BioGuida n.56 - Estate 2017

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ESTATE 2017

N. 56 Trimestrale di ricerca olistica e 2,90

ITINERARI DELLO SPIRITO



BioGuida

ITINERARI DELLO SPIRITO n° 56 estate 2017 Trimestrale di approfondimento e ricerca olistica. Aut. Reg. Tribunale di Trieste n° 1067 del 26/03/03

in questo numero

Testata iscritta al ROC n.16994. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1 comma 1 CNS TS Editore: BioGuida Edizioni di Pierpaolo Bon

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Il destino nelle parole

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Famiglia come risorsa o tranello

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Ho’oponopono: bisogna solo esserci

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Direttore responsabile: Pierpaolo Bon Direttore editoriale: Mari Valentini

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I luoghi:

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I luoghi della BioGuida

Impaginazione e stampa: Luglioprint, Trieste La riproduzione anche parziale di immagini o testi deve essere autorizzata dall’editore. La rivista viene distribuita esclusivamente in punti selezionati e autorizzati. Nessun allegato alla rivista è da considerarsi tale se non esplicitamente autorizzato. L’editore si mette a disposizione degli autori delle cui opere non sia stato possibile risalire alla fonte. I diritti di immagini e loghi pubblicitari sono forniti dai clienti dietro loro autorizzazione e responsabilità, così come l’utilizzo di termini inerenti alla medicina o alla professione medica.

La nuova mensa in corsia a Milano

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La via della scienza: Progetto di Coscienza Globale L’iride come rilevatore delle emergenze spirituali

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Recensioni CD

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Recensioni libri

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Il sistema immunitario debole

Parole e musica:

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Contatti internazionali: Rodolfo Carone Francesca Tuzzi I nomi di questo numero: Susanna Berginc, naturopata, metamedicina. Antonio Bosna, ricercatore e teologo. Elisabetta Conti, antropologa, iridologa. Donatella De Colle, psicologa, psicoterapeuta. Giovanna Garbuio, scrittrice, ricercatrice spirituale. Eva Genco, numerologa, cristalloterapeuta. Francesco Giordano, critico ed esperto musicale. Roberta Giurissevich, astrologa. Serge Kahili King, scamanesimo huna. Roger Nelson, Global Consciousness Project, Princeton Univ. USA. Disegni e immagini: Cristina Bernazzani, Manuela Frisone, Moreno Tomasetig (quando non diversamente specificato)

In copertina: “Il vortice della felicità” opera di G. Maran


EDITORIALE

Ottantaseimilaquattrocento secondi “Quando dormi tu sei come una stella e il respiro è come fuori dal tempo. Quando ridi sei come sole sull’acqua, sai che farne della vita che hai”. La realtà non esiste. Franco Battiato

I

l tempo è la cifra essenziale della nostra vita. Il nostro appartenere alla storia dell’universo attraversa questo crinale ammaliante e sfuggente. “Questa è la tua vita e sta finendo un minuto alla volta” recitava un il film cult degli anni ’90, Fight Club, interpretato da Brad Pitt ed Edward Norton, in una battuta che arriva allo spettatore come un pugno in faccia, inaspettato e diretto. Senza la consapevolezza del nostro tempo, prezioso e fuggevole, non è possibile tuttavia vivere e percorrere la nostra esistenza con l’attenzione e la gentilezza che merita. In una magnifica lettera a Lucilio, Seneca, l’antico maestro romano, scriveva “Comportati così Lucilio mio, rivendica il diritto su te stesso e il tempo che fino ad oggi ti veniva portato via, o carpito, o andava perduto, raccoglilo e fanne tesoro. Convinciti che è proprio così, come ti scrivo: certi momenti ci vengono portati via e altri ancora si perdono nel vento. Ma la cosa più vergognosa è perdere tempo per negligenza. Pensaci bene: della nostra esistenza buona parte si dilegua nel fare del male, la maggior parte nel non far niente e tutta quanta nell’agire diversamente dal dovuto. (...) Dunque, Lucilio caro, fai quel che mi scrivi: metti a frutto ogni minuto; sarai meno schiavo del futuro, se ti impadronirai del presente. Tra un reivio e l’altro la vita se ne va. Niente ci appartiene, Lucilio, solo il tempo è nostro”. Poiché nessun uomo può fermare le lancette di un orologio, ognuno di noi può vivere con intensità, come fosse l’ultimo, tutti gli 86.400 secondi che ne sono l’ammontare di cui disponiamo ogni giorno. L’essere consapevoli è il primo piccolo grande passo per non spendere il nostro tempo con negligenza, come ci ricorda Seneca e, che, prelude al passo successivo: l’agire quell’infinita manciata di attimi assegnataci quotidianamente, con intensità e corag

gio. Da un’inquietante ricerca recente i più oramai trascorrono il proprio tempo guardando in media 85 volte al giorno il cellulare, passano circa 5 ore su Iternet e sui Social, di cui almeno 2 ore, letteralmente a perdere tempo. Il tempo di fatto non ci manca ma è semmai il riflesso delle priorità chi diamo nella nostra vita e se stabilissimo con sincerità quelle che amiamo davvero, la cura e l’attenzione ci consentono di dilatare il nostro tempo nelle attività, gesti, pensieri e sentimenti che ci stanno più a cuore. Da sempre gli uomini nutrono un rapporto conflittuale con il tempo ma è solo la qualità e non la quantità di attimi che ci son dati di vivere che ne amplificano il valore. Il non avere tempo è solo una menzogna che amiamo ripeterci quando di fatto non ci interessa e non dedichiamo la dovuta cura a tutta quel che non ci piace, prediligendo la quantità alla qualità, la corsa al riposo, l’andare e il peregrinare narcotici verso il fuori di sé al restare nel proprio centro di ruota. E allora paradossalmente non ci serve più tempo se lo trascorriamo con più

dedizione, senza altri pensieri, senza inquinare il già affollato mucchio di false priorità che ci diamo per distrarci dalla paura del nostro sole interiore. Il maestro Zen Shunryu Suzuki- Roshi, un monaco buddista che ha contribuito alla diffusione del pensiero zen negli Stati Uniti ed ha fondato il primo monastero zen fuori dall’Asia, diceva che la grande rinuncia non consiste nel fare a meno delle cose del mondo, ma nell’accettare che se ne vadano via. E poiché tutto se ne va, il vivere e morire è un processo di perfezione. “Quando vi inchinate, dovete inchinarvi e basta; quando sedete, dovete sedere e basta; quando mangiate, dovete mangiare e basta. Semplicemente. Se fate così la natura universale è li, con voi”. In giapponese ichigyo-zammai: concentrazione, una sola pratica alla volta, per accogliere con sacra felicità i momenti che ci appartengono e svaniscono, perché ognuno di noi è figlio di un pensiero e di una forza misteriosa che ci ha dato la vita e ci ha amato. Mari Valentini marivalentini@libero.it


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LA VIA INTERIORE

Il destino nelle parole di Eva Genco (naturopata-radiestesista, numerologa e cristalloterapeuta)

C

he lo si voglia credere o no, il nome che attribuiamo ad oggetti, ambienti, animali e persone è davvero importante e non è un caso che un antico detto romano reciti “Nomen Omen”, “il destino è nel nome”. La convinzione che il nome imprigioni l’essenza delle cose è una delle più antiche e fondamentali del pensiero tradizionale presente in ogni cultura del mondo. Il nome proprio è la dimensione essenziale dell’individuo, il suono prodotto dall’azione delle forze sacre che lo costituiscono. Il Dio della Bibbia diede vita alle cose semplicemente formulandone il nome. Questo Dio creatore, definito Verbo in termini cristiani, fu tradotto in greco con il termine “Logos”. Esso rappresenta un principio ordinatore capace di manifestare la creazione mediante la parola e deriva da “leghein”, che significa “raccontare, enumerare, nominare”. Nominare, secondo queste conoscenze antiche, corrisponde all’attribuire senso alle cose e farle esistere. “In principio era il Logos e il Logos era presso Dio e Dio era il Logos. Questi era in principio presso Dio. Tutto è venuto ad essere per mezzo di Lui, e senza di Lui nulla è venuto ad essere di ciò che esiste”. (Giovanni 1:1-5). Dio ed il suo Nome sono identici, e questo vale anche per le persone. Ancora oggi in certe società tribali alcune persone possiedono due nomi, uno anagrafico per l’uso quotidiano ed uno nascosto, quello vero. Ciò avviene perché si crede fermamente che nominare qualcuno equivalga ad avere potere su di lui; “conoscendo il nome di una persona, uno stregone potrebbe distruggerla”, si dice presso certe tribù. Anche nell’isola di Giava esiste una curiosa tradizione: quando a chi si ammala viene cambiato il nome, cosicché possa essere risparmiata dalla malattia od acquisire nuovi strumenti per fronteggiarla. “L’atto dell’imposizione del nome è, come il battesimo, qualcosa che rive

ste importanza enorme ai fini della creazione della personalità, giacchè da tempi immemorabili al nome è attribuito un potere magico. Conferire un nome significa conferire potenza, investire di una personalità o di un’anima determinata”. (C.G. Jung, Simboli della Trasformazione). Nei i testi sacri, possiamo trovare molti ulteriori indizi dell’importanza dei nomi e delle lettere. Nella Bibbia si possono leggere alcuni passaggi in cui sono presenti dei cambi d’identità voluti dal cielo. Dio, chiedendo loro una “innumerevole” discendenza, cambiò il nome ad Abram in Abraham e a sua moglie Sarai in Sara; allo stesso modo cambiò nome a Simone in Pietro prima di mandarlo a “costruire la sua Chiesa”, ed a Paolo in Saul affinché diffondesse il Vangelo. Anche per gli Gnostici ed i Kabbalisti, è noto che impadronirsi del senso delle parole corrisponda a padroneggiare le loro potenzialità creative, assumendo prerogative divine. Secondo la tradizione della Kabbalah ebraica, all’uomo non è dato conoscere la vera potenza creativa delle lettere, in particolare delle vocali della Torah, le quali vengono considerate dai rabbini come l’anima vitale del testo. A tal proposito si ritiene che, che la giusta successione dei paragrafi della Torah sia nota solo a Dio, altrimenti chiunque la leggesse potrebbe creare un universo, resuscitare i morti e compiere i miracoli. Anche nella tradizione islamica, gli Hurufi (gli adepti) sostengono che l’universo sia prodotto da lettere, e che esse si manifestino anche nell’uomo. Le lettere usate da Dio ed insegnate ad Adamo furono 32, dicono i mistici islamici, considerate “la manifestazione del Verbo, inseparabile dall’essenza, dalla Verità Suprema”. Al giorno d’oggi la scienza ha confermato parte di queste conoscenze. Ad esempio, è stato scoperto che il nostro DNA usi un suo alfabeto e sia influenzato dal linguaggio, grazie alle ricerche del linguista russo Gariev, il quale è riuscito a trasformare in salamandra

l’embrione di una rana, mediante suoni specifici. Per non parlare poi del fatto che il telescopio statosferico “Boomerang”, portato ad altissima quota da un aerostato, sia riuscito a registrare con gran precisione il suono che accompagnò la nascita dell’Universo circa 15 miliardi di ani fa. Le sue rilevazioni hanno registrato una vibrazione sonora simile ad un flauto. E’ questo il suono, il Verbo, la parola, da cui ogni cosa ebbe origine? Se ancora non vogliamo credere che “identificare” qualcosa con determinate lettere alfabetiche possa essere determinante, non possiamo di certo ignorare il fatto che pronunciare o ascoltare un suono possa avere certe conseguenze, basti pensare agli studi di Masaru Emoto sull’acqua od alla musicoterapia stessa, di cui Pitagora (nel 570 a.C. circa) fu il precursore. Dallo studio di Emoto si è scoperto che se l’acqua, che costituisce quasi l’80% del nostro corpo, viene esposta a musiche armoniose e a parole dolci, d’amore e gratitudine, i suoi cristalli assumono forme geometriche ben definite; se invece viene esposta a musiche come l’heavy metal o a parole d’odio, i suoi cristalli diventano indefiniti e disarmonici. Pitagora affermava che ogni lettera dell’alfabeto possedesse il suo grado di vibrazione, collegata ad un determinato suono, capace di influenzare le emozioni di chi lo ascolta. Acqua ed emozioni sono da sempre considerate unite su di un livello archetipico e, in un certo senso, possiamo affermare che la nostra personalità sia il prodotto dei vissuti emozionali con cui siamo a contatto nella vita, a partire dalla crescita nel liquido amniotico di nostra madre. Un’altra considerazione importante proveniente da Pitagora è la teoria che, conoscendo e studiando l’alfabeto di una particolare lingua di una nazione, fosse possibile trarre importanti indicazioni sulla personalità collettiva degli abitanti di quel paese. Da studioso della matematica sacra, a cui fu iniziato durante i suoi viaggi in Egitto e in Babilonia, egli sapeva bene che ogni


LA VIA INTERIORE

lettera esistente al mondo avesse una precisa corrispondenza con un numero, a sua volta legato a delle qualità archetipiche capaci di influenzare cose, persone e luoghi. Il nome con cui veniamo battezzati è pur sempre una combinazione di lettere, di suoni, quindi numeri ed archetipi corrispondenti. Tra le parole che più ci sentiamo dire, il Nome Proprio è forse la principale e, come tale, è anch’essa portatore continuo di determinati influssi. In Numerologia il nostro nome rappresenta lo Strumento Sacro per affrontare ciò che abbiamo scelto di attraversare in questa vita. Anche secondo la Bioenergetica, ogni essere umano radica la sua identità ed il suo respiro anche in rapporto al nome con cui viene chiamato. Le vocali e le consonanti, corrispondenti a suoni energeticamente risonanti in specifiche parti del corpo, stimolano una determinata apertura respiratoria, che inconsciamente permette risonanze affettive ed energetiche diverse. Nello specifico: le vocali “A, O, U” toccano gli organi più profondi, muovendo un’energia connessa alla gioia ed al piacere della vita, mentre le vocali “E, I”, legate al torace ed alla testa, promuovono energie connesse al coraggio ed alle attività mentali. Si può riscontrare parte di tutto questo grazie alle esperienze nel campo della numerologia, disciplina nella quale si analizza sempre il Nome ed il Cognome registrati alla nascita. Anche i secondi nomi presenti all’anagrafe sono influenti, seppur non utilizzati o talvolta dimenticati, così come lo sono i soprannomi che ci danno. Anch’essi creano determinati condizionamenti nei contesti, ma patto di “sentirceli addosso” (è ovvio che se qualcuno decida di chiamarmi in un modo che non sento mio, l’influenza di quelle forze lascia il tempo che trova e viene rapidamente sostituita dalla condizione di base). Spesso è capitato di analizzare alcune Numerologie di persone che, per questioni storico-politiche, famigliari, lavorative o altro ancora, avessero cambiato una o più lettere del nome, o anche il nome intero: le influenze sul loro temperamento erano innegabili ed il momento in cui esse avevano cominciato a manifestarsi corrispondeva sempre al periodo successivo al cambio di nome o di lettere.

Leonardo da Vinci, Battesimo di Cristo, 1470.

Ecco qualche esempio numerologico pratico. La somma totale dei numeri corrispondenti alle lettere del proprio nome indica le nostre vocazioni ed il modo di rapportarci con gli altri, i numeri corrispondenti alle vocali indicano la nostra parte profonda e nascosta, quelli delle consonanti la parte esterna vissuta come maschera sociale. L’eccesso o la carenza di lettere in un nome e cognome ci indica la presenza di determinati tratti caratteriali. Ad esempio “Alessandra” contiene molte A ed S, quindi valore 1, ed indica grande forza, impazienza e capacità di lea-

dership, anche in eccesso. Nomi con molte I e molte R, a valore 9, come ad esempio Mariarosaria, indicano grande emotività, desiderio di aiutare gli altri e tendenza ad annullarsi per il prossimo. Allo stesso modo chi ha assenza di altre lettere sperimenta delle mancanze. La mancanza di B, T e K, a valore 2, nel nome e cognome indica una possibile carenza di tatto e diplomazia, o ad esempio la mancanza di F, O e X, a valore 6, un eccessivo perfezionismo nelle relazioni con l’altro, soprattutto di coppia. Quando mi viene chiesto un consulto per la scelta del nome di un


LA VIA INTERIORE

figlio presto sempre attenzione a questi dettagli, suggerendo spesso l’utilizzo della lettera H, dove e come possibile, perché essa, come la Q e le Z, a valore 8, agevola nella persona la consapevolezza del proprio potere personale e le possibilità di successo in campo economico e lavorativo. Un’altra cosa importante da valutare in un Nome sono l’aspetto simbolicoanalogico e quello etimologico. Varie sono le fonti etimologiche dei nomi. In prima linea ci sono quelli di origine greca e latina, che rispecchiano carattere e costumi del popolo ellenico e di quello roman- .Molti nomi, di origine germanica, sono arrivati a noi con le invasioni barbariche; essi esprimono concetti di forza, ardore bellico e vittorie d’armi. Tantissimi, infine, sono di origine ebraica legati ai testi biblici ed alla religione. In base a questa tesi, le persone che si chiamano Alessandro, saranno leader e trascinatori, in quanto storicamente questo nome è appartenuto a re, condottieri e a grandi personaggi carismatici. La stessa cosa vale per le donne che si chiamano Maria, che saranno rassicuranti, protettive e materne, proprio perché riconducibile alla mamma di Gesù. C’è anche chi sostiene che, per scegliere il nome per un bambino, sia importante conoscere l’influenza della nazione da cui esso deriva, il mito, la storia, il simbolo che vi è dietro, con le sue limitazioni ed i suoi vantaggi. Per esempio i nomi ebraici nella prima parte della vita potrebbero portare l’impronta della sofferenza e nella seconda una ricompensa; i nomi greci l’impronta del fato, del destino, ma anche la capacità di sopravvivenza e l’adattabilità; i nomi romani la forza, la decisione, il maggior bisogno della libertà e la capacità di apprezzarla; i nomi slavi la scelta tra bene e male, il contrasto e la possibilità di usufruire delle forze del caos e della natura. Il valore simbolico del nome, dunque, è molto importante, ma non sempre preponderante. Da quest’idea il filosofo e psicologo Lino Missio ha voluto approfondire la questione sul perchè il nostro nome influisca prepotentemente sullo sviluppo del nostro carattere conducendo uno studio sull’influenza che i fonemi del nome hanno su di noi e su come gli altri ci vedono. Questo studio lo ha

Piero della Francesca, Battesimo di Cristo.

spinto a dare vita ad una nuova disciplina che si occupa proprio dei rapporti fra fonemi e rappresentazioni mentali: la Psicofonemologia. Ha creato una tabella con la quale catalogare tutte le combinazioni di lettere e suoni di tutte le lingue del mondo, per risalire alle principali caratteristiche della personalità del “proprietario” del nome. A seconda delle lettere, i suoni cambiano e di conseguenza cambiano le loro influenza sulle persone: ci sono suoni duri come quelli della Ti, Di, Ghi, Chi,

Q, morbidi come quelli della Gi, Ci, Li, e suoni sfuggenti come quelli della Vi, Fi, Ni, e così via. Ad esempio, secondo i suoi studi, partendo dal presupposto che il suono Giu sta a significare apertura, Li creatività, Na, praticità, chi porta il nome Giuliana sarà sicuramente una persona socievole, creativa e molto pratica. La psicofonemologia ci riconduce agli studi di Pitagora, poiché tra le sue applicazioni, grazie all’osservazione delle interrelazioni fra immagini mentali e fonemi, vi è lo studio delle caratteristiche dei diversi popoli, inter-


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pretando semplicemente i suoni delle loro lingue. Pavel Florenskij nel suo libro “Il valore magico della parola” introduce due ulteriori importanti concetti da valutare per l’interpretazione dei nomi e nella loro scelta: le eredità familiari e le aspettative dei genitori. “La scelta dei nomi dei figli va fatta con attenzione. La cosa peggiore è scegliere in base alle tradizioni familiari: chiamare i neonati con i nomi dei nostri genitori, dei nonni, degli avi vuol dire inserire nel nome dei piccoli immagini ereditate. Il nome andrebbe scelto, piuttosto, in base alla gioia, alla vitalità che suscita quel suono all’interno del mondo materno e paterno. [...] Se per esempio a un bambino viene dato il nome Napoleone, fin da bambino ci si aspetteranno azioni napoleoniche, o per lo meno si cercherà di eliminare tutto ciò che potrebbe rappresentare una negazione degli atti napoleonici nella sua personalità”. Il fatto che nel nostro nome possano essere racchiuse alcune delle eredità famigliari è stato attualmente convalidato dalla “psicologenealogia” o “psicologia transgenerazionale”, approccio psicoterapeutico che considera in ognuno di noi la presenza d’importanti

correlazioni con la propria famiglia di origine, memorie genealogiche di cui ci si fa carico e che si sceglie di liberare nel proprio “albero famigliare”. Qualche esempio: Elisa, dal verbo elidere, che significa eliminare o annullare, porterebbe la memoria di una persona esclusa o messa in disparte tra due scelte; Andrea, dal greco Andros che significa uomo, virile, porterebbe la memoria di un uomo che, sottomesso da una donna, ha represso l’ energia maschile. Jean Claude Badard, psicoterapeuta e psicosociologo, specialista in psicosomatica e psicogenealogia, nel suo approccio terapeutico affronta spesso la questione del nome e delle memorie familiari in esso contenute, poiché ritiene che i nomi diano delle informazioni per arrivare prima al nocciolo della questione, per uscire dalle problematiche inconsce. Il nome Renato, ad esempio, sta a significare che in una generazione precedente c’è stato un bambino morto oppure un padre morto molto giovane, per i quali non è stato vissuto il lutto: chi attribuisce questo nome, esprime il desiderio inespresso di ritorno in vita di quel morto e sarà investito da questo ruolo.

Badard, in una delle sue testimonianze espone un caso di una paziente rivoltasi a lui con problemi di piastrine, la cui etimologia del nome, Vincent, è “il mio sangue è inutile”. In biologia le piastrine servono a coagulare il sangue, quindi la sua malattia consisteva in un problema nel mettere assieme gli elementi del sangue, atto fisiologico che in “psicosomatica analogica” corrisponde al riunire i membri della mia famiglia. Questo conflitto e questa memoria inconscia apparivano ancor più evidenti a Badard, dopo aver saputo che marito e figlio della donna non si parlavano da tempo. Il figlio di questa donna, non a caso, si chiama Ion, nell’etimologia “elemento che mette assieme le parti”. La donna manifestava continue paure per un’ipotetica separazione della figlia o della migliore amica dal marito, per la morte dei familiari oppure di fronte a trasmissioni televisive che parlavano di famiglie disperse in guerra. Badard verificò che al momento del concepimento i genitori volevano interrompere la gravidanza; a 12 anni era rimasta traumatizzata dalla separazione dei genitori; a 24 anni aveva interrotto una gravidanza, interpretando la cosa come separazione; a 36 anni era nato Ion e a 48 aveva cominciato a


LA VIA INTERIORE

soffrire di amenorrea (trattenere il sangue per non abortire mai più), la stessa età che avevano i suoi genitori quando si separarono. A quella stessa età s’ammalò, nel mese di febbraio. La paziente ricordò, poi, improvvisamente di un nonno abbandonato alla nascita e raccolto dai frati di Saint Vincent de Paul, proprio nel mese di febbraio. Anche lo scrittore, attore e tarologo Alejandro Jodorowsky, nel suo ultimo libro “Metagenealogia”, approfondisce la questione del nome, sostenendo che esso possa allontanarci dalla nostra vera essenza, anziché ricondurci ad essa: “Nella maggior parte dei casi, purtroppo, il nome proprio è un concentrato delle aspirazioni del tranello famigliare... L’attribuzione del nome nasconde di frequente il desiderio di far rivivere gli antenati o di rimettere in causa il rapporto con i genitori ancora vivi. Il nome diventa allora un ulteriore segno, manifesto o camuffato, d’ appartenenza al clan, invece di designare la persona che è venuta al mondo come un essere specifico e unico”. E’ probabilmente vero e lecito che, per la speranza che il figlio abbia determinate caratteristiche, si possa venir attratti da un nome piuttosto che un altro, ma per Jodorowsky è chiaro che guarire da ogni forma di disagio consista nel diventare quello che si è e non quello che gli altri hanno voluto farci essere. Interessanti sono anche le ricerche del professor David Figlio della Northwestern University. Egli è riuscito a dimostrare, analizzando le scel10

te di battesimo di 3.000 famiglie, che quando incontriamo per la prima volta una persona, il suo nome ha effetti sui nostri circuiti neuroendocrini: a seconda dei casi viene favorita la produzione di ossitocina, dopamina o endorfine. In un certo senso, etichettiamo le persone in base al nome che portano. Secondo questa ricerche, è più facile dubitare della virtù di una Jessica che di una Geltrude, ed è possibile considerare più moderno un Alex che un Salvatore. Inoltre, nomi aggraziati e femminili fanno sì che chi li porta riceva un trattamento di favore, mentre quelli androgini od inusuali fanno scattare comportamenti penalizzanti, rendendo le persone più diffidenti. Se non siete ancora pienamente convinti del rapporto tra il modo in cui ci chiamiamo e lo sviluppo della nostra vita, vi sorprenderà lo studio degli psicologi della Wayne State University di Detroit. Stando ai dati raccolti, chi ha un nome che inizia per “A” è destinato a vivere più a lungo di chi ne ha uno che inizia per “B”, “C” o “D”. La ricerca ha preso in esame 10.000 persone fra atleti, professionisti, medici e avvocati nati tra il 1875 e il 1930, scoprendo che Andrew, Anthony e Albert avevano spento più candeline dei colleghi Dylan, Daniel e Dwight, vivendo in media 9,5 anni di più. L’età media degli sportivi con la “D” è risultata di 69,2 anni, quella dei nomi in “A” di 73,4 e quella di tutti gli altri di 71,3. Classifica interessante anche quella riguardante le professioni: gli psicologi hanno sco-

perto un singolare gioco di assonanze grazie al quale molti Lawrence (“law” significa legge) finiscono per lavorare come giudici o avvocati, mentre molte Dennises hanno un destino da dentiste. Un’altra ricerca ha portato a verificare che chi ha un nome o un cognome uguale ad una località geografica tende ad andarci a vivere e che, consultando i certificati di matrimonio, ci fossero molte più coppie che condividessero la stessa iniziale del cognome rispetto a quanto fosse lecito aspettarsi per semplice casualità. Addirittura vennero confrontati i dati della campagna elettorale americana in cui si sfidarono Bush e Gore. Chi aveva un cognome che iniziava per G tendeva a fare donazioni per Gore e chi aveva il cognome che iniziava per B tendeva a fare donazioni per Bush. Il nostro cervello è davvero uno strumento misterioso quanto sofisticato, così come lo sono le scienze e pseudoscienze che fino ad oggi si sono occupate di indagare sulle verità che si celano dietro la scelta dei nomi che ci identificano e ci condizionano. Personalmente mi sono avvicinata a questo mistero unicamente grazie alla scienza dei numeri, la Numerologia, ma ho poi dovuto constatare che i livelli di interpretazione sono molteplici e tutti sensati. Credo che essi siano semplicemente coopresenti su dei piani differenti. In fondo, la sensazione che dietro i nomi ci sia quel “qualcosa in più” di insondabile, tutti prima o poi l’abbiano avuta anche solo per un attimo, magari nel notare che persone con lo stesso nome avessero, curiosamente, caratteristiche simili. A fronte delle conoscenze attualmente disponibili in materia, mi sono a lungo chiesta quanto avesse senso fare ricerche, calcoli matematici o analisi psicofonemologiche prima di scegliere un nome ad un figlio. Il mio pensiero è che l’Universo non ci ha dato da gestire il peso di una tale responsabilità. Se è vero che esiste un piano di esistenza inafferrabile dalla mente umana, nel quale non vi è differenza alcuna tra Agente, Agito ed Azione, siamo noi a scegliere il Nome ed è il Nome a scegliere noi, il tutto in un processo magico, sacro e divino, dove gioco, giocatore e pedina sono la stessa identica cosa.



LA VIA DELLA SCIENZA

Il Progetto di Coscienza Globale (GCP - Global Consciousness Project): esiste una Noosfera? (Quarta Parte di una serie preparata per il Golden Thread) Adattato da un articolo nell’International Journal of Parapsychology di Roger D. Nelson

di Roger D. Nelson

Quando mettete in ordine una cosa, le date un nome e siete tutti d’accordo, diventa realtà. (Dal Navajo, Masked Gods, Waters, 1950) Panoramica Il Progetto di Coscienza Globale è una collaborazione internazionale di ricercatori interessati alla possibilità che si possano individuare deboli scintille di materia coagulata pensante per la Terra, quella che Teilhard de Chardin chiama Noosfera (1). Deteniamo una rete di rilevatori localizzati nel mondo in oltre 50 siti, dall’Alaska alla Nuova Zelanda. Questi dispositivi generano continuamente dati casuali e li inviano per l’archiviazione ad un server dedicato a Princeton, New Jersey. I dati sono analizzati per determinare se le sequenze di valori casuali imprevedibili contengono periodi di strutture che possono essere correlati ai maggiori eventi che accadono nel mondo. Secondo la teoria fisica standard non ci dovrebbe essere alcuna struttura nei dati casuali. Inoltre, pensiamo che molti degli eventi globali che osserviamo sono associati a modelli particolarmente impressionanti di dati. Momenti speciali come le celebrazioni di Capodanno ed eventi tragici come gli attacchi dell’ 11 Settembre 2001 mostrano cambiamenti che fanno riferimento ad attimi condivisi di profondo coinvolgimento o di reazioni emozionali diffuse. Le nostre analisi stabiliscono che il comportamento non casuale non può essere attribuito a fonti banali come sollecitazioni elettriche, attività telefo12

niche o gli ordinari campi elettromagnetici. Le prove suggeriscono invece che la struttura anomala che vediamo è in qualche modo in relazione con la concentrazione insolitamente coerente dell’attenzione umana generata da eventi straordinari. Esperimenti di laboratorio dimostrano che le intenzioni possono influenzare i processi casuali e le prove sul campo fatte con i gruppi mostrano che un impegno forte e ben sintonizzato pare avere un effetto fisico sui Generatori di Eventi Casuali (REGs). Quindi il passo successivo è bello grande. Come raggiungiamo una rete globale testando i segni di una “coscienza globale”? Perché dovrebbe esserci un effetto della celebrazione di Capodanno nel mondo, o dell’inizio di una guerra, o di un miliardo di persone che guardano un funerale, sui dispositivi REG piazzati agli angoli del mondo? Sebbene sia solo una metafora, potrebbe essere d’aiuto immaginare un “campo di coscienza”. Dei raggi di informazioni si espandono in modo indefinito da ogni mente, con un’interpenetrazione ondulata che crea tenui modelli di interferenza che differiscono a seconda delle nostre intenzioni e del nostro grado di impegno. Ricordiamoci che si tratta di una metafora e che non c’è nessuna energia fisica effettiva che si possa misurare direttamente. Ciò sembra essere qualcosa di simile ad un campo che trasporta informazioni, che possono essere responsabili degli effetti anomali negli studi con i REGs. La nostra rete è progettata per catturare i sottili effetti di tale campo, che noi pensiamo possa essere una manifestazione di campi interagenti di pensieri ed emozioni in tutto il mondo. Siamo in grado di individuare ciò di cui stiamo parlando ogni volta che un gran numero di persone si sintonizza su un interesse o un sentimento comune. Raccogliamo continuamente dati, giorno e notte, mese dopo mese, generando una storia di letture sincronizzate da tutto il globo, corrispondenti ad ogni momento e copriamo naturalmente tutti

gli eventi importanti sulla scena mondiale. Il nostro archivio centrale è quindi un database di risposte che possono essere registrate quando un evento principale stimola un’inusuale coerenza di pensiero ed emozione in qualsiasi parte del mondo. Amici e colleghi in tutto il mondo formano una rete di persone interessate al Progetto di Coscienza Globale, disposte ad ospitare un EGG – uno dei nostri rilevatori REG. Risultati Visivi Con i dati in mano ci chiediamo cosa accade durante un evento globale. Le misurazioni che usiamo sono strutturate per identificare piccoli segnali in ciò che è tipicamente uno sfondo molto caotico di numeri casuali. Perfino minuscoli cambiamenti in ciò che ci si aspetta, se sono coerenti, possono diventare indicatori “statisticamente significativi” di un effetto reale. Noi interpretiamo lo scostarsi dal comportamento previsto nei nostri dati come una misura di qualcosa di relativo alla coscienza, seguendo principi sviluppati in decenni di ricerche in laboratorio che dimostrano come le intenzioni umane e speciali stati di coscienza possono influenzare la casualità di tali dispositivi. Per mostrarvi come le analisi che usiamo possono rivelare la struttura, guarderemo alcuni casi speciali che dimostrano con insolita chiarezza come i grafici dei dati rappresentano le correlazioni che ci interessano e come queste mere statistiche possono assumere significato. Noi abbiamo una varietà di esempi di scostamenti dalle aspettative che hanno senso se c’è effettivamente una coscienza globale in espansione. E’ importante riconoscere che ci possono essere altre cause o spiegazioni, come un effetto del forte interesse di chi fa l’esperimento, ma siamo sicuri a questo punto che non ci siano errori i dati mostrano reali anomalie. Per dare un’idea della scala e della natura degli effetti, diamo un’occhiata a qualche esempio.


LA VIA DELLA SCIENZA

Per primo, un periodo di sei ore incentrato sull’inizio del bombardamento in Kosovo della NATO, giudicato dai Paesi Occidentali, e dagli Stati Uniti in particolare, come l’unica scelta disponibile per fermare la guerra etnica in Jugoslavia. Fu uno shock per il mondo, anche se non del tutto inatteso. I dati GCP appaiono marcatamente diversi prima e dopo l’inizio del bombardamento. Nel periodo di tre/quattro ore precedenti la prima esplosione, il tracciato è una classica linea casuale, senza particolari tendenze. Poi, partendo bruscamente da quel momento, il tracciato cambia; le successive tre ore non sembrano più casuali. Questa ovviamente è un’interpretazione di un’immagine di quantità statistiche e, come singolo esempio, non risponde alla domanda. Ma non è l’unico. Si scopre che circa i due terzi dei nostri test formali hanno un trend positivo che supporta l’ipotesi e quasi il 20 % sono statisticamente significativi al livello in cui ci aspettiamo un 5% di casualità. Tali risultati cominciano ad avvicinarsi a qualcosa di persuasivo, anche se gli effetti che cerchiamo di catturare sono sottili. L’intuizione che ci sia una profonda condivisione di emozioni durante grandi eventi sulla scena mondiale porta a chiedersi se questo stato di coscienza

Il pellegrinaggio di Papa Giovanni Paolo II in Medio Oriente fu al centro delle notizie, perché dava un segno di speranza per la risoluzione di interminabili conflitti. Il tracciato inferiore sono i dati di controllo presi 10 giorni dopo.

condivisa possa avere manifestazioni nei nostri dati. Un evento che attirò fortemente l’attenzione dei media e fu seguito positivamente ovunque fu, per esempio, la lunga settimana di pellegrinaggio di Papa Giovanni Paolo II in Medio Oriente, nei luoghi considerati sacri per le origini delle tre maggiori religioni

Le tre ore precedenti e le tre ore successive all’inizio dei bombardamenti in Yugoslavia. Adattamento di un’immagine di George deBeaumont.

mondiali. I dati hanno una persistente tendenza oltre il sesto giorno, che sicuramente non appare casuale. Lo scostamento sostenuto fu così impressionante da indurci ad estrarre ed elaborare uno speciale set di dati di controllo per essere sicuri che non ci fossero errori. I dati di controllo sono uno splendido esempio di linea casuale, che vaga su e giù, ma che non mostra alcuna tendenza. Agli inizi del 2003, la preoccupazione per una possibile guerra in Iraq fu al centro delle notizie mondiali e, si potrebbe pensare, un punto focale per la nostra ipotetica coscienza globale. Il 15 febbraio, numerosissime persone si riunirono nelle città di tutto il mondo per manifestare un supporto mondiale per la risoluzione pacifica dei conflitti in Iraq ed in altre parti del Medio Oriente. La rete di EGG sembrò rispondere. I dati furono chiaramente casuali nelle prime ore del giorno, ma alle 11 di mattina, quando la gente era ammassata nelle principali manifestazioni a Berlino, Roma e Londra, la misura composita si scostò dall’aspettativa con una ripida tendenza che continuò per tutto il giorno. Prendendo una cauta posizione scientifica, dobbiamo riconoscere che la deviazione potrebbe essere solo una variante di possibilità, ma il tempo e la forza del trend sono impressionanti. 13


LA VIA DELLA SCIENZA

te. I dati rappresentati graficamente non sono solo visivamente importanti; sono anche statisticamente impressionanti, soprattutto perché vediamo la struttura non casuale ripetuta anno dopo anno. Riassumendo...

Riunione di grandi numeri per manifestare opposizione alla guerra e supporto per soluzioni pacifiche alle crisi in Medio Oriente.

Tragedie e Celebrazioni Molti altri casi di violenti disordini del tessuto sociale sono stati valutati e la maggior parte, sebbene non tutti, mostrano sostanziali effetti. Il più chiaro di questi casi fu l’attacco terroristico dell’11 settembre 2001, nel quale si vedono scostamenti straordinari dei dati dalle aspettative, corrispondenti all’intensità di questo evento per la coscienza mondiale. Dato che questo è stato un esempio estremo di ciò che chiamiamo evento globale, lo osserviamo da ogni punto di vista. Si trovano i dettagli in diverse pubblicazioni (2-4). Le seguenti illustrazioni danno un’idea del tipo di scostamenti che abbiamo riscontrato nei dati quel terribile giorno. La figura principale traccia la variabilità tra i 37 dispositivi REG regolati sul 10, 11 e 12 settembre. La mattina presto dell’11 settembre, gli EGG cominciarono a mostrare una grande e consistente varianza e quella tendenza continuò fino alle 11 o poco dopo. Poi la varianza si compresse e rimase più bassa del solito rispetto alla media fino alle prime ore della sera. Questa figura è notevole sotto ogni punto di vista. Lo scostamento di picco dell’11 settembre ha una probabilità inferiore ad uno su mille ed è essenzialmente unico; nessun altro giorno in quattro anni mostra 14

una così grande deviazione. Inoltre, se leggiamo direttamente il grafico, c’è una nota ancor più sorprendente: la rete di EGG cominciò a reagire ben prima che il primo aereo colpisse le Torri del World Trade Center. Ci può essere una spiegazione più banale (il cambio delle fluttuazioni è possibile, per quanto improbabile), ma sembra piuttosto che la nostra coscienza globale abbia in qualche modo registrato una “premonizione” o un presentimento dei terribili eventi che sarebbero accaduti. Forse l’evento globale più evidente per il quale l’impegno diffuso può essere predetto anticipatamente è la celebrazione di Capodanno, quando c’è sempre grande interesse e partecipazione praticamente ovunque nel mondo. Uno dei primi elementi introdotti nel Registro di Predizioni GCP per i modelli non casuali nei dati fu raccolto durante un periodo di 10 minuti a cavallo della mezzanotte, tra il 1998 ed il 1999. Noi prevedemmo che ci sarebbero stati cambiamenti intorno a mezzanotte in tutti i fusi orario, aspettando di fare un’analisi che avrebbe sommato i risultati dell’intero periodo di 24 ore. Ogni anno da allora abbiamo fatto due predizioni primarie ed, ogni anno, una, o entrambe, sono state statisticamente significative. I dati non sono casuali; mostrano invece un modello incentrato sulla mezzanot-

Nei primi quattro anni e mezzo del GCP, abbiamo trovato due o tre eventi principali ogni mese, ideali per testare la possibilità di rilevare la presenza di un campo di coscienza condiviso. Alcuni risultati colpiscono tanto quanto le immagini delle celebrazioni di Capodanno o, dell’11 settembre, mentre altre non sono suscettibili di grossi scostamenti dalle aspettative. Dopo questo periodo abbiamo fatto più di 130 predizioni formali da cui è possibile tirare una somma generale dell’ipotesi basilare del progetto riguardo alla correlazione tra modelli dei dati REG e momenti speciali di diffusi impegni di coscienza. Potremmo ignorare i dati di pochi casi come questi o dire che, dopotutto, se guardiamo abbastanza avanti dobbiamo per forza trovare un modello occasionale degno di nota nei campi casuali, ma i modelli appaiono nei dati casuali molto più spesso di quanto dovrebbero, in correlazione con eventi significativi. Sebbene ci sia più lavoro da svolgere, sembra che queste correlazioni possano essere materiale da cui far derivare intuizioni che portino a capacità più approfondite di coscienza. Il grande risultato composito, espresso graficamente nell’illustrazione seguente, rappresenta la ripetuta conferma della nostra ipotesi e chiaramente non è solo una questione di fluttuazione di probabilità. La probabilità che questa deviazione accumulata da una relazione casuale possa accadere per caso è di una su un milione. Definire gli eventi globali è necessariamente qualcosa di arbitrario, ma ci sono casi su cui molti concorderanno e ci sono modi generici di valutazione dei dati per vedere se esistono strutture inaspettate. I nostri principali risultati sono basati sul correlare specialmente dei momenti selezionati, di solito tratti da notizie mondiali, con dati rilevati nello stesso momento dalla nostra rete di EGG. Quando valutiamo attentamente le correlazioni, troviamo una


LA VIA DELLA SCIENZA

Deviazione cumulativa totale dei risultati di 130 predizioni formali. Le curve lineari puntinate mostrano il 5%, lo 0,1% e lo 0,001% dei criteri significativi. Un vero tracciato casuale fluttuerebbe attorno ad un determinato trend

tendenza dei dati ad essere diversi da quanto ci aspettiamo dai dati casuali, lasciando solo poche possibilità di considerazione. Può darsi che l’interesse ed i desideri delle persone producano nel progetto EGG ciò che si chiama “effetto dello sperimentatore” che viene registrato dai rilevatori. Può darsi anche che la natura della domanda che poniamo in qualche modo modelli il risultato e

possono esserci sottili contributi da altre fonti. I risultati sono strabilianti in ogni caso, ma penso che sia lecito sostenere che il modello di correlazioni mostra un’influenza principale connessa con gli eventi stessi. Sebbene non possiamo a questo punto dichiarare che la “coscienza globale” sia l’agente responsabile, la mia dettagliata esperienza con i database com-

pleti porta a credere che sia un buon candidato per un ruolo importante. Cioè che le deviazioni siano più chiaramente e più fortemente relative a importanti eventi mondiali ed alle reazioni umane, come la principale fonte dell’effetto. Abbiamo scoperto, per esempio, che i nessi tra gli EGG siano più forti quando una misurazione di “nuova intensità” completamente indipendente è alta. (4). Ciò significa che gli sperimentatori non hanno bisogno di identificare gli eventi nello specifico, o anche conoscere qualcosa al riguardo; un collegamento esiste in ogni caso. Soprattutto è discutibilmente più semplice interpretare i trend anomali nei dati come prova che esista qualcosa come la nostra ipotetica coscienza globale in una forma debole seppur rilevabile. Resta comunque tanto lavoro ancora da svolgere prima di prendere tale conclusione come modello interpretativo finale. Possiamo essere pressoché sicuri che questi risultati rappresentino una sincera anomalia, ma a questo punto non è possibile fornire una spiegazione definitiva. Ci sono ipotesi che possono iniziare a spiegare tali effetti, sebbene rimangano solo speculazioni. Uno dei modelli fisici più promettenti è quello suggerito dalla teoria dell’informazione attiva di David Bohm (5). In essa le informazioni (ed il relativo significato) possono essere non locali,

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LA VIA DELLA SCIENZA

estendendosi indefinitamente attraverso lo spazio ed il tempo. L’informazione attiva può essere immaginata come un campo potenziale interagente nello sviluppo delle manifestazioni nel mondo fisico. Perciò, l’informazione attiva è virtuale, ma quando esiste un’ “esigenza”, tale esigenza realizza l’informazione creandone una sorta di deposito. In tale modello, la domanda che poniamo nel progetto EGG gioca il ruolo dell’esigenza dell’informazione, rendendo possibile il significativo inizio di un evento importante che risuona nella coscienza globale e che si manifesta con cambiamenti sottili nel comportamento dei nostri rilevatori. Suggestioni, come quelle ipotizzate da molte tradizioni intellettuali e culturali, che ci sia una coscienza della Terra, sembrano avere un modico supporto scientifico nei risultati del GCP. Allo stesso modo, l’idea di un gruppo di coscienza su larga scala che impegni potenzialmente intere popolazioni, acquista una certa credenza. Infine, questi risultati sono coerenti con l’idea che possa esistere un sottile collegamento tra persone ampiamente separate e che possiamo essere interconnessi su larga scala grazie a campi di coscienza. Una sequenza di improbabili eventi “occasionali” che conducono al progetto EGG ci ha portato i mezzi per esaminare tali questioni cercando distorsioni delle stesse probabilità, apparentemente

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causate dalla coscienza che emerge a connettere le nostre menti, toccando il mondo materiale.

ed empatia aprono una nicchia indispensabile nello spazio della coscienza.

Riconoscimenti

Bibliografia

Il Global Consciousness Project non esisterebbe se non ci fossero stati gli immensi contributi di Greg Nelson e John Walker, che crearono l’architettura ed il sofisticato software. Paul Bethke portò il software EGG in Windows, estendendolo in seguito nella rete. Dean Radin, Dick Bierman e altri del gruppo di programmazione contribuirono con idee ed esperienza. Rick Berger aiutò a creare un sito web comprensibile pere rendere il progetto disponibile al pubblico. Il progetto non esisterebbe se non ci fossero l’impegno di tempo, risorse e buona volontà di chi ospita gli EGG. Il nostro sostegno economico deriva da individui come Charles Overby, Tony Cohen, Reinhilde Nelson, Michael Heany, Alexander Imich, Richard Adams, Richard Wallace, Anna Capasso, Michael Breland, Joseph Giove ed un contribuente anonimo. L’Istituto di Scienze Noetiche fornisce supporto logistico con una sede per il progetto senza scopo di lucro e la Lifebridge Foundation ci ha fornito un generoso contributo per la documentazione del GCP. Infine, ci sono molti amici del progetto EGG la cui buona volontà, interesse

Teilhard de Chardin, P. (1959). The Phenomenon of Man. New York: Harper & Row, Publishers. Nelson, R. D., Radin, D. I., Shoup, R., and Bancel, P. A. (2002). Correlations of Continuous Random Data with Major World Events. Foundations of Physics Letters, 15, 6, 537-550. Nelson, R. D. (2002). Coherent Consciousness and Reduced Randomness: Correlations on September 1 1 , 2 0 0 1 . Jo u r n a l o f S c i e n t i f i c Exploration, 16, 4, 549-570. R a d i n , D. I . ( 2 0 0 2 ) . E x p l o r i n g Relationships Between Random Physical Events and Mass Human Attention: Asking for Whom the Bell Tolls. Journal of Scientific Exploration, 16, 4, 533-548. Bohm, D. (1980). Wholeness and the implicate order. Boston: Routledge & Kegan Paul. Per informazioni più dettagliate, visitate il sito GCP http://noosphere.princeton.edu Roger D. Nelson Global Consciousness Project Princeton, NJ, 08540 rdnelson@princeton.edu http://noosphere.princeton.edu


LA VIA INTERIORE

Rituali e società di Serge Kahili King

U

n rituale è una sequenza ben definita di parole ed azioni designate per focalizzare l’attenzione, stabilire significato e raggiungere un utile risultato. Sebbene alcune persone pensino che abbiamo perso il senso del rituale, la società moderna ne utilizza diversi per segnare l’inizio di eventi significativi, la fine della vita o momenti di vita (funerali, addii al celibato, ecc.); il raggiungimento di importanti traguardi o prestazioni (cerimonie di laurea, brindisi per la conclusione di importanti affari, applausi, ecc.); la transizione da uno stato o periodo di tempo ad un altro (feste di compleanno, anniversari, cerimonie religiose come battesimi/bar mitzvah/comunioni, ecc.) o la creazione di nuove relazioni (matrimoni, messe, fidanzamenti, ecc.). Esistono molti rituali per ogni occasione, quindi, perché sempre più persone in quest’epoca sono alla ricerca di rituali diversi da quelli che già abbiamo? Affinché un rito sia pienamente efficace, deve possedere quattro requisiti: 1. Dev’essere intellettualmente soddisfacente. 2. Dev’essere emozionalmente soddisfacente. 3. Deve avere un inizio forte. 4. Deve avere una fine forte. Per essere intellettualmente soddisfacente, ogni parola e movimento devono essere ricchi di un significato che sia compreso dai partecipanti e dagli osservatori. Altrimenti l’evento sarà solo

confuso e di scarso interesse. Se vi state chiedendo “Perche lo stiamo (lo stanno) facendo?”, l’effetto svanisce. La soddisfazione emozionale deriva dalla stimolazione o dal piacere dei sensi o dell’ego. Osservare un rituale ben realizzato è interessante, ma se non avete un legame emozionale con un partecipante (come la madre o il padre della sposa), essere solamente un osservatore non vi toccherà particolarmente. E’ come la differenza tra trovarsi al Mardì Gras a New Orleans e guardarlo alla TV. Ritrovarsi da qualche parte tra questi due punti è il tipo di soddisfazione che arriva da un evento con un inizio ed una fine ben definiti. Parte del potere del rituale deriva dal fatto che, oltre a relazionarsi a qualcosa di significativo, è significativo di per sé. Più chiaramen-

te il rituale si scosta dagli altri eventi, più impatto ha sulla nostra psiche e sul nostro comportamento. Molti rituali della società moderna hanno perso la loro soddisfazione, perché la loro realizzazione non è così efficace com’era solitamente e perché le nuove tematiche importanti non sono prese in considerazione da coloro che tradizionalmente si occupavano dei rituali importanti. Lo scopo di un rituale è di impressionare ed influenzare, ma troppi rituali standard della società vengono fatti per mantenere la tradizione o il dogma o la mera abitudine e chi li conduce non ne è esso stesso impressionato o influenzato. Quindi le persone stanno sempre più cercando rituali diversi che incontrino le loro esigenze per significato e divertimento. Questa è una delle ragioni per cui un così largo numero di individui si interessa ora allo sciamanesimo, il quale include danze, canti, tocco e connessioni con la Natura, così come gioia, significato e creatività nei suoi rituali. Dato che nel mondo si continua a crescere nell’amore e nella fiducia, si avrà più libertà di adattare gli antichi rituali all’uso moderno, dando nuova vita a quelli morti nell’attuale società o creandone di nuovi all’occorrenza. Questo è esattamente ciò che sta accadendo ora ed è un buon segnale per il futuro. 17


LA VIA DEL CIBO

La nuova mensa in corsia Al via il progetto be4eat in un ospedale a Milano Tratto da www.niclapress.com

È

il primo progetto pilota che coinvolge una struttura ospedaliera italiana e che pone al centro del proprio studio una nuova offerta alimentare per i pazienti ricoverati. Nasce così a Vimodrone, in provincia di Milano, nell’Istituto P. Redaelli la nuova ricerca clinica interamente finanziata da Be4eat in grado di apportare un cambiamento reale alla proposta dei menù in un ospedale pubblico. Il progetto di ricerca Grazie alla supervisione del direttore medico dell’area socio-sanitaria dell’Istituto Antonino Frustaglia e dell’epidemiologo Alberto Donzelli dell’ATS della Città di Milano, il progetto di ricerca di Be4eat che prende il nome di EDUC. A.RE proporrà da fine maggio a novembre a tutti i pazienti ricoverati dei menù differenziati con la proposta di proteine derivanti dal mondo vegetale e dai cereali integrali. Si tratta di una novità assoluta in Italia che grazie alla collaborazione con l’ATS Città Metropolitana di Milano e l’Ordine dei Medici della Provincia di Milano renderà possibile seguire i pazienti anche in Day Hospital coinvolgendo nel progetto i diversi medici di base di riferimento. “E’ questo l’unico modo per dare coerenza a ciò che facciamo di giorno, curare con farmaci e terapie, e ciò che facciamo durante il pranzo e al cena” è il commento del medico radiologo Antonino Frustaglia che insieme al suo staff ha avviato la ricerca. “La verità – continua – è che non c’è più biosgno di dimostrare nulla. La letteratura scientifica internazionale e le linee guida e quaderni nazionali dicono già tutto ciò che c’è da dire sull’importanza di considerare l’alimentazione come un elemento integrante della cura fornita ai nostri pazienti. Il Parlamento Europeo con la Risoluzione 2285 del 2008 e il Ministero Italiano nel 2011 hanno già 18

pubblicato delle linee di indirizzo in cui il cibo assume un ruolo di vero e proprio strumento terapeutico, preventivo e riabilitativo, evidenziando in modo esplicito come l’educazione alimentare debba essere parte del percorso di cura a tutti i livelli del Sistema Sanitario. Indicazioni queste che la Regione Lombardia, solo per fare un esempio, ha già recepito definendo la ristorazione come un momento di educazione alimentare e di vera e propria cura. Morire se noi le applichiamo davvero queste indicazioni!”.

Dalla teoria alla pratica E’ questa la svolta che lo studio clinico avviato nell’Istituto di Vimodrone vuole fare, una ricerca basata non tanto e non solo sull’effettiva efficacia di una sana e corretta alimentazione in reparto, quanto uno studio di fattibilità di educazione alimentare rivolto ai ricoverati e ai pazienti in Day Hospital in grado di dimostrare che cambiare si può. “Dimostrare che educare i pazienti ricoverati in ospedale a mangiare meno proteine animali e più cereali integrali, frutta e verdura è fattibile e non comporta problemi di salute – spiega Frustaglia – significa dimostrare che non esiste alcun reale motivo per continuare ad attuare una ristorazione ospedaliera come quella attuale eccessivamente carica in proteine animali e non in linea con le indicazioni scientifiche internazionali”.

I numeri del progetto Cinque i ricercatori tra medici e nutrizionisti che si alterneranno tra le corsie dell’ospedale per spiegare ai pazienti l’importanza di una corretta alimentazione insegnado loro a scegliere le por-

tarte sulla base del loro apporto nutritivo e provenienza dal mondo vegetale e integrale. La scelta, lasciata libera al paziente, verrà poi monitorata e quindi confrontata con analisi e test che a fine anno porterà i primi risultati di come limitare le fonti di grassi animali (carne e latticini), limitare i cibi a farina 0, evitare il consumo di carni conservate (salumi e insaccati) e incrementare il consumo di cereali e derivati integrali, legumi, verdure, frutta fresca e frutta oleosa (mandorle, noci, nocciole, ecc.) non solo è possibile ma anche fattibile nelle corsie di un ospedale. Collaborazioni


I Luoghi della BioGuida Percorsi ed itinerari per viaggiatori dello spirito

Associazioni, scuole, istituti, centri, terapeuti, seminari, corsi, conferenze ed altre proposte PIEMONTE TORINO Centro Buddha della Medicina Via Cenischia 13, Torino. Tel. 011.3241650, 011.355523. CENTRO CLOROPHYLLA Associazione di promozione sociale Via Settimo 1, San Mauro Torinese (TO) Tel. 320.6408204 www.centroclorofilla.it Centro Studi Maitri Buddha Via A. Guglielminetti 9, Torino. Tel. 011.359649. IL CERCHIO VUOTO associazione religiosa per la pratica e lo studio del Buddhismo Zen Soto Via Massena 17, Torino. Tel. 333.5218111. www.ilcerchiovuoto.it DOJO ZEN MOKUSHO Via Principe Amedeo 37, Torino (TO). Tel. 011.883794.

ALESSANDRIA Buddhadharma Center Via Galimberti 58, Alessandria. Tel. 3467408380, www.buddhadharmacenter.org

NOVARA AURA - Associazione per la ricerca e lo studio delle filosofie orientali. Via Maggiate 45, Borgomanero (NO). Tel. 0322.846011, www.aurauniversalmente.com

SONDRIO CENTRO STUDI TIBETANI SANGYE CIOELING Buddismo Mahayana Vajrayana Via Vanoni 78/B, Sondrio. Tel 0342.513198

VAL D’AOSTA ALKIMEA Centro di Terapie e Discipline Naturali Frazione Borettaz 7, Gressan (AO). www.alkimea.it - info@alkimea.it

IMPERIA Centro Kalachakra Via Verrando 75, Bordighera (IM). Tel. 339.3128436, www.kalachakra.it

LOMBARDIA LIGURIA LA SPEZIA ON ZON SU SCHOOL Via Gaggiano 24, Arcola (SP). Tel. 0187.955456, 347.5826327, www.riflessologiaplantare.org Ass. NATURALMENTE Via D. Manin 35, La Spezia (SP). www.naturalmente-sp.it Comunità Bodhidharma Eremo Musangam, Monti San Lorenzo 26, Lerici (SP). Cell. 339.7262753.

GENOVA ENNEAGRAMMAINTEGRALE Consulenza individuale, seminari, laboratori e ritiri per esplorare chi siamo. Tel. 333.8477054 www.enneagrammaintegrale.it Ass. FIUME AZZURRO - ARTI PSICOFISICHE Via W. Fillak 6, Genova. Tel. 010.413721, 349.8096336, www.artipsicofisiche.it SCUOLA SUPERIORE DI NATUROPATIA Via Pisa 23/13, Genova. Tel/fax: 010.366494, www.scuolasuperioredinaturopatia.it

SAVONA Zen Savona Piazza del Popolo 5/7, Savona. Pratica Zazen: tel. 019.484956, www.zensavona.it

MILANO Ananda Ashram Milano Via Prandina 25, Milano. www.yogamilano.it ACCADEMIA DI KINESIOLOGIA Via Rutilia 22, Milano. www.accademiadikinesiologia.it Associazione Culturale VEGA Via della Repubblica 16, Paullo (MI). Tel. 335.7065167, www.vega2000.it Centro Dharmadhatu Via Venezuela 3, Milano. Tel. 02.38005575, www.dharmadhatu.it Monastero Zen Il Cerchio Via dei Crollalanza 9, Milano. Tel. 02.8323652, www.monasterozen.it THE NEW YUTHOK INSTITUTE PER LA MEDICINA TIBETANA Prof. dr. Pasang Yonten Arya T. Sherpa. Viale Spagna 77, Sesto S. Giovanni, (MI). Tel. 02.2536266, www.newyuthok.it

BERGAMO CENTRO YOGA MANDALA Via Borgo Palazzo 3, Bergamo (BG). Tel. 035.215395, 333.4576099. GRUPPO ZEN BERGAMO Pratica di zazen c/o Ho Sha Do Via San Bernardino 18, Bergamo. Tel. 333.4400313, zazenbg@yahoo.it

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I LUOGHI

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VENEZIA Dott. FABIO BASALISCO specialista in neurologia, medico ayurvedico Tiene regolarmente visite e consulti a: Mestre, in Via San Donà 26, presso il Centro di Medicina Integrata Palladio. Per informazioni: www.fabiobasalisco.it CENTRO YOGA DHARMA Via Napoli 52, Mestre (VE). Tel. 041.5311954. www.yogadharmamestre.it

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JING TAO® Essenza in movimento

FRIULI VENEZIA GIULIA TRIESTE ACCADEMIA CRANIO SACRALE Metodo Upledger Piazza S. Antonio Nuovo 6, Trieste. Tel. 040.3476191. www.accademiacraniosacrale.it

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SCUOLA DI PENSIERO TAOISTA Via Torre Bianca 43, Trieste Info. 3393204963, www.bencichanita.it Associazione NATURALMENTE trieste di Susanna Berginc e Paolo Segulin Presso Shanti - via Carducci 12 (Trieste) Metamedicina, Naturopatia, Iridologia, Numerologia, Floriterapia, Oli essenziali, Specchi Esseni, Transurfing, Enneagramma, Riflessologia Per informazioni: cell. 345.15.97470 http://metamedicina.altervista.org/ A.s.d. YOGA JAY MA Via A. Emo 2, Trieste. Cell. 3478461831, vie.vanna@yahoo.it AYURVEDA E BENESSERE Trattamenti e Massaggi Ayurvedici. Via Milano 18, Trieste. Cristiana Simoni, cell. 347.0354846 Dott. FABIO BASALISCO specialista in neurologia, medico ayurvedico Tiene regolarmente visite e consulti a: Trieste, in Via del Monte 2, presso Centro Ayurveda di Tiziana Roselli. Per informazioni: www.fabiobasalisco.it CENTRO BENESSERE AYURVEDA di Tiziana Roselli Via del Monte 2, Trieste. Tel. 0403721824, cell. 329.8423544. CENTRO BUDDISTA TIBETANO SAKYA KUNGA CHOLING Corsi gratuiti di introduzione al buddhismo tibetano e programmi di adozione a distanza. Via Marconi 34, Trieste. Tel. 040.571048, www.sakyatrieste.it


I LUOGHI

GORIZIA Emporio Erboristico IL FIORE DELL’ARTE Via G. Carducci 21, Ronchi dei Legionari (GO).Tel. 0481.475545. GIORGIA MULLER Operatrice olistica Via Aquileia 6, Ronchi dei Legionari (GO). Cell. 347.0021503 www.giorgiamuller.it

UDINE ASS.OPE.A. Associazione Operatori Ayurveda Tutela e Aggiornamento Professionale Operatori Iscrizione al Registro Regionale delle Professioni non Ordinistiche Legge 22/04/2006 n. 13 art. 5 Tel. 0432.1721329 - Cell. 328.3919462 info@assopea.it - www.assopea.it

Dott.ssa DONATELLA DE COLLE Psicologa, psicoterapeuta, musicoterapeuta. Via Mazzini 30, Trieste. Tel. 331.9077565. GENDAI REIKI ITALIA Via Beccaria 7, Trieste Tel. 333.7240918 349.3604929 www.gendaireiki.it LAM - Il Sentiero Piazza Benco 4, Trieste. Tel. 040.0642281, cell. 328.5629546. NEW AGE CENTER Via Nordio 4/C, Trieste. A disposizione la Saletta Argondia per seminari, conferenze, presentazioni, mostre ed altre iniziative. Tel 040.3721479, www.newagecenter.it STUDIO ESSENYA Via del Marcese 57, Trieste. www.vivianasossiessenya.it JOYTINAT YOGA AYURVEDA Via Felice Venezian 20, Trieste Tel. 040.3220384 www.joytinat-trieste.org

I dati raccolti sono stati individuati da elenchi pubblici e sono trattati in ottemperenza alla legge 675/96 con particolare riferimento agli articoli 12 e 20. Agli interessati è riconosciuta la facoltà di esercitare i diritti di cui all’art.13. Il titolare del trattamento dei dati è l’editore.

NICOLETTA CAMPISI Counsellor professionista Facilitatore Costellazioni Familiari Piazza Giovanni XXIII n.15, Udine. Cell. 347.5555802 www.centropharus.it nicoletta_campisi@libero.it YOGA INTEGRALE Corsi di Satyananda Yoga Ogni giovedì da Creative Healing Arts, Via San Giorgio 44, Tricesimo (UD) Orario 19.00 - 20.30. Tuuli Nevasalmi: 331 4844919 tuuli.nevasalmi@gmail.com www.creativehealingarts.org CENTRO RASHMI AYURVEDA YOGA Via Roma 50, Magnano in Riviera (UD). Tel. 0432.782063, cell. 328.3919462, DEBORA SBAIZ - Master in Danza/Movimento, Terapia e Professional Counselor. Udine, Portogruaro e Lignano. Tel. 0431.422147 www.deborasbaiz.it LE AGANE Via Vittorio Veneto 114, Tarvisio (UD). Tel. 0428 450031 LORELLA E. VENDRAMINI Riflessologa Plantare, Reiki 1° livello Via P. Maset 13, Udine. Tel. 348.6715674 ESPRESSIONESEGNO Prof. Erika Celotti, Arteterapeuta Membro dell’Assoc. Prof.le Italiana Arteterapeuti® Iscrizione Registro n°120/2003 P.IVA 02357220306 Viale Tricesimo 101/A - int5, Udine. Cell. 338. 3344705 www.espressionesegno.it IL FORNO ARCANO Via del Cristo 8, Rive d’Arcano (UD). Tel. 0432.809348, forno.arcano@libero.it GRUPPO ZEN UDINE Via Cormor Alto 218, Udine. Ogni mercoledì alle 21.00 appuntamento di meditazione Za-Zen. Maurizio KoGyo Florissi: 348.3071667.

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PORDENONE STUDIO CONSAPEVOLMENTE Trattamento Cranio Sacrale “Upledger”, Counseling Metacorporeo, Reiki Tecnica Vibrazionale Sonora Via Carmine 20, Stevenà di Caneva (PN). Tel. 328.0959912, alberto.vaccher@libero.it www.craniosacraleeoltre.it Ass. TERRAUOMOCIELO Qi Gong e Percorsi di salute Tel. 0434.20389 (Laura Guerra), www.terrauomocielo.it STUDIO EQUILIBRYA MASSAGGI OLISTICI Trattamento Cranio Sacrale, Shiatzu, Linfodrenaggio Via Martiri della Libertà 18 Prata di Pordenone (PN) Tel. 0434.611282 333.7466849 manucanziani@virgilio.it Dott.ssa Doriana Mimma DE VIDO Naturopatia & Bilanciamento Somatico. Sacile (PN): Tel. 0434.72782, Cell. 329.2399184. SANITARIA Del PUP Via Molinari 38/40, Pordenone. Tel. 0434. 28897.

EMILIA ROMAGNA BOLOGNA CENTRO NATURA Via degli Albari 6, Bologna. Tel. 051. 235643, 051.223331 www.centronatura.it CENTRO STUDI CENRESIG Centro per lo studio e la meditazione Buddista Mahayana Via Meucci 4, Bologna. Telefoni: Maddalena 347.2461157, Giovanni 349.6068534. www.cenresig.org CENTRO YOGA “LE VIE” Via M. D’Azeglio 35, Bologna. Tel. 051.19982056, www.yogalevie.it Scuola/Fondazione Matteo Ricci Via A. Canova 13, Bologna. Tel. 051.531595, www.fondazionericci.it

PARMA Monastero Zen Fudenji Bargone 113, Salsomaggiore Terme (PR) Tel. segreteria: 0524.565667. Monastero Zen Sanbo-ji Pagazzano, loc. Pradaioli 27, Berceto (PR). Tel. 0525.60296.

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I LUOGHI

SPAZIO SHIATSU Via Dalmazia 71, Parma. Tel. 0521.533831, www.studishiatsu.it

MODENA Centro Culturale L’Albero Cultura, spiritualità e opere sociali Strada Statale Romana 135 Fossoli di Carpi (MO). Tel. 335 6684108 www.centroculturalelalbero.org CENTRO YOGA SHIVA Via Silvati 12, Modena. Tel. 059.364625 www.centroyogashiva.it

RIMINI ASSOCIAZIONE NUOVA VITA Benessere Naturale e Olistico Viale B. Buozzi 26, Riccione (RN) Tel. 3707152130 - 3476273683 DANIELA GAIOTTO Naturopata Erborista Consulenze personalizzate e incontri di gruppo per adolescenti. Servizio ad offerta libera. Per info e appuntamenti: cell 331.3381412 www.alkyrama.com - info@alkyrama.com Riceve in Friuli, Veneto, Emilia Romagna

UMBRIA, MARCHE, ABRUZZI ANCONA LA CITTÀ DELLA LUCE Centro Studi Discipline Olistiche e Bionaturali.Associazione Conacreis Marche. Reiki. Ayurveda. Yoga. Costellazioni Familiari. Via Porcozzone 17, Ripe (AN). www.reiki.it

GROSSETO Comunità Dzog-Chen Merigar, Arcidosso (GR). Tel. 0564.966837.

FIRENZE SHINNYO-JI TEMPIO ZEN FIRENZE Via Vittorio Emanuele II 171, Firenze. Tel. 339.8826023, www.zenfirenze.it Scuola di Agopuntura Tradizionale di Firenze Via San Giusto 2, Firenze. Tel. 055.704172.

PISA ISTITUTO LAMA TZONG KHAPA Via Poggiberna 15, Pomaia (PI). www.iltk.it PUNDARIKA Centro ritiri meditazione Loc. Cordazingoli 18, Riparbella (PI) www.pundarika.it

PRATO CRONOGENETICA di Mario e Domenica Grilli Cell. 331 9724607 www.cronogenetica.it

SIENA AGRITURISMO GLI ARCANGELI Azienda Agricola Podere Avere Pievescola, Casole d’Elsa - Siena. www.gliarcangeli.com

LAZIO

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ROMA

TARA CENTER C.da Ricciola, Recanati (MC). Tel. 071.7575847, cell. 393.9755533, www.taracenter.it

Accademia di Yoga Via XX Settembre 58 A, Roma. Tel. 06.4742427, www.accademiayoga.it

PERUGIA

Amrita Centro Yoga e Ayurveda Via C. Colombo 436, Roma. Tel. 06.5413504, 06.5081202, www.amritayoga.it

ANANDA ASSISI Via Montecchio 61, Nocera Umbra (PG). Tel. 0742.813620, www.ananda.it

TOSCANA AREZZO AMO Accademia Massaggi Olistici ads Associazione Dilettantistica Sportiva Scuola Accreditata SIAF Via Teofilo Torri 22-28, 52100 Arezzo (AR). Andrea Marini: 388.9334692 www.massaggiohotstone.it

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Associazione Shakti Kundalini Yoga e Sat Nam Rasayan Via dei Brusati 30, Roma. www.kundaliniyoga.it CEDIFLOR Centro Diffusione e Didattica Floriterapia di Bach Via R. Fauro 82, Roma. www.cediflor.it Centro Tara Bianca Danza Creativa, Arti Terapeutiche, Meditazione. Via Ettore Rolli 49, Roma. Tel. 06.5811678, www.centrotarabianca.it

CENTRO ZEN ANSHIN Buddhismo Zen Soto. Via Ettore Rolli 49, Roma Tel. 320.9671624, www.anshin.it Fondazione Maitreya Via della Balduina 73, Roma. Tel 06.35498800, www.maitreya.it Scuola Yoga Roma Via Cechov 83 - F6, Roma. Tel. 06.51530068, www.scuolayogaroma.it DOTT. GIOVANNI MONTANARO Odontoiatria e terapie naturali Via Vitruvio 70, Formia (LT). Tel. 0771.24831, cell. 340.1495053 omeo57@hotmail.it TAO CENTRO DI RICERCA OLISTICA SCUOLA ITALIANA REIKI Via Oberdan 25 (c/o “Il Trifoglio”) Latina. Tel. 338.84.95.996 www.centrotao.net

PUGLIA ASSOCIAZIONE asd ZEN SHIATSU CENTRO SHIATSU E YOGA IYENGAR Corsi di shiatsu e trattamenti. Incontri terapeutici di gruppo. Via Gioacchino Poli 36, Andria (BT). Per informazioni contattare: dott.ssa Rosalba Acquaviva cell. 320.6472980 Dott. FABIO BASALISCO specialista in neurologia, medico ayurvedico Tiene regolarmente visite e consulti a: Monopoli (BA), Contrada Lamammolilla 476. Per informazioni: www.fabiobasalisco.it

CAMPANIA TAO - CENTRO DI RICERCA OLISTICA SCUOLA ITALIANA REIKI Via F. Cilea 91, Napoli (NA). Tel. 338.8495996 www.taocenter.org DOTT. GIOVANNI MONTANARO Odontoiatria e terapie naturali Via A. Scarlatti 126, Napoli. Tel. 081.5786956, cell. 340.1495053 omeo57@hotmail.it

SICILIA Dott. RENATO IUDICA Rappresentanze Prodotti Naturali Via G. Arimondi 48, Palermo. Tel. 392.6893370, 347.6215339.


LA VIA INTERIORE

La famiglia: risorsa o tranello? di Donatella De Colle (psicoterapeuta)

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a famiglia è il luogo di nascita, il posto in cui impariamo vedendo nelle e dalle relazioni che stabiliscono con noi, ci facciamo le idee su di noi, ossia ciò che pensiamo e diventano parte della nostra identità, anzi, la costituiscono. Ma, attraverso ciò che impariamo, decidiamo anche, a livello inconsapevole a volte, di fare diversamente, di colmare vuoti, di fare cio’ che altri non hanno fatto. Ecco allora che se abbiamo avuto una madre poco presente possiamo voler diventare madri tanto presenti, al punto da esser asfissianti, o se abbiamo sperimentato la mancata protezione possiamo voler assicurare ai nostri figli la massima protezione possibile, a costo di divenire iperprotettivi. Infatti è proprio attraverso la genitorialità e prima ancora attraverso la costruzione di una nostra famiglia,che possiamo fare ciò che non è stato fatto o fare meglio ciò che a nostro avviso è stato fatto male. E fin qui nulla di strano o nuovo. Il punto è che questo processo sembra funzionare non solo di padre in figlio, ma anche a distanza di due tre, o più generazioni. La letteratura che tratta di questi argomenti riguarda proprio la transgenerazionalità e di questi temi il fautore principale è Bert Hellinger e la sua teorizzazione delle Costellazioni familiari, approccio che ha come premessa l’idea che disagi psicologici, blocchi emotivi, sofferenze possano essere letti in relazione ad una struttura familiare che tramanda un determinato problema, vissuto, accadimento, evento sociale o culturale, in maniera non esplicitata e quindi non risolvibile. Infatti il problema sembra essere proprio questo: non tanto l’evento in sé ma il fatto che non se ne parli, non lo si elabori, e quindi passa sotto soglia nei vissuti familiari…. Si parla del concetto appunto di “Fantasma” intesa come formazione dell’inconscio che ha la particolarità di non esser mai stato coscien-

te... e di risultare dal passaggio dall’inconscio di un genitore a quello del figlio (cit. La sindrome degli antenati). “Il fantasma è il lavoro nell’inconscio di un segreto inconfessabile di un altro...”. Ma di che eventi parliamo? Parliamo sia di eventi molto forti , sopra soglia come aborti, adozioni, crimini, nascite illegittime, sopravvivenza di un gemello su due, suicidi, problemi economici gravi, problemi psichiatrici, alcolismo, uccisioni di massa, abusi, uso di sostanze, sensibilità medianiche mal gestite...; ma anche di eventi più deboli, sotto soglia, che permangono come diktat , come regole familiari che non possono essere trasgredite (vedi il concetto di nevrosi di classe come impedimento a raggiungere una posizione sociale migliore rispetto a quella dei nostri predecessori che possono aver vissuto male il fatto di non aver fatto gli studi o non aver trovato un lavoro remunerato bene, ecc.) La famiglia come struttura ha, secondo la dottoressa Ann Anceline Schuetzenberg delle regole interne basate sul computo dei debiti e dei crediti, come una piccola azienda che registra le entrate e le uscite. Queste polarità ovviamente non sono solo relative ad aspetti economici (se mio nonno ha dato allo zio deve dare aiuto economico anche a mio padre), ma anche e soprattutto ad aspetti affettivi, definiti in termini di visibilità

(chi è visto e chi no), di sostegno (chi è stato aiutato e chi no), di comunicazione (chi ha parlato con chi) e via dicendo… Dove la regola è sempre l’equilbrio fra il dato e l’avuto, fra le entrate e le uscite. Insieme a questa polarità c’è il tema della lealtà invisibile, della impossibilità di fare delle cose per non tradire i propri antenati: come dire che, se c’è stata una strada mostrata, una direzione presa, questa a livello profondo non può essere cambiata, pena il tradimento del proprio clan che porta al concetto di esclusione. La famiglia intesa come clan è infatti un sistema auto-organizzato che tende ad una direzione centripeta e che calibra continuamente i tentativi interni ed esterni di pertubare eccessivamente il suo equilibrio. Lo scotto da pagare per prendere la propria strada può esser quindi la formazione del senso di colpa e l’autoboicottaggio nelle situazioni della propria vita che si discostano troppo da quel modello. I sospesi, i debiti o i crediti se vogliamo, se non risolti, possono esser tramandati di generazione in generazione fino a che qualcuno non crea il sintomo, ossia fino a che qualcuno decide inconsciamente di uscire dalla giostra, comunicando in maniera inconscia e non diretta, il suo disagio. Infine troviamo la regola della giustiziaingiustizia (evento banale o comunque 23


LA VIA INTERIORE

a scapito di qualcuno degli altri familiari). Come viene trasmessa questa informazione nel non detto? La modalità più semplice è il modello di vita inteso come stile comunicativo, gestione delle emozioni, capacità di gestire le difficoltà, premesse, valori e miti che ogni genitore trasmette al proprio figlio e ai nipoti. Un’ altra modalità invece, ancora da dimostrare completamente, sta in probabili alterazione del Dna, in partcolare di alcune triplette, in seguito all’esposizione a traumi, che si trasmettono anche fino a tre generazioni successive. Come dire che, in seguito

ad un trauma culturale e sociale, come guerra o uccisioni di massa, viene cambiata l’informazione del Dna e questa si trasmette nelle generazioni successive. Questa teoria regge in quanto: nel trauma si verifica un’alterazione anatomicofunzionale (disfunzionalità di amigdala e corteccia prefrontale) e quindi anche biochimica (serotonina-cortisolo). Il Dna si modifica per il 50% circa per influenze ambientali. Si parla anche della scoperta di numerosi neuro-recettori che operano sui globuli bianchi e sul sistema immunitario; quest’ultimo è particolarmente sensibile, influenza ed è influenzato dagli stati d’animo. Si è visto che il suo

funzionamento influenza il numero dei linfocito T e, appunto, delle emozioni e viceversa. La PNEI ha dimostrato come l’informazione delle emozioni rimane e segna lo stato biochimico del corpo. Come dire che l’esperienza del dolore, disperazione, morte, perdita può esser sentita senza esser stata vissuta. Quali problematiche sono connesse ad aspetti transegenerazionali? Sindromi da anniversario, depressioni, incidenti, Dca, difficoltà ad avere figli, a realizzare il proprio lavoro, disturbi fisici. Potenzialmente ogni cosa che non sia direttamente riconducibile al sistema originario di appartenenza.

Dialogo verbale e non verbale in Sessione con Leonarda Majaron ed Ornella Serafini

Il buon esito di un trattamento spesso necessita di un operatore preparato a bilanciare e modulare il proprio linguaggio nei confronti del cliente. Tale premessa rappresenta il “nocciolo” di un percorso di approfondimento che intende focalizzarsi sull’ascolto attivo, l’accettazione incondizionata e la riformulazione verbale, tutti elementi di profonda connessione con sé, ed empatica con il cliente. La modulazione della voce e l’espressione facciale di accoglienza amorevole dell’operatore sono infatti i fondamenti di un comportamento biodinamico in grado di influire profondamente sull’affidamento della persona e “rassicurativo” alle domande o alle sensazioni che emergono durante la sessione. Nelle sessioni che vertono al risveglio del Benessere, come la Biodinamica CranioSacrale, possono emergere sensazioni che non sempre sono accettate positivamente dal cliente, a volte possono creare uno stato di ansia ed è qui che l’operatore deve essere in grado di sostenere questo processo, aiutando il cliente stesso ad accettarlo come un percorso positivo che lo sta portando ad un cambiamento intenso e profondo. Nella giornata del 30 settembre con l’intervento di Ornella Serafini gli operatori potranno sperimentare la “Riformulazione Rogersiana”, ovvero il dialogo utile, disarmato e sempre empatico. Leggere e riformulare il paraverbale e il respiro per pervenire all’analisi delle incongruenze tra voce, corpo e contenuti verbali. Un percorso completo di riconoscimento delle emozioni con la Biorisonanza, potente connessione e apertura del campo con la vocalizzazione come strumento di equilibratura armonica integrata. Il lavoro verrà integrato il 1 ottobre con il Focusing, metodo che in psicoterapia indica la capacità del paziente di prestare attenzione a sensazioni non ancora esprimibili in parole perché non giunte alla piena consapevolezza. Il

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termine è stato introdotto dallo psicoterapeuta Eugene T. Gendlin, allievo e collaboratore di Carl Rogers. Il Focusing è uno strumento prezioso dove l’effetto corporeo delle parole diventa esperienza, ristabilendo congruenza tra quello che si dice e quello che si fa. Gli operatori verranno guidati in un approfondimento esplorativo interessante addentrandosi nel mondo della PNEI (psiconeuroendocrinoimmunologia), in quanto anch’esso si avvale di un approccio olistico alla persona, la quale non è considerata un composto di tanti pezzi sconnessi ma un network in equilibrio dinamico tra le sue parti interne e l’ambiente esterno. Gli anni di pratica e di insegnamento hanno permesso alla dott.ssa Leonarda Majaron di elaborare un approccio innovativo, sostenuto dalla convinzione che la modalità di ascoltare i clienti e, contemporaneamente se stessi, l’integrazione tra la teoria e il momento esperienziale del lavoro, potessero fare la differenza e l’hanno portata all’elaborazione di una tecnica di Liberazione Energetica e Strutturale definita LES. Si tratta di mescolare nelle giuste proporzioni l’ascolto e il porre domande, avvalendosi della consapevolezza delle proprie risorse.

30 settembre 2017

Ornella Serafini: counselor, cantante, vocalcoach, ideatrice del metodo BIO SuONO

1 ottobre 2017

Leonarda Majaron: professionista e docente di Biodinamica Craniosacrale, Consapevolezza Corporea. Ad Aurisina, Trieste presso l’Associazione Igo Gruden.


LA VIA INTERIORE

Ho’oponopono: bisogna solo esserci di Giovanna Garbuio

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radotto letteralmente Ho’opono significa rendere azione (ho’o) lo stato di pono, cioè “fare la cosa giusta”. Maka’ala Yates ne dà questa definizione: “L’azione dello stare in equilibrio/allineamento”. Ho’o è un suffisso grammaticale che rende azione la parola che segue, in questo caso pono. Secondo Pali Jae Lee “se è buono, se è equilibrato, se è giusto, se aiuta, se è responsabile, se è attento, se è umile, se è pacifico, se è pulito, se è corretto e ben educato è pono”. Ho’oponopono letteralmente significa “rendendo azione il pono, più è pono”, Aunty Mahealani, per rendere chiaro il concetto ha chiamato l’ho’oponopono che diffonde Ho’oponopono ke ala dove “ke ala” significa cammino, strada percorso: “rendendo azione il pono, più è pono il percorso”. Cioè, in un linguaggio più comprensibile, “percependo la realtà come giusta, la rendiamo migliore” ossia “percependo la perfezione, miglioro le realtà!”. Ho’oponopono è una conoscenza antica che prevede di agire su qualcosa che percepiamo come nonpono per permetterci di renderci conto che è pono. Il processo per arrivare a questo obiettivo e vario e le forme di Ho’oponopono sono diverse. E questo è sempre stato ho’oponopono fin dall’antichità. Ciò che è cambiato e continua a cambiare e sempre cambierà è la pratica e il modo di applicazione del processo alla realtà. Il cambiamento della pratica è un cambiamento evolutivo in sintonia con l’evoluzione della società e dell’uomo che la compone. Ho’oponopono un processo in evoluzione da sempre Secondo Serge Kahili King nelle Hawaii ogni gruppo familiare (Ohana) pratica un processo particolare di Ho’oponopono, che differisce in qualcosa dagli altri. Tutte le forme di Ho’oponopono, tuttavia, si basano sui principi dell’ho’oponopono nel suo significato profondo (Percependo la perfezione miglioro la realtà) e comunque sui fondamenti comuni a tutta la spiritualità hawaiiana. Barbara Helynn

Heard ne dà una definizione accurata sia del processo che della modalità con cui la tradizione si diffonde ed evolve: “Ho’oponopono è un concetto, un valore e un insieme correlato di pratiche che sono state usate nella cultura polinesiana delle Hawaii per secoli, per supportare le relazioni armoniose tra le persone, con la natura e con lo spirito. Specifiche pratiche Ho’oponopono si sono sviluppate nel corso del tempo e continuano ad evolversi ancora oggi. L’armonia nelle proprie relazioni esterne è possibile stabilizzando quella tra la mente, il corpo e lo spirito. Un noto proverbio hawaiano recita: ‘Esistono molti sentieri per raggiungere la cima della montagna’, così diversi metodi di Ho’oponopono sono stati utilizzati e si sono sviluppati alle Hawaii nel corso dei secoli. E nuove varianti di Ho’oponopono continuano ad evolvere.” Ho’oponopono ancestrale Tra le forme di ho’oponopono, Ho’oponopono ancestrale è il processo tradizionale che si pratica nelle isole Hawaii dalla notte dei tempi. La prima a descriverlo con un testo scritto è stata Mary Kawena Pukui (1895-1986) nel suo libro “Na na i ke kumu – Look to the source”. La Pukui è stata la prima autrice a mettere per iscritto la tradizione orale Hawaiana precisamente nel libro Na na i ke Kumu (2 volumi disponibili in inglese). Più tardi anche Pali Jae Lee (1924-2009), anch’ella nativa hawaiiana, ha dato il suo apporto alla scrittura della tradizione orale, nel libro “Ho’opono”Mery Kawena Pukui descrive l’ho’oponopono ancestrale come processo avente lo scopo di recuperare e mantenere l’armonia relazionale nelle famiglie (Ohana) e con armonia si intende quella sia fisica che materiale, sia nelle relazioni parentali che sovrannaturali. Descrive il processo come una riunione di famiglia in cui le relazioni si armonizzano attraverso un rituale fatto di preghiera, confronto, confessione, pentimento e perdono. Pentimento e perdono sempre considerati all’interno della consapevolezza della perfezione di ciò che è. Quindi, il processo di pentimento e

di perdono in ho’oponopono è sempre stato un riconoscimento della propria percezione limitata delle cose, che ci fa vedere qualcosa di sbagliato, dove qualcosa di sbagliato in valore oggettivo non c’è. Tradizionalmente, questo processo si affidava alla direzione di un mediatore che poteva essere il Kahuna o l’anziano (kupuna) della famiglia (ohana), che gestiva tutto il rituale e faceva da moderatore in tutte le fasi di confronto tra i partecipanti. L’obiettivo di ho’oponopono comunque è quello di arrivare ad un recupero di un armonia perduta, riportando all’equilibrio malesseri sia psicologici o spirituali, che fisici o materiali. Si trattava di un processo di terapia di gruppo, dove tutti i soggetti coinvolti partecipavano con la ferma e dichiarata intenzione di risolvere le questioni per cui il processo veniva applicato. Quindi, chi partecipa al processo lo fa in maniera assolutamente libera e volontaria, con la disponibilità a mettersi in gioco e a mettere a nudo la propria interiorità di fronte al gruppo, con la consapevolezza di giungere così alla risoluzione della questione. Il processo A seconda di quali fossero le problematiche da affrontare, l’intero processo poteva essere anche molto lungo. Ma i passi da compiere erano sempre i medesimi ed erano noti a tutti i partecipanti. Essi possono essere così riassunti: preghiera di apertura (Pule) individuazione del problema discussione eventuale presa di coscienza di responsabilità restituzione o risarcimento in caso di necessità perdono reciproco rilascio energetico preghiera conclusiva Ho’oponopono dell’Identità del Sé Self Identity through ho’oponopono SITH ® è tra le forme di ho’oponopono quello che viene raccontato e analizzato nel libro “Zero Limits” di Joe Vitale, che ha avuto il grande merito di diffondere ho’oponopono in tutto il mondo. Oggi 25


LA VIA INTERIORE

La Pratica 1) Individuare il “problema” Individuiamo il “problema” che vogliamo guarire ed esprimiamo l’intenzione di pulire eliminando le memorie responsabili (o recidere i legami) 2) Affidare al divino Attraverso l’assenza di aspettative affidiamo la questione al divino (alla Luce) che prende in carico la questione avvolgendola nella sua energia. 3) I problemi sono opportunità I problemi sono opportunità perché l’Universo che è Amore evolve in direzione dell’Amore e quindi tutto ciò che è… è Uno. 4) Recitazione del mantra Attraverso il mantra ripuliamo le energie inquinate (modifichiamo cioè la nostra percezione della cosa) e permettiamo al divino di riempire di pura luce (ispirazione) lo spazio vuoto lasciato dalle memorie dissolte.

Ho’oponopono dell’Identità del Sè è un insieme di potenti pratiche personali che si basano sulla consapevolezza di Ho’oponopono . Ciò che viene diffuso oggi nel mondo come Ho’oponopono dell’identità del Sè deriva principalmente dall’interpretazione e sintetizzazione del dr Stanley Ihaleakala Hew Len degli insegnamenti della kahuna Aunty Morrnah Nalamaku Simeona (19131992). Morrnah Nalamaku Simeona Aunty Morrnah Nalamaku Simeona, kahuna hawaiana con una vasta cultura in pratiche e dottrine di tutto il mondo, ha utilizzato e insegnato Ho’oponopono come un potente processo di ribilanciamento degli squilibri percepiti, che conducevano a conflitti interiori ed esteriori fino a generare anche vere e proprie malattie. A lei il grande merito di aver trasformato una pratica di gruppo in un processo individuale per la rimozione dei propri blocchi interiori. Grazie alla grandezza della sua ispirazione oggi ognuno di noi può servirsi di Ho’oponopono in totale autonomia per risolvere i propri squilibri in campo ma26

teriale, fisico, psicologico e spirituale. Anche Aunty Morrnah ha condotto la sua operazione di trasformazione della pratica di ho’oponopono all’interno della lecita essenza di Ho’oponopono. Infatti nelle Hawaii è noto che tutte le pratiche della spiritualità nativa sono in evoluzione che si adeguano al modificarsi della società e dell’essere umano. Ihaleakala Hew Len Dopo la morte di Morrnah, il dottor Stanley Ihaleakala Hew Len, ha continuato a diffondere nel mondo l’ Ho’oponopono dell’Identità del Sè, semplificando ulteriormente il processo individuale. Il dottor Hew Len trasmetteva il processo di Ho’oponopono come un sistema per riarmonizzare gli squilibri generati dalle memorie che intralciano il percorso per riconoscere e sperimentare la propria Reale Identità. Ad Ihaleakala Hew Len il merito della sintetizzazione del mantra “I love You, Thank you, Please forgive me, Sorry” che ha ormai fatto il giro del mondo e che è diventato lo strumento più conosciuto e usato per mettere in pratica il processo di Ho’oponopono.

Ho’oponopono in 4 passi E’ la formula di ho’oponopono proposto e diffuso dal Dottor Maka’ala Yates, anch’egli seguace e discepolo di Aunty Morrnah Simeona. “Vivere una vita sana e libera dai conflitti richiede uno sforzo. Questo sforzo dobbiamo farlo andando avanti, imparando a tagliare nel momento presente le corde che ci legano ai cattivi sentimenti e alle azioni che riteniamo negative relative agli eventi del passato. Siamo in grado di rifiutare la coscienza della vittima e adottare invece la coscienza della salute, dell’armonia, dell’equilibrio e dell’Amore. Non è necessario che precedenti esperienze negative ci impediscano di vivere la nostra bontà intrinseca. Ho’oponopono è la risposta per portare equilibrio ed armonia nella propria vita, nella comunità, nella società, nel mondo e, in ultima analisi, nell’universo.” Questa pratica di Ho’oponopono è molto più affine all’Ho’oponopono ancestrale, anche se rimane un sistema di allineamento e riarmonizzazione interiore, personale autonomo per l’individuo. Il tipo di Ho’oponopono proposto da Maka’ala Yates è più legato a al genere di pratica originale hawaiana rispetto a quello diffuso dal dr Hew Len. Questo processo conduce ad analizzare la propria storia per riuscire a sciogliere le proprie “negatività” specifiche, attraverso un metodo che può liberamente essere


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applicato in autonomia. Anche in questo processo ognuno lavora su se stesso con totale responsabilità. Una volta individuati questi legami, sarà relativamente semplice liberarsene e i 4 passi proposti faranno energeticamente in modo di aiutarci a tagliare il cordone Aka definitivamente, una volta per tutte. Essenziale, come in origine, è che ci sia l’intenzione seria e volontaria di recidere i cordoni definitivamente, altrimenti tutto il processo rischia di naufragare ed essere anzi controproducente, come i kupuna (anziani) hawaiani ben sanno. La pratica 1) Recidi Recidi (‘oki) il cordone (Aka) conduttore delle energie indesiderate tra te, la persona, il luogo o la cosa che percepisci come il problema. 2) Circonda Circonda ciò che stai scollegando con una chiara luce che trasmuta (loli’ana) e neutralizza l’energia che associ al problema. 3) Riversa Riversa questa energia trasmutata in uno spazio eterico o nell’Universo intorno

a noi rimettendola in circolo. (E’ come versare una tazza d’acqua nell’oceano, dove diventa uno con l’acqua del mare.) 4) Sostituisci Sostituisci l’impronta lasciata dal problema, il recettore rimasto vuoto di energia, creatasi quando è stata recisa la corda, con il sentimento di gioia o esito positivo che preferisci, magari recitando un mantra che ti suscita questi sentimenti. Ho’oponopono ke ala Abbiamo già visto come Aunty Mahealani Henry presenta Ho’oponopono: “Molti sono sorpresi di apprendere questa forma di Ho’oponopono radicata nello Spirito Aloha. E preferiscono piuttosto seguire l’adattamento cristiano occidentale che ha trasformato ho’oponopono in un sistema di “risoluzione dei conflitti” che ha incluso il moderno adattamento del programma con l’obiettivo di diffondere valori occidentali come “il perdono.” … Ho’oponopono Ke Ala precede questi adattamenti e porta avanti l’Aloha per se stessi attraverso il riconoscimento del nostro “miglior sè”. Utilizzando l’autopermesso di riconoscere e accettare la

propria perfezione. Per sperimentarlo, momento per momento, in tutti i settori della propria vita. E per eliminare i rifiuti creati dalla mente e basati sulla paura attraverso il bisogno di potere sul prossimo, il controllo, il peccato e le maledizioni. Ho’oponopono ke ala è l’antico sapere che tu sei ovviamente il migliore “tu” possibile. Non ci sono duplicati. Sei TU, l’originale TU. Il dio-dea non fa errori! “Ho’oponopono ke ala è anch’esso un’ evoluzione dell’Ho’oponopono Ancestrale. Questo è il processo diffuso da Aunty Mahealani Kuamo’o Henry. I concetti originari su cui Ho’oponopono si è evoluto sono estremamente evidenti in Ho’oponopono Ke Ala. Questo è un processo che, in ogni sua sfacettatura, non perde mai di vista la consapevolezza dell’Unità del Tutto. Ogni cosa che esiste nel nostro pianeta e nell’universo, dagli oggetti alle persone, alle situazioni ai sentimenti e alle emozioni, è fatto ed è la medesima originaria sostanza (Tutto è Uno e l’Uno è Amore), e, questa sostanza, è l’Energia d’Amore che è l’essenza di tutto ciò che è. Fare uso consapevole dell’energia d’Amore di cui tutto è composto, è il potere di direzionare le pro-


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prie potenzialità consapevolmente con l’obiettivo di alzare il livello energetico che percepiamo come basso e che ci fa manifestare delle cose che ci appaiono come sbagliate. Ho’oponopono ke ala sa e ci trasmette il fatto che lo strumento attraverso cui l’energia si manifesta sul pianeta terra è l’essere umano e tale “congegno”, è la forma ideale e perfetta su questo piano di esperienza. Quando soffriamo significa che la nostra mente ha perso la percezione della “realtà” e della sua perfezione e si è invece disconnessa percettivamente dalla realtà spirituale e dallo spirito di Aloha (Amore) che ognuno di noi è. E’ su questa disconnessione che Ho’oponopono ke ala lavora. Eccoci , stimola a riconoscere la nostra grandezza spirituale Uhane nui au. Ho’oponopono ke ala (letteralmente percependo la perfezione miglioro la realtà del cammino) è la pratica che ci consente di ritrovare la percezione ripulita da ostacoli e da impedimenti energetici. La consapevolezza che la nostra razionalità offuscata dalle memorie osta28

colanti è ciò che ci impedisce di percepire la perfezione dell’unità in tutto ciò che è e di riconoscere esperienzialmente che tutto è energia e tutto è Unità. La razionalità intasata di memorie ostacolanti e, quindi, in disarmonia, ci impedisce di riconoscere che l’Amore crea usando lo strumento delle esperienze umane all’interno della perfezione dell’Amore. E, dato che qualunque realtà di chiunque si sviluppa all’interno della perfezione dell’Amore, in nessun caso possono realizzarsi situazioni negative o sbagliate oggettivamente, ma qualunque negatività esiste solo nella percezione dell’individuo. Aunty Mahealani Kuamo’o Henry ci trasmette il processo di ho’oponopono ke ala dei nativi hawaiani come un atteggiamento di vita che riconosce naturalmente la perfezione dell’Amore nelle manifestazioni della realtà. Ho’oponopono occidentale Ho’oponopono è un anitco processo in evoluzione: come tutte la pratiche dello

sciamanesimo hawaiano che si basano sul principio “L’efficacia è la misura della verità” le forme di Ho’oponopono sono varie e continuino ad evolvere. Ho’oponopono è giunto in Occidente (in Italia) nei suoi principi di base, senza essere accompagnato da un analisi approfondita della sua derivazione e della filosofia su cui si basa. Lo stesso Serge Kahili King afferma nel suo libro “Rivoluziona la tua realtà” che “venire incontro alle curiosità dell’intelletto aiuta a rendere meno solide le barriere che l’intelletto stesso costruisce”, Ho’oponopono occidentale è ciò che ha studiato e compreso i fondamenti su cui si è sviluppato e le motivazioni che gli permettono di essere un processo così efficace e potente. La differenza sostanziale tra quello occidentale e quello hawaianao sta nel aver compreso e codificato cos’è, da dove deriva, come e perché funziona, avvalendosi, per ottenere queste competenze, di tutto ciò che si è rivelato utile in termini di conoscenze, di cultura, di sensazioni, di esperienze. Ogni cul-


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tura contiene semi di verità e, ciò che Ho’oponopono contiene di efficace per noi, in realtà è qualcosa che è presente, a volte più chiaramente, a volte in maniera più difficile da cogliere, in tutte le culture. La comparazione e l’utilizzo di ciò che è vivo anche in altre culture per comprendere o per rendere più efficace il processo per noi stessi è ciò che ha portao all’ Ho’oponopono occidentale. Esso è senz’altro, in linea con le origini da cui deriva, un modo di essere che si basa sull’Amore: inteso umanamente come la coscienza che si raggiunge con l’esperienza dell’unità. Gli hawaiani lo indicano con una parola: Aloha. Siamo un tutt’uno in evoluzione e ciò che fa parte di questo Tutto è utile ed efficace per la nostra crescita. Aunty Mahealani Kuamo’o Henry ci dice, in un’intervista di Barbara Hau’oli Okalani, che la spiritualità hawaiana si basa sulla comprensione di essere un tutt’uno con tutte le cose. E noi sappiamo bene come quasi tutte le culture antiche si basino sui medesimi principi: Tutto è Uno, L’Uno è Amore quindi Tutto è Amore! Ho’oponopono occidentale ha fatto proprio questo fondamento in maniera esplicita. Questa è la comprensione di base comune. Siamo un tutt’uno con tutto, siamo connessi in un’unica entità con le piante, con i fiori, con gli animali, con la natura, con gli altri umani, siamo un tutt’uno con tutta la vita… tutta… non importa stabilire con cosa in particolare. Ma, saperlo o non saperlo, per noi occidentali, che deriviamo la nostra cultura da Aristotele, Platone, Seneca, Cartesio, Galileo Galilei, Giordano Bruno, ecc, è ciò che spesso fa la differenza tra consapevolezza e inconsapevolezza. Ecco perché è così importante conoscere come funzionano le cose, qual è il meccanismo che regola l’evoluzione. Più siamo consapevoli di questo funzionamento più facile ed efficace sarà il nostro cammino e il nostro Ho’oponopono. E’ sostenuto da principi universali riscontrabili in tante altre culture, che ne testimoniano quantomeno la veridicità. Questi riscontri, queste ricerche sono Ho-oponopono occidentale. Esso ci rende capaci di individuare ciò che appare vero perché comune alle varie civiltà, verso la consapevolezza che tutto ciò che è Amore e, in quanto esseri esistenti, noi stessi siamo Amore, iden-

tificando quindi nell’Amore la nostra Reale Identità. Il processo di ricerca di ho’oponopono occidentale è un processo di destrutturazione che ci permette di individuare i meccanismi con cui l’universo evolve tra le nozioni delle varie saggezze appunto, ritrovandone poi le prove e le testimonianze nella nostra esperienza diretta, nella nostra personale quotidianità, senza accettare le dottrine in quanto “dogmi” o verità altrui. Ed è la ricerca e la comprensione che ha fatto di ho’oponopono occidentale qualcosa di diverso,ma ancora uguale e sempre più ampio e incredibilmente sempre più semplice, alla portata davvero di tutti, per lo meno di tutti gli occidentali. Questa è la differenza, l’unica tra Ho’oponopono occidentale e le varie forme di ho’oponopono hawaiano che abbiamo visto: quello occidentale ha reso espliciti, chiari, codificati i principi e i fondamenti per i quali esso è una pratica e una filosofia così efficace. Questo e solo questo è quanto fa di Ho’oponopono occidentale qualcosa che non è più Ho’oponopono hawaianao, non è più quello divulgato da Joe Vitale e da Ihaleakala Hew Len, o meglio, non è solo quello. E’ quello, ma è molto di più e, allo stesso tempo, molto meno. E’ qualcosa che ha scavato sotto la superficie per realizzare qualcosa di ancora più semplice e immediato. H’oponopono occidentale è la consapevolezza che il compito dell’essere uma-

no è quello di Essere Amore consapevolmente. Semplicemente Essere. La pratica 1) Responsabilità al 100%: rendiamoci conto di essere gli unici responsabili di tutto ciò che accade nella nostra realtà e assumiamoci tale responsabilità consapevolmente. 2) I problemi sono opportunità: cerchiamo la bellezza, la positività (l’Amore) in ciò che stiamo vivendo come un problema, con la consapevolezza che percepirlo come un problema dipende dalle nostre memorie ostacolanti (blocchi energetici subcoscienti). Se riusciamo ad individuare ciò che di buono contiene o si origina dalla situazione va benissimo, ma se non ci riusciamo va bene lo stesso. Focalizziamoci comunque su qualcosa di positivo che riguarda questa situazione. 3) Non avere aspettative: evitiamo di stabilire noi come la situazione deve modificarsi. Focalizziamoci invece su quello che succede con gratitudine e con apertura, consapevoli che si sta realizzando comunque la cosa migliore per noi e per tutte le persone coinvolte, anche se non ci sembra! Le aspettative rendono più lento il processo e non ci permettono di accorgerci di ciò che di buono stiamo ottenendo e quindi goderne. 4) Esserci: Ripetiamo il mantra “scusa grazie ti amo” ogni volta che possiamo! 29


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L’iride come rilevatore delle emergenze spirituali (psicologia transpersonale) di Elisabetta Conti (iridologa) www.adacqua.com

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ella nostra cultura, che predilige gli aspetti razionali della psiche, gli stati non ordinari di coscienza vengono spesso guardati con una certa diffidenza, sospetto e a volte con vero e proprio terrore, in quanto fanno emergere gli elementi irrazionali e quindi “incontrollabili” della natura umana. In altri contesti culturali diversi dal nostro (oriente, sciamanesimo, misteri greci ecc.) questi stati venivano invece considerati una benedizione divina, un dono degli dèi ed erano e sono tuttora attivamente ricercati con l’utilizzo di vari mezzi di autoesplorazione profonda: “le tecnologie del sacro”. La Psicologia Transpersonale li ripropone in veste moderna, all’interno di una

prospettiva psicoterapeutica e di evoluzione della coscienza. Il termine “transpersonale” significa letteralmente ciò che va oltre, che trascende il biografico, il personale. Dalle sue osservazione sugli stati non ordinari di coscienza, Grof distingue quattro livelli distinti della psiche umana e le sue corrispondenti esperienze: 1) barriera sensoriale; 2) inconscio individuale; 3) livello prenatale; 4) livello transpersonale. Talvolta tali passaggi avvengono in modo drammatico e traumatico. Gli psicologi transpersonali hanno approfondito lo studio delle diverse modalità che l’uomo, da sempre, ha utilizzato per provocare questi stati particolari di coscienza, intuendone il potenziale terapeutico a livello individuale e collettivo: il suono dei tamburi, i vari tipi di danze tribali, il vorticare dei Dervisci, l’assunzione di piante allucinogene, come il peyote e la sua

“esperienza di morte e incontro con esseri di luce” (secondo quanto descrive Castaneda), l’ayahuasca, la “liana dei morti”, che provoca una trance di tipo medianico (molto utilizzata dagli indios e attualmente in tutto il Brasile e altre regioni del Sud America all’interno dell’imponente cerimonia religiosa del “Santo Daime”), le varie tecniche respiratorie (come quelle descritte per esempio nel pranayama, l’antichissima arte-scienza indiana della respirazione) e la più moderna sostanza scoperta da Hoffman: l’LSD. Immaginiamo di essere improvvisamente catapultati in un altro mondo e di vivere esperienze assolutamente insolite rispetto al nostro modo abituale di percepire e di sentire la realtà, di avere per esempio visioni di demoni, divinità, personaggi mitologici, arcobaleni, comete, o anche visioni di una luce abbagliante di splendore e bellez-


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za sovrannaturali, di trovarci in luoghi lontani e sconosciuti o in altri periodi storici, di sentire correnti di energia che attraversano il corpo, oppure di morire, sparire nel nulla e unirci con l’intero universo, di provare panico, paura di non ritornare più in questo mondo.Le esperienze transpersonali possono essere molte volte profetiche e portatrici di una comprensione più profonda rispetto al modo di percezione ordinario. La visione del mondo attuale che emerge da queste profonde autoesplorazioni esperienziali è piuttosto drammatica: si vede un’umanità che ha perso la bussola, il contatto con la propria essenza, con la propria “umanità” e rischia la sua stessa sopravvivenza, ma appare anche un piccolo spiraglio, la possibilità di un cambiamento che può scaturire soltanto da una profonda trasformazione interiore. Durante questi stati di coscienza “olotropici” emergono preoccupazione ricorrenti riguardo a temi di attualità come la crisi globale, l’ecologia, le guerre, la scienza... in persone che prima di allora non avevano o almeno non erano consapevoli di questo tipo di preoccupazione. La scienza, per esempio, in questi stati di coscienza viene percepita nei suoi aspetti “ombra”, nel senso che dopo aver tanto ridotto i nostri rischi e sofferenze adesso ci presenta “il rovescio della medaglia”: è diventata essa stessa, con la sua esasperata unilateralità la più grave minaccia alla nostra sopravvivenza. “Spiritual Emergenze Network” (S.E.N.) di Stanislav Grof Stando agli studi effettuati da Abraham Maslow, John Perry, Alexander Lowen, Stanislav Grof, negli ultimi decenni sempre più numerose sono le persone che hanno vissuto e vivono esperienze così insolite, persone che, invece di cadere irrimediabilmente nella “follia”, emergono da questi stati straordinari “rinate” rispetto a prima, rinate nel senso di aver acquisito una maggiore consapevolezza, un maggior benessere psicofisico, un diverso modo di relazionarsi con il mondo e con gli altri. In alcuni casi questo tipo di esperienza segna l’inizio di un vero e proprio percorso spirituale simile a quello descritto dalle varie tradizioni religiose di tutto il mondo. Grof ha definito questi stati mentali “emergenze spirituali”, sotto-

lineando così il loro doppio aspetto di “pericolo” e “opportunità”. Negli anni ‘80, dando ascolto al bisogno crescente di riconoscimento, sostegno e informazione a chi attraversa questo tipo di crisi evolutiva, Grof ha creato insieme a sua moglie Cristina lo “Spiritual Emergenze Network” (S.E.N.): una rete internazionale di sostegno in alternativa al sistema psichiatrico tradizionale. In questi ultimi 20 anni il S.E.N. ha compiuto grandi passi nell’affermazione del concetto di emergenza spirituale nell’arena della salute e della malattia mentale e ha promosso l’idea che possa esistere un intenso processo di trasformazione psicologica che, pur presentando aspetti drammatici, non è patologico. Grof considera queste esperienze, durante le quali vengono attivati i livelli più profondi dell’inconscio, uno sforzo radicale della psiche per guarire se stessa, una tendenza verso una situazione di maggiore equilibrio e armonia, verso uno stato di coscienza più completo (da S. Grof “Oltre il cervello”). Psicologia transpersonale e respirazione Quando respiriamo ci riempiamo di invisibile, siamo animati da quella energia vitale (il Qi della Cina, Ki del Giappone, Ci della Corea e di altre civiltà dell’estremo Oriente) ed i polmoni sono il nostro spazio interiore, il “posto vuoto” per tutto ciò che è evanescente come le immagini, gli affetti, le “inspirazioni”. Le parole di Alexander Lowen “attraverso le sensazioni corporee provenienti da una respirazione piena e profonda diveniamo consapevoli della pulsante vitalità del nostro corpo e sentiamo di essere una sola cosa con tutte le creature pulsanti in un universo pulsante”, ci ricordano l’idea dell’Atman orientale, il nostro piccolo spirito individuale che è lo stesso Grande Spirito che sostiene la vita nell’universo. Il confronto con tutto ciò che è stato rimosso nel corso della nostra vita postnatale e la liberazione dell’energia impegnata nella rimozione favoriscono lo sbriciolarsi della diga che ci separa della nostra “sorgente” e libera la via verso le profondità del nostro mondo interiore. Molte di queste esperienze rimosse appartengono ad una fase dello sviluppo in cui non esisteva ancora il

linguaggio verbale e risultano perciò inaccessibili ad una forma di terapia che ha come mezzo di espressione la parola. Il livello perinatale dell’inconscio, il territorio esperienziale legato agli eventi traumatici della nascita biologica, contiene anch’esso vissuti drammatici, emozioni e energia “congelate” che non raggiungono la coscienza e che, una volta elaborati, favoriscono l’accesso alle profondità dell’inconscio. Anche i traumi fisici, al pari di quelli psichici, rimangono conservati nella memoria del corpo, codificati nei muscoli, negli organi, nei tessuti. L’aspetto che accomuna i vari tipi di esperienze transpersonali è la percezione che la persona ha che la propria coscienza si sia dilatata oltre i confini abituali dell’Ego trascendendo quei limiti spazio-temporali che negli stati ordinari di coscienza riducono la nostra percezione della realtà. Questo tipo di esperienza, molto difficile da descrivere, lascia in chi le vive un sentimento di comunione con la vita in senso ampio. Molte volte importanti insight di tipo esistenziale che riguardano il significato profondo della vita, un accrescimento del sentimento “religioso” di appartenenza ad una totalità più ampia e universale ed un autentico senso di libertà. In tutte queste antiche tradizioni i partecipanti sapevano cosa significasse oltrepassare i confini dell’esistenza quotidiana ed esplorare realtà molto al di là della coscienza ordinaria e ciò avveniva nei riti di possessione, durante la pratica delle svariate tecniche dell’estasi utilizzate nello sciamanesimo, nei sacri misteri di morte e rinascita praticati nell’antica Grecia e in Asia Minore: i misteri eleusini, i riti dionisiaci, i misteri di Attis e di Adone etc. A Babilonia e in Egitto questi misteri erano celebrati in onore di Isthar e Tammuz, Iside e Osiride. Secondo quanto ci racconta la tradizione, personaggi come Platone, Aristotele ed Euripide erano degli iniziati a tali misteri. La respirazione, il “soffio vitale”, è stata utilizzata da tempi immemorabili quale potente mezzo di accesso al mondo interiore. Le modalità respiratorie che vengono utilizzate a questo scopo variano dall’interferenza drastica sulla respirazione fino ai raffinati esercizi utilizzati dalle diverse tradizioni spirituali 31


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quali il pranayama. Non dimentichiamo l’importanza dell’attivazione del terzo occhio in tali esercizi. Il Battesimo, nella sua forma originale, praticata dagli Esseni, consisteva nell’immergere forzatamente il battezzando nell’acqua fino a portarlo vicino alla morte per soffocamento. Profondi cambiamenti nella coscienza possono essere provocati da ambedue gli estremi del tasso respiratorio: iperventilazione o ritenzione prolungata della respirazione. Pratiche sofisticate di questo tipo possono essere riscontrate anche nella meditazione taoista, nel Kundalini yoga, Siddha yoga, pratiche Sufi etc... Più ci addentriamo nella scoperta dell’inconscio, una volta accettato e integrato tutto ciò che è più indesiderabile e “infimo” dentro di noi, più possiamo attingere a quella “metà sana”, a ciò che di più elevato e vitale appartiene alla nostra natura in modo potenziale, a quelle qualità tipicamente umane come la gioia, l’amore, l’armonia, la spiritualità, in un lungo e travagliato percorso che va dell’angoscia, l’inde32

gnità, la colpa fino all’estasi e alle vette della nostra “umanità”. Un filo conduttore unisce e integra in una visione più ampia i conflitti, controversie e le apparente incompatibilità esistenti all’interno della nostra visione occidentale della psiche fondata su concezioni filosofiche inconciliabili a priori (si veda la psicologia di Freud e dei suoi “traditori”: Otto Rank, Wilhelm Reich, Alfred Adler, Carl Gustav Jung, ecc.). Come Grof, anche Wilber studia la psiche nel suo aspetto “pluridimensionale”. La psicologia di Freud non riconosce l’enorme importanza dei traumi fisici come incidenti, operazioni, esperienze di soffocamento, ferite, malattie, che durante l’autoesplorazione profonda emergono come elemento determinante nella genesi di vari disturbi psichici e psicosomatici. L’inserimento del livello perinatale nella cartografia dell’inconscio, con la sua enorme carica energetica e la sua carica di violenza e sessualità, porta al completamento delle gestalt non finite in passato e ad una maggiore consapevolezza di tutti i processi fisici e emotivi. La terapia esperienziale di

Arthur Janov, chiamata “terapia primaria”, si basa sull’emissione da parte del paziente di grida inarticolate e primordiali, portando all’espressione - attraverso queste grida - di diversi traumi, “strati di dolore primitivo”, originati in periodi diversi dell’infanzia e alla riattivazione attraverso le grida del trauma della nascita. Reich era consapevole dell’enorme carica energetica contenuta nei sintomi nevrotici e dei limiti di una terapia basata su mezzi puramente verbali, perciò allo scopo di eliminare i blocchi e liberare l’energia compressa dalla rimozione utilizzava tecniche respiratorie, il contatto fisico diretto e svariate manipolazioni corporee, il che favoriva un maggior abbandono da parte del paziente ai movimenti spontanei e involontari del corpo, il superamento delle rigidità fisiche, e il sciogliersi delle “corazze muscolari del carattere”. Quando si approfondisce l’esplorazione dell’inconscio, una volta superato il livello biografico, la potente sequenza esperienzale di morte e rinascita psicologica che emerge, viene associata alle manifestazioni fisiche e psichiche tipiche della nascita biologica. Freud ipotizzò che il trauma delle intuizioni di Rank, ponendo come elemento centrale della angoscia umana il trauma della nascita, risultano molto utili alla comprensione di questa fase esperienziale anche se il processo morte-rinascita ha implicazioni che vanno al di là della separazione del grembo o del solo rivivere la nascita biologica. Jung, indagò nelle profondità dell’animo umano ndosi imbatte in “qualcosa” che in una persona va oltre se stessa, in qualcosa che non appartiene più all’individuo in quanto tale ma al trans-individuale, che denominò “inconscio collettivo”. Questa visione antica ma allo stesso tempo nuovissima della psiche umana fa di Jung un psicologo “moderno”, portatore di un pensiero psicologico rivoluzionario, precursore del movimento transpersonale. La psicologia junghiana con la sua nuova visione della psiche è quella che più si avvicina alla comprensione del profondo significato della esperienza di morte e rinascita che avviene durante la riattivazione del livello perinatale dell’inconscio, in tutta la sua valenza psicologica e spirituale. La psicologia


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junghiana con le sue intuizioni azzardate come per esempio il legame tra materia e psiche (fenomeni “psicoidi”) e lo studio delle coincidenze straordinarie (“sincronicità”), i suoi concetti di inconscio collettivo e archetipi, la sua apertura verso la dimensione spirituale della psiche fu la prima a mettere veramente in discussione i fondamenti filosofici della visione del mondo occidentale e auspicare una drastica revisione del vecchio paradigma della scienza dominato della visione del mondo newtoniana-cartesiana: la sua “modernità” rende l’indirizzo teorico junghiano quello che più di ogni altro si avvicina alla visione groffiana della psiche ed all’indirizzo transpersonale, al punto che Jung viene considerato “il primo psicologo transpersonale”. Le tradizioni spirituali di tutto il mondo ci vengono in aiuto in quanto ci hanno lasciato delle mappe, vere e proprie cartografie dell’inconscio, degli stati mentali, difficoltà, delle svariate vicissitudini, trabocchetti e pericoli che possiamo incontrare quando intraprendiamo questo difficile percorso. Il nucleo di questa attivazione interiore è l’archetipo del centro, definito “Sè” da Jung o “il guaritore interno” da Grof (la “quadratura del cerchio” è un altro importantissimo equivalente rituale diffuso in civiltà arcaiche occidentali e orientali). Psicologia transpersonale e Mandala Nella tradizione orientale questo nucleo viene rappresentato dai Mandala e il suo fine ultimo è lo stesso perseguito della via mistica e della meditazione: “saggezza, compassione e amore”. Nel Mandala, cerchi concentrici circondano e proteggono un giardino circolare all’interno del quale è inscritto un perimetro quadrato di mura con quattro porte che segnano i quattro punti cardinali. Le porte sono presidiate da “guardiani” in atteggiamento irato), pronte a scoraggiare i non iniziati dal penetrare all’interno. La simbologia che si nasconde dietro questa visione è semplice da decifrare: l’ingresso nello spazio sacro corrisponde alla discesa nel profondo di noi stessi e le feroci divinità che custodiscono le porte rappresentano gli aspetti del sè che stanno oltre la soglia del conscio, spesso raffiguranti risvolti oscuri e talvolta inquietanti della nostra natura fino

a quel momento rimossi o ignorati, che bisogna affrontare prima di potersi avvicinare al centro di noi stessi. In altri termini: oltre le figure del quadrato e del cerchio, del triangolo, del rombo e dell’ellisse, troviamo una schiera di personaggi, simboli e motivi ornamentali, che rappresentano le relazioni intercorrentii tra i diversi piani di realtà. L’Iride come rilevatore dell’energia transpersonale Già abbiamo visto nel n. 42 della Bioguida che l’orlo pupillare interno in genere non è continuo, ma dentellato, costituito quindi da numerose unità strutturali addossate le une alle altre, simili a minuscoli bastoncini messi intorno alla pupilla, che talvolta assumono forme archetipali, esseri mitologici che si appiccicano a proteggere, difendere e rendere più difficile il passaggio nel “buco nero” - inconscio collettivo junghiano - come i guardiani del Mandala. Con geniale intuizione, la scuola di Daniele Lo Rito propone un’interpretazione dei segni iridologici e in particolare della conformazione dell’OPI, a seconda della loro locazione in determinate zone.In pratica, l’iride viene suddivisa in 4 settori: • il settore A (frontale) rappresenta - per mancanza o eccesso - la spinta verso il futuro, anche nella difficoltà . Fa sentire la presenza dello spirito e dà il coraggio di osare, può indicare chiaroveggenza. • il settore B (temporale) indica che l’individuo ha un senso esagerato di onnipotenza, anche un’eccessiva creatività e una probabile non-integrazione, con tendenza a non comprendere più se la realtà è fuori o dentro di sé, o al contrario un blocco molto forte nell’espressione del Sè.

• il settore C ( ventrale) indica che la forza del soggetto deriva dal suo passato e dal ricordo di precedenti esperienze, ma anche difficoltà a proiettarsi verso il futuro, tendenza a rimanere “immobili” e rigidità nei legami, paura di sbagliare, di osare, rancore legato a un’immagine di ciò che è stato, ricatto del voler mantenersi sempre uguali a se stessi. • il settore D (nasale) indica che è forte l’esigenza di concretizzare un’idea, un progetto o talvolta anche con criteri di materialismo e tendenza a “manipolare” gli altri. Se leggiamo la morfologia dell’orlo pupillare interno in chiave pluridimensionale, ci rendiamo conto che può rivelarci a quale livello è giunto il viaggio esperenziale/transpersonale della persona in analisi (se mai questo viaggio è iniziato...), per quanto, oggi più che mai , sia necessario. Grof descrive il mondo attuale come “una situazione disperata” e parla di una urgente necessità di cambiamento su scala collettiva, di una corsa contro il tempo che non ha precedenti nella storia dell’umanità e rivendica il diritto di ogni essere umano ad evolvere verso la propria completezza. Richard Tarnas nel suo libro “The passion of the western mind” sostiene che “la passione più profonda dello spirito occidentale è quella di ri-legarsi all’essenza del suo stesso essere”. Tutto ciò fa riflettere e sembra esortare all’interiorità, all’introspezione, ad un percorso verso tragurdi che non appartengono a questo mondo. Solo così, forse, rivolgendo lo sguardo verso il proprio mondo interiore, senza paura, affidandosi e arrendendosi a questo profondo buio, l’uomo potrà essere finalmente riconsegnato a se stesso (cfr. Virginia Salles in: psiconautica.it). 33



LA VIA DELLA SCIENZA

Il sistema immunitario debole di Susanna Berginc

Fatto questo, ecco un buon prosieguo.

B

• Importantissima è la L-Glutammina, un aminoacido che ripristina la barriera intestinale, uno delle fronti di difesa maggiori contro i batteri et simila, ma non solo: è anche basificante, ed è molto importante avere un buon pH nel nostro corpo: 2-3 gr al giorno in abbondante acqua prima di andare a dormire.

uona parte del nostro sistema immunitario risiede nel nostro intestino, e data la qualità, il cibo che vi entra ogni giorno potrebbe essere una minaccia per la nostra salute. Non possiamo infatti sapere quante battaglie silenziose si consumano quotidianamente nei meandri della nostra pancia, ma possiamo immaginare che siano state troppe quando sentiamo di essere più deboli, più fragili e tendiamo ad ammalarci spesso. Per superare uno di questi momenti di crisi, ci sono rimedi che possono aiutare efficacemente nel caso di un sistema immunitario debole. • Per prima cosa sicuramente fare un protocollo di pulizia intestinale magari con l’aiuto di probiotici, come ad esempio Enterelle, Bifiselle e Ramnoselle. • In parallelo deputare il fegato perché la nostra salute parte sempre da un intestino ed un fegato in buono stato (con l’aiuto di piante come il tarassaco, il cardo mariano ed il carciofo per esempio).

• Ottimi sicuramente i funghi medicinali che fanno molto spesso dei miracoli. I migliori sono Agaricus blazei, Cordyceps sinensis, Maitake (Grifola frondosa), Shiitake (Lentinus edodes) e Reishi (Ganoderma lucidum). Esistono anche dei prodotti che li contengono tutti assieme. Purtroppo sono un po’ cari, ma aiutano molto. • Lo Zinco, la manna per le nostre difese, per il nostro apparato respiratorio, per la gestione del glucosio, per la chelazione di metalli pesanti, per la salvaguardia della prostata: non andrebbe mai dimenticato, anche perché gli alimenti ne sono preoccupatamente carenti.

• Infine, ma non meno importante, gli oligoelementi. Mn-Cu per le persone che tendono a incorrere periodicamente o di continuo in malattie tipicamente invernali, mentre il RameOro-Argento per sostenere il tutto, dal sistema immunitario al morale (non va usato in persone ansiose o agitate, e mai dopo le ore 15). Il sistema immunitario dipende ovviamente da moltissimi altri fattori, come lo stress, la paura, l’ansia, i troppi carichi di lavoro, la mancanza di attività fisica,la carenza di acqua, l’eccesso di alcuni alimenti animali (Secondo le indicazioni anche dell’OMS: la carne va assunta 1-2 volte la settimana, e latte e latticini anche meno). Ma non solo: anche l’aspetto emotivo ha la sua parte in tutto questo. Se non siamo in grado di difenderci dalle altre persone, se non sappiamo dire di no e ci sentiamo invasi, oppressi o con le spalle al muro, sarebbe il caso di fare qualcosa per noi, per la nostra autostima, magari con dei seminari, con dei corsi, con un supporto psicologico o anche con la Metamedicina. Un supporto comunque potrebbe arrivare anche dai fiori di Bach, in particolare da Sel Confidence dei Bush Flower (7 gocce al mattino e 7 alla sera).



PAROLE E MUSICA

Carlo Fava

Il Maestro non c’è (Egea Music)

C

arlo Fava è un esponente della musica d’autore fra i più raffinati del panorama italiano. All’età di 10 anni inizia a suonare il pianoforte, studiando arte drammatica con Richard Gordon. Jazzista e amante del teatro-canzone, tra i personaggi che lo hanno ispirato troviamo Giorgio Gaber e Paolo Conte. Compone nel 1998 la celebre canzone “Dottore” cantata da Mina, che la eseguì in un duetto indimenticabile con con Beppe Grillo. Nel 1999 adattò per Ornella Vanoni un celebre testo brasiliano scritto da Marisa Monte, creando un brano conosciuto in tutta Italia come “Santallegria”. Ha partecipato a numerosi spettacoli teatrali, firmando inoltre canzoni e monologhi scritti con l’aiuto di Gianluca Martinelli. Ha partecipato al programma televisivo “Quelli che Jannacci” e al “Colorado Cafè” di Diego Abatantuono. Nel corso del 2005 prende parte al progetto “Seguendo Virgilio” – dentro e fuori il Quartetto Cetra e l’anno successivo partecipa al festival di Sanremo in coppia con Noa eseguendo la canzone “Un discorso in generale”, al quale viene assegnato il premio speciale della critica. E’ del 2009 il suo quarto lavoro, intitolato “Neve”. Oggi torna sulle scene dopo otto anni di silenzio discografico con il doppio “Il Maestro non c’è”. “Il titolo contiene tutti maestri della mia formazione, maestri che, naturalmente, non hanno nulla di ordinario. Ogni cosa in loro era inconsueta e fenomenale, la loro era la magistralità un po’ storta e difettosa dell’uomo normale a cui riconosco però l’insostituibile pregio di esserci stati senza aver avuto il bisogno di apparire. E’ proprio per alzare un fragile muro contro il pantagruelico sovrapporsi di voci, di opinioni, di apodittiche certezze, che ho scelto un titolo che vorrebbe evocare l’assenza, un’assenza. E’ un’assenza che preoccupa ma che è anche piena di luce, di splendore, di speranza e ben rappresentata dal dipinto in copertina di Nicola Gardini: un bambino che corre senza paura verso le onde del mare. Il maestro insegue una musica e se ne va, lascia i bambini da soli convinto, forse, che sono proprio loro, i bambini, a incarnare le figure di riferimento più forti e resistenti. Il tempo scorre verso una società senza Padri ma, a quel bambino che corre, per fortuna, sembra importare poco. Un coraggio tremendo e bellissimo lo spinge dentro il grande gioco dell’universo e della vita.”

a cura di Francesco Giordano

E’ un lavoro molto profondo nel quale emerge la forte perplessità che l’autore vede nel contrasto fra un futuro che spinge verso un punto buio e un passato che vuole rievocare tradizione e cultura. Per la realizzazione del disco Carlo Fava si è avvalso di grandi musicisti che hanno dato continuità artistica alle sue idee musicali. Basta citare fra gli altri, due nomi di assoluto prestigio come Rita Marcotulli e Luciano Biondini. I testi sono come sempre scritti a quattro mani con il coautore di sempre, Gianluca Martinelli; un sodalizio artistico iniziato addirittura sui banchi del liceo. Insieme hanno anche scritto canzoni per Mina, Ornella Vanoni, Noa.

Fabio Concato e Paolo Di Sabatino Trio

Gigi (Egea)

S

comporre e ricomporre” è il titolo di un lavoro di Fabio Concato del 1994 ma è soprattutto la filosofia presente anche in questo nuovo lavoro, “Gigi”, che celebra quarant’anni di attività musicale di uno dei più raffinati e apprezzati cantautori italiani. Concato infatti per l’occasione scompone e ricompone in chiave jazz alcuni dei brani più noti della sua lunga carriera. Al suo fianco in questo progetto il talentuoso pianista Paolo Di Sabatino, compositore per Mario Biondi e Grazia Di Michele, oltre che arrangiatore per la stessa di Michele e Antonella Ruggiero, nonchè docente e coordinatore del dipartimento di jazz al conservatorio dell’Aquila. La collaborazione fra i due artisti ha radici solide: nel 2011 infatti il pianista di Teramo chiama Concato e altri nomi di spicco fra cui Gino Vannelli e Gegè Telesforo, come ospite nel suo “Voices”. Da allora è nato un sodalizio artistico culminato in numerose esibizioni dal vivo e che oggi arriva a completamento con “Gigi”, album che prende il nome dal pezzo inserito in “Giannutri” e inciso per la prima volta nel 1990, dedicato al padre che amava il jazz e la bossa nova, due elementi che son sempre stati presenti nel dna musicale di Concato. Di Sabatino, che ha curato gli arrangiamenti del disco, è affiancato da Marco Siniscalco al basso (per lui tantissime collaborazioni fra cui Rava, Fresu, Baglioni, Il Volo, Morandi) e Glauco Di Sabatino alla batteria (a sua volta in tour con Antonella Ruggiero). Il jazz è la chiave di volta del disco: Concato improvvisa, riadatta, riscopre pezzi come “Rosalina”, “Sexy Tango”, “E’ Festa”, “Ti ri-

cordo ancora”, “Fiore di Maggio”, la stessa “Gigi” o “Stazione Nord” contenuta nel suo più recente disco di inediti del 2012. Toccante oggi come e più di allora ogni rilettura esprime una grande intensità poetica.

Remo Anzovino / Roy Paci

Fight For Freedom

Tribute to Muhammad Ali (Incipit/Egea)

F

ight For Freedom - Tribute to Muhammad Ali” è il nuovo progetto musicale di Remo Anzovino e Roy Paci. Anzovino compositore e pianista fra i più originali e visionari della nuova scena contemporanea si avvale della collaborazione di Roy Paci, musicista poliglotta, produttore geniale e trombettista dallo stile unico e inconfondibile, per questo lavoro dedicato al grande campione dei pesi massimi e figura di spicco della storia del Novecento. Ne sono nati 12 pezzi inediti che hanno fatto da colonna sonora originale al documentario “Da Clay ad Ali, la metamorfosi” diretto da Emanuela Audisio e andato in onda su Sky in prima TV lo scorso 17 gennaio, il giorno in cui il grande campione avrebbe compiuto 75 anni. Questi 12 brani sono diventati anche un album pubblicato in versione digitale, che ha scalato immediatamente la classifica iTunes nella categoria colonne sonore e nella Top 20 della classifica generale. Ora è stato pubblicato su cd e vinile “Fight For Freedom - Tribute to Muhammad Ali. La presentazione è avvenuta lo scorso maggio al Salone del Libro di Torino, che ha scelto Fight For Freedom anche come disco ufficiale della I edizione della Fiera Europea della Musica, tenutasi sempre lo scorso weekend nei padiglioni del Lingotto. “Volevo la leggerezza del vento tra le palme, la gioia di chi va veloce, la rabbia di chi non vuole più stare nella parte sbagliata del mondo, perché sbagliata non è, volevo l’arroganza di chi prende coscienza e la fierezza di chi si carica sulle spalle il mondo, afferma la regista Emanuela Audisio, che nel film “Da Clay ad Ali, la metamorfosi” ha restituito a tutto tondo e in un modo unico una figura straordinaria e irripetibile, offrendo una lettura quasi microscopica della psicologia di questo grande personaggio dalle mille sfumature, mai banali e sempre imprevedibile”. Poi l’Audisio aggiunge: “Volevo non solo la bellezza della vittoria, ma anche il dolore della sconfitta, per dire che vale sempre la pena avere una causa. Volevo una musica che non dimenticasse: i funerali del sud pieni di colori, la tromba, il piano, i pugni, il blues, il jazz, chi ride e chi piange. C’è il R&B e ci sono R&R, Remo e Roy.”

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PAROLE E MUSICA

a cura di Mari Valentini

Massimo Recalcati

Isca Salzberger Wittenberg

Non è più come prima

Sulla FINE e sull’INIZIO

Elogio del perdono nella vita amorosa

(Astrolabio)

prensione suscitata dai cambiamenti domini e soffochi la nostra vita? In questo caso la nostra crescita mentale, emotiva, spirituale rimane limitata o, peggio ancora, si arresta.

Pietro Spirito

(Raffaello Cortina editore)

Nel fiume della notte (Ediciclo)

L’ O

gni psicanalista ascolta, dai pazienti, quotidianamente, i tormenti della vita amorosa: l’isolamento affettivo, le inibizioni sessuali, la ricerca compulsiva di rapporti insoddisfacenti, le delusioni che se seguono fatalmente, l’infedeltà, la caduta del desiderio. L’autore di questo bel libro distende la stereotipia della sofferenza affettiva analizzandola con implacabile lucidità e pacatezza, soffermandosi su due aspetti della nostra epoca che ne hanno mutato radicalmente il volto e scombussolato l’assetto di fondo. Da una parte un platonismo disperato che coltiva in segreto dal teatro della famiglia la realizzazione della passione ed il desiderio e dall’altra l’ideologia del “Nuovo” che, su stampo capitalistico, lo identifica con una reiterabile felicità da inseguire. Senza elaborare il lutto della perdita e della fine dell’amato lo si sostituisce nel più breve tempo possibile. Questo lavoro, tuttavia, si concentra su quegli amori che si ostinano al “duro desiderio di durare”, come scrive Lacan, contro il convincimento freudiano per cui nessun amore è “per sempre”, che non esiste amore per l’Altro che non sia amore per Sé in un tempo in cui imperversa la sirena sguainata del consumismo amoroso e sappia sfidare la scissione strutturale dell’amore. Il libro si concentra sulla pratica difficile del perdono in quegli amori che abbiano subito l’onta del tradimento e della promessa di ritornare ad un “prima” di impossibile ricostituzione, coloro che sfidano la vita e un tempo lungo, lasciando un segno nell’animo di chi li abita. 38

autrice scrive questo libro a quasi 90 anni, “quando la sua mente è ancora giovane (…) ed è un vero peccato morire quando la mente è ancora in evoluzione. Non potremmo istruire il corpo ad aspettare finchè la mente non abbia raggiunto la fine del suo viaggio? Non c’è dubbio che il corpo risponderebbe” – si legge nella prefazione al testo di Neville Symington. Apprendere l’esperienza della fine e dell’inizio fa parte dell’essenza imprescindibile dell’esistenza umana. Di solito si associa la fine alla paura e l’angoscia e gli inizi alla speranza e l’eccitazione ma fine ed inizio sono intimamene collegati perché ogni fine ci obbliga a venire a patti con ciò che abbiamo perduto e a cominciare qualcosa di nuovo. Eppure “ogni inizio è difficile recita un detto tedesco, perché qualcosa di nuovo può essere faticoso e muoverci ad ansietà. E se da un lato desideriamo staccarci da ciò che troviamo limitante e frustrante nel presente dall’altro restano le incertezze e le perplessità sul futuro da disegnare su un ordito di trama sottile. Inizio e fine sono elementi inevitabili del lungo percorso e ciclo della vita e senza ogni perdita non saremmo in grado di interiorizzare e/o preservare dentro di noi il valore del passato, di costruire qualcosa di nuovo rispetto alla nostra esperienza maturata. Resta tuttavia nella profondità della nostra mente la paura di perdere ciò a cui siamo abituati, il timore di ritrovarci indifesi e terrorizzati come eravamo nell’infanzia. Ci ritroviamo continuamente davanti ad una scelta: rischiare di aprire la mente ed il cuore, essere curiosi, consapevoli di sapere così poco e che c’è tanto da imparare e sperimentare? Oppure lasciare che l’ap-

U

n reportage narrativo vibrante, all’ascolto del Timavo, il fiume della notte, che sotterraneo e malioso tuona come un tamburo e batte l’eco ed il tempo delle vicende umane, come scriveva Virgilio. Un viaggio al centro della Terra lungo il suo corso, attraverso i suoi abissi oscuri ed i suoi laghi misteriosi, le sue risorgive impetuose ed i suoi mulinelli turbolenti. Di certo una ricerca simbolica che si snoda dai boschi della Croazia alle foci dell’Adriatico, lungo uno dei fiumi carsici più affascinanti del mondo. Il desiderio dell’autore è quello di ascoltarne il respiro, sentirne le età, avventurarsi in un mondo capovolto, ricco di leggende e miti antichi, storie di guerre lontane e vicine, esistenze di uomini e generazioni che ne hanno attraversato la presenza e l’assenza. Il percorso parte e si conclude da una chiesa ed una guerra: da quella della Beata Vergine Immacolata di Pesek, in Slovenia, e dal carro armato Leopold alle granate piovute sulla basilica paleocristiana di San Giovanni in Tuba, a Duino, per approdare al mare, al cospetto maestoso della linea dell’orizzonte, come a chiudere un ciclo ed a riaprirne un altro. Perché nella sua corsa, dalle sorgenti al mare, questo fiume sembra dirci che c’è sempre pur nascondendosi nei recessi del golfo, rispuntando a sorpresa con il suo gorgoglio libero e leggero, come il ritmo e la scrittura che lo scrittore ha saputo imprimervi.




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