Blister... Notizie Mediche in pillole - ALLERGOLOGIA

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NUMERO 2

ALLERGOLOGIA l’informazione a Vostra disposizione...


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Biogem IRGS - Istituto di Ricerche Genetiche “Gaetano Salvatore” Realizza le attività di ricerca biomedica, con particolare riguardo allo studio di patologie umane utilizzando modelli animali. Biogem Service Offre ad istituzioni di ricerca pubbliche e private servizi avanzati come la generazionedi linee murine geneticamente modificate, la creazione di modelli chirurgici sperimentali, analisi genomiche. Fondazione Biogem Campus In collaborazione con Università italiane e straniere organizza in regime residenziale, corsi di Laurea Magistrale, Dottorati di ricerca e Master, nonché cicli di seminari ed eventi culturali. Cura inoltre la diffusione della cultura scientifica, in particolare, realizzando annualmente il meeting “Le Due Culture”.

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Nato in convenzione con l’INGV Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia, l’Università del Sannio, l’Università G. D’Annunzio di Chieti e Pescara, ha lo scopo di illustrare l’origine e l’evoluzione della vita sulla Terra intesa come interazione fra genoma ed ambiente. I mezzi scelti per la divulgazione sono vari, dai più moderni e interattivi, a quelli più tradizionali e materiali; l’intento è quello di costituire un punto di riferimento nazionale ed internazionale in questo campo specifico della museologia.


Domus Medica Formazione Clinical Advisors: Allergologia ed Immunologia: Mehemet Hoxha Tirana Albania Anestesiologia e Rianimazione: Tritan Shehu Tirana Albania Cardiologia Prenatale: Dario Paladini Napoli Italia Chirurgia Epatobiliare e Trapianti: Umberto Cillo Padova Italia Chirurgia: Giuseppe Petrella Roma Italia Ematologia: Giovanni Di Minno Napoli Italia Emergenza-Urgenza: Giuseppe Salvatore Satriano Endocrinologia: Gianfranco Fenzi Napoli Italia Epatologia: Ilario de Sio Napoli Italia Farmacologia: Elio Kahn Tel Aviv Israele Genetica Medica: Valerio Ventruto Napoli Italia Neurologia: Nicola Modugno Isernia Italia Oncologia: Giuseppe Tonini Roma Italia Oncologia Molecolare: Frank Romeo Philadelphia USA Psichiatria: Antonello Bellomo Foggia Italia Radiologia: Marco Salvatore Napoli Italia Urologia: Gerardo Flammia Roma Italia

RUBRICHE

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HORTO DEI SEMPLICI Un sollievo dalla natura

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Tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavori

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WELFARE AVVOCATO 25

Prescrizione dei farmaci

LA MEDICINA AL CINEMA Due metri di allergia

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La prevenzione terziaria nella rinite allergica

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IL MEDICO LEGALE Pubblicazione bimestrale Anno 2 nº 2 - 2012 Distribuzione gratuita Reg. al tribunale: n. 4 del 30/12/2011 Tiratura: 20.000 copie Editore: “Domus Medica” Direttore Responsabile: dr. A. Cavalli Direttore Scientifico: dr. Sergio Cerrato Direttore Amministrativo: dr. Alessandro Cerrato Condirettori: Gaetano Ramundo, Augusto Vittorio Ramundo Capo redattore: dr. A. Calvo Redazione: dr. Maria Teresa Catucci, dr. Michele Ciasullo, dr. Edgardo Dilullo, dr. Anna Gagliardi, dr. Fabiola Guarino, dr. Stefano Minichino, dr. Roberta Polisiero, dr. Silvio Sacchi Area Web: Antonio Macchione

MEDICINA VETERINARIA Allergia al cane e al gatto: soluzioni e consigli

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Allergie, intolleranze e pseudoallergie alimentari

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CIBUS IL CENACOLO Medico di base

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Paracelso

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Convegni, corsi e congressi

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MEDICI NELLA STORIA ULTIMISSIME

ARTICOLI

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Contatti: sito: www. blisteronline.it mail: info@blisteronline.it

Il caso clinico 5

Stampa: Grafiche Lucarelli

Dermatite allergica da contatto da cosmetici 8 Gli antistaminici nel trattamento dell’asma bronchiale 10 Reazioni avverse ai farmaci 14 Allergia alimentare 17

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NUMERO DUE

EDITORIALE

Le malattie allergiche sono spesso viste, ma a torto, come patologie recenti, forse perché il concetto di allergia fu introdotto, per la prima volta nel 1906, dai pediatri viennesi Clemens von Pirquet e Béla dr. Sergio Cerrato

Schiek, che osservarono il ruolo del sistema immunitario nella manifestazione allergica. Ma già nell’antichità si parla di manifestazioni allergiche e la prima rilevazione è datata 3640 a.C. e si riferisce alla

scerrato@blisteronline.it

morte del re d’Egitto causata da una puntura di vespa o ancora quando si racconta delle manifestazioni allergiche causate dai cavalli, rash cutaneo ed edema palpebrale, che affliggevano Britannico figlio dell’imperatore Claudio. Ci è parso, quindi, utile, tenendo anche della stagionalità, dedicare questo numero all’allergia. La manifestazione allergica, per la sua complessa sintomatologia, interessando diversi organi ed apparati, presenta quesiti diagnostici ed interventi terapeutici di non semplice soluzione. È per questo che abbiamo invitato gli Autori a dirci quanto c’è di nuovo in queste poche pagine,

L’Aforisma

per una più efficace opera di diagnosi, prevenzione e terapia.

Gli acari danno allergie perché vogliono sentirsi importanti anche loro.

R. Cherchi

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IL CASO CLINICO “COME FOSSE ASMA”

Hoxha M1, Piluri E1, Mesonjesi E1, Qirko E1, Xhani A1, Shehu E1, Priftanji A1 1 Department of Allergology and Clinical Immunology, University Hospital Center: “Mother Teresa” Tirana, Albania.

Donna di 40 anni, non fumatrice, non - atopica, senza pregressa storia significativa di malattie polmonari, e senza storia di esposizione professionale a sostanze tossiche delle vie respiratorie, è stata trasferita al nostro reparto con dispnea progressiva. Ha riferito, da circa un anno, persistente tosse secca, respiro sibilante e dispnea, ma senza emottisi e senza dolore toracico. È stata trattata dall’allergologo con antibiotici, broncodilatatori per via inalatoria e orale, con steroidi inalati per circa otto mesi, con scarsa risposta clinica. La terapia standard per l’asma non è riuscita a produrre un miglioramento, questo fatto ci ha fatto pensare ad altre patologie che simulano l’asma. Probabilmente il respiro affannoso non era asma. La diagnosi differenziale della nostra paziente con dispnea, tosse, è stata abbastanza complessa ed ha compreso malattie che colpiscono le vie aeree superiori. Questa situazione ha richiesto il ricovero. Risultati: I risultati dell’esame fisico del sistema respiratorio erano normali. La paziente era cosciente e senza febbre. La frequenza del polso era di 86 battiti al minuto, e la pressione sanguigna era di 130/75 mm Hg senza un polso paradosso. La frequenza respiratoria era di 28 atti respiratori al minuto con i muscoli accessori della respirazione in uso. All’auscultazione aveva sibili bilaterali, senza evidenza di stridore. Il profilo ematologico e biochimico era essenzialmente normale. La radiografia del torace e l’elettrocardiogramma erano normali. Gli anticorpi IgE sono risultati negativi. Pletismografia rivela “air trapping” e ostruzione grave, ma non ha aiutato a definire il tipo di ostruzione. I test

di funzionalità polmonare rivelano un atipico flusso-volume loop di curve, sia inspiratorio ed espiratorio, associati ad assenza di reversibilità dopo l’inalazione di salbutamolo. La spirometria ha dimostrato un FEV1 del 32,9% del predetto, una SV del 56,4% del predetto, e FEV1/ FVC 61,3%. I valori spirometrici sono indicativi di un modello ostruttivo grave, tuttavia, l’atto espiratorio della curva flusso-volume è stato atipico. (fig. 1)

La paziente è stata sottoposta a broncoscopia, valutando la laringe, trachea, bronchi principali sia di destra che di sinistra, ed è stata rilevata una massa endotracheale con notevole crescita in trachea da occludere 5/6 del lume tracheale. Biopsie multiple del tumore, con esame estemporaneo di anatomia patologica ha mostrato un carcinoma adenoide cistico della trachea.

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La tomografia computerizzata (TC) del collo e del torace ha evidenziato una lesione occupante di circa 3 cm occupante il 1/3 inferiore della trachea appena sopra la carena. La lesione interessa anche il bronco principale destro. La

TC ha dimostrato l’assenza di adenopatia paratracheale e nessuna metastasi polmonare. (fig. 2) La paziente è stata immediatamente trasferita al centro oncologico. (fig. 2)

Discussione: neoplasie tracheali primarie sono rare, si verificano in 0,2 su 100.000 persone all’anno. Il carcinoma adenoide cistico (ACC) è un tumore maligno che nasce di solito dalle ghiandole salivari minori ed è insolitamente un tumore primario della trachea;(1) è il secondo tipo più comune di tumore maligno tracheale istologico dopo il carcinoma a cellule squamose (4 ) ma rappresenta solo l’1% di tutti i tumori del tratto respiratorio. Questi tumori più frequentemente si verificano nella trachea o bronchi principali e causano sintomi di ostruzione. (2). Nessuna correlazione è stata trovata tra ACC e il fumo di sigaretta. ACC è più comune dopo la metà del quarto decennio di vita. Uomini e donne sono ugualmente colpiti. (6)

prognosi per molti anni. (7) Il trattamento del carcinoma adenoide cistico comporta la resezione chirurgica e anastomosi, quando possibile. (1) Ci sono molti criteri di inoperabilità che includono l’eccessiva estensione longitudinale, lesioni metastatiche a distanza, macroscopiche metastasi linfonodali mediastiniche e l’invasione diretta di contigue strutture mediastiniche. (1) Rare comunque le metastasi ai linfonodi, osso, rene, fegato, polmoni e cervello. (2) I tassi di sopravvivenza per carcinoma adenocistico rimossi chirurgicamente sono del 70%. (4). Infine la nostra paziente è stata affidata ad un team multidisciplinare di oncologi medici e radioterapisti.

Conclusione: Abbiamo presentato una paziente con carcinoma primitivo tracheale ACC . ACC è un raro tumore maligno primitivo tracheale. (5). La nostra paziente, colpita in età adulta da ACC, ha avuto diagnosi di asma per un lungo periodo prima della diagnosi corretta perché la sua ostruzione delle vie aeree era accompagnata da dispnea, respiro sibilante e tosse. Non c’erano linfonodi locoregionali, nè metastasi a distanza in altri siti, come polmoni, ossa o cervello. La pletismografia è stata inutile (8). I test di funzionalità polmonare ci avvertono della possibilità di una diagnosi diversa. ACC tracheale dovrebbe essere considerato quando i pazienti con asma bronchiale non rispondono al trattamento (3). Il tempo che si impiega ad arrivare a diagnosi definitiva dalla comparsa dei primi sintomi va da alcune settimane a più di 1 anno. (4). ACC è un tumore a crescita lenta, relativamente resistente al trattamento, ma metastatizza tardivamente nel corso della malattia e anche nei casi non operabili, la terapia può essere palliativa con successo e buona

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IT SEEMS LIKE ASTHMA

Hoxha M1, Piluri E1, Mesonjesi E1, Qirko E1, Xhani A1, Shehu E1, Priftanji A1 1 Department of Allergology and Clinical Immunology, University Hospital Center: “Mother Teresa” Tirana, Albania. Contact person: Mehmet Hoxha klevihoxha@yahoo.com 00355672089655, 00355692075487 Case report: A 40-year-old female, non- smoker, non – atopic, with no significant past history of any kind of pulmonary diseases, and with no history of occupational exposure to respiratory toxins, was transferred to our department with progressive dyspnoea. She reported persistent nonproductive cough, wheezing and dyspnoea, but without hemoptysis and without chest pain, for approximately one year. She was treated with antibiotics, inhaled and oral bronchodilators, with inhaled steroid for approximately eight months, by the allergologist and she had a poor response. The standard therapy for asthma has failed to produce improvement, that fact alert us to signs of other conditions that can closely resemble asthma. Probably the wheeze was not asthma. The differential diagnosis of our patient with wheezing, cough, and dyspnoea was long, including diseases that affect the upper airways. This situation required the hospitalization. Results: The results of physical examination of the respiratory system were normal. The patient was conscious and afebrile. Pulse rate was 86 beats/min, and blood pressure was 130/75 mm Hg without a pulsus paradoxus. Respiratory rate was 28 breaths/min with accessory muscles of respiration in use. On auscultation she had bilateral wheezing; with no evidence of stridor. The hematological and biochemical profile was essentially normal. The chest radiograph and the electrocardiogram were normal too. IgE antibodies were negative. Body plethysmography reveals “air trapping” and severe obstruction, but did not help to define the kind of obstruction. The pulmonary function tests reveals an atypical flow-volume loops of both inspiratory and expiratory curves, associated with no reversibility after the inhalation of Salbutamol. The spirometry demonstrated an FEV1 of 32.9% predicted, an FVC of 56.4% predicted, and FEV1/ FVC 61.3%. The spirometric values were suggestive of a severe obstructive pattern; however, the expiratory limb of the flowvolume curve was atypical. (fig 1) The patient underwent a bronchoscopy, evaluating the larynx, trachea and both right and left mainstem airways, revealed an endotracheal mass with a large growth in trachea occluding 5/6 of the tracheal lumen. Multiple biopsies of the tumour on histopathological examination showed an adenoid cystic carcinoma of the trachea. Computed tomography (CT) scans of the neck and chest showed a space occupying lesion measuring 3 cm in the lower 1/3 of trachea just above the carina. The lesion implicates too, the right mainstem bronchus. The CT demonstrated no paratracheal adenopathy, no pulmonary metastases. (fig 2) The patient was immediately transferred at the oncologist center. (fig 2)

Discussion: Primary tracheal neoplasms are rare, occurring in 0.2 of 100,000 people per year. Adenoid cystic carcinoma (ACC) is a malignant tumor that usually arises from the minor salivary glands and is uncommonly a primary tumor of the trachea, (1) and she is the second most common histological type of tracheal malignancy, after squamous cell carcinoma (4), but represents only 1% of all respiratory tract cancers. These tumours most frequently occur in the trachea or mainstem bronchi and cause symptoms of obstruction. (2). No correlation has been found between ACC and cigarette smoking. ACC is more common after the middle of the fourth decade of life. Men and women are equally affected. (6) Conclusion: We presented a patient with primary tracheal ACC. ACC is a rare primary tracheal malignancy. (5). Our patient with ACC is diagnosed as having adult-onset asthma for a long period prior to the correct diagnosis because her airway obstruction accompanied with dyspnea, wheezing, and cough. There was no locoregional lymph nodes, no distant metastases at other sites like lung, bone, or brain. The Body plethysmography was unuseful (8). The pulmonary function tests alert us the possibility of a different diagnosis. Tracheal ACC should be considered when patients with bronchial asthma do not respond to the treatment (3). The time from first symptoms to diagnosis varied, ranging from weeks to more than 1 year. (4). ACC is a slow-growing tumour, relatively resistant to treatment, but metastasizes late in the course of disease and even in unresectable cases can be palliated successfully for many years. (7) The treatment of adenoid cystic carcinoma involves surgical resection and anastomosis when possible. (1) There are many criteria for inoperability, include excessive longitudinal extent, distant metastatic deposits, macroscopic mediastinal nodal metastases, and direct invasion of contiguous mediastinal structures. (1) Rarely, metastases occur to lymph nodes, bone, kidney, liver, lung, and brain. (2) Survival rates for surgically removed adenocystic carcinomas are 70 %.( 4). Finally, our patient was referring to a multidisciplinary team of medical and radiation oncologists. Reference: 1. Alongi F, Di Muzio N, Motta M, Broggi S, De Martin E, Bolognesi A, Cattaneo M, Calandrino R, Fazio F Adenoid cystic carcinoma of trachea treated with adjuvant hypofractionated tomotherapy. Tumori, 94: 121-125, 2008. 2. Ajit Vigg et al. Adenoid cystic carcinoma of trachea. Indian J Chest Dis Allied Sci 2004; 46: 287-289. 3. Akçali et al. Tracheal adenoid cystic carcinoma mimicking bronchial asthma. Asian Cardiovascular & Thoracic Annals. 1999, vol. 7, no. 2. 4. Po-Yi Yang, et al. Adenoid cystic carcinoma of the trachea: a report of seven cases and literature review. Chang Gung Med J 2005;28:357-63. 5. Allen et al. Unresectable adenoid cystic carcinoma of the trachea treated with chemoradiation. Journal of Clinical Oncology. 2007.13.7273 6. MR Hetzel, CM Gelder. Current management of a primary tracheal tumors in the UK. Thorax 2008; 63 (Suppl VII):A74–A160. 7. Clough, A. Clarke, P. Adenoid cystic carcinoma of the trachea: a long-term problem. Anz Journal of Surgery. Vol. 76 Issue 8 Aug 2006. 8. Reinoso A, Jett JR, Beck KC. Bodyplethysmography in the evaluation of intrathoracic airway abnormalities. Chest. 1992 Jun;101(6):1674-6.

Articolo originale in Inglese www.blisteronline.it

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DERMATITE ALLERGICA DA CONTATTO DA COSMETICI

Dr. Patrizia Forgione Dermatologa Ospedale Ascalesi Napoli pforgione@blisteronline.it

Il termine cosmetico deriva dal greco “kosmetikos” che significa “atto ad abbellire”, questo desiderio dell’uomo di migliorare il proprio aspetto fisico è noto fin dall’antichita’, gli egizi e i romani sono stati i precursori dei cosmetologi moderni. I cosmetici non hanno finalità o attività terapeutiche e rappresentano una parte importante della nostra quotidianità, mentre in passato l’utilizzo era pressocchè esclusivo del sesso femminile, oggi si assiste ad un crescente uso dei cosmetici negli uomini e nell’infanzia. L’attuale generazione “contraria all’invecchiamento” è determinata ad apparire giovane e sexy fino alla morte, fatto che ha portato all’incremento dell’uso di vari cosmetici. Uno studio dell’accademia dermatologica americana, ha rilevato che sia tra gli americani che anche negli europei, c’è ormai un utilizzo molto frequente e abitudinario di questi prodotti. A fronte di numeri così elevati, l’incidenza degli effetti indesiderati non sembra molto alta, sebbene essa sia sicuramente sottostimata poiché non esiste al momento un adeguato sistema di raccolta delle segnalazioni di effetti avversi da cosmetici. Le possibili situazioni a rischio nell’uso di cosmetici possono riguardare la presenza involontaria di sostanze tossiche (introdotte all’atto della formulazione, derivate dalla reazione tra gli ingredienti o dall’esposizione alla luce), l’associazione contemporanea di altri prodotti in grado di interagire col cosmetico, l’abuso ed uso improprio, oltre a fattori costituzionali e genetici predisponenti (intolleranze o sensibilizzazioni allergiche). Inoltre, nuovi possibili rischi vengono costantemente alla luce, sulla base degli studi tossicologici ed epidemiologici effettuati su uno o più componenti (o conservanti) presenti nei prodotti cosmetici. I quadri clinici cutanei relative alla reazione ai cosmetici sono costituiti da: dermatite da contatto, orticaria da contatto, fotosensibilità e dalla comedogenesi. Nella maggior parte dei casi le reazioni avverse ai cosmetici sono costituite da dermatiti da contatto. Le dermatiti da contatto, a volte chiamate anche eczemi da contatto, si dividono in due sottogruppi: le dermatiti irritati-

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ve da contatto (DIC) e le dermatiti allergiche da contatto (DAC). Dagli studi statistici si evince che l’80% delle dermatiti da contatto è di tipo irritativo mentre il restante 20% è di natura allergica. Nelle dermatiti da contatto la cute diventa pruriginosa, eritematosa e con piccole vescicole che spesso desquamano (eczemi). Quando la dermatite persiste per molto tempo tende a cronicizzare e si osserva una riduzione dell’eritema e la cute appare secca, lichenificata e con piccole ragadi. Sebbene le lesioni cutanee possano essere identiche, rendendo difficile distinguere le dermatiti fra loro, i meccanismi alla base delle dermatiti da contatto irritative (DIC) sono molto diversi da quelle delle forme allergiche (DAC). Le prime, infatti, sono espressione dell’azione tossica diretta (irritazione) delle sostanze che vengono a contatto con la pelle. Esse possono manifestarsi anche al primo contatto dell’agente irritante con la cute. Le dermatiti allergiche da contatto, invece, prevedono una più o meno prolungata esposizione ad una sostanza sensibilizzante. Quest’ultima, ad una successiva esposizione, viene riconosciuta in maniera “specifica” dal nostro sistema immunitario che, nel tentativo di difenderci, attiva una serie di meccanismi infiammatori responsabili della dermatite. Le sostanze chimiche finora descritte come in grado di provocare una reazione cutanea allergica sono più di 3.000. Potenzialmente qualsiasi sostanza, di origine naturale o chimica, può provocare fenomeni allergici nelle persone predisposte. Tra le sostanze allergizzanti contenute nei cosmetici, i profumi sono i principali agenti responsabili di dermatite. Seguono i conservanti e, con incidenza minore rispetto al passato, i coloranti per capelli. L’allergia ai profumi è in aumento, probabilmente in rapporto ad un maggior uso di cosmetici e prodotti per l’igiene personale. I conservanti sono sostanze che vengono inserite nella formulazione di un cosmetico allo scopo di inibire lo sviluppo di microorganismi. Numerosi conservanti sono utilizzati nei cosmetici, spesso in associazione tra loro: parabeni (presenti anche in prodotti topici farmaceutici), Kathon CG, Euxyl K 400, liberatori di formaldeide (bronopol, quaternium, imidazolidinilurea…). Anche gli emollienti, gli emulsificanti e gli antiossidanti, che permettono la miscibilità


fra componente acquosa e componente oleosa dei cosmetici e prevengono il deterioramento degli acidi grassi. Una menzione particolare meritano l’ammonio persolfato e l’hennè. L’ammonio persolfato è un decolorante per i capelli usato comunemente dai parrucchieri in grado di dare sia reazioni allergiche che irritative. L’henné, invece, è diventato sempre più popolare come tinta naturale dei capelli. L’henné è estratto da un arbusto Lawsonia inermis diffusa nel Medio-Oriente ed in Nord Africa. L’esposizione professionale dei parrucchieri a queste due ultime sostanze per via respiratoria si è resa responsabile di alcune reazioni anafilattiche. La diagnosi delle dermatiti da contatto da cosmetici – Il patch-test. Lo specialista Dermatologo può sospettare una dermatite da contatto in base alle caratteristiche delle lesioni cutanee ed alla storia di esposizione a sostanze irritanti o allergizzanti. Per dimostrare la sensibilizzazione allergica da parte di una sostanza sospettata in base alla storia del paziente si ricorre al patch-test. Tale test viene effettuato apponendo sulla cute del paziente (generalmente sulla schiena) dei cerotti (patch) contenenti gli allergeni sospettati. Tali cerotti verranno rimossi dopo due-tre giorni dall’applicazione. La lettura del test deve essere effettuata da medici con provata esperienza nell’interpretazione dei risultati. È bene sapere che il paziente non deve sottoporsi al test durante la fase acuta della dermatite, non deve aver applicato o assunto cortisonici o immunosoppressori nelle due settimane precedenti il test ed è preferibile non si sia esposto a radiazioni UV (solari o artificiali) nel mese precedente il test, perché “spengono” il sistema immunitario della pelle e possono rendere il risultato falsamente negativo.

do una piccola quantità del nuovo prodotto nella zona dei pelle vicino ai polsi e lasciandola lì per un paio di giorni. La comparsa di rossore sconsiglia l’utilizzo del prodotto testato. La terapia farmacologica si basa, nei casi lievi, sulla somministrazione di un antistaminico per via orale per qualche giorno per attenuare il prurito; mentre per la cura delle lesioni cutanee è indicata l’applicazione topica di creme a base di corticosteroidi. Nei casi più gravi e severi, è necessario il ricorso ai corticosteroidi per uso sistemico. Bisogna, infine, ricordare che le alterazioni del mantello idrolipidico cutaneo, indotte, ad esempio, da eccessive sudorazioni, dalla mancata traspirazione cutanea (per l’utilizzo di indumenti eccessivamente aderenti) e dall’uso frequente di detergenti aggressivi predispongono all’insorgenza della dermatite allergica da contatto. Per tali ragioni, può rivelarsi utile: • l’applicazione di creme idratanti ed emollienti dopo la detersione del corpo, • la protezione delle mani con guanti e creme barriera, • l’utilizzo di indumenti in fibre naturali (ad esempio, lino, cotone), evitando indumenti sintetici ed eccessivamente colorati.

Prevenzione e trattamento La prevenzione consiste principalmente nell’evitare il contatto con i materiali contenenti la sostanza ed è fondamentale per il successo della terapia farmacologica. Effettuare un “mini patch-test” per scoprire se un nuovo prodotto cosmetico possa dare problemi sulla nostra cute. Ciò può essere fatto apponen-

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GLI ANTISTAMINICI NEL TRATTAMENTO DELL’ASMA BRONCHIALE

Dr. Guglielmo Scala Pediatra allergologo Na1 gscala@blisteronline.it

Dalla metà del secolo scorso periodicamente si ripresenta la questione dell’uso di H1-antistaminici (AA) nella terapia dell’asma. Nelle più recenti linee guida sull’asma bronchiale (GINA, SIGN-BTS, ATS) gli AA non trovano indicazione. Nelle Linee Guida ARIA, che specificamente si occupano del rapporto tra vie aeree superiori e inferiori, invece, il ruolo degli AA non è giudicato del tutto marginale. La complessità del problema clinico rappresentato dalle allergopatie respiratorie merita un breve approfondimento sul corretto posizionamento degli AA nel paziente asmatico. Negli ultimi anni la ricerca è stata avara di nuove molecole di alta efficacia nell’asma. Le uniche vere novità sono rappresentate dagli inibitori recettoriali dei leucotrieni (LTRA) tra i quali il tempo ha selezionato di fatto il solo Montelukast e dall’anticorpo monoclonale anti-IgE (Omalizumab). Questo dato apparentemente negativo ha dato tuttavia la possibilità di concentrarsi sulla valutazione critica di quanto l’aderenza alle linee guida avesse realmente migliorato il controllo dell’asma in adulti e bambini. I grandi studi clinici recenti hanno permesso di identificare i limiti presenti nelle linee guida internazionali di maggiore impatto e progressivamente si è modificato l’approccio globale al trattamento dell’asma. Da una classificazione dell’asma per fasce di gravità basata su criteri oggettivi, in cui ad ogni fascia corrispondeva un preciso livello di trattamento farmacologico, si è passati ad una interpretazione più olistica di tutta la questione. L’attenzione attualmente rivolta al conseguimento del miglior controllo possibile nel paziente rappresenta una importante personalizzazione della terapia, essendo il controllo un parametro molto individuale e poco prevedibile in anticipo. Il raggiungimento del buon controllo dell’asma deve peraltro essere ottenuto al più basso livello possibile di impatto terapeutico, in particolare per quanto riguarda gli steroidi sia somministrati per via sistemica che per via inalatoria (ICS). Ne risulta che hanno assunto un ruolo sempre maggiore i concetti di step-down della terapia, sul quale non esiste una unicità di idee e il concetto di add-on therapy. In altre parole si tende a ottenere un buon controllo dell’asma con il più basso utilizzo possibile di ICS. Di conseguenza tutte le molecole che possono essere utilizzate in associa-

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zione agli steroidi e che ne consentano una riduzione del dosaggio sono state studiate con particolare attenzione. Tra queste gli antistaminici. Che l’H possa avere un ruolo nella asma bronchiale è una ipotesi suffragata da diversi elementi. Notoriamente, infatti l’inalazione di H determina broncospasmo nei soggetti asmatici e viceversa una crisi d’asma spontanea o indotta da un TPBS determina un incremento della concentrazione istaminica sia nel plasma che nel BAL. A tutt’oggi i recettori sequenziali conosciuti che legano l’H sono 4, denominati recettore H1, H2, H3 e H4. Il recettore H1 è quello responsabile della maggior parte degli effetti clinici. L’H è il principale mediatore della fase immediata che segue la stimolazione con allergene, ma entra anche nello sviluppo della risposta tardiva. I basofili sembrano essere la principale fonte di istamina durante la fase tardiva. L’istamina ha proprietà antiinfiammatorie e immunostimolanti. Essa aumenta il numero di leucociti migranti grazie all’azione della P-selectina già pochi minuti dopo la stimolazione con allergene (1). Inoltre l’H induce espressione di E-selectina, ICAM-1 e LFA-1 sull’endotelio (2) e aumenta la produzione di IL-6 e IL-8 (3). Gli AA sono in grado di inibire questi effetti (4). L’H aumenta l’espressione di ICAM-1 sull’epitelio bronchiale e la produzione di citochine e chemochine (5-7). In conclusione l’H ha un ruolo centrale nella reazione allergica della mucosa bronchiale non solo per i suoi effetti diretti ma anche per le sue azioni pro infiammatorie. (www.progetto-aria.it/materiale/ aria_ita.pdf) Le cellule che esprimono il recettore H1 manifestano una attività “istaminica” di fondo anche in assenza di H nel sistema. Il recettore H1 può trovarsi infatti in una di due possibili condizioni: attivo o inattivo, le due condizioni essendo in equilibrio dinamico. L’azione dell’H sul recettore consiste nel bloccare il recettore H1 nella condizione di recettore attivo. Per capirci con un esempio, fatti 100 i recettori presenti su una determinata superficie cellulare ne avremo in ciascun momento 50 in fase attiva e 50 in fase inattiva, continuamente oscillanti tra le due condizioni. L’inserimento dell’H in questo sistema stabilizza i recettori che si trovano nella fase attiva e mano


a mano che quelli in fase inattiva volgono alla fase attiva saranno a loro volta bloccati fino ad ottenere in breve tempo che tutti i recettori si trovino in fase attiva. Coerentemente con questo modello, le molecole ad azione antistaminica (AA) non esplicano il loro ruolo mediante una inibizione recettoriale propriamente intesa, bensì attraverso il blocco dei recettori nella fase inattiva. Per antagonista recettoriale si intende infatti quella molecola che occupa in maniera competitiva un recettore inibendone il legame con il ligando specifico. Gli AA sono invece definiti degli “agonisti inversi”. Ruolo clinico degli AA nell’asma La prima revisione sistematica della letteratura con metanalisi sulla efficacia degli AA nel trattamento dell’AB risale al 1997 (8). Gli autori raccolgono 19 studi randomizzati contro placebo sulla efficacia di H1-antistaminici nell’asma lieve o moderato dell’adulto. Le sperimentazioni esaminate avevano utilizzato diverse molecole, ketotifene, oxatomide, terfenadina, azelastina, loratadina, cetirizina, e gli autori concludevano che nessuna molecola mostrava efficacia fatta eccezione per la cetirizina cui veniva riconosciuto un ruolo in base ai risultati di un lavoro da poco pubblicato in cui si dimostrava un suo effetto broncodilatatore in pazienti con asma lieve. In questo studio la cetirizina a 5, 10 e 20 mg, confrontata con il salbutamolo, si rivelava in grado di determinare una bronco dilatazione che benché inferiore a quella indotta dal salbutamolo persisteva per diverse ore in più (9). Gli autori della review (8) concludono che al momento non si identificano margini per l’utilizzo di antistaminici nella terapia dell’asma e che ulteriori ricerche sono attese per la cetirizina. Tuttavia, nel 1999 S. Holgate e E. Simons in due editoriali su Clin Exp Allergy riprendono il di-

scorso ricordando quanto stretto sia il legame tra H e asma. Holgate (10) ricorda il ruolo dell’H quale mediatore della broncocostrizione acuta indotta da stimolazione allergenica ma anche da esercizio fisico, stimolo ipertonico o inalazione di adenosina, e sottolinea che l’H contribuisce inoltre alla fase tardiva della reazione probabilmente attraverso il reclutamento e l’attivazione dei basofili. Queste azioni sono attenuate dagli AA ma la combinazione tra AA e LTRA, entrambi mediatori di derivazione basofila, apre nuovi e incoraggianti prospettive per la terapia dell’asma. Così Holgate. La Simons, per parte sua (11), propone il termine di rino-bronchite per tenere insieme le due entità, finora considerate separatamente, aprendo la strada al concetto di united airways che si sta affacciando al mondo scientifico.

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Nel 2001 viene pubblicato il follow-up a 18 mesi dello studio ETAC (12). Lo studio ETAC (13) è una grande policentrica mondiale che si propone di valutare, contro placebo, l’efficacia o meno della cetirizina nella prevenzione dell’asma in bambini con DA. Dopo diciotto mesi di trattamento il gruppo trattato non evidenziava alcuna differenza rispetto al gruppo placebo. I diciotto mesi di follow-up non cambiano le cose. Tuttavia una analisi post-hoc dei dati identifica un sottogruppo di bambini con dermatite atopica e cutipositivi per acari dermatofagoidi e pollini di graminacee nei quali la cetirizina ha invece un effetto significativo. In particolare si rileva una maggiore incidenza di asma nei bambini cutipositivi trattati col placebo rispetto a quelli trattati con cetirizina per i quali invece non si identificano differenze rispetto ai bambini cutinegativi. Naturalmente il dato è fortemente indebolito dall’essere stato estrapolato retrospettivamente. Uno studio randomizzato in questo senso è stato avviato successivamente ma utilizzando la levocetirizina al posto della cetirizina. I risultati di quest’ultimo studio non sono ancora disponibili. Nel 2003 Harold Nelson pubblica un aggiornamento sull’argomento in una revisione sistematica (14). Identifica 5 lavori eligibili sulla cetirizina e 4 sulla loratadina e conclude che la cetirizina ha una efficacia dimostrabile nel controllo dell’asma lieve e la loratadina è efficace in associazione con inibitori recettoriali dei leucotrieni, in particolare il montelukast. Nello stesso periodo anche la Simons (15) conferma la esistenza di un ruolo degli antistaminici nell’asma, in particolare della fexofenadina, della desloratadina e della cetirizina (16). Per la fexofenadina (17) era stata dimostrata una efficacia nella inibizione della caduta del FEV1 in seguito a TPB con AMP (seppure non risultasse efficace nei test effettuati con metacolina), mentre per la desloratadina Baena-Cagnani dimostra una efficacia superiore al placebo, benché inferiore al montelukast, nella induzione della bronco dilatazione in pazienti con asma lieve o moderato (18). Nel 2004 una metanalisi della Cochrane Database Systematic Review afferma il ruolo del ketotifene nella prevenzione e nel trattamento dell’asma allergico in età pediatrica (19). L’outcome primario considerato era la riduzione dell’uso di broncodilatatori al bisogno. Outcome secondari comprendevano l’efficacia globale del trattamento, valutata dai medici curanti e dai pazienti stessi o dai loro genitori, lo

score sintomatologico, l’utilizzo di steroidi orali o di teofillina. Infine si valutavano gli effetti collaterali. La metanalisi conclude che il ketotifene è efficace in tutti gli outcome considerati e virtualmente privo di effetti collaterali significativi. Come si può quindi vedere, la possibilità di utilizzare molecole ad azione AA nella prevenzione o anche nel trattamento dell’asma era considerata con sempre maggiore attenzione fino alla metà degli anni ‘10. Nel 2005, viceversa, in una review pubblicata sul New Engl J Med, la Simons mette dei paletti molto più stretti a questa possibilità. Si nega il ruolo degli antistaminici nella terapia dell’asma fatta salva l’eccezione dei casi con concomitante rinite allergica (20). C’è da dire che la rinite accompagna l’asma bronchiale allergico con elevata frequenza, fino all’80% dei casi, quindi la nicchia non è piccola come sembra. Che in un paziente con rinite allergica concomitante ad asma bronchiale il buon trattamento della rinite abbia ricadute favorevoli sull’asma è cosa nota. La limitazione dell’AA resta confermata per i casi di asma bronchiale senza rinite o di asma non atopico. Una frontiera che si è aperta più di recente è l’utilizzo combinato di AA e LTRA. Due studi recenti hanno valutato l’efficacia della associazione desloratadina-montelukast (DL-MK) in confronto con ciascuno dei due farmaci usati singolarmente e contro placebo. Nel primo lavoro si è dimostrata una superiore efficacia della combinazione D-M nella inibizione della early asthmatic response (EAR) di un test di provocazione bronchiale in soggetti con asma lieve o moderato (21). Nel secondo studio, pubblicato nel 2009, si è valutato l’effetto del MK, della DL e dell’associazione DL-MK sulla EAR e sulla LAR in test di provocazione bronchiale specifica in soggetti con asma allergico lieve o moderato (22). Lo studio ha dimostrato che una singola dose di MK è efficace nel ridurre significativamente la EAR e la LAR ma che la DL ha un effetto sinergico, potenziandone l’azione fino alla completa scomparsa della LAR. Nel 2011 Bachert et al pubblicano una estesa revisione della letteratura. Gli autori selezionano 14 studi randomizzati controllati di rinite con asma come comorbidità. Le conclusioni sono a favore dell’utilizzo dell’H nell’asma associata alla rinite allergica. In alcuni casi è indicato il raddoppio della dose standard (23). Conclusioni L’asma bronchiale allergico e la rinite allergica sono due facce, solo in parte distinte, di un problema che presenta molteplici punti di contiguità. Nel trattamento dell’asma bronchiale si tende al raggiungimento di un soddisfacente controllo clinico mediante una serie di interventi. La terapia farmacologica dell’asma si articola su alcune categorie di farmaci ad effetto fondamentalmente antiinfiammatorio e/o broncodilatatore, quali gli ICS, i beta-2 agonisti short e long acting (LABA), gli LTRA. La terapia farmacologica della RA si basa viceversa sull’uso di AA e di ICS topici nasali ai quali di recente si sono aggiunti gli LTRA. Si può ipotizzare che in una categoria di asmatici, caratterizzati da spiccata atopia e associazione a RA gli AA (Cetirizina, Desloratadina, Ketotifene, Ebastina, Fexofenadina, Rupatadina) possano legittimamente ricoprire un ruolo, alla luce della efficacia dimostrata in questa categoria di pazienti e del vantaggioso profilo di tollerabilità.

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REAZIONI AVVERSE AI FARMACI

Dr. Aldo Rubino Dr. Ornella Leone SSD Immunoallergologia - dip. servizi AORN Santobono- Pausillipon Napoli arubino@blisteronline.it oleone@blisteronline.it

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Negli ultimi decenni si è avuto un enorme aumento del consumo di farmaci, parallelamente si è verificato un aumento delle reazioni avverse (RAF). Nei paesi industrializzati, queste reazioni sono tanto numerose da costituire uno dei maggiori problemi per la salute pubblica. Infatti, si calcola che il 15-40% dei soggetti ospedalizzati, per altri motivi, riporta una RAF, e che l’incidenza di pazienti ricoverati per RAF varia da 0.2 al 30%. Le cause delle RAF sono da ricercare nel:

• progressivo invecchiamento della popolazione • incremento di soggetti con patologie multiple • introduzione sempre crescente sul mercato di nuovi farmaci Ma cosa è un farmaco? Che cosa è una reazione avversa al farmaco? Il farmaco è una qualsiasi sostanza utilizzata a scopo diagnostico, preventivo, terapeutico; per reazione avversa al farmaco l’OMS recita: tutte le conseguenze non terapeutiche di un farmaco, ad eccezione dei fallimenti terapeutici, degli avvelenamenti intenzionali o accidentali,


degli errori di somministrazione e dell’abuso. Quindi, le RAF sono effetti indesiderati, dannosi ed inattesi, prodotti da farmaci, impiegati per la prevenzione , diagnosi e terapia, alle dosi normalmente usate nell’uomo. Queste patologie costituiscono uno degli aspetti più critici della medicina moderna, in quanto possono manifestarsi con quadri clinici molto gravi (shock, orticaria,grave reazione cutanea, sindrome di Stevens-Johnson, sindrome di Lyell). CLASSIFICAZIONE DELLE REAZIONI AVVERSE AI FARMACI (RAF) Reazioni prevedibili, sono quelle reazioni ad alta morbilità e a bassa mortalità; possono manifestarsi in tutti gli utenti per sovradosaggio, che può determinare effetti tossici (es. gli aminoglicosidi, se somministrati a lungo, possono procurare danni renali e all’udito). • effetti collaterali indesiderati, ma inevitabili in quanto legati all’azione del farmaco come la sonnolenza da antistaminico, l’ipotiroidismo da cordarone. • effetti secondari provocati dall’azione principale del farmaco (alterazione della flora intestinale in corso di terapia antibiotica). • interazioni farmacologiche si possono verificare quando due o più farmaci somministrati contemporaneamente possono potenziare o ridurre la loro azione farmacologia (antiacidi ed antidolorifici interferiscono con l’assorbimento). Reazioni imprevedibili sono reazioni a bassa morbilità e ad alta mortalità, sono indipendenti dal dosaggio, non correlate all’azione farmacologia, ma dipendenti dalla reattività del soggetto. Si distinguono in reazioni a patogenesi immunologia come l’allergia, reazione nella quale è dimostrabile un meccanismo immunologico determinato dalle IgE o da linfociti sensibilizzati. Pseudo allergia le cui manifestazioni cliniche sono simili all’allergia IgE-mediata, ma nella quale non sono dimostrabili meccanismi immunologici, es. reazioni all’aspirina, ai FANS. Tra le reazioni a patogenesi extraimmunologica si ricorda la idiosincrasia, patologia rara, dovuta a carenze enzimatiche e metaboliche geneticamente determinate. Le reazioni che insorgono in seguito ad assunzioni di farmaci si dividono come tutte le reazioni immunologiche in: • reazioni di I tipo: shock anafilattico, sindrome orticaria-angioedema, rinite, asma bronchiale. • reazioni di II tipo: anemia emolitica, trombocitopenia, ecc. • reazioni di III tipo: alveoliti, glomerulonefriti,

ipersensibilità mediata da immunocomplessi responsabili di danno tessutale, attivazione del complemento con aggregazione delle piastrine e formazione di microtrombi, ecc. • reazioni di IV tipo: dermatiti allergiche da contatto, eritema fisso, porpora, vasculite, rash maculo papulosi, sindrome di Lyell o necrolisi epidermica tossica con bolle simili a quelle delle ustioni e la sindrome di Stevens-Johnson o eritema multiforme con reazioni cutanee a coccarda ed ulcerazioni della mucosa orale, genitale o anale. Queste due ultime patologie sono sì rare, ma molto gravi. La sindrome di Stevens-Johnson (SJS) è una grave reazione avversa ai farmaci ad esordio acuto, caratterizzata da eritema e lesioni bollose con aree di distacco dermo-epidermico e frequente interessamento delle mucose. (fig. 1-2). La reazione compare generalmente dopo 2-4 settimane dall’inizio della terapia ed è possibile un’evoluzione verso la sindrome di Lyell. (fig. 3-4). Quindi, la sindrome di Lyell risulta essere strettamente correlata alla SJS; infatti, sono considerate due espressioni di diversa severità ma di uno stesso processo patologico. Esiste un continuum di gravità tra le due sindromi la cui prognosi dipende dall’entità del distacco dermo-epidermico; se il distacco è <10% si parla di SJS, mentre, se è uguale o superiore al 30%, si parla di necrolisi tossica epidermica (TEN) o sindrome di Lyell. L’incidenza è di alcune unità per milione di abitanti l’anno. La prognosi dipende dal distacco dermo-epidermico, per cui la sindrome di Lyell (TEN) ha una mortalità che si aggira intorno al 30-40%; la sindrome di Stevens-Johnson (SJS), invece, ha una mortalità del 5-15%. Il meccanismo patogenetico, ancora oggi, non è conosciuto del tutto; certamente, vi contribuiscono più fattori, la predisposizione genetica ed una reazione immunologia cellulo-mediata; un fattore di rischio aggiuntivo è rappresentato da HIV, malattie autoimmuni, tumori ematologici, radioterapia recente. Alla base della necrolisi dei cheratinociti sembra ci sia un alterato controllo dei meccanismi di apoptosi ed una alterata interazione tra il recettore di morte cellulare Fas (CD95) ed il suo ligando. I farmaci maggiormente associati a queste sindromi sono: • sulfamidici • diclofenac • allopurinolo • carbamazepina • fenobarbital • fenitoina • paracetamolo

fig. 1

fig. 2

fig. 3

fig. 4

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• penicillina • cefalosporina • chinolonici • Fans DIAGNOSI DI REAZIONE AVVERSA AI FARMACI (RAF) La diagnosi di reazione avversa ai farmaci è a tutt’oggi un problema non del tutto risolto e rappresenta una patologia molto complessa a causa della scarsa conoscenza di tutti i meccanismi patogenetici e dei diversi metaboliti attivi del farmaco, i quali, potenzialmente, sono responsabili dell’insorgenza delle reazioni. Il percorso diagnostico, come in tutte le patologie, si avvale, fondamentalmente, della storia clinica che deve essere mirata ad accertare: • anamnesi familiare e/o personale positiva per reazioni • correlazione temporale tra assunzione del farmaco e comparsa dei sintomi, loro durata e remissione, spontanea o non. • eventuale assunzione di alimenti o contatto con allergeni • caratteristiche cliniche della reazione • precedenti assunzioni dello stesso farmaco o farmaci correlati • contemporanea assunzione di altri farmaci, compresi quelli da banco come i fitoterapici, omeopatici, ecc. • malattie croniche, co-morbidità PROVE DIAGNOSTICHE ALLERGOLOGICHE IN VIVO/VITRO • prick test per le reazioni IgE-mediate • intradermo reazione per reazioni immediate e ritardate da eseguire in DH e da persone esperte • patch test, con lettura a 48-72 ore, reazioni ritardate • Rast, reazioni IgE-mediate in vitro • BASOTEST O FLOW-2 CAST è un test funzionale che ci consente di verificare se i basofili, cellule circolanti nel sangue periferico, siano stati attivati da specifici stimoli. La loro attivazione viene verificata mediante anticorpi monoclonali CD63/CD123/ HLA-DR. CHALLENCE DA ESEGUIRE IN DH Il challence si effettua mediante il test di scatenamento, il test di tolleranza, trattamento iposensibilizzante. • il test di scatenamento viene eseguito quando l’anamnesi non è convincente, con sintomi vagali e test negativi; lo scatenamento avviene con il farmaco in causa • il test di tolleranza si effettua quando l’anamnesi è significativa, i sintomi sono gravi ed i test positivi; si usa un farmaco alternativo. • il trattamento iposensibilizzante,invece, si effettua solo quando il farmaco è insostituibile e si usa il farmaco in causa. REAZIONI AVVERSE AGLI ANESTETICI LOCALI Queste reazioni sono più frequenti in campo odontoiatrico ed in chirurgia minore –mepivacaina, lidocaina, bupivacaina, non sono IgE-mediate; nella quasi totalità dei casi, si tratta, invece, di reazioni vaso-vagali, di ipersensibilità ai vasocostrittori-epinefrina-, di intolleranza ai conservanti- reazioni di tossicità-. L’esecuzione di test cutanei e di test di tolleranza con

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anestetico locale alternativo è giustificata solo in caso di reazioni di tipo orticaria-angioedema. REAZIONI AVVERSE AGLI ANESTETICI GENERALI CURARI DEPOLARIZZANTI/ NON DEPOLARIZZANTI Il 60% sono reazioni IgE Il 40% sono dovute a diretta liberazione dell’istamina. I test cutanei sono altamente specifici e sensibili, però persistono positivi per molti anni. Il Rast accusa troppi falsi positivi. Da considerare che l’atopia è un fattore di rischio. Infatti, l’esecuzione di test allergologici preventivi per anestetici in pazienti con allergia respiratoria o alimentare oppure con reazione avversa ad altri farmaci, è inappropriata. Escludere un’allergia al lattice e a conservanti (solfiti). CONSIDERAZIONI E SUGGERIMENTI Le allergie verso i farmaci sono sovrastimate, anche se negli ultimi anni si è avuto un incremento delle RAF, per cui sono da considerare come patologie iatrogene, a volte, con esito mortale. Considerato che il grado di severità determinato da un farmaco non è prevedibile per un dato soggetto, fa obbligo, da parte del medico, non trattare patologie non gravi con farmaci potenti se non necessari; quindi, evitare l’uso di farmaci inutili. Viceversa, è importante considerare che non bisogna privare un paziente di un farmaco indispensabile solo per il timore di una probabile RAF. È importante un corretto iter diagnostico per prevenire l’esclusione di un farmaco potenzialmente utile per il bambino mediante i test di tolleranza e scatenamento che, come si sa, non sono causa di sensibilizzazione. Questi test, seppur necessari, non sempre sono possibili o consigliabili eseguire in vivo sul paziente; nel qual caso si ricorre, anzi si impone, il test in vitro di attivazione dei basofili, l’unico strumento diagnostico di laboratorio in grado di confermare e/o svelare una diagnosi di allergia ai farmaci, scevro da ogni pericolo. Le ultime considerazioni riguardano le cross-reazioni penicilline-cefalosporine, che sono basse, e l’allergia all’uovo che non è controindicazione alla somministrazione del vaccino MPR, in quanto questo vaccino è coltivato su fibroblasti o cellule embrionali di pollo, per cui non esiste reazione crociata tra proteine del vaccino e proteine dell’uovo(JAMES JM et al., BMJ 1995). Quindi, per concludere: • evitare farmaci inutili • sospendere il farmaco e annotarne il nome se, durante la terapia, si dovesse verificare prurito, eruzioni cutanee, ecc. • prima di intraprendere una terapia, una manovra chirurgica o un’indagine diagnostica segnalare al medico eventuali pregresse reazioni ai farmaci. • evitare la somministrazione di un farmaco sospetto. • annotare su di un cartellino, da portare sempre con i documenti, il nome dei farmaci che hanno determinato reazioni avverse. • infine, quando è possibile, preferire la via orale di somministrazione del farmaco, perché meno pericolosa.


ALLERGIA ALIMENTARE

Dr. Mariano Caldore Pediatra gastroenterologo AORN Santobono Pausilipon mcaldore@blisteronline.it

Ma è sempre allergia alimentare?

Allergia alimentare

Molto spesso bambini sono tenuti a dieta per mesi o anche per anni con motivazioni inconsistenti magari perché hanno manifestato alcune chiazze di pelle rossa e ruvida o perché hanno qualche episodio sporadico di vomito o perché presentano due o tre scariche di feci molli al giorno o perché non sembrano crescere adeguatamente. L’obiettivo di queste diete sarebbe non solo l’eliminazione dei sintomi ma anche quello della “prevenzione” di allergie future. Infatti ai genitori viene spiegato che, se uno di loro è un “soggetto allergico” (cioè ha qualche sintomo di allergia di qualsiasi tipo), il loro bambino potrebbe esserlo egli stesso e bisogna fare perciò ogni sforzo per evitare che sviluppi allergie gravi nel futuro.

Le reazioni avverse agli alimenti riconoscono diverse cause e solo una parte di esse ha base allergica. Possono essere a grandi linee distinte reazioni con meccanismo immunologico, nelle quali cioè interviene il sistema immunitario soprattutto con la produzione di anticorpi, e reazioni non immunologiche.

Così, in forza di questo tipo di motivazioni, le diete vengono quasi sempre decise e mantenute malgrado l’inesistenza di prove convincenti delle presunte intolleranze e malgrado sia evidente che le restrizioni alimentari non portano alcun cambiamento nei sintomi. Il sacrificio insomma varrebbe la pena, perché può comunque salvare il bambino da un futuro rischioso.... ma tutto questo determina spesso nei genitori comportamenti che pesano molto e negativamente sul benessere psicologico del bambino. Soprattutto li rendono eccessivamente protettivi nei suoi confronti, provocandogli così un senso di fragilità e di precarietà che potrebbe incidere profondamente sulla sua personalità e per sempre. Pertanto è opportuno mettere dei punti fermi sull’argomento.

ALLERGIA ALIMENTARE Tutte le reazioni avverse agli alimenti scatenate da meccanismi immunologici sia IgE che non-IgE-mediate.

Le allergie alimentari vere e proprie sono mediate da una risposta immunitaria, mentre altri tipi di reazioni hanno ad es. meccanismi tossici (intrinseca proprietà dell’alimento stesso, come per i funghi velenosi), enzimatici (deficit di produzione o di attività di un enzima, cioè di una proteina con un’azione specifica, come nell’intolleranza al lattosio, in cui lo zucchero del latte, il lattosio appunto, non viene assorbito per carenza di lattasi) o… Contrariamente a quanto solitamente si crede, gli additivi alimentari sono una causa abbastanza rara di reazioni alimentari avverse, essendo stati dimostrati in meno dell’1% dei bambini. Tra le reazioni di tipo immunologico sono comprese anche particolari condizioni come ad es. l’intolleranza al glutine o celiachia, in cui la risposta alterata che si attiva è scatenata dall’assunzione di glutine e porta alla produzione di anticorpi di tipo IgA e IgG oltre all’attivazione di meccanismi cellulari responsabili del danno specifico. Nel vasto e variegato panorama delle manifestazioni allergiche infantili, vanno innanzi tutto divise quelle di tipo immediato, in cui i principali attori sono anticorpi di classe IgE, dalle reazioni www.blisteronline.it

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ritardate, in cui di solito il meccanismo che sta alla base è un’attivazione cellulare fig 1. Classificazione reazione d’ d’ipersensibilità ipersensibilità

diatamente dopo l’assunzione del cibo responsabile. In questo caso è in genere molto facile accorgersi del legame di causa-effetto fra l’assunzione del cibo e i sintomi conseguenti. b. cronici, cioè possono svilupparsi lentamente, nel corso di settimane o mesi. In questo caso è facile cadere in errori di interpretazione e in eccesso di diagnosi. Sintomi acuti

AA nel bambino

- Ipersensibilità immediata con sintomi gastrointestinali -

Cox H E . J PGN 2 0 0 8 , 4 7 : S 4 5 –S 4 8

Le reazioni IgE mediate sono le meglio conosciute e le più temute, perché possono provocare sintomi importanti come lo shock anafilattico. È fondamentale a tale proposito sottolineare che questo tipo di reazioni è appunto immediato, deve cioè avvenire subito dopo aver assunto l’alimento e comunque, per convenzione, entro due ore. Reazioni che si manifestano dopo molte ore o giorni dall’ingestione di un determinato alimento non possono essere classificate come IgE mediate. Inoltre, pur essendo in qualche modo dipendenti dalla quantità ingerita soprattutto per determinare la gravità del sintomo, si tratta di fenomeni che si possono attivare anche per minime contaminazioni e che si manifestano per lo più ad ogni contatto con l’alimento. Questa condizione interessa circa il 6% dei bambini del primi anni di vita e tende a risolversi spontaneamente nella maggior parte di essi verso i 3 anni. In Italia gli alimenti maggiormente interessati da questo tipo di allergia sono il latte vaccino e l’uovo, soprattutto l’albume. Si stima che l’allergia al latte vaccino interessi circa il 2,5% dei bambini nel primo anno di vita mentre quella all’uovo circa l’1,3. Dopo i 3 anni, solo il 15-20% di questi bambini è ancora allergico e superati i 6 anni, più passa il tempo minori sono le chance di spontanea acquisizione della tolleranza. L’allergia IgE mediata ad altri alimenti, quali ad es. il pesce o la frutta secca, tende a persistere più a lungo e l’acquisizione spontanea della tolleranza si verifica in un numero inferiore di casi. Cibi scatenanti enteropatie allergiche Ø latte Ø Soia Ø idrolisati Ø glutine Ø arachidi Ø uova Ø noci Ø pesce Ø Allergia multipla alimentare

I veri sintomi di allergia alimentare Vediamo quali sono i sintomi che possono giustificare sul serio il sospetto di allergia alimentare, secondo i criteri considerati validi dal Comitato sulle Allergie dell’American Academy of Pediatrics. I sintomi possono essere di due tipi: a. acuti, cioè possono verificarsi nelle ore imme-

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• Sintomi immediati: nausea, vomito, dolore addominale. Poi diarrea. • Sintomi sistemici frequenti (Oral allergy syndrome) • Atopia, rinite allergica • PLV,uovo, arachidi, soia, pesce,…. • IgE-mediato • Prick e RAST positivi

Sintomi gastrointestinali: I primi sintomi che in genere si verificano quando un bambino è allergico a un cibo sono, dopo pochi minuti o al massimo entro un paio di ore, un vomito violento e a getto e, subito dopo, una diarrea profusa, esplosiva, spesso contenente sangue. Questi sintomi in genere si attenuano nel giro di qualche ora o di una giornata al massimo dall’assunzione del cibo. Sintomi cutanei: Sempre entro pochi minuti o poche ore, compare sulla pelle in varie parti del corpo e su una superficie rapidamente sempre più estesa (non quindi solo sul viso o altre zone limitate di pelle) un’ urticaria che provoca molto prurito. Sintomi respiratori: Talvolta il bambino, oltre ai sintomi appena descritti, può anche manifestare un attacco di rinite allergica, con numerosi starnuti e profusa secrezione nasale o anche una forte difficoltà respiratoria dovuta a un broncospasmo causato dalla reazione allergica, sintomo che fa rassomigliare la reazione a un attacco di asma bronchiale. Anafilassi: Se i sintomi descritti qui sopra vengono ignorati o interpretati erroneamente e il bambino mangia di nuovo e più volte il cibo incriminato, può manifestarsi un vero e proprio shock anafilattico che può causare una grave perdita di pressione del sangue, fino all’arresto cardiaco e alla morte. Cibi più frequentemente implicati nel causare sintomi acuti di allergia alimentare: Latte vaccino, uova, pesce, soia, arachidi, nocciole. Sintomi cronici Sintomi gastrointestinali: Invece del vomito e diarrea acuta, a carico del sistema gastrointestinale si può verificare: a. “enteropatia allergica” Caratterizzata da tutti i seguenti sintomi insieme: · vomito persistente · diarrea con più di sei scariche al giorno · dermatite atopica (vedremo cosa vuol dire fra poco)


· segni chiari di denutrizione dovuti al danno intestinale provocato dall’allergia, danno da dimostrare con una biopsia intestinale. · un pallore molto intenso, dovuto a una forte anemia causata da perdite di sangue microscopiche dalla mucosa intestinale danneggiata · edema in varie parti del corpo, dovuto a una perdita di proteine dall’intestino danneggiato e che fa spesso pensare erroneamente a una malattia renale. È importante ribadire che, perché il medico sia giustificato nel sospettare l’enteropatia allergica, bisogna che ci siano tutti questi sintomi insieme e bisogna dunque evitare di confonderla o con altri disturbi non allergici, come il reflusso gastroesofageo (caratterizzato solo da rigurgiti e vomito), o con la diarrea non specifica (una sindrome innocua caratterizzata da cinque sei scariche di feci molli al giorno in bambini che, per altro, stanno bene). b. “colite allergica” La colite allergica è una vera e propria colite con scariche frequenti (più di sei sette al giorno) e contenenti sempre sangue. Piuttosto rara, la colite allergica è quasi sempre dovuta al latte vaccino e si manifesta quasi sempre in bambini al di sotto dei due anni. Classificazione dell’allergia alimentare in relazione ai sintomi gastrointestinali

H usby S . J PGN 2 0 0 8 , 4 7 : S 4 9 –S 5 2

Sintomi cutanei: Le manifestazioni cutanee croniche delle allergie sono quelle che generano il numero maggiore di errori ed eccessi di diagnosi. Spesso infatti, come ho già accennato, si attribuisce ad allergia alimentare alcune macchie ruvide e rosse isolate qua e là sul corpo, macchie dovute il più delle volte a fattori irritativi del tutto estranei all’allergia. Ma cosa si può considerare invece come un segno cutaneo vero di allergia? Vediamo. Esiste un disturbo cutaneo chiamato “dermatite atopica” che può essere considerato un segno di allergia alimentare, ma solo in una limitata percentuale dei casi. Intanto come si manifesta la dermatite atopica, spesso diagnosticata a sproposito? Per poter dire che un bambino ha questa malattia della pelle ci devono essere cinque condizioni: 1. l’arrossamento deve estendersi su buona parte della superficie del corpo ed essere particolarmente intenso nella piega del gomito e dietro le ginocchia (quindi non solo sul viso, sulle mani e sulle gambe) 2. Deve causare un prurito intenso e costante, che porta il bambino a grattarsi ossessivamente 3. La pelle perciò diventa squamosa e ruvida un po’ dappertutto, sintomo definito “lichenificazione”.

4. Questi sintomi devono tutti essere cronici, cioè presenti ininterrottamente da settimane o mesi 5. Devono esistere quasi sempre nella famiglia persone che erano affette dagli stessi sintomi o che soffrono di fenomeni allergici molto seri, come asma bronchiale cronico. Seguendo questi criteri si può chiamare “atopico” solo dal 5 al 12 per cento dei bambini e non, come succede nel nostro paese, circa la metà dei bambini.

Inoltre, come ho accennato sopra, anche la presenza di una vera dermatite atopica non è necessariamente il sintomo di allergia a un cibo. Anzi, le statistiche più recenti dimostrano che soltanto circa il 30% dei bambini affetti da questo disturbo hanno un’allergia alimentare dimostrabile. La prevenzione Negli ultimi decenni la problematica dell’allergia alimentare è divenuta sempre più rilevante, interessando una percentuale sempre maggiore di individui, soprattutto nei primi anni di vita. Particolarmente frequente è l’ipersensibilità’ alimentare nei bambini affetti da eczema moderato o grave (condizione peraltro molto comune, che interessa oltre il 10% dei lattanti) essendo dimostrabile in oltre un terzo di essi. Questa osservazione, oltre all’evidenza di una familiarità nei casi di allergia alimentare e di atopia in genere, ha indotto i paesi occidentali (europei ed anglosassoni) negli ultimi 40 anni ad applicare programmi di prevenzione nei soggetti potenzialmente a rischio (figli di mamme atopiche, bambini con eczema precoce), basati essenzialmente sull’evitamento degli alimenti più allergizzanti e sulla ritardata introduzione degli stessi nella dieta dei lattanti. Recenti acquisizioni stanno però completamente ribaltando queste indicazioni e suggeriscono che il ritardo nell’introduzione dei cibi solidi possa essere controproducente, perché ostacola i meccanismi di acquisizione della tolleranza alimentare, specie nei bambini con dermatite eczematosa, in cui l’alterazione della barriera cutanea favorisce la sensibilizzazione allergica attraverso la via transcutanea. Al momento attuale quindi, non è più raccomandabile che i bambini a rischio allergico ritardino l’introduzione dei solidi nella dieta. È invece ragionevole proporre anche www.blisteronline.it

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in essi un divezzamento secondo le normali tappe, come per tutti i lattanti senza fattori di rischio. In linea di principio l’allattamento materno va incoraggiato in tutti i neonati, e l’introduzione di cibi diversi dal latte va evitata nei primi 3 mesi di vita. Laddove il latte materno sia carente vanno prescritte formule adattate (latti in polvere) e comunque a partire dal quarto-quinto mese, pur mantenendo il latte materno (o artificiale), possono essere introdotti altri alimenti, in quantità gradualmente crescenti, compatibilmente con i gusti e le competenze del singolo bambino.

che consiste nell’applicazione sull’avambraccio di diversi estratti, (alimentari e inalanti), ai fini di verificare, dopo una piccola puntura della cute, l’eventuale comparsa di una reazione locale. La reazione si esprime con la formazione di un pomfo circondato da un eritema e va confrontata con il controllo positivo costituito dall’istamina. È positivo se il pomfo raggiunge almeno i 3 mm.

AA nel bambino - Prick test -

La diagnosi Per giungere alla diagnosi di allergia alimentare è fondamentale raccogliere in maniera molto precisa e scrupolosa le informazioni sulla storia del bambino, visitarlo con altrettanta cura, scegliere in maniera oculata i test diagnostici e/o le diete di eliminazione a cui sottoporlo. Un’analisi molto attenta della storia del soggetto indirizza verso il sospetto diagnostico più probabile. Alle volte sono proprio i dettagli raccolti minuziosamente che permettono di arrivare alla corretta diagnosi, con un’analisi della sequenza temporale degli eventi, dei sintomi riferiti, degli alimenti ingeriti, l’eventuale attività fisica svolta, ecc… Ci sono numerosi test diagnostici che possono dare utili informazioni, ma quello che è ancora considerato il gold standard della diagnosi di allergia alimentare è il test di provocazione orale (TPO), cioè la somministrazione dell’alimento in questione in dosi crescenti, osservando la comparsa di eventuali sintomi immediati o ritardati. Questo test resta insostituibile nei casi di sospette reazioni ritardate (di solito gastrointestinali o cutanee), condizioni in cui non ci sono test in vivo o in vitro in grado di ottenere una diagnosi precisa. Invece, nel caso delle reazioni immediate, se la storia è molto suggestiva, ad es. per ingestione di un solo alimento e comparsa dopo pochi minuti di sintomi allergici, e si riscontra la positività per gli anticorpi di tipo IgE verso quello specifico alimento, molto spesso viene consigliata una dieta di eliminazione e si può soprassedere all’esecuzione del TPO. Il test più semplice da effettuare è il Prick test,

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• • • •

Lettura a 15-20 min Ø pomfo > 3 mm Ø pomfo > 8 mm PLV e arachidi Ø pomfo > 7 mm uova

0% challenge neg.

• Un test positivo indica sensibilizzazione e non AA: < 25% dei positivi è positivo al challenge

Il Prick test non è effettuabile se il soggetto assume terapia antistaminica, perché i farmaci antistaminici inibiscono la formazione del pomfo e possono dare un risultato falsamente negativo. Questo è un primo limite del Prick, che necessita appunto del la sospensione di un eventuale trattamento con antistaminici almeno 5 giorni prima dell’esecuzione del test. Inoltre non sempre è possibile dimostrare con un Prick test qual è il componente responsabile, soprattutto perché non abbiamo a disposizione estratti alimentari validi e affidabili per tutti i possibili alimenti. Un po’ ci si aiuta con il cosiddetto Prick by Prick, ovvero si esegue il test usando invece che un estratto dell’alimento, l’alimento fresco sospettato di essere la causa della reazione osservata. Le IgE specifiche per un certo allergene possono essere ricercate anche attraverso un prelievo di sangue. Questo test viene chiamato comunemente RAST ed ha lo stesso significato dal punto di vista allergologico del Prick test. Il RAST è preferibile quando il soggetto stia assumendo terapia antistaminica e quando il pannello di allergeni da testare sia particolarmente esteso. È accettato meno volentieri dai bambini, perché richiede un prelievo di sangue ed il risultato viene solitamente espresso con un numero che corrisponde a diverse classi di positività, di solito da classe 0 (negativo) a classe 6 (IgE specifiche molto elevate).


DOSAGGIO IGE SPECIFICHE ANTI-ALIMENTO Diagnostic food allergen-specific IgE levels (CAP FEIA System)

Food

kAU/L

Egg

7

PPV 98%

Egg (<24 m)

2

95%

Milk

15

95%

Milk (<24 mm)

5

95%

Peanut

14

100%

Fish

20

100%

Soy

60

95% Sampson Ha JACI 2004

È molto importante sottolineare per entrambi questi test Prick e RAST, che il riscontro di una positività in assenza di sintomi legati al contatto con quel determinato alimento, non è sufficiente a diagnosticare un’allergia alimentare ma solo una sensibilizzazione e non indica la necessità di una dieta di eliminazione dell’alimento in questione, che anzi potrebbe essere controproducente. Molto recentemente sono stati introdotti nuovi test diagnostici più sofisticati, basati su tecniche di ingegneria molecolare. Con queste metodiche è possibile ricercare IgE specifiche non verso un estratto purificato dall’allergene in questione, ma comunque piuttosto “grezzo”, ma verso singole specifiche particelle dell’allergene prodotte con tecniche molto fini. Questi test non sono ancora a disposizione in tutti i laboratori, ma solo in centri specializzati, si eseguono su prelievo ematico e si chiamano ISAC o Immuno CAP). È giustificato che venga richiesto in situazioni selezionate e l’interpretazione dei risultati, piuttosto complicata, richiede una valutazione da parte di allergologi esperti in materia. Resta quindi in questo momento un test di livello superiore. La reattività crociata

Probabilità di reazione ad alimenti cross reattivi

La presenza di allergia verso un alimento non implica necessariamente che si debba avere reazione contro altri alimenti della stessa famiglia. Per esempio meno del 5% dei bambini allergici all’uovo reagisce clinicamente alla carne di pollo, anche in presenza di test cutanei e/o RAST positivi, e solo il 10% circa degli allergici al latte vaccino non può assumere carne di manzo o vitello. Non è quindi corretto estendere la dieta di eliminazione ad altri possibili alimenti, in assenza di un effettivo riscontro clinico di allergia anche verso di essi. Il fenomeno della reattività crociata comunque esiste ed è dato dal fatto che la sensibilizzazione a un certo allergene ambientale o alimentare può

comportare il riconoscimento di componenti in altri allergeni con cui condivide una simile struttura. Il più tipico tra questi fenomeni riguarda la crossreattività tra alcuni pollini ed alcuni alimenti vegetali: ad es. soggetti allergici al polline delle betullacee possono presentare sintomi allergici soprattutto a carico della bocca e del faringe in seguito all’ingestione di mela, pesca, ciliegie, albicocche. Questo fenomeno prende il nome di sindrome orale allergica. Un altro esempio è quello del lattice, con cui alcuni bambini possono venire in contatto a seguito di procedure che richiedono l’uso di guanti, che cross reagisce con numerosi frutti quali castagna, melone, fico, uva, ananas, banana e kiwi. Si spiega così perché talvolta alcuni disturbi possono protrarsi nel tempo o viceversa comparire anche in assenza di un’esposizione diretta alla fonte nota di un allergene. I test complementari: l’opinione della medicina ufficiale. Negli ultimi anni, parallelamente all’aumento di tutte le malattie allergiche nel mondo occidentale, si è assistito ad un sempre più frequente ricorso, sia da parte dei medici che da parte dei pazienti, alle metodiche diagnostiche cosiddette “alternative” o “complementari”. I sostenitori di tale approccio ritengono che esista una vastissima gamma di segni e sintomi attribuibili all’ingestione di certi alimenti, ma non inquadrabili nelle forme di allergia classica immediata e non diagnosticabili con i Prick o il RAST. I sintomi che appartengono ai questi così detti quadri di “intolleranza alimentare” deriverebbero per lo più da un’azione nociva causata dall’accumulo nel tempo dei cibi offendenti e per questo spesso non sarebbero facilmente ricollegabili all’alimento che li determina. Quindi la correlazione fra alimento sospetto e disturbo non è così evidente come nelle allergie, ma è subdola e difficilmente identificabile. Le intolleranze alimentari comprendono i disturbi più vari come la cefalea, la stanchezza-affaticabilità, l’aumento ponderale o l’incapacità di perdere peso anche seguendo le diete più drastiche, disturbi intestinali di varia natura (diarrea, stipsi, acidità gastrica, gonfiore addominale, flatulenza), sintomi cutanei (prurito, secchezza della pelle, foruncoli). Inoltre i meccanismi patogenetici che dovrebbero stare alla base di questi disturbi, non sono noti, diversamente da quanto accade delle allergie propriamente dette, di cui ben si conosce l’azione dei principali “attori”, ovvero le IgE specifiche, i linfociti e le citochine coinvolte. L’impossibilità di definire i meccanismi responsabili delle intolleranze alimentari porta come conseguenza l’assenza di un test diagnostico specifico e al contrario apre la strada all’introduzione di numerose indagini, spesso costose e assolutamente prive di basi scientifiche. Tra esse ricordiamo ad es. il test kinesiologico, basato su una presunta riduzione della forza muscolare indotta dall’allergia, l’analisi del capello e i test elettrodermici, come il Vega, basati sul presupposto, mai dimostrato, di variazioni della corrente elettrica cutanea in seguito al contatto con alimenti non tollerati, ma anche test apparentemente più www.blisteronline.it

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“tecnici” come il test citotossico, in cui dopo esecuzione di un prelievo di sangue, vengono isolati i linfociti, messi a contatto con estratti di alimenti e ne viene valutata la capacità proliferativa, come misura della sensibilità a quello specifico alimento. Ancora una volta va sottolineato che non ci sono studi scientifici a supporto del valore diagnostico di queste indagini, e al contrario diversi studi ne hanno dimostrato la assoluta inattendibilità.

Nel tempo una buona parte dei bambini allergici acquisisce spontaneamente la tolleranza, con un calo delle IgE specifiche e l’evidenza clinica di una progressiva capacità di assumere l’alimento prima escluso dalla dieta. La reintroduzione deve passare quasi sempre attraverso una prova, ovvero un test di provocazione (o challenge) in cui il bambino in ambiente protetto riceve dosi crescenti dell’alimento offendente e se ne osservano le eventuali reazioni.

La terapia

Nei pochi casi che non riescono a raggiungere spontaneamente la tolleranza, cominciano ad essere sempre più concrete le prospettive di induzione della tolleranza, attraverso dei protocolli di desensibilizzazione orale, protocolli per il momento effettuati solo da Centri Specializzati e ritenuti eticamente proponibili solo per alimenti comuni, nutrizionalmente importanti e molto difficilmente evitabili, come il latte vaccino, l’uovo e il frumento.

Da ultima, ma non per importanza, va considerata la terapia medica. Essa gioca un ruolo fondamentale soprattutto nelle reazioni gravi generalizzate, come l’anafilassi. La somministrazione pronta di adrenalina è un presidio fondamentale salvavita ancora troppo poco utilizzato dal medico e poco conosciuto dai pazienti. Oltre all’utilizzo, tra gli altri farmaci, di cortisonici (72%) e di antistaminica (19%) per via generale, l’adrenalina viene somministrata solo nel 18% dei casi di anafilassi. Negli USA l’allergia alimentare è causa di 30000 episodi/anno di anafilassi, di 2000 casi/anno di ospedalizzazione e di 200 morti/anno. Tra i bambini allergici la possibilità di ricorrenza di episodi gravi anafilassi è 1 episodio ogni due anni, con una mortalità dello 0,6-5% degli episodi. La maggior parte di tali episodi in bambini, la cui allergia alimentare è nota, sono evitabili. La maggior frequenza di tali episodi fuori dal domicilio sottolinea l’importanza sociale della malattia. Il dosaggio dell’adrenalina è di 0,01 mg/kg, fino a 0,5 mg e la somministrazione può essere ripetuta, se necessario, dopo 5-30 minuti. Qualora non fosse noto il peso un dosaggio approssimativo è di 50 ug fino a 6 mesi, 120 ug tra i 6 mesi e i 6 anni, 250 ug tra 6 anni e 12 anni e 500 ug oltre i 12 anni. La somministrazione deve avvenire per via intramuscolare nella coscia. Esistono oggi in commercio preparati pronti all’uso, il cui utilizzo è estremamente facile, ma che richiede comunque un’adeguata illustrazione al paziente e/o ai genitori e/o alle persone in stretto contatto con il bambino. L’informazione e l’educazione degli insegnanti e del personale sanitario è molto importante per un efficace intervento, che eviti inutili o errori di somministrazione. Di fronte ad un’allergia alimentare accertata e caratterizzata da sintomi immediati (orticaria, angioedema, difficoltà di respiro, dolore addominale, vomito, fino allo shock anafilattico) dopo ingestione di un alimento, la dieta di eliminazione per un certo periodo di tempo è tutt’oggi obbligatoria. È bene sottolineare che l’allergia alimentare deve essere certa, o perché la storia clinica, spesso estremamente suggestiva in questi casi, viene confermata dalla positività del Prick o del RAST, o perché la diagnosi è stata posta dopo esecuzione di un test di provocazione orale con l’alimento sospetto, risultato positivo.

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Nei casi in cui invece si sospetti un’allergia alimentare ma i sintomi non siano immediati, è ragionevole proporre un periodo di dieta di eliminazione diagnostica, di 2-4 settimane, che deve essere seguito da una reintroduzione dell’alimento con evidenza di ripresa degli eventuali disturbi. È questo il caso delle forme con sintomi gastrointestinali, quali ad es. le coliti allergiche dei lattanti, caratterizzate da emissione di feci muco-ematiche, soprattutto se accompagnate da rallentamento della crescita, o delle enteropatie eosinofile. La dieta di eliminazione non deve invece essere più considerata un elemento cardine nel trattamento dell’eczema, come sottolineano le più recenti linee guida internazionali sull’argomento. L’eczema infatti dipende da molteplici fattori, soprattutto una disfunzione costituzionale della barriera cutanea ed caratterizzato da periodi di miglioramento e ricadute non strettamente dipendenti dall’alimentazione. La dieta di eliminazione spesso non produce alcun beneficio tangibile e al contrario rischia di distogliere l’attenzione dal corretto trattamento della dermatite, basato sull’uso topico di preparati cortisonici. Inoltre esiste un concreto rischio che la dieta, impedendo il riconoscimento dell’alimento da parte del sistema immunitario disposto lungo l’intestino, favorisca proprio nei soggetti eczematosi l’insorgenza di allergie immediate, IgE mediate, anche se eseguita per brevi periodi di tempo.

IL FUTURO • Effetti a lungo termine

immunologici nonnon-immunologici

• Ulteriore valutazione di possibili nuovi alimenti • Individuare strategie nutrizionali in grado di

modificare la storia naturale della malattia

• Applicazione corretta delle linee guida

per la diagnosi e la terapia


HORTO DEI SEMPLICI

ALLERGIE: UN SOLLIEVO DALLA NATURA

Dr. Stefano Minichino Farmacista sminichino@blisteronline.it

Reazioni eccessive del nostro organismo di fronte a sostanze esterne ? Allora non c’è dubbio: siamo in presenza di un’allergia, malattia del sistema immunitario. Non esiste una cura specifica per le allergie, solitamente si prescrivono anti-istaminici come la tripelennamina, che inibisce i depositi di istamina, e i glucocorticoidi (cortisone, beclametasone, fluticasone), utilizzati per malattie infiammatorie, come asma, reazioni autoimmuni e allergie. Per queste patologie spesso si ricorre anche a fitofarmaci, come Ginkgo, Cipolla, Elicriso, Liquirizia, Ribes nero. Il Ribes nigrum, originario dell’Europa centromeridionale, è presente nelle zone umide. Per le preparazioni farmaceutiche si impiegano le gemme di ribes, che hanno proprietà antiinfiammatorie, antidolorifiche e antiallergiche e non provocano danni allo stomaco. Il meccanismo di azione di questo farmaco è legato allo stimolo diretto sulla corteccia surrenalica, con conseguente aumento “produttivo” di steroidi surrenalici. Le preparazioni con ribes nero possono essere: tisane, capsule gelatinose, sciroppo, succo e caramelle. I pazienti ipertesi devono utilizzarlo con cautela.

catarro bronchiale, attenua gli eccessi di asma e le infiammazioni di origine allergica della mucosa nasale. L’infuso di elicriso è ottimo nei casi di bronchite, tosse e dolori reumatici, è utilizzabile anche sotto forma di aerosol nei soggetti con malattie catarrali croniche. Tuttavia l’infuso ha un sapore molto intenso, non a tutti gradito, perciò soprattutto in età pediatrica si preferiscono preparati in capsule.

L’“Allium cepa” (nome latino della cipolla, il cosiddetto “rimedio della nonna”) è una pianta secondaria usata in caso di allergie, di sinusite o di febbre da fieno. Si distingue per l’abbondante presenza di oligoelementi, vitamine ed enzimi che stimolano la digestione e il metabolismo, è antimicrobico, antiallergico, antistaminico, ipolipidemizzante e non presenta effetti collaterali. In caso di allergia della pelle, di punture d’insetto e di ferite, viene applicato localmente.

L’Elicriso (Helichrysum italicum) è una pianta della macchia mediterranea bassa, diffusa in luoghi incolti, pietrosi e aridi, il suo nome deriva dal greco (“helios”, sole e “chrysos”, oro) e fa riferimento alla forma e al colore dei fiori. Il suo secondo nome è “semprevivo” . È utilizzato anche in cosmetica per il suo intenso profumo. Ha proprietà terapeutiche astringenti, sedative e antiasmatiche, favorisce l’eliminazione del www.blisteronline.it

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WELFARE

TUTELA DELLA SALUTE E SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORI: IL SOGGETTO ALLERGICO

Avv. Fabiola Guarino fguarino@blisteronline.it

Per Testo Unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro si intende, nell’ambito del diritto italiano, l’insieme di norme contenute nel D.lgs del 9.04.2008 n. 81 che ha riformato, riunito ed armonizzato le disposizioni dettate in precedenti normative susseguitesi negli anni in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. Le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro sono: la valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza, la programmazione della prevenzione mirata ad un complesso che integri in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche e produttive dell’azienda nonché l’influenza dei fattori ambientali e dell’organizzazione del lavoro, l’eliminazione dei rischi e, ove ciò non sia possibile, la loro riduzione al minimo in base alla migliore tecnica del momento, la riduzione dei rischi alla fonte, la limitazione al minimo del numero di lavoratori che sono esposti a rischi, l’utilizzo limitato degli agenti chimici, il controllo sanitario dei lavoratori, l’allontanamento del lavoratore dall’esposizione al rischio per motivi sanitari inerenti la sua persona e l’adibizione, ove possibile, ad alta mansione. In quest’ambito si introduce la tematica relativa agli agenti biologici, tali sono tutti quei microrganismi capaci di provocare infezioni, allergie, intossicazioni che vengono classificati all’interno del D.lgs 81/08. In quest’ambito ci soffermiamo sulla normativa relativa agli allergeni: sostanze che normalmente non creano problemi alla maggior parte delle persone ma che in alcuni organismi invece generano reazioni patologiche. Le attività ed i settori lavorativi con rischi di esposizione ad allergeni si distinguono in dipendenza del tipo di allergeni che possono provocare reazioni fisiche patologiche, come gli allergeni di origine animale che possono essere presenti nelle industrie alimentari dove vi è la lavorazione e la trasformazione di carne, pesce, uova, latte, o nelle attività legate al giardinaggio, alla concia delle pelli, le industrie farmaceutiche o quelli sprigionati da altri tipi di materiali quali il lattice, i prodotti impiegati per la pulizia; ma anche chi lavora in luoghi di importanza storica può trovarsi di fronte ad allergeni, pensiamo alle biblioteche storiche dove sono conservati libri di grande valore e che sono poste nella maggior parte dei casi in edifici antichi dove spesso proprio a causa della loro antichità sono abitati da microorganismi che in quanto aereo dispersi causano all’uomo fenomeni allergici ed irritanti delle vie respiratorie. Da questo breve e non certo esaustivo elenco appare chiaro che qualunque tipo di attività lavorativa, sebbene alcune più di altre, può esporre il lavoratore ad allergeni, causa di numerose patologie e pertanto la legge prevede il riconoscimento di alcuni diritti a favore del soggetto allergico quali certamente una serie di obblighi

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di protezione di tipo comportamentale. In caso di violazione degli stessi, il lavoratore è tutelato dall’ordinamento giuridico come dimostrato da una recente sentenza della Corte di Cassazione, la numero 21710 dello scorso 13 ottobre, dove la Corte ha dichiarato l’illegittimità del licenziamento intimato per sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore alle mansioni assegnate, senza che il datore di lavoro abbia accertato che il lavoratore potesse essere addetto a mansioni diverse e di pari livello, evitando trasferimenti di altri lavoratori o sconvolgimenti dell’organigramma produttivo. Il caso ha riguardato un lavoratore assunto come operaio con mansioni di addetto all’igiene urbana e all’approvvigionamento dell’acqua. Successivamente il lavoratore veniva assegnato ai servizi di segnaletica stradale, incompatibili però con la sua allergia alle vernici, lo stesso a seguito di tale incompatibilità, veniva licenziato per inidoneità fisica. La Corte in proposito ricorda che, a norma dell’art. 41 della Costituzione, la libertà di iniziativa economica non equivale al libero arbitrio, poiché il comma successivo ne vieta lo svolgimento quando l’iniziativa privata rechi danno alla sicurezza ed alla dignità umana. Ciò significa che la libertà dell’imprenditore di decidere al meglio l’organizzazione della sua azienda non è esente dal controllo giurisdizionale, pertanto spetta al Giudice controllare il rispetto delle regole a tutela del singolo lavoratore e della sua salute eventualmente bilanciando i due interessi, del datore e del lavoratore, contrapposti. Proprio per tale motivo la Cassazione ha ritenuto illegittimo il licenziamento del lavoratore che “assegnato a mansioni pacificamente nocive per la salute, avrebbe dovuto cambiare le proprie mansioni con altre mansioni di pari livello, assegnate ad altri lavoratori, senza pregiudizio per costoro e senza mutamenti dell’organico aziendale”. È quindi chiaro che il lavoratore che venga adibito allo svolgimento di una mansione che gli provochi una certificata reazione allergica ha diritto di richiedere di essere adibito ad altra mansione, compatibilmente con l’organizzazione aziendale, in caso contrario può senza dubbio rivolgersi alle proprie rappresentanze sindacali o ad un legale di propria fiducia per esperire un tentativo di conciliazione di prassi, sebbene oggi non più obbligatorio, e in caso di esito negativo far valere le proprie ragioni innanzi al Giudice del Lavoro.


AVVOCATO

PRESCRIZIONE DEI FARMACI: RESPONSABILITÀ CIVILE E PENALE DEL MEDICO E DEL FARMACISTA

Avv. Silvio Sacchi ssacchi@blisteronline.it

Con la sentenza 13315/2011, la Cassazione ha preso posizione sull’abitudine, purtroppo notoriamente diffusa, dei medici di base di consegnare a farmacisti amici un certo numero di ricette ASL da loro già firmate da compilarsi ad opera del farmacista stessa per favorire quei pazienti del medico che siano stati impossibilitati, per una ragione od un’altra, a recarsi dal professionista per ricevere da lui stesso la ricetta per i farmaci usati. Ovviamente, la cosa riguarda in genere, pazienti che abbiano la necessità di cure lunghe e che siano conosciuti dal farmacista. La richiamata sentenza conferma precedenti giudicati circa la natura della ricetta che viene inquadrata come atto avente natura complessa e dalle molteplici conseguenze ed attribuisce particolare rilievo alla funzione della ricetta di autorizzare il farmacista a consegnare al paziente il medicinale che costituisce, come è noto, un bene sottratto al libero commercio.

fettive condizioni del paziente ed alle sue risposte al medicinale, risposte che, come è noto, sono le più diverse da soggetto a soggetto e possono modificarsi con il tempo. Così, se una medicina, consegnata dal farmacista che compili una ricetta prefirmata dal medico sulla base della abitudinarietà della cura, provochi una reazione più o meno grave nel paziente, riteniamo che non possano esservi dubbi circa la responsabilità civile e penale del medico (oltre, ovviamente, a quella del farmacista), responsabilità che può portare a pesanti condanne civili per risarcimento danni e penali ove siano state causate lesioni o peggio. Abbiano ritenuto di evidenziare quanto precede al solo scopo di invitare medici e farmacisti ad evitare comportamenti che, anche se tenuti per una forma di agevolazione del paziente, sono, oltre che professionalmente scorretti, anche forieri di guai.

A nostro parere, però, la sentenza 13315/2011, pur avendo il pregio di costituire una sorta di summa sulla natura giuridica della ricetta e sulle sue conseguenze ed un forte alto là ad una abitudine non certo commendevole, non coglie, però, un aspetto non certo marginale della deprecata abitudine e cioè la responsabilità penale e civile nella quale il medico (ed il farmacista) può incorrere nel caso di danni riportati dal paziente nel caso di uso non corretto del medicinale ricevuto con le dette modalità. È noto che, anche nelle cure di lunga durata (si pensi ai medicinali per diabetici o a quelli contro il colesterolo o per la pressione) l’opera del medico non può essere limitata ad una mera scritturazione della ricetta ma deve tener conto delle condizioni effettive ed attuali del paziente e non può non impegnare la responsabilità del medico che è tenuto ad una prescrizione resa in seguito ad una accurata diagnosi. La ripetitività di certe cure ed il loro prolungarsi nel tempo, non possono fare perdere di vista la necessità che la prescrizione sia costantemente adeguata alle efwww.blisteronline.it

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LA MEDICINA NEL CINEMA

DUE METRI DI ALLERGIA

dr. Carlo Billa cbilla@blisteronline.it

Il cast è di tutto rispetto: Jeff Goldblum, Emma Thompson e Rowan Atckinson, ma lo stile è da commedia televisiva, della quale il regista Mel Smith è un veterano. Tuttavia la storia non manca di risvolti gustosi e qualche risata è assicurata. “Due metri di allergia”, girato nel 1989, racconta le vicissitudini di un attore americano (Goldblum) che, a Londra, cerca di affermarsi nel mondo dello spettacolo. Allergico alle piume, s’innamora dell’infermiera che lo cura (Emma Thompson) e, dopo aver perso l’occasione della sua vita, riuscirà ad imporsi quando sarà scritturato per il musical “Elephant man”. Un’allergia tutta particolare tormenta invece Zick, il ragazzino solitario protagonista della serie televisiva di animazione, di produzione americana, tratta dal fumetto “Monster Allergy”. Zick è allergico ai mostri e, per combatterli, s’impegola in avventure pericolosissime. I cartoni animati “Monster Allergy” sono andati in onda, con grande successo, anche in Italia, su Rai 2. Da una sorta di allergia all’alcol è affetto Carlo Verdone. “Sono completamente astemio - rivela l’attore e regista - appena bevo un goccio, mi viene il mal di testa”. Sullo schermo Verdone non ha mai parlato di allergie ma, in compenso, farmaci e malattie hanno avuto un ruolo importante nella costruzione delle gag e delle situazioni esilaranti che popolano i suoi film.

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In “Maledetto il giorno che ti ho incontrato”, una delle sue pellicole più riuscite, Verdone, nel ruolo di Bernardo, critico musicale a caccia di scoop, in Cornovaglia viene fermato dalla polizia: gli agenti credono che la bustina di polvere bianca, da lui conservata fra le numerose confezioni di tranquillanti, sia droga anzichè semplice bicarbonato. In “L’amore è eterno finchè dura”, invece, la fuga all’estero di Gilberto, il protagonista del film, con una donna, viaggio dal quale potrebbe nascere una storia d’amore, si trasforma in una paradossale occasione per discettare, sul letto matrimoniale di una stanza d’albergo, della differenza fra fistole e ragadi.


IL MEDICO LEGALE

LA PREVENZIONE TERZIARIA NELLA RINITE ALLERGICA

Dr. Edgardo Di Lullo Medico Legale edilullo@blisteronline.it

Negli ultimi anni si è assistito al progressivo aumento della frequenza dei casi di rinite allergica nei paesi industrializzati. Studi epidemiologici mostrano una prevalenza della rinite allergica nella popolazione generale del 17% (negli anni ’80 era del 10%) fino a raggiungere in età pediatrica una percentuale vicina al 40% Le malattie allergiche alterano la qualità della vita e soprattutto hanno un elevato impatto socio economico per l’alto costo gestionale in termini di spesa farmaceutica e perdita di giorni di lavoro o di scuola. Nel programma di trattamento della rinopatia allergica assume, pertanto, un importanza fondamentale il momento preventivo finalizzato all’identificazione dei fattori “scatenanti” ed al loro successivo controllo. Infatti, evitare il contatto con tali fattori “allergenici” può prevenire le riacutizzazioni della malattia respiratoria. La prevenzione terziaria (non farmacologica), quindi, dovrà essere mirata alla riduzione dell’esposizione a tali fattori allergizzanti tra i quali ricordiamo i più diffusi fornendo nel contempo dei consigli su come evitarli: Acari della polvere: • rivestire con fodere impermeabili materassi, cuscini e tutti i materiali che possono costituire un habitat ideale per la proliferazione di tali microrganismi. tanto al fine di evitare il contatto con tali allergeni e privarli, allo stesso tempo, della fonte di cibo ed umidità necessari alla loro sopravvivenza; • rimuovere dai locali in cui si soggiorna tappeti, moquette, peluche e tutti i materiali che favoriscono l’accumulo di polvere; • lavare settimanalmente la biancheria a temperature superiori a 55 °c; • usare deumidificatori in maniera da ridurre l’umidità ambientale ed evitare lo sviluppo di muffe e spore fungine; • usare con frequenza l’aspirapolvere.

della loro compagnia, è opportuno provvedere con frequenza settimanale al loro accurato lavaggio allo scopo di ridurre la carica allergenica di cui essi sono involontari portatori. Pollini: • dedicarsi ad attività all’aperto solo quando i livelli di concentrazione dei pollini sono bassi; • durante il tragitto in automobile, tenere chiusi i finestrini per ridurre il contatto con i pollini; • sostituire frequentemente i filtri dell’impianto di condizionamento; • fare la doccia e lavarsi i capelli ogni giorno; • utilizzare una maschera dotata di filtro antipolline per i lavori di giardinaggio; • fare asciugare il bucato in casa e non all’aria aperta (i pollini possono accumularsi sugli indumenti stesi); • lavare frequentemente gli animali domestici che trascorrono molto tempo all’aria aperta per rimuovere i pollini dal pelo. Fumo di sigaretta : • Evitare l’esposizione al fumo di sigaretta attivo e passivo tenendo presente che i bambini esposti al fumo passivo hanno un rischio maggiore di comparsa di malattie allergiche; Farmaci: • Alcuni farmaci come la comune aspirina ed i F.A.N.S. (farmaci antinfiammatori non steroidei) possono, in soggetti predisposti, causare importanti reazioni allergiche interessanti le vie aeree. L’uso di tali preparati va quindi evitato sostituendoli con altri farmaci e sotto controllo medico. In ambito pediatrico il risultato positivo di un progetto di prevenzione non può prescindere dal contestuale coinvolgimento del bambino e dei genitori nella gestione del programma terapeutico.

Animali domestici: • allontanare gli animali domestici dall’ambiente in cui si vive o almeno dall’ambiente in cui si dorme e, in caso proprio non si voglia fare a meno www.blisteronline.it

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MEDICINA VETERINARIA

ALLERGIA AL CANE E AL GATTO: SOLUZIONI E CONSIGLI PER CONVIVERE CON I NOSTRI ANIMALI DOMESTICI

Dr. Roberta Polisiero Medico Veterinario Specialista in fisiopatologia della riproduzione animale rpolisiero@blisteronline.it

L’allergia è una reazione eccessiva del nostro corpo ad una sostanza percepita come dannosa. Le persone con allergie agli animali domestici hanno un sistema immunitario ipersensibile che risponde negativamente ad una serie di sostanze, apparentemente innocue, come la saliva, l’urina, o la forfora dei nostri amici animali. Queste sostanze sono chiamate allergeni. Che cosa provoca allergie agli animali domestici come il cane e il gatto? Contrariamente alla credenza comune, la causa delle allergie non deriva dal pelo del cane e del gatto: ciò che provoca allergia è la forfora, il polline o la polvere accumulata sulla pelliccia. Per le persone allergiche ai cani, l’allergene si trova sul manto della pelliccia, ma anche nella saliva, sulla pelle e sulle ghiandole sebacee. Nei gatti l’allergene principale è una proteina che si trova nella saliva, nelle ghiandole sebacee, nel sudore e nel liquido lacrimale. Su una particolare razza di gatto, il siberiano, non è presente questo allergene, e quindi è l’animale domestico ideale per chi è allergico. Quali sono i sintomi dell’allergia al cane e al gatto? Le reazioni allergiche variano da persona a persona e di solito si manifestano sotto forma di reazioni cutanee (se colpiscono la pelle), congiuntivite, rinite o asma. La più comune è la rinocongiuntivite.

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Se adottiamo alcuni rimedi saremo in grado di eliminare quasi completamente i sintomi e continuare a vivere con i nostri animali senza che la nostra salute ne risenta. È necessario spazzolare il cane o il gatto sempre fuori casa. • Aspirare e pulire, o meglio ancora non tenere, tappeti e mobili imbottiti. Su questi gli allergeni tendono ad accumularsi in maniera massiccia. • Evitare quanto possibile che gli animali abbiano accesso alla camera da letto. Lavare molto spesso la cuccia e gli utensili dell’animale domestico. • Se non è controproducente per la salute del cane, si dovrebbe fare un bagno una volta alla settimana. • Nei gatti, la castrazione dei maschi, riduce gli allergeni legati agli ormoni. • È consigliabile pulire a fondo la casa frequentemente con pulitori a vapore che aiutano a non sollevare le particelle allergizzanti. • Le concentrazioni di sostanze allergiche possono essere ridotte mediante l’applicazione di apposite lozioni o spray per uso veterinario.

Con queste raccomandazioni è possibile condurre una vita normale accanto al nostro animale domestico. Tuttavia, essendo ogni persona diversa, potrebbe accadere che nonostante gli sforzi, la coesistenza risulti insostenibile.

MEDICINA VETERINARIA

Quali sono rimedi contro l’allergia da animale domestico?

Un’altra soluzione è rappresentata dall’immunoterapia. Iniezioni progressive dell’allergene nel paziente, nell’arco di circa tre anni, possono indurre il sistema immunitario a non riconoscere più quella sostanza come estranea e quindi a non scatenare un’eccessiva risposta immunitaria. Il miglioramento dei sintomi può essere avvertito però già dopo circa 6 mesi dall’inizio della terapia. Chiaramente, per il rischio di un eventuale shock anafilattico, la terapia va effettuata sotto stretto controllo di uno specialista immunologo o allergologo.

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CIBUS

ALLERGIE, INTOLLERANZE E PSEUDOALLERGIE ALIMENTARI: DIFFERENZE

Dr. Maria Teresa Catucci Biologa nutrizionista mtcatucci@blisteronline.it

Le allergie sono delle reazioni avverse dell’organismo verso sostanze che, pur non risultando tossiche per la maggior parte delle persone, risultano dannose per altre e possono addirittura scatenare delle reazioni letali nei soggetti sensibili. Questi elementi “allergeni” possono essere di varia natura: pollini, acari della polvere, farmaci, nonché alimenti. Quando si scatena una allergia ad un alimento, detto allergene, si scatena una risposta immunitaria e vengono coinvolte le immunoglobuline di tipo E (igE). La diagnosi di allergia alimentare si basa su un’attenta analisi della storia clinica del paziente e su test clinici: test cutanei, e test specifici in vitro, come il RAST o l’ELISA. I sintomi più comuni delle allergie alimentari sono: prurito al cavo orale e alla faringe, orticaria, prurito cutaneo o eczema, gonfiore delle labbra, del viso, della lingua, della gola o di altre parti del

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corpo, congestione nasale o problemi respiratori, asma. Dolore addominale, diarrea, nausea o vertigini, svenimenti, emicrania e capogiri. Nei casi più gravi può verificarsi lo shock anafilattico con costrizione delle vie respiratorie, calo pressorio e conseguente coma. L’unica terapia per l’allergia è la dieta ad esclusione, in cui si elimina del tutto l’alimento a cui il soggetto è allergico. Se l’allergia è importante, sarà prudente portarsi dietro farmaci antistaminici per evitare un possibile shock anafilattico. Se non c’è la mediazione delle igE, si parla di sostanze tossiche, quindi letali per tutti in base al dosaggio; Letali non soltanto nei soggetti sensibili perché in tale alimento viene rilasciata una o più tossine. Es. botulino nelle conserve. Si parla di intolleranze se non viene mai coinvolto il sistema immunitario e la reazione avversa alla sostanza è dovuta alla carenza di un enzima. Un esempio di un’intolleranza molto comune è


CIBUS quella al lattosio in cui l’enzima deficitario è la lattasi , una proteina che permette la digestione del lattosio, lo zucchero del latte. I sintomi tra allergie alimentari ed intolleranze possono essere simili e perciò confuse ma ciò che potrebbe distinguere un’ allergia da una intolleranza è l’immediatezza della comparsa del sintomo nel primo caso, mentre nel secondo la comparsa del sintomo è un po’ più tardiva. La diagnosi per le intolleranze alimentari è stata oggetto di particolare attenzione nel corso degli ultimi anni. Sono stati molto diffusi test considerati metodi diagnostici non convenzionali che comprendono test quali: VEGA test, test bioelettronici, kinesiologici e test citotossico. Nessuno di questi test però viene considerato dalla comunità scientifica valido e affidabile mentre più recentemente è stata messa a punto una metodica di laboratorio http://www.mieintolleranzealimentari.it/come-si-curano/79-test-fit. html (ELISA) la cui validità è stata ampiamente verificata. Anche la terapia sulle intolleranze si basa sulla to-

tale eliminazione dell’alimento verso il quale si ha intolleranza , poiché un reintegro parziale o per tempi brevi dell’alimento non tollerato non causa nessun effetto benefico, ma piuttosto frustrazione e malessere fisico. Altre reazioni vengono invece definite pseudo allergiche perchè hanno caratteristiche del tutto omologhe alle allergie, tranne per il fatto che non coinvolgono il sistema immunitario. Gli alimenti che causano una reazione pseudoallergica sono alimenti ricchi di istamina o tirammina o capaci di stimolarne la produzione con la conseguente liberazione di tutta la cascata delle reazioni allergiche e le tipiche manifestazioni a livello cutanee. Un esempio di reazione pseudoallergica è quella alle fragole. Gli alimenti ricchi di istamina o tirammina sono formaggi, insaccati, sardine, acciughe, sgombri, tonno, salmone, aringhe, pomodori, spinaci. Gli alimenti contenenti sostanze istaminoliberatrici sono crostacei e frutti di mare, alcuni tipi di pesce ed alimenti in scatola, cioccolato, pomodori, fragole.

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IL CENACOLO

MEDICO DI BASE

Dr. Michele Ciasullo Medico di famiglia Presidente dell’Università Popolare dell’Irpinia mciasullo@blisteronline.it

Quella che stiamo vivendo, da un punto di vista delle patologie, è una fase di grande” transizione epidemiologica”. Quasi tutte le moderne epidemie, dal cancro alle malattie cardiovascolari, sono il risultato di cambiamenti troppo rapidi dell’ecosistema e degli stili vita in rapporto ai tempi molto più lunghi dell’evoluzione. Una drammatica transizione epidemiologica si sta verificando anche per le allergie che ormai coinvolgono il 20/30% delle popolazioni occidentali! Tramontata la teoria dell’inquinamento, la maggior parte degli immunologi condividono la cosiddetta teoria dell’igiene. Si tratta di un vero e proprio paradosso! Le allergie si svilupperebbero perché viviamo in un ambiente troppo pulito e povero di germi e questo provocherebbe uno sbilanciamento del sistema immunitario. Il nostro sistema immunitario, si è evoluto per difendere l’organismo dai più svariati agenti patogeni; dai piccolissimi virus ai batteri, ai grandi vermi. Per questo motivo, settori diversi si sono specializzati per compiti diversi. I vari settori sono in equilibrio fra loro. Ad esempio, i linfociti T si dividono in vari sottogruppi(TH1-TH2-TH17..) che si mettono in moto contro diversi patogeni. Per evitare interazioni, questi sottogruppi mandano segnali di inibizione, di STOP tra di loro, ed in questo modo si determina un equilibrio. Si pensa che uno dei fattori che nel corso dell’evoluzione abbia rappresentato uno stimolo appropriato per il sistema immunitario, sia stato il contatto precoce con la flora batterica presente nell’intestino degli animali erbivori; in altri termini, col letame presente nelle stalle! Questo è stato verificato in Austria, confrontando popolazioni abitanti in ambito rurale con quelle di ambito urbano. Venendo a mancare questo precoce incontro con germi, facciamo mancare il freno alle cellule TH2 che sostengono le reazioni allergiche. Queste cellule, nate per combattere contro i pa-

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rassiti e i vermi intestinali, restano per cosi dire “disoccupate”, e non venendo inibite da altre componenti, si accaniscono contro falsi nemici, innocui e disarmati, come i pollini! L’igiene e gli antibiotici hanno portato grandi benefici all’umanità, mettendo un freno a malattie infettive gravi e spesso mortali, ma hanno avuto alcuni effetti collaterali, come la resistenza agli antibiotici e l’aumento delle allergie. A questo punto la domanda che si pongono gli immunologi è: dato che lo sbilanciamento del sistema immunitario dipende da mutate condizioni igieniche e di stile di vita, che fare per riacquistare il bilanciamento immunologico ottimale?


MEDICI NELLA STORIA

PARACELSO

Dr. Anna Gagliardi agagliardi@blisteronline.it

Philippus Theophrastus Bombast von Hohenheim, figlio di Guglielmo, medico di un’antica e celebre famiglia e di Maria Einsiedeln, direttrice dell’ospedale, appartenente all’abbazia di Einsiedeln, nacque il 14 novembre 1493. Studiò a Vienna con l’umanista Joachim von Watt, quindi in Italia, a Ferrara, con Nicolò Leoniceno, dove, molto probabilmente, si addottorò in medicina. Successivamente, viaggiò a lungo in Europa, studiando le malattie che si manifestavano più frequentemente nel popolo minuto, specie quelle dei minatori, fondò un nuovo sistema terapeutico basato sulle sue cognizioni ed osservazioni cliniche e chimiche, fu apprezzato da medici e pazienti diventandone anche amico. Nel 1526, a Basilea, riesce a guarire la gamba di un famoso libraio, noto in tutta Europa, Johann Froben, che secondo la medicina ufficiale era inguaribile, ricorrendo ad una terapia che si basava su metodi naturali e conservativi. Intorno al 1527 guarisce Erasmo da Rotterdam ed Ecolampadio, il primo riconoscente gli fa ottenere il doppio incarico di medico municipale ed insegnante alla facoltà di medicina presso l’Università di Basilea. Durante la permanenza in questa università ebbe modo di trasmettere ai suoi studenti alcuni principi fondamentali della sua dottrina come : “…è la virtù che dovrà sostenere il medico fino alla morte “ cioè l’assenza di venalità e di presunzione. Non seguì affatto l’esempio dei suoi colleghi, sempre pronti ad inginocchiarsi davanti ai potenti dell’epoca, per supplicare favori. Non si sottomise a nessuno, fedele al suo motto: non sia di altri chi può essere di se stesso. Fu in questo periodo che scelse il nome di Paracelso, con cui è passato alla storia, per indicare la sua superiorità rispetto ad Aulo Cornelio Celso, naturalista esperto in arti mediche, vissuto nella prima metà del I secolo. Nel 1530 è ospite del barone von Stauff e qui lo raggiunge la notizia che il consiglio municipale di Norimberga ha decretato il divieto di pubblicare altri suoi scritti sulla sifilide, potenza del potere verso chi non lo ossequia e si sottomette proprio come acca-

de ai nostri giorni. Ma per Paracelso, che insegnava i principi di una medicina a misura d’uomo, questo diniego non rappresentò assolutamente un ostacolo. Nel corso della sua vita travagliata si occupò anche di psicologia e malattie mentali, spiegando le manie, il ballo di San Vito, l’epilessia e le nevrosi. Studiò, con passione, le ossessioni, l’isteria e la psicoterapia. Le sue grandi capacità, la sua statura morale e la sua fama fecero sì, come era prevedibile, che i medici dell’epoca lo attaccassero senza ritegno, accusandolo di essere solo un fanatico millantatore, ma Paracelso reagì aggredendo la classe medica con estrema durezza. “la vostra arte non consiste nel curare, ma nel carpire il favore dei ricchi, nell’imbrogliare il povero… voi appartenete alla stirpe dei serpenti, ed io non aspetto da voi altro che veleno. Voi non rispettate il malato come potrei aspettarmi che vogliate rispettare me, che sto intaccando le vostre entrate, mettendo in pubblico le vostre pretese e la vostra ignoranza? “ A causa del suo carattere focoso, le sue lezioni piano piano furono disertate dagli studenti, e Paracelso iniziò a bere, tanto che ben presto fu additato come ubriacone. Dopo tre anni lasciò la cattedra per riprendere i suoi vagabondaggi, non smettendo mai di bere e pur essendo ubriaco riusciva a portare a termine operazioni chirurgiche, con enorme perizia e precisione da rasentare l’impossibile. Morì a Salisburgo, vicino al caminetto dell’osteria “Il cavallo Bianco”. In tutta la sua vita aveva pubblicato solo quattro libri. Il suo servitore Oporinus restò al suo fianco per anni, nella speranza di carpirne i segreti, ed alla morte di Paracelso fu sorpreso di trovare moltissimi manoscritti dal momento che non lo aveva mai visto scrivere. Ma la sorpresa fu ancora più grande quando si rese conto che quegli scritti erano così eleganti nella forma e nel linguaggio, che sembrava impossibile che fossero stati scritti da un ubriacone. Ad ucciderlo, più che la sua passione per l’ alcol, fu la sua delusione per aver incontrato una platea di menti ottuse ed invidiose tra i suoi colleghi, forse lo consolerebbe il sapere, che pur a distanza di 500 anni, non è cambiato nulla. www.blisteronline.it

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ULTIMISSIME

CONVEGNI, CORSI E CONGRESSI Corsi per sanitari (medici, infermieri, soccorritori volontari e personale sanitario)

I corsi si terranno presso: Centro Medico Athena Contrada Cardito, 52 83031 Ariano Irpino Av in collaborazione con Dr. Giuseppe Salvatore Satriano Resp. Soccorso Amico Salerno gssatriano@blisteronline.it

II RIUNIONE DI DERMATOLOGIA GLOBALE CONSERVATORIO DI S. PIETRO A MAJELLA Via S. Pietro a Majella 80138 NAPOLI 21-22 SETTEMBRE 2012 Presidenti prof. F Ayala prof. V. Ruocco Segreteria org. EUBEA Via Pietravalle 11 - 80131 NAPOLI - tel 081/5456125

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Destinatari: Il corso è indirizzato ai medici, infermieri e soccorritori volontari e personale sanitario. Obiettivo del Corso: Acquisire conoscenze relative al trattamento dell’arresto cardiocircolatorio e della defibrillazione precoce secondo le linee guida Italian Resuscitation Council. Svolgimento del Corso: il corso è composto di una parte teorica di 2 ore e di una parte pratica di 6 ore con addestramento su manichino. La valutazione finale prevede una prova teorico-pratica e alla conclusione verrà rilasciato un attestato di BLSD esecutore nel caso in cui le due prove vengano superate con una performance minima del 75%. PBLSD Destinatari: Il corso è indirizzato ai medici, infermieri e soccorritori volontari e personale sanitario. Obiettivo del Corso: Fornire le conoscenze teoriche e la capacità pratica per eseguire la rianimazione cardio-polmonare di base e defibrillazione precoce nel paziente pdiatrico (0-8 anni). Svolgimento del Corso: il corso è composto di una parte teorica di 2 ore e di una parte pratica di 6 ore con addestramento su manichino. La valutazione finale prevede una prova teorico-pratica e alla conclusione verrà rilasciato un attestato di PBLSD esecutore nel caso in cui le due prove vengano superate con una performance minima del 75%. ALS Destinatari: Il corso è rivolto al personale sanitario professionale (Medici e Infermieri) Argomenti del Corso: ABCD Primario - Algoritmo universale e casi clinici - Riconoscimento ritmi ABCD Secondario: gestione vie aeree, vene, farmaci e diagnostica - Terapia elettrica - Intubazione vie aeree - Algoritmi di trattamento delle diverse situazioni cliniche. Durata del Corso: 24 ore in 3 giornate PTC BASE Destinatari: Il corso è indirizzato ai medici, infermieri e soccorritori volontari e personale sanitario. Note: È richiesto l’attestato di Esecutore BLSD. Obiettivo del Corso: Gestione di base del paziente politraumatizzato. Svolgimento del Corso: Il corso è composto di una parte teorica di 2 ore e di una parte pratica di 6 ore con addestramento su manichino (1 sola giornata). La valutazione finale prevede una prova teoricopratica e alla conclusione verrà rilasciato un attestato di partecipazione. PTC AVANZATO Destinatari: Il corso è indirizzato ai medici, infermieri. Obiettivo del Corso: Gestione avanzata del paziente politraumatizzato. Svolgimento del Corso: lezioni teoriche e addestramento pratico con dimostrazione e simulazione di scenari (Megacode). Durata di 24 ore in 3 giornate Corsi per i laici BLSD cat. A - PBLSD Tutti i corsi sono certificati IRC e tenuti da Istruttori certificati IRC. Gli interessati possono rivolgersi alla Dott.ssa Anna Di Cosmo Tel 0825 892085 - 0825 891982 - 0825 891705

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