Blister... Notizie mediche in pillole - SPORT

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SPORT ...si parte con l’informazione...


Via Camporeale Area P.I.P. Ariano Irpino (AV) Italy Ph. +39 0825 881811 Fax +39 0825 881812 www.biogem.it - biogem@biogem.it

Biogem IRGS - Istituto di Ricerche Genetiche “Gaetano Salvatore” Realizza le attività di ricerca biomedica, con particolare riguardo allo studio di patologie umane utilizzando modelli animali. Biogem Service Offre ad istituzioni di ricerca pubbliche e private servizi avanzati come la generazione di linee murine geneticamente modificate, la creazione di modelli chirurgici sperimentali, analisi genomiche. Fondazione Biogem Campus In collaborazione con Università italiane e straniere organizza in regime residenziale, corsi di Laurea Magistrale, Dottorati di ricerca e Master, nonché cicli di seminari ed eventi culturali. Cura inoltre la diffusione della cultura scientifica, in particolare, realizzando annualmente il meeting “Le Due Culture”.

Nato in convenzione con l’INGV Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia, l’Università del Sannio, l’Università G. D’Annunzio di Chieti e Pescara, ha lo scopo di illustrare l’origine e l’evoluzione della vita sulla Terra intesa come interazione fra genoma ed ambiente. I mezzi scelti per la divulgazione sono vari, dai più moderni e interattivi, a quelli più tradizionali e materiali; l’intento è quello di costituire un punto di riferimento nazionale ed internazionale in questo campo specifico della museologia.


Domus Medica Formazione Clinical Advisors: Chirurgia: Giuseppe Petrella Roma Italia Allergologia ed Immunologia: Mehemet Hoxha Tirana Albania Anestesiologia e Rianimazione: Tritan Shehu Tirana Albania Cardiologia Prenatale: Dario Paladini Napoli Italia Chirurgia Epatobiliare e Trapianti: Umberto Cillo Padova Italia Ematologia: Giovanni Di Minno Napoli Italia Endocrinologia: Gianfranco Fenzi Napoli Italia Epatologia: Ilario de Sio Napoli Italia Farmacologia: Elio Kahn Tel Aviv Israele Genetica Medica: Valerio Ventruto Napoli Italia Neurologia: Nicola Modugno Isernia Italia Oncologia: Giuseppe Tonini Roma Italia Oncologia Molecolare: Frank Romeo Philadelphia USA Psichiatria: Antonello Bellomo Foggia Italia Radiologia: Marco Salvatore Napoli Italia Urologia: Gerardo Flammia Roma Italia

RUBRICHE

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HORTO DEI SEMPLICI Iperico 21

WELFARE Invalidità civile ed indennità di accompagnamento 22

AVVOCATO La responsabilità dei gestori di impianti sportivi... 23

LA MEDICINA AL CINEMA Il medico della Mutua 25

IL MEDICO LEGALE Il certificato medico per le attività sportive 26 Pubblicazione bimestrale Anno 1 - numero 0 Distribuzione gratuita Reg. al tribunale: n. 4 del 30/12/2011 Tiratura: 10.000 copie Editore: Associazione “Domus Medica” Direttore Responsabile: dr. A. Cavalli Direttore Scientifico: dr. Sergio Cerrato Direttore Amministrativo: dr. Alessandro Cerrato Condirettori: Gaetano Ramundo, Augusto Vittorio Ramundo Capo redattore: dr. A. Calvo Redazione: dr. Maria Teresa Catucci, dr. Michele Ciasullo, dr. Rosa Diaspro, Edgardo Dilullo, dr. Anna Gagliardi, dr. Fabiola Guarino, dr. Stefano Minichino, dr. Roberta Polisiero, dr. Silvio Sacchi Area Web: Antonio Macchione, Dino Li Pizzi Contatti: sito: www. blisteronline.it mail: info@blisteronline.it Stampa: Grafiche Lucarelli

MEDICINA VETERINARIA L’ippoterapia 27

CIBUS Consigli per una corretta alimentazione per il bambino... 30

IL CENACOLO Idee a confronto 32

MEDICI NELLA STORIA Ippocrate 33

ULTIMISSIME Convegni, corsi e congressi 34

ARTICOLI

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Lo Sport come terapia Intervista Basket Doping: i danni Gli atteggiamenti scoliotici e le scoliosi nell’infazia e... Nozioni di primo soccorso Velaterapia Varicocele e sport

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“BLISTER” c/o Associazione “Domus Medica” Via Cardito, 52 info@blisteronline.it www.blisteronline.it www.blisteronline.it

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NUMERO ZERO

EDITORIALE

dr. Sergio Cerrato scerrato@blisteronline.it

Con il primo numero della nostra rivista intendiamo intraprendere un percorso di informazione scientifica, basato sulla diffusione, in maniera fruibile, di notizie, consigli, novità in campo medico. Gli articoli, le notizie, le rubriche saranno sempre frutto di attento controllo che le evidenze scientifiche riportate, siano frutto di studi e ricerche effettuate nelle più prestigiose istituzioni nazionali ed internazionali. La semplicità dell’esposizione che abbiamo imposto ai nostri collaboratori è espressione della linea editoriale, che si prefigge di fornire ai suoi lettori un prodotto i cui contenuti scientifici siano inoppugnabili ma di facile e piacevole lettura. La rivista è aperta ad ogni contributo o proposte da parte dei lettori perché si allarghi il dibattito e si ottenga la più ampia nascita culturale. È nostro augurio saper leggere nella mente dei nostri lettori, di saper cogliere le loro esigenze e rispondere ad esse nella maniera più chiara, onesta ed esauriente

L’Aforisma

possibile.

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LO SPORT COME TERAPIA

L’attività motoria e sportiva dovrebbe essere considerata un’attività prescrivibile regolarmente da parte del medico come una vera e propria ‘terapia’ sia per mantenersi in buona salute (prevenzione primaria), sia come presidio terapeutico in numerose patologie di natura ad esempio metabolica o mio-osteo-articolare (prevenzione secondaria) come aumento della qualità della vita e come sana cultura quotidiana. Cerchiamo di capire come si arriva alle affermazioni che costituiscono la nostra premessa. Tra le tematiche e gli studi a sostegno della pratica motoria e sportiva non solo come un semplice fattore di protezione ma come un presidio medico possiamo annoverare moltissimi contributi scientifici, riconducibili a esperti di diverse discipline del campo medico specialistico. Ad esempio, in ambito cardiovascolare Verdaet (2004) evidenzia l’associazione tra il tempo dedicato alla pratica motoria e sportiva e i marcatori di infiammazione cronica relativa ai disturbi coronarici. In particolare, Konig (2004) ha studiato l’associazione tra il colesterolo LDL, l’attività motoria e i marcatori infiammatori in pazienti con un disturbo coronarico stabilizzato. Macdonald (2009) ha notato come pazienti che hanno subito trapianto di reni risultano avere un decremento della qualità della vita e della longevità. Ma, la prescrizione di un training motorio incrementa nel tempo positivamente outcomes sulla funzionalità fisica, immunitaria, renale e sulla sindrome metabolica dei pazienti con trapianto di reni.

corporea e la distribuzione della massa grassa. Considerando che bambini ed adolescenti obesi con sindrome metabolica conducono spesso una vita sedentaria, gli autori sottolineano l’importanza di una strategia di rieducazione nella quale l’attività fisica deve svolgere un ruolo fondamentale. Tale processo dovrebbe tenere conto dei livelli di attività dei singoli soggetti e il target di attività fisica dovrebbe essere raggiunto progressivamente, aumentando gradualmente il tempo dedicato all’attività al massimo di 5 minuti per volta (Brambilla 2010). Secondo recenti risultati ottenuti dal Finnish Diabetes Prevention Study è stato dimostrato che il rischio di patologia diabetica può essere ridotto del 58% mediante programmi mirati che includano anche l’esercizio fisico e lo sport. é stato, inoltre, dimostrato che l’esercizio fisico e lo sport ritardano, e forse evitano l’intolleranza al glucosio che si trasforma in diabete e presenta anche vantaggi per le persone a cui la malattia è già stata diagnosticata. Alcuni studi specifici, ad esempio, hanno dimostrato che svolgere sport o esercizio fisico leggero, come camminare circa tre volte alla settimana per 30-40 minuti, può determinare piccoli ma significativi miglioramenti nel controllo della glicemia nei pazienti diabetici. In generale, alcuni dei vantaggi che possono essere prodotti da un’attività fisica pianificata sono:

Dr. A. Petito Dip. Scienze Biomediche Univ. degli Studi di Foggia apetito@blisteronline.it Dr. S. Iuso C.U.S Consorzio Utilità Sociale Foggia siuso@blisteronline.it Dr. A. Bellomo Dip. di Scienze Mediche e del Lavoro Univ. degli Studi di Foggia abellomo@blisteronline.it

L’analisi della letteratura esistente mette in evidenza come l’esercizio fisico, che è in grado di influenzare i vari fattori che caratterizzano la sindrome metabolica, rappresenti lo strumento ideale per prevenire i rischi metabolici anche nei bambini. La tipologia, la frequenza, la durata e l’intensità dell’attività fisica modulano in particolare l’ossidazione di carboidrati e lipidi. Per questo motivo bambini e adolescenti dovrebbero svolgere almeno 60 minuti al giorno, possibilmente tutti i giorni, di attività moderata o vigorosa, l’unica utile per migliorare la composizione www.blisteronline.it

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zione del fattore neurotrofico a livello cerebrale (BDNF). È noto in letteratura che animali costretti a muoversi apprendono più facilmente, nei roditori l’esercizio fisico aumenta il numero dei neuroni nell’ippocampo. Risonanza magnetica ed elettroencefalogramma concordano nell’evidenziare che in coloro che praticano attività motoria e/o sportiva – fanciulli, adolescenti, adulti e perfino persone anziane – si attivano le aree del cervello che presiedono ai processi cognitivi (corteccia pre-frontale e corteccia cingolata parietale posteriore, regioni del solco intraparietale). Anche nell’uomo i livelli di BDNF (brain-derived neurotrophic factor) nel siero aumentano dopo l’esercizio fisico persone con l’Alzheimer, il Parkinson, depressione o con anoressia hanno minore BDNF. Il BDNF viene prodotto nell’ippocampo ed è capace di far aumentare le cellule nervose e prolungarne la sopravvivenza. Zoladz (2008) ha notato come un training di allenamento incrementa nel sangue la concentrazione di BDNF in giovani uomini sani. Infine, Bjørnebekk (2005, 2006) ha evidenziato gli effetti antidepressivi della corsa in associazione con un incremento cellulare a livello ippocampale. - abbassamento del livello di glucosio nel sangue; - aiuto all’insulina a lavorare meglio; - miglioramento dell’attività cardiaca; - miglioramento della circolazione sanguigna; - abbassamento del tasso di colesterolo; - diminuzione dello stress; - miglioramento della condizione fisica La letteratura specializzata si è, inoltre, interessata all’influenza dell’attività sportiva da un punto di vista fisiologico; infatti, tutti gli studi sulle modificazioni indotte dall’esercizio fisico indicano che l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene è comune in tutte le specie animali, compreso l’uomo. Ma i più recenti studi si sono concentrati sullo studio dell’influenza dell’attività motoria e sportiva a livello del sistema nervoso centrale. Infatti, sembra giocare un ruolo di rilievo nell’attivazione di neuroni che producono il corticotropinrelasing factor (CRF). Questo neurormone infatti, liberato nei vasi ipofisari, determina il rilascio degli ormoni ipofisari contenuti nella POMC: l’ACTH, le β-lipotropine, β-endorfine, le melanotropine. Mediamente la concentrazione delle β-endorfine durante l’attività fisica aumenta di cinque volte rispetto al livello basale.Anche se non è del tutto chiaro il significato funzionale dell’aumento degli oppiacei endogeni in risposta all’esercizio fisico, è però importante considerare gli effetti. L’effetto più evidente dovuto alla liberazione degli oppiacei è legato alla sensazione di benessere e di euforia che suscitano, questo è particolarmente vero nel caso di attività motoria e sportiva di tipo aerobico di intensità media; inoltre, l’effetto aumenta con l’aumentare della durata dell’esercizio. Le endorfine svolgono anche un ruolo nella tolleranza al dolore, migliorano l’appetito, riducono gli stati d’ansia, la tensione nervosa, le reazioni di paura e di aggressività, migliorano il tono dell’umore. Si tratta in generale degli aspetti psicologici favorevoli attribuiti alla pratica dell’attività fisica. Evidenze mostrano come l’esercizio fisico, praticato volontariamente, protegga contro lo stress indotto dal decremento della produ-

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Sono indubbi i benefici che l’attività motoria e sportiva esercitano in particolar modo dal punto di vista cognitivo, emotivo, organico, relazionale sull’individuo, in sintesi in ottica biopsicosociale. Il modello biopsicosociale introduce la necessità di un confronto con il vissuto di malattia del paziente illness (Kleinman et al. 1978); introduce un concetto nuovo per la medicina, quello di “agenda del pz”, contenente in sé una componente di intenzionalità (Moja e Vegni, 2000). Infine, Secondo Kuhn (2009), una pratica sportiva regolare ed equilibrata contribuisce ad aumentare l’intelligenza dei ragazzi. Giovani attenti alla forma fisica, con un’ottima funzionalità cardiovascolare, a 15-18 anni mostrano un QI nettamente superiore rispetto ai coetanei con inferiore funzionalità cardiovascolare. In conclusione, l’attività motoria e sportiva potrebbe avere funzioni in varie discipline mediche; inoltre, lo sport coniuga aspetti bio-medici e psicologico-comportamentali migliorando la qualità della vita. Attualmente in ambito psichiatrico si stanno studiando gli effetti di diverse metodologie motorie e gli effetti delle differenti discipline sportive sulla psiche e sull’integrazione sociale di pazienti affetti dai disturbi psichiatrici al fine di migliorare la qualità della vita degli stessi e delle rispettive famiglie.


INTERVISTA AL PRESIDENTE DEL G.S. BASKET ARIANO

D: In che anno è diventato Presidente della Società e cosa l’ha spinto a farlo? R: Nel 1980, anno di costituzione della Società che ha festeggiato il trentennale per l’attività svolta ininterrottamente, con un annullo speciale della Poste italiane, alla presenza el Sindaco ed altre Autorità. La nascita della Società è stata voluta da un gruppo di amici appassionati di Basket; non a caso la Società è denominata GRUPPO SPORTIVO BASKET ARIANO, quest’anno sponsorizzata da una grande realtà imprenditoriale dell’arianese: il Gruppo L.P.A.

D: Presidente come sta vivendo l’impegnativo ruolo all’interno della Società e quali sono i suoi progetti per quest’anno? R: L’impegno è quello di divulgare i valori veri ed i principi sani dello sport alle nostre atlete, tramite tutte le attività societarie. Progetti per quest’anno? Arrivare il più lontano possibile in Coppa e in Campionato D: Qual è il punto di forza della squadra quest’anno? R: Il “collettivo”. D: Che tipo di Campionato attende la sua squadra? R: Un campionato difficile ed impegnativo, perché tutti vorranno confrontarsi con noi. D: Quali sono i valori che Lei cerca di trasmettere alla squadra ed al pubblico? R: Impegno e sacrificio per le atlete ed una diversa mentalità di concepire lo Sport, in generale. D: Quanto è difficile, al giorno d’oggi, mantenere in Campania una Società Sportiva, con la crisi economica che attanaglia le imprese e non solo? R: Le ripercussioni della crisi economica sono evidenti anche nel mondo sportivo. E’ necessario però gestire al meglio le risorse, al fine di ottimizzare i risultati. D: Quale momento ricorda con maggior gioia e quale con rammarico? R: Una grande gioia è stata quella di vincere il CAMPIONATO di Serie B2 lo scorso anno ed approdare in Serie B1 Nazionale. Grande rammarico è stato quello di due anni fa: perdere un Campionato all’ultima gara per soli 2 punti, all’ultimo secondo di gioco, davanti al nostro pubblico. Il Presidente del G.S. Basket Ariano Dott. Mario cirillo

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DOPING: I DANNI

Dr. Alfonso Rubino Neurologo arubino@blisteronline.it

L’utilizzo di sostanze e metodi in grado di migliorare le performance fisiche degli atleti origina con la storia stessa dello sport; rappresentando da sempre parte integrante della competizione umana. L’uso di tali sostanze è stato descritto nel corso degli anni nelle diverse culture, come negli antichi egizi, negli atleti greci e nei gladiatori romani. Le motivazioni che hanno spinto gli atleti ad assumere tali sostanze sono rimaste virtualmente le stesse nel corso dei tempi e tali comportamenti non sempre sono stati inquadrati come “fraudolenti”. Negli ultimi decenni si sono invece osservate alcune modificazioni sostanziali del fenomeno con il conseguente sviluppo di un crescente impegno da parte di organismi regolatori nel contrastare la l’utilizzo di tali sostanze; le istituzioni deposte sono ispirate da (a) l’importanza della sicurezza dell’atleta, (b) gli effetti coercitivi del doping sul non doping (c) l’indicazione kantiana che il doping è in contrasto con la dignità delle persone; (d) il dovere da parte degli atleti di tutelare bambini in luce al loro status di modelli da emulare. L’entità del fenomeno doping è tale da coinvolgere lo sport a tutti i suoi livelli e l’incontrollata diffusione di questo tra gli sportivi non professionisti diviene il problema emergente. Di fatto tale sottopopolazione risulta tendenzialmente più vulnerabile dal momento che, in contesti in cui risulta relativamente facile reperire sostanze in grado di migliorare le performance fisiche, il livello di informazione e di controllo è sostanzialmente inadeguato. I medici di famiglia hanno bisogno di conoscere l’efficacia, la sicurezza e la legalità delle più popolari sostanze al fine di offrire adeguate indicazioni circa il loro utilizzo. Aminoacidi Di fatto, dagli studi clinici, non sarebbe emerso alcun beneficio dall’utilizzo di integratori a base di aminoacidi; anche se il fabbisogno proteico di un atleta risulta significativamente aumentato, un adeguato apporto dietetico è più che in grado di soddisfare tale esigenza, senza la necessità di assumere ulteriori supplementi. L’assunzione potrebbe altresì causare disturbi gastrointestinali, in particolar modo diarrea e crampi addominali. Questi supplementi non risultano attualmen-

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te proibiti dal Comitato Olimpico Internazionale. Steroidi anabolizzanti Questa categoria comprende tutti i derivati sintetici del testosterone, somministrati sia per via orale che parenterale. Gli steroidi anabolizzanti sono in grado di migliorare le prestazioni stimolando la sintesi di proteine muscolari. L’utilizzo a breve termine di steroidi anabolizzanti aumenta la forza e il peso corporeo, incrementando la massa magra con riduzione della massa grassa. Notevole è lo spettro degli effetti collaterali: alterazioni dell’assetto lipidico con riduzione delle lipoproteine ad alta densità (HDL), incremento dei valori pressori, femminilizzazione negli uomini (ginecomastia, atrofia testicolare con azoospermia) e virilizzazione nelle donne (irsutismo, amenorrea, atrofia del seno, ipertrofia clitoridea, abbassamento del tono della voce). Sensibili modificazioni caratteriali sono inoltre associate all’assunzione di tali sostanze che oscillano da un aumento dell’aggressività a franche psicosi con potenziali conseguenze legali (vengono riportati in letteratura casi di abusi sessuali e omicidi in concomitanza all’assunzione di questa categoria farmacologica). La sospensione del trattamento comporterebbe tra l’altro l’insorgenza di sintomi quali ansia e depressione, configurando un quadro tecnicamente sovrapponibile a quello osservabile per altre sostanze d’abuso. L’utilizzo di steroidi anabolizzanti aumenterebbe anche il rischio di infortuni, dal momento che l’incremento di forza e massa muscolare non si associa ad un proporzionale trofismo dei tendini, la cui resistenza, secondo alcuni autori, tenderebbe addirittura a diminuire. Un incremento delle morti premature è stato osservato in coloro che hanno fatto uso di steroidi anabolizzanti; suicidio e infarto miocardico acuto (da ricondurre ad un’ inadeguata ipertrofia della muscolatura miocardica) risulterebbero le due cause più comuni. In aumento le segnalazioni di epatopatie acute. A causa di questi effetti collaterali potenzialmente letali, il loro utilizzo è strettamente vietato dal Comitato Olimpico Internazionale (IOC). Eritropoietina L’eritropoietina (EPO) è un ormone prodotto fi-


siologicamente dai reni in grado di stimolare la produzione di globuli rossi (eritropoiesi). Come sostanza ergogenica, l’EPO (si utilizza la forma ricombinante) è assunta per incrementare la resistenza allo sforzo fisico, in quanto in grado di garantire una maggiore disponibilità di ossigeno ai tessuti. Benché sia caratterizzata da un’emivita relativamente breve, i benefici possono protrarsi per alcune settimane. Un effetto similare può essere ottenuto mediante “blood doping “, pratica in cui un atleta prima di un dato evento sportivo si sottopone ad emotrasfusione per incrementare la massa eritrocitaria. L’utilizzo di EPO può causare gravi alterazioni a carico dell’apparato cardiocircolatorio. Tali alterazioni sarebbero da ricondurre ad un aumento sia della viscosità ematica (come conseguenza dell’incremento della componente corpuscolata) che delle resistenze periferiche (per attività vasocostrittrice mediante riduzione della sensibilità al ossido nitrico, sostanza con spiccato potere vasodilatativo). Sembrerebbe inoltre che l’EPO promuova l’ipertrofia delle cellule muscolari lisce dei vasi periferici con conseguente rimodellamento vascolare che contribuirebbe all’incremento dei valori pressori; ciò comporta un netto incremento di accidenti cardiovascolari (infarto del miocardio, embolia polmonare, trombosi venosa, ictus cerebri, morte improvvisa). Sono riportati in seguito all’assunzione di EPO, casi di anemia paradossa da ricondurre alla produzione di anticorpi diretti contro la proteina. L’utilizzo delle trasfusioni, oltre ai precitati effetti avversi di classe, comporterebbe il rischio aggiuntivo di reazioni anafilattiche e di infezioni veicolate dal sangue (come ad esempio HIV ed epatiti).

Caffeina La caffeina è il farmaco psicoattivo maggiormente utilizzato. E’ presente a concentrazioni variabili in varie bevande e farmaci da banco. Ben caratterizzati sono gli effetti benefici della caffeina sulle performance fisiche. Studi condotti su ciclisti professionisti hanno dimostrato che l’assunzione ad alti dosi incrementa la tolleranza al dolore, aumenta la forza durante lo sforzo massimo e riduce la faticabilità. Gravi rischi cardiovascolari e casi di morte improvvisa sono stati documentati, in particolare durante la concomitante assunzione di altri stimolanti del sistema nervoso centrale, come l’efedrina o le amfetamine. Altri effetti collaterali includono agitazione psicomotoria, irritabilità, tremore e la possibilità di sintomi d’astinenza alla sospensione. Il Comitato Olimpico Internazionale ha definito soglie urinarie per l’utilizzo nelle competizioni sportive. Efedrina L’Efedrina, agonista recettoriale α e β adrenergico, è una sostanza psicoattiva in grado di stimolare il sistema nervoso centrale e ortosimpatico, aumentando la frequenza e la gittata cardiaca e promovendo la bronco dilatazione. L’utilizzo migliorerebbe le prestazioni durante gli sforzi anaerobici. Gravi effetti collaterali di questi stimolanti coinvolgono l’apparato cardiocircolatorio e sistema nervoso centrale. Sono stati segnalati numerosi eventi avversi in concomitanza all’assunzione della sostanza; in particolar modo aumenta di circa 3 volte il rischio di sviluppare sintomi psichiatrici (ad esempio, agitazione, ansia, irritabilità), sintomi disautonomici (ad esempio, tremori, insonnia), e palpitazioni. Sono riportati case-report di morte improvvisa, infarto del miocardio, ictus cerebri, crisi comiziali e psicosi. Il IOC ne vieta l’utilizzo.

Creatina Un effetto benefico sulle prestazioni fisiche dall’assunzione di creatina è stato dimostrato in determinati contesti. Da 2 meta-analisi è emerso che supplementi a base di creatina si associano ad un incremento della forza muscolare. Da segnalare tuttavia che la scarsa qualità degli studi ne possa aver sovrastimato l’effetto. Effetti negativi a breve termine (3-5 giorni) comprendono un aumento di peso imputabile ad un incremento della ritenzione idrica. In uno studio sugli effetti a lungo termine (310 giorni) in 175 persone che assumevano regolarmente integratori a base di creatina è stata osservata un aumentata incidenza di edemi agli arti inferiori a due mesi dall’assunzione. Altri effetti collaterali erano rappresentati da disturbi gastrointestinali (malessere, diarrea, nausea) e alterazioni della funzione renale. Nei soggetti sani la concentrazione sierica di creatinina è risultata solo minimamente aumentata. Ormone della crescita L’ormone della crescita umana è un farmaco iniettabile prodotto mediante metodica del DNA ricombinante. In ambito sportivo gli atleti ne ricorrono per gli spiccati effetti anabolici. Da una recente revisione sistematica degli studi randomizzati sarebbe emerso come l’ormone sia in grado di incrementare la massa corporea magra, ma senza alcun effettivo benefico sulle performance fisiche. L’assunzione potrebbe comportare effetti collaterali quali organomegalia, edema dei tessuti molli, artralgie. Da sottolineare la possibilità di sviluppare alterazioni del metabolismo glucidico. Il IOC ne vieta l’uso. Il motivo del ricorso a sostanze in grado di migliorare le performance fisiche tra coloro che praticano attività sportiva rimane un fenomeno di complessa interpretazione. Per gli atleti professionisti, le motivazioni alla base del ricorso al doping potrebbero essere ricondotte per lo più al mantenimento e miglioramento delle performance fisiche come diretta conseguenza delle pressioni sociali e psicologiche a cui sono sistematicamente sottoposti. Più impegnativa la valutazione del fenomeno per quanto concerne sportivi non professionisti; l’attrazione nei confronti di tali pratiche riconoscerebbe, oltre che motivazioni di carattere puramente agonistico, complesse dinamiche psicologiche. In questi termini potrebbe essere utile un adeguato programma informativo preventivo il cui target principale sarebbe rappresentato dal giovani atleta. Occorre sottolineare come una conoscenza dei potenziali rischi connessi all’attuazione di determinate pratiche mediante informazioni affidabili è una condizione necessaria ma non sufficiente; alcuni aspetti psicosociali come il percepito soggettivo della norma e la percezione di controllo comportamentale sembrano essere fattori con un notevole impatto nel determinare la probabilità di adottare o meno un sano comportamento. Pertanto un programma di prevenzione all’utilizzo di sostanze per migliorare le prestazioni fisiche non può esimersi dall’identificare aspetti psicosociali che potrebbero determinare comportamenti potenzialmente autolesivi. www.blisteronline.it

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VELATERAPIA

Dr. Mario Muscari Tomajoli Neurochirurgo Medico V Zona FIV Federazione Italiana Vela mmtomajoli@blisteronline.it

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I media rappresentano lo sport della vela, principalmente, sotto due aspetti. Il primo, dominante, è l’idea di libertà, spensieratezza e gioia di vivere in armonia con la natura; in una parola, l’idea di benessere. Il secondo mette in risalto l’aspetto agonistico, legato soprattutto alle manifestazioni che riscuotono l’interesse dei media. Peraltro, la vela presenta caratteristiche importanti che prescindono da questi luoghi comuni. Per i ragazzi, imparare a condurre una barca senza la presenza dei genitori accelera il passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Per i più grandi, rappresenta la possibilità di imparare qualcosa di differente dalla vita di tutti i giorni: condurre una barca, cucinare, pulire, riordinare, perfino aggiustare …. Inoltre, la vela implica l’acquisizione di conoscenze che trovano punti in comune con le materie scolastiche e tornano utili per inserirsi nel mondo del lavoro. Poi, contribuisce alla formazione del carattere, infondendo sicurezza, rapidità nelle

decisioni e rispetto del prossimo. A bordo, i giovani sperimentano l’importanza della collaborazione per il raggiungimento di un fine comune e si trasformano in un gruppo (equipaggio) con precisi ruoli e responsabilità. Imparano a conoscere e rispettare la natura in generale e il mare in particolare. Questi aspetti sportivi, formativi, ambientali e culturali sono noti un po’ a tutti, mentre meno conosciuti sono quelli terapeutici. La vela-terapia viene condotta a bordo di una imbarcazione da crociera. Ad esempio, alla pari di altri sport, può essere utilizzata nella cura dei disabili motori, offrendo loro l’occasione di dimostrare le proprie capacità. Ancora, è intuitivo l’utilizzo negli adulti con stati ansiosi e depressione. Infine, risultati importanti e, per certi aspetti, inattesi sono stati raggiunti nel sostegno della terapia psichiatrica. Sotto la guida dello psicoterapeuta, i pazienti passano, dalla semplice socializzazione, a una vera psicoterapia, diversa dalla classica “seduta”, e vengono sollecitati a sviluppare e mantenere normali rapporti interpersonali. CONDIVISIONE E COLLABORAZIONE L’ estraneità dell’ambiente in cui si svolge la terapia rende nuova e diversa la presenza del prossimo, con il quale, a causa degli spazi limitati e privi di uscita e delle eventuali difficoltà, si è obbligati a collaborare. Spazi, oggetti, emozioni e sensazioni devono essere condivisi con il resto dell’equipaggio. RISPETTO DEI RUOLI E DELLE REGOLE La barca catalizza le dinamiche di gruppo e fa emergere, nei singoli, le inclinazioni sulla base delle quali viene individuato un ruolo: timoniere, prodiere, tailer etc.. La barca è un microcosmo, in cui c’è un leader (lo psicoterapeuta) ed in cui ogni membro dell’equipaggio ha un ruolo ben definito, da interpretare secondo regole precise, per permettere a tutti di navigare e raggiungere il porto. Ogni partecipante sa di avere un ruolo di primo piano nella gestione della barca e viene responsabilizzato in questo senso. Dalla CRESCITA DEL GRUPPO alla CRESCITA PERSONALE La formazione dell’equipaggio aiuta la crescita personale:


l’Io si rinforza e rende più autonomi e sicuri delle proprie capacità. Si diventa soggetti attivi, protagonisti; rispettando i tempi dettati dal vento e dal mare, si prendono decisioni che incidono su tutto il gruppo, insieme con il quale si affrontano le eventuali difficoltà, assumendo piena consapevolezza delle proprie capacità. Si formano, e consolidano, così, gli aspetti del carattere che sono alla base delle relazioni interpersonali e dello sviluppo della personalità. E’ il caso di dire che, mantenendo la rotta del battello, il paziente matura dal punto di vista psicologico e sociale e diventa capace di condurre se stesso nella vita quotidiana, con un proprio ruolo all’interno della società. In sostanza, la Vela è uno sport completo, nel quale si combinano prestazione fisica e capacità tecniche. La possibilità di vivere in barca a vela lo scenario rappresentato dal mare costituisce un efficace mezzo di riabilitazione e di formazione, oltre che di potenziamento del proprio carattere. Stimola a cercare una strada sempre diversa per poter arrivare al risultato (la vittoria in gara, l’arrivo in porto), o costituirà una stile di vita nelle vicende di tutti i giorni.

Imparare ad andare a vela non è affatto difficile: la cosa migliore è quella di iscriversi ad un corso presso un circolo aderente alla Federvela, dove sarà possibile imparare da istruttori FIV. In età scolastica, è possibile approfittare di Velascuola, progetto didattico nazionale organizzato dalla Federazione Italiana Vela in collaborazione con il Ministero dello Sport e delle politiche giovanili (FIV, Comitato V Zona – tel. 0817617139). Per quanto riguarda la Velaterapia, segnaliamo Velatamente, magnifico progetto che sostiene la terapia psichiatrica con l’ausilio della navigazione d’altura, anche in regate ufficiali FIV (Dr. Marco Tosello, Psichiatra – tel. 3335883569).

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GLI ATTEGGIAMENTI SCOLIOTICI E LE SCOLIOSI NELL’INFANZIA E NELL’ADOLESCENZA

Dr. E. Razzano Direttore f.f. struttura complessa di Ortopedia e Traumatologia pediatrica Azienda Ospedaliera Santobono - Pausilipon - Napoli

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Per atteggiamento scoliotico o paramorfismo vertebrale si intende una curva in senso laterale totalmente correggibile con la flessione, che clinicamente e radiograficamente non è accompagnata dalla rotazione dei corpi vertebrali e da alterazioni strutturali. Per scoliosi invece si intende una deviazione permanente laterale e rotatoria del rachide ad eziopatogenesi multipla, cui conseguono alterazioni estetiche e funzionali, e che si aggrava in corrispondenza della crisi puberale e si arresta nella evoluzione quando cessa l’attività della cartilagine di accrescimento. La rotazione delle vertebre dorsali provoca una deformazione della gabbia toracica (gibbo costale). In tale patologia vi è una curva principale (curva primaria) e una o più curve di compenso (curve secondarie) Quando alla scoliosi è associata una deviazione sul piano sagittale (cifosi) si parla di cifoscoliosi. La scoliosi viene classificata in: Congenita: legata a malformazioni ossee o muscolari Acquisita: dovute a malattie neuromuscolari etc. etc. Idiopatica: quest’ultima si verifica per lo più durante l’adolescenza tra gli 11/13 anni per le ragazze (80% delle scoliosi) e i 13/15 anni per i ragazzi (20%). L’irreversibilità del processo e le alterazioni strutturali caratterizzano questo tipo di scoliosi. I confini tra atteggiamenti scoliotici e scoliosi sono molto spesso sfumati ed è difficile poter dire se e quando da un atteggiamento scoliotico si sia sviluppata una scoliosi. Oggi non si riconosce al semplice fattore del carico, più o meno abituale (scoliosi degli scolari) valore etiologico, determinante per l’insorgere della scoliosi, ma invece tali condizioni non sarebbero altro che l’espressione di una cattiva risposta ad una maggiore prestazione funzionale da parte di individui già portatori di una scoliosi iniziale o di una prescoliosi.

Naturalmente la scoliosi per giungere alla fase di fissità e di deformazione vertebrale deve passare attraverso uno stadio in cui questi caratteri ancora non esistono ma esiste la contrattura che diviene irreversibile e porta all’irrigidimento della curva. Curve primarie e curve secondarie Le curve che rappresentano il diretto risultato della causa deformante, si chiamano curve primarieie o principali, mentre quelle che si vengono a formare per compensare le curve principali, si definiscono secondarie. Studi incessanti hanno tentato di eliminare il termine di scoliosi “idiopatica” attribuendo ad una debolezza muscolare intercostale l’origine della scoliosi toracica (teoria muscolare) o in una primitiva alterazione del senso dell’equilibrio, la causa di una asimmetrica tensione muscolare. Molto spesso fratelli e sorelle di pazienti scoliotici sono affetti, in gravità variabile, della stessa malattia e questo suggerisce un tipo di ereditarietà dominante, legata al cromosoma X. La rilevazione che la scoliosi incide in circa 4 femmine contro 1 maschio nell’epoca puberale ha spinto molti AA. Ad indagare in tal senso ed è stato dimostrato una maggiore quantità dell’ormone di crescita nei soggetti scoliotici.

Come si diagnostica la scoliosi ? L’esame clinico va condotto osservando il paziente sia frontalmente che dorsalmente. Bisogna innanzitutto valutare l’allineamento tra la protuberanza occipitale e la linea interglutea con un filo a piombo, che di norma deve posizionarsi esattamente al centro della linea interglutea. Deve essere valutato il livello delle spalle, che nel normale è in equilibrio. Nel soggetto scoliotico dorsale invece la spalla situata dal lato della convessità della curva è in sopraelevazione. Facendo piegare il paziente in avanti ed osservandolo sia di fronte che di dietro, è possibile evidenziare l’esistenza di sporgenze costali e lomba-



ri, la cui entità è proporzionale alla gravitĂ della curva ed è quindi un fattore valutabile nel tempo. Il triangolo della taglia è formato dal profilo interno del braccio e dal contorno del fianco. In presenza di scoliosi dorso lombare, il progressivo spostamento del fianco comporta una riduzione di questo triangolo, spia dell’esistenza e del peggioramento della scoliosi. La gibbosità è la sporgenza costale sulla convessitĂ di una curva rachidea. Si evidenzia con la flessione del tronco in avanti ed è la manifestazione clinica della rotazione intervertebrale. La ricerca della gibbositĂ può e deve essere effetuata in prima istanza dai genitori, dai professori di sport che successivamente possono inviare questi adolescenti allo specialista ortopedico. Esiste un’ottima affidabilitĂ nelle misure cliniche, e un esame clinico attento permette di evitare la ripetizione delle lastre. Esame radiografico Attraverso l’esame radiografico si possono mettere in evidenza alcune caratteristiche proprie delle deformitĂ che possono essere enumerate nel modo seguente: t BMUFSB[JPOJ TUSVUUVSBMJ EFJ DPSQJ WFSUFCSBMJ

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t t t t

t t t

(aspetto a cuneo con base rivolta verso la convessitĂ e con la deformitĂ massima in corrispondenza dell’apice della curva); BTJNNFUSJB EFHMJ TQB[J JOUFSTPNBUJDJ DIF BQpaiono piĂš aperti dal lato della convessitĂ ; SPUB[JPOF EFJ DPSQJ WFSUFCSBMJ *M NPWJNFOUP rotatorio fa spostare le apofisi spinose delle vertebre verso la concavitĂ della curva; UPSTJPOF EFJ DPSQJ WFSUFCSBMJ * QFEVODPMJ TPOP piĂš lunghi ed esili dal lato della concavitĂ della curva,piĂš corti e tozzi dal lato della convessitĂ . WFSUFCSB BQJDBMF F WFSUFCSB OFVUSB vertebra apicale: è situata nel punto di massima curvatura e le sue caratteristiche sono la massima torsione e rotazione e la piĂš accentuata deformazione a cuneo vertebra neutra: è quella situata all’estremo della curva, caratterizzata da minima rotazione e torsione e da deformazione a cuneo %FGPSNJUĂ‹ EFMMB HBCCJB UPSBDJDB QFSEJUB EFMM BMMJOFBNFOUP WFSUFCSBMF Segno di Risser: è legato alla comparsa dei nuclei di ossificazione delle creste iliache.

Il valore angolare della scoliosi si misura con l’angolo di Cobb formato dalla intersezione tra le perpendicolari alle limitanti superiori ed inferiori delle due vertebre terminali della curva scoliotica. Quale è il trattamento ? La terapia varia in base alle cause e alla gravitĂ delle curve.


Distinguiamo: Scoliosi gravi Scoliosi di media gravità Scoliosi lievi

> 60° 30 – 60° < 30°

Nelle scoliosi tra i 10° e 20°: attenta osservazione clinica e radiografica Programma di ginnastica e/o pratica di una attività sportiva Nelle scoliosi> 20°e non sup.a 40° : trattamento con busto (corsetto ortopedico) in epoca prepuberale nelle scoliosi rigide trattamento delle curve e stabilizzazione della correzione con busto ortopedico (Lionese) Scoliosi oltre i 40°: E’ indicato un trattamento chirurgico che consiste modernamente nella correzione delle curve, mediante l’uso di barre e viti inserite nelle vertebre (Metodica di Cotrel Duboussett)

LO SCREENING NELLE SCOLIOSI Lo screening è oggi considerato dalla medicina la vera terapia della scoliosi. Esso permette : t Un precoce riconoscimento della scoliosi; t Un’attenta sorveglianza della sua evoluzione; t Un tempestivo intervento nelle forme a rischio Se la scoliosi idiopatica viene scoperta precocemente, quando è al primo stadio, può essere arrestata con terapie leggere. Diversamente, più evolve e più le terapie diventano lesive. Nello screening il soggetto viene esaminato frontalmente e dorsalmente. L’esaminatore osserva se esiste una asimmetria delle spalle, dei fianchi e un eventuale strapiombo del tronco, misura l’altezza del gibbo con una livella. Se il gibbo supera i 5 mm. Consiglia una visita specialistica.

E’ VERO CHE LA SCOLIOSI E’ CAUSATA DA UNA CATTIVA POSTURA ? E’ falso che la scoliosi sia causata da una cattiva postura (zainetto, banco, posizione seduta, modo di dormire). L’uso di posizioni scorrette (sul banco, nel letto, a

tavola) o l’assunzione di pesi (zaino) hanno la caratteristica di produrre deformazioni della colonna non strutturali (cioè non associate a rotazione) e reversibili alla sospensione dello stimolo. Infine, se veramente vi fosse una relazione di causa-effetto tra la cattiva postura e l’insorgenza della scoliosi, la quasi totalità degli scolari dovrebbe risultare affetta da questa malattia.

Fisiokinesiterapia Nessuna ginnastica, per quanto eseguita in maniera intensiva e prolungata, ha la capacità di arrestare le evoluzione della scoliosi. Allora dobbiamo ritenere: t che esiste la “ginnastica” in senso stretto, cioè la tonificazione di tutti i gruppi muscolari, e soprattutto di quelli del tronco, e che l’utilizzo di questa metodica di cura ha un utilità al solo scopo di ottenere uno sviluppo armonico, tonico – trofico del fisico dei pazienti scoliotici, soprattutto nel caso in cui questi soggetti debbano indossare busti correttivi e/o gessi (che comporterebbero una atrofia muscolare da non – uso). t che non possiamo aspettarci dalla ginnastica ciò che essa non può darci, cioè la prevenzione del peggioramento della scoliosi e, tantomeno, il suo miglioramento, che va ottenuto con altri sistemi di cura (busti, interventi chirurgici) cui la ginnastica offrirà un valido supporto La kinesiterapia ha diversi obiettivi e questi sono dati dalla correzione dei difetti posturali da integrazioni di tutte le fasi sia del trattamento incruento sia cruento. Il trattamento deve mirare a: 1. 2.

Infondere al soggetto la coscienza del proprio atteggiamento viziato Correzione attiva della postura attraverso un adeguato sforzo muscolare

Oltre agli aspetti posturali la kinesiterapia deve provvedere alla mobilizzazione del rachide, e alla ginnastica respiratoria. Essa va protratta per lungo tempo, associata o meno ad apparecchi di contenzione.

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RAPPORTI TRA SCOLIOSI E SPORT Sovente i genitori pongono la domanda sull’influenza dell’educazione fisica scolastica e dello sport nel giovane portatore di dismorfismi vertebrali. L’attività fisica e lo sport devono essere considerati inscindibilmente legati alla ginnastica medica, di cui rappresentano per così dire il “versante attivo”. La colonna di un soggetto che ha appreso gli “schemi motori corretti” durante le sedute di cinesiterapia, risponde alle sollecitazioni di carico e di squilibrio nel corso delle attività motorie con reazioni riflesse di tipo correttivo, anziché deformante. E’ quindi non solo utile, ma addirittura necessario svolgere, come complemento alla cinesiterapia, anche delle attività di tipo sportivo. Esse permettono l’allenamento di qualità fisiche e neuro-motorie di base, oltre a sviluppare una “immagine positiva del corpo”, elementi che risultano vitali per un giovane adolescente affetto da scoliosi. Per quanto riguarda le attività fisiche e sportive, nei giovani affetti da scoliosi, sono generalmente controindicate le attività a livello agonistico, soprattutto quelle mobilizzanti del rachide, perchè rendono la colonna più flessibile e quindi più facilmente deformabile. Fra queste segnaliamo la ginnastica artistica, la ritmica, la danza classica, il nuoto. Ci sembra importante ricordare un luogo comune oramai sfatato da tempo: quello del nuoto, come “toccasana” della scoliosi. In passato, quando si riteneva che levare il paziente dall’azione nefasta della forza di gravità potesse avere un effetto terapeutico, il nuoto, in quanto condotto in scarico, veniva considerato lo sport ideale. Oggi si sa invece che, in un soggetto affetto da scoliosi, è più importante potenziare le capacità di opporsi alla forza di gravità e che, quindi, in questo senso è utile praticare degli sport in carico. Il nuoto, se praticato intensamente, rende la colonna più mobile e quindi più facilmente deformabile. Inoltre, è stato dimostrato che nelle scoliosi con una deformazione toracica superiore ad un certa soglia, il nuoto non solo non è una panacea, ma è addirittura dannoso, in quanto sviluppa un meccanismo rotatorio autodeformante, provocato dalle respirazioni forzate e dalla pressione esterna dell’acqua sul cilindro toracico deformato. RAPPORTI TRA SCOLIOSI, CARTELLA E POSTURASCOLASTICA Sovente i genitori si pongono anche la domanda sull’influenza della cartella scolastica. Per quel che si sa sinora, portare una cartella o uno zaino, anche pesanti, per pochi minuti non è dannoso ed il problema può presumibilmente insorgere solo dopo 15’-20’, compatibilmente con il rapporto tra la muscolatura del ragazzo ed il peso

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dei libri. Sicuramente per un ragazzo che fa dello sport, con dei muscoli sufficientemente allenati, il portare la cartella diventa uno stress positivo. Tuttavia, anche per chi fa poco movimento, è bene ricordare che la cartella rappresenta uno dei pochi momenti in cui si richiede alla colonna uno sforzo nel corso della giornata, oltretutto quasi sempre di breve durata, quindi raramente affaticante. Molto più dannosa per la colonna è la posizione seduta scorretta per molte ore al giorno sui banchi scolastici, perché influisce negativamente in modo più duraturo sulla percezione e integrazione nel sistema nervoso centrale di una postura errata permanente. E’ quindi utile insegnare a stare seduti composti, possibilmente su un banco scolastico di altezza regolabile,ma ancora più importante è alternare la vita sedentaria con pause di movimento, anche brevi. Occorre dunque effettuare un’educazione semplice dei medici da un lato, della popolazione dall’altro lato per mezzo dei mass-media. Basta sottolineare il fatto che una deformità ignorata o moderata può improvvisamente,quando incomincia la pubertà,assumere un carattere evolutivo e necessita una cura . I soli specialisti della scoliosi sono solo abilitati a stabilire la differenza tra attitudine scoliotica e scoliosi strutturata minima, di cui tocca loro, a questo punto determinare l’evolutività . Conclusioni Concludiamo con un ammonimento ai medici, tecnici e genitori, a tutti coloro che hanno la responsabilità di prevenire i danni alla salute della colonna vertebrale nei giovani: tutte le scoliosi e le ipercifosi, anche le più gravi, sono state delle piccole curve: se interveniamo con le cure adeguate, quando sono ancora lievi, ben difficilmente si renderà necessario ricorrere a terapie lunghe e intense, lesive e non sempre soddisfacenti. La conoscenza delle leggi della evolutività permette di individualizzare prognosi e scelta terapeutica per ogni scoliotico ed evitare le approssimazioni.


NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO

opuscolo staccabile

NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO

PREMESSA Lo sport di massa, in continua crescita, ĂŠ un fenomeno dell’epoca moderna che offre prospettive molto positive per il benessere delle persone ma nello stesso tempo richiede un nuovo e piĂš efficace sistema di assistenza medica. Anche per quanto riguarda il “primo soccorsoâ€?, un intervento immediato può risultare decisivo nei tanti casi di emergenza sanitaria collegati a una pratica sportiva ormai ampiamente diffusa a livello amatoriale oltre che professionistico. E’ perciò importante creare nel Paese la cultura del primo soccorso fra tutti gli operatori dello sport, dai dirigenti ai tecnici, dagli accompagnatori ai gestori delle palestre, dai massaggiatori ai custodi degli impianti. E questo opuscolo ĂŠ rivolto proprio a tutti gli operatori che in qualche modo sono a contatto con lo sport. Campi di calcio, piste di atletica, piscine, rings, campi da tennis, palestre, impianti sportivi di ogni genere nei quali allenatori, massaggiatori, custodi, atleti stessi, potrebbero trovarsi ad essere testimoni di eventi piĂš o meno gravi per i quali dovranno essere certamente allertati i servizi di emergenza sanitaria. In attesa dell’arrivo del personale di soccorso professionista, tuttavia, gli astanti dovrebbero attuare misure di primo soccorso ed evitare, nel contempo, manovre avventate. Oltre agli atleti, non ĂŠ da sottovalutare la presenza di molte persone all’interno dell’impianto sportivo, alcune delle quali possono essere portatrici di fattori di rischio talora sconosciuti. Al di lĂ , dunque, di evenienze sempre possibili in ogni ambiente, ci sembra quanto mai opportuna la informazione e formazione sulle necessarie manovre di soccorso per tutti coloro che vivono e seguono il mondo dello sport. COSA FARE IN EMERGENZA PER TENERE IN VITA UN PAZIENTE IN ATTESA DEI SOCCORSI

Dr. Giuseppe Salvatore Satriano Resp. Soccorso Amico Salerno

gssatriano@blisteronline.it

Nota dell’Autore: questa pubblicazione non ha lo scopo di sostituirsi al personale di soccorso professionista che, a seguito di allarme al 118, interviene immediatamente in caso di emergenza. Queste note hanno il solo scopo di rendere familiari le procedure di emergenza per sostenere una vita fino all’arrivo dei soccorritori. E’ anche consigliabile partecipare ad un corso di primo soccorso e conseguire una certificazione di abilitĂ in Basic Life Support e Basic Life Support Defibrillazione. Trasmissione del virus HIV/AIDS e dell’epatite B: Il cittadino che risponda ad una emergenza dovrebbe essere guidato da valori morali ed etici. Nel tentativo di salvare una vita dovrebbe eseguire responsabilmente ciò che conosce applicando al meglio ciò che ritiene piĂš opportuno. A tal proposito L’American Heart Association raccomanda: t OPO JOJ[JBSF MB WFOUJMB[JPOF CPDDB B CPDDB TF TJ IBOOP EVCCJ OFMM FTQPSTJ BE VO FWFOUVBMF TJB QVS remoto contagio t "MMFSUBSF JM 118 t MJCFSBSF MF WJF SFTQJSBUPSJF t JNQJFHBSF QFS MB SFTQJSB[JPOF BSUJĂśDJBMF EFJ TJTUFNJ EJ QSPUF[JPOF QFS JM TPDDPSSJUPSF RVBMJ MF NBTDIFSJne monouso (pocket mask) o altri semplici ed economici dispositivi di questo genere. t QSPDFEFSF DPO MF DPNQSFTTJPOJ UPSBDJDIF FTUFSOF NBTTBHHJP DBSEJBDP t TF QPTTJCJMF QSFEJTQPSTJ QFS BWFSF B EJTQPTJ[JPOF NBUFSJBMF QFSTPOBMF EJ QSPUF[JPOF HVBOUJ NBTDIFrine). www.blisteronline.it

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NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO

Le procedure descritte in questo opuscolo fanno riferimento e seguono le linee guida dell’AMERICAN HEART ASSOCIATION per il BASIC LIFE SUPPORT E PER IL BLSD. LA MORTE CARDIACA IMPROVVISA Definizione La morte cardiaca improvvisa ĂŠ un decesso che si verifica per cause naturali entro breve tempo dalla comparsa dei sintomi che possono anche non essere presenti. Essa colpisce soggetti apparentemente in pieno benessere o soggetti giĂ affetti da patologia cardiaca ma stabile al momento dell’evento. Incidenza Vi ĂŠ differenza tra Paesi differenti sotto l’aspetto socio – culturale, a diverso grado di industrializzazione ma statistiche assolutamente attendibili parlano di 1 decesso su 1000 abitanti per anno. Essere colpiti da morte cardiaca improvvisa non significa però la perdita certa della vita. Cause La morte cardiaca improvvisa è determinata in genere da: t .BMBUUJB DPSPOBSJDB FT JOGBSUP EFM NJPDBSEJP ĂśH B TJOJTUSB t 5SBVNBUJTNJ BDDJEFOUBMJ FT GPMHPSB[JPOF ĂśH B EFTUSB Insufficienza respiratoria (es. asfissia, annegamento, overdose, soffocamento). Qualunque sia la causa, nell’80% dei casi la circolazione si arresta per una aritmia chiamata fibrillazione ventricolare che sul monitor o sulla carta di un elettrocardiografo si presenta come in figura a sinistra. Nel 15% dei casi ĂŠ determinata da una asistolia cioĂŠ assenza totale di attivita’ sistolica ventricolare che si presenta al tracciato elettrocardiografico come in figura a sinistra. Nel 5% dei casi da una persistenza dell’attivitĂ elettrica del cuore non seguita da una funzione meccanica di pompa. Vedi figura a sinistra. Trattamento L’arresto cardiocircolatorio, da qualunque causa sia stato determinato, porta alla perdita di conoscenza dovuta alla interruzione del flusso cerebrale e ad una conseguente cessazione dell’attivitĂ respiratoria - 0 minuti (morte clinica). Dopo circa 5 minuti vi ĂŠ la morte di un numero sempre maggiore di cellule cerebrali con possibilita’ di esiti neurologici anche permanenti; ciò anche nel caso di ripresa dell’attivitĂ cardiaca. Dopo 10 minuti la distruzione delle cellule cerebrali diviene molto estesa ed un eventuale recupero cardiaco non sarĂ accompagnato dal recupero neurologico dell’individuo (morte cerebrale). Vedi a lato. Alla luce di queste considerazioni e’ stata creata la cosiddetta catena della sopravvivenza costituita da una rapida sequenza di azioni da compiere per tentare di conferire successo al trattamento di soccorso. Il primo passo da compiere per il soccorso di una persona apparentemente inanimata consiste nel valutare lo stato di coscienza. Valutazione della coscienza Come si fa: t $IJBNBSF B WPDF BMUB t 4DVPUFSF EFMJDBUBNFOUF La condizione di non coscienza innesca l’attivazione della sequenza del BLS (Basic Life Support = Supporto vitale di base) bene espressa dai 4 anelli della catena della sopravvivenza: 1. Allarme precoce 2. BLS precoce 3. Defibrillazione precoce 4. Rianimazione avanzata precoce

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NOZIONI DI PRIMO SOCCORSO

Allarme precoce L’allertamento del 118 é un passo essenziale da compiere quando si é testimoni di un possibile arresto cardio circolatorio e subito dopo aver accertato lo stato di incoscienza del paziente. Senza l’allertamento di personale sanitario professionale ogni manovra iniziale, pur corretta, non sarà seguita da successo in assenza delle fasi e della terapia avanzata successive.

Dopo aver posizionato il paziente su di un piano rigido (per terra), bisogna allineare capo, tronco, arti e scoprirgli il torace. Ricordare le prime lettere dell’alfabeto A B C

A Apertura delle vie aeree Come si fa: t 4PMMFWBSF JM NFOUP EFM QB[JFOUF DPO EVF EJUB t 4QJOHFSF MB UFTUB EFM QB[JFOUF BMM JOEJFUSP BQQPHHJBOEP M BMUSB NBOP TVMMB fronte B Valutazione della respirazione Come si fa: GAS t .BOUJFOJ JM NFOUP EFM QB[JFOUF TPMMFWBUP FE JM DBQP FTUFTP t "WWJDJOB MB UVB HVBODJB BMMB CPDDB FE BM OBTP EFMMB WJUUJNB t Guarda se il torace della vittima si alza e si abbassa t Ascolta il rumore eventualmente prodotto dalla respirazione del paziente t Senti sulla tua guancia l’eventuale flusso dovuto al passaggio di aria t GAS per 10 secondi Se non respira normalmente: Massaggio cardiaco esterno Posiziona la parte inferiore del palmo della mano (vedi a lato) al di sotto dell’emitorace (sulla meta’ inferiore dello sterno). Posiziona l’altra mano sul dorso della prima. Comprimi il torace (4 – 5 cm) per 30 volte Raddrizza le tue braccia, blocca i gomiti e spingi le braccia in giù sul torace 30 volte (con una frequenza di 100 al minuto). Lascia che il torace si rilassi completamente tra le compressio-ni, senza togliere le mani dal punto di compressione per non perdere la “mira”.

Dopo il massaggio cardiaco Esegui 2 insufflazioni lente e piene.

Inclina delicatamente la testa all’ indietro. Solleva il mento. Chiudi il naso della vittima pinzettandone le narici e coprile la bocca con la tua. Esegui due insufflazioni lente e piene (della durata di 1 – 2 secondi ciascuna) nella bocca.

Permetti al torace di sollevarsi e abbassarsi durante le insufflazioni.

Continua con 30 compressioni toraciche, quindi 2 ventilazioni.

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VARICOCELE E SPORT

Dr. Antonio Fiorillo Urologo

afiorillo@blisteronline.it

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Anche se una correlazione tra varicocele e infertilità non è da tutti accettata, esistono convincenti prove in favore di un rapporto significativo tra presenza di varicocele e infertilità. La maggior parte delle statistiche ritengono il varicocele la causa più frequente di infertilità ( stima tra 2439% degli uomini con infertilità sarebbe portatore di varicocele). E’ noto che il varicocele è la dilatazione varicosa delle vene ( plesso pampiniforme) all’interno dello scroto ed insorge, solitamente, tra i 15-25 anni, di rado in età avanzata. La sua incidenza tra la popolazione giovanile maschile è elevata, circa il 15% dei giovani visitati alla leva. E’ rappresentato maggiormente a sinistra (85% ), meno bilateralmente (11%) e, solo, nel 4% a destra. Ciò viene spiegato con la diversa configurazione anatomica delle vene spermatiche ( sbocco a T nella vena renale sinistra,sbocco ad angolo acuto nella vena cava a destra). La causa del varicocele è riconducibile all’assenza congenita o all’insufficienza delle valvole venose delle vene testicolari, determinando un reflusso venoso che, in posizione eretta e a lungo andare, determina la dilatazione delle vene. E’ da ricordare che il reflusso venoso può verificarsi anche in presenza di normali valvole; in tal caso,si può pensare al reflusso da altre ramificazioni venose anastomotiche collaterali. Questo potrebbe spiegare il riformarsi ( recidiva) del varicocele dopo trattamento sia chirurgico che radiointerventistico ( circa il 5-24% ). Nella maggior parte dei casi i pazienti affetti da varicocele non lamentano particolari sintomi, a parte una dolenzia al testicolo e il mancato concepimento. Le alterazioni che avvengono nel varicocele interessano soprattutto la produzione degli spermatozoi (spermatogenesi). Questo vuol dire che un uomo può essere superpotente dal punto di vista sessuale, ma avere, a sua insa-

puta, una ipofertilità. La presenza di varicocele nelle persone che praticano sport sia agonistico che non, è un fattore che, in alcuni casi, può esporre il giovane a qualche rischio. Lo sport non è la diretta causa del varicocele, ma un fattore condizionante la progressione clinica di tale patologia. Negli sportivi che praticano attività fisica con frequenti traumi:calcio, basket,arti marziali, la presenza del varicocele può esporre il testicolo a rischi che vanno al di la del semplice traumatismo. Essendo il varicocele una varice, può infiammarsi in seguito a traumi o continue sollecitazioni, provocando quella che si chiama flebite. La flebite è molto dolorosa e, seppur curata, può durare molti giorni e richiedere riposo assoluto. Per evitare eventuali problemi,alle persone che praticano sport, va consigliato l’uso del sospensorio che attenua i sobbalzi e protegge lo scroto da eccessivi movimenti. Le persone affette da varicocele che praticano sport richiedenti eccessivi sforzi fisici, come sollevamento pesi, è consigliato l’intervento chirurgico. Da queste poche parole, si intuisce che lo sport non modifica la prevalenza del varicocele nella popolazione giovanile maschile, ma contribuisce all’aggravamento della storia naturale del varicocele. Sarebbe auspicabile sottoporre i ragazzi, che vogliono intraprendere un’attività sportiva,ad una visita andrologica preliminare, allo scopo di evidenziare eventuali patologie andrologiche già esistenti ed avere, così, un quadro clinico di riferimento antecedente l’attività sportiva.


HORTO DEI SEMPLICI

IPERICO

L’iperico o erba di S. Giovanni (Hypericum perforatum) è una pianta perenne dai fiori giallo oro che raggiungono la massima fioritura verso il 24 giugno (ricorrenza di S. Giovanni) da cui il nome popolare.

Dr. Rosa Diaspro Farmacista

rdiaspro@blisteronline.it Principi attivi e relativa azione farmacologica Il principio inizialmente ritenuto attivo era l’ipericina ma i recenti sviluppi hanno chiarito che molte classi cliniche sono da considerarsi corresponsabili dell’attività: naftodiantroni (ipericina e pseudoipericina), floroglucinoli (iperforina) e flavonoidi ( amentoflavone) ed altri composti con probabili effetti di sinergia sia farmacodinamica che farmacocinetica. L’ipericina è utilizzata sotto forma di polveri e compresse per uso interno e sotto forma di oleoliti o tinture madri per uso esterno.

Impiego uso interno Alcuni studi clinici hanno dimostrato che l’iperico (somministrato per via orale sotto forma di capsule o estratti) ha un’efficacia paragonabile ad alcuni psicofarmaci nella cura dell’ansia e della depressione lieve e moderata. A volte è utilizzato associato ad altri prodotti anche per il trattamento fitoterapico di alcune forme d’ansia.

Impiego uso esterno L’olio d’iperico rosso viene usato topicamente come cicatrizzante, antidolorifico e antinfiammatorio, è efficace anche per la cura e la pulizia delle ferite, eritemi, bruciature e piaghe purulente. Ottimo rimedio per le nevriti traumatiche (ma anche non traumatiche) caratterizzate da dolori lancinanti e per i dolori traumatici della colonna vertebrale. L’olio d’iperico è largamente usato per la cura di traumi da sport come lussazioni, contusioni e distorsioni, spesso associato ad altre erbe medicamentose come arnica e artiglio del diavolo.

Prospettive Per quanto riguarda invece l’uso estensivo dell’iperico nella medicina tradizionale, si può dire che si è soltanto agli inizi. Le premesse tuttavia sono più che incoraggianti. Attualmente infatti l’efficacia dell’iperico viene studiata per la cura dell’Aids, dell’Alzheimer, di varie forme di cancro, dell’enuresi notturna nei bambini, di alcune malattie della pelle (come la psoriasi), dell’artrite reumatoide, delle ulcere peptiche e, non ultimo, del mal di testa da sbornia.

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WELFARE Avv. Fabiola Guarino fguarino@blisteronline.it

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INVALIDITÀ CIVILE ED INDENNITÀ DI ACCOMPAGNAMENTO

La tutela delle persone disabili è garantita dall’applicazione della legge 104/1992 che detta i principi dell’ordinamento in materia di diritti delle persone handicappate avendo come scopo primario quello di garantire l’integrazione delle stesse nel tessuto sociale cercando di rimuovere quegli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona disabile e trovando in tal modo il proprio fondamento nella Carta Costituzionale. La persona handicappata è giuridicamente identificata come colei che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione, di integrazione lavorativa tale da determinare uno svantaggio sociale. Il riconoscimento di questo status spetta alla Commissione Medica istituita in base all’art. 4 della stessa legge n.104 presso le Asl, Commissione che valuterà il grado di invalidità della persona ed in base allo stesso l’ordinamento giuridico prevede il tipo di interventi psicopedagogici e di eventuale sostegno economico da garantire al disabile ed ai membri della sua famiglia che se ne prendono cura. In quest’ambito riveste un’importanza fondamentale l’indennità di accompagnamento che è un sostegno economico concesso solo agli invalidi civili al 100%, pertanto la stessa viene concessa solo se vi è una difficoltà a deambulare dell’invalido, se vi è difficoltà a compiere autonomamente gli atti di ordinaria quotidianità e se ovviamente l’invalido non è già ricoverato presso una struttura in maniera totalmente gratuita. Il riconoscimento del 100% di invalidità deve avvenire da parte della Commissione Medica a seguito di richiesta presentata all’Ufficio Invalidi del Distretto Sanitario della propria zona di residenza tramite la presentazione di un apposito modello, della certificazione medica e della fotocopia dei documenti personali, il medesimo modulo viene compilato sia se è la prima volta che si compie la richiesta, ed in tal caso si dovrà barrare la voce RICONOSCIMENTO, sia se la situazione dell’invalido è peggiorata nel tempo, ed in tal

caso si dovrà barrare la voce AGGRAVAMENTO ed allegare anche il relativo verbale precedente che dichiara l’invalidità. E’ importante sottolineare che recenti sentenze della Corte Costituzionale hanno esteso il significato della incapacità ad attendere agli atti della vita quotidiana anche relativamente alle persone affette da disturbi psichici e non solo fisici, quindi questo requisito può riguardare anche coloro che devono essere assistiti nella vita quotidiana per evitare di cagionare danni a sé o ad altri; allo stesso modo la non deambulatorietà è stata estesa a situazioni in cui pur permanendo una certa autonomia all’interno della casa la persona non è in grado di uscire da sola dalla propria abitazione. Alla visita è necessario produrre tutti i documenti che attestano la menomazione della persona a cui vengono rivolte delle domande in ordine alla propria autosufficienza e dopo sessanta giorni la Commissione esprime il proprio parere a mezzo di un verbale che viene recapitato all’interessato con raccomandata. Il verbale indica se l’invalidità è stata riconosciuta o meno, il grado di riconoscimento ed il diritto o meno a ricevere l’indennità. Avverso una decisione che si considera iniqua o che non ha tenuto conto di importanti certificati medici è possibile anche ricorrere giudizialmente per ottenere il riconoscimento di cui si ritiene si abbia diritto.


Come è comune esperienza, non sono pochi i casi di “incidenti” nel corso di manifestazioni sportive che hanno determinato danni più o meno gravi agli atleti (anche dilettanti) e/o agli spettatori. Giurisprudenza e dottrina in merito hanno ormai raggiunto dimensioni davvero considerevoli per cui, senza alcuna pretesa di compiutezza, cercheremo qui di enucleare alcuni principi fondamentali in materia che possano contribuire ad evitare ulteriori eventi dannosi. In primo luogo, si deve evidenziare come siano state identificate almeno due figure di “responsabili” civili e penali ossia persone sulle quali ricade l’obbligo del risarcimento del danno e/o la possibilità dell’assoggettamento ad una sanzione penale: il gestore di impianti sportivi e l’organizzatore di manifestazioni sportive (peraltro, le due figure, così come le due forme di responsabilità possono variamente concorrere). Per gestore di impianti sportivi intendiamo colui che, avendone la legittima disponibilità, metta a disposizione di terzi (in maniera onerosa o gratuita) un luogo dove dedicarsi ad esercizi sportivi o effettuare gare e ciò con afflusso o meno di pubblico. Tale luogo (da ora definito impianto) può essere o meno dotato di attrezzature più o meno complesse. E’ ovvio che il gestore assume su di sé l’obbligo della corretta manutenzione (ordinaria e straordinaria) del luogo e delle attrezzature. Ciò detto, va ora precisato che il gestore è tenuto al risarcimento dei danni nei quali incorrano gli utilizzatori a qualunque titolo dell’impianto. La detta obbligazione di risarcimento può essere di natura contrattuale (art. 1217 C.C.) od extracontrattuale (art.2013 CC) e può anche discendere dagli artt. 2050 e 2051 CC. In tutti questi casi diverse sono le conseguenze dell’inquadramento teorico della responsabilità. Particolarmente interessante è la responsabilità ex art. 2050 CC specialmente perché questa,

molto usata in giurisprudenza è, di contro, non ben vista dalla dottrina. L’art. 2050 del codice civile, dice infatti che è tenuto al risarcimento del danno colui che gestisce una attività pericolosa per sua natura o per la natura dei messi adoperati; ci si può liberare di questa responsabilità solo dimostrando di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno. Si vede subito che per la concreta applicazione ad un caso specifico di questa norma, occorre dapprima qualificare la tale attività sportiva quale attività pericolosa e poi come questo provochi una inversione dell’onere della prova giacchè, mentre normalmente è colui che si ritiene danneggiato da una altrui attività che deve dare la prova della colpa di colui che ritiene autore del danno, il gestore, al contrario ha l’onere di provare (e non sempre ciò è agevole) di avere adottato tutte le cautele necessarie ad evitare il verificarsi di eventi dannosi (ed a volte si è richiesto dalla magistratura la prova che le cautele erano dirette ad evitare proprio quell’evento). In parole povere, il gestore di un impianto sportivo, salvo che riesca a provare ad es. il caso fortuito o la forza maggiore, sarà senz’altro chiamato a rispondere dei danni occasionati da una non congrua manutenzione dell’impianto o delle apparecchiature.

AVVOCATO

LA RESPONSABILITÀ DEI GESTORI DI IMPIANTI SPORTIVI E DEGLI ORGANIZZATORI DI MANIFESTAZIONI SPORTIVE

Silvio Sacchi Avvocato in Napoli ssacchi@blisteronline.it

Per quanto riguarda la figura dell’organizzatore di manifestazioni sportive, premesso che sarebbe necessario molto più spazio di quello a nostra diposizione, possiamo ricordare, riassumendola la completa definizione del DINI che lo qualificava come colui che “assumendosene tutte le responsabilità promuove l’incontro di due o più atleti con lo scopo di raggiungere un risultato in una o più discipline sportive”. E’ qui impossibile tentare una “spiegazione” di quanto scritto dal Dini, basterà quindi ricordare che l’organizzatore deve avere, per essere definibile come tale, il controllo e la direzione della manifestazione sportiva e risponde, sia a titolo di responsabilità contrattuale che per responsabilità extracontrattuale, di tutto ciò che nell’ambito della manifestazione è soggetto al suo controllo www.blisteronline.it

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AVVOCATO

e nei confronti di chiunque venga, a qualunque titolo, in contatto con la manifestazione. Estraendo, in estrema sintesi, da dottrina e giurisprudenza cosa l’organizzatore deve fare per non essere assoggettato a responsabilità, può ricordarsi che egli deve assicurare la completa idoneità e la messa in sicurezza degli impianti e dei luoghi dove la manifestazione dovrà avere svolgimento assicurandosi anche, se del caso, della conformità tecnica degli attrezzi utilizzati dagli atleti e della idoneità fisica degli stessi. In relazione a questa ultima nota, riteniamo che il detto obbligo dell’organizzatore non vada oltre le disposizioni delle varie Federazioni sportive e che l’obbligo dell’organizzatore si fermi al controllo delle necessarie certificazioni da parte di ogni atleta non potendo andare oltre un controllo puramente formale. Come si è detto, l’organizzatore è tenuto a verificare la perfetta organizzazione dei luoghi e dei mezzi e vale la pena di ricordare la sentenza 10 marzo 2002 del Tribunale di Milano che affermò la responsabilità di un organizzatore di una gara ciclistica per le lesioni riportate da un ciclista finito contro una autovettura, parcheggiata nella zona del traguardo, per non

aver provveduto a transennare adeguatamente la zona e per non aver comunque impedito che le autovetture potessero ivi parcheggiare. Si tratta a nostro parere di una sentenza particolarmente severa ma che non ha trovato smentita nella giurisprudenza successiva. Per ultimo accenniamo brevemente al fatto che, sempre secondo una giurisprudenza particolarmente dura, all’organizzatore, per esimersi da responsabilità, non basta il rispetto dei regolamenti ma deve mettere in pratica tutte quelle accortenze e regole di prudenza che gli consentano di prevedere ed evitare ogni evento potenzialmente dannoso. In sostanza, nel caso si verifichi un evento dannoso, l’organizzatore andrà esente da responsabilità solo nel caso che egli riesca a provare, anche in questo caso, il caso fortuito o la forza maggiore tenendo presente che la giurisprudenza ha ben chiarito che il fatto esimente, per rivestire la natura di causa efficiente sopravvenuta, deve essere tale da recidere il nesso eziologico ed essere stato da solo causa determinante dell’evento (Trib. Roma 11.10.2010).

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LA MEDICINA NEL CINEMA

IL MEDICO DELLA MUTUA

Appena uscito sugli schermi sbancò il botteghino e alla fine della stagione 1968-69 fu in testa alla classifica degli incassi. “Il medico della mutua”, diretto da Luigi Zampa, protagonista Alberto Sordi nel ruolo del dottor Guido Tersilli, si aggiudicò il consenso del pubblico ma anche quello della critica. Il film, tratto dal romanzo omonimo di Salvatore D’agata, fruttò infatti a Sordi un “David di Donatello”, quale migliore attore, e un “nastro d’argento” a Pupella Maggio, migliore attrice non protagonista. Al centro della storia troviamo il dottor Guido Tersilli, giovane medico neolaureato pronto a tutto pur di guadagnare molto e in fretta, anche per ripagare la madre vedova dei sacrifici fatti per consentirgli di studiare. Proprio con l’aiuto della donna e con metodi più o meno leciti, Tersilli si procura un esercito di mutuati. Uscito nel 1968, anno di grandi contestazioni, il film colpì nel segno perchè, pur essendo una commedia dai toni leggeri e con il giusto tocco di comicità, fu anche un atto di denuncia nei confronti di un sistema sanitario corrotto e pieno di ingiustizie, “la satira spicciola di un italietta lungi dall’essere oggi scomparsa”, come scrive Paolo Mereghetti. Accanto ad Alberto Sordi, arrivista,

leccapiedi e cialtrone quanto basta per conquistarsi le simpatie del pubblico, c’è una serie di personaggi disegnati a tutto tondo. La mamma di Tersilli, donna senza scrupoli, con punte di non indifferente perfidia, ha il volto (non la voce, perchè è doppiata da Lydia Simoneschi) di una impagabile Nanda Primavera.

dr. Carlo Billa cbilla@blisteronline.it

Bice Valori è Amelia, la moglie del dottor Bui, anziano medico della mutua, alla morte del quale Tersilli, con un sotterfugio, erediterà tutti i pazienti, avendo fatto credere ad Amelia che l’avrebbe sposata. Pupella Maggio è la signora Parise, una deliziosa malata immaginaria, sempre pronta a farsi ricoverare in ospedale. “Il medico della mutua”, nel 1969, avrà un sequel: “il prof. Dr. Guido Tersilli primario della Clinica Villa Celeste, convenzionata con le mutue”, diretto da Luciano Salce. In questo film, però, lo spunto di critica sociale risulta molto, molto attenuato. Luigi Zampa, invece, riprenderà con toni drammatici il tema della “malasanita”’, dirigendo nel 1973 “bisturi, la mafia bianca”.

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IL MEDICO LEGALE Dr. Edgardo Di Lullo Medico Legale edilullo@blisteronline.it

IL CERTIFICATO MEDICO PER LE ATTIVITÀ SPORTIVE

Il soggetto che intenda praticare un’attività sportiva o, in caso di minore, chi lo rappresenta legalmente, deve dare il consenso all’esercizio dell’attività stessa, deve dimostrare di possedere l’idoneità psico-fisica richiesta e deve rispettare le regole di condotta prescritte al fine di prevenire e di evitare eventi di danno o di pericolo alla sua salute. Le Norme che nel nostro Paese disciplinano tale materia (D.M. 18/2/1982, il successivo D.M. 28/2/1983 e la Circolare 18/3/1996) impongono a chiunque voglia intraprendere un’attività sportiva di sottoporsi ad una visita di idoneità, distinguendo tra coloro che vogliono praticare una attività agonistica rispetto a coloro che vogliono limitarsi alla pratica di una attività non agonistica. Il certificato di idoneità agonistica deve essere richiesto da coloro che praticano le attività sportive definite “agonistiche” dalle Federazioni sportive nazionali, dal CONI, dagli Enti di propaganda sportiva riconosciuti e dai partecipanti alle fasi nazionali dei Giochi della Gioventù. La visita e la certificazione per l’idoneità alla pratica di uno sport “agonistico” è di competenza esclusiva di medici specialisti in Medicina dello sport operanti in strutture autorizzate pubbliche o private ed iscritti in specifici albi regionali. La visita deve essere integrata da esami clinici e strumentali diversi a seconda dell’attività sportiva prescelta. Il certificato deve essere rinnovato periodicamente (di solito ha durata annuale) e per ogni atleta il medico deve conservare una scheda con tutti gli esami effettuati per un periodo di 5 anni dalla data della visita. Per le attività sportive di natura non agonistica è, invece, sufficiente un certificato di idoneità sportiva (c.d. “certificato di buona salute”). Tali attività sono identificate dalle Federazioni sportive nazionali, dagli Enti di propaganda sportiva riconosciuti, dal CONI e riguardano anche i partecipanti alle attività scolastiche ed

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alle fasi precedenti quelle nazionali dei Giochi della gioventù. Il certificato di idoneità “non agonistica” può essere rilasciato, oltre che dal medico sportivo, anche dal medico o dal pediatra di famiglia, sempre e comunque dopo una visita accurata che escluda l’esistenza di controindicazioni alla pratica sportiva. Non sono obbligatori esami di laboratorio o strumentali salvo che il medico stesso ritenga opportuno prescriverli. Il certificato di idoneità sportiva, per essere a norma di legge, deve rispondere alle seguenti caratteristiche: La visita deve essere espletata sempre presso ambulatori “autorizzati”; nell’intestazione devono comparire i dati del medico, la sua specializzazione, l’eventuale Ente di appartenenza; deve essere specificato se trattasi di un certificato per l’attività agonistica o non agonistica e la durata della sua validità; nel certificato non devono comparire dati personali, fatta eccezione per quelli anagrafici, nel rispetto della Legge sulla privacy; in calce devono essere riportati data, nome del medico che ha eseguito la visita, timbro con numero regionale/timbro ASL.


MEDICINA VETERINARIA

L’IPPOTERAPIA

L’ippoterapia, o equitazione a scopo terapeutico, ha origine empiriche antiche perché il cavallo, con le sue straordinarie doti di sensibilità, di adattamento, di intelligenza è ritenuto, da sempre, e non a torto, “straordinaria medicina”. L’uso dell’equitazione a scopo terapeutico ha avuto inizio già nell’opera di Ippocrate di Kos (460-370 a.C.), che consigliava lunghe cavalcate per combattere l’ansia e l’insonnia. Una prima documentazione scientifica sull’argomento la dobbiamo al medico Giuseppe Benvenuti(1759). Alla fine della prima guerra mondiale il cavallo è entrato nei programmi di riabilitazione, inizialmente in Scandinavia e in Inghilterra, poi in numerosi altri paesi. L’animale co-terapeuta agisce come soggetto attivo e tra lui e la persona trattata avviene uno scambio reciproco fatto di emozioni e di stimoli che provocano cambiamenti ed effetti positivi in entrambi. Con persone disturbate gli animali trovano un canale preferenziale, una sorta di accesso più facile per entrare in contatto, riuscendo a volte a sbloccare condizioni patologiche cronicizzate negli anni.

L’ ippoterapia, detta Terapia con il Mezzo del Cavallo (TMC), è stata introdotta in Italia nel 1975 dalla dottoressa belga Danièle Nicolas Citterio che ha contribuito all’uso terapeutico del cavallo attraverso anche l’opera dell’Associazione Nazionale Italiana per la Riabilitazione Equestre (ANIRE).

Dr. Roberta Polisiero Medico Veterinario Specialista in fisiopatologia della riproduzione animale rpolisiero@blisteronline.it

Si può considerare la T.M.C. una vera e propria metodica riabilitativa assimilabile da un lato alle tecniche di facilitazione neuromotoria e dall’altro alle tecniche di psicomotricità, poiché presenta tutti i vantaggi di una rieducazione globale sia dal punto di vista motorio sia dal punto di vista della realizzazione del vissuto corporeo sia dal punto di vista affettivo relazionale. La riabilitazione equestre trova indicazione sia in soggetti con patologia psichica che neuromotoria grazie alle particolari caratteristiche dello strumento utilizzato, il cavallo. Infatti da una parte si ha l’instaurarsi di una complessa interazione cavallo/cavaliere, fondamentale per tutti i soggetti e in particolare per quelli con problematiche psichiche, dall’altra la peculiarità della “posizione” assunta a cavallo e delle andature dell’animale

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MEDICINA VETERINARIA

risulta estremamente utile per il trattamento di soggetti affetti da patologia neuromotoria (acquisizione di migliori competenze posturali e di equilibrio, regolarizzazione del tono muscolare e della forza). La finalità è quella di ridurre la specifica disabilità e di favorire l’integrazione del soggetto con disabilità; si colloca infatti tra le forme di attività più stimolanti e ricche di esperienze positive nell’ambito delle terapie tese a favorire la conquista dell’autostima, dell’autonomia personale, dell’inserimento sociale Applicazione della riabilitazione equestre nella patologia psichica Questa terapia è indicata per persone con disturbi nel comportamento, ADHS, persone che hanno subito abusi, disturbi sull´apprendimento, disturbi logopedici, disturbi sull’ alimentazione, disturbi nella crescita mentale, disturbi sull´equilibrio, disturbi intellettivi, problemi emotivi e sociali. Quasi tutti questi disturbi manifestano sintomi come: - pochi contatti sociali - mancanza dei basilari comportamenti sociali - poca autostima - paura - iperattività - poca motivazione - aggressività - diminuzione della tolleranza di sopportazione Questi comportamenti indesiderati possono essere influenzati positivamente dal contatto emotivo con il cavallo, con esercizi specifici e nella dinamica del gruppo. La figura del cavallo è da intendere come un co-terapeuta in quanto accetta ogni individuo per quello che è, non giudica, non ha pregiudizi ma reagisce in base al compor-

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tamento tenuto dalla persona che lo cavalca. In questo modo si instaurano dei confini naturali. Così la relazione tra paziente, cavallo e terapeuta contribuisce al cambiamento del comportamento del paziente stesso. Gli obiettivi si possono dividere nelle seguenti categorie: 1° - motorio: sentire il movimento del cavallo e migliorare la postura; rilassamento tramite i movimenti ritmici del cavallo; miglioramento dell´equilibrio e della coordinazione; miglioramento dell´auto percezione per creare lo schema del proprio corpo 2° – emotivo/cognitivo: miglioramento della percezione; accettare le correzione degli adulti tramite il cavallo; accettare e superare le paure; aumentare l´autostima e conoscere le proprie capacità; si crea responsabilità; aumento della tolleranza sulle frustrazioni 3°- sociale: accettare e seguire delle regole imposte insieme; saper fare compromessi ed integrarsi nel gruppo; accettare e dare aiuto; diminuzione dei comportamenti aggressivi; creare delle relazioni; fiducia nel prossimo. Applicazione della terapia equestre nella disabilità da lesioni Neuromotorie L’ippoterapia è indicata per persone con lesioni cerebrali: traumi cranio encefalici,paraparesi,scoliosi di diverso grado, postumi da processi infiammatori del S.N.C. che producono: t EFöDJU EJ QSPEV[JPOF EJ NPWJNFOUP QBSFTJ P paralisi); t EJTUVSCJ EFMMB DPPSEJOB[JPOF F EFMMB SFHPMB[JPOF del tono muscolare: spasticità, distonie; t TJOESPNJ EB EFöDJU OFVSPNPUPSJP QFS MFTJPOJ EFM midollo spinale: lesioni nervose periferiche. Nelle lesioni del sistema nervoso centrale gli sco-


pi che si vogliono raggiungere con la R.E. sono in ordine logico ed ideale di attuazione i seguenti: t SFHPMB[JPOF EFM UPOP NVTDPMBSF DPO SJMBTDJBmento dello stato di contrattura abnorme, rinforzo nelle riduzioni di tono, maggiore fluiditĂ negli adattamenti del tono; t SBHHJVOHJNFOUP EJ QPTUVSF VUJMJ TJB SPNQFOEP schemi patologici, sia utilizzandoli attraverso meccanismi di raddrizzamento e di allineamento; t SFBMJ[[B[JPOF EJ BVUPNBUJTNJ EJ DPOUSPMMP QPTUVrale e del movimento passando prima attraverso una presa di coscienza del proprio corpo nella postura e nel movimento; t NJHMJPSBNFOUP EFMMB JOUFHSB[JPOF EFMMF QFSDFzioni propriocettive e tattili; t GBDJMJUB[JPOF EFMMB TUSVUUVSB[JPOF EFJ SBQQPSti spaziali e della sequenzialitĂ temporale delle azioni; t DPSSF[JPOF EFJ EJTNPSĂśTNJ TDIFMFUSJDJ Nelle lesioni periferiche nervose e del midollo spinale si mira a: t SJOGPS[BSF JM USPĂśTNP F JM UPOP NVTDPMBSF t NJHMJPSBSF M FTFDV[JPOF EFM NPWJNFOUP F MB DPordinazione; t TUBCJMJ[[BSF MF QPTJ[JPOJ t BSSJWBSF BE VOB DPSSFUUB JOUFHSB[JPOF EFMMP TDIFma corporeo attraverso una migliore elaborazione delle afferenze propriocettive e tattili. . Il tema della disabilitĂ (soprattutto quella temporanea) impone il “bisogno del terapeutaâ€? (in questo caso dell’ippoterapista) che deve stare attento a: - osservare le dinamiche emotive del cavallo e del cavaliere; - considerare la situazione operativa offerta dal setting (tipo di terreno, intensitĂ di illuminazione, qualitĂ degli stimoli accessori come la musica, partecipazione degli ausiliari, ecc.); - predisporre la qualitĂ e la quantitĂ di ogni intervento; - scegliere il cavallo adeguato per la situazione personale di ogni singolo paziente; - determinare in ogni momento il tipo di applicazione pratica (velocitĂ , intensitĂ , complessitĂ

degli esercizi) in rapporto agli obiettivi, alle possibilitĂ reali della coppia cavaliere-cavallo, al livello attentivo e di impegno dimostrati dal paziente; - decidere se è necessario salire in groppa al cavallo insieme al piccolo paziente quando è piccolo (anche prenderlo in braccio, se necessario) o quando sia necessario per trasmettere un “pensiero concretoâ€?; - far vivere ogni sessione terapeutica con un atteggiamento sereno, disteso, impegnato, caratterizzato da stimoli seducenti, distensivi e piacevoli, però sempre finalizzati al risultato terapeutico. - utilizzare ogni momento della terapia per procedere ad una accurata analisi delle situazioni e all’adattamento costante degli interventi per raggiungere gli obiettivi. Quanto evidenziato sottolinea come sia importante il lavoro dei terapisti che devono: ¡ elargire cura e di conseguenza sapere quali e come sono gli interventi che, attraverso il cavallo, possono essere applicati per risolvere problemi di postura, di equilibrio, di deficit motori, di limitazioni osteo-articolari; ¡ capire i bisogni, le ansie ed i desideri (attraverso una sottile osservazione degli atteggiamenti) per poter raggiungere gli obiettivi, utilizzando gli stimoli istintivi alla crescita ed allo sviluppo psicoaffettivo; ¡ creare un setting piacevole, in costante equilibrio tra il ludico-ricreativo ed il terapeutico-riabilitativo; ¡ preparare i cavalli ad un lavoro delicato, preciso e continuo, sapendo usare le mescole alimentari piĂš idonee e facendo “sgroppareâ€? i focosi destrieri e condurli quindi ad un livello esatto di capacitĂ operativa; ¡ assumere il ruolo di istruttore di equitazione per ottenere una corretta postura in groppa al cavallo, esatte manovre di disimpegno temporospaziale, la massima integrazione tra cavaliere e destriero

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CIBUS Dr. Maria Teresa Catucci Biologa nutrizionista mtcatucci@blisteronline.it

CONSIGLI PER UNA CORRETTA ALIMENTAZIONE PER IL BAMBINO CHE PRATICA SPORT

La Nutrizione in età pediatrica Negli anni ’80 negli Stati Uniti ha inizio l’ERA del NUTRIZIONISMO, che segna il cambiamento concettuale e linguistico in materia alimentare: i nutrienti diventano gli elementi su cui si basa un nuovo modo di concepire l’alimentazione umana. L’alimentazione può, infatti, essere carente di nutrienti indispensabili oppure eccedente di nutrienti stessi rispetto alle esigenze fisiologiche individuali. In entrambi i casi si parla di MALNUTRIZIONE. La comunità scientifica tutta è d’accordo nell’affermare che, esponendo per lunghi periodi il nostro organismo a malnutrizione, si può facilitare l’insorgere di alcune malattie quali quelle cardiovascolari, diabete mellito non insulino-dipendente, tumori, obesità, gozza, carie dentaria e osteoporosi. Da ciò, l’attenzione al Peso, che rappresenta l’espressione tangibile del bilancio energetico tra entrate ed uscite caloriche, va posta fin dall’infanzia: infatti un bambino obeso ha elevate probabilità di diventare un adulto obeso e di conseguenza di essere predisposto alle patologie appena citate. Il controllo del peso in età pediatrica è molto importante e deve essere seguito con attenzione e cautela dai genitori per evitare iniziative di gestione della dieta dei propri figli in senso restrittivo: diete troppo brusche o severe potrebbero compromettere la crescita del bambino ed il suo equilibrio psico-fisico. Meglio affidarsi a pediatri e specialisti in materia come i nutrizionisti sia per capire in quale categoria rientra il proprio bambino seguendo gli schemi convenzionali stimati in base all’ indice di massa corporea (IMC) sia per correggere il bilancio energetico con minore introito calorico

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(dieta adeguata) e maggiore uscita energetica (attività fisica). Preoccupante, dal punto di vista sociale, è l’abitudine al sedentarismo negli adulti e ancor di più nei bambini. Solo una piccola parte dei bambini e dei ragazzi sotto i 18 anni ha una vita regolarmente attiva, dove per stile di vita regolarmente attivo s’intende l’utilizzo dei muscoli nelle normali attività quotidiane e lo svolgere un’attività fisica di almeno 20 min e di intensità tale da provocare sudorazione almeno 4 o 5 volte a settimana. Quindi sarà necessario incentivare lo svolgere una regolare, idonea e costante attività fisica. Il bambino e la famiglia saranno quindi guidati da specialisti competenti, i quali, dopo aver individuato le problematiche e le esigenze specifiche di quel bambino nel suo contesto familiare, in quel dato momento della sua crescita, formuleranno un piano nutrizionale. Ma Il pediatra, il nutrizionista, il dietologo, non devono intervenire solo quando c’è uno scompenso, quando siamo di fronte un bambino malnutrito ma, devono ancor più intervenire per prevenire i disturbi dell’alimentazione. Il piano nutrizionale deve prevedere uno schema alimentare supportato da consigli e prescrizioni mirati ad un nuovo e corretto stile di vita dove, accanto alle prescrizioni dietetiche saranno i consigli riguardante l’attività fisica. A tal proposito è necessario sfatare alcune convinzioni errate: una di queste, è che i bambini che praticano attività sportiva debbano mangiare molto di più. Non è così! Riprendendo il concetto di nutrizione adeguata, è necessario correggere l’alimentazione solo quando risulta carente o eccessiva in alcuni nutrienti. Per chi pratica un’attività fisica 2-3 volte la settimana, per una durata di massimo due ore, non è necessario nessun incremento calorico aggiuntivo, e non


5)consumare regolarmente frutta e verdura(5-6 porz. al giorno) per avere il giusto apporto di vitamine e Sali minerali senza dover ricorrere a integratori dietetici.

Ribadendo l’importanza di educare ad una alimentazione come prevenzione alle patologie correlate all’obesità e alla malnutrizione, qui di sotto riporto esempi semplici che chiameremo regole per una sana e variata dieta nell’età evolutiva:

6) bere solo ed esclusivamente acqua anche durante l’attività sportiva.

1) 3 pasti principali non troppo abbondanti e 2 spuntini a metà mattinata e metà pomeriggio), senza supplementi di cibo dopo l’allenamento (nuoto, corsa, ciclismo, calcio…)

7) evitare bevande zuccherate e integratori salini. Seguendo questi consigli, non precludiamo al bambino il piacere di gustare un gelato o una merendina o una porzione di cioccolata poiché “Tendiamo sempre verso ciò che è proibito, e desideriamo quello che ci è negato” (Ovidio).

CIBUS

vi è alcuna necessità di ricorrere a integratori alimentari poiché una dieta variata fornisce già un’adeguata quantità di proteine, vitamine e Sali minerali.

2) consumare alimenti proteici poveri in grassi come carni magre, pesce e uova (1-2 porz. al giorno), latte (1-2 porz. al giorno), legumi (1-2 porz. al giorno); 3) utilizzare l’olio extravergine d’oliva ed evitare burro e margarina; 4)non superare la percentuale del 55-60% di consumo di carboidrati con l’apporto calorico giornaliero e cercare di inserire nella dieta cereali ricchi di fibre (pane o pasta integrale, riso integrale, orzo, farro, grano saraceno…)

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IL CENACOLO

IDEE A CONFRONTO

Adolescenti e sport “I would there were no age between ten and three-and-twenty, or that youth would sleep out the rest; for there is nothing in the between but getting wenches with child, wronging the ancientry, stealing, fighting.” (W.Shakespeare:<<Winter’s Tale>>) “Io vorrei che non esistesse età tra I 13 e 20 anni,oppure che I ragazzi di quell’età trascorressero comunque fuori casa il loro tempo ;questo perché, in quella età non v’è altro che mettere incinte le ragazze, prendersi gioco delle tradizioni,rubare e lottare>” W.S.

Dr. Michele Ciasullo Medico di famiglia Presidente dell’Università Popolare dell’Irpinia mciasullo@blisteronline.it

Ogni epoca ha adolescenti diversi, che risentono del clima e delle influenze familiari e sociali, in una continua, anche se spesso inconsapevole dialettica fra la società adulta e gli adolescenti. E’ una età della vita francamente difficile e traumatica per sua propria natura:per dirla con Freud:<<la brusca interruzione di una pacifica crescita>>. Nelle nostre società occidentali avanzate, l’adolescenza fruisce di un periodo di<<moratoria sociale>> perché rimanda, dilaziona l’impegno sociale del ragazzo che sta diventando uomo, lo studente ha una adolescenza assai più lunga di quella dell’artigiano e dell’operaio,che entrano prima nel mondo adulto della responsabilità personale e conquista prima l’autonomia economica e sociale. Ma anche la vita dello studente, più facile da un punto di vista fisico può essere molto difficile da un punto di vista psicosociale. Per descrivere l’età evolutiva dell’uomo viene spesso usata la metafora della metamorfosi della larva in bruco e di questo in farfalla. Ed è proprio una metafora appropriata! Il bozzolo vuoto da cui esce la colorata e libera farfalla rappresenta le abitudini,gli schemi mentali,le scorie dell’infanzia, che l’adolescente deve abbandonare per divenire, dopo una vicenda sofferta, un individuo adulto, completo, finalmente libero dalle pastoie della prima età della vita. E non è detto che questo percorso si concluda sempre con successo. Spesso la farfalla non riesce a volare! Tutta la dinamica dell’adolescenza è un riflesso della situazione socio –culturale; quando la crisi diventa veramente patologica può essere al tempo stesso causa della crisi di una famiglia ed effetto della crisi della società La crisi adolescenziale è fondamentalmente una crisi di identità. E’ una lunga e dolorosa elaborazione “a rischio “ di traumi e deragliamenti. L’adolescente deve superare e rinunciare per sempre alla comoda e tranquilla posizione di dipendenza infantile . Conflitti emotivi non risolti e rimossi dal bambino nelle fasi precedenti possono riemergere determinando facilmente inquietudini, insicurezza e senso di ambiguità di cui è pieno il curriculum esistenziale della maggior parte degli adolescenti. Per poter raggiungere la propria identità l’adolescente necessariamente alcune dolorose rotture: - separazione dai genitori - costruzione della propria immagine sociale; - identificazione di riferimenti e valori. - la scelta di un lavoro e di un ruolo sociale - la scelta di un compagno-a /partneer sessuale.

L’adolescente cerca di assumere un ruolo sociale attraverso l’ingresso in un gruppo, all’interno del quale può assumere vari ruoli più o meno gratificanti (leader,gregario, diverso,emarginato ecc.) . la ricerca dell’identità passa attraverso successive identificazioni, per cui il nuovo ruolo si forma prendendo a modello un adulto (che di solito non è il genitore ma un altro adulto, o spesso una immagine di successo del mondo giovanile,un cantante, un attore, un giocatore ecc.)da non sottovalutare,infine,le potenti pulsioni libidiche che, attraverso contatti ed esperienze devono approdare alla sessualità adulta. Il ruolo possibile dell’attività sportiva nella crescita. Secondo l’Osservatorio Nutrizionale Grana Padano il 32%de ragazzi fra i 7 e i 16 anni è in sovrappeso e il 36,2% ha uno stile di vita sedentario(troppa televisione, troppi videogiochi ecc.) Come vedete,questi dati sono drammatici e veramente preoccupanti! Va subito detto che le attività sportive nei bambini, nei ragazzi e nelle ragazze, sono utilissime se non indispensabili per uno sviluppo ottimale e una salute migliore sia attuale che del futuro adulto(il bambino è il padre dell’adulto che sarà in futuro). Bambini e adolescenti che crescono in modo sano, saranno più probabilmente adulti sani. L’attività fisica è il cardine di uno stile di vita salutare e questo stile di vita ha più probabilità di consolidarsi se viene espresso già dai primi anni. Tuttavia va anche detto sulle attività sportive che queste possono essere altrettanto dannose se non sostenute da una adeguata cultura a livello di popolazione ed anche (purtroppo) a livello medico-sportivo. Se parliamo del bambino,va tenuto presente che egli non può essere considerato un adulto in miniatura; i ha una fisiologia motoria, un metabolismo, e una funzione neuromuscolare diversa da quella dell’adulto. Paragonati alle dimensioni del bambino, la forza muscolare, il massimo consumo di ossigeno e altri parametri importanti per il trasporto di ossigeno sono bassi. Inoltre l’efficienza meccanica dei bambini è spesso inferiore a quella degli adulti,cioè si può dire che i bambini non sono maturi da un punto di vista meccanico. Le doti naturali, fattori genetici, hanno probabilmente un ruolo nelle capacità individuali.. Prima dell’età scolare l’unica attività consigliabile è il gioco. Lo sport vero e proprio è scarsamente gratificante per il bambino, anzi, talvolta può provocare degli atteggiamenti di rifiuto.

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Verso i 10-12 anni si può iniziare a programmare una vera attività sportiva,ma sarebbe sempre bene tenere conto della situazione costituzionale del ragazzo/a, nel consigliare attività specifiche,non fosse altro per evitargli le mortificazioni che possono venire da ripetuti insuccessi. Per il ragazzo lo sport rappresenta generalmente un sostituto del gioco o un tentativo di emulazione di <<eroi>>popolari (la motivazione del miglioramento dello stato di salute dei genitori o dei professionisti,difficilmente può essere trasferita al ragazzo adolescente)ed il premio è costituito quasi sempre solo dalla vittoria. L’allenamento è in genere noioso ed a vincere sono in pochi. Molto più facile e divertente è l’inserimento in attività sportive di squadra,che a fianco dell’allenamento prevedono la fase di gioco. Purtroppo da noi la (quasi) unica possibilità è rappresentata dal calcio (che in genere è praticato solo dai maschi, anche se incominciano a comparire squadre femminili) Pallacanestro e pallavolo sono scelte interessanti, bisogna però considerare che questi sono sport molto selettivi sul piano fisico, perché la possibilità di successo è legata al possedere una statura molto al di sopra della media. Un fatto spesso sottovalutato è la potenziale lesività di alcune attività fisiche sull’apparato muscolo scheletrico, sia perché sollecitano solo alcuni gruppi muscolari (per esempio tennis) o perché sollecitano in modo eccessivo alcune articolazioni con possibilità di traumatismi gravi in un periodo importante per lo sviluppo (es. Judo, karatè ecc.) Spesso i familiari assumono un atteggiamento sbagliato proiettando attese eccessive stimolando esageratamente all’agonismo i bambini e pretendendo da loro risultati, non tenendo conto dei limiti naturali, sia genetici, sia legati alla fase dello sviluppo fisico, costringendo ad arrivare al limite dell’esaurimento fisico e psichico. In conclusione siamo alla presenza di una vera e propria emergenza rappresentata dalla sedentarietà e dall’obesità che stanno colpendo la fase evolutiva della vita, con verosimili, gravi conseguenze nella vita adulta. E’ necessario e urgente modificare lo stile di vita degli adolescenti. Si tratta di un obiettivo non facile da raggiungere, per cui bisogna fare squadra tra genitori, scuola e professionisti della salute. Si dovrebbero modificare molti atteggiamenti dei media, e si dovrebbe creare una spirale virtuosa di comunicazione/motivazione /coinvolgimento che vada nella direzione giusta: quella di promuovere, in modo efficace corretti stili di vita per i nostri giovani. Servono spazi e strutture attrezzate idonee e facilmente accessibili, la qual cosa richiama una responsabilità politica.


MEDICI NELLA STORIA

IPPOCRATE

Giuro per Apollo medico e per Asclepio e per Igea e per Panacea e per tutti gli Dei e le Dee, chiamandoli a testimoni che adempirò secondo le mie forze e il mio giudizio questo giuramento e questo patto scritto. Terrò chi mi ha insegnato quest’ arte in conto di genitore e dividerò con Lui i miei beni, e se avrà bisogno lo metterò a parte dei miei averi in cambio del debito contratto con Lui, e considerò i suoi figli come fratelli, e insegnerò loro quest’arte se vorranno apprenderla, senza richiedere compensi né patti scritti. Metterò a parte dei precetti e degli insegnamenti orali e di tutto ciò che ho appreso i miei figli del mio maestro e i discepoli che avranno sottoscritto il patto e prestato il giuramento medico e nessun altro. Scegliero’ il regime per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, e mi asterrò dal recar danno e offesa. Non somministerò a nessuno, neppure se richiesto, alcun farmaco mortale, e non prenderò mai un’ iniziativa del ge-

nere; e neppure fornirò mai a una donna un mezzo per procurare l’aborto. Conserverò pia e pura la mia vita e la mia arte. Non opererò neppure chi soffre di mal della pietra, ma cederò il posto a chi è esperto di questa pratica. In tutte le case che visiterò entrerò per il bene dei malati, astenendomi ad ogni offesa e da ogni danno volontario, e soprattutto da atti sessuali sul corpo delle donne e degli uomini, sia liberi che schiavi. Tutto ciò ch’io vedrò e ascolterò nell’esercizio della mia professione, o anche al di fuori della della professione nei miei contatti con gli uomini, e che non dev’essere riferito ad altri, lo tacerò considerando la cosa segreta. Se adempirò a questo giuramento e non lo tradirò, possa io godere dei frutti della vita e dell’ arte, stimato in perpetuo da tutti gli uomini; se lo trasgredirò e spergiurerò, possa toccarmi tutto il contrario.

Risale al V sec.a.c. ma resta così attuale che rappresenta il giuramento a cui sono chiamati i giovani medici, che si apprestano ad iniziare la professione. Penso che questa considerazione mi ha indotto a scrivere la biografia di Ippocrate, comunque sia, ammetto di aver intrapreso questa decisione con una certa presunzione. Secondo i calcoli più aggiornati, su Ippocrate sono stati scritti diverse migliaia tra libri, articoli,saggi e trattati che hanno analizzato, con dotta precisione, quasi ogni aspetto di questa figura, pietra miliare della medicina. Tuttavia la storia, perché come storia la narro, in queste pagine, merita ripetizioni de elaborazioni. Ippocrate nacque a Kos nel 460 a.c., figlio d’arte, il padre Eraclide era medico,ma acquisì fama e rispetto per aver fondato una scuola medica, ed è chiamato padre della medicina poiché la elevò allo status di scienza, liberandola dal dominio dei sacerdoti e stregoni, ipotizzando che la malattia ha cause naturali e non divine, catalogando, per la prima volta,i medicinali, la diagnosi e la terapia. I concetti espressi nei sui scritti sono stati fondamentali per la medicina, che ancora oggi, riflette sui caratteri metodologici della disciplina, con i suoi limiti e le sue prospettive. Al centro della concezione ippocratica non c’era la malattia, che si spiegava in modo olistico, ma l’elemento più importante era l’uomo. I principi fondamentali della sua dottrina erano di lasciare fare alla natura, cioè alla forza guaritrice della natura, di esercitare un’attenta osservazione del malato, applicando un metodo di osservazione

Dr. Anna Gagliardi

agagliardi@blisteronline.it

sistematica e la registrazione di ciò che è stato osservato. Ippocrate, infatti, consigliava ai suoi discepoli su cosa fare con i propri pazienti: “Prima di tutto il medico dovrebbe guardare il viso del paziente, se questi conserva i suoi soliti caratteri, questo è un buon segno, mentre sono segni di sofferenza naso affilato, occhi infossati, orecchie fredde, pelle secca,colorazione strana del viso. In questo caso il medico deve informarsi se ha perso sonno, se aveva digiunato o avesse diarrea. Il medico, quindi, dopo aver espletato due tempi fondamentali dell’approccio al malato, che oggi non sempre si osservano, la anamnesi e l’esame obiettivo,doveva intervenire il meno possibile assicurandosi che seguisse una sana alimentazione e stesse in un ambiente salubre. Ma i meriti di questo grande del passato non si fermano qui, basti pensare che già 2500 anni orsono, è lui che introduce l’uso della cartella clinica, per l’annotazione del sintomo, oltre ad essere l’ispiratore dell’etica medica. Ippocrate, pioniere della ricerca medica,dava grande importanza alla prevenzione e per primo studiò l’anatomia ricorrendo alla dissezione del cadavere, identificando circa 60 malattie. La sua opera è raccolta in un insieme di libri, settantadue,che vanno sotto il nome di CORPUS HIPPOCRATICUM e spaziano da libri a contenuto etico, a quelli di patologia, di clinica, di chirurgia, ostetricia e pediatria, oltre a quelli di terapia e dietetica e quelli di anatomia. www.blisteronline.it

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