Blister... Notizie mediche in pollole - LE EMERGENZE

Page 1

ta Gr at ui on e st ri b uz i Di Consultazione online • www.blisteronline.it

NUMERO 3

LE EMERGENZE l’informazione a Vostra disposizione...


ELENCO CAMERE IPERBARICHE IN ITALIA Lombardia - Istituto Iperbarico Via Bologna, 1- Zingonia (BG) - ILMI Via Premuda, 34 - Milano (MI) - Servizio OTI – Istituto Clinico Città di Brescia Via Gualla 15 - Brescia (BS) - Centro Medicina Iperbarica del Verbano srl Via Bellorini, 48 - Laveno (VA) Piemonte - O.T.I.P. srl Via Pola, 33 - 10135 -Torino Sito web - http://smart.tin.it/camipe - A.O. San Giovanni Battista – Serv. An. Rian.- Centro OT Corso Bramante, 88 - Torino - S.I.Pi.-Soc Iperbarica Piemontese Centro Iperbarico c/o”I Cedri” Largo Don Guanella,1 - Fara Novarese (NO) Veneto - OTI Medicale Via Avieri, 19 Torre - Quartesdo (VI) - ATIP Ass.Tecn.Iperb. Padova-Centro Iperbarico V ia Cornaro, 1 - Padova - Istituto Iperbarico spa Via 1° Maggio, 49 - Villafranca di Verona (VR) - OTI Services Via delle Macchine, 15 - Marghera (VE) Liguria - Osp S. Martino.serv.Ossigenoterapia iperbarica L.go R.Benzi,10 - Genova Trentino - Istituto Iperbarico di Bolzano srl Via Del Vigneto, 31 - Bolzano Emilia Romagna - Ospedale di Fidenza Serv. Anestesia, Rianimazione e Terapia Iperbarica Via Borghesi,1 - Fidenza (PR) - Centro Iperbarico srl Via A.Torre,3 - Ravenna - Poliambulatorio Privato MPM - Centro Iperbarico Via T. Cremona, 8 - Bologna Marche - Iperbarica Adriatica srl Via delle Quercie 7/A - Fano (PS) Toscana - CEMIS Via Aurelia ovest, 349 - Massa - Azienda Osp. Pisa-S.Chiara - Serv. Terapia Iperbarica V via Roma,67 - Pisa - Centro OTI “Nautilus” srl c/o Ist. Prosperius Viale F.lli Rosselli, 62 - Firenze (FI) - Osp Elbano - Centro Iperbarico Porto Ferraio (LI) - Ospedale Misericordia - Serv. di Ossigenoterapia Iperbarica Via Senese,18 - Grosseto - Servizio di Medicina Iperbarica e Subacquea, - Azienda Ospedaliera Careggi Viale Morgagni - Firenze

Tel 035-884406 02-76022511 030-3710358 0332-626384

Fax 035-882402 02-76004035 030-3710357 0332-667373

011-3978900 011-6335500

011-3978890 011-6335173

0321-818519 0321- 818111

0321-829875

0444-380240 049-8070843 045-6300300 041-5381182

0444-380377 049-8071939 045-6300597 041-921969

010-5553606 0471-932525

0471-200025

0524-515238 0524-515239 0544-500152 051-440807 051- 442094

0524-515236 0544-500148 051-441135

0721-827558

0721-827558

0585-834141 050-992738 050- 992111 055-2381637

0585-837203

0564-485446 0564- 485111

0564-485691

055-4279100

055-4279101

ELENCO CENTRI ANTIVELENI ITALIANI Centro Antiveleni Ospedale Niguarda Milano Centro Antiveleni Ospedale San Martino Genova Centro Antiveleni Ospedale Civile Sant’Andrea La Spezia Centro Antiveleni Ospedale Infantile B.Garofalo Trieste Centro Antiveleni Ospedale Civile Pordenone Centro Antiveleni Ospedale Maggiore Bologna Centro Antiveleni Ospedale M. Bufalini Cesena Centro Antiveleni Policlinico Umberto I° Roma Centro Antiveleni Policlinico A.Gemelli Roma Centro Antiveleni Ospedale Vito Fazzi Lecce Centro Antiveleni Ospedale SS Annunziata Chieti Centro Antiveleni Ospedale Cardarelli Napoli Centro interdip. Sulle intossic. Acute Padova Centro Antiveleni Ospedale Garibaldi Catania Centro Antiveleni Ist. Anestesia Torino Centro Antiveleni Ospedali Riuniti Reggio Calabria Ospedali riuniti Reggio Calabria: Policlinico Gemelli Roma :

02/66101029 010/56361-3760603 0187/533296 040/3785373-333 0434/550301 051/333333 0547/352612 06/490663 06/3054343 0832/665374 0871/345362 081/7472870 049/8275078 095/7594120 011/6637637 0965/811624 http://www.unirc.it/sar/index.htm http://www.tox.it/ CENTRI GRANDI USTIONATI

Ospedale S.S. Annunziata Sassari - Via De Nicola 14, 07100, Sassari Azienda Ospedaliera Cannizzaro - Catania - Via Messina, 829, 95126, Catania A.R.N.A.S Civico-Di Cristina-M. Ascoli - Via Carmelo Lazzaro, 90127, Palermo P.O. “A. Perrino” - S.S.7 Per Mesagne, 72100, Brindisi Policlinico Consorziale - Piazza Giulio Cesare, 11, 70124, Bari (Ba) Azienda Ospedaliera “A. Cardarelli” - Via A. Cardarelli 9, 80131, Napoli Ospedale S. Eugenio - Piazzale Dell’ Umanesimo, 10, 00144, Roma (Rm) Azienda Ospedaliera Pisana - Via Roma, 67, 56126, Pisa (Pi) Azienda-Usl Cesena Ospedale Centralino - V.Le Ghirotti, 286, 47023, Cesena Azienda Ospedaliera Di Parma - Via Gramsci 14, 43100, Parma Az.Osp. S.Martino E Cl.Iniv.Conv Popolare - L.Go R.Benzi 10, 16132, Genova Azienda Osp. “Villa Scassi” - C.So O. Scassi, 1, 16149, Genova A. O. S. Maria Della Mis. - P.Le S. Maria Della Misericordia, 11, 33100, Udine Azienda Ospedaliera Di Verona - Piazzale Stefani, 1, 37126, Verona Azienda Ospedaliera Di Padova - Via Giustiniani, 2, 35128, Padova A.O. “Osp.Niguarda Ca’granda” - Piazza Dell’ Ospedale Maggiore, 3, 20162, Milano C.T.O.-C.R.F.-Maria Adelaide - Via Zuretti 29, 10100, Torino

2

079 2061597 800 424121 0916661111 800 268040 080 5575712 081 7471 111 06 510029 050 993177 - 050 993178 0547 352111 0521 702111 010 5551 010 41021 0432 552720 045 8071111 049 821 1111 02 64441 011 6933111


Domus Medica Formazione Clinical Advisors: Allergologia ed Immunologia: Mehemet Hoxha Tirana Albania Anestesiologia e Rianimazione: Tritan Shehu Tirana Albania Cardiologia Prenatale: Dario Paladini Napoli Italia Chirurgia Epatobiliare e Trapianti: Umberto Cillo Padova Italia Chirurgia: Giuseppe Petrella Roma Italia Ematologia: Giovanni Di Minno Napoli Italia Emergenza-Urgenza: Giuseppe Salvatore Satriano Endocrinologia: Gianfranco Fenzi Napoli Italia Epatologia: Ilario de Sio Napoli Italia Farmacologia: Elio Kahn Tel Aviv Israele Genetica Medica: Valerio Ventruto Napoli Italia Neurologia: Nicola Modugno Isernia Italia Oncologia: Giuseppe Tonini Roma Italia Oncologia Molecolare: Frank Romeo Philadelphia USA Psichiatria: Antonello Bellomo Foggia Italia Radiologia: Marco Salvatore Napoli Italia Urologia: Gerardo Flammia Roma Italia

RUBRICHE

pag.

HORTO DEI SEMPLICI I rimedi naturali per curare le intossicazioni 26

WELFARE

Cosa fare in caso di incidente automobilistico? 27

AVVOCATO

La responsabilità medica nelle urgenze e… non solo… 28

LA MEDICINA AL CINEMA MEDICINA VETERINARIA

Pubblicazione bimestrale Anno 2 nº 3 - 2012 Distribuzione gratuita Reg. al tribunale: n. 4 del 30/12/2011 Tiratura: 20.000 copie Editore: “Domus Medica” Direttore Responsabile: dr. A. Cavalli Direttore Scientifico: dr. Sergio Cerrato Direttore Amministrativo: dr. Alessandro Cerrato Condirettori: Gaetano Ramundo, Augusto Vittorio Ramundo Capo redattore: dr. A. Calvo Redazione: dr. Maria Teresa Catucci, dr. Michele Ciasullo, dr. Edgardo Dilullo, dr. Anna Gagliardi, dr. Fabiola Guarino, dr. Stefano Minichino, dr. Roberta Polisiero, dr. Silvio Sacchi

Là sotto qualcuno aspetta 30

CIBUS

La congestione: come evitarla? 31

IL CENACOLO

Urgenze ed emergenze in sanità 32

MEDICI NELLA STORIA

Dominique-Jean Larrey 33

ULTIMISSIME

Convegni, corsi e congressi 34

ARTICOLI

pag.

I nuovi orizzonti dell’intervento psicologico

5

Come difendersi dalle punture degli imenotteri

8

Area Web: Antonio Macchione

Emergenze in cardiologia 11

Contatti: sito: www. blisteronline.it mail: info@blisteronline.it

Le insidie dell’alcool… 14 La violenza sessuale 16

Stampa: Grafiche Lucarelli Image: FreeDigitalPhotos.net

“E.R. Medici in prima linea” 29

Le urgenze nella patologia del gomito nel bambino 18 La trasfusione di sangue nelle urgenze 21 Tossinfezioni alimentari norme igieniche in pediatria 23 Il sole: amico o nemico? 24

SCRIVICI...

“BLISTER”

c/o “Domus Medica” Via Cardito, 52 - Ariano Irpino (Av) info@blisteronline.it www.blisteronline.it www.blisteronline.it

3


NUMERO TRE

EDITORIALE

Lo spirito, con cui sono stati scritti gli articoli, riflette il processo mentale del medico dell’emergenza di fronte al paziente e ciò consente al lettore di trovare informazioni specifiche, e nel contempo, ottenere dr. Sergio Cerrato

risposte adeguate, esposte in maniera chiara e comprensibile, frutto della grande esperienza degli Autori. Si è dato ampio risalto alle patologie, che più di frequente sono motivo d’intervento, sia per

scerrato@blisteronline.it

motivi di spazio che per il carattere divulgativo della rivista. Approfitto di questa opportunità anche per rivolgere un grazie sentito a tutti i volontari, gli operatori delle varie armi e del SSN, che con sacrificio personale e, talvolta anche a costo della vita, consentono ad un servizio imperfetto, quello dell’emergenza, di espletare, al meglio, il suo gravoso compito, che classi di politici, succedutesi negli anni, non hanno saputo regolamentare. A questo punto perdonatemi se vi riporto quanto espresse Winston Churchill, nelle sue memorie sulla seconda guerra mondiale, dopo il suo soggiorno a Roma: « La Città Eterna, tutta irta di colli, maestosa ed evidentemente invulnerabile, con i suoi monumenti ed i suoi palazzi, le sue splendide rovine non provocate dai bombardamenti, sembra contrastare nettamente con gli esseri piccini ed effimeri, che si agitano entro i suoi confini».

L’Aforisma

La storia continua...

Il medico saggio deve essere esperto tanto per prescrivere un rimedio quanto per non prescrivere nulla. Baltasar Gracián y Morales Oracolo manuale ed arte della prudenza 1647

4


I nuovi orizzonti dell’intervento psicologico: la psicologia dell’emergenza e dell’assistenza umanitaria Dr. Laddaga Daniela Psicologa dladdaga@blisteronline.it Dr. Calvo Antonella Ass. Soc. Dip. Salute Mentale Univ. Fg acalvo@blisteronline.it

Introduzione Le reazioni al trauma

Le comunità a cui è rivolto il primo soccorso psicologico sono quelle coinvolte in disastri, siano essi naturali (terremoti, alluvioni, tsunami) che prodotti dall’uomo (attentati terroristici, catastrofi ambientali) o in conflitti bellici che stravolgono l’identità popolare (si pensi alla guerra in Iugoslavia e ai genocidi). Spesso confusa con la psicotraumatologia (che si occupa della terapia psicologica del disturbo post-traumatico da stress), la psicologia dell’emergenza rappresenta invece una disciplina molto più ampia poiché integra tra loro contributi teorici che provengono da varie branche della psicologia (sociale, clinica, dinamica, ambientale, della comunicazione) adattandoli così a situazioni non ordinarie ma “straordinarie”. Se fino agli anni ‘80 i bisogni riconosciuti alle popolazioni in difficoltà erano solo quelli sanitari, con l’introduzione del nuovo concetto di salute intesa come “benessere bio-psico-sociale” l’obiettivo dell’assistenza è divenuto il completo benessere psico-fisico dell’individuo. È soprattutto con le guerre jugoslave che i progetti di assistenza psicologica alle vittime sono stati affiancati ai tradizionali interventi di tipo sanitario, nutrizionale e abitativo, caratteristici degli interventi nelle emergenze complesse. Prima di allora la psicologia era avulsa da tale contesto.

Eventi di valenza fortemente traumatica destabilizzano l’equilibrio psichico delle vittime, causando una iniziale fase di shock e disorganizzazione mentale a cui fanno seguito una cascata di reazioni emotive che rappresentano il modo in cui la psiche si difende dal trauma. Le reazioni più comuni possono essere di tipo emozionale (collera, disperazione, irritabilità, dissociazione), cognitivo (deficit della concentrazione, della memoria, pensieri e ricordi intrusivi, confusione), fisico (affaticamento, insonnia, iperattivazione sensoriale, cefalea, disturbi gastrointestinali, calo dell’appetito, lamentele somatiche) ed interpersonale (alienazione, ritiro sociale, menomazione scolastica e lavorativa, aumento dei conflitti nelle relazioni interpersonali). Le reazioni tipiche dei grandi traumatizzati sono soprattutto quelle definite “iperemotive” e che alimentano il PSTD. I sintomi del disturbo post-traumatico da stress (PTSD) sono raggruppati in tre tipologie. Nel primo gruppo rientrano le esperienze in cui il ricordo emerge con forte nitidezza e l’evento traumatico è rivissuto: flashbacks, incubi notturni, pensieri, sensazioni ed emozioni intrusive. Nella seconda tipologia rientrano sintomi di evitamento e di attenuazione della reattività generale: tutto ciò che ricorda il trauma viene allontanato. Si verifica un appiattimento della reattività generale che si manifesta nel diminuito interesse per gli altri, in un senso di distacco e di estraneità e nell’incapacità di provare emozioni positive. Nell’ultimo gruppo di sintomi rientrano tutti quelli relativi all’iperattivazione fisiologica: difficoltà di addormentamento e di concentrazione, ipervigilanza, esagerate risposte di allarme. La diagnosi richiede che tali sintomi persistano o per più di un mese, altrimenti si parla di distur-

FreeDigitalPhotos.net / Ambro

La psicologia dell’emergenza è quella branca della psicologia che ha come finalità lo studio, la prevenzione e il trattamento, attraverso interventi clinici e sociali, dei processi psichici, delle emozioni e dei comportamenti che si sviluppano in situazioni di emergenza umanitaria. Il suo fine è quello di fornire risposte competenti alle necessità che le popolazioni sviluppano in caso di eventi tragici di portata collettiva.

www.blisteronline.it

5


bo acuto da stress. Il disturbo acuto da stress, si manifesta anch’esso come una risposta provvisoria dell’individuo a situazioni gravi e catastrofiche, ma la sua peculiarità rispetto al PTSD consiste nel fatto che nasce e scompare nell’arco di quattro settimane. Le suddette reazioni generalmente si estinguono in pochi mesi ma rischiano di degenerare in psicopatologie gravi qualora sopraggiungano anche altre condizioni sfavorevoli, come l’assenza di una adeguata assistenza o il peggioramento della situazione politico-sociale delle comunità. I servizi di salute mentale mobilitati nei contesti di emergenza, mirano in particolare sia a ristabilire il funzionamento psicologico e sociale delle persone e delle comunità, che a contenere la gravità delle reazioni psicologiche disadattive per evitare che le popolazioni incorrano in menomazioni psicologiche o sociali gravi, a causa dello shock provocato dall’evento traumatico. La maggior parte del lavoro, come pare ovvio in una situazione di emergenza, avviene in un contesto non clinico (rifugi, centri di emergenza, scuole) e soprattutto non consiste mai, almeno nelle sue fasi iniziali, in una psicoterapia ma piuttosto nella gestione di situazioni pratiche e più urgenti. Infatti si utilizzano semmai tecniche psicoeducative per illustrare ai superstiti o alle vittime quali sono le reazioni più comuni di stress e i modi per imparare a gestirle (strategie di coping e problem solving). Tra le strategie di intervento usate possiamo annoverare le tecniche dell’ EMDR, defusing e debriefing. L’EMDR è una terapia specifica del PTSD (disturbo post-traumatico da stress) e consiste in una serie di stimolazioni che sembrano facilitare la ripresa di materiale mnestico non elaborato. Le altre due sono tecniche di gestione dello stress da evento critico e rappresentano due momenti rilevanti all’interno del programma CISM (gestione dello stress da incidenti critici). Il defusing è una tecnica “a caldo”, usata immediatamente dopo l’evento traumatico e consiste in un breve incontro individuale o di gruppo in cui le persone coinvolte hanno la possibilità di parlare brevemente della loro esperienza, attenendosi però solo alla percezione dei fatti concreti e non ancora alle emozioni, prima che possano nascere reazioni emotive difficilmente contenibili. “Defusing” infatti, vuol dire rendere una cosa innocua prima che possa arrecare danni. A questa metodica segue, a distanza di pochi giorni, il debriefing, un incontro strutturato che viene organizzato con i soggetti traumatizzati e che offre la possibilità di esternare e confrontare con altri i propri pensieri, ricordi ed emozioni più disturbanti in modo tale da comprenderli, elaborarli e normalizzarli. Il gruppo così ricostruisce l’accaduto, lo rinarra e da significato all’evento. Questa serie di incontri termina con un rito, scelto dagli stessi componenti, che definisce chiaramente e chiude i confini temporali del lutto e del dolore, inaugurando una nuova fase dell’esistenza. Il pronto soccorso psicologico è rivolto a varie tipologie di vittime, non solo quelle che hanno diret-

6

tamente subìto il trauma, ma anche a parenti, amici e allo staff dei “caregivers” che opera sulla scena (soccorritori, volontari, professionisti). L’intervento clinico nelle popolazioni mira anche a tutelare la salute psichica dei bambini poiché, visti con i loro occhi, le catastrofi possono apparire assai diverse da come appaiono agli adulti. Nell’ultimo decennio, la consapevolezza del danno evolutivo, provocato da tali esperienze traumatiche e dalle loro conseguenze durature e nefaste, ha influenzato in modo significativo l’azione umanitaria. I traumi a cui i bambini sono esposti (la morte o la separazione dai genitori, l’aver assistito a uccisioni o torture, la deprivazione dei beni di prima necessità, ecc.) indirizzano molti progetti psicosociali alla tutela e al recupero di bambini vittime di situazioni di emergenza (profughi per eventi bellici o per catastrofi naturali, bambini-soldato, bambini di strada, ecc.). I piccoli subiscono l’effetto di una serie di stressors a cascata, come la perdita delle case e di tutti i beni, il cambiamento della scuola, l’allontanamento dagli amici e questo insieme di fattori stressanti può continuare ad agire per settimane, mesi o addirittura anni, mettendo fortemente alla prova le risorse e le capacità di adattamento dei bambini e delle loro famiglie. Ipervigilanza, pianto inconsolabile, regressione nello sviluppo, ansia da separazione, ritiro sociale e terrore notturno con risvegli frequenti sono i sintomi più comuni dei bambini fortemente traumatizzati e che possono evolversi in disturbi depressivi e di ansia, laddove non si interviene con programmi di “child protection” . Il supporto sociale che i bambini sentono provenire da figure significative (famiglia, amici, insegnanti) va a mitigare l’impatto del disastro, ma questo non può avvenire se i genitori a loro volta hanno difficoltà di adattamento e si dimostrano meno abili a provvedere ai bisogni emotivi dei loro figli, perché troppo ripiegati sui loro problemi. Se invece i bambini sentono che gli adulti stanno elaborando il trauma, ciò può prevenire il rischio di reciproca amplificazione delle sofferenze. Le piccole vittime di un disastro hanno quindi la necessità di parlare della loro esperienza, dare forma alle paure e soprattutto di avere accesso ad adulti a loro volta presi in cura e quindi capaci di contenerli sia a livello emotivo, sia a livello comportamentale. Verso la psicologia dell’assistenza umanitaria e della cooperazione allo sviluppo. L’aiuto psicologico alle popolazioni calamitate non può essere circoscritto al solo periodo di emergenza ma dovrebbe protrarsi fino alla fase di post-emergenza. La psicologia è percepita fondamentalmente come una disciplina centrata sul comportamento individuale, ma nello scenario internazionale l’espressione che si sta imponendo sempre più è “Psicologia dell’assistenza umanitaria” in riferimento all’operato di quelle agenzie umanitarie che lavorano normalmente su grandi numeri e su target comunitari. Le linee guida internazionali di intervento hanno inoltre enfatizzato


Un evento traumatico, oltre a generare bisogni di assistenza, introduce necessariamente un cambiamento a carico dell’intero sistema sociale della popolazione interessata; le comunità, come le persone, non ritornano mai “come prima” e subiscono un lutto culturale che interessa il mondo sociale preesistente, quindi parti della propria cultura e identità. Prima del disastro la comunità si basa su una serie di legami, norme, organizzazioni, ma l’evento critico lacera questa struttura, disorganizza le società, introducendo la necessità di ricostruire un nuovo equilibrio sociale. Per questo motivo i progetti tendono a collocarsi nella fasi di postemergenza: quando i bisogni di sopravvivenza della popolazione sono stati sufficientemente soddisfatti, subentrano i lavori di ricostruzione sociale alimentati da una mobilitazione massiccia di energie volte al raggiungimento di un nuovo equilibrio. Il dolore per le perdite genera in una comunità un vissuto di “eterno presente: il tempo si blocca, il trauma spezza il nesso tra passato, presente e futuro”. Mentre il passato viene “rimuginato” con modalità ossessive, il futuro scompare dalla prospettiva. L’assistenza umanitaria cerca di costruire contesti collaboranti e operosi che fungono da contenitori per la perdita e il dolore, capaci di riattivare

il tempo oramai cristallizzato e favorire l’empowerment psicosociale. Una volta terminata la fase acuta dell’emergenza, è necessario che l’intervento rivolto alla comunità si evolva in un progetto di sviluppo. Per questo è lecito unificare i due ambiti di intervento, quello rivolto a target comunitari e quello volto allo sviluppo nell’unica dizione di “Psicologia dell’assistenza umanitaria e della cooperazione allo sviluppo”. Laddove l’evento critico sconvolge il precedente equilibrio della comunità e non è possibile restaurarlo, l’unica possibilità è attuare un cambiamento, ossia trovare un nuovo equilibrio in una situazione necessariamente diversa. L’evento traumatico, per quanto doloroso sia, rappresenta comunque un’opportunità di cambiamento che favorisce la resilienza dei popoli, ossia la loro capacità di affrontare le avversità, riemergere dalle crisi più profonde e di uscirne rinforzati e trasformati positivamente. Le popolazioni con un alto livello di resilienza riescono a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e a raggiungere mete importanti. La resilienza può essere definita come la capacità di fuoriuscire dalle avversità attraverso strategie di coping e processi di adattamento che permettono il superamento della crisi.

FreeDigitalPhotos.net / Ambro

sempre più la necessità di integrare gli approcci tradizionali della psicologia dell’emergenza, orientati principalmente all’azione clinica con un’attenzione molto più marcata agli aspetti comunitari, psicosociali e interculturali dell’intervento effettuato. Lo psicologo dell’emergenza non deve quindi occuparsi solo della clinica di individui isolati dal loro contesto di appartenenza, ma anche gestire in modo sistemico lo scenario psicosociale e comunitario, all’interno del quale si è generata l’emergenza.

www.blisteronline.it

7


COME DIFENDERSI DALLE PUNTURE DEGLI IMENOTTERI

Dr. Antonio Pio Dirigente medico U.O.C. di Allergologia ed Immunologia Clinica Azienda Ospedaliera Universitaria S. Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona Salerno apio@blisteronline.it

Gli Imenotteri sono un ordine di insetti comprendente oltre 100.000 specie, quelle che possono provocare gravi reazioni allergiche sono: l’ape, il calabrone e le vespe. Le Api (fig. 1) hanno il corpo piuttosto tozzo, di colore nero, con strie bruno-giallastre, ricoperto da peluria; vengono allevate, fin dall’antichità, per la produzione di miele e cera, hanno pungiglioni seghettati che dopo la puntura non possono più essere retratti. Il Calabrone o Vespa Crabro (fig. 2) ha grandi dimensioni e colore rossastro; costruisce i nidi costituiti da più favi sovrapposti racchiusi da un involucro di forma sferoidale in ambienti molto riparati. La Vespa comune o Polistes (fig. 3) presenta un addome fusiforme (vitino di vespa); i nidi in genere sono piccoli e si trovano sotto tettoie o in tubi di ferro o lamiere. La Vespula o Giallone (fig. 4) ha colore giallo e nero e dimensioni intermedie tra Polistes e Calabrone, costruisce nidi simili a quelli dei calabroni nel terreno, per cui possono essere facilmente calpestati. Si nutre di alimenti di svariata natura: frutta, carne, pesce, succhi di frutta, bevande zuccherate. Le vespe hanno pungiglioni lisci che consentono di pungere più volte senza alcun problema. E’ da ritenere del tutto naturale l’occasionale presenza di qualche ape, vespa, calabrone od altro insetto pungente, attirati, nei pressi od all’interno delle abitazioni rurali, da aromi, residui alimentari o da condizioni climatiche più favorevoli rispetto all’esterno. La puntura o morsicatura di un insetto, in genere, provoca dolore, prurito, arrossamento e gonfio-

8

re dovuti alle sostanze irritanti contenute nella saliva. Le punture degli Imenotteri sono eventi imprevedibili in grado di provocare delle manifestazioni, che possono variare dalla semplice reazione locale (generalmente dovuta a sostanze irritanti, a basso peso molecolare, presenti nel veleno) fino, in soggetti particolarmente predisposti, allo shock anafilattico (provocato da sostanze ad alto peso molecolare, in grado di attivare una reazione allergica). La reazione più comune è quella locale, che talora si può estendere ad un intero arto o a vaste aree corporee e durare per più di 24 ore. Nei soggetti allergici si possono verificare delle reazioni sistemiche, che, generalmente, insorgono entro 5-60 minuti dalla puntura. Queste possono coinvolgere la cute, l’apparato digerente, quello respiratorio e quello cardiovascolare, con una gravità variabile, che può portare anche a morte in pochi minuti. In seguito a punture multiple, contemporanee prodotte da uno sciame, la notevole quantità di veleno inoculata può provocare una reazione particolarmente grave, caratterizzata da collasso cardiocircolatorio e insufficienza renale acuta, talora mortale. La variabilità delle reazioni dipende da diversi fattori, dalla predisposizione individuale, dall’età, dal sesso, dallo stato di salute, dall’utilizzo di farmaci, dal sito di puntura, dal tipo di insetto e soprattutto dall’intervallo di tempo intercorso tra una puntura e l’altra. Sono estremamente più gravi nei soggetti allergici. Studi recenti hanno dimostrato che le persone più a rischio sono quelle esposte con relativa frequenza alle punture, come gli agricoltori, i familiari di apicoltori, e gli apicoltori dilettanti, mentre gli apicoltori professionisti, spesso, sviluppano una buona tolleranza per la maggiore frequenza e regolarità delle punture ricevute. Anche se mancano dei dati ufficiali sulla mortalità, dalle


notizie di cronaca emerge che in Campania almeno 2-3 persone muoiono ogni anno per shock anafilattico da puntura di Imenotteri. Da diversi studi è emerso che la maggior parte dei soggetti deceduti in seguito alla puntura degli Imenotteri aveva avuto una precedente reazione, ma non aveva mai iniziato un trattamento desensibilizzante, né aveva con sé farmaci per fronteggiare una eventuale emergenza.

CONSIGLI PER PREVENIRE LE PUNTURE DEGLI IMENOTTERI • Ispezionare i luoghi intorno all’abitazione o al posto di lavoro, in cui ci possa essere un nido di vespidi. • Affidare a personale specializzato la bonifica di eventuali alveari o nidi presenti in casa o nelle vicinanze.

Solo un’informazione capillare rivolta a quanti sono esposti al rischio di puntura e al personale che opera nei servizi di emergenza può contribuire a ridurre significativamente sia la gravità delle reazioni anafilattiche, che la mortalità. E’, perciò, importante che in caso di punture ci si rivolga sempre ad un medico, che possa valutare la gravità del caso e se necessario indirizzare ad un centro allergologico attrezzato. Delle semplici prove cutanee sono in grado di evidenziare un’eventuale allergia. In caso di positività, medico e paziente potranno verificare insieme la reale indicazione all’Immunoterapia Specifica o in alternativa un trattamento da praticare in caso di emergenza.

• Applicare zanzariere alle finestre dell’abitazione.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito il vaccino con veleno di Imenotteri un autentico salvavita e lo ha riconosciuto come unico trattamento in grado di prevenire nuove reazioni anafilattiche in caso di puntura.

• Non indossare abiti larghi di colori vivaci, blu o nero.

• Tenersi possibilmente lontani da frutteti, vigneti e cespugli in fiore. • Tenersi lontani da alveari, soprattutto in caso di cattivo tempo. • Gli apicoltori, quando si avvicinano agli alveari, devono indossare maschere protettive, tute e calzature adeguate. • Se si lavora in giardino o in campagna, coprirsi adeguatamente con cappelli, guanti, pantaloni lunghi, camicie a manica lunga e idonee calzature.

• Non camminare a piedi nudi. • Evitare l’uso di spray per capelli e cosmetici profumati (deodoranti, creme solari, shampoo), perché potrebbero attirare gli Imenotteri. • Evitare di spostare tronchi d’albero o ceppi, perché potrebbero contenere dei nidi di Vespidi. • Evitare di cucinare all’aperto o lasciarvi bevande e alimenti incustoditi. • Evitare di bere direttamente dalle lattine di bibite lasciate aperte, per la possibilità che vi sia entrata qualche vespa.

fig. 1

• Conservare i rifiuti ben chiusi e spruzzare con insetticida i bordi delle pattumiere. • Quando si pratica attività sportiva all’aria aperta usare cautela, perché il sudore e l’anidride carbonica eliminata con la respirazione attirano gli Imenotteri. • Indossare il casco integrale, i guanti e i pantaloni lunghi quando si utilizzano motocicli.

fig. 2

• Viaggiare in auto con i finestrini ben chiusi e tenere nell’abitacolo un insetticida. • In presenza di Imenotteri cercare di mantenere la calma, evitare movimenti bruschi e urla, non cercare di schiacciarli, ma allontanarsi lentamente. COSA FARE IN CASO DI PUNTURA D’IMENOTTERI

fig. 3

• I pazienti allergici al veleno d’Imenotteri dovrebbero evitare l’uso di farmaci che possono aggravare un’eventuale reazione allergica, quali beta-bloccanti e ACE-inibitori. • Tutti i soggetti sensibilizzati dovrebbero portare una piastrina o un cartoncino nei documenti, che segnali la propria condizione di allergico ed adeguatamente istruiti, una fiala di Adrenalina autoiniettabile.

fig. 4

• In caso di puntura cercare di allontanarsi il più velocemente possibile ma con la dovuta cautela dal luogo dell’incidente. www.blisteronline.it

9


• In caso di puntura di ape se il pungiglione è rimasto conficcato nella cute rimuoverlo immediatamente raschiandolo con le unghie o con una lama, evitando di schiacciare il sacco velenifero tra le dita.

della voce o difficoltà a respirare, disturbi della vista, vertigini, calo della pressione arteriosa, tosse, forti dolori addominali, vomito o diarrea, praticare una dose di Adrenalina autoiniettabile secondo le modalità indicate dall’allergologo.

• È bene controllare immediatamente l’orario, può essere utile per valutare il tempo di comparsa della sintomatologia.

• Dopo l’autosomministrazione di Adrenalina, raggiungere rapidamente un presidio medico di emergenza o un posto di pronto soccorso per completare la terapia antiallergica, perché l’Adrenalina ha un’azione rapida ma di breve durata e va associata ad altri farmaci.

• Se si è soli cercare di raggiungere al più presto un luogo abitato o un posto di pronto soccorso, ai primi sintomi segnalare al 118 la propria condizione e posizione. • Se si è in compagnia informare immediatamente chi c’è vicino e insieme avviare le procedure precedenti. • In caso di comparsa di uno o più dei seguenti sintomi: senso di costrizione alla base della lingua con difficoltà a deglutire, cambio del tono

10

• Nei giorni immediatamente seguenti rivolgersi ad un centro allergologico specializzato, che potrà sia prescrivere la terapia necessaria per affrontare l’emergenza, sia praticare gli esami diagnostici ed attuare una eventuale immunoterapia.


FreeDigitalPhotos.net / cooldesign

EMERGENZE IN CARDIOLOGIA

FreeDigitalPhotos.net / Nutdanai Apikhomboonwaroot

Le malattie cardiovascolari sono, tra le varie forme patologiche, quelle maggiormente implicate nel settore dell’urgenza e dell’emergenza. Per “emergenza cardiologica” s’intende il deterioramento critico della funzione cardiaca che causa compromissione in atto o imminente delle funzioni vitali, tanto da configurare una minaccia di morte e da rendere necessario un intervento immediato. L’emergenza assoluta è la perdita di conoscenza con assenza del polso e/o della respirazione. Nell’espressione “urgenza cardiologica” si includono le patologie cardiovascolari acute che comportano un forte rischio a breve termine di compromissione delle funzioni vitali, tanto da mettere in pericolo la vita dei pazienti; in tali circostanze è richiesto un intervento rapido ma articolato sulla base di approfondimenti diagnostici: è il caso delle sindromi coronariche acute, dello scompenso cardiaco, delle turbe del ritmo, delle lipotimie. Il trattamento delle

Dr. Gianfranco Ricciardi Specialista in cardiologia e medicina dello sport Ospedale San Gennaro Napoli gricciardi@blisteronline.it

emergenze ed urgenze cardiologiche prevede: a) riconoscere e stratificare le emergenze/urgenze che si verificano sul territorio; b) garantire in situ la rianimazione cardio-circolatoria; c) avviare il trattamento medico a breve termine dall’insorgenza dei sintomi; d) trasferire i pazienti in ambiente ospedaliero in condizioni protette. È da notare che, malgrado in Italia come in tutto il mondo occidentale, la mortalità ospedaliera nelle ultime decadi si sia notevolmente ridotta soprattutto per ciò che riguarda l’infarto miocardico, non solo le malattie cardiovascolari restano quelle che causano il maggior numero di decessi, ma sono anche la causa più frequente di morte improvvisa. Quest’apparente contraddizione è legata alla quota di decessi da causa cardiovascolare che si verifica sul territorio. L’approccio alle emergenze/ urgenze in cardiologia ha subìto negli anni una profonda trasformazione grazie alle nuove acquisizioni in campo fisio-patologico e ai progressi nella diagnosi e nella terapia. Le principali patologie in grado di creare condizioni di emergenza sono: - la morte improvvisa da causa cardiaca; - l’infarto miocardico; - l’ipertensione arteriosa di alto grado; - la dissezione aortica; - l’ictus cerebrale; - lo scompenso acuto; - le aritmie ipo ed ipercinetiche. Tra tutte l’infarto miocardico resta la condizione di emergenza più frequente e la principale causa di morte della popolazione adulta. In Europa si contano circa 800.000 ricoveri all’anno con una mortalità pre-ospedaliera di circa il 50% ed intra-ospedaliera del 5-6%. Tuttavia è anche la patologia in cui si sono registrati i migliori risultati: la terapia fibrinolitica prima, l’angioplastica primaria poi, hanno consentito di ridurre significativamente la mortalità soprattutto se l’intervento avviene nelle primissime ore dall’esordio dei sintomi. L’aforisma “tempo è muscolo” definisce bene come un intervento tempestivo ed efficace non solo abbatte la mortalità in fase acuta, ma riduce la morbilità nella www.blisteronline.it

11


FreeDigitalPhotos.net / dream designs

e per il successivo trasporto protetto. Se alcune regioni italiane come l’Emilia Romagna, la Lombardia, la Liguria e la Toscana dispongono di livelli organizzativi di eccellenza, altre, ed in particolare quelle del Sud, ancora non dispongono di un modello che consenta ad ogni paziente con sindrome coronarica acuta di accedere alle migliori terapie. Ne deriva che ogni paziente affronta un rischio di mortalità, in caso di infarto miocardio, che varia in rapporto all’area geografica. Si tratta di una sperequazione inaccettabile per superare la quale è partito il progetto “STENT FOR LIFE” (SLF). Si tratta di un’iniziativa europea che vuole assicurare a tutti i pazienti pari opportunità e rapido accesso alle procedure salva-vita in caso di infarto miocardico. In Italia SFL interverrà soprattutto nelle regioni che ancora non dispongono di un’adeguata organizzazione per ridurre mortalità e morbilità grazie ad un sistema coordinato che assicuri interventi rapidi e standard di qualità elevati.

FreeDigitalPhotos.net / digitalart

fase successiva. Purtroppo, malgrado gli sforzi organizzativi, soltanto un esiguo numero di pazienti viene ricoverato entro la prima ora dall’esordio della patologia ed in ciò esistono statistiche profondamente diverse tra regione e regione ed in particolare tra il nord ed il sud Italia. Per abbreviare i tempi d’intervento occorre approntare sistemi di pronto soccorso che consentano: - il rapido raggiungimento del paziente a rischio; - un corretto inquadramento diagnostico; - l’immediato inizio del monitoraggio clinico e strumentale; - l’avvio delle terapie più efficaci; - il trasferimento diretto del paziente non verso la struttura ospedaliera più vicina ma verso quella più competente, che in caso d’infarto è il reparto di cardiologia dotato di emodinamica. Tutto ciò diventa realizzabile solo se l’intervento di soccorso è pianificato ed articolato, prevedendo una Centrale Operativa, un numero telefonico preferenziale per l’accesso ai reparti di emodinamica, mezzi di soccorso adeguati per l’intervento

12


www.blisteronline.it

13


FreeDigitalPhotos.net / chainat

LE INSIDIE DELL’ALCOOL…

Dr. Antonio Pio Dirigente medico U.O.C. di Allergologia ed Immunologia Clinica Azienda Ospedaliera Universitaria S. Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona Salerno Delegato Provinciale FMSI di Salerno apio@blisteronline.it

FreeDigitalPhotos.net / luigi diamanti

Il rapporto dell’uomo con l’alcool è stato sempre controverso. Se ripercorriamo la storia vediamo come si è passati dalla divinizzazione (Dionisio, Bacco) alla demonizzazione e al proibizionismo. Questo rispecchia l’effetto delle bevande alcooliche, che spesso all’inizio è piacevole e dà una sensazione di benessere, ma con l’abuso porta a spiacevoli conseguenze.

14

Secondo i fautori una bevanda alcoolica, consumata in occasioni opportune e in dosi moderate, può avere un effetto positivo sull’umore, rende più socievoli, favorisce la comparsa di aspetti positivi della personalità, che facilitano la comunicazione. La comunità scientifica internazionale definisce l’alcool la sostanza da abuso più diffusa e utilizzata, che determina effetti ansiolitici, rilassatezza, senso di benessere ed anche euforia, per cui spinge l’individuo a bere per cercare tali sensazioni. In questo modo si instaura un legame duraturo con l’alcool, che provoca gravi danni all’organismo. La dipendenza è l’aspetto chiave, che trasforma un’abitudine di vita in una sindrome patologica con gravi conseguenze sociali. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità gli alcoolisti sono bevitori con una dipendenza alcoolica, che ha raggiunto livelli così alti da mettere in evidenza un marcato disturbo fisico o una chiara interferenza con la loro salute fisica e mentale, con le loro relazioni interpersonali e con il loro armonico sviluppo sociale ed economico. Possiamo distinguere due forme di dipendenza, una psicologica e una biologica. La prima spinge, soprattutto nella fase iniziale, gli alcoolisti a ripetere le esperienze positive provocate dall’alcool. Successivamente, questa abitudine si trasforma in una sempre maggiore esigenza di bere, un bisogno anormale, anche se non viene percepito come tale. Sono i primi segnali del passaggio dalla dipendenza psicologica a quella biologica. L’assunzione continua e ripetuta di alcool ha innescato, nel sistema nervoso centrale, meccanismi tali, che il cervello sente “di avere bisogno” dell’alcool per funzionare e spinge l’individuo a cercarlo. Compare una ricerca ansiosa e spasmodica dell’alcool, che viene definita “craving”. L’incapacità del bevitore di controllare l’as-

sunzione di alcool, nonostante la consapevolezza del proprio danno alla salute, indica il passaggio alla dipendenza dall’alcool. La comparsa della dipendenza pare venga favorita da fattori genetici in grado di modulare gli effetti dell’alcol sull’organismo, ai quali si associano situazioni ambientali predisponenti. Secondo stime dell’OMS, i bevitori dipendenti presenti sul globo terrestre dovrebbero essere almeno 140 milioni. Negli USA e in Europa occidentale dal 10 al 20% degli uomini e dal 5 al 10% delle donne, in un momento della loro vita possono arrivare a soddisfare i criteri medici per essere considerati dipendenti da alcool. La maggior parte degli alcoolisti sviluppa la dipendenza durante l’adolescenza o da giovane adulto. Per limitare il consumo di alcool nei giovanissimi, il Consiglio dell’Unione Europea il 5 giugno 2001 ha approvato il documento “Consumo di bevande alcooliche da parte di bambini e adolescenti”, sulla base del quale molti Stati hanno introdotto delle leggi, che stabiliscono età minime per l’acquisto e la somministrazione di bevande alcooliche, che vanno dai 16 anni di Danimarca e Francia ai 18 – 20 anni di Norvegia e Finlandia. In Italia, pur non essendoci un età minima per la vendita, vi è un’indicazione ad evitarne l’uso prima dei 16 anni. Numerose misure sono state adottate in diversi Stati per evitare o limitare il consumo di alcool tra gli automobilisti e prevenire le “stragi del sabato sera”. Il nostro codice della strada prevede delle pene abbastanza severe per chi viene sorpreso alla guida con un tasso alcolemico superiore a quello consentito. I danni provocati nel nostro organismo dall’abuso di bevande alcooliche sono notevoli. Si verifica un accumulo di grassi nel fegato (steatosi epatica), che può portare allo sviluppo di una cirrosi o di un epatocarcinoma. Nel pancreas si instaura una pancreatite cronica, che può degenerare in cancro. Si verificano delle gravi carenze nutrizionali, che rendono l’organismo più sensibile all’instaurarsi di gravi patologie a carico del cuore e di altri organi e apparati. Abbastanza precoce è l’insorgere di importanti disfunzioni sessuali nell’uomo. Nelle donne sono stati riscontrati: un aumento del rischio di cancro al seno, danni


Sono stati proposti e provati diversi trattamenti per cercare di aiutare queste persone ad interrompere l’assunzione di alcool. Si è visto che è possibile ottenere dei risultati positivi solo con un approccio multidisciplinare, nel quale ogni componente è mirata a contrastare i diversi fenomeni che la alimentano. Una combinazione tra utilizzo di farmaci e sostegno psico-sociale, ad esempio con psico-terapia di gruppo, si è dimostrata efficace, almeno nelle fasi iniziali. Il primo farmaco utilizzato nel tentativo di disassuefazione da alcool è stato il tetraetiltiuram disulfato (DISULFIRAM), molecola inizialmente utilizzata nella vulcanizzazione della gomma. Questa sostanza provoca un accumulo di acetaldeide nel sangue, che spinge gli alcoolisti ad evitare di bere per timore di sviluppare sintomi sgradevoli (effetto “antabuse”). Il suo utilizzo è limitato dallo sviluppo di effetti tossici. Il “naltrexone” è un antagonista degli oppiodi, sia endogeni che esogeni, pare che riduca il craving dell’alcool, diminuisca la sensazione di piacere indotta dal bere e potenzi alcuni effetti negativi dell’alcool, quali la sonnolenza. Pare, comunque, che sia efficace nella riduzione del rischio di ricadute a breve termine, ma non a lungo termine. L’acido gamma-idrossibutirrico (GHB) pare che

determinerebbe un incremento della disponibilità di dopamina e serotonina nel cervello e antagonizzerebbe i sintomi dell’astinenza. E’ stato proposto come coadiuvante di altri interventi nel controllare la sindrome da astinenza, nel prevenire il craving nella prima fase di terapia e anche nel trattamento a lungo termine della dipendenza da alcool resistente ad altri trattamenti. Pare che il GHB provochi dipendenza ed è controindicato in presenza di gravi malattie organiche sistemiche e psichiatriche.

FreeDigitalPhotos.net / photostock

ovarici, che possono provocare alterazioni della capacità riproduttiva, irregolarità del ciclo mestruale e menopausa precoce. Particolarmente importanti sono i danni a carico del sistema nervoso, che possono andare dall’epilessia alla polineuropatia a sintomi psichiatrici particolarmente importanti. Si registrano gravi problemi cognitivi, che possono arrivare alla demenza, tanto da far considerare l’alcool la seconda causa di demenza. Circa il 25% degli alcoolisti soffre di gravi disturbi psichiatrici, quali depressione, attacchi di panico, psicosi, confusione, disturbo borderline della personalità, comportamento antisociale, disturbo bipolare, sindrome da deficit di attenzione e iperreattività. L’abuso di alcool aumenta il rischio di commettere reati, quali violenze domestiche, furti, aggressioni, abusi su minori o stupro. L’alcoolista tende ad isolarsi, favorendo conflitti coniugali e divorzi, che possono portare all’abbandono di minori. Alla formulazione della diagnosi di dipendenza da alcool si può arrivare attraverso dei questionari, che si avvalgono di un punteggio o riscontro, che riassume la gravità generale del consumo di alcool. Tra i questionari validati troviamo il CAGE (Cut down, Anuoyed, Guilty, Eye opener), l’Alcohol Dependence Data Questionnaire, il MAST (Michigan Alcohol Screening Test) e l’AUDIT (Alcohol Use Disorders Identification Test).

L’Acetilmonotaurinato di calcio (Acamprosato) è una molecola di sintesi dotata di una formula di struttura simile a quella di un neurotrasmettitore l’acido gamma-aminobutirrico (GABA). L’acamprosato non viene metabolizzato dal fegato e quindi non provoca interazioni con i farmaci metabolizzati dal citocromo P450. I suoi effetti nei protocolli di disassuefazione sarebbero una riduzione del craving e una diminuzione del rischio di ricadute. La buona tollerabilità e l’elevato livello di adesione al trattamento fanno di questo farmaco, se associato ad un adeguato supporto psico-sociale, un utile presidio nel prolungare i periodi di totale astinenza e nel ridurre la frequenza di ricadute. Va comunque sottolineato che anche questi trattamenti combinati risultano spesso inefficaci o incapaci di prevenire le frequenti ricadute. Per cui bisogna sempre più impegnarsi nella prevenzione. Solo interventi precoci, iniziati prima che si instauri una dipendenza biologica, possono risultare efficaci nel prevenire e debellare l’alcoolismo.

www.blisteronline.it

15


FreeDigitalPhotos.net / kenfotos

LA VIOLENZA SESSUALE L’approccio clinico in urgenza

Dr. Giuseppe Saggese Specialista ostetrico ginecologo, gsaggese@blisteronline.it

La violenza sessuale, per definizione, configura e comporta un avvenuto contatto fisico illegale, quindi senza il consenso della persona che lo subisce, a opera di uno o più aggressori. Anche dal punto di vista terminologico e semantico la definizione di “violenza sessuale” in base alla legge 15.2.96 n. 66, viene a connotare e quindi sostituire la tipologia dei reati configurati, precedentemente all’entrata in vigore delle nuove norme, accorpando in una unica fattispecie criminosa i reati precedentemente previsti di libidine violenta e violenza carnale. La tipologia del reato di violenza sessuale viene quindi inserito nel libro II titolo XII capo III del Codice Penale dove trattasi dei delitti contro la libertà individuale e contro la persona, quindi il reato medesimo non viene considerato più delitto contro la moralità pubblica ed il buon costume, ma contro la persona e contro la disponibilità consapevole del proprio corpo e della propria sessualità. L’approccio clinico, in condizioni di urgenza, da parte dei Sanitari con pazienti che accedono in ospedale in casi di violenza sessuale, oltre a connotarsi sul piano diagnostico terapeutico, per le evidenti implicazioni medico legali e le sequele penali che tali eventi comportano, configura la necessità di una completa, esaustiva e documentata descrizione delle condizioni cliniche generali e locali (apparato genitale) della vittima, dell’acquisizione del consenso informato al trattamento, dalla redazione di una articolata raccolta dell’anamnesi, dalla esecuzione di appropriate indagini di laboratorio anche con prelievo di liquidi biologici e di componenti organici eventualmente presenti nei vari distretti corporei, dalla elaborazione di uno schema di programma terapeutico (clinico farmacologico e di supporto psicologico) e diagnostico (valutazione del periodo finestra per le malattie sessualmente trasmesse) a breve e lungo termine. Passando ad illustrare in maniera analitica i vari momenti che caratterizzano le scelte comportamentali e cliniche del personale sanitario nei riguardi di pazienti che hanno subito violenza

16

sessuale, va chiarito che gli schemi che illustriamo nel presente articolo si riferiscono a persone adulte, rinviando ad una successiva trattazione quelli che vengono utilizzati nel caso la vittima della violenza sia un minore. Per comodità di rilevazione e registrazione dei dati sarebbe utile disporre di schede computerizzate su cui riportare i rilievi effettuati, e dall’esame della letteratura rileviamo che la Scuola Americana del Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia dell’Università di Memphis (Tennessee) già nello scorso decennio aveva stilato sei schemi che sul piano pratico ed operativo rispondevano in maniera organica e completa a tali esigenze, va al tempo stesso ricordato anche che qualsivoglia schema o linea guida, espressione di indirizzi di scuola o di società scientifiche, va filtrata attraverso l’esperienza personale e adattata alle varie realtà territoriali e locali ed alla peculiarità e particolarità dei casi che di volta in volta si vanno ad osservare. All’accesso in pronto soccorso, su tali tipo di pazienti, vanno rilevati innanzitutto i parametri vitali essenziali e se la violenza subìta ha prodotto lesioni che richiedono un intervento immediato, perché vanno a compromettere tali parametri (es. lesioni emorragiche, fratture, ferite da taglio o da armi da fuoco ecc.), nel caso non ricorrano tali condizioni che implicano trattamento d’urgenza, si procede a stilare, previa acquisizione del consenso informato al trattamento dei dati, le seguenti schede: • Scheda relativa alle informazioni fornite dalla vittima Va rilevato se l’accesso nell’ospedale costituisce il luogo di prima assistenza o se già è stato consultato, relativamente alla violenza subita altro sanitario o altra struttura, e se è stata presentata denuncia agli organi di polizia. Chiedere, rilevare ed annotare come è pervenuta la vittima in P.S., da chi è sta accompagnata e che tipo di relazione ha con la vittima tale persona.


tico per il trattamento del trauma. Piano informativo per la vittima con sintesi espositiva dell’assistenza ricevuta con programmazione di ulteriore controllo per la rivalutazione delle condizioni generali, cliniche, diagnostiche della paziente. Si desume che l’utilizzo degli schemi riportati oltre a connotare in maniera completa ma sintetica tutti gli aspetti e le implicazioni diagnostico-clinico - assistenziali, che la valutazione di una paziente che ha subìto violenza comporta, persegue la finalità di attestare in maniera fedele tutto ciò che si è constatato e preso in esame nelle primissime fasi successive all’evento/violenza e oltre che a tutelare la paziente in tutti gli aspetti e l’evoluzione successiva, che tali accadimenti comportano, tutelano gli operatori sanitari sul piano clinico e medico legale in relazione all’assistenza prestata.

FreeDigitalPhotos.net / kenfotos

• Scheda informativa sui dettagli della violenza subita Data, ora e luogo dell’aggressione, tempo trascorso tra l’aggressione e l’accesso in ospedale, identità dell’aggressore se conosciuto, o eventuale descrizione dei suoi connotati fisici, somatologici e fiso gnomici. Se la vittima riferisce che è stata percossa, legata, soffocata, bloccata e abusata in qualche modo con oggetto estraneo, è stata costretta ad assumere o ha assunto droga o alcool. L’aggressore è venuto a contatto con quali parti fisiche della vittima (vulva, vagina, ano, cosce, bocca, mammelle, natiche). • Scheda anamnestica della vittima Età, sesso, razza, dal momento dell’aggressione rimasta in stato di incoscienza, ha fatto uso di farmaci o droghe, ha fatto la doccia o ha lavato parti del corpo, ha urinato o defecato, ha cambiato gli indumenti. È stata sessualmente attiva nei giorni precedenti l’aggressione o dopo l’aggressione medesima, ha subìto altre aggressioni in precedenza, ha frequentato prostitute o si è prostituita, i suoi partner sessuali sono a rischio per HIV . Precedenti ricoveri, interventi chirurgici pregressi, pregresse infezioni per malattie sessualmente trasmesse, problemi medici da cui è affetta, farmaci assunti, presenza di allergopatie. Epoca del menarca, ritmo, quantità e durata dei flussi mestruali, gravidanze ed aborti pregressi, utilizzo di metodi contraccettivi. • Scheda dell’esame obiettivo Va descritto il comportamento generale della vittima, lo stato emotivo, l’orientamento e lo stile verbale. Controllo pressione arteriosa, frequenza polso, respiro, altezza e peso. Esame obiettivo generale con descrizione e riporto su schema di figura corporea anteriore e posteriore e dei genitali per indicare la localizzazione delle lesioni rilevate. Vanno esaminate in ordine viso, collo, schiena, mammelle, torace, addome, gambe, braccia e superficie cutanea. Esame genitale Donna: pube, vulva, clitoride, uretra, perineo, vagina ed introito vaginale, cervice, utero ed annessi. Uomo: pube, pene, scroto, retto e ano. • Scheda per i dati di laboratorio Allestimento vetrini per citopatologia, ricerca spermatozoi e striscio batteriologico e per protozoi. Tamponi per cultura gonorrea, clamydia, fluido per dosaggio fosfatasi acida prostatica. Test per epatite B e C, analisi delle urine e del sangue completo, esame tossicologico su sangue ed urine, beta HCG, tiolo anticorpale per HIV, materiale rilevato sotto il margine ungueale, dai peli pubici, conservazione degli abiti ed indumenti in sacchetti di carta. • Scheda di programma terapeutico Piano di trattamento chirurgico per disinfezione e sutura eventuali lesioni. Piano di trattamento medico per somministrazione di terapia antibiotica per le malattie sessualmente trasmesse, trattamento contraccettivo post coitale. Eventuale immunoprofilassi per il tetano. Piano di intervento psicologico e psicoterapeu-

www.blisteronline.it

17


Dr. E. Razzano Direttore ff Unità Operativa Complessa di Ortopedia e Traumatologia Pediatrica Azienda Ospedaliera di Rilevanza Nazionale Santobono-Pausilipon erazzano@blisteronline.it

Nell’infanzia e nell’adolescenza la patologia traumatica osteo articolare è frequente e rappresenta il 15-20 % di tutti gli accessi in un Pronto Soccorso di un Ospedale Pediatrico. Le lesioni traumatiche osteo articolari in età pediatrica differiscono da quelle degli adulti per la diversità sia delle caratteristiche anatomiche, che di quelle biomeccaniche e fisiologiche proprie dello scheletro in accrescimento, per le influenze che agiscono in particolare sulla cartilagine di accrescimento. Il trattamento delle fratture in età pediatrica può creare, quindi, numerose insidie e pertanto richiede molto spesso un trattamento urgente immediato e corretto per scongiurare eventuali difetti di crescita che si possono avere in seguito a danni della cartilagine di accrescimento. Alcune fratture sono appannaggio esclusivo dell’età evolutiva e, pertanto, possono passare misconosciute ad un medico poco avvezzo a trattare pazienti in età pediatrica. Il bambino non va considerato come una piccola versione dell’adulto e tanto più piccolo è il bambino, tanto più grandi differenze vi sono nell’anatomia e nella fisiologia e nella reattività delle malattie. Un gomito, dolente al movimento, è quasi sempre indizio di un significativo danno osseo per lesioni traumatiche e/o infiammatorie. IL GOMITO NEL BAMBINO L’articolazione del gomito, più delle altre articolazioni, per la sua complessità, nel neonato e nel bambino, è quella che più si presta alle urgenze ortopediche e traumatologiche. Essa è strutturata in modo tale da rendere possibile, oltre ai soliti movimenti di flessione e di estensione, comuni alle altre articolazioni, anche un movimento di rotazione delle due ossa inferiori (radio e ulna) sull’asse longitudinale dell’arto (movimento di “pronazione” e “supinazione”) che sono di grande importanza perché permettono alla mano di compiere movimenti tridimensionali nello spazio. Ed è questa caratteristica che contraddistingue il genere umano da quello animale.

18

FreeDigitalPhotos.net / Ambro

LE URGENZE NELLA PATOLOGIA DEL GOMITO NEL BAMBINO E NELL’ETÀ EVOLUTIVA

Ogni alterazione della anatomia e della fisiologia, legata a traumi o altre cause può quindi determinare alterazioni anatomiche con gravi ripercussioni sulla funzione della mano nello spazio. Tra la nascita e il periodo di accrescimento il bambino attraversa quattro stadi di sviluppo che condizionano un differente atteggiamento diagnostico e terapeutico corrispondente alla natura dell’affezione che il bambino verosimilmente presenta. Esse possono essere divise nel modo seguente: Periodo neonatale delle prime quattro settimane di vita; Periodo dell’infanzia dei primi due anni; Periodo della fanciullezza tra i 6 e i 10 anni; Periodo della preadolescenza e della adolescenza. URGENZE NEL PERIODO DELL’INFANZIA E DELLA FANCIULLEZZA Sono per lo più rappresentate da distacchi, fratture, sublussazioni e da lussazioni del gomito. Tra le sublussazioni è utile ricordare la sublussazione del capitello radiale, meglio conosciuta con il nome di pronazione dolorosa, che si verifica per lo più tra i 2 e i 6 anni di vita con molta frequenza per le condizioni anatomiche del gomito infantile (ligamento anulare particolarmente lasso), rappresentando un’alta percentuale della presenza in P.S. di questi piccoli pazienti. Il bambino tiene il braccio immobile con il palmo della mano rivolto verso il basso, gomito leggermente flesso e ruotato verso l’esterno. Qualsiasi tentativo, anche minimo, di mobilizzare il gomito provoca un dolore intensissimo. Essa rappresenta una grave preoccupazione per i genitori del bambino ed è motivo di recarsi con urgenza in P.S. pediatrico. La pronazione dolorosa va ridotta dall’ortopedico con urgenza con una manovra appropriata che consiste nell’ afferrare con la mano destra il polso del bambino e contemporaneamente ruotarlo verso l’ esterno (supinazione) mentre con il pollice della mano sinistra si esercita una certa pressione sul capitello radiale. A questo punto


URGENZE NELLE FRATTURE DELL’OLECRANO Le fratture dell’olecrano costituiscono circa il 10% delle fratture del gomito con tempi di guarigione relativamente lunghi. I piccoli pazienti si presentano in P.S. con intenso dolore e gonfiore e con un ematoma nell’area del gomito. Il trattamento è per lo più chirurgico, perché il tendine del tricipite tende a mantenere scomposta la lesione impedendo la consolidazione. Il trattamento chirurgico consiste in una sintesi realizzata con un filo di kirschner e cerchiaggio. Nei piccoli soggetti il filo viene rimosso alla consolidazione della frattura e si procede poi ad un trattamento riabilitativo. Queste fratture per lo più hanno una prognosi favorevole e raramente danno complicanze. URGENZE NELLE FRATTURE DEL CONDILO OMERALE Le fratture del condilo omerale sono piuttosto frequenti nella popolazione pediatrica occupando il secondo posto nella graduatoria delle fratture del gomito più comuni nei bambini. Se composte possono essere trattate conservativamente mediante una immobilizzazione in apparecchio gessato, se scomposta la frattura può essere trattata con pinning percutaneo o a cielo aperto. La riduzione deve essere anatomica e soprattutto preceduta da una meticolosa dissezione del frammento della frattura. Tali fratture presentano una percentuale di complicanze elevata. La complicanza più grave è la pseudoartrosi e la necrosi avascolare, causata da una estesa dissezione del tessuto molle, in particolare a livello della superficie posteriore del frammento della frattura. Un trattamento corretto consente di ottenere dei risultati soddisfacenti, con una percentuale ridotta di complicanze. Tuttavia anche dopo un trattamento adeguato è possibile che insorgano complicanze minori e disturbi della crescita. URGENZE NELLE FRATTURE DELL’EPITROCLEA Le fratture dell’epitroclea del gomito nel bambino non sono delle fratture da sottovalutare in quanto non sono banali e sono delle lesioni ossee e legamentose, talvolta possono essere associate a lussazione del gomito. Il loro trattamento deve essere anatomico per evitare postumi dolorosi nell’età adulta e bisogna proteggere il nervo ulnare e ben isolarlo per evitare il suo intrappolamento nel callo ripartivo.

URGENZE NELLE FRATTURE DEL CAPITELLO RADIALE La frattura del capitello radiale nel bambino è rara e per lo più composta. Il suo trattamento è solitamente conservativo. Nelle fratture gravemente scomposte, la riduzione cruenta è gravata da un elevato numero di complicanze quali necrosi avascolare, sinostosi radio ulnare, miosite ossificante e rigidità articolare. In letteratura è stato scritto molto riguardo al momento più adatto per trattare chirurgicamente le fratture del capitello radiale. Molti sostengono che queste fratture devono essere trattate con urgenza per evitare le calcificazioni articolari o miositi ossificanti, mentre altri hanno raccomandato che l’intervento venga preso in considerazione nella prima settimana dopo il trauma. E’ verosimile però che il momento in cui viene effettuato l’intervento chirurgico sia meno importante rispetto al tipo di lesione e al modo con cui l’intervento stesso viene eseguito. URGENZA NELLLE FRATTURE SOVRACONDILOIDEE OMERALI DELL’OMERO Le fratture sovracondiloidee dell’omero in età pediatrica rappresentano le lesioni più frequenti della regione del gomito (16%) e costituiscono circa un terzo delle fratture riscontrate tra i 2 e i 10 anni e non interessano la cartilagine di accrescimento dell’omero. Fattori anatomici di questa fascia di età e la lassità legamentosa e la struttura ossea in via di accrescimento predispongono alla lesione. Esse, in base al meccanismo con cui si verificano, possono essere classificate in fratture in flessione (2-4%) e fratture per estensione. Le prime si verificano per meccanismo traumatico diretto a gomito flesso e sono difficilmente riducibili a cielo chiuso e spesso si associano a lesione del nervo ulnare. Al contrario la frattura per estensione è sicuramente la più frequente (96-98 %) e avviene per meccanismo indiretto per caduta sul palmo della mano a gomito esteso. La maggior parte dei genitori riferiscono che il trauma è avvenuto durante una fase di gioco (caduta da giostre dei giardinetti pubblici, caduta dalla bicicletta, caduta durante le feste di compleanno). A seconda dal grado di scomposizione richiedono un trattamento diverso. Clinicamente sono costanti il dolore spontaneo e quello provocato dalla palpazione, l’atteggiamento con avambraccio flesso intorno ai 130°, sostenuto dalla mano del lato sano, con spalla corrispondente al gomito leso più bassa e testa inclinata verso il medesimo lato. La tumefazione è molto estesa e coinvolge tutto il braccio e l’avambraccio, mascherando la deformazione con una ecchimosi diffusa, di colorito violaceo, che occupa tutta la regione-mediale del gomito e talvolta nelle gravi dislocazioni dei frammenti si evidenzia una ecchimosi di colorito rosso vivo ad andamento trasversale in corrispondenza della plica flessoria del gomito, dovuta alla contusione degli strati profondi e della cute e del sottocutaneo da parte dell’estremità del frammento omerale dislocato in avanti. Questo segno ha valore patognomonico.

FreeDigitalPhotos.net / Sura Nualpradid

si flette delicatamente ma non bruscamente il gomito con decisione, dopodiché il bambino riprende quasi subito l’uso dell’arto superiore. La lussazione del gomito rappresenta circa il 10% della traumatologia del gomito e si manifesta nei soggetti con 12- 13 anni di età, spesso causata da una caduta dall’alto, talvolta può associarsi ad una frattura e/o a lesioni nervose e legamentose. Il trattamento deve essere urgente, nei casi semplici con una riduzione estemporanea, nei casi complicati da fratture, un intervento chirurgico può essere necessario. Le complicanze tardive sono rappresentate dalla rigidità del gomito, da postumi dolorosi spesso in relazione a frammenti cartilaginei liberi in articolazione e dalla recidiva della lussazione.

www.blisteronline.it

19


FreeDigitalPhotos.net / Sura Nualpradid

Per la particolare formazione della regione del gomito nel bambino, in seguito a questa frattura si può andare incontro a lesioni neuro vascolari molto gravi con interessamento del nervo ulnare, radiale e dell’arteria brachiale. Stabilire la corretta diagnosi è molto difficile quando il soggetto affetto ha un’età inferiore ai 4 anni, quando ancora non sono comparsi i centri di ossificazione dell’estremità distale. E’ utile, in questi casi praticare un esame comparativo radiografico del gomito contro laterale, per stabilire una corretta diagnosi ed un adeguato trattamento.

20

TRATTAMENTO D’URGENZA NELLE FRATTURE SOVRACONDILOIDEE Lo scopo del trattamento è di ottenere una perfetta riduzione della frattura, con un perfetto allineamento anatomico per una rapida guarigione e nel pieno ripristino della funzionalità del gomito, con un rischio minimo di complicanze. Il trattamento varia in base al tipo di fratture da trattare. Nelle fratture con grave dislocazione dei frammenti è imperativo eseguire con urgenza un attento esame neuro vascolare per valutare eventuali deficit vascolari e nervosi (lesioni del radiale, del mediano e dell’ulnare, e del nervo interosseo anteriore) ed eventuale interposizione del muscolo brachiale. Talvolta è necessario un periodo di qualche giorno di trazione nei deficit periferici arteriosi e poi passare alla riduzione che viene sempre effettuata in anestesia generale con una trazione delicata in estensione e supinazione dell’avambraccio e con una pressione diretta per riallineare i due monconi e poi flettendo il gomito a 120°. La riduzione ottenuta va stabilizzata con due fili di kirschner trans ossei, il cui percorso va verificato con amplificatore di brillanza. Nei casi in cui non è possibile intervenire con una riduzione a cielo chiuso per interposizione di tessuti molli o in presenza di lesioni vasculo nervose, si procede ad una riduzione a cielo aperto. Tre/quattro settimane sono sufficienti alla riparazione della frattura e, dopo controllo radiografico, si precede alla rimozione dei fili di kirschner. Fa seguito un periodo di riabilitazione. Le fatture sovracondiloidee di omero, sono potenzialmente pericolose per il verificarsi di complicanze immediate e tardive. Le complicanze immediate dipendono dalla scomposizione dei

frammenti. Infatti in quella zona sono presenti i tre nervi principali dell’avambraccio (radiale, mediano e ulnare) e l’arteria brachiale, che possono essere stirati, lacerati o pinzati dai capi ossei dislocati. Le complicanze precoci sono legate al possibile sviluppo di una sindrome compartimentale, sia per l’importante tumefazione, sia per la dislocazione dei monconi. Essa è la più temibile complicanza immediata, perché l’alta pressione che si viene a creare all’interno del compartimento dell’arto può provocare ischemia nervosa e muscolare, fino alla contrattura dell’avambraccio ( Sindrome di Volkmann ) che costringe il chirurgo ortopedico a praticare con urgenza una fasciotomia anteriore per decomprimere l’arteria. Le complicanze tardive sono legate, invece, ad una non corretta riduzione della frattura, oppure ad una scomposizione secondaria e sono le deviazioni assiali del gomito in varismo o in valgismo che spesso costringono ad interventi secondari. CONCLUSIONI Da questa breve sintesi possiamo quindi concludere che il gomito del bambino e dei soggetti in età evolutiva è una articolazione che per la sua complessità e perché sede di importanti strutture vasculo nervose, a seguito di patologia ortopedica e traumatica può dare gravi esiti invalidanti se non si interviene con urgenza, nel rispetto dei protocolli terapeutici, che pur dando un inquadramento generale, richiedono una personalizzazione individuale in base alla esperienza e alla capacità del chirurgo ricordando che ogni gesto chirurgico va eseguito nel pieno rispetto delle strutture anatomiche e della cartilagine di accrescimento.


FreeDigitalPhotos.net / phanlop88

LA TRASFUSIONE DI SANGUE NELLE URGENZE

La valutazione dell’appropriatezza della trasfusione di sangue in termini di efficacia e sicurezza è il primo passo per evitare di esporre il paziente ai rischi di inutili trasfusioni, per questa ragione è sempre necessario tenere a mente cos’è la trasfusione, quali sono i prodotti trasfusionali, quando sono indicati. La trasfusione di sangue è una terapia SOSTITUTIVA, SELETTIVA e COMPATIBILE. 1. SOSTITUTIVA perché apporta l’emocomponente mancante: Emazie, Piastrine, Plasma, Granulociti, Fattori della coagulazione, soluzioni di albumina. 2. SELETTIVA perché consiste nella somministrazione esclusiva dell’emocomponente carente. 3. COMPATIBILE perché rispetta i sistemi gruppo ematici ABO e Rh (ma anche altri, clinicamente meno significativi, e talvolta anche il sistema di istocompatibilità HLA, come ad esempio, nel caso di refrattarietà a trasfusione di piastrine). Inoltre, gli emocomponenti possono essere sottoposti a particolari lavorazioni come, a titolo esemplificativo: • la leucoriduzione per ridurre i rischi di trasmissione di CMV, o alloimmunizzazione HLA, ecc., • l’irradiazione per la prevenzione della GvHD. Le trasfusioni più frequentemente utilizzate sono quelle di: 1. “Emazie Concentrate”, un emocomponente con un ematocrito (Hct) compreso tra il 65 e il 75% con un contenuto minimo di emoglobina di 45g. 2. “Concentrati di Piastrine” da singolo donatore, un emocomponente preparato da una singola unità di sangue intero con un contenuto in piastrine variabile da 45 a 85 x109 in 50/60 ml di mezzo di sospensione. 3. “Concentrato Piastrinico da Aferesi”, un emocomponente ottenuto da un singolo donatore sottoposto a piastrinoaferesi con un contenuto in piastrine variabile tra 200 e 800x109. 4. “Plasma fresco congelato”, un emocomponente preparato da sangue intero o da plasmaaferesi contenente normali livelli plasmatici dei fattori della coagulazione, almeno il 70% dell’o-

Dr. Enrico Cola Dirigente Medico Servizio d’Immunoematologia e Medicina Trasfusionale Ospedale Pausilipon - Napoli ecola@blisteronline.it

riginale fattore VIII, e degli altri fattori labili della coagulazione. 5. “Plasma Fresco Congelato sottoposto ad inattivazione virale”, preparato da pool di plasma costituito in base alla specificità di gruppo ABO. Il prodotto è sottoposto ad alcune fasi di filtrazione ed inattivazione virale con una miscela di solvente/detergente, conservato e congelato con una composizione standardizzata sovrapponibile a quella del plasma fresco congelato. 6. “Concentrati di Fattori della Coagulazione”. I fattori VIII, IX, VIIa e l’antitrombina sono prodotti con la tecnica del DNA ricombinante, efficaci e privi di ogni rischio infettivo. La terapia trasfusionale tradizionale vira verso la terapia farmacologica! 7. “Soluzioni di Albumina umana”. Disponibile in preparazioni al 5% e al 25%, consente di aumentare la volemia senza rischio di trasmissioni di virus. 8. “Sangue Ricostituito”, espressione gergale, che sta a significare la trasfusione di “Emazie Concentrate” e “Plasma Fresco Congelato” ottenuti dallo stesso donatore. 9. “Sangue Intero” non trova indicazioni sia perché il sangue intero raccolto dal donatore viene avviato alla lavorazione e quindi non è disponibile, sia perché, per ripristinare la volemia sono indicate soluzioni colloidi e cristalloidi sostitutive, sia perché i fattori della coagulazione decadono rapidamente, soprattutto i labili, e quindi, non correggerebbe un’eventuale loro carenza, ma potrebbe avere solo un effetto immunizzante. A titolo esemplificativo: • nelle emorragie massive, condizioni caratterizzate dalla perdita di circa il 30% del volume ematico in 2/3 ore, sono indicati, oltre che le “Emazie Concentrate”, soluzioni colloido/cristalloidi sostitutive per il ripristino della volemia o il controllo dello schock. • Anche nella trasfusione autologa sono indicate “Emazie Concentrate”. 10. Trasfusione massiva è la trasfusione di un volume di sangue all’incirca pari o superiore alla www.blisteronline.it

21


FreeDigitalPhotos.net / Ambro

La terapia trasfusionale deve essere basata: 1. Sul giudizio clinico imprescindibile. 2. Sugli indici di laboratorio quali: la concentazione emoglobinica (Hb), l’ematocrito (Hct), la conta piastrinica (PLT/ µl, l’INR e parametri coagulativi, ecc.) che forniscono una guida alla trasfusione. 3. Sul rapporto rischio/beneficio. 4. Sulla possibilità di effettuare terapie alternative. Nelle urgenze le principali indicazioni alla trasfusione di “Emazie Concentrate” sono, ad esempio: • Anemia con Hb <7 g/dL o Ht < 21%. • Emorragia massiva in atto con perdita del 30% del volume ematico. • Exsanguinotrasfusione. In un adulto la trasfusione di un’ unità di emazie concentrate, in assenza di emorragia o emolisi o di alterazioni della volemia, determina un aumento della concentrazione di emoglobina di circa 1 g/dL o dell’ematocrito del 3%. Nelle urgenze le principali indicazioni alla trasfusione di “Plasma Fresco Congelato” sono: • Trattamento dell’emorragia o nel pre-intervento chirurgico quando l’INR è uguale o superiore a 1.4. • Plasmaexange. • Exsanguinotrasfusione. • Trasfusioni massive in presenza di PT o PTT alterati. • Nei deficit congeniti o acquisiti dei singoli fattori della coagulazione quando non si possono utilizzare i concentrati degli specifici fattori. Il dosaggio raccomandato è 10-15ml/kg Nella terapia trasfusionale le urgenze sono: 1. Le forme di “Malattia Emolitica Neonatale” (MEN) che richiedono exsanguinotrasfusioni.

22

In questo caso è indicata la terapia trasfusionale con “Sangue Ricostituito”, espressione gergale, che sta a significare la trasfusione di “Emazie Concentrate” deleucocitate e irradiate, e “Plasma Fresco Congelato” ottenute dallo stesso donatore. In questi piccoli pazienti, se trombocitopenici e sintomatici, la possibilità di somministrare “Concentrati Piastrinici”, ottenuti sempre dallo stesso donatore, è legata al breve periodo di conservazione delle piastrine e a più efficaci presidi terapeutici quale il “Concentrato Piastrinico da Piastrinoaferesi”, seppure aliquotato. 2. Le emorragie massive postraumatiche o perioperatorie con o senza deficit della coagulazione selettivi o multipli. In questi casi la terapia trasfusionale si basa sulla somministrazione di : a. “Emazie Concentrate” e “Soluzioni Colloidi –Cristalloidi” nelle forme non associate a carenze dei fattori della coagulazione. b. “Emazie Concentrate” e “Fattori Ricombinanti della Coagulazione” nelle forme associate a carenze selettive dei fattori della coagulazione, come ad esempio l’emofilia, in cui sono indicati i fattori VIII, IX, prodotti con tecnica del DNA ricombinante. c. “Emazie Concentrate” e “ Plasma Fresco Congelato” nelle forme associate a deficit non selettivi della coagulazione come, ad esempio, il trapianto di fegato. Nelle insufficienze epatiche con deficit coagulativi non selettivi non correggibili con la somministrazione di vitamina K. 3. Gli Interventi chirurgici effettuati in circolazione extracorporea. La terapia trasfusionale non indica l’uso di “Plasma Fresco Congelato” se i parametri coagulativi, specie l’INR, preoperatorio risultano nella norma. 4. L’anemizzazione acuta medica e chirurgica in cui è a rischio la vita del paziente. La terapia trasfusionale consiste nella somministrazione di “Emazie Concentrate”.

FreeDigitalPhotos.net / Salvatore Vuono

volemia del paziente entro 24 ore. Viene elencata per le particolari problematiche che comporta sia per la determinazione del gruppo che per l’uso nelle urgenze trasfusionali.


FreeDigitalPhotos.net / David Castillo Dominici

TOSSINFEZIONI ALIMENTARI NORME IGIENICHE IN PEDIATRIA

Con il termine di “tossinfezioni alimentari” si comprendono tutte quelle manifestazioni cliniche, a prevalente quadro gastroenterico acuto, sostenute da microrganismi patogeni ingeriti con alimenti contaminati e/o da tossine elaborate negli stessi alimenti, per tale contaminazione. Nel periodo estivo tale patologia diventa più frequente per le alte temperature, le abitudini alimentari e la conservazione dei cibi. Attenzione quindi ai picnic estivi, pranzi in spiaggia, panini nello zaino, ai prodotti artigianali e fatti in casa, ai punti di ristoro (bar, chioschi). I principali patogeni che si ritrovano nei prodotti di origine animale sono: Campylobacter jejuni, Clostridium perfigens.E.Coli 0157:H7, Listeria monocytogenes, Salmonella, Staphylococcus aureus, Toxoplasma gondii. Le più frequenti infezioni sono, comunque, causate dai batteri Campylobacter, Salmonella ed Escherichia coli e dai virus del gruppo dei Calicivirus. I batteri possono provocare malattie attraverso tre meccanismi: - Infezioni: il microrganismo penetra nel corpo dell’uomo e provoca la malattia in modo diretto; - Intossicazioni: dovute alla presenza di tossine già preformate indipendentemente dalla presenza o meno, al momento dell’ingestione, dei germi produttori della tossina (es. Stafilococco aureo); - Tossinfezioni: dovute alla presenza di microrganismi vivi, non uccisi da cotture o da trattamenti di conservazione che, moltiplicandosi nel corpo umano, producono tossine. I sintomi sono caratterizzati da vomito, diarrea anche ematica, dolori addominali che si risolvono senza gravi complicazioni; in alcune tossinfezioni si possono avere complicanze come setticemia e meningiti nell’infezione da Listeria monocytogenes e la sindrome uremico – emolitica nelle infezioni da E.Coli enterotossigeni (VTEC). E’ importante sapere che un cibo contaminato può mantenere le stesse caratteristiche in termini di odore, colore e sapore. Adottare, quindi, una serie di comportamenti corretti, nella vita di tutti i giorni, serve a ridurre il rischio di contrarre numerose malattie. QUALI RACCOMANDAZIONI - curare l’igiene delle mani per la manipolazione degli alimenti - cuocere bene i cibi in modo che anche le parti più interne raggiungano una temperatura di almeno 70°C - consumare gli alimenti subito dopo la cottura

Dr. Massimo Prato dirigente A.O.R.N. Santobono-Pausilipon mprato@blisteronline.it

- conservare in frigorifero gli alimenti cotti in casa, qualora non vengano consumati subito o, preferibilmente, surgelarli; - riscaldare ad alta temperatura i cibi precedentemente cotti prima del consumo - scegliere prodotti che abbiano subìto trattamenti idonei ad assicurarne l’innocuità (latte pastorizzato); - utilizzare solo acqua potabile e, se in viaggio, utilizzare acqua minerale in bottiglia chiusa ermeticamente. RUOLO del PEDIATRA Il pediatra può e deve svolgere un ruolo di rilievo a differenti livelli: - Livello preventivo: azione di educazione sanitaria, sia sulla famiglia (corrette modalità di preparazione e conservazione degli alimenti), sia sul bambino (elementari misure di igiene personale con lavaggi frequenti delle mani per la prevenzione delle malattie a trasmissione oro-fecale); - Livello clinico: inquadramento clinico con appropriata terapia medica; tranquillizzare la famiglia sulla soluzione benigna dell’evento; - Livello istituzionale: notifica alle autorità sanitarie e stimolo agli organi di governo per la messa in opera di programmi di prevenzione delle tossinfezioni alimentari quanto più efficaci possibili. E’ importante ricordare le: DIECI REGOLE D’ORO per PREPARARE CIBI SICURI dell’WHO: 1) Scegliere alimenti trattati per la conservazione; 2) Cuocere completamente gli alimenti; 3) Mangiare immediatamente i cibi cotti; 4) Conservare i cibi cotti attentamente; 5) Riscaldare completamente gli alimenti già cotti; 6) Evitare il contatto tra alimenti crudi e cotti; 7) Lavarsi le mani ripetutamente; 8) Tenere ogni superficie della cucina meticolosamente pulita; 9) Proteggere i cibi da insetti, roditori ed altri animali; 10) Utilizzare acqua sicura. L’importanza della prevenzione delle tossinfezioni alimentari deve prevedere, non solo l’effettuazione di periodici corsi di formazione igienico-sanitaria per il personale addetto alla preparazione degli alimenti, ma soprattutto un’educazione dei consumatori al rispetto delle più elementari norme di confezione e conservazione del cibo e al rispetto delle norme igieniche. www.blisteronline.it

23


FreeDigitalPhotos.net / Graeme Weatherston

IL SOLE: AMICO O NEMICO?

Dr. Patrizia Forgione Dermatologa pforgione@blisteronline.it

Da sempre il sole ha rappresentato la fonte di vita per tutti gli esseri viventi. Per molti popoli è stato venerato come divinità, oggi un po’ meno alleato dell’uomo per i danni che può provocare l’esposizione prolungata e sconsiderata. I quesiti posti ai medici dermatologi più frequentemente sono: “Posso espormi al sole senza problemi?” “Vorrei abbronzarmi subito e senza scottarmi” “Devo coprire i nei? Ma il sole è diventato piu’ aggressivo?” “Posso fare qualche lampada prima di andare al mare?” “Mi sento meglio quando mi espongo al sole, perché...” Il sole è in effetti un alleato della salute quando i nostri comportamenti sono prudenti, la nostra stella ci riscalda, favorisce la produzione di endorfine che induce la sensazione di benessere che spesso i pazienti ci descrivono quando si espongono al sole. Il sole regola la sintesi di peptidi che hanno ruolo protettivo verso l’aggressione microbica, favorisce la sintesi della vit. D che non serve solamente alla calcificazione delle ossa ma svolge una funzione importante a livello del sistema immunitario attivando alcuni tipi di cellule (cellule NK) che sono in grado di uccidere agenti patogeni responsabili di infezioni e malattie. Il sole non è diventato più violento, la riduzione dello strato di ozono che spesso viene invocato dai media riguarda i poli terrestri: è trascurabile e non va ad influenzare le aree della terra popolate, piuttosto è il nostro stile di vita che è cambiato, vogliamo essere abbronzati tutto l’anno e, magari abbiamo la pelle chiara. La pelle è in grado di proteggersi dai raggi solari perché il melanocita (una particolare tipo di cellula) produce una proteina, la melanina che è responsabile dell’abbronzatura tanto desiderata; però la tintarella non è uguale in tutti gli esseri umani dipende dal tipo di melanina che a sua volta è diversa a seconda se abbiamo la pelle chiara o scura.

24

I dermatologi hanno pensato di suddividere il colore della pelle in una scala cromatica che va dal bianco latte degli albini, al bruno nerastro della cute delle popolazioni di razza nera, individuando 6 fototipi che dipendono dal genotipo ossia dal proprio patrimonio genetico e dal fenotipo che dipende dall’ambiente e dalle abitudini di vita. Pertanto, il comportamento della pelle in occasione dell’esposizione solare e la facilità a scottarsi, decresce progressivamente a partire dai soggetti con fotoptipo 1 (si scottano sempre e non si abbronzano mai) fino a quelli con il fototipo 6 (soggetti di pelle scura che non si scottano mai). Il sole non provoca solo un danno acuto, ma può determinare un danno cronico con alterazioni del DNA dei cheratinociti e dei melanociti favorendo lo sviluppo dei tumori della cute come il basalioma e lo spinalioma e la sollecitazione non sempre fisiologica dei melanociti, a tale proposito si sottolinea che le ustioni solari dei bambini devono essere evitate assolutamente perché possono stimolare in modo anomalo il melanocita, la cellula che diventata neoplastica dà luogo al melanoma, neoplasia grave e aggressiva della cute. Ma i raggi solari colpiscono non solo l’epidermide, anche il derma viene interessato dai raggi solari più lunghi, gli UVA che agiscono negativamente sui fibroblasti accelerando il foto invecchiamento. Le radiazioni solari hanno la capacità di modificare la risposta del sistema immunitario deprimendo le nostre difese, in nostro aiuto ci sono le creme protettive che si oppongono a tale meccanismo riducendo l’immunodepressione foto indotta. Una crema protettiva solare può contenere filtri chimici che in genere sono molecole organiche che possono assorbire le radiazioni o filtri o schermi fisici che sono costituiti da polveri minerali come l’ossido di zinco o il titanio. Gli schermi fisici sono più adatti ai bambini, i filtri più per gli adulti, recentemente sono stati aggiunti altri principi attivi come l’ectoina che potenzia il nostro sistema immunitario.


6. Si ricorda che le ustioni solari si evidenziano dopo le prime ore, in questi casi è utile una crema cortisonica e una emulsione lenitiva per qualche giorno; 7. Attenzione al cielo coperto, anche in questo caso i raggi solari (quelli lunghi UVA) arrivano sulla nostra pelle, bisogna usare ugualmente la protezione solare; 8. Evitare esposizioni prolungate durante le gite in barca, a cavallo, a piedi o in bici. Bere acqua in abbondanza; 9. Non sono consigliate le lampade cosiddette “preparatorie”, che non proteggono efficaciemente come dopo l’esposizione naturale; 10. E’ utile una corretta alimentazione ricca di cibi contenenti vit. A, E e C (vegetali e frutta rossi e gialli, uova, semi, agrumi).

FreeDigitalPhotos.net / africa

FreeDigitalPhotos.net / photostock

IL DECALOGO PER UN’ABBRONZATURA SICURA 1. Evitare l’esposizione solare dalle 12 alle 16. In queste ore si verifica il 50% delle emissioni totali degli UVB; 2. La crema protettiva va applicata almeno 30 min. prima dell’esposizione e va rinnovata ogni 2-3 ore; 3. Applicare la crema su tutte le aree foto esposte, non dimenticare le orecchie soprattutto nei bambini; 4. Applicare la crema in abbondanza, un flacone dovrebbe durare tra 5-7 gg.; 5. Esporsi gradualmente tenendo conto che l’abbronzatura dei primi giorni è dovuta alla riserva di melanina già disponibile, nell’arco di una settimana si ha il maggior effetto fotoprotettivo della melanina;

www.blisteronline.it

25


HORTO DEI SEMPLICI

I RIMEDI NATURALI PER CURARE LE INTOSSICAZIONI

Dr. Stefano Minichino Farmacista sminichino@blisteronline.it

26

L’intossicazione è una manifestazione molto frequente del nostro organismo; ne sono causa o la natura delle sostanza con cui viene a contatto, o dosaggi impropri. Le cause più comuni sono cibi contaminati o mal conservati. Numerosissime sono le sostanze che la farmacopea ufficiale ci mette a disposizione, alcune delle quali non sempre reperibili, per cui c’è parso utile segnalare quelli che la natura ci fornisce per questa evenienza e sono zenzero, noce nera, aglio, carciofo, pompelmo, menta piperita, origano e artemisia. È importante sottolineare il frequente ricorso a “rimedi naturali”, proprio allo scopo di evitare farmaci di sintesi, in corso di gravidanza e allattamento. L’assunzione contemporanea di sostanze naturali associate a farmaci sta evidenziando interazioni precedentemente sconosciute; l’interazione tra farmaci e piante medicinali costituisce un nuovo campo di studio della tossicologia clinica, quindi, è necessario che tutti gli operatori, in particolare i naturopati, che consigliano piante medicinali, abbiano una sufficiente conoscenza di questa problematica al fine di evitare interazioni costituiti da sinergismo d’azione o annullamento dell’efficacia terapeutica, dei soggetti sottoposti a terapie farmacologiche. I rimedi naturali contro questo tipo di patologia possono essere l’utilizzo di alga spirulina e il carciofo. L’alga spirulina è originaria dell’AMERICA DEL NORD e appartiene alla famiglia delle Cianophyceae (divisione di alghe unicellulari il cui colore glauco o bluastro è dovuto alla presenza di due pigmenti, la clorofilla e la ficocianina). La Spirulina vive grazie alla fotosintesi e prende il nome dalla sua forma a spirale ed è ritenuta l’alimento vegetale migliore, poiché ricco di proteine, amminoacidi, vitamine, acidi grassi essenziali, carboidrati ed antiossidanti. L’azione farmacologica dell’alga spirulina è molteplice, infatti è un integratore dell’alimentazione, sviluppa un’attività antimicrobica/antibatterica

e rafforza il sistema immunitario. La principale azione dell’alga è aiutare l’organismo ad eliminare i metalli che si accumulano a causa delle scie chimiche, anche il carciofo, appartiene alla famiglia dell’ ASTERACEE è utile nei disturbi funzionali della cistifellea e del fegato, della dislipidemia e della sindrome dell’intestino irritabile, inoltre si utilizza per il suo sapore amaro in caso di nausea e/o vomito. Anche l’assunzione di funghi non velenosi ma di difficile digestione, può essere curata con rimedi ecologici: 1 tazza di infuso fresco di Zenzero ogni due ore per ridurre l’infiammazione intestinale e gli effetti dell’intossicazione alimentare. Assumere 2 volte/die prodotti con 4 miliardi di microrganismi attivi quali: Lactobacillus Acidophilus e bifidus - per combattere l’infezione intestinale. 3 cps /die di Olio di Origano per il suo effetto antimicrobico. Menta Piperita ogni 6 ore per lenire nausea e crampi. In caso di accertata infezione parassitaria assumere un preparato fitoterapico a base di aglio, noce nera, artemisia ed estratto di Pompelmo. Massaggi addominali con 2 gocce di olio essenziale di camomilla e una goccia di pepe nero diluiti in un olio di base. Molti pazienti preferiscono oggi ricorrere alla medicina non convenzionale ed in particolare alla fitoterapia, per trattare i loro disturbi e tale fenomeno ha assunto proporzioni sempre maggiori nell’ultimo decennio. Tutto questo è dovuto ad una certa “sfiducia” nei confronti della terapia tradizionale (causata dalla tossicità dei farmaci allopatici con conseguente aumento delle malattie iatrogene, dai costi elevati dei farmaci, dal contenimento dei costi del welfare state e spesso dall’insuccesso della terapia), ma soprattutto dalle informazioni mediatiche e dalla maggiore consapevolezza individuale verso uno stato di benessere rivolto all’autocura; Tutti questi fattori hanno orientato il consumatore verso prodotti naturali, seguendo il modello secondo il quale tutto ciò che ha a che fare con il mondo naturale è da ritenersi sicuro e privo di effetti collaterali.


FreeDigitalPhotos.net / akeeris

Nell’ipotesi in cui si verifichi un incidente automobilistico, le parti devono prima di tutto compilare il modello Cai in ogni sua parte, modello in cui vengono indicati i dati personali delle persone coinvolte nel sinistro, le rispettive polizze assicurative, le modalità in cui il sinistro si è verificato e la presenza o meno di eventuali testimoni, nonché i danni riporati dai veicoli e se vi sono o meno state persone che hanno riportato lesioni personali nello stesso. Orbene, in quest’ultimo caso è ovvio che la persona lesionata non penserà a compilare il modello Cai, ma si preoccuperà di chiamare il 118 per il trasporto al più vicino Pronto Soccorso o si farà accompagnare dall’altro conducente o da quello che lo trasportava sulla propria autovettura se trattasi di passeggero. In tal caso è molto importate rilasciare una corretta dichiarazione al medico che soccorre il mal capitato ed al drappello di polizia presente al P.S., sulle modalità in cui si è verificato il sinistro e sulle relative responsabilità: attenzione, una dichiarazione resa frettolosamente in maniera errata potrebbe fornire spunto alla Compagnia di assicurazione per dichiarare il sinistro non risarcibile. Dopo il primo ingresso al Pronto Soccorso, conservare con cura il certificato medico rilasciato, nonché tutta la successiva documentazione medica, compresi referti di eventuali radiografie o tac da sottoporre poi al medico legale fiduciario della compagnia di assicurazione che sarà incaricato di

Avv. Fabiola Guarino fguarino@blisteronline.it

valutare l’entità delle lesioni riportate nel sinistro. In proposito recentemente vi è stata una vera e propria “rivolta” dei medici legali contro l’ingerenza delle Compagnie di Assicurazione, tanto che A.N.E.I.S., Associazione Nazionale Esperti di Infortunistica Stradale, tramite il suo Presidente, ha spiegato che le Assicurazioni stanno fornendo errate informazioni in ordine al “colpo di frusta” affermando che non verrà più risarcito, nell’ottica degli stringenti limiti al risarcimento del danno alla persona contenuti nel decreto sulle liberalizzazioni, informazioni non veritiere. Tornando al nostro vademecum è particolarmente importante al momento del sinistro vagliare l’eventuale disponibilità delle persone che hanno assistito al fatto a testimoniare in ordine alle modalità in cui lo stesso si è verificato, è bene quindi annotare nome, cognome, indirizzo ed un eventuale recapito telefonico, anche se è veramente molto difficile che una persona ricordi a distanza di molto tempo le precise modalità dell’accadimento di un fatto che si è verificato in una frazione di minuto. In proposito Luigi Lucchetti ha intitolato un articolo comparso sulla rivista Polizia Moderna nel seguente modo “ Dire il falso in buona fede” sintetizzando efficacemente quanto detto prima, ovvero che la nostra memoria può ricordare un dato accadimento in maniera diversa rispetto a come lo stesso si è verificato in totale buona fede. In conclusione questi i punti da non dimenticare: compilare il modello Cai, annotare i nomi di eventuali testimoni al fatto, in caso di lesioni conservare con cura tutti i certificati medici rilasciati, recarsi puntualmente alla visita medico legale fissata dal medico incaricato dall’assicurazione e attendere il risarcimento che la polizza vi riconosce; ovviamente in tutte queste fasi potete farvi assistere da un avvocato di vostra fiducia o dal vostro agente assicurativo di fiducia.

FreeDigitalPhotos.net / Bill Longshaw

Il giorno che stipuliamo una polizza automobilistica sembra tutto semplice, in caso di incidente non devi fare altro che avvertire la tua compagnia di assicurazione e come d’incanto la stessa ti risarcirà per le lesioni riportate, poi… però… La materia è disciplinata dal Nuovo Codice delle assicurazioni introdotto con il Decreto Legislativo n. 209 dell’anno 2005, ma in realtà entrato in vigore completamente tempo dopo, a causa del rinvio nello stesso contenuto ai regolamenti di attuazione di matrice governativa che, come spesso accade nel nostro paese, sono stati completati ed emanati non contestualmente.

WELFARE

COSA FARE IN CASO DI INCIDENTE AUTOMOBILISTICO? Come orientarsi nella giungla delle leggi che regolamentano la materia

www.blisteronline.it

27


FreeDigitalPhotos.net / Apple’s Eyes Studio

AVVOCATO

LA RESPONSABILITÀ MEDICA NELLE URGENZE E… NON SOLO…

Avv. Silvio Sacchi ssacchi@blisteronline.it

Il problema della responsabilità medica in generale e di quella dei medici della urgenza in particolare è talmente vasto e complesso che meriterebbe ben più di quanto non sia possibile accennare nel breve spazio di un articolo. Che il problema sia grave, anzi gravissimo, è dimostrato dal numero dei siti internet o dalle pubblicità sempre più diffuse, accattivanti e fuorvianti che a chiunque è dato di vedere. Chi di noi non ha letto qualcosa tipo: “Sei stato mal curato? Vieni da noi che senza anticipo ci daremo da fare per farti risarcire!” ? Chi di noi non sa che sono in aumento esponenziale le cause contro i medici per presunte colpe nella cura? Che le società di assicurazione rifiutano di stipulare contratti a favore dei medici o richiedono premi assurdi? E chi di noi ignora che i medici adottano ormai la massima cautela nel formulare una diagnosi o dare una terapia? Se una volta il medico – a quel che dicono i nostri vecchi - guardava il paziente e faceva diagnosi e cura, oggi non ci si muove se non davanti a mezzo chilo di analisi, tac, pet e quanto altro, con quale beneficio della nostra spesa sanitaria è facile comprendere. Si assiste, cioè, al trionfo della cosiddetta “medicina difensiva” per la quale il medico assume una scelta terapeutica fondandola non tanto sulla base della ricerca della migliore strategia di guarigione del paziente, quanto sulla impellente necessità di evitare giudizi, penali e civili, in suo danno. Vi è di più. Come è stato esattamente notato, se inizialmente la medicina difensiva veniva vista come un criterio di comportamento professionale inteso a limitare il rischio di responsabilità del medico, oggi si va sempre più estendendo la massima cautela nei confronti di un rischio medico di nuovo tipo e cioè la possibilità di incorrere addirittura nel cosiddetto danno erariale essendo divenuta sempre più concreta la possibilità per il medico di essere chiamato a rispondere nei confronti del SSN dell’aggravio subito da questi per la terapia o gli accertamenti richiesti. Sono i casi di cosiddetta “iperprescrizione” che viene generalmente riscontrata nella prescrizione di ulteriori dosi dello stesso farmaco che vadano oltre

28

la possibile consumabilità in base alle prescrizioni contenute nelle schede del Ministero della Salute, per cui si verificherebbe o uno “spreco tout court” (per non uso) ovvero uno “spreco per uso improprio” (come nel caso di utilizzazione per un valore terapeutico minore rispetto a quello per il quale il farmaco in questione è stato prodotto[omissis])” (cfr. Corte dei Conti, sent. 275/04). Come si vede il povero medico, da un lato si deve “difendere” da una eventuale responsabilità per danni nei confronti del paziente con la richiesta di tutti gli accertamenti sanitari possibili e, dall’altro, è costretto a difendersi dal rischio della “iperprescrizione” (con conseguente responsabilità erariale) che potrebbe anche essere ravvisata in un eventuale eccesso di richieste di analisi ed accertamenti strumentali. Occorre, quindi, chiarire che nel caso della iperprescrizione due sono le tipologie di rischi cui il medico può essere esposto e che sono tra di loro contrapposti: A) un giudizio di responsabilità professionale se egli decida di limitarsi nella prescrizione ed il paziente, un domani, possa agire contro di lui sostenendo di aver subìto danni dalla “prudenza prescrittiva del medico” e, B) azione di responsabilità erariale nel caso opposto. La questione è ancora più complicata dalle linee di indirizzo che vengono determinate dalla P.A. circa la congruità ed appropriatezza delle prescrizioni, linee che spesso sembrano essere dettate in maniera poco chiara e spesso ispirate più ad una necessità di bilancio che non dalla necessità di curare al meglio i pazienti. È estremamente difficile dare un consiglio di comportamento, specie in materia di medicina di urgenza ed allora non può che auspicarsi un intervento legislativo che metta ordina nella materia fissando canoni meno arbitrari di quelli odierni. Ad esempio, non sarebbe assurdo pensare ad una legge strutturata sull’esempio di quella che regolamenta le responsabilità dei magistrati il cui lavoro non è certamente meno importante e delicato di quello dei medici.


LA MEDICINA NEL CINEMA

“E.R. Medici in prima linea”

Dr. Carlo Billa cbilla@blisteronline.it

Si è aggiudicata un numero sterminato di premi, ha avuto 124 nomination agli “Emmy Award” e ne ha vinto 24: è una delle fiction seriali più longeve della storia della televisione. “E.R. Medici in prima linea”, con oltre 300 episodi all’attivo, è andato in onda ininterrottamente dal 1994 al 2009, portando al successo George Clooney che, lasciato questo serial, è diventato una star del grande schermo. “E.R.” nasce dalla fantasia di Michael Crichton, l’autore di tanti best seller, come “Jurassic Park” e “L’isola dei pirati”. Crichton, che prima di diventare romanziere era stato medico, nel 1974, prendendo spunto dalle sue esperienze professionali, aveva scritto una sceneggiatura poi rimasta nel cassetto. Dopo molti anni, nel 1993, Crichton incontra il regista Steven Spielberg: i due pensano di realizzare un film da quello script, ma Spielberg abbandona l’idea e decide di adattare per il cinema il romanzo “Jurassic Park”. Il regista, comunque, collabora allo sviluppo del progetto “E.R.”. Così produce la prima serie del serial ed è prodigo di consigli per la costruzione della storia. Fra l’altro, insiste perché l’attrice Julianna Margulies (che interpreta il ruolo di Carol Hathaway), dopo aver recitato nell’episodio pilota, entri stabilmente nel cast e prenda contatti con John Wells, che diventerà produttore esecutivo del programma. Mancano fondi e tempo per allestire il set, così l’episodio pilota della serie si gira nel “Linda Vista Community Hospital”, un ospedale di Los Angeles, in disuso dal 1990. Successivamente ci si spostò negli studios della Warner Bros, a Burbank, in California, dove fu riprodotto il pronto soccorso del “Chicago County General Hospital”, nel quale erano ambientati gli episodi di “E.R.”. Fu utilizzata la sceneggiatura scritta da Crichton nel 1974. Malgrado fossero passati venti anni, non furono necessarie modifiche. L’unico cambiamento riguardò il sesso di uno dei protagonisti: il dott. Lewis, ideato dall’autore come personaggio maschile, diventò donna su richiesta dei produttori, i quali poi trasformarono il dott. Benton in un medico afroamericano.

Il cast originario comprendeva George Clooney (dr. Doug Ross), Anthony Edwards (dr. Mark Geene), Sherry Stringfield (dr.ssa Susan Lewis), Noah Wyle (dr. John Carter) ed Eriq La Salle (dr. Peter Benton). Jullianna Margulies, guest star nell’episodio pilota, nel ruolo dell’infermiera Carol Hathaway, solo successivamente entrò stabilmente nel cast di “E.R.”, su sollecitazione di Steven Spielberg. Nella seconda stagione arrivarono alcuni nuovi personaggi, ma il gruppo di interpreti rimase sostanzialmente immutato fino alla quarta stagione. Poi, fra rimaneggiamenti vari, alla fine dell’undicesima serie, quando Noah Wyle abbandonò “E.R.”, nel cast non rimase più alcuno dei componenti iniziali. Uno degli episodi più celebri di questa fiction è stato senza dubbio “Diritto di immagine”, prima puntata della quarta serie, andata in onda nel 1997, in diretta. Per consentire di vederla dal vivo anche agli abitanti della West Coast, gli attori interpretarono nuovamente la storia narrata nell’episodio, tre ore dopo. Le telecamere qualche volta si sono spostate dal “County General Hospital”, dove abitualmente sono ambientate le vicende narrate, a Las Vegas, alle Hawaii e più di recente a Parigi, nella Repubblica Democratica del Congo e nel Darfur. «Abbiamo puntato l’attenzione sulla drammatiche realtà del Congo e del Darfur quando non ne parlava nessuno – ha dichiarato con orgoglio John Wells, produttore di “E.R”- così abbiamo fatto conoscere a milioni di persone quanto stava accadendo in Africa, vicende tragiche trascurate anche dai telegiornali». Numerosi i registi che hanno firmato le puntate di “E.R.”. “Maternità”, episodio della prima stagione, è stato diretto da un nome famoso, Quentin Tarantino.

www.blisteronline.it

29


FreeDigitalPhotos.net / photostock

MEDICINA VETERINARIA

LÀ SOTTO QUALCUNO ASPETTA

Dr. Roberta Polisiero Medico Veterinario Specialista in fisiopatologia della riproduzione animale rpolisiero@blisteronline.it

Come sappiamo bene, i cani non sono solo degli animali da compagnia ma possono svolgere dei compiti utili sia per il loro padrone che per la società. Come unità cinofila si intende il binomio cane-padrone. In Italia, questa branca della Protezione Civile nasce nel 1988 da un’idea di Ferruccio Pilenga che insieme al suo cane dà inizio a questa importante attività di volontariato di Protezione Civile. Dagli iniziali terranova e labrador “cani bagnino”, per atavica vocazione, si è riusciti nel corso degli anni a brevettare e rendere operativi centinaia di cani anche di altre razze, tra cui anche dei pit bull. L’uso di cani in ricerca e soccorso (SAR) è un componente prezioso usato nelle calamità naturali, eventi sinistri di massa, e nella localizzazione di persone scomparse. Cani da catastrofe Il cane da catastrofe deve la sua comparsa sulla scena cinofila agli allevatori svizzeri che durante l’ultima guerra, dopo aver visto i cani al lavoro sulla neve con risultati eccellenti, hanno ipotizzato il loro impiego anche in mezzo alle macerie provocate dai bombardamenti. Un cane da disastro è addestrato a trovare l’odore umano in ambienti molto innaturali, comprese le strutture crollate e le zone colpite dai tornado e terremoti e altri disastri. La capacità olfattiva dell’animale è in grado di fornire risultati positivi nonostante condizioni ambientali disagevoli e la presenza di sollecitazioni che potrebbero facilmente depistarlo. Nel caso di persone sepolte sotto la neve, un cane è addestrato per rilevare l’odore umano sia sopra che sotto la neve. I pertugi tra le masse nevose incanalano spiragli d’odore che tendono a salire in superficie e divengono rintracciabili dal cane. La razza simbolo di quest’impiego è il sanbernardo di cui l’eroe Barry è imbalsamato nel Museo di Storia Naturale di Berna: si racconta che salvò quaranta vittime e dall’ultima fu ucciso. Ma altrettanto famoso fu il bassotto Moritz che, dinamico e solerte, salvò la vita alla guida alpina di Andermatt, Joseph Bo-

30

netti. Oggi per questo impiego sono preferite razze agili e, per essere facilmente trasportate, non troppo ingombranti come il boxer, il rottweiler, il labrador, il pastore tedesco ed il dobermann. Particolarmente vitali ed attivi i border collie. Anche nelle aree terremotate il cane viene portato nella zona del disastro, qui la diversa temperatura e pressione convogliano, dagli strati più bassi verso l’alto, i coni d’odore che permettono al cane di iniziare la ricerca. Soccorso in acqua I cani per il soccorso in acqua devono essere coraggiosi, di buon temperamento e tempra, con buona socializzazione. Non devono avere fobie per l’acqua e non essere mordaci. La forza garantisce un nuoto energico, la massa facilita la galleggiabilità. Il più adatto è il terranova, molossoide forte e corpulento. I cani che possono distinguersi in questa disciplina potrebbero essere dei meticci senza alcuna nobile genealogia. A loro viene richiesta solo una buona taglia (almeno 30 Kg.) propensione per l’acqua, obbedienza ed equilibrio, ma sopratutto devono essere veri atleti che dimostrino una grande resistenza in acqua. Ideali sono i cani di terranova, i labrador che sono particolarmente predisposti, anche per via delle zampe palmate ed i golden retrievers. Per “Unità cinofila” non si intende solo il cane, ma il cane ed il suo “conduttore”, che quando lavorano devono essere un solo corpo. Cani e conduttori vanno a scuola insieme. Tutti e due sosterranno insieme l’esame per il brevetto e l’intesa deve essere massima: devono capirsi con uno sguardo, perché in emergenza non c’è tempo da perdere. La predisposizione a buttarsi in acqua e nuotare non basta, c’è bisogno di un serio addestramento.


CIBUS

FreeDigitalPhotos.net / rajcreationzs

LA CONGESTIONE: COME EVITARLA?

Dr. Maria Teresa Catucci Biologa nutrizionista mtcatucci@blisteronline.it

La congestione è quel processo attraverso il quale avviene un blocco intestinale, in seguito alla dismissione delle funzioni digestive.

pasto; partendo dal presupposto che è bene tenersi leggeri. E ancora non bisogna bere bevande ghiacciate.

Un problema che torna d’attualità durante la stagione estiva. Infatti una delle cause che può provocare la congestione è l’immergersi in acqua subito dopo avere mangiato. Il cambiamento di temperatura, a causa dell’acqua gelata, comporta il blocco della digestione: il sangue staziona in parte nell’area addominale, in parte viene deviato verso i muscoli scheletrici, al fine di incrementare la termogenesi, con conseguente perdita della pressione sanguigna.

Basta seguire queste due regole fondamentali per stare tranquilli e non correre il rischio di trasformare una bella giornata al mare, in tragedia.

Seguendo queste semplici regole la congestione non sarà un problema che rischi di rovinare le vostre vacanze al mare.

FreeDigitalPhotos.net / photostock

I sintomi che compaiono in presenza di una congestione sono diversi e vanno dal mal di stomaco, alla nausea, al vomito, all’annebbiamento della vista, financo in casi rari, alla morte. Ecco quindi che è doveroso evitare di farsi il bagno, quando si è al mare, almeno nelle due ore successive al

Nei casi in cui ci troviamo ad affrontare, direttamente o indirettamente una congestione, bisogna per prima cosa chiamare il 118, portare la persona in un luogo asciutto, procurarsi una borsa dell’acqua calda da mettere sulla pancia, o in alternativa anche la sabbia, e nei casi più gravi procedere con le manovre del BLS (Basic Life Support), per intenderci il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca.

www.blisteronline.it

31


FreeDigitalPhotos.net / David Castillo Dominici

IL CENACOLO

URGENZE ED EMERGENZE IN SANITÀ: PROBLEMA SOPRATTUTTO POLITICO.

Dr. Michele Ciasullo Medico di famiglia Presidente dell’Università Popolare dell’Irpinia mciasullo@blisteronline.it

Le grandi urgenze ed emergenze mediche e chirurgiche, sia cardiologiche (cardiopatia ischemica acuta, ictus, emorragie) che i grandi traumi e tutte le altre, sono in funzione critica del tempo. Ogni secondo può essere decisivo per la sopravvivenza del paziente ma anche per i futuri esiti. Le postazioni che possono offrire una risposta appropriata devono poter essere raggiunte in tempi ragionevoli e con mezzi idonei. Devono inoltre fornire il massimo della competenza e della tecnologia in modo continuativo, 24 ore al giorno per tutti i giorni dell’anno. Per concentrare competenze e struttura/tecnologie nello stesso luogo e nello stesso tempo, in modo continuativo e costante, è richiesto un impegno straordinario sia dal punto di vista organizzativo che delle risorse umane ed economiche. Occorrono quindi delle precise scelte logistiche e di allocazione delle risorse. Se consideriamo le cose da questo punto di vista, è evidente che il sistema di erogazione delle cure deve essere ripensato e ristrutturato completamente. Ciò che deve essere aggiornata è soprattutto la nostra idea di ospedale. Come deve essere l’ospedale moderno? Quali sono le funzioni dell’ospedale e quali quelle del territorio? Non si può negare che vi è un uso inappropriato sia dell’ospedale che del territorio. Poiché la diagnosi al giorno d’oggi è soprattutto tecnologica e la tecnologia diagnostica è concentrata prevalentemente negli ospedali, la gente corre in ospedale per avere la diagnosi. La struttura ospedaliera invece dovrebbe servire per il paziente con problemi acuti e ad alto rischio. Il paziente a basso rischio ed il cronico invece dovrebbero avere una diagnosi ed essere curati sul territorio e, quando possibile, a domicilio. Passare dal predicato al praticato, in questo come in altri campi, è abbastanza problematico perché ereditiamo uno sbilanciamento dal passato: veniamo da una cultura fortemente ospedalocentrica. Modificare il modello richiede innanzitutto un cambio di paradigma culturale parallelo al

32

cambio di quello organizzativo. Un problema è rappresentato dai piccoli ospedali e dai territori disagiati, quelli con viabilità precaria, dove esiste un’ obiettiva difficoltà di garantire la copertura dell’emergenza secondo standard moderni. Qui entra in gioco la questione dell’equità nell’accesso alle cure. Non è accettabile che, di fronte alle disgrazie, popolazioni che vivono in zone difficilmente raggiungibili per conformità di territorio siano meno protette rispetto ad altre. Non vi è dubbio che il piccolo ospedale, per limiti strutturali ed organizzativi intrinseci, non avrà mai i requisiti per dare risposte a tutte le emergenze che si possono presentare, secondo standard moderni ed accettabili. È pericoloso tentare di presentare queste strutture come “soluzioni intermedie”, luoghi in cui si pensa di “stabilizzare” i pazienti critici e di smistarli successivamente verso luoghi di cura più idonei. Ciò in alcuni casi e circostanze può rappresentare l’eccezione, non la regola! Questo tipo di organizzazione è irrazionale, asimmetrica e fa perdere tempo prezioso. Se ho bisogno di un intervento urgente ed efficace è meglio trovarmi subito nel posto giusto al momento giusto piuttosto che arrivarci dopo una tragica peregrinazione che può costare la vita! Questo è uno dei motivi per cui il sistema va completamente ripensato. Occorre una fase destruens e una costruens. La prima è la fase più difficile, richiede enormi cambiamenti ed è compito della politica attuarli. È un passo decisivo che si scontra con resistenze di ogni tipo e può essere attuato solo se si ha un mandato e una legittimazione molto forte. Occorre guadagnare il consenso sulle scelte operate, riuscendo a spiegare le motivazioni che sono alla loro base e offrendo alternative chiare e condivisibili. “Vince chi convince, non chi costringe”. Occorre dunque un nuovo patto sociale per la salute che sostenga le scelte e giuste e gli oneri dalla fase costruens! «Io credo nel pessimismo della ragione e nell’ottimismo della volontà» (A.Gramsci)


MEDICI NELLA STORIA

DOMINIQUE-JEAN LARREY

Dr. Anna Gagliardi agagliardi@blisteronline.it

Dominique-Jean Larrey, capo chirurgo della grande armèe, con le sue numerose e geniali innovazioni, che introdusse nell’assistenza ai feriti nelle varie campagne napoleoniche è, senz’altro, da considerare uno dei padri della medicina d’urgenza. Le sue intuizioni e le sue indicazioni sono state seguite con grande attenzione, dall’Us Army Medical Corps, che ha migliorato ed attuato le felici idee di questo grande medico, sia nella II guerra mondiale che in quella del Vietnam, basti pensare all’impiego dell’elicottero, per l’evacuazione dei feriti, che era già stato preconizzato da Larrey, che aveva creato l’ambulanza volante. Larrey operò in Italia, in qualità di chirurgo durante le campagne napoleoniche, che si protrassero dal 1797 al 1815. In questo periodo, dopo aver osservato le grandi carenze dell’organizzazione dell’assistenza medica in battaglia, cominciò a formulare un piano d’evacuazione rapido, per quei soldati feriti in combattimento. Attuò un piano di modernizzazione per l’operato dei chirurghi nei vari teatri d’operazione, progettò ospedali da campo ed un sistema di ambulanze, che pensò realizzabile, dopo aver osservato la velocità con cui venivano manovrati i carrelli d’artiglieria. Prima d’allora l’organizzazione della sanità militare era obsoleta ed inefficace ma le sue innovazioni ne hanno cambiato il volto. Prima del suo illuminato intervento i soldati feriti potevano essere evacuati dal campo di battaglia, solo dopo cessato lo scontro armato e questo periodo poteva protrarsi anche per 24 ore, inoltre, l’ospedale da campo doveva distare dal campo di battaglia circa 5 Km e ciò apparve a Larrey improponibile. Fu subito dopo uno scontro di scarsa importanza a Limburg, che Larrey chiese il permesso di creare un servizio di ambulanza, il cui personale era composto da un medico, un vetturino, un sottufficiale, 24 soldati ed un tamburino, responsabile della conservazione e del trasporto del materiale di medicazione. Il servizio era integrato, poi, da 12 barelle leggere,

4 pesanti ed un carro progettato in ambulanza guida, questo veicolo sperimentale univa velocità, sicurezza e confort; consisteva in una camera chiusa attaccato su un mezzo a molle a 2 ruote trainato da 2 cavalli. Larrey va ricordato per aver creato con 200 anni d’anticipo, per le vittime della guerra, la regola del triage, che consente nel prendere in carico e curare i feriti a seconda della gravità delle lesioni e la tempestività della cura. Ma l’aspetto più rivoluzionario è l’attenzione che Larrey dedica ai feriti su entrambi gli schieramenti, un concetto nobile che è sopravvissuto realizzandosi nella Croce Rossa. La medicina d’emergenza e la rianimazione devono molto a questo grande medico che ha utilizzato la ventilazione a pressione positiva ed ha introdotto il concetto di ipotermia come forma di anestesia. Per le sue innovazioni e per la sua grande umanità entra a pieno titolo tra i grandi della medicina ma bisogna riconoscergli anche un altro grande merito quello d’aver svegliato la coscienza dell’umanità sulla disumanità della guerra.

www.blisteronline.it

33


ULTIMISSIME

CONVEGNI, CORSI E CONGRESSI Corsi per sanitari (medici, infermieri, soccorritori volontari e personale sanitario)

I corsi si terranno presso: Centro Medico Athena Contrada Cardito, 52 83031 Ariano Irpino Av in collaborazione con Dr. Giuseppe Salvatore Satriano Resp. Soccorso Amico Salerno gssatriano@blisteronline.it

II RIUNIONE DI DERMATOLOGIA GLOBALE CONSERVATORIO DI S. PIETRO A MAJELLA Via S. Pietro a Majella 80138 NAPOLI 21-22 SETTEMBRE 2012 Presidenti prof. F Ayala prof. V. Ruocco Segreteria org. EUBEA Via Pietravalle 11 - 80131 NAPOLI - tel 081/5456125

BLSD

Destinatari: Il corso è indirizzato ai medici, infermieri e soccorritori volontari e personale sanitario. Obiettivo del Corso: Acquisire conoscenze relative al trattamento dell’arresto cardiocircolatorio e della defibrillazione precoce secondo le linee guida Italian Resuscitation Council. Svolgimento del Corso: Il corso è composto di una parte teorica di 2 ore e di una parte pratica di 6 ore con addestramento su manichino. La valutazione finale prevede una prova teorico-pratica e alla conclusione verrà rilasciato un attestato di BLSD esecutore nel caso in cui le due prove vengano superate con una performance minima del 75%. PBLSD Destinatari: Il corso è indirizzato ai medici, infermieri e soccorritori volontari e personale sanitario. Obiettivo del Corso: Fornire le conoscenze teoriche e la capacità pratica per eseguire la rianimazione cardio-polmonare di base e defibrillazione precoce nel paziente pediatrico (0-8 anni). Svolgimento del Corso: Il corso è composto di una parte teorica di 2 ore e di una parte pratica di 6 ore con addestramento su manichino. La valutazione finale prevede una prova teorico-pratica e alla conclusione verrà rilasciato un attestato di PBLSD esecutore nel caso in cui le due prove vengano superate con una performance minima del 75%. ALS Destinatari: Il corso è rivolto al personale sanitario professionale (Medici e Infermieri) Argomenti del Corso: ABCD Primario - Algoritmo universale e casi clinici - Riconoscimento ritmi ABCD Secondario: gestione vie aeree, vene, farmaci e diagnostica - Terapia elettrica - Intubazione vie aeree - Algoritmi di trattamento delle diverse situazioni cliniche. Durata del Corso: 24 ore in 3 giornate PTC BASE Destinatari: Il corso è indirizzato ai medici, infermieri e soccorritori volontari e personale sanitario. Note: È richiesto l’attestato di Esecutore BLSD. Obiettivo del Corso: Gestione di base del paziente politraumatizzato. Svolgimento del Corso: Il corso è composto di una parte teorica di 2 ore e di una parte pratica di 6 ore con addestramento su manichino (1 sola giornata). La valutazione finale prevede una prova teoricopratica e alla conclusione verrà rilasciato un attestato di partecipazione. PTC AVANZATO Destinatari: Il corso è indirizzato ai medici e infermieri. Obiettivo del Corso: Gestione avanzata del paziente politraumatizzato. Svolgimento del Corso: Lezioni teoriche e addestramento pratico con dimostrazione e simulazione di scenari (Megacode). Durata di 24 ore in 3 giornate Corsi per i laici BLSD cat. A - PBLSD Tutti i corsi sono certificati IRC e tenuti da Istruttori certificati IRC. Gli interessati possono rivolgersi alla Dott.ssa Anna Di Cosmo Tel 0825 892085 - 0825 891982 - 0825 891705

34


CARDIOLOGIA 路 CHIRURGIA DELLA MANO CHIRURGIA GENERALE 路 MEDICINA GENERALE ORTOPEDIA E TRAUMATOLOGIA OSTETRICIA E GINECOLOGIA 路 OTORINOLARINGOIATRIA RECUPERO E RIABILITAZIONE FUNZIONALE

CASE DI CURA RIUNITE VILLA SERENA E NUOVA SAN FRANCESCO PRESIDIO VILLA SERENA viale Europa, 12 - 71122 Foggia tel. 0881.309911 - fax 0881.309957 PRESIDIO NUOVA SAN FRANCESCO Viale degli Aviatori, 128 - 71122 Foggia tel. 0881.659211 - fax 0881.659206 CENTRO MEDICO DIAGNOSTICO TELESFORO via G. Rosati, 137 - 71121 Foggia tel. 0881.687231 0881.687964 - 0881.635042

www.gruppotelesforo.it www.blisteronline.it

35



Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.