applicazioni marittime di monitoraggio imbarcazioni cooperanti e non cooperanti, monitoraggio attività di pesca, salvaguardia riserve protette, monitoraggio e previsione di condizioni metereologiche, monitoraggio dei venti e delle correnti, monitoraggio rotte navali, monitoraggio emergenze naturali in ambiente marino e studio della qualità delle acque.

Rappresentazione dei modi operativi di Sentinel-1

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innovazione


portualità turistica 3

CONCESSIONI DEMANIALI

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RETE TRA I PORTI

PORTUALITà TURISTICA:

5 spunti per far crescere il settore 1 2

SEMPLIFICAZIONE DEI PROCEDIMENTI BUROCRATICI In Italia la burocrazia blocca anche la politica. Basta fare l’esempio più recente dei marina resort. Dopo l’approvazione in Conferenza Stato-Regioni, il Ministro Delrio ha firmato il nuovo decreto attuativo per riportare l’iva al 10% per gli ormeggi a breve (inferiori all’annualità). Ad oggi siamo ancora in attesa della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. È possibile parlare di turismo quando si applica l’iva al 10% a partire da agosto? Nonostante la vicinanza del Ministro alle problematiche della nautica, ancora aspettiamo di poter essere operativi.

UN’UNICA LEGGE Noi vorremmo vivere serenamente con un’unica legge nazionale, condivisa anche nella Conferenza Stato-Regioni, che disciplinasse quei 4/5 punti che garantiscono la sopravvivenza dei porti turistici. Pensiamo ad esempio al fatto che oggi anche i piccoli interventi, come lo spostamento delle colonnine, vengono trattati come se fossero operazioni urbanistiche enormi. Oppure che in ogni Regione italiana le concessioni sono trattate diversamente.

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Il Governo dovrebbe emanare leggi con pochi articoli chiari che disciplinino le concessioni demaniali con lo spirito che gli investimenti devono essere ammortizzati. I porti turistici non sono stabilimenti balneari, è importante da sottolineare. Lo Stato deve anche risolvere il contenzioso relativo alle modifiche retroattive applicate alle concessioni-contratto che regolano la portualità turistica. Siamo in attesa che la Corte Costituzionale si pronunci su un ricorso presentato da un nostro associato in merito alla contestazione di aumento dei canoni. Prima che si verifichi un danno agli operatori e allo Stato sarebbe opportuno incontrarsi per arrivare a una soluzione condivisa. Una sentenza contraria all’istanza degli operatori sancirebbe la morte dei porti turistici, che dovrebbero tirare fuori sostanziose somme non previste nel piano finanziario sottoscritto con lo Stato all’avvio delle concessioni. In caso di sentenza favorevole invece sarà lo Stato a dover tirare fuori tanti milioni. In ogni caso ci sarà un danno per entrambe le parti. La chiusura di un porto turistico implica infatti disoccupazione, diminuzione di investimenti e di entrate prodotte dalla presenza turistica. Spero che la situazione finanziaria nazionale non influenzi il nostro futuro.

Dobbiamo mettere in rete i porti turistici italiani. Noi lo abbiamo fatto, grazie a una nuova piattaforma, in cui abbiamo coinvolto tutte le realtà portuali italiane, associate e non, per promuovere le località turistiche. Abbiamo sostenuto un investimento importante, di cui le strutture possono usufruire gratuitamente. Lavorare per tutti è lo spirito nuovo che anima Assonat. Lo stesso vale anche per un recente progetto di formazione, con il quale abbiamo organizzato corsi in tutta Italia per tutti i porti turistici, iscritti e non, che hanno aderito e che gratuitamente hanno potuto usufruire di un servizio di alto profilo.

SINERGIA TRA LE ASSOCIAZIONI Dobbiamo fare una sinergia vera e concreta tra tutte le associazioni di categoria. Siamo in una situazione che non porta a nulla. Con questo spirito abbiamo sottoscritto un accordo con UCINA per unire le forze e affrontare con più efficacia i problemi della nautica. Abbiamo avviato il lavoro per un cluster della nautica e della portualità. Dobbiamo fare squadra e non guerra tra di noi in un settore dove avere l’unità farebbe la differenza.

Luciano Serra Presidente Assonat

NUMERO DI POSTI BARCA PER REGIONE, TIPOLOGIA DI STRUTTURA E CLASSI DI LUNGHEZZA AL 31/12/2014 Regione

TIPOLOGIA DI STRUTTURA

CLASSI DI LUNGHEZZA

Posti barca totali

Porto turistico

Approdo turistico

Punto di ormeggio

fino a 10 m o non specificati

da 10,01 a 24 m

oltre 24 m

LIGURIA

10.039

5.692

8.596

16.000

6.967

1.360

24.327

T OSCANA

5.604

3.351

6.653

10.689

4.682

237

15.608

LAZIO

1.542

3.276

2.696

4.375

2.915

224

7.514

CAMPANIA

4.578

4.147

5.800

8.682

5.362

481

14.525

CALABRIA

3.280

1.236

906

4.213

1.140

69

5.422

PUGLIA

3.575

4.033

6.386

10.935

2.929

130

13.994

MOLISE

435

153

-

344

239

5

588

ABRUZZO

1.402

1.317

-

2.080

621

18

2.719

MARCHE

3.702

1.165

538

3.504

1.836

65

5.405

EMILIA ROMAGNA

2.089

2.042

1.171

2.408

2.769

125

5.302

VENETO

2.727

3.614

379

2.505

4.073

142

6.720

FRIULI VENEZIA GIULIA

5.964

5.631

4.841

11.459

4.724

253

16.436

SARDEGNA

13.313

2.220

1.572

11.317

5.454

334

17.105

SICILIA

2.781

5.033

5.350

9.211

3.731

222

13.164

TOTALE

61.031

42.910

44.888

97.722

47.442

3.665

148.829

Fonte: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Capitanerie di Porto, Autorità Portuali

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cluster Vincenzo Poerio: dalla Nautica all’Economia del Mare dalle Regioni all’Italia Vincenzo Poerio non ha bisogno di presentazioni. È Amministratore Delegato del più grande cantiere nautico del Mondo, Benetti, fondatore del centro di servizi per la nautica e l’Economia del Mare NAVIGO, Rappresentante del comparto marittimo nel Cluster Tecnologico Trasporti Italia 2020 e Presidente del Distretto tecnologico della nautica e della portualità toscano. Un manager dalla personalità ben definita, noto per la sua interlocuzione chiara e diretta. Da qualche anno è protagonista del cambiamento della nautica, sempre più integrata a un discorso di rete con altri settori dell’Economia del Mare. Un cambiamento che implica anche un allargamento dei confini territoriali, una connessione interregionale e internazionale. Poerio ha in mente una nuova idea di sviluppo nazionale, che parte dalla creazione di centri regionali di servizi per le imprese dell’Economia del Mare. In questa fase di ampliamento della rete NAVIGO è previsto anche il Lazio. Grazie al suo ruolo imprenditoriale e associativo ha avuto modo di analizzare da vicino il tessuto produttivo italiano. Qual è il punto di partenza della sua idea di sviluppo per l’Economia del Mare? La problematica, se vogliamo chiamarla così, tutta italiana è legata a una dimensione aziendale particolare. Che può essere un vantaggio o un problema. Il settore è suddiviso in migliaia di aziende piccole, in cui ci sono tantissime eccellenze, ma che trovano difficoltà a intraprendere una strada comune. Per questo sono convinto da tempo della necessità di spostare le organizzazioni di impresa nelle Regioni, perché è fondamentale per stare loro vicino. Bisogna stare in tutte le aree territoriali dove si focalizzano dei nuclei industriali. È più facile così monitorarne la crescita e riuscire a individuare le esigenze, che ovviamente non solo variano da settore a settore ma anche da territorio a territorio. Secondo lei da cosa si può partire per trasformare le criticità in opportunità? Io penso ci siano due tipi di attività da fare: una locale, per affrontare i problemi territoriali e una nazionale per affrontare i problemi comuni. Occorre prima di tutto un confronto tra Regioni per predisporre un intervento allargato. Ci vogliono regole e principi validi su tutto il territorio italiano, al di là delle problematiche locali. Prendiamo l’esempio della legge sui marina resort: se ci fosse stato un coordinamento nazionale di comitati regionali in cui fossero rappresentati tutti i presidenti di distretto, ognuno avrebbe spinto per raggiungere quello stesso

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obiettivo. Nessuno vuole guardare con chiarezza a quella che per me è una problematica di fondo: le aziende si sono associate a livello nazionale ma questo contrasta con i livelli regionali. Occorre capire come far funzionare la comunicazione delle associazioni nazionali con le istituzioni regionali. Cosa dovrebbero fare le Regioni per supportare il sistema mare? Le Regioni, attraverso le loro Smart Specialization Strategy stanno evidenziando le proprie tipicità, il loro DNA. Ogni Regione dovrebbe individuare i propri punti forti. Poi un coordinamento centrale nazionale deve scegliere dove investire oppure dove cambiare se è necessario. Tale processo si può monitorare, selezionando elementi di sviluppo comuni. Questa è una politica industriale. Le collaborazioni tra Regioni danno la possibilità di realizzare progetti internazionali, tenendo conto che l’Italia deve ospitare stranieri per poter capitalizzare e crescere. Le commissioni regionali devono fare programmi comuni, andare a conquistare il mondo insieme e non disperdere soldi ed energie per coordinare attività e investimenti territoriali. Bisogna andare al di sopra delle logiche del puro localismo e guardare largo. Basta partire dal fatto che nel mondo il 99,13% delle persone non è italiana. È un affare enorme ma bisogna farlo bene, con standard comuni in ogni area. Un lavoro che potrà essere svolto dal Cluster Tecnologico dell’Economia del Mare? A livello nazionale abbiamo oggi il Cluster Trasporti Italia 2020, che attualmente coinvolge 8 Regioni, 73 realtà italiane suddivise in 11 Università, 2 enti di ricerca, 6 organismi di ricerca, 1 organismo di formazione, 39 imprese (24 grandi imprese e 15 PMI), 11 aggregazioni pubblico-private e 3 associazioni di categoria. Il Cluster è riconosciuto dal MIUR come riferimento per il settore dei mezzi e dei sistemi per la mobilità di superficie terrestre e marina. All’interno vengono valutati investimenti in ricerca e sviluppo nel settore dei trasporti (aria, mare, ferro, strada). Per il mare ci sono Benetti e Fincantieri, insieme a NAVIGO in rappresentanza di un centinaio di imprese del cluster nautico toscano e Navicelli in rappresentanza di un raggruppamento di PMI. Lo sviluppo del comparto marittimo è quindi dentro una logica più ampia. Ma certamente un discorso del genere non rappresenta adeguatamente le esigenze del resto della filiera. Pensiamo ai servizi a mare e a terra, ai marina, agli operatori turistici. Lo sviluppo a mare necessita inoltre di un collegamento unico, che coinvolga anche i pescatori, le piattaforme petrolifere ed estrattive, oltre a tutto ciò che riguarda lo shipping e la logistica. Insomma ci vuole un piano strategico nazionale di sviluppo che certamente il Cluster dell’Economia del Mare potrebbe favorire. In generale, penso che con i distretti e i cluster non dobbiamo limitarci solo

a fare innovazione, che comunque è fondamentale, ma dobbiamo costruire anche una strategia che significa avere una sana politica industriale. Questa non può essere limitata a livello regionale, ma le Regioni devono fare sinergia e capire come dividersi le cose a seconda delle proprie vocazioni. Insomma in Italia ci vorrebbe un Ministero del Mare. Occorre che qualcuno ci dica dove è meglio far nascere un marina e dove una zona industriale, dove favorire e incentivare la pesca e dove il turismo balneare. Chiudiamo con la nautica, che lei conosce bene. Cosa fare? Nella nautica partirei da una distinzione tra chi costruisce barche superiori ai 24 metri e chi costruisce barche inferiori ai 24 metri, perché hanno caratteristiche e obiettivi differenti e vanno gestiti diversamente. Va poi valorizzata la filiera, destrutturata, delle PMI che fanno oggi riferimento a società di servizio che le sostengono, anche per gli accessi ai finanziamenti. Con un’azione territoriale puoi capire quali sono le aziende con cui sviluppare progetti, quali sono le PMI che possano supportare le grandi aziende che sviluppano prodotti elevandone gli standard. Nella nautica la convivenza tra grande azienda e PMI è un vantaggio. La grande azienda può compiere attività per sviluppare grandi commesse, ad esempio quelle dei superyacht, dando così lavoro a molte imprese di dimensioni più ridotte. Lei ha sempre detto che la nautica da sola non basta, ma va vista in una logica più ampia legata all’Economia del Mare. Certo. Pensiamo proprio al caso delle imbarcazioni superiori ai 24 metri, il cui turismo è dinamico, ma che possono rimanere anche nel nostro Paese. Per farlo dobbiamo costruire standard di qualità nei servizi, nei porti, negli eventi, nei collegamenti con l’interno. La filiera dei servizi potrebbe crescere notevolmente, ma ci vuole una visione più strategica e più lunga. Occorre una rete dei marina italiani dalla Sicilia alla Liguria dalla Puglia al Friuli Venezia Giulia, che possa fare un’unica pubblicità nei posti giusti. Questo ti fa venire in Italia tanta gente e favorisce lo sviluppo di nuove professionalità, come la direzione dei porti, i direttori di macchina, gli chef di bordo. La Brexit ci aiuta a spingere per gli europei veri, perché dobbiamo dirlo che fino ad oggi tutto questo è stato in mano agli inglesi. E ci si può organizzare per collaborare anche con altri marina nel Mediterraneo, dando la possibilità di muovere turismo. Si possono trovare attività anche fuori dall’Italia ma comunque in primis pensiamo allo sviluppo nel nostro Paese, che è fondamentale. Spesso è la nostra italianità che ci rovina. Dovremmo essere più organizzati ad accogliere il turismo e fare azioni comuni. Ma soprattutto dobbiamo creare le persone giuste. La formazione è essenziale. Ecco perché in Toscana abbiamo promosso la nascita di ISYL – Italian Super Yacht Life –, una fondazione ITS che ha uno sguardo internazionale e che si occupa di progetti di formazione per addestrare future professionalità del settore dello yachting, formandole in modo omogeneo e condiviso nel rispetto delle normative vigenti. Tra i soci fondatori ci sono Overmarine, Perini Navi, Cantieri Navali Ugo Codecasa, oltre che Azimut Benetti e NAVIGO. Ad oggi la fondazione ha attivato due corsi a Viareggio, uno per comandanti di superyacht e uno per refitter del settore, e prevede di erogare percorsi per altre figure professionali, come stewardess, chef di bordo, tecnici della logistica.

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turismo I BORGHI PIU’ BELLI D’ITALIA:

Una bellezza tutta italiana

Il contributo dei borghi marinari,lacustri e fluviali all’Economia del Mare Da 15 anni il Club “I Borghi più belli d’Italia” si prende cura del nostro Paese. E lo fa con la delicatezza e la creatività che sono propri dei luoghi che rappresenta. Nato con l’obiettivo di recuperare, tutelare e valorizzare il patrimonio storico-artistico e culturale dei piccoli gioielli dell’Italia meno nota, è diventato oggi un vero e proprio marchio turistico riconosciuto a livello internazionale. Fra villaggi fortezza, ricetti medievali, borghi marinari e montani, il Club annovera 253 Borghi il cui tratto distintivo è la bellezza, l’elemento su cui si basa un nuovo modello di sviluppo economico, sostenibile e solidale. La cultura, la storia, le tradizioni, i luoghi, i prodotti e le persone sono gli ingredienti di un unico grande patrimonio che rappresenta una parte importante dell’identità collettiva nazionale. Un patrimonio che produce e soprattutto attrae ricchezza. E che merita di essere custodito e raccontato. Quella del Club presieduto da Fiorello Primi e diretto da Umberto Forte è quindi un’azione culturale prima ancora che turistica, perché garantisce la conservazione e la comunicazione di memorie antiche e nuove opportunità. Una vera e propria rete che unisce tutta l’Italia e la proietta nel mondo e che propone un’offerta di turismo di qualità basato su sistemi di ospitalità e di accoglienza sempre più professionali. Il Club dei Borghi più belli d’Italia seleziona, attraverso i criteri stabiliti dalla “Carta di Qualità”, borghi antichi di Comuni e Frazioni che abbiano meno di 2.000 abitanti o Comuni che non superino i 15.000 abitanti, la cui attività di accoglienza turistica, manutenzione e sviluppo è costantemente monitorata. Gli aderenti al Club devono possedere un patrimonio architettonico e/o naturale certificato da documenti in possesso del Comune e dalla Sovrintendenza delle Belle Arti, offrire un patrimonio che si faccia apprezzare per qualità urbanistica e architettonica, manifestare attraverso fatti concreti una volontà e una

BORGO DI SPERLONGA “Un sogno omerico tra l´azzurro del cielo e del mare” Sperlonga è l’unico borgo marinaro del Lazio aderente al Club de I Borghi più belli d’Italia. Il suo nome deriva dalle grotte naturali (speluncae) che si aprono sul mare, la più famosa delle quali è la spelonca di Tiberio. Già note in età romana, come testimonia Plinio che ricorda il “luogo della spelonca” dove “si aprono caverne grandissime e contenenti grandi e ricche abitazioni”, la nobiltà romana le aveva trasformate in lussuose ville. A metà strada tra Napoli e Roma, in provincia di Latina, Sperlonga è arroccata in cima a uno sperone

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roccioso, con gli intonaci bianchi di calce, con archi, scalette e viuzze che si aprono e si nascondono, s’inerpicano e ridiscendono fino a scivolare al mare. La sua struttura urbanistica è tipicamente medievale: partendo da un primo nucleo centrale, le case si sono avvolte intorno al promontorio divenendo tutt’uno con la roccia, e abbracciate le une alle altre in funzione difensiva. Il borgo è sorto così, sullo sperone di San Magno, nella più pura e spontanea architettura mediterranea, con vicoli stretti e lunghe scalinate per rendere più disagevoli le incursioni dei predoni del mare. Nell’XI secolo Sperlonga era un castello chiuso da una cinta muraria, nella quale si aprivano due porte che oggi sono le testimonianze superstiti dell’epoca medievale. Delle torri di avvistamento che avevano lo scopo di segnalare l’arrivo

dei pirati saraceni, ne sono rimaste tre: torre Truglia, torre Capovento e torre del Nibbio. Da vedere l’antichissima chiesa di Santa Maria di Spelonca, costruita nei primi anni del XII secolo. ABITANTI 3.450 (430 nel borgo) IL PRODOTTO DEL BORGO L’orticoltura dà sedano bianco a coste (prodotto Igp), pomodori rossi a grappolo, ciliegino e San Marzano, rucola e basilico. IL PIATTO DEL BORGO La gastronomia si innesta sulla tradizione di piatti che si rifanno a una cucina povera come le zuppe: di pesce o di sarde alla sperlongana, di fagioli, marinata. Apprezzabili anche i bombolotti al ragù di seppia, gli spaghetti alle cicale di mare e la cucina marinara in genere.

Umberto Forte - Direttore del Club I Borghi più belli d’Italia


politica di valorizzazione, sviluppo, promozione e animazione, rispondente a determinati criteri. L’affidabilità del marchio I Borghi più belli d’Italia è testimoniata dal fatto che l’ISTAT nel suo Rapporto 2015 sul Patrimonio Culturale del Paese lo ha inserito fra i 10 indicatori del patrimonio culturale e paesaggistico. Nel corso degli anni, il Club si è arricchito di due realtà ad esso collegate, che lo hanno fatto diventare un vero e proprio network capace di promuovere l’Italia nella sua interezza. Il Tour Operator “Borghi Italia Tour Network” che opera in esclusiva per l’associazione e che ha immesso sul mercato mondiale, attraverso accordi con tour operator internazionali, itinerari e pacchetti verso tutte le destinazioni aderenti. E il Consorzio di Produttori dei Borghi più belli d’Italia “Ecce Italia”, che riunisce le attività d’eccellenza dell’enogastronomia e dell’artigianato presenti nei Borghi, che valorizza e promuove sia in Italia che all’estero. La guida distribuita in 50.000 copie, il portale dell’associazione e i numerosi eventi organizzati annualmente in Italia e nel Mondo completano gli strumenti utilizzati per contribuire alla promozione del nostro Paese e delle sue ricchezze. I Borghi più belli d’Italia hanno, inoltre, costituito la Federazione Internazionale “Les plus beaux Villages de la Terre”, insieme alle analoghe associazioni di Francia, Belgio (Wallonia), Canada (Québec) e Giappone, a cui si è recentemente aggiunta la Spagna. Altre associazioni come la Germania (Sassonia), Romania, Corea del Sud, Palestina e Russia partecipano alle attività come Paesi Osservatori in attesa di acquisire i requisiti per diventarne membri effettivi. Attraverso la Federazione, si intendono raggiungere a livello mondiale gli stessi obiettivi che ogni associazione persegue a livello nazionale, coinvolgendo sempre più paesi ad investire nella valorizzazione dei piccoli centri. Aderiscono al Club 37 Borghi marinari e lacustri, che insieme a quelli fluviali contribuiscono qualitativamente alla creazione dell’economia italiana legata al mare e alle acque. Un valore speciale e insostituibile per il nostro Paese.

Intervista al Presidente del Club I Borghi più belli d’Italia Fiorello Primi

Presidente, qual è secondo lei la vera bellezza italiana? In maniera neanche troppo provocatoria le risponderei che non esiste. L’Italia è bella perché è varia, perché ha tanti elementi di bellezza ed è impossibile identificarne uno. È proprio questa caratteristica che piace all’estero: che se uno gira l’Italia è come se girasse tanti Paesi diversi. Quali caratteristiche dei borghi italiani li rendono così speciali? L’elemento che accomuna tutti i borghi è la piazza, il luogo dove la gente si ritrova e si confronta continuamente. La bellezza del borgo, che tra l’altro è una realtà esclusivamente italiana, è nella magia che circola nelle strette strade e nelle piazze, nei profumi che escono dalle cucine delle abitazioni, nel paesaggio che li circonda e nella qualità della vita di cui gli abitanti vanno fieri. Il borgo non è solo un luogo fisico, ma un modo di vivere e di pensare. Nel borgo si vive la storia. Si abita la storia. Si fa un’esperienza di vita originale, a contatto con l’arte, con i sapori, i paesaggi, la bellezza, la cordialità e l’ospitalità. Quanto è importante il mare nella vita dei borghi costieri? Il mare è come gli altri elementi naturali, parte integrante di un territorio. E in ogni borgo la gente vive profondamente il proprio ambiente. Diventa quasi un rapporto fisico. I borghi sono un luogo ristretto dove non c’è tanta gente e tutti si ritrovano con il proprio territorio e le sue caratteristiche. Mare-borgo-gente sono praticamente un unico elemento. Per me, ad esempio, il lago è come un fratello. Controllo ogni giorno come sta. Allo stesso modo, per chi vive sul mare, il mare diviene un elemento che fa parte della propria vita. Si crea un legame molto forte con il territorio, soprattutto se si ha a che fare con l’acqua. Ad esempio nel mio borgo, Castiglione del Lago, c’è la passeggiata intorno al lago che tutti almeno una volta al giorno dobbiamo fare. Solo per vedere come va. In che modo il mare può allargarsi ai fiumi e ai laghi? Io penso che occorra una maggiore attenzione ai laghi e ai fiumi, perché va prima di tutto proprio a vantaggio del mare, anche ad esempio per quanto riguarda il disinquinamento. Abbiamo per questo in animo di organizzare nel prossimo autunno il Festival dei Borghi più belli d’Italia lacustri e fluviali, che vedrà il coinvolgimento

di 26 borghi e sarà un appuntamento annuale itinerante per promuovere il turismo lacustre e fluviale. L’obiettivo è quello di porre l’attenzione sulle problematiche della tutela e della salvaguardia delle acque interne, che servono per la vita. La vita è nata lungo i fiumi e i laghi, ma spesso ce lo scordiamo. I fiumi, i laghi e il mare costituiscono un unico sistema delle acque, in cui tutto è collegato. Sono tanti i temi che li uniscono. In fondo tutto ciò che succede in piccolo nei laghi succede in grande nei mari. Pensiamo alla pesca, ad esempio, dove la scomparsa e la diminuzione di specie sono problemi comuni. O il turismo, perché il mare è un elemento importante ma c’è un entroterra da svilupparvi accanto. Teoricamente non ci sarebbe nemmeno bisogno di un’attività di promozione di questi concetti. Dobbiamo sensibilizzare che l’acqua è un bene prezioso e non inesauribile. E ovviamente lo stesso vale per il mare. Lo faremo anche attraverso il nostro Festival. Può l’Italia attraverso i suoi Borghi aprirsi al Mediterraneo? L’Italia ha un ruolo fondamentale. È l’unico Paese per le sue caratteristiche di diversità che può essere elemento di unione tra i popoli del Mediterraneo. È importante avere la bellezza come elemento di condivisione. Ognuno ha cose belle ma tra tante cose belle è difficile trovare contrasti, è più facile trovare armonia nel Mediterraneo. Sicuramente non è un processo facile, ma la finalità della Rete dei Borghi più belli del Mediterraneo, che stiamo costituendo, è proprio questa, rendere le differenze una opportunità e non un motivo di scontro.

BORGHI LACUSTRI DEL LAZIO Castel Gandolfo “Il Buon retiro de’ Papi” Provincia di Roma 8.431 abitanti (1.800 nel borgo) www.comune.castelgandolfo.rm.it www.borghipiubelliditalia.it Castel di Tora “Un presepe che galleggia sulle acque” Provincia di Rieti 300 abitanti (170 nel borgo) www.comune.castelditora.ri.it www.borghipiubelliditalia.it

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ambiente WWF ITALIA: 50 ANNI PER UN MEDITERRANEO DI QUALITà Era il 1966 quando Fulco Pratesi fondò WWF Italia, ispirandosi all’esperienza del WWF International, nato in Svizzera cinque anni prima. Da allora sono passati cinquant’anni, ma il WWF Italia resta un punto di riferimento insostituibile per tutti coloro che credono nella possibilità di costruire un futuro in cui l’umanità possa vivere in armonia con la natura. Sono tanti i risultati raggiunti fino ad oggi. In questo articolo vogliamo ricordare solo quelli legati al mare e alla sua salvaguardia, certi che la speciale sensibilità della nuova Presidente Donatella Bianchi potrà dare un impulso ancora più significativo in questa direzione. Anima della più autorevole trasmissione italiana dedicata al mare, Linea Blu, Donatella è un punto di riferimento importantissimo per tutti gli appassionati e gli addetti ai lavori. Noi compresi.

LA LOTTA ALL’INQUINAMENTO

Il Mediterraneo, con i suoi 2,5 milioni di km quadrati, è un mare chiuso: il suo lento ricambio, 80-90 anni per le acque superficiali, non riesce a smaltire l’inquinamento prodotto dalle attività umane. Gli scarichi non depurati e gli sversamenti di petrolio sono le cause più evidenti. A questi si aggiunge anche il problema dei rifiuti plastici: secondo la rivista scientifica “PLOS one”, nel Mediterraneo c’è un rifiuto plastico ogni 4 metri quadrati, ossia oltre 1.000 tonnellate di massa inquinante. Questi frammenti finiscono per essere ingeriti da cetacei e tartarughe marine, che li scambiano per meduse o calamari. Ogni anno inoltre grandi quantità di petrolio finiscono in mare per operazioni di routine. Ecco perché il WWF si batte per fermare le trivellazioni petrolifere off shore, che oggi minacciano aree di inestimabile valore come Pantelleria e le Isole Egadi per passare ad un economia libera dal petrolio e dalle fonti fossili.

LA TUTELA DELLA BIODIVERSITà

L’Italia è uno dei Paesi più ricchi d’Europa e del Mediterraneo in termini di biodiversità marina, delle 8.750 specie elencate nelle checklist il 10% è noto esclusivamente per i mari italiani, delle 10 specie di Cetacei presenti con popolazioni nel Mar Mediterraneo ben 8 possono essere considerate anche nelle acque italiane (balenottera comune, capodoglio, delfino, globicefalo, grampo, stenella, tursiope, zifio). I sistemi dunali di sabbia occupano più di 3mila km di costa. Sono ben 27 le aree marine protette e 2 i parchi sommersi. L’Italia ospita anche l’Area di tutela internazionale del Santuario dei Cetacei “Pelagos”, istituita nel 1999 grazie a un accordo transfrontaliero tra Italia, Francia e Principato di Monaco e all’impegno del WWF.

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WWF opera da anni per la tutela della biodiversità del Mediterraneo, attraverso progetti e iniziative, anche a livello europeo. Citiamo su tutti MedTrends, che mira a individuare forme di compatibilità tra lo sviluppo delle economie del mare e l’ambiente marino. E la Mediterranean Initiative, che si è posta l’obiettivo di creare, entro il 2020 in Mediterraneo una rete di aree marine protette utili per la protezione del Mare nostrum.

LA DIFESA DELLE COSTE

Negli anni ’90 il WWF con il veliero Oloferne fece il periplo della penisola passando al setaccio le coste italiane, denunciando l’avanzata inarrestabile del cemento e la perdita di naturalità degli ambienti costieri. Grazie all’attività del proprio ufficio legale, il WWF ha scongiurato in questi anni abusi e scempi lungo tutte le coste. Nel 2014, con il dossier “Cemento coast to coast” il WWF ha censito oltre 300 macro attività, confrontando i tratti di costa con quelli di 25 anni precedenti, che hanno sottratto suolo naturale lungo le nostre sponde facendo spuntare villaggi, residence, centri commerciali, porti, autostrade, dighe e barriere.

I CAMBIAMENTI CLIMATICI

Il riscaldamento delle acque provoca lo sbiancamento delle formazioni coralligene e ha favorito la colonizzazione di oltre 1.000 specie marine esotiche invasive (circa 160 di pesci) entrate in Mediterraneo attraverso il Canale di Suez o l’acquacoltura. Secondo l’IUCN, l’invasione di specie aliene è la seconda causa della perdita di biodiversità, dopo la distruzione degli habitat. Il cambiamento climatico influenzerà e condizionerà la vita delle specie e delle comunità che abitano le acque e le sponde del Mediterraneo. Il WWF si batte per un futuro “100% carbon free” entro il 2050 per fermare il riscaldamento globale.

LA TARTARUGA MARINA CARETTA CARETTA

Nelle acque del Mediterraneo si contano circa 8.500 specie marine, il 7,5% di tutte quelle censite fino ad oggi sul Pianeta, tra cui la balenottera comune, la foca monaca, la tartaruga marina Caretta caretta, il delfino comune e la posidonia, pianta marina che garantisce ossigeno e riparo a pesci e invertebrati. La specie simbolo sulla quale si concentra l’impegno del WWF è la tartaruga marina Caretta caretta: sono migliaia ogni anno le tartarughe marine che finiscono vittime degli attrezzi da pesca. Il WWF è impegnato anche nella tutela dei luoghi di riproduzione di questi incredibili rettili marini.


PESCA INSOSTENIBILE

Dobbiamo dare valore al Capitale Naturale Intervista alla Presidente Donatella Bianchi Cosa rappresenta il mare per WWF Italia? In Italia, come nel resto del mondo il WWF lavora per preservare mari e oceani. Nello scenario globale il Mediterraneo, pur occupando poco meno dell’1 per cento della superficie blu, rappresenta un hot spot straordinario di biodiversità e di habitat. Nei prossimi anni sarà quindi centrale nelle strategie e nelle politiche di conservazione dell’associazione. Cosa fare per invertire il trend di sovrasfruttamento della pesca? Difendere la pesca legale, quella sostenibile e contrastare in tutti i modi quella illegale che non rispetta alcuna regola e mette in seria difficolta i piccoli pescatori, quelli che praticano un prelievo sostenibile, quelli che da sempre si sentono custodi del mare e lo trattano con profondo rispetto. Le attività illegali di pesca oltre a creare un danno economico alla categoria, immettono sui mercati pesce fuori controllo, fuori legge e spesso non certificato e quindi potenzialmente pericoloso anche per la salute umana. I consumatori possono fare la differenza scegliendo il pesce giusto. Per questo abbiamo avviato a livello europeo una campagna chiamata fish forward per sensibilizzare e creare maggiore consapevolezza nei consumatori. Quali sono le più grandi criticità ambientali del Mar Mediterraneo? In questo momento senza dubbio la plastica. Il Mediterraneo rischia di essere la quinta isola di plastica del mondo, se non lo è già. Quantitativi inimmaginabili di plastica giacciono sui fondali o galleggiano sotto forma di microplastiche sulle quali si fissano contaminanti pericolosi se rinvenuti nella catena alimentare. Le tartarughe mangiano plastica, i cetacei pure. Come prevedono le norme comunitarie, bisogna agire seriamente con azioni concrete di contrasto e mitigazione ma anche di studio. Questa è la principale battaglia per la salvezza del Mediterraneo e va affrontata creando una nuova cultura ma anche a livello politico di scala di bacino. Questo non significa che si debba abbassare la guardia su altre emergenze. È fondamentale raggiungere gli obiettivi fissati dall’iniziativa Mediterranea, ovvero raggiungere il buono stato di salute del nostro mare nei prossimi anni. Quali le priorità per l’Italia per difendere il mare e le coste? Valorizzare e incrementare la rete delle aree marine protette, e fare in modo che quelle esistenti vengano gestite al meglio, penso al Santuario dei Cetacei, un parco ancora sulla carta che mi auguro riesca finalmente a decollare. I primi segnali sembrano finalmente arrivare. In che modo tutela dell’ambiente marino e sviluppo economico possono andare insieme? Il WWF ha contribuito fattivamente alla istituzione del Comitato sul Capitale Naturale che ha visto la luce a fine 2015. Ora va attivato per fare si che l’ambiente venga considerato anche nella programmazione economica. La natura dà un valore, senza ciò che fornisce quotidianamente a tutti noi, l’economia non esisterebbe né lo sviluppo, basta pensare al turismo, alle produzioni agroalimentari, ai traffici marittimi, al diporto nautico. Dobbiamo andare oltre il PIL e dare valore al capitale naturale.

Il 13 luglio l’Europa ha vissuto il suo Fish Dependence Day 2016. I consumatori del nostro Continente hanno esaurito le scorte di pesce locale e da questo giorno in poi hanno cominciato a consumare quelle provenienti da Oceani lontani. Questo equivale a dire che, se l’Europa avesse consumato solo pesce europeo dall’inizio dell’anno, il 13 luglio lo avrebbe finito e avrebbe dovuto contare su quello pescato o allevato fuori dal nostro Continente. Oltre la metà della domanda annuale di pesce proviene da acque non europee, di cui circa il 50% da Paesi in via di Sviluppo (su scala mondiale, il pesce che proviene da Paesi in via di Sviluppo è il 60%). Negli ultimi tre decenni, il Fish Dependence Day europeo è stato anticipato di anno in anno. Trenta anni fa, l’Europa era in grado di soddisfare la domanda di pesce pescandolo in acque europee fino a settembre o a ottobre. Durante lo stesso periodo di tempo, il problema globale di pesca eccessiva è aumentato. Secondo l’ultimo SOFIA report della FAO un allarmante 31% di stock ittici nel mondo è sovra sfruttato, il 58 % è utilizzato al limite dei propri limiti biologici e solo l’11% degli stock ittici è pescato con moderazione. L’Italia è al settimo posto della top ten dei paesi con la più alta dipendenza da prodotti di pesce da acque estere: il nostro Fish Dependence Day nazionale in realtà si è ‘celebrato’ lo scorso 3 aprile. La prima a superare la soglia è l’Austria (19 gennaio), seguita da Slovenia e Slovacchia (5 febbraio), Romania (22 febbraio), Belgio (23 febbraio), Lituania (3 marzo), Portogallo (20 aprile), Germania (2 maggio), Spagna (10 maggio), ecc. A questo si aggiunge la problematica cosiddetta del discard: ogni anno centinaia di tonnellate di pesci commestibili vengono scartati, perché non richiesti dai consumatori provocando una strage silenziosa. Da qui nasce il progetto cofinanziato dall’Unione Europea Fish Forward, lanciato nel 2015 dal WWF in 11 Stati membri, tra cui l’Italia. L’obiettivo è quello di aumentare la consapevolezza dei consumatori sulle possibili conseguenze ecologiche e sociali del consumo di pesce, spingendoli verso un approccio sostenibile che preferisca specie meno note ma con un minore impatto sugli habitat e sulle comunità locali. Attraverso scelte d’acquisto responsabili e l’offerta di determinate gamme di prodotto, in Europa i consumatori e i pescatori rendono possibile il recupero di stock ittici sotto pressione. Così facendo, si garantisce un futuro a milioni persone la cui esistenza dipende dalla pesca.

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ambiente LEGAMBIENTE: 30 ANNI DALLA PARTE DEL MARE Legambiente festeggia i suoi primi 30 anni dalla parte del mare. Un percorso nato nel 1986, con la nascita contestuale di Goletta Verde, del Ministero dell’Ambiente e delle prime due Aree Marine Protette Italiane. Dalle battaglie degli anni ‘80 contro gli scarichi selvaggi in mare, alla legge sulle aree protette e sulla conservazione degli ecosistemi e della biodiversità, passando per la prima commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, le battaglie contro i condoni edilizi e gli abbattimenti degli ecomostri, termine coniato da Legambiente nell’avviare la grande battaglia contro gli abusi, molti dei quali realizzati a picco sul mare e in aree di pregio. Infine la recente legge sugli ecoreati, il collegato ambientale e l’approvazione della norma sulle agenzie ambientali. Tutto questo e molto altro è condensato in una mostra che racconta in ventidue pannelli come sia cresciuta l’attenzione e la sensibilità del Paese verso le azioni di tutela e valorizzazione della risorsa mare e che viaggia per l’Italia a bordo di Goletta Verde. La storica imbarcazione di Legambiente, anche lei trentenne, naviga lungo le coste italiane per monitorare la salute del mare e dei litorali, denunciare abusi e illegalità, promuovere buone pratiche di gestione dei territori. Legambiente ha recentemente diffuso il Dossier Mare Monstrum 2016, realizzato grazie alla collaborazione delle forze dell’ordine (Arma dei Carabinieri, Corpo Forestale dello Stato e delle Regioni a statuto speciale, Capitanerie di porto, Guardia di Finanza, Polizia di Stato), dei magistrati impegnati nella lotta alla criminalità ambientale, degli avvocati dei Centri di azione giuridica e dei circoli territoriali di Legambiente. I reati ai danni del nostro mare intercettati nel corso del 2015 crescono del 27%; le infrazioni sono 2,5 per ogni chilometro di costa. Pubblicato anche il Rapporto Ambiente Italia 2016, che fotografa le coste italiane a 360 gradi e contiene contributi di esperti dedicati alle aree costiere, allo stato di salute dei nostri mari e al Mediterraneo quale hot spot del cambiamento climatico.

DOSSIER MARE MONSTRUM 2016 IL MARE ILLEGALE IN ITALIA. I REATI PRINCIPALI Infrazioni accertate

% per settore

Persone denunciate e arrestate

Sequestri

Illegalità nel ciclo del cemento

4.482

24,3%

5.154

1.238

Inquinamento da depuratori, scarichi fognari, idrocarburi, del suolo e radioattivo

4.542

24,6%

5.117

1.575

6.810 2.637 18.471

36,9% 14,3% 100%

6.646 2.697 19.614

1.724 143 4.680

Pesca di frodo Codice della navigazione Totale

Fonte: elaborazione Legambiente su dati delle Forze dell’ordine e delle Capitanerie di porto (2015) IL LAZIO È TERZO IN ITALIA Nella classifica regionale del mare illegale con: 1.920 infrazioni accertate (10,4% sul totale nazionale) per un totale di 361,5 km di costa (5,3 infrazioni per km), 1.843 persone denunciate o arrestate e 439 sequestri Nella classifica regionale dell’illegalità nel ciclo del cemento nelle regioni costiere con: 514 infrazioni accertate (11,5% sul totale nazionale), 555 persone denunciate o arrestate e 156 sequestri Nella classifica della pesca di frodo con: 698 infrazioni accertate (10,2% sul totale nazionale), 691 persone denunciate o arrestate e 132 sequestri IL LAZIO È QUARTO IN ITALIA Nella classifica delle violazioni al codice della navigazione con: 292 infrazioni accertate (11,1% sul totale nazionale), 292 persone denunciate o arrestate e 6 sequestri IL LAZIO È SESTO IN ITALIA Nella classifica per quantità di prodotti ittici sequestrati con: 27.896 kg di prodotti ittici sequestrati, di cui 19.423,9 Kg di pesce, 22,6 Kg di datteri, 8.417,5 Kg di crostacei e molluschi e 32 Kg di novellame

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stenibile e rispettoso dell’ambiente. C’è il prezioso lavoro delle aree marine protette nazionali che favoriscono la ricerca, promuovono il turismo sostenibile, creano occasioni di buona economia e pratiche virtuose diventando modello per i territori circostanti. Ci sono le tante località costiere, premiate ogni anno con le cinque vele di Legambiente, che in questi anni con le loro esperienze di successo stanno dimostrando che è possibile coniugare l’offerta turistica con scelte innovative in tema di tutela, conservazione e gestione del territorio, di rifiuti, energia e qualità della ricettività. Ed ancora c’è la storia della spiaggia dei conigli di Lampedusa, strappata da un destino di abusivismo e degrado dove la tartaruga marina Caretta caretta è tornata a nidificare. Tra le altre esperienze di successo, si va dal sistema per l’ormeggio non impattante nelle baie dai fondali più delicati nelle isole Egadi, alla Rete delle imprese delle marine del parco di Viareggio, che hanno scelto la sostenibilità ambientale, con iniziative concrete di turismo e valorizzazione dei prodotti locali, o il sistema di tutela delle coste in Sardegna. Buone pratiche che meritano di essere replicate e condivise in tutto il Paese.

Intervista alla Presidente di Legambiente Rossella Muroni Cosa significa per Legambiente stare trent’anni dalla parte del mare? Significa impegno, costanza e anche soddisfazione. Dalle battaglie degli anni ‘80 contro gli scarichi selvaggi in mare, alla legge sulle aree protette e sulla conservazione degli ecosistemi e della biodiversità, passando per la prima commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, le battaglie contro i condoni edilizi e gli abbattimenti degli ecomostri. E poi la legge tanto attesa sugli ecoreati, il collegato ambientale e l’approvazione – avvenuta il 15 giugno scorso - della norma sulle agenzie ambientali, che rappresenta il terzo anello di una serie di riforme ambientali indispensabili per avviare una riconversione ecologica dell’Italia. Il tutto è accaduto negli ultimi trent’anni, nel corso dei quali è stato scritto un grande pezzo di storia in difesa del mare e delle coste nel nostro Paese. Una vicenda che ha registrato un rinnovato protagonismo dei cittadini ed una crescita di sensibilità ambientale fra gli amministratori locali, la società civile e il Paese in generale, una vicenda che ha visto Legambiente spesso in prima linea. Quali sono secondo lei le principali criticità dei nostri mari? E quali le proposte più efficaci per contrastarle? Cemento, erosione costiera, inquinamento, pesca di frodo sono le principali minacce per i nostri mari. Oggi il 51% dei litorali italiani è stato trasformato da case e palazzi e la cifra, senza un cambio delle politiche, è destinata a crescere: negli ultimi decenni al ritmo di 8 chilometri all’anno, più della metà dei paesaggi costieri sono stati trasformati da palazzi, alberghi e ville. Un terzo delle spiagge è interessato da fenomeni erosivi attualmente in espansione; l’habitat marino è costantemente messo alla prova dall’inquinamento, con il 25% degli scarichi cittadini ancora non depurati (40% in alcune località) e ben 1.022 agglomerati in procedura di infrazione europea mentre solo il 19% della costa (1.235 chilometri) è sottoposta a vincoli di tutela. Eppure le coste sono uno straordinario patrimonio del nostro territorio ora minacciato anche dagli effetti dei cambiamenti climatici. Occorre rafforzare la resilienza ai cambiamenti climatici e spingere verso la riqualificazione e valorizzazione diffusa del patrimonio costiero. Ci sono buone pratiche da condividere in questo ambito? Il ritorno di specie a rischio nelle nostre aree, la nidificazione delle tartarughe, il recupero di sistemi dunali prima degradati e la battaglia contro il consumo di suolo dimostrano che sono tante e diverse le buone pratiche diffuse nel Paese. Esempi che hanno come comun denominatore la tutela del mare, la conservazione della biodiversità e la diffusione di un turismo sempre più so-

Un nuovo concetto di ambientalismo può ispirarsi anche alle tematiche legate allo sviluppo sostenibile del mare? Parlare di ambientalismo significa parlare anche di mare e di politiche sostenibili legate al Mediterraneo. Oggi più che mai è necessario delineare un nuovo approccio nell’utilizzo del mare e delle coste, attuare la Marine Strategy e definire interventi ad hoc per tutelare il nostro mare e rilanciare la blue economy legata al turismo, a partire da iniziative a favore della pesca sostenibile, del turismo e dei trasporti, dell’utilizzo del mare e delle coste. Attuare, insomma, quel modello virtuoso che ci viene imposto dall’Europa capace di riconvertire l’economia del litorale creando uno sviluppo diverso, sostenibile e economicamente duraturo. Ambiente-sviluppo economico: un binomio possibile nell’Economia del Mare? Per anni l’ambiente è stato visto come freno per lo sviluppo economico, oggi per fortuna non è più così. Parlare di tutela ambientale significa parlare anche di economia e occupazione, un binomio che vale anche per l’economia del mare che, secondo Unioncamere, vale il 3,5 del nostro Pil, con 835mila occupati e 185mila imprese. Il mare, oltre ad essere una preziosa e importante risorsa da tutelare, rappresenta dunque un ottimo motore di sviluppo sostenibile per rilanciare l’occupazione e l’economia del Paese attraverso una green economy e una blu economy che incrociano le domande e i problemi dei territori, le risorse e le vocazioni delle città, delle località di mare e delle aree interne del Paese.

IL RAPPORTO AMBIENTE ITALIA 2016 • Il 51% dei litorali italiani è stato trasformato da case, palazzi, ville e la cifra, senza un cambio delle politiche, è destinata a crescere: negli ultimi decenni al ritmo di 8 chilometri all’anno. • 14.542 sono le infrazioni accertate nel corso del 2014 tra reati inerenti al mare e alla costa, 40 al giorno, 2 ogni chilometro, ancora in crescita rispetto al 2013, con 18.000 persone denunciate e ben 4.777 sequestri effettuati. • Le infrazioni inerenti specificatamente all’inquinamento sono state 4.545, il 31% del dato nazionale, con 7mila persone denunciate o arrestate e 2.741 sequestri. • L’habitat marino è costantemente messo alla prova dall’inquinamento, con il 25% degli scarichi cittadini ancora non depurati (40% in alcune località) e ben 1.022 agglomerati in procedura di infrazione europea. • Il 45% dei prelievi realizzati da Goletta Verde nel 2015 è risultato inquinato, mentre la plastica continua a colonizzare spiagge e fondali marini. • Solo il 19% della costa (1.235 chilometri) è sottoposto a vincoli di tutela. • Un terzo delle spiagge è interessato da fenomeni erosivi attualmente in espansione. Regione

Coste in erosione Coste trasformate da urbanizzazione

Carico depurato

(%, Ispra)

(km, Legambiente)

(% solo agglomerati maggiori)*

Lazio

23,3

208

97

Totale Italia

24,1

3.291,5

88

*Elaborazione Ispra su dati Arpa / Appa e regionali

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LA GRANDE SQUADRA DI MAREVIVO Ha compiuto 30 anni lo scorso anno, eppure la grande squadra di Marevivo non si stanca mai di dedicarsi alla difesa del mare e dei suoi gioielli. Conservazione della biodiversità, sviluppo sostenibile, valorizzazione e promozione delle aree marine protette, lotta all’inquinamento e alla pesca illegale, educazione ambientale sono alcune delle attività che hanno garantito all’associazione guidata da Rosalba Giugni un posto di primo piano nel panorama italiano. Un’attività quotidiana portata avanti con passione e dedizione, avendo un occhio sempre attento all’accrescimento della consapevolezza e della sensibilità verso la tutela del nostro mare nell’opinione pubblica, nella stampa e, soprattutto, nelle giovani generazioni. L’associazione ha sede a Roma, sul Lungotevere, ma ha molte ramificazioni territoriali lungo tutta la Penisola, che le consentono di incrementare le potenzialità di diffusione dei progetti e di stabilire un contatto più diretto con le persone. La grande professionalità e attenzione rivolte a tematiche particolarmente delicate come l’inquinamento marino, la salvaguardia di specie animali e vegetali, la pesca, la tutela delle aree marine protette, il demanio marittimo e le problematiche legate alla pianificazione del territorio e all’impatto ambientale, hanno contribuito ad accrescere l’affidabilità dell’associazione e quindi la credibilità delle sue iniziative. Grazie alla collaborazione di esperti e professionisti, Marevivo in questi anni ha contribuito a: > l’abolizione dell’uso delle spadare, reti pelagiche derivanti che uccidono cetacei, tartarughe marine ed uccelli durante la pesca del pescespada > la tutela della Posidonia oceanica > le attività di sensibilizzazione e le azioni giuridiche che hanno portato alla stipula dell’accordo internazionale (Italia, Monaco e Francia) per l’istituzione del Santuario dei Cetacei Tutti risultati importantissimi, ottenuti senza mai venir meno a uno stile caratterizzato da serietà e creatività. Ultima sfida tra le sfide: Mare Mostro. Una campagna di informazione e sensibilizzazione sull’impatto della plastica in mare, che parte da un’analisi realizzata per Marevivo dal gruppo di ricercatori dell’Università La Sapienza di Roma, coordinato dal professore di Ecologia Giandomenico Ardizzone.

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Intervista alla Fondatrice e Presidente Rosalba Giugni Quali sono i principi a cui vi ispirate nella vostra attività in difesa del mare? La nostra attività può sembrare una cosa per appassionati ma è fondamentale per la sopravvivenza dell’uomo sul Pianeta. La salute del mare è essenziale per quella dell’uomo. Se pensiamo che il mare rappresenta il 71% della superficie del Pianeta, assorbe un terzo dell’anidride carbonica prodotta dall’uomo e fornisce oltre la metà dell’ossigeno che respiriamo, capiamo quanto sia indispensabile per la vita. Questo avviene non solo perché l’acqua è salata ma perché sotto l’acqua c’è un sistema fatto di organismi viventi, di fauna e flora marina che l’azione dell’uomo rischia di ferire. Per questo Marevivo ha condotto battaglie in favore della Posidonia, gli squali, i delfini o contro le plastiche, perché il mare ci consente di vivere. La nostra è una filosofia al positivo, che parte dal presupposto che operare a favore dell’integrità del mare significa lavorare per il benessere dell’uomo. Non siamo mai stati duri e radicali perché siamo convinti che è attraverso l’educazione, l’informazione, l’agire sulla mente delle persone che possa avvenire il grande cambiamento che tutto il mondo si auspica. Pensiamo alle tematiche dell’energia, dei rifiuti, di una terza rivoluzione industriale verso una produzione sostenibile, dell’economia circolare, esattamente come ci insegna Madre Natura dove tutto è in equilibrio.


Come tentate di raggiungere questo cambiamento? Attraverso due strade. Il lavoro nelle scuole, con i ragazzi e i bambini perché speriamo che i semi che lasciamo diventino i frutti che vogliamo. E poi con le grandi campagne e manifestazioni che creano un’attenzione nei media e diventa uno stile di vita essere ambientalisti. Nel 1985 siamo stati i primi a pulire le spiagge e negli stessi mesi dall’altra parte del mondo in California persone come noi andavano a togliere le plastiche. Era il segno che qualcosa si stava muovendo. Da allora la campagna di raccolta delle plastiche dentro e fuori il mare è andata avanti, fino alla recente iniziativa nazionale di sensibilizzazione sull’impatto delle plastiche e delle microplastiche “Mare Mostro”, perché si tratta di una delle emergenze che dobbiamo affrontare. Perché coinvolge persino la nostra alimentazione. Marevivo si avvale di una grande squadra di collaborazioni. Qual è lo spirito che vi tiene tutti uniti? È uno dei nostri obiettivi coinvolgere tutti nelle nostre iniziative. È quanto avviene ad esempio con Delfini Guardiani, il nostro progetto di educazione ambientale di punta degli ultimi anni. Oggi abbiamo 1.173 guardiani nelle isole minori italiani, ragazzi e bambini che difendono il territorio. Su questo progetto aggreghiamo tutte le buone pratiche che esistono nei singoli territori, dalle forze dell’ordine agli artigiani locali, dai diving alle scuole. E poi ci sono le istituzioni nazionali, Guardia Costiera, Marina Militare con cui collaboriamo dal 1987, Corpo Forestale. Noi consultiamo sempre tutte le realtà pubbliche che sono preposte alla difesa del mare, anche quando le cose non vanno. Perché vogliamo sempre essere propositivi più che critici. Il Mediterraneo: un mare di naviganti, migranti, pescatori. Ma anche un incredibile sistema di specie animali e vegetali sotto e sopra l’acqua. Come si conciliano secondo lei le attività dell’uomo con la vita del mare? L’uomo dal mare prende tutto: energia, salute, ossigeno, pesca, trasporti marittimi, turismo. Ci sono tante buone pratiche per usufruire di questo bene e non distruggerlo. Oggi il mare è sotto attacco. Pensiamo alla pesca illegale. Ancora si pescano i datteri di mare distruggendo tutto l’habitat marino. Io penso che l’ambientalismo dovrebbe essere trasversale nel senso che ciascuno nel suo ambito dovrebbe fare qualcosa per l’ambiente. Ad esempio, i trasporti marittimi oggi hanno attenuato l’impatto inquinante sui mari ma i carburanti sono ancora ad alto contenuto di zolfo. Si tratta di lavorarci, investire delle risorse per migliorare la situazione. Oppure perché non fare turismo senza cementificare? Insomma ci sono tanti modi per salvaguardare quello che è un valore per tutti. Se il mare è in salute tutta l’economia sale. Se distruggiamo questo nostro patrimonio inestimabile, che produce anche ricchezza, nessuno ce lo ridarà indietro. In questi 30 anni di attività come pensa sia cambiata l’attenzione per il mare da parte delle istituzioni e delle persone? Nelle persone c’è molta più sensibilità. La gente si pone più domande. Basta vedere la preoccupazione per i cambiamenti climatici che è sotto gli occhi di tutti. Anni fa l’attenzione dei Paesi dimostrata a Parigi nella COP21 forse non si sarebbe avuta. La sensibilizzazione dell’opinione pubblica è aumentata. Negli amministratori non tantissimo. Le faccio un esempio: il fiume Sarno, il più inquinato d’Italia. Nel 1988 facemmo un’iniziativa, coinvolgendo tutte le istituzioni locali e nazionali, le associazioni, le scuole e riuscimmo ad ottenere 800 miliardi di lire per il suo disinquinamento. Il fiume Sarno è stretto e lungo solo 22 km, ma sfocia nel cuore del Golfo di Napoli e dell’economia strepitosa che vi ruota attorno. Ai tempi dei Borbone era un fiore all’occhiello. Ancora oggi il Sarno è inquinato in maniera spaventosa. Il mare è marrone, lercio, morto, boccheggiante. Quindi mi chiedo, cosa possiamo fare per costringere i nostri amministratori a depurare, disinquinare le acque? Dopo tanti anni siamo ancora come allora, nonostante le risorse messe a disposizione per risolvere questo enorme problema. E mi chiedo, che vuol dire tutto questo? Possibile che l’uomo non abbia ancora capito che questo significa compromettere prima di tutto la propria salute?

“MARE MOSTRO”:

UN MARE DI PLASTICA? La campagna di informazione, sensibilizzazione e conoscenza sull’impatto della plastica in mare promossa da Marevivo in collaborazione con la Marina Italiana e il CoNISMa, è partita il 9 maggio da Venezia, a bordo dell’Amerigo Vespucci. Ogni anno nel mondo vengono prodotte 280 milioni di tonnellate di plastica e si stima che nel 2050 diventeranno 400. Su questo scenario, si innesta uno studio della Fondazione “Ellen MacArthur”, che prevede che per quell’anno ci saranno più plastiche che pesci in mare. Secondo alcune ricerche, oltre il 10% di plastica prodotta viene gettato in mare, andando ad alimentare il “Mostro”. Anche se a destare più clamore sono i rifiuti di maggiori dimensioni, in realtà i frammenti più piccoli e, apparentemente, insignificanti sono quelli più nocivi e pericolosi. Gli impianti di trattamento e depurazione delle acque non sono in grado di intrappolarli e quindi arrivano direttamente in mare, dove vengono scambiati per cibo da diverse specie. È il caso dei cosmetici, in cui il contenuto in microplastiche supera, talvolta, in peso la plastica di tutto il tubetto o la boccetta in cui sono venduti. In certi cosmetici le microplastiche rappresentano dall’1 al 90% del peso del prodotto stesso: specialmente negli scrub, nei bagnoschiuma, nei dentifrici ma anche i rossetti, le maschere, i mascara, gli idratanti, lo spray per capelli, le creme lenitive, le schiume da barba. In Europa nel 2013, solo per i prodotti di bellezza, sono state impiegate quasi 5.000 tonnellate di microplastiche, finite quasi tutte in mare e con possibili ripercussioni anche per la salute umana. A causa delle plastiche è a rischio il Mediterraneo, mare semichiuso, che impiega 80 anni per il ricambio delle sue acque, solo superficiali. Nel suo bacino sfociano importanti fiumi, che nel loro percorso raccolgono e trasportano un’enorme quantità di rifiuti plastici. Si stima che siano almeno 250 miliardi i frammenti di plastica sparsi per tutto il Mare Nostrum, con una concentrazione media di 0,116 frammenti /m2 di superficie fino ad un massimo di oltre 0,36 frammenti/m2. La salute del Pianeta è in pericolo, e quindi lo sono quella dell’uomo e dei suoi compagni di viaggio: delfini, tartarughe, balene, gamberetti, tutte le creature del mare. Mare Mostro, che seguirà Nave Vespucci durante la Campagna dell’85° anniversario, si snoderà tra seminari, incontri con studenti, dibattiti con gli amministratori e politici, azioni di bonifica alle foci dei fiumi. A supportarla una mostra divulgativa, che si potrà visitare a bordo del veliero, nata sulla scorta di uno studio della Blue Factory di Marevivo, composta da giovani studiosi e ricercatori, coordinati dal professore dell’Università “La Sapienza” Giandomenico Ardizzone. Tra i temi affrontati: lo sminuzzamento delle plastiche più piccole di un’unghia e confuse per plancton dai pesci, i grandi vortici oceanici di rifiuti che formano “isole” più grandi dell’intero Mediterraneo, le ripercussioni sulla salute umana delle microplastiche che partendo dal plancton entrano nella catena alimentare e finiscono all’uomo ultimo consumatore, fino agli additivi chimici usati per modellare la plastica che agiscono sul sistema endocrino e sul metabolismo. Nel frattempo Marevivo ha lanciato una proposta di legge, la numero 3852 a prima firma del presidente della VIII Commissione Ambiente della Camera Realacci e sottoscritta da oltre 40 deputati di diversi gruppi politici, sia di maggioranza che di opposizione, in base alla quale dal 1° gennaio 2019 non sarà più consentito produrre e mettere in commercio prodotti cosmetici contenenti microplastiche. È possibile firmare la petizione su: http://www. marevivo.it/fermailmostro e su https://www.change.org/p/ferma-il-mostroche-sta-soffocando-il-mare-e-minaccia-la-tua-salute-stop-alla-plastica-neiprodotti-di-bellezza-fermailmostro-quirinale-pietrograsso-lauraboldrini.

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ambiente AMP ISOLE DI VENTOTENE E SANTO STEFANO Istituita con Decreto ministeriale del 12 dicembre 1997

LE AREE MARINE PROTETTE del Lazio AMP SECCHE DI TOR PATERNO

Istituita con Decreto ministeriale del 29 novembre 2000 L’Area Marina Protetta Secche di Tor Paterno si trova a pochi minuti da Roma, a largo del Lido di Castel Fusano, a ovest di Ostia. Completamente sommersa, l’area è un paradiso per sub e amanti della pesca sportiva. Le Secche di Tor Paterno sono costituite da una formazione rocciosa, coperta da organismi animali e vegetali che, scavando o costruendo le loro “tane” nel corso dei secoli, ne hanno modificato l’aspetto. Appare come una vera e propria isola sul fondo del mare, in un ampio “deserto” di sabbia e fango, delimitato in superficie da 4 boe. La profondità massima è di circa 60 metri, mentre la sommità della montagna sommersa giunge a 18 metri sotto il livello del mare. Nulla emerge dall’acqua, né è normalmente visibile dalla superficie dato che le acque nella zona sono spesso abbastanza torbide, probabilmente a causa del fiume Tevere, che sfocia nel mare solo pochi chilometri a nord. Ma proprio i materiali trasportati qui dal fiume costituiscono un’importante base per lo sviluppo della vegetazione marina e sono anche i responsabili della alta “produttività ecologica” della zona: difatti, sulle Secche si concentra una sorprendente quantità di vita animale e vegetale. Questa vera e propria città sottomarina è popolata da molte specie animali e vegetali, tra cui la preziosa Posidonia. Gli esperti hanno classificato ben 750 specie diverse, di cui 33 protette, 23 rare endemiche o a rischio di estinzione. In superficie, in alcune stagioni, non è difficile avvistare i Delfini oltre ad alcune specie di Uccelli marini, rarissimi altrove. Più in profondità si trovano interessanti colonie di celenterati, stretti parenti del corallo, come la bellissima Gorgonia rossa e gli Alcionari, rarissimi altrove, che rappresentano una formazione corallina tra le più importanti del Mediterraneo. Sono inoltre frequenti, in gran numero, le specie di pesci sia di fondale, come la murena, il gronco, le triglie e la rana pescatrice, che di acque libere, come la spigola, il cefalo, l’occhiata, il sarago. Ne sono state avvistate e classificate ben 79 specie complessive, facendo delle Secche di Tor Paterno la seconda area marina nel Mediterraneo per biomassa ittica.

L’Area Marina Protetta Isole di Ventotene e Santo Stefano è situata in Provincia di Latina, nel Lazio e comprende il tratto di mare circostante le isole di Ventotene e Santo Stefano, molto apprezzato dai subacquei. Le due isole presentano fondali caratterizzati da anfratti sabbiosi con estese praterie di Posidonia e ampie pareti, grotte, archetti e recessi, favoriti anche dal processo erosivo che causa periodici smottamenti. Questa particolare morfologia, associata all’inaccessibilità da terra di lunghi tratti di costa, favorisce un ecosistema particolare. La presenza di grotte e di franate crea ambienti sciafili a bassa profondità con specie tipiche di fondali più profondi. Nei paesaggi subacquei predominano il verde scuro, il rosso cupo o il violetto, determinati dalla presenza di celenterati, poriferi e varie specie di alghe incrostanti. Le volte delle grotte sono ravvivate dal colore arancio delle margherite di mare. Un ettaro di posidonieto è in grado di ospitare oltre 350 specie di invertebrati e pesci, alghe e microrganismi, tra cui triglie, pesci pettine e semisommersi nella sabbia piccoli rombi, pesci lucertola e tracine. La posizione dell’isola di Ventotene, distante dalla terra ferma e con un profilo che degrada rapidamente a oltre cinquanta metri di profondità, consente d’incontrare organismi pelagici anche in prossimità della costa, come grossi pesci di passo (ricciole, tonni, lampughe, lecce etc.). Frequenti sono gli incontri con grossi pesci come cernie e saraghi che si lasciano avvicinare senza paura perché non più disturbati da pescatori. Anche cetacei sono stati segnalati periodicamente: capodogli, stenelle, delfini comuni e globicefali. Non di rado è stata avvistata anche la tartaruga comune Caretta Caretta. La fauna è estremamente variegata: spugne, gorgonie, spirografi, formazioni di calcare viola e blu che appaiono come corallo tropicale, grappoli e anelli di uova di molluschi, corvine e castagnole. Inoltre, è ancora possibile l’osservazione di reperti archeologici da navi affondate in epoca romana, i più significativi sono oggi custoditi presso il Museo Archeologico Comunale di Ventotene.

le Aree marine protette Sono aree costituite da ambienti marini, dati dalle acque, dai fondali e dai tratti di costa prospicenti, che presentano un rilevante interesse per le caratteristiche naturali, geomorfologiche, fisiche, biochimiche con particolare riguardo alla flora e alla fauna marine e costiere e per l’importanza scientifica, ecologica, culturale, educativa ed economica che rivestono. Possono essere costituiti da un ambiente marino avente rilevante valore storico, archeologico-ambientale e culturale.

Ogni area è suddivisa in tre tipologie di zone con diversi gradi di tutela (Zona A, B e C).

In Italia esistono: 27 aree marine protette 2 parchi sommersi 1 Santuario Internazionale dei mammiferi marini, detto anche Santuario dei Cetacei (Santuario Pelagos) che tutelano complessivamente circa 228mila ettari di mare e circa 700 km di costa.

Fonte: Ministero dell’Ambiente – Direzione generale per la Protezione della Natura e del Mare

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Intervista al Presidente FEE Italia Claudio Mazza

BANDIERA BLU: un marchio sempre più riconosciuto La Bandiera Blu è un riconoscimento internazionale, assegnato dall’organizzazione non-governativa e no-profit “Foundation for Environmental Education” (FEE). La Fondazione oramai da diversi anni ha sede in Danimarca avendo portato dall’Inghilterra la sede centrale a Copenhagen. Istituito nel 1987, in occasione dell’Anno europeo dell’Ambiente, il Programma assegna la certificazione ogni anno in 49 dei 73 Paesi dove la FEE è presente. Inizialmente solo europei, oggi è operativo sui cinque continenti, con il supporto e la partecipazione delle due agenzie dell’ONU: UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente) e UNWTO (Organizzazione Mondiale del Turismo) con cui la FEE ha sottoscritto un Protocollo di partnership globale. La FEE è riconosciuta dall’UNESCO come leader mondiale nel campo dell’educazione ambientale e dell’educazione allo sviluppo sostenibile. Bandiera Blu è un eco-label volontario, a partecipazione gratuita, assegnato alle località turistiche balneari (marine e lacustri) e agli approdi turistici che premia la qualità delle acque di balneazione ma anche il turismo sostenibile, l’attenta gestione dei rifiuti e la valorizzazione delle aree naturalistiche. Sono 152 i Comuni italiani insigniti della Bandiera Blu 2016 (cinque in più del 2015) per 293 spiagge complessive (280 l’anno scorso) e 66 approdi turistici. Di questi 10 sono nel Lazio (8 località e 2 approdi). Il Programma Bandiera Blu si è sempre più affermato nel corso degli anni, tanto da diventare oggi in tutto il mondo una garanzia di qualità ambientale per turisti e operatori.

LE BANDIERE BLU NEL LAZIO SPIAGGE Provincia di Latina • Gaeta - Arenauta, Ariana, Sant‘Agostino, Serapo • Latina - Latina Mare • Sperlonga - Ponente/ Lagolungo, Bazzano /Levante • Terracina - Levante, Ponente • San Felice Circeo - Litorale • Sabaudia - Lungomare • Ventotene - Cala Nave Provincia di Roma • Anzio - Riviera Levante, Riviera Ponente, Tor Caldara

APPRODI Provincia di Latina • Gaeta - Base Nautica Flavio Gioia Provincia di Roma • Civitavecchia - Porto Turistico Riva di Traiano

Quali sono gli obiettivi del Programma Bandiera Blu? L’obiettivo principale del Programma Bandiera Blu, è quello di promuovere nei Comuni rivieraschi una conduzione sostenibile del territorio attraverso una serie di indicazioni che mettano alla base delle scelte politiche l’attenzione per l’ambiente. Mettendo al centro la connessione terra-mare, la salute del mare è strettamente correlata alla gestione del territorio, dai nuovi insediamenti agli scarichi non autorizzati, dalla depurazione all’inquinamento dei fiumi, dall’aumento dei rifiuti alla sensibile scomparsa di biodiversità marina e terrestre. L’ambiente marino costiero è indubbiamente uno dei più minacciati e bisognoso di un’azione efficace e ad ampio raggio. Di quali collaborazioni si avvale FEE Italia per le verifiche? La forza di Bandiera Blu nel supportare i tanti Comuni nel percorso di crescita, sta proprio nelle competenze che i partner del programma portano all’interno del processo di valutazione della commissione, che opera in totale autonomia attraverso una procedura certificata, che garantisce una piena trasparenza. Tra i molti enti che collaborano con i loro esperti per ogni singola tematica, due sono quelli maggiormente impegnati. L’ISPRA, che tra l’altro ricopre con un proprio rappresentante il ruolo di operatore nazionale, è il responsabile tecnico del programma e il partner storico. E il Corpo delle Capitanerie di Porto che, oltre all’impegno all’interno della commissione, svolge il ruolo fondamentale di verifica attraverso il RAM - il Reparto Ambientale Marino - della sussistenza dei requisiti durante la stagione balneare, al fine di portare a soluzione le eventuali non conformità. Qual è il trend di attribuzione del label negli anni? La Bandiera Blu è uno strumento che si presta a interpretare in maniera dinamica ed efficace le nuove sfide per la gestione sostenibile del territorio. Lo dimostra il trend di crescita nel mondo e in Italia, dove gli ultimi 30 anni trascorsi hanno visto un allargamento del programma a un numero sempre maggiore di località. Ma al di là della quantità di Bandiere Blu conferite, ci sono sempre più Comuni che hanno intrapreso il percorso del Programma internazionale e stanno lavorando per adeguarsi ai criteri. Da parte nostra dopo il lavoro di valutazione diamo comunicazione a chi non rientra nello standard sugli aspetti positivi ma soprattutto sulle criticità su cui lavorare. Quali sono secondo lei i principali risultati ottenuti dal Programma? Il primo risultato che si ottiene è quello di far lavorare su uno stesso obiettivo, uffici e servizi del Comune che qualche volta neanche si parlano. Ottenendo successivamente il coinvolgimento di tutta la comunità, cittadinanza, operatori, scuola, che devono concorrere all’ottenimento della Bandiera Blu, ma soprattutto al suo mantenimento. È una politica dei piccoli passi, ma di cose concrete, che nel tempo determinano il cambiamento. È rilevante anche quanto è emerso dallo studio interuniversitario delle Università di Urbino e Perugia, dove i Comuni hanno riscontrato un aumento dell’85% di soddisfazione da parte dei turisti. Per il 91% degli intervistati la Bandiera Blu è decisiva per raggiungere migliori performance come la raccolta differenziata in spiaggia, per l’85% la sensibilizzazione su tematiche ambientali, per il 77% la depurazione delle acque, il 69% la creazione di aree verdi attrezzate, il 67% la creazione di zone pedonali e il 62% quella di percorsi ciclabili. Quali sono gli obiettivi della Bandiera Blu delle Imbarcazioni e del Progetto Pesca & Ambiente? In questi ultimi anni il programma Bandiera Blu con la collaborazione della Direzione generale del Ministero delle Politiche Agricole, ha messo in atto con esito positivo una serie di azioni volte a sensibilizzare il mondo della pesca sulle tematiche ambientali marine e a valorizzare il suo ruolo nelle località turistiche rivierasche. Lo spirito è quello che in una località Bandiera Blu tutte le componenti devono concorrere alla sostenibilità del territorio, a partire dalla pesca, che è parte fondamentale della cultura e delle tradizioni locali delle comunità, anche alla luce del Codice Mondiale di Etica del Turismo dell’Organizzazione Mondiale del Turismo, riguardo alla protezione delle identità sociali e culturali delle località turistiche. La Bandiera Blu delle imbarcazioni ovvero dei diportisti è strettamente collegata a quella degli approdi, permette di far condividere al diportista la politica ambientale dell’approdo Bandiera Blu evitando di essere semplice spettatore e sottoscrivendo il codice di condotta del diportista, un impegno a navigare nel rispetto dell’ambiente, della sicurezza e delle regole del vivere civile.

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nautica La componente artigiana delle imprese è l’ossatura della nautica italiana Intervista a Gaetano Bergami, Presidente di CNA Produzione Qual è secondo lei la situazione del comparto della nautica da diporto oggi, anche alla luce del 4° Rapporto che avete presentato lo scorso aprile? E quali i principali asset di sviluppo? La pesantissima crisi recessiva che, a partire dal 2008, ha toccato anche questo comparto, così dinamico e innovativo, ha lasciato ferite profonde portando alla chiusura di diverse aziende e rischiando di compromettere il futuro di molte altre sia nel campo della cantieristica che delle attività di manutenzione e refitting e degli altri servizi alla portualità. Dopo sette anni di crisi possiamo affermare che non siamo completamente usciti dalla spirale negativa. Nonostante, infatti, i dati positivi della grande cantieristica, il mercato interno continua a soffrire. L’analisi del fatturato complessivo dell’industria nautica italiana mostra finalmente qualche segnale di lieve ripresa, ma va interpretato con molta prudenza. In ogni caso non è realistico immaginare un ritorno ai livelli del passato. Basti pensare che nel 2008 il fatturato complessivo della nautica era pari a 6 miliardi di euro, mentre le stime per il 2015 sono pari a 2 miliardi e mezzo. Ci sono tre elementi da considerare. La percentuale di oltre il 90% della produzione cantieristica assorbito dall’export. Il mercato interno ancora estremamente debole e soprattutto quasi principalmente caratterizzato da piccole-medie unità a motore, battelli pneumatici e imbarcazioni a vela. La leadership, ulteriormente rafforzata, della grande cantieristica, con uno share del 42,7% del portafoglio ordini globali, tutti destinati ai mercati esteri. In termini percentuali, a partire dal 2008, il rapporto della produzione cantieristica rivolta all’estero è passato dal 53% al 95% del 2015, riducendo di conseguenza al solo 5% la produzione rivolta al mercato interno. Il dato conferma che la grande cantieristica nautica italiana (costituita da circa 55 cantieri) e rivolta principalmente all’export (grandi yatch) riveste una posizione trainante per l’intero settore, mentre la produzione per il mercato interno (nel cui ambito consideriamo anche le imprese dell’indotto) nel corso degli anni della crisi ha assunto un ruolo sempre più marginale. Le stime per il 2016 sono però di un rinnovato e cauto ottimismo. In generale, riteniamo che le priorità da portare avanti siano: • il rafforzamento della leadership europea della nostra nautica e del primato globale nei grandi yacht; • la valorizzazione dell’eccellenza della nostra accessoristica e dei battelli pneumatici; • la crescita dei servizi after market; • lo sviluppo del turismo costiero; • nuove strategie di rilancio del mercato interno. Quali sono le priorità di CNA per favorire la competitività delle imprese della nautica? E quali le principali azioni messe in campo? La nostra priorità è quella di sostenere tutte le misure mirate a ridare slancio e competitività a uno dei settori del Made in Italy nel quale siamo leader a livello globale. Purtroppo i provvedimenti legislativi adottati negli anni scor-

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si hanno reso ancora più fragile l’intero comparto. In particolare, la tassa di possesso sulle imbarcazioni da diporto ha causato la fuga di almeno 40mila imbarcazioni e si stima che sia stata dannosa anche per l’erario in quanto ha provocato un mancato gettito di 630 milioni di euro tra il 2011 e il 2013 (tra accise, iva, carburanti). Solo recentemente abbiamo notato un’inversione di tendenza da parte di politica e istituzioni e speriamo che questa rinnovata attenzione possa consolidarsi (abolizione con la Legge di Stabilità della tassa sulle imbarcazioni e conferma dell’applicazione dell’Iva al 10% per i Marina Resort). Vanno, sicuramente, nella giusta direzione anche gli interventi a livello governativo adottati nell’ultimo anno in materia di riordino della legislazione portuale che prevedono il recupero delle aree dismesse da destinare al turismo nautico e di riforma del codice della nautica da diporto. Si tratta di provvedimenti positivi di cui è necessario accelerare la fase operativa per sostenere i timidi segnali di ripresa, facendoli accompagnare anche da provvedimenti di natura fiscale. La CNA ha posto in essere diverse misure a livello territoriale per valorizzare l’integrazione funzionale tra i cantieri e la rete dei subfornitori e componentisti specializzati in modo che tutti i soggetti della filiera creino quel circuito virtuoso indispensabile per rendere il settore sempre più competitivo e innovativo. La componente artigiana delle nostre piccole imprese resta, infatti, l’ossatura del segmento produttivo del comparto nautico. Recentemente avete sostenuto la presentazione di un disegno di legge in materia di concessioni demaniali per la cantieristica. A che punto è l’iter e quali risultati vi attendete? Come CNA abbiamo promosso e sostenuto questa proposta di legge per cercare di imprimere un’accelerazione e una svolta verso la risoluzione delle varie problematiche sorte a livello territoriale in materia di concessioni. Il tema, come noto, riguarda molte attività legate alla nautica da diporto e ha visto un intervento della Corte di Giustizia europea, che pare paventare, secondo le conclusioni presentate dall’Avvocato Generale, una discordanza delle disposizioni italiane rispetto a quelle comunitarie. Pertanto, la proposta di legge, presentata il 17 febbraio 2016, mira a introdurre una normativa ad hoc per l’attività imprenditoriale cantieristica, ovvero per i cantieri, anche di refitting e tutte quelle attività insite nei porti turistici riferite al servizio della produzione sia nelle acque marittime che in quelle interne. In particolare, il progetto di legge ispirandosi ai principi comunitari di trasparenza, non discriminazione, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, definisce un quadro di regole chiare e omogenee, individuando una serie di principi direttivi in materia di rilascio e rinnovo delle concessioni che l’autorità competente dovrà contemperare: esigenze imprenditoriali e investimento effettuato e ragioni di interesse pubblico, tutela dell’ambiente e valore sociale del piano industriale. Ad oggi la proposta di legge (i cui primi firmatari sono i deputati Miccoli e Epifani) è in attesa di essere incardinata per la discussione all’interno della Commissione Attività produttive.


La nautica stimola innovazione e trasmette i valori del Made in Italy Intervista al Segretario Generale della Fondazione Symbola Fabio Renzi

SYMBOLA, LA FONDAZIONE PER LE QUALITÀ ITALIANE Symbola nasce nel 2005 con l’obiettivo di promuovere un nuovo modello di sviluppo orientato alla qualità in cui si fondono tradizione, territorio, ma anche innovazione tecnologica, ricerca, design. In una sola parola, la soft economy: un’economia della qualità in grado di coniugare competitività e valorizzazione del capitale umano, crescita economica e rispetto dell’ambiente e dei diritti umani, produttività e coesione sociale. Symbola è un movimento culturale la cui originalità sta nel mettere in rete soggetti diversi fra loro: personalità del mondo economico e imprenditoriale, della cittadinanza attiva, delle realtà territoriali ed istituzionali, del mondo della cultura. E’ la lobby delle qualità italiane che parla alla politica, all’economia e alle istituzioni per indirizzare lo sviluppo del Paese verso la qualità e la sostenibilità. Attualmente la sua rete associativa raccolta nel Forum degli Associati della Fondazione è costituito da oltre 150 organizzazioni. Symbola svolge la sua attività prevalentemente attraverso ricerche, fra cui il PIQ, Prodotto Interno di Qualità e BQI, Banca delle Qualità Italiane, dossier, rapporti, incontri, seminari, azioni di comunicazione e di formazione, corsi e master in collaborazione con istituzioni, enti di ricerca, associazioni pubbliche e private.

Secondo il rapporto la nautica italiana ha saputo resistere alla crisi. Al 2014 la produzione nautica italiana è riuscita ad assorbire oltre un quinto della domanda internazionale. Considerando i 220 prodotti in cui l’Italia detiene un primato competitivo assoluto la nautica si colloca all’ottavo posto solo considerando la produzione di imbarcazioni e yacht da diporto con motore entrobordo, capaci di assorbire un terzo delle richieste del mercato internazionale, mostrando di non temere la concorrenza di prezzo esercitata dalle nuove economie in via di sviluppo. Quali sono i numeri di questo settore? Possiamo parlare di un vero e proprio Sistema Produttivo Nautico. In termini tecnici abbiamo isolato dalla classificazione ATECO le quattro voci produttive riconducibili direttamente alla produzione nautica. La 30120 (costruzione di imbarcazioni da diporto e sportive), 301101 (cantieri navali per costruzioni metalliche e non metalliche), la 33150 (riparazione e manutenzione di navi commerciali e imbarcazioni da diporto) e la 47642 (commercio al dettaglio di natanti e accessori). Si tratta di una realtà che, nel complesso, coinvolge oltre 17.000 unità locali capaci di generare 10 miliardi di valore aggiunto e un’occupazione che supera 180.000 addetti. Un sistema che stimola innovazione e che trasmette i valori del Made in Italy.

Le attività di subfornitura sono certamente quelle più consistenti, sia in termini di numerosità di imprese (19,9% del totale) che di addetti (52,2% del totale). In termini assoluti, la subfornitura è costituita da oltre 3mila unità locali, per lo più attive nella meccanica (1.044 per oltre 33mila e 600 addetti) e nella produzione metallurgica (797 per oltre 18 mila e 800 addetti). All’altro estremo della filiera, si posiziona l’insieme dei “servizi”, inclusivo della “riparazione”, con 4.874 unità (27,4% del totale) e 42 mila addetti (23,3% del totale) che rappresentano la componente più significativa dell’intero Sistema Produttivo Nautico. Quanto producono le imprese della filiera nautica? Il valore aggiunto prodotto dalla produzione cantieristica nautica si colloca poco al di sotto di 1,5 miliardi di euro. Nel complesso, considerando tutte le imprese che, totalmente o parzialmente, si mostrano attive nella filiera, il valore aggiunto arriva fino a 10 miliardi di euro, pari allo 0,7% circa del valore aggiunto nazionale.

Com’è distribuito il sistema produttivo nautico nel territorio italiano? Le attività economiche legate alla produzione cantieristica nautica sono concentrate nelle regione del Nord Ovest (dove le 7.075 unità locali rappresentano il 33% delle imprese Vediamo il settore nel dettaglio? La produzione cantieristica nautica si basa su un tessuto produttivo costitu- totali) e del Centro (6.052 unità locaito da 3.092 unità locali (pari al 17,4% di quelle complessivamente presenti li, pari al 28% del totale). A seguire vi nel più ampio Sistema Produttivo Nautico) in cui trovano lavoro più di 21 mila è il Nord Est con le sue 4.944 unità locali (23% di quelle totali), che sue cinquecento addetti. L’attività nautica stimola altre attività lungo tutta la filiera in un rapporto di pera così il Meridione in cui le imprecirca 1 a 6: quando una nuova impresa del settore cresce altre sei ne ricavano se di riferimento sono 3.453 (16% diretto giovamento, anche se parzialmente all’interno dell’attività d’impresa, del totale). contribuendo a fornire semilavorati, traendo profitto dalla commercializza- In media ogni impresa che opera nelzione o contribuendo alle attività a valle del commercio, della manutenzione, la cantieristica nautica da diporto dà dei servizi, così come del noleggio e della locazione. In termini di addetti, l’at- lavoro a 6,9 addetti. tivazione cresce addirittura in un rapporto di 1 a 7,4.

Nel Sistema Produttivo Nautico il Lazio è secondo dopo la Lombardia per produzione di maggiore valore aggiunto DAL RAPPORTO FILIERA NAUTICA: PRIME PROVINCE PER NUMERO DI UNITÀ LOCALI NELLA PRODUZIONE CANTIERISTICA NAUTICA: Roma è 4a con 173 unità e Latina è 12a con 78 PRIME PROVINCE PER NUMERO DI UNITÀ LOCALI NEL SISTEMA PRODUTTIVO NAUTICO: Roma è 1a con 1.163 unità e Latina 13a con 305

PRESIDENTE Ermete Realacci

PRIME PROVINCE PER NUMERO DI ADDETTI NEL SISTEMA PRODUTTIVO NAUTICO: Roma è 3a con 12.239 addetti

SEGRETARIO GENERALE Fabio Renzi

VALORE AGGIUNTO DELLA PRODUZIONE CANTIERISTICA DEL LAZIO: 31.358 €

DIRETTORE Domenico Sturabotti

www.symbola.net

VALORE AGGIUNTO DEL SISTEMA PRODUTTIVO NAUTICO DEL LAZIO: 1.581.396 € PRIME PROVINCE PER VALORE AGGIUNTO DEL SISTEMA PRODUTTIVO NAUTICO: Roma è 1a con 1.472.324 € Fonte: Fondazione Symbola – Ucina Confindustria Nautica – Mare Nostrum Network

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internazionalizzazione Lazio

FOIRE INTERNATIONALE DE L’ECONOMIE DE LA MER

FOIRE INTERNATIONALE DE L’ECONOMIE DE LA MER

YMF: Blue Tunisia Lazio International Intervista a Mourad Fradi, Presidente della Camera Tuniso-Italiana di Commercio e Industria Quali sono gli obiettivi dello YMF: Blue Tunisia - Lazio International? Con questa prima edizione intendiamo rafforzare la collaborazione e l’interscambio tra l’Italia, e in particolare la Regione Lazio, e la Tunisia. Diffondere la cultura dell’Economia del Mare in Tunisia e in tutto il Nord Africa, in particolar modo in Algeria, visti gli ottimi rapporti che legano i due Paesi. E ancora, rendere il Porto di Gammarth un importante hub nel Mediterraneo. Inoltre questo progetto permetterà alle imprese in Tunisia di migliorare la competitività grazie al know how italiano nei settori dell’Economia del Mare e soprattutto della nautica. Quale impatto sta avendo questo progetto sulle istituzioni? Abbiamo già creato dei partenariati in Italia e in Tunisia volti alla collaborazione con diversi Ministeri, Istituzioni e Associazioni di Categoria, tra le più rappresentative dei settori di riferimento dell’Economia del Mare, ovvero turismo, trasporti, agricoltura e pesca, nautica e altri. Da parte di tutti questi soggetti c’è stato un coinvolgimento davvero significativo, consapevoli dell’importanza che l’evento può rappresentare per la Tunisia, per il rilancio della sua immagine e del suo business, ma anche per intensificare le relazioni da sempre privilegiate con l’Italia. Una partecipazione totale e incondizionata al progetto per concorrere al suo successo. Perché la scelta di partire dal Lazio? Siamo partiti dal Lazio attraverso la nostra partecipazione allo Yacht Med Festival di Gaeta; di lì abbiamo iniziato a creare delle sinerge con le imprese regionali già da quattro anni, cogliendone l’interesse per il mercato tunisino. Abbiamo quindi lavorato con il Presidente di Unioncamere Lazio nonchè della Camera di Commercio di Latina, il Dott. Vincenzo Zottola, per portare lo Yacht Med Festival in Tunisia.

La Regione Lazio, attraverso i suoi programmi di internazionalizzazione, ci ha dato una grande opportunità di realizzare il nostro progetto. Dobbiamo anche considerare un altro dato importante, ovvero che il Lazio è una delle regioni più presenti in Tunisia accanto alla Lombardia e alla Sicilia. Quali opportunità ci sono per le imprese laziali in Tunisia? La manifestazione prevede numerose conferenze economiche settoriali alla presenza di illustri relatori del mondo istituzionale, associativo e imprenditoriale, che mirano a rafforzare la collaborazione tra la Regione Lazio, l’Italia e la Tunisia su temi specifici e creare progetti di partenariato e di internazionalizzazione concreti. Sono in programma anche numerosi incontri btob tra imprenditori laziali e tunisini. La Tunisia oggi con il suo nuovo Codice degli Investimenti dà opportunità concrete agli investitori stranieri, avendo un sistema fiscale agevolato per le aziende a partecipazione straniera, costo della manodopera e dell’energia molto bassi e naturalmente la vicinanza ai mercati che si affacciano sulle sponde del Mediterraneo. In questo senso, la Camera di Commercio TunisoItaliana opera da più di trent’anni quale trait d’union privilegiato tra i due Paesi, per favorire l’avvio di nuove collaborazioni e creare le migliori condizioni di business in senso bilaterale. Che ruolo occupa l’Economia del Mare per la Tunisia? Basta fare un passo indietro nella storia e ricordare che l’antica città di Cartagine era definita “Impero del Mare”, in ragione della sua talassocrazia fondata sulla predominanza del proprio commercio marittimo e su una posizione di cerniera, che la resero la potenza dominante del Mediterraneo occidentale e principale centro dei traffici. Oggi la volontà è quella di rafforzare progressivamente l’importanza e l’incidenza del settore dell’Economia del Mare in Tunisia, affinchè possa rap-

La Tunisia e l’Italia per lo sviluppo del Mediterraneo, partendo dal Lazio www.yachtmedfestival.tn

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presentare quote sempre maggiori del PIL nazionale, in virtù anche dei suoi 2.290 km di costa. Ritengo che la Tunisia possa giocare un ruolo importante nello sviluppo dell’Economia del Mare, in virtù della sua posizione geografica privilegiata, per la quale funge da perfetto punto di snodo marittimo tra l’Europa, l’Africa e il Medio Oriente. Sfruttare al massimo questo aspetto, significa essere in grado di creare nuovi posti di lavoro, migliorare la propria situazione economica e più in generale incrementare i flussi economici e commerciali con i paesi adiacenti, tra cui ovviamente l’Italia. In che modo l’asse Italia-Tunisia può allargarsi al Mediterraneo? Sono convinto che l’Asse Italia-Tunisia rappresenti un hub strategico non solo per il Maghreb ma anche per tutta l’Africa. Come Camera di Commercio Tuniso-Italiana abbiamo in questi ultimi anni creato diversi progetti di partenariato tra aziende italiane e tunisine che hanno permesso di sviluppare business nei paesi dell’Africa Subsahariana. In questi 45 Paesi, secondo le stime del Fondo monetario, il pil crescerà cumulativamente del 26,3 per cento tra il 2015 e il 2020. Sono convinto che il Mediteraneo possa essere una vera locomotiva per tutta l’imprenditoria, soprattutto per l’Economia del Mare, considerando l’enorme potenziale che detengono i Paesi che vi si affacciano. La sfida imminente sarà pertanto quella di sensibilizzare i singoli Paesi verso una maggiore cooperazione con le aree limitrofe per lo sviluppo degli affari marittimi, così come previsto dalle politiche europee. Con lo Yacht Med Festival: Blue Tunisia – Lazio International, e attraverso le conferenze tematiche in programma, si vuole porre ancora di più l’accento sulla necessità di sviluppare questo settore e creare un primo laboratorio in Tunisia per mettere a confronto, esperienze, idee, suggerimenti, grazie alla presenza delle istituzioni e di esperti dei settori. L’evento sarà l’occasione per lanciare il nuovo label Made in Med. Quali sono i suoi obiettivi? Il label Made in Med è stato creato con l’obiettivo di promuovere, grazie alla collaborazione di partner locali ed esteri, il prodotto dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, creando un marchio di filiera che vada a connotare non il Paese bensí il territorio comune di pertinenza, ovvero il Mediterraneo stesso. Il label mira a mantenere gli standard produttivi e qualitativi certificati da aziende internazionali come Rina Service Spa, partner della nostra manifestazione, per facilitare la tracciabilità e la certificazione, favorendo le esportazioni. Come sta evolvendo il Paese e quali sono le prospettive per il sistema economico tunisino? Oggi la Tunisia sta vivendo delle mutazioni geopolitiche di un certo spessore. Il cambiamento nel Paese non è stato di certo semplice e agevole, ma l’aspetto più importante su cui ci dobbiamo soffermare è che i tunisini, grazie al supporto della società civile, alla maturità e consapevolezza politica, sono stati in grado di portare avanti il processo di transizione con la moderazione necessaria e costruttiva. Basti considerare che la Nuova Costituzione Tunisina è una delle più moderne al mondo e che la seconda Repubblica Tunisina è una Repubblica pluralista che poggia su forti basi politiche. A seguito degli incidenti avuti nel Paese nel corso del 2015 e della situazione di instabilità della Libia, che hanno rallentato la crescita economica e il PIL nazionale, stiamo registrando importanti segnali di ripresa e di crescita. Ne è dimostrazione il fatto che grandi progetti di infrastrutture, servizi e nuove tecnologie sono stati avviati e molti ne partiranno nei prossimi mesi. Questo è il messaggio di sviluppo, stabilità e sicurezza che la Tunisia vuole dare al mondo intero. In questa direzione, il Governo Tunisino ha adottato delle importanti riforme per agevolare e incentivare gli investimenti stranieri. Per questo a fine novembre la Tunisia accoglierà una grande conferenza internazionale, che vedrà la presenza dei ministri del G7 e di imprenditori di importanti multinazionali. Che rapporti ci sono tra Italia e Tunisia e che ruolo svolge l’Italia per lo sviluppo degli investimenti e dell’occupazione? Nel 1910 in Tunisia erano presenti 9.000 francesi e 110.000 italiani, impiegati

in settori diversi, dall’agricoltura all’artigianato, dal settore medicale alle libere professioni. Dal secondo dopoguerra, l’Italia rappresenta il secondo partner commerciale della Tunisia, in termini di import, di export e di creazione di posti di lavoro; si posiziona tra i primi in termini di numero di progetti realizzati e nel quadro globale degli investimenti totali è affiancato alla Francia, agli Emirati Arabi e al Qatar. Oggi l’Italia vanta una presenza nel nostro Paese di più di 800 imprese che hanno generato oltre 63.000 posti di lavoro diretti, con un volume totale di esportazioni verso la Tunisia che si attesta su un valore di 3 miliardi di euro e un volume di importazioni pari a 2,3 miliardi di euro. Oggi nel nostro Paese hanno investito con successo importanti aziende italiane nei più diversi settori tra cui CAT Colacem, Benetton, Fercam, Ansaldo Energia, Todini Salini Impregilio, Rina Services, facendo leva sulla presenza di una manodopera qualificata e a basso costo e sui vantaggi competitivi di un sistema incentivante. Basti pensare, solo per citare un esempio, che nel corso del 2015, la Benetton, che contava già su una forza lavoro totale di 13.000 impiegati, tra posti di lavoro diretti e indiretti, ha deciso di rafforzare la propria presenza in Tunisia creando 1.000 nuovi posti di lavoro, dei quali ben 800 nel secondo semestre del 2015. Ritengo che l’Italia debba riprendersi la sua posizione di leader commerciale della Tunisia, se solo si considera la storia che da sempre lega Roma e Cartagine, la prossimità geografica e, più in generale, la vicinanza tra i due popoli.

YMF Blue Tunisia Lazio International Lo Yacht Med Festival: Blue Tunisia - Lazio International nasce dall’idea di esportare il modello Yacht Med Festival in Tunisia, attraverso la realizzazione di una Fiera Internazionale dell’Economia del Mare e del Made in Italy con particolare attenzione al sistema imprenditoriale del Lazio. L’evento si terrà dal 12 al 16 ottobre 2016 a Tunisi, presso il porto turistico di Gammarth. Organizzato dalla Camera di Commercio Tuniso-Italiana, in collaborazione con Unioncamere, Unioncamere Lazio, Camera di Commercio di Latina, Azienda Speciale per l’Economia del Mare, Assocamerestero, Porti di Roma e del Lazio, Assonautica Italiana, Fondazione “G. Caboto”, Comune di Gaeta, Association Tunisienne Activites Nautiques de plaisance, Institut Superieur Professionnel de Tourisme El Kantaoui, Porto Marina Gammarth, Assonat, CAT Colacem, Benetton, Fercam, Ansaldo Energia, Todini Salini Impregilio, Rina Services, è un progetto cofinanziato dalla Regione Lazio, Assessorato sviluppo economico e attività produttive. Hanno aderito con accordi di patrocinio e partenariato il Ministero del Turismo e dell’Artigianato Tunisino, l’Ufficio Nazionale del Turismo, il Ministero della Cooperazione,

dell’Industria, dei Trasporti, la Confindustria Tunisina (UTICA), la FIPA Tunisia, diverse Associazioni di Categoria, oltre che il sistema Italia in Tunisia, l’Ambasciata d’Italia e l’Ufficio ICE di Tunisi. Concepito come un punto di riferimento per le aziende laziali che vogliono intraprendere un processo d’internazionalizzazione, lo Yacht Med Festival Blue Tunisia - Lazio International si pone i seguenti obiettivi: • sollecitare le opportunità d’affari concrete e di partenariato tra gli operatori laziali e tunisini, • facilitare il processo d’interazione e lo sviluppo di progetti comuni anche grazie agli accordi bilaterali tra l’Italia e la Tunisia, • sviluppare occasioni di incontro BusinessToBusiness tra le imprese laziali e quelle tunisine, • aprire “le porte” del nuovo mercato emergente, quello del Maghreb, che prevede una stima di crescita oltre i 7 punti percentuali. L’idea è quella di sostenere i settori economici e le imprese regionali laziali ad alta potenzialità di espansione e in grado di generare un indotto capace di trainare le altre componenti del sistema verso processi d’internazionalizzazione.

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TUTTE LE SFIDE -vinte- DEL

PORTO DI CIVITAVECCHIA L’Autorità Portuale guidata da Pasqualino Monti ha chiuso il 2015 in crescita Il Porto di Civitavecchia è uno dei pochi porti italiani che ha chiuso il 2015 in crescita (+6% rispetto all’anno precedente). Per di più, in prospettiva, ha le caratteristiche per compiere un ulteriore concreto balzo in avanti nella logistica: fondali rocciosi profondi anche 20 metri e 5 milioni di metri quadrati di retroporto disponibili per insediamenti produttivi ed industriali. Un percorso positivo confermato dai “clienti” dello scalo, armatori e investitori, che affermano di apprezzare la capacità del management che in questi anni di trambusto per il settore della portualità italiana, ha saputo tenere il Porto di Roma fuori dalle difficoltà. In primis trovando nuovi traffici, come l’export dell’automotive, che hanno consentito di affrontare la crisi mantenendo numeri positivi e di rilanciare fortemente il ruolo del Network del Lazio (che presto potrebbe estendersi all’Abruzzo) nella partita di un settore, quello dell’economia del mare, che vale 2 punti e mezzo di PIL e circa 40 miliardi di euro l’anno. “Tutti gli scali nazionali - afferma il Presidente dell’Autorità Portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta e di Assoporti Pasqualino Monti – sono commissariati, è chiaro che occorre avere presto l’operatività della nuova legge, in modo che le nuove Autorità di Sistema Portuale possano diventare operative, con una governance in condizione di programmare opere ed investimenti, e non solo di gestire l’ordinario. L’Italia ha bisogno anche dei porti per ripartire, per questo bisogna fare presto, semplificare e rispondere alle esigenze del mercato, che non aspetta. Il problema non è di favorire questo o quel porto italiano: la sfida è con gli altri Paesi del Mediterraneo e, per certi aspetti, anche del Nord Europa ed extraeuropei. È impensabile che soprattutto a causa di procedure farraginose, di sovrapposizioni di competenze di troppi soggetti, oltre un terzo delle merci importate in Italia, che arrivano via mare, siano sdoganate nei porti del Nord Europa, per i nostri tempi di attesa talmente lunghi da far perdere al Paese anche il vantaggio di essere nel Mediterraneo la

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“seconda fermata” dopo Suez. Basta dunque con la micro-concorrenza tra i nostri scali. I porti italiani svolgono la decisiva funzione di regional gateway rispetto ai retrostanti sistemi economici territoriali e devono concentrarsi su questo ruolo strategico. Civitavecchia ad esempio, deve essere al servizio della seconda area di consumo italiana, la quinta in Europa, che è il mercato di Roma”. Da questo punto di vista, Civitavecchia ha dato ampia prova di funzionalità di tutta la filiera delle operazioni portuali, grazie alla quale, con la regia di Monti, che per mesi ha marcato strettissimo tutti i protagonisti di un accordo storico per lo scalo laziale, ha persuaso FCA ad utilizzare il porto di Roma per esportare verso gli scali americani di Halifax e Baltimora (e ora in tutto il mondo) le Jeep e 500X prodotte a Melfi. Civitavecchia non è il porto geograficamente più vicino, ma è quello che ha saputo da subito offrire e mettere a disposizione gli spazi per scaricare e collocare in banchina e nei piazzali retroportuali le centinaia di auto che ogni giorno arrivano in treno dalla Basilicata, in attesa di essere caricate sulle navi dell’armatore Grimaldi. Autovetture che inizialmente arrivavano ogni 2-3 settimane e che ora hanno una banchina dedicata dello scalo ogni 2-3 giorni. E dopo Melfi, già si pensa a conquistare anche l’export degli impianti di Cassino. Anche la programmazione e la capacità realizzativa e di spesa dei finanziamenti testimoniano la positività del lavoro svolto dall’Autorità Portuale guidata da Pasqualino Monti. La darsena Sant’Egidio, realizzata con fondi Cipe, è in via di ultimazione dopo che le prime due banchine erano state consegnate addirittura con 6 mesi di anticipo sul cronoprogramma. I risultati economici dell’Autorità Portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta continuano a indicare una prestazione positiva: l’utile netto dell’ente è cresciuto sensibilmente, fino ad arrivare, con la gestione Monti, a 15 milioni nel 2012. Le accise versate nelle casse dello Stato, derivanti dal traffico merci, sono passate da 750 milioni di euro ad oltre 1 miliardo l’anno. Contemporaneamente il Porto di Roma ha conservato il primato nazionale (ma secondo l’Authority anche quello del Mediterraneo, nella battaglia sui numeri ingaggiata con Barcellona) delle crociere, con circa 2,3 milioni di turisti transitati nel 2015 (+6,3% rispetto al 2014). Il prossimo grande investimento è quello che lancerà Civitavecchia in una


sfida delle merci, anche come volano economico per il quadrante nord del Lazio. Infatti il Gruppo Gavio, socio di maggioranza (le altre quote sono di Enel e Ludoil) della Compagnia Porto, nata per realizzare la Darsena Energetico Grandi Masse, ha confermato l’ investimento di 308,6 milioni di euro per costruire un terminal container da 1 milione di teus nell’area più a nord del porto, di fronte alle banchine del carbone che riforniscono la centrale elettrica di Torre Valdaliga Nord. L’investimento complessivo, circa mezzo miliardo, sarebbe completato dalla parte pubblica, con 200 milioni che l’Autorità Portuale sta cercando di finanziare attraverso la Banca Europea per gli Investimenti (BEI). L’obiettivo è ambizioso e Monti è riuscito a far inserire il progetto tra gli interventi italiani ricompresi nel piano Juncker e finanziati da Bruxelles con 1,7 miliardi complessivi. La fase più delicata è proprio quella in corso, in vista della chiusura degli accordi e dei processi essenziali a far partire le opere, che riguardano oltre 50 ettari di banchine, con i cantieri che potrebbero aprirsi nel 2017, per riconsegnare in 3-4 anni, un porto capace di movimentare almeno 300.000 container e di creare nuovi posti di lavoro. Sulla “Piattaforma Lazio” punta molto Unindustria che, poco tempo fa, ha illustrato lo studio sulle potenzialità strategiche di sviluppo di porto e retroporto commissionato a Kpmg: “Certamente c’è da completare la fase relativa alla costruzione delle infrastrutture occorrenti - ha evidenziato il Presidente degli industriali del Lazio Maurizio Stirpe – e, naturalmente, bisogna creare quelle condizioni e quel clima favorevoli affinché ci siano degli insediamenti produttivi, relativi al settore manifatturiero. Ritengo tuttavia che ci siano le condizioni per uno sviluppo concreto, c’è la vicinanza a Roma, c’è la vicinanza all’aeroporto hub di Fiumicino e Civitavecchia già gode del primato dal punto di vista del traffico crocieristico.  E ancora c’è la presenza di un costruttore di automobili importantissimo come Fca e c’è, infine, un investimento programmato per la nuova piattaforma relativa alla costruzione del nuovo terminal container. E proprio lì è il futuro: dove si potrà polarizzare una buona dose di sviluppo per il nostro territorio regionale”. Di certo, sull’importanza strategica del porto di Civitavecchia ormai non ci sono più dubbi, come dimostra anche l’intesa firmata a maggio dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi e dal Governatore del Lazio Nicola Zingaretti, che in un pacchetto da oltre 1 miliardo di euro per la regione, prevede 485,5 milioni di euro per l’ultimazione della superstrada Ravenna-Orte-Viterbo-Civitavecchia, un’arteria fondamentale per collegare il porto di Civitavecchia all’A1 e, quindi, all’Europa.

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formazione ITS Fondazione “G. Caboto”:

occupazione al 100% Intervista al Presidente Cesare d’Amico Oggi in Italia sono circa 163.000 gli addetti del settore diretti e indiretti che operano in ambito marittimo. Un trend in netta crescita rispetto agli anni passati. Significa che il mare attrae ancora i giovani? Le attività marittime afferiscono a tre settori: quello dei trasporti (si tratta del lavoro prestato a bordo di navi adibite al trasporto di merci e di passeggeri, delle navi speciali che operano offshore e delle imbarcazioni di servizio nei porti), quello della pesca (a bordo, cioè, delle imbarcazioni adibite alla pesca marittima e al servizio dei sistemi di acquacoltura) e quello del diporto nautico (a bordo di imbarcazioni concepite per scopi sportivi o ricreativi). Oltre ai mestieri più propriamente di bordo, una serie di profili professionali di terra rispondono alle diverse esigenze tecniche ed organizzative che intervengono ai fini della corretta gestione di una Compagnia di navigazione. È indubbio quindi che il mare abbia, da sempre, un enorme fascino, un forte potere evocativo ma per molti è soprattutto luogo di lavoro: mercantili, navi da crociera, da diporto, piattaforme, rappresentano un mondo di professioni ed economie tutt’altro che trascurabili, un insieme di settori ed attività complesse che offrono sbocchi professionali importanti, con ottime prospettive di crescita e di guadagno. Ecco perché di fronte alla complessità di uno dei settori dell’economia portante dell’Italia e dell’Europa, continuiamo a guardare al futuro con ottimismo ma sappiamo che l’asticella per il nostro impegno dovrà essere ancora più alta, evolversi come il settore sta facendo, e a tutti sarà richiesto un commitment ancor più importante al fine di raggiungere i nostri obiettivi di crescita. In che direzione sta andando lo shipping italiano? Il settore dello shipping ha una dimensione internazionale in cui l’evoluzione tecnologica e l’esigenza di rafforzare la sicurezza della navigazione e la tutela dell’ambiente marino, hanno prodotto un quadro normativo molto complesso con inevitabili ricadute anche nel campo dell’istruzione nautica che, oggi più che mai, deve essere adeguata ai requisiti richiesti da norme nazionali, internazionali e comunitarie. La grande sfida di oggi pone e persone come elemento fondamentale a garanzia di un trasporto marittimo sicuro, efficiente e rispettoso dell’ambiente, e impone che la professionalità delle stesse sia in linea con i più alti standard internazionali per dare risposte concrete alle esigenze reali del mercato. Quale deve essere il ruolo dell’impresa? Come imprenditori e operatori del settore siamo quotidianamente coinvolti e impegnati per sostenere, anche finanziariamente, politiche innovative per la crescita del settore. Dobbiamo raccogliere e mettere in atto le richieste del mercato locale e globale, intercettare lo sviluppo costante che i dati annunciano, essere sentinella delle dinamiche dell’economia. Per fare questo, sempre di più dobbiamo essere in grado di rispondere ai cambiamenti e alle sollecitazioni del contesto con le giuste competenze e capacità: ecco perché la formazione e lo sviluppo delle professionalità avranno un ruolo fondamentale. In un’economia sempre più competitiva, fatta di continue innovazioni, il compito di formare le nuove generazioni di lavoratori del settore marittimo non può pesare soltanto sul nostro sistema di istruzione: deve diventare un impegno per tutti e in prima linea c’è anche il sistema delle imprese. Secondo un recente rapporto di Bimco e ICS la distanza tra l’offerta di lavoratori marittimi meno qualificati e la domanda di ufficiali è destinata ad aumentare. Da dove nasce questo trend? Certe esigenze sulla formazione di allievi ufficiali nascono da lontano. Gli armatori hanno imparato la lezione degli anni ’80, quando la mancanza di una attenta politica di formazione della gente di mare e l’assenza di percorsi mirati ad agevolare l’imbarco dei giovani allievi creò, non solo in Italia, le premesse della carenza di ufficiali; carenza che purtroppo ancora persiste e che si prevede in aumento a livello comunitario.

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LA FONDAZIONE G. CABOTO Via Annunziata, 58 / 04024 Gaeta (LT) Tel e fax: 0771/712517 e-mail: info@fondazionecaboto.it www.fondazionecaboto.it Presidente: Cesare d’Amico Coordinatore di sistema: Erasmo Coccoluto Responsabile Didattico: Clemente Borrelli

Gli ITS in Italia Sono 86, per un totale di 363 corsi totali attivati e 193 conclusi e suddivisi su 6 aree tecnologiche (Efficienza energetica, Mobilità sostenibile, Nuove tecnologie della vita, Nuove tecnologie per il Made in Italy, Tecnologie innovative per i beni e le attività culturali –Turismo, Tecnologie della informazione e della comunicazione). Dai dati relativi al 2015, emerge che dei 1.684 studenti iscritti ai 67 corsi monitorati di 48 ITS, 1.235 sono i diplomati. Di questi l’81,1% (1.002 studenti) ha un’occupazione dopo 12 mesi e ciò anche grazie al fatto che i percorsi mediamente prevedono una quota molto alta di tirocini in azienda (42,6%) e di docenti provenienti dal mondo del lavoro (66,4%). Il 90,2% degli occupati ha trovato un lavoro coerente con il titolo di studio conseguito. Dei 1.002 occupati, 469 (il 46,8%) lo sono a tempo indeterminato, 533 (il 53,2%) a tempo determinato. Il 76,8% degli studenti è di genere maschile, con una percentuale di abbandono del 22,9%. Il 96% degli ammessi è diplomato e il 4% è laureato. Su 67 percorsi valutati, chiusi nel dicembre 2015, 28 riceveranno, in relazione al numero dei diplomati e al loro esito nel mondo del lavoro, fondi premiali per 3.846.366 euro, grazie al decreto sulla Buona Scuola che lega i finanziamenti a precisi criteri di qualità degli ITS.

Già alla fine degli anni ’90 la marina mercantile italiana doveva rispondere ad una duplice esigenza. Da un lato, i giovani che volevano intraprendere la carriera marittima si trovavano di fronte ad un vuoto formativo tra il conseguimento del diploma rilasciato dagli istituti nautici e la possibilità di acquisire la preparazione teorica per superare l’esame presso le Capitanerie di Porto, e anche i necessari mesi di navigazione certificati. Occorreva quindi offrire agli allievi sia percorsi formativi strutturati e conformi alle normative di settore, sia mesi di imbarco a bordo di navi italiane come allievi ufficiali. Dall’altro lato, navi sempre più grandi, sempre più complesse e con sistemi sempre più sofisticati per la navigazione e la movimentazione delle merci richiedevano nuove competenze e una formazione della gente di mare aggiornata e in linea con regimi normativi e di sicurezza sempre più severi che impongono personale di bordo sempre più qualificato. Cosa si può fare per invertire questo trend? Flotta all’avanguardia e personale specializzato sono i prerequisiti indispensabili per fronteggiare la concorrenza internazionale, e lo shipping sta affrontando una sfida generazionale: senza giovani professionisti del mare e uno Stato maggiore qualificato, l’intero cluster marittimo rischia di perdere la sua principale risorsa. Certamente, nel perseguimento di questo obiettivo, l’armamento e le organizzazioni sindacali svolgono un ruolo strategico e il recente accordo sull’imbarco degli allievi italiani su navi di bandiera italiana ed estera ne è la prova concreta. Il recente interesse manifestato dalle istituzioni italiane sul tema della formazione nautica è di buon auspicio per il futuro della gente di mare.

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formazione Oggi cosa sta avvenendo nell’armamento italiano? consentono agli studenti di arricchire il proprio bagaglio formativo e di comGli armatori italiani stanno investendo molto nella formazione dei profes- petenze nonché un avviamento immediato al lavoro qualificato. sionisti del futuro, promuovendo una migliore qualità della formazione del L’aggregazione stabile degli attori del percorso formativo-occupazionale ha personale navigante e amministrativo, fornendo conoscenze e competenze consentito la realizzazione di un’azione sinergica, non occasionale e innovafunzionali agli effettivi fabbisogni delle loro stesse imprese offrendo posti di tiva per l’economia del mare e per il panorama delle politiche della formaziolavoro e percorsi di carriera a bordo, a terra e anche negli altri comparti del ne: imprese del comparto, università, scuole, enti di formazione e istituzioni cluster marittimo, in linea con le esigenze dell’industria: nel 2005 Confitar- sono finalmente il primo grande esempio di governance multilivello e di inma ha supportato la nascita dell’Accademia Italiana della Marina Mercantile terazione pubblico-privato nel settore della formazione professionalizzante a Genova e successivamente ha sostenuto la nostra Fondazione G. Caboto a del mare. Gaeta e di recente quella di Trieste. La costituzione nel 2014 in seno a Confitarma della Commissione Education Perché la scelta della formula dell’ITS? intende perseguire l’obiettivo strategico di avere percorsi formativi idonei Gli ITS sono l’espressione, a livello formativo, del tessuto industriale ed ecoper raggiungere più alti livelli di quanomico del nostro territorio, divenlità in linea con i migliori standard tano il canale di formazione terziaria europei, passando per: di questo Paese, efficace e visibile, L’inserimento negli istituti tecnicoalternativo e comunque non più sunautici di docenti provenienti dalle balterno all’università, di pari dignità aziende; e con una validità riconosciuta anL’alternanza tra lezioni scolastiche che attraverso i crediti formativi. con periodi trascorsi a bordo o in Gli ITS ci parlano con i loro numeazienda; ri! Sono numeri che ci convincono Lo shipping europeo in totale ha prodotto lavoro per circa 2,3 milioni La promozione della formazione che questa è la strada giusta per di persone. continua per migliorare il bagaglio ricostruire il legame vincente tra di competenze, l’aggiornamento e istruzione, formazione, università e Ogni marittimo impiegato direttamente nello shipping crea ulteriori la riqualificazione professionale del impresa. È una delle strade da per2,8 posti di lavoro nell’economia europea, con un moltiplicatore pari personale delle compagnie di nacorrere per dare opportunità di laa 3,8. vigazione, in linea con i fabbisogni voro ai nostri giovani e per arricchire Nel 1998, in Italia erano circa 30.000 gli occupati diretti dell’industria formativi richiesti dal mercato del le nostre imprese e i centri di ricerdei trasporti marittimi. Oggi sono circa 63.000 gli addetti del lavoro. ca con tecnici altamente qualificati. settore (si stima che a bordo della flotta italiana ruotino circa 55.000 La Commissione Education ha anQuando la scuola dialoga sistemamarittimi e 8.000 sono i posti di lavoro a terra) più altri 100.000 che attivamente partecipato alla reticamente con l’impresa i risultati si addetti dell’indotto. dazione della “Guida ai Mestieri del vedono. Con l’introduzione del regime della tonnage tax per le navi iscritte Mare” con cui sono state finalmenLa premialità e il maggior raccornel Registro internazionale, in caso di mancato imbarco dell’allievo, te definite tutte le professioni dello do con le imprese e il territorio è la è previsto che l’armatore versi al Fondo Nazionale Marittimi una shipping, in conformità con le più strategia per consolidare e innalzare somma stabilita dalla legge. recenti novità normative internaziosempre più la qualità di questo innoIl Fondo Nazionale Marittimi, che ogni anno è tenuto a fare un nali. vativo sistema di istruzione.

L’Industria Marittima

rendiconto al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, dal 2009 al 2015 ha erogato a ITS, ITN e altri Centri di formazione, più di 9,889 milioni di Euro per la formazione gratuita degli allievi ufficiali.

Come descrive la sua esperienza alla guida della Fondazione Caboto? Come armatore, e anche grazie al coinvolgimento di altre aziende dello shipping, sono, già da tempo, impegnato al fine di realizzare una formazione più innovativa, aperta, costruita sui fabbisogni del mondo del lavoro e che possa rappresentare un vero fattore di sviluppo per il nostro settore e per l’intera economia italiana. Gli Istituti volti alla formazione dei lavoratori marittimi del futuro non devono più rappresentare torri d’avorio chiuse al mondo dell’impresa e del lavoro, ma luoghi aperti e capaci di recepirne le istanze. Da queste premesse è nata la idea di costituire l’ITS Fondazione Caboto, con un obiettivo ben preciso, quello di intervenire sulla formazione marittima al fine di migliorare la qualità della didattica fornita, ispirandoci finalmente ai modelli formativi comunitari più efficienti: la promozione dell’alternanza scuola-lavoro e l’inserimento strutturale negli istituti di docenti provenienti dal mondo dell’impresa che, portando nella scuola l’esperienza sul campo,

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E a proposito di numeri, la Fondazione Caboto si conferma tra i migliori ITS d’Italia. Secondo la recente riforma del sistema scolastico , gli ITS sono sottoposti a un sistema di monitoraggio gestito dall’INDIRE che ogni anno valuta i risultati di tutti quei corsi che si sono conclusi da almeno un anno e che permettono una verifica degli esiti occupazionali sugli allievi diplomati ad un anno dal conseguimento. Solo gli istituti che raggiungono determinati criteri di premialità possono usufruire di finanziamenti da parte del MIUR. L’ITS Fondazione G. Caboto, a seguito delle valutazioni effettuate sui corsi che al 31/12/2015 erano terminati da almeno un anno, si è posizionato al 10 posto della graduatoria nazionale, con il Corso Conduzione del Mezzo Navale ed. 1/2011, che ha fatto registrare un tasso occupazionale del 100%.


Gli ITS del Mare AREA TECNOLOGICA “MOBILITA’ SOSTENIBILE”

Quali sono i vostri programmi per il prossimo triennio 2016-2018? Ci stiamo lavorando proprio in questi giorni. In ogni caso terremo conto degli importanti risultati raggiunti nell’ultimo periodo, che ha visto incrementare il numero degli allievi previsti dall’iniziale proposta da 20 a 50, dei fabbisogni espressi dal settore e dei piani della Regione Lazio. La nostra intenzione è proporre nuovamente i percorsi formativi destinati alla formazione dei futuri Ufficiali di Coperta e Macchina. Il bando di selezione è previsto per settembre con inizio dei Corsi dopo la metà di ottobre. Vogliamo poi incrementare il lavoro di partnership con le aziende, che è comunque già notevolmente cresciuta. Sono 11 le Compagnie di Navigazione che collaborano con l’ITS, condividendo in modo concreto il progetto e contribuendo oltre che con l’imbarco degli allievi alla buona riuscita del percorso formativo. Molto intensa è infatti la partecipazione anche durante le fasi formative in aula, dove con la presenza di Comandanti o Direttori provenienti dalle diverse Compagnie, si può garantire una formazione tecnica, molto pratica e soprattutto effettivamente corrispondente alle esigenze aziendali. In questi mesi c’è stata la grande novità relativa all’introduzione dell’Esame Unico al termine del percorso Tecnico Superiore. Cosa succederà? Questa novità permetterà agli allievi promossi di conseguire nello stesso momento il Diploma Tecnico Superiore e il titolo di abilitazione ad Ufficiale di Navigazione. Infatti è stato firmato in Conferenza Unificata Stato Regioni l’accordo che prevede la costituzione di una Commissione di Esami unica, tra ITS e Direzione Marittima di competenza, che per i soli allievi degli ITS “del mare” permetterà di evitare il tradizionale giro delle Direzioni Marittime per lo svolgimento dell’esame. Si attende di passare alla fase operativa per l’organizzazione concreta dell’esame. Ci auguriamo di riuscire a sperimentare questa nuova modalità già dai prossimi esami che vedranno diplomarsi altri 40 nostri allievi dei Corsi Conduzione del Mezzo Navale e Gestione degli Apparati ed Impianti di Bordo iniziati nel 2013.

• Gaeta: Fondazione ITS “G. Caboto – Scuola Superiore di Tecnologie del Mare” (A) e (C) • Genova: Fondazione ITS “Accademia della Marina Mercantile” (A) • Trieste: Fondazione ITS “Accademia Nautica dell’Adriatico” (A) • Cagliari: Fondazione ITS “MO.S.O.S” (A) • Catania: Fondazione ITS “Mobilità sostenibile e trasporti” (A) • Torre Annunziata: Fondazione ITS “Mobilità sostenibile, Trasporti Marittimi” (A) • Viareggio: Fondazione ITS “Italian Super Yacht Life – I.S.Y.L.” (A) e (B) • Piacenza: ITS “per la mobilità sostenibile e la logistica” (A) e (C) • Taranto: Fondazione ITS “GE.IN.LOGISTIC” (C) • Polistena (RC): Fondazione ITS “Pegasus” (C) • Verona/Venezia: Fondazione ITS “LAST” (C) (A): Mobilità delle persone e delle merci (B): Produzione e manutenzione di mezzi di trasporto e/o relative infrastrutture (C): Gestione infomobilità e infrastrutture logistiche AREA TECNOLOGICA “NUOVE TECNOLOGIE PER IL MADE IN ITALY” • La Spezia: Fondazione ITS “Nuove tecnologie per il Made in Italy” Cantieristica e Nautica da diporto” - Settore Meccanica • Ancona: Fondazione ITS “Nuove Tecnologie per il Made in Italy di Recanati” – Settore Meccanica

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acquacoltura Del Pesce: altissima qualità targata Lazio Un viaggio nell’azienda leader dell’acquacoltura insieme al suo Amministratore Delegato Pietro Lococo L’allevamento di organismi animali e vegetali acquatici è un settore alimentare in rapidissima espansione che già fornisce più della metà del pesce consumato a livello mondiale. A sostenerlo è la Commissione europea che, nel 2013, ha emanato alcune norme volte a ridurre gli oneri amministrativi, migliorare l’accesso agli spazi e alle acque, aumentare la competitività e sfruttare i vantaggi concorrenziali grazie ad elevati standard qualitativi, sanitari e ambientali. Un lavoro che certifica la crescente importanza assunta in Europa dall’acquacoltura che rappresenta oggi quasi il 20% della produzione di pesce, dando lavoro a circa 85.000 persone. In Italia ad occuparsi di acquacoltura marina sono circa 20 PMI, per un totale di 20.000 tonnellate di spigole e orate all’anno prodotte, che grazie alla loro professionalità quotidianamente assicurano al mercato elevati standard in termini di qualità. Tra questa realtà, troviamo l’eccellenza espressa dalla Del Pesce Srl, azienda specializzata nell’allevamento in mare aperto in forma intensiva di spigole, orate e nella loro successiva commercializzazione. Con i suoi 4 impianti produttivi (Piscicoltura del Golfo di Gaeta Soc. Coop. Agricola a r.l., Pisciculture Marine de Malte ltd., Azienda Ittica S. Giorgio Soc. Agricola a r.l., Piscicoltura Portovenere S.r.l.) 1 avannotteria (Avannotteria Soc. Agricola a r.l.), 1 azienda di trasformazione del pesce, più di 200 dipendenti e le 4.500 tonnellate di pesce prodotto l’azienda laziale, guidata dall’imprenditore Pietro Lococo, si posiziona tra le prime in Italia. “Allevare in mare il Made in Italy è un’idea che ha sempre fatto parte di me. Allevare, per noi, significa rispetto. Per il mare, per i pesci, per il cliente finale ma, soprattutto, per l’ambiente, perché non possiamo considerarci esseri separati dal resto del mondo. La nostra mission è puntare su prodotti di alta qualità, e il mercato sta riconoscendo il nostro impegno confermando come il percorso intrapreso sia orientato nella giusta direzione”. Ed è proprio l’attenzione alla qualità in tutti i suoi aspetti la caratteristica principale dell’Azienda. Il sistema di controlli italiano è ritenuto tra i più efficienti d’Europa, la qualità sanitaria degli alimenti prodotti nel nostro Paese è di alto livello, questo risultato si ottiene con un monitoraggio quotidiano da parte di medici e di veterinari specializzati in sicurezza alimentare che operano nel Servizio Sanitario Nazionale. Sicurezza assicurata anche dalla grande distribuzione organizzata, che assorbe il 90% della produzione della Del Pesce, che applica tassativamente protocolli di produzione molto esigenti e restrittivi, garantendo la qualità del prodotto finale. “Oggi possiamo affermare con orgoglio che, con la realizzazione dell’avannotteria, abbiamo finalmente completato un percorso produttivo dall’avannotto al prodotto finito. Per noi la salubrità è il prerequisito senza il quale non si può produrre qualità, le nostre filiere sono orientate alle produzioni sane,

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assicurate, oltre che dalla severità dei controlli sanitari, dall’implementazione di controlli e garanzie di qualità attivi in ciascuna fase dei cicli di produzione per minimizzare l’esposizione ai rischi connessi all’acquacoltura. Applichiamo il protocollo del controllo di qualità agli avannotti, al pesce fresco, alle materie prime, ai fornitori e ai mangimi per i pesci”. Non capita tutti i giorni di poter entrare in una delle più grandi realtà industriali della nostra Regione e avere la possibilità di osservare da vicino le principali fasi del ciclo produttivo, dalla produzione degli avannotti alla commercializzazione. Proviamo a ricostruirlo insieme. Avannotti - L’Avannotteria a Petrosino, in Sicilia, entro la fine del 2016 produrrà 12 milioni di avannotti, con previsioni di 60 milioni nel 2017 e di 80 milioni nel 2018. È in fase di costruzione un’imbarcazione, realizzata completamente in Italia - dalla capacità di 280 m3 di acqua all’interno della stiva - per il trasporto degli avannotti prodotti. Tracciabilità - Tutta la vita degli animali e tutti i dati che riguardano il loro allevamento sono registrati e conservati grazie ad un programma informatico denominato Fish Maker. Questo permette in tempo reale di conoscere la storia del pesce che viene immesso sul mercato. Così da poter fornire informazioni dettagliate sul numero di lotto, sulla quantità e sul tipo di mangime somministrato, i giorni e le temperature di allevamento e così via. Tutto questo è anche alla base dei progetti di filiera che ci vedono protagonisti nella partnership commerciale con le maggiori catene della Grande Distribuzione Organizzata. “Il consumatore non è più un soggetto debole nelle dinamiche di compravendita. I consumatori oggi possono contare su una maggiore tutela e su una maggiore consapevolezza delle proprie preferenze, dove scegliere i prodotti alimentari con cognizione, sapendo che sul cibo agiscono negativamente diversi fattori: la freschezza, le modalità di conservazione, la tenuta della catena del freddo. La tracciabilità rappresenta oggi oltre che la risposta alle crescenti richieste di sicurezze alimentari da parte del consumatore, uno strumento di competitività e di razionalizzazione dei sistemi produttivi nonché di valorizzazione delle produzioni alimentari di qualità”. Benessere animale - Le condizioni di allevamento nell’impianto sono ottimali. La densità del pesce in gabbia è di circa 13 kg per metro cubo di acqua. Questo fa si che le condizioni ambientali - come ossigeno, spazio di allevamento, ecc. - permettano di ottenere un prodotto finale con caratteristiche organolettiche di primissima qualità. “L’acquacoltura non è uno scherzo. Vanno controllati la temperatura, la crescita, gli spazi, ecc. Tutto è finalizzato al benessere animale, perché se il pesce sta bene cresce sano. La densità per metro cubo del nostro prodotto garantisce maggiore qualità perché più il pesce si muove più la struttura della carne è buona. Non potendo utilizzare elementi chimici o medicine per guarire eventuali malattie, che farebbero male alle carni, oltra a essere contra legem, per noi la miglior cura è la prevenzione. Adottiamo vere e proprie politiche anti-stress per il pesce.


Tutto concorre all’ottenimento di una maggiore qualità”. mangimi - Vengono forniti dalle principali aziende mangimistiche europee che assicurano l’utilizzo di materie prime sane, sicure e sostenibili certificando tutta la catena produttiva. L’alimentazione dei pesci viene rigorosamente somministrata con mangimi OGM FREE, costituiti da un’alta percentuale di farina di pesce e di olio di pesce, senza l’utilizzo di proteine derivate da animali terrestri. “La quantità di Omega 3 del pesce allevato è superiore a quello del pescato; nei pesci di allevamento non ci sono livelli di sostanze inquinanti più comuni come metalli pesanti tipo mercurio, diossine, ecc, che fanno male all’uomo presenti spesso nel pescato. E questo perché sappiamo cosa e come il nostro pesce mangia e sappiamo come e dove vive”. Produzione e Pesca - La produzione tiene conto degli spazi di allevamento e delle esigenze del mercato. A garanzia della clientela, la produzione viene pianificata in modo da non creare “buchi” nella disponibilità del prodotto e quindi permette una solida programmazione delle vendite. La pesca viene effettuata giornalmente in funzione degli ordini, il prodotto pescato viene distribuito nel più breve tempo possibile così da garantire un prodotto sempre fresco e sicuro. “Preleviamo piccole quantità di pesce che immergiamo direttamente in acqua e ghiaccio dove il pesce muore per shock termico, quindi nel modo più veloce possibile. Entro 40 minuti il pesce, viene portato nell’area di incassettamento dove viene confezionato, imballato, ghiacciato e messo nelle celle frigorifere per la conservazione e il trasporto”. Trasporto - Dal momento della pesca i prodotti vengono preparati per il trasporto in meno di 40 minuti senza mai interrompere “la catena del freddo”. Per la movimentazione, al fine di garantire la massima cura e sicurezza, ci avvaliamo di professionisti del settore, con un servizio che copre tutta la penisola italiana con l’impegno di raggiungere la destinazione della consegna dalla pesca entro il termine massimo di 6/8 ore. Del Pesce, grazie alla particolare sensibilità della sua guida, tiene alto il buon nome delle PMI italiane capaci di investire costantemente in innovazione, ricerca e sviluppo e formazione del personale. “Siamo costantemente impegnati in programmi di Ricerca & Sviluppo, abbiamo intrapreso collaborazioni con il Prof. Cataudella dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, con il Prof. Santulli dell’Università degli Studi di Palermo e con la Prof.ssa Fioravanti dell’Università di Bologna. Tali collaborazioni costituiscono un elemento fondamentale per la realizzazione di un processo di crescita continuo, nonché momento di scambio tra professionisti e giovani ricercatori”. La Del Pesce è fortemente orientata allo sviluppo professionale del personale, inteso come incremento delle conoscenze, delle capacità, della consapevolezza e della disponibilità ad assumere responsabilità con l’obiettivo di

creare un sistema condiviso di valori etico – professionali. “Sul personale lavoriamo tanto, ci impegniamo, a differenza dei competitor stranieri, al rispetto e all’accettazione dei diritti dei lavoratori. Assicuriamo loro il diritto di ricevere un corretto controllo sanitario, avere una giusta informazione e formazione in materia di sicurezza sul lavoro, dei salari adeguati alle ore di lavoro svolte. Posso dire con orgoglio che i migliori giovani in Italia nell’acquacoltura lavorano con noi. Abbiamo tantissimi laureati. Veterinari e patologi interni. Abbiamo un laboratorio attraverso cui svolgiamo una continua ricerca sulla qualità di tutto il processo produttivo e sull’innovazione. Ci ispiriamo a un modello organizzativo inclusivo, riconosciamo, apprezziamo e incoraggiamo il talento dei nostri collaboratori. Solo attraverso uno spirito di collaborazione si può perfezionare e rafforzare la solida realtà già in essere e affrontare le nuove sfide del mercato permettendoci di essere tra i migliori del nostro settore”. In merito ai diversi interrogativi sull’inquinamento causato dagli allevamenti di acquacoltura la Del Pesce si rende sempre disponibile ad un confronto con le autorità competenti, gli operatori commerciali ed i cittadini. “L’acquacoltura ha un impatto positivo sul sistema marino. All’interno dei siti produttivi abbiamo sempre una quantità di pesce selvatico che si alimenta dai nostri mangimi rappresentando un aspetto positivo per tutto il microsistema, le nostre gabbie pullulano di pesce non allevato. In merito alle feci, presso i nostri impianti, è in fase di sperimentazione un sistema innovativo con l’Università degli Studi di Tor Vergata: l’utilizzo delle oloturie, al fine di ridurre al minimo gli effetti sui fondali. Siamo sempre disponibili se possiamo creare nuove opportunità di crescita del settore, attraverso condivisioni di know-how e progettualità. Spesso colleghi imprenditori o istituzioni straniere ci chiamano perché noi siamo in grado di costruire gli impianti da soli anche per terzi, come abbiamo sempre fatto qui in Italia”. La particolare attenzione all’impatto ambientale dei nostri sistemi di acquacoltura e ai possibili sviluppi del settore è testimoniata dal fatto che la Commissione europea ha inserito l’Italia e i suoi imprenditori tra le buone pratiche da condividere. Oggi gli investimenti in Europa destinati al settore dell’acquacoltura ammontano a 1,2 miliardi di euro. Di questi, l’Italia ne investe circa 220 milioni. Ma, oltre ai finanziamenti, ciò che serve alle imprese per crescere “è un intervento di de-burocratizzazione che riduca i termini dei procedimenti amministrativi, anche attraverso la loro armonizzazione, un coordinamento tra le normative di settore, la razionalizzazione di alcune procedure di controllo sui fondi nazionali e la disponibilità pubblica delle informazioni con procedimenti decisionali trasparenti ed aperti”.

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ROBERTO RINALDI

SUBACQUEO A 3 DIMENSIONI

Quando il mare ti entra dentro diviene parte del tuo sguardo. Questo accade letteralmente ed esistenzialmente a Roberto Rinaldi. Fotografo e cameraman subacqueo tra i più apprezzati del mondo, oggi si riscopre anche imprenditore con tanta creatività e un pizzico di ingegneria. Quella che ci è voluta, insieme a tanto studio e a una enorme dose di intuizione, per costruire la sua invenzione. La Seacam C300, targata Rinaldi, effettua riprese subacquee in 3D high res. Un prolungamento dello sguardo umano, leggero e maneggevole, che fa vivere anche a chi non è mai andato sott’acqua l’emozione del mare nascosto. Quasi li riesci a toccare quei pesci che ti rimandano lo sguardo attraverso l’obiettivo senza spaventarsi.

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A dirla così, sembra semplice. Soprattutto nel terzo millennio. E invece no, nessuno mai ci era riuscito. Tutte le riprese subacquee oggi avvengono con macchine pesanti e poco gestibili, traslate da quelle che si usano normalmente per le riprese esterne. Ci sono voluti più di nove mesi di progettazione e di lavoro per avere tra le mani il primo esemplare della Seacam C300, qualche viaggio in Europa e tanta caparbietà: “io sapevo quello che volevo: filmare in 3D senza alcun limite. Essere libero in acqua, veloce, in grado di utilizzare tutte le ottiche e affrontare ogni situazione” ha commentato Rinaldi poco dopo il primo anno di riprese. Un’idea semplice com’è semplice il mare e al tempo stesso geniale come è geniale il mare. Fotografo e cameraman subacqueo, ma anche giornalista e comunicatore, autore e regista, direttore della fotografia ed editor, in oltre 30 anni di esperienza Rinaldi ha sempre saputo condividere con il pubblico la sua passione per il mare. Noto per aver lavorato a bordo dell’imbarcazione Calypso del Capitano Cousteau, ha collaborato con le più importanti riviste di settore italiane e internazionali. Sempre in giro per il mondo, nel 1988 è stato Campione Italiano di Fotografia Subacquea. Insomma una vita dedicata a un racconto appassionato del mare, sempre di qualità e sempre più affinato nelle tecniche. Lo stesso racconto che oggi continua con il suo sogno in 3D. La sua Seacam consente di avvicinarsi moltissimo agli oggetti, anche con immagini macro. La particolare costruzione con due lenti simula lo sguardo umano. E’, infatti, la differenza delle due immagini di un oggetto registrate dai due occhi a dare l’effetto tridimensionale. La leggerezza del materiale e le dimensioni della macchina rendono facile la vita dell’operatore subacqueo che si muove con grande facilità sott’acqua. Lo sguardo del comunicatore di Rinaldi poi fa il resto e tira fuori immagini emozionanti che diventano parti di un film, racconti, video promozionali. Dalle prime riprese in 3D di un relitto romano a Ventotene fino alla partecipazione al recente film Uragans proiettato a giugno anche in alcune sale di Roma.

Roberto Rinaldi prova la sua Seacam C300

E in mezzo tante riprese in giro per il mondo: a Curaçao per un film sui delfini, a Cuba, filmando i coccodrilli, i cenotes e i coralli dei Jardines de la Reina per alcuni documentari 3D mandati in onda da Discovery Channel. E ancora Portorico o Bahamas per un film sugli squali. E poi il Mediterraneo: il corallo fiorito di Portofino, le grotte di Giannutri, i San Pietro tra le gorgonie di una secca al largo, i resti dei banchi del Canale di Sicilia e le reti delle tonnare, fino alle strutture e ai lavori sul relitto della Costa Concordia. Diverse anche le collaborazioni con le Aree Marine Protette Italiane, tra cui proprio quella delle Secche di Tor Paterno al largo di Ostia. Seacam C300 è una macchina tanto performante da aver valso a Rinaldi nel 2015 il premio per miglior stenografo europeo e il premio Lumiere per il miglior film in 3D europeo. Un’invenzione dalle enormi potenzialità, ideata nel Lazio. Un’occasione per il nostro Paese di innovare la comunicazione di mare nata dalla passione di un suo profondo e creativo conoscitore. E come potevano essere i suoi occhi se non blu come il mare?

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studi e statistiche V RAPPORTO Realizzato da Unioncamere

185.223 imprese

presenti nei Registri delle imprese delle Camere di commercio al 31 dicembre 2015 (3,1% del totale imprese nazionale tra costa ed entroterra)

il valore Imprese

42,6 miliardi

FILIERA ITTICA

di euro di valore aggiunto prodotto nel 2015 (3% del totale economia). Grazie al moltiplicatore che nell’Economia del Mare è pari a 1,9 (per ogni euro investito in una delle attività di questo segmento, se ne attivano, mediamente nel resto dell’economia 1,9) il valore aggiunto del totale della filiera del mare risulta essere di 122,9 miliardi di euro (8,6%).

835.100 occupati

nel 2015 (3,5% del totale occupati in Italia) SETTORI CONSIDERATI > Filiera ittica > Industria delle estrazioni marine > Filiera della cantieristica > Movimentazione di merci e passeggeri via mare > Alloggio-ristorazione (turismo marino) > Ricerca, regolamentazione e tutela ambientale > Attività sportive-ricreative (turismo marino) FOCUS TURISMO BALNEARE Località balneari

Totale presenze: 112.998.323 di cui 68.964.033 italiani e 44.034.290 stranieri di cui 69.421.931 in strutture alberghiere e 43.576.392 in strutture extra-alberghiere

INDUSTRIA FILIERA DELLE DELLA CANESTRAZIONI TIERISTICA MARINE

MOVIMENTAZIONE DI MERCI E PASSEGGERI VIA MARE

SERVIZI DI ALLOGGIO E RISTORAZIONE

RICERCA, REGOLAMENTAZIONE E TUTELA AMBIENTALE

ATTIVITÀ SPORTIVE E RICREATIVE

TOTALE ECONOMIA DEL MARE

TOTALE ECONOMIA

% TOTALE ECONOMIA DEL MARE SU TOTALE ECONOMIA

Viterbo

115

1

39

9

147

12

48

371

37.668

1,0

Rieti

23

0

23

0

0

5

0

51

14.844

0,3

Roma

2.419

77

3.145

1.202

14.939

894

5.790

28.467

478.189

6,0

Latina

585

4

449

194

1.582

78

687

3.579

57.659

6,2

Frosinone

114

0

87

2

0

21

0

224

46.801

0,5

LAZIO

3.256

82

3.743

1.407

16.668

1.010

6.525

32.692

635.161

5,1

Tot. Italia

33.783

509

27.399

11.081

77.081

6.616

28.754

185.223 6.057.647

3,1

occupati (migliaia di unità) FILIERA ITTICA

INDUSTRIA FILIERA DELLE DELLA CANESTRAZIONI TIERISTICA MARINE

MOVIMENTAZIONE DI MERCI E PASSEGGERI VIA MARE

SERVIZI DI ALLOGGIO E RISTORAZIONE

RICERCA, REGOLAMENTAZIONE E TUTELA AMBIENTALE

ATTIVITÀ SPORTIVE E RICREATIVE

TOTALE ECONOMIA DEL MARE

TOTALE ECONOMIA

% TOTALE ECONOMIA DEL MARE SU TOTALE ECONOMIA

Viterbo

0,3

0,0

0,4

0,0

0,6

0,2

0,3

1,8

110,1

1,6

Rieti

0,1

0,0

0,3

0,0

0,0

0,0

0,0

0,4

60,0

0,6

Roma

3,2

1,1

6,1

16,3

61,6

15,2

13,6

117,1

2.044,2

5,7

Latina

1,0

0,0

2,3

0,7

5,0

0,8

1,5

11,3

206,9

5,4

Frosinone

0,1

0,0

0,8

0,0

0,0

0,2

0,0

1,1

185,6

0,6

LAZIO

4,8

1,1

9,9

17,0

67,1

16,3

15,4

131,6

2.607,0

5,0

Tot. Italia

102,0

6,0

129,2

99,1

310,6

120,4

67,7

835,1

23.961,9

3,5

valore aggiunto (milioni di euro) FILIERA ITTICA

INDUSTRIA FILIERA DELLE DELLA CANESTRAZIONI TIERISTICA MARINE

MOVIMENTAZIONE DI MERCI E PASSEGGERI VIA MARE

SERVIZI DI ALLOGGIO E RISTORAZIONE

RICERCA, REGOLAMENTAZIONE E TUTELA AMBIENTALE

ATTIVITÀ SPORTIVE E RICREATIVE

TOTALE ECONOMIA DEL MARE

TOTALE ECONOMIA

% TOTALE ECONOMIA DEL MARE SU TOTALE ECONOMIA

Viterbo

11,2

0,2

16,2

2,2

23,2

13,7

9,8

76,4

5.832,9

1,3

L’IMPATTO ECONOMICO DELLA SPESA nelle località balneari è di

Rieti

2,3

0,0

8,9

0,0

0,0

2,2

0,0

13,5

2.798,3

0,5

Roma

162,9

276,3

322,8

1.784,8

2.593,9

949,9

679,9

6.770,5

135.278,7

5,0

19,5 miliardi di euro,

Latina

51,2

3,5

114,4

26,9

196,1

51,3

56,8

500,1

11.175,2

4,5

Frosinone

4,7

0,0

33,7

0,5

0,0

21,4

0,0

60,2

9.733,1

0,6

LAZIO

232,2

280,0

496,0

1.814,4

2.813,1

1.038,5

746,5

7.420,7 164.818,1

4,5

Tot. Italia

3.151,9

2.362,2

6.596,2

7.699,0

12.849,2

7.456,1

2.474,8

42.589,3 1.434.362,2

3,0

pari al 25% del totale della spesa turistica PRESENZE PER LOCALITà TURISTICA > Mare 35%

DATI NAZIONALI

54

studi e statistiche

DATI regionali


Indice sintetico regionale di intensità delle attività marittime

posizione 9

V RAPPORTO Realizzato dal Censis per conto della Federazione del Mare

dell’ECONOMIA DEL MARE Il cluster marittimo italiano si conferma uno dei settori più dinamici dell’economia nazionale contribuendo al PIL per

Indice regionale di attività diportistica

posizione 4

Indice regionale di attività navalmeccanica e cantieristica

32,6 miliardi di euro

(2,03%), inclusi gli effetti generati dalla spesa dei turisti crocieristi e diportisti, dando occupazione a circa 500mila addetti, quasi il 2% della forza lavoro del Paese. Una crescita in quasi vent’anni del 55% per quanto riguarda il PIL e del 60% per l’occupazione. Il prodotto interno lordo del cluster è connesso in larga parte alle attività produttive, manifatturiere o terziarie

posizione 10

Indice regionale di consistenza armatoriale

28 miliardi di euro

(circa pari quasi all’86% del totale). Il restante 14% circa è generato dalle attività istituzionali del comparto marittimo, ovvero da Marina Militare, Corpo delle Capitanerie di porto-Guardia costiera, Autorità portuali e dai sevizi assicurativi dell’Inail riguardanti il settore marittimo. La flotta di bandiera italiana: è tra le principali al mondo, la 3a dei grandi paesi riuniti nel G20 e supera i

posizione 4

Indice regionale di portualità e trasporto marittimo

17 milioni di tonnellate

di stazza, con posizioni di assoluto rilievo nei settori più sofisticati (navi ro-ro, da crociera, per prodotti chimici). L’Italia mantiene la leadership europea nel traffico crocieristico (con 6,2 milioni di passeggeri e 4.600 scali di navi), nella costruzione di grandi navi passeggeri e in quella di motor-yacht di lusso. I porti italiani sono al quarto posto in Europa per l’interscambio commerciale con le aree esterne all’Unione.

posizione 10

Indice regionale di pesca e acquacoltura

SETTORI CONSIDERATI > Industria navalmeccanica > Cantieri navali > Nautica da diporto > Logistica portuale e attività ausiliarie > Pesca > Trasporti marittimi > Attività istituzionali del comparto marittimo

DATI NAZIONALI

posizione 14

DATI regionali

studi e statistiche

55


internazionalizzazione I PRIMI EURO-MED DAYS OF THE BLUE ECONOMY 17 Paesi dell’area euromediterranea a confronto sui temi dell’Economia del Mare Il Lazio ha ospitato il 28 e 29 aprile un importante evento internazionale di confronto sui temi dell’Economia del Mare, i primi Euro-Med Days of the Blue Economy. Le due giornate, che hanno visto la partecipazione di rappresentanti di 17 Paesi dell’area euromediterranea, sono state organizzate da Unioncamere Lazio, in virtù della sua partecipazione al Sector Group “Maritime Industries & Services” della Enterprise Europe Network. Enterprise Europe Network, la più grande rete di servizi di sostegno alle Piccole e Medie Imprese per migliorare la loro competitività, sviluppare il loro potenziale di innovazione e confrontarsi in una dimensione internazionale, nasce nel 2008 promossa dalla Commissione Europea ed opera in Europa e in diversi Paesi nel Mondo. La rete è presente attualmente in oltre 50 Paesi attraverso più di 600 organizzazioni, fra camere di commercio, associazioni di categoria, agenzie regionali di sviluppo, università e centri di ricerca e più di 5.000 professionisti esperti. Per l’Italia sono sei i consorzi che, aggregando 56 organizzazioni, coprono l’intero territorio nazionale: “Alps”, “B.R.I.D.G.€conomies”, “Else”, “FriendEurope”, “Simpler” e “SMEtoEU”. I diversi consorzi offrono agli imprenditori del territorio numerosi servizi di informazione, assistenza specialistica, trasferimento tecnologico, sostegno all’internazionalizzazione, supporto tecnico nella progettazione europea. Unioncamere Lazio partecipa attivamente ai lavori del Sector Group “Maritime Industries & Services”, insieme a rappresentanti di: • Camera di Commercio d’Olanda (coordinatore) • Innovation Norway (Norvegia) – Agenzia governativa per l’innovazione • Bretagne Developpement Innovation (Francia)- Agenzia regionale di sviluppo • Tutech Innovation (Germania)- Società specializzata nel trasferimento tecnologico • Unioncamere Puglia (Italia) • Ethniko Idryma Erevnon (Grecia)- Fondazione Nazionale per la ricerca • Nyskopunarmidstod Islands (Islanda)- Centro Nazionale per l’innovazione • Aalborg Kommune (Danimarca) • Chambre De Commerce Et D’industrie de Region Paris-Ile-De-France (Francia) • Research Promotion Foundation (Cipro) Fondazione nazionale sulla promozione della ricerca • Agence Regionale Pour L’innovation et l’internationalisation des Entreprises de Provence Alpes Cote d’Azur (Francia) • Camara Oficial de Comercio Industria y Navegacion De Mallorca (Spagna) • Swerea Ivf Ab (Svezia) Istituto per la ricerca su rinnovamento industriale e crescita sostenibile • Investitions-Und Forderbank Niedersachsen (Germania) Banca per gli investimenti e lo sviluppo dello Stato della Bassa Sassonia • Chambre de Commerce et d’ Industrie de Region Languedoc Roussillon (Francia)

56

internazionalizzazione

Il Gruppo, costituito dall’EASME, Agenzia per la competitività e l’Innovazione, che per conto della Direzione Generale Imprese ed Industria della Commissione europea gestisce il network europeo (EEN), offre un forum d’interazione alle organizzazioni aderenti, che condividono interessi nel settore marittimo/servizi connessi; mantiene contatti con i servizi della Commissione presso la DG ENTR e la DG Mare, coordina eventi di matchmaking e di brokeraggio a livello europeo coinvolgendo distretti marittimi ed aziende presenti nei Paesi aderenti, individua nuove politiche di sviluppo per il settore della blue economy. Gli Euro-Med Days di aprile, organizzati in collaborazione con Regione Lazio e Lazio Innova nell’ambito della Fiera Internazionale Yacht Med Festival di Gaeta, si sono articolati su incontri privati, un workshop pubblico e un brokerage event. Hanno partecipato numerose imprese italiane e straniere, iscritte grazie a una piattaforma gratuita implementata per l’occasione. Si è trattata di una importante occasione di confronto internazionale finalizzata a condividere le migliori pratiche ed elaborare proposte per uno sviluppo strategico dell’Economia del Mare. Di altissimo rilievo il workshop “La Blue Economy nell’Area Euro Med: politiche innovative per lo sviluppo”, moderato da Economia del Mare Magazine, che ha visto la partecipazione di autorevoli rappresentanti provenienti dal mondo delle istituzioni e delle imprese. Gli speaker hanno avuto l’opportunità di condividere best practices dell’Economia del Mare, con particolare attenzione al trasferimento tecnologico e ai bandi europei. Sono intervenuti rappresentanti di: Agenzia PMI Commissione Europea – Sector Group Maritime Industry Services - Camere di Commercio olandesi – Commissione Generale per la Pesca del Mediterraneo della FAO - Instituto Portuario de Estudios y Cooperacion – Fondazione Caboto – Assonat – Navigo – Centro nazionale greco di documentazione – CNR INSEAN e CNR IAMC – Unioncamere –Istituto Italiano di Navigazione – Camera di Commercio Tuniso Italiana e imprese. I lavori del convegno sono stati preceduti dai saluti istituzionali che hanno evidenziato il ruolo dell’Economia del Mare quale importante fattore di sviluppo per l’Italia. La sessione tecnica è stata inaugurata dall’intervento di Victoria Beaz Hidalgo, rappresentante dell’EASME/Commissione europea, che ha illustrato le opportunità di finanziamento offerte dai bandi del fondo europeo marittimo. La presentazione di Cristina Pascual – National Contact Point per Horizon 2020, del centro Nazionale di documentazione greca (EKT/NHRF), membro del gruppo settoriale europeo, ha invece offerto un quadro d’insieme sulle opportunità di finanziamento europeo legate al programma Horizon 2020. A seguire, Niklaas van Hylckama Vlieg, coordinatore del Gruppo settoriale, ha presentato le attività del cluster marittimo olandese, uno dei più organizzati a livello europeo. Ha concluso gli Euro-Med Days il brokerage event che ha sintetizzato i lavori delle due giornate attraverso meeting bilaterali tra imprese europee, stakeholder, policymaker ed esperti nel settore dell’Economia del Mare.


Ludovico Einaudi

Save The Arctic www.savethearctic.org

“L’artico non è un deserto ma un luogo pieno di vita. Ho potuto vedere con i miei occhi la purezza e la fragilità di quest’area meravigliosa. E interpretare una mia composizione ispirata alla bellezza dell’Artico e alle minacce che subisce a causa del riscaldamento globale. Dobbiamo comprendere l’importanza dell’Artico per proteggerlo prima che sia troppo tardi”.

Ludovico Einaudi



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