Weekly Enjoy #009

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IL SETTIMANALE DE LE GUIDE DE L’ESPRESSO

Ogni fine settimana, al vostro indirizzo di posta elettronica, vi verrà recapitato il Weekly Enjoy, un magazine con notizie, servizi, approfondimenti e consigli più interessanti della settimana. Chi ha fame di notizie enogastronomiche può mettersi a tavola. Il servizio è gratuito

WEEKLY ENJOY - IL SETTIMANALE DELLE GUIDE DE L’ESPRESSO
Pubblicazione settimanale gratuita #009 - 19 Agosto 2023
Direttore Responsabile: Alessandro Mauro Rossi Coordinamento Editoriale Digital: Carlo Carnevale Grafica e Impaginazione: Beatrice Dalla Paola Direttore Commerciale: Michele Belingheri

VIP: VERY IMPORTANT POSTO

PIZZERIA LE SPECIALITÀ

Si narra che re Giorgio Armani passi spesso qui le sue domeniche sera con amici, ma oltre a lui una flotta di attori e donne e uomini dello spettacolo, stranieri e non, affollano le sale di questa pizzeria storica, che nasce nel 1977, pertanto se non sei un vip vieni qui a cena alla ricerca di un vip, è certo! Siamo in una traversa di corso 22 marzo a Milano e nel regno della pizza scrocchiarella, quella sottile e non lievitata o quasi. Aperta 7 giorni su 7 non conosce flessioni, le sue sale sono sempre piene di Vip e di meno Vip, o turisti stranieri e semplici avventori che sono stati raggiunti dalla fama del ristorante. La nostra degustazione di pizza non è stata male. Digeribile, con buoni ingredienti impiegati e un servizio celere, forse un filo vecchio stile, ma abbastanza adeguato al contesto. Quindi tra una margherita con prosciutto e una pizza bianca con fiori di zucca e alici potrete anche accogliere al tavolo i vostri amici celiaci, se li avete, perché qui sono pronti a soddisfare tutte le esigenze dietetiche. L’unico neo ? il prezzo, decisamente alto, ma se sei un Vip non ti peserà.

NOME DELLO CHEF : MENU DEGUSTAZIONE : prezzo medio di 50 euro alla carta.

VIP: VERY IMPORTANT PIATTO

AGNESE LOSS E LE SUE TAGLIATELLE ASPARAGI

LARDO E CAVIALE: MISERIA E NOBILTÀ

RISTORANTE OSTERIA CONTEMPORANEA CHEF: AGNESE LOSS

Generazione Z in cucina. Queste ragazze vanno veloci. Agnese Loss a 22 anni è “cheffina” proprietaria di questo sobrio ristorante nascosto tra le stradine del centro della nota città del vino. Probabilmente, a quell’età e con quelle peculiarità, forse la più originale della Penisola, con margini di crescita.

Sviluppa la sua cucina molto personale pescando dal territorio circostante prodotti non facili da gestire, come i pesci d’acqua dolce o le frattaglie bovine, e non esita a accostare ingredienti di tipologie molto diverse. La regola dei tre ingredienti caratterizzanti di un piatto, di Marchesiana concezione – scelta assai saggia per lo più – può essere superata non sempre con successo, e infatti spesso ci imbattiamo in un qualche “quarto elemento” che compromette il buon risultato finale.

Non è questo il caso, perché la giovanissima trentina trapiantata nel nord Piemonte sistema le cose con una disinvoltura che lascia piacevolmente stupiti. Lo fa così, con naturalezza spontanea. Dunque, già dal titolo “Miseria e Nobiltà”...

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ODE ALLA NORMALITÀ

RISTORANTE OSTERIA CONTEMPORANEA

Via Francesco Mattai, 4

13045 Gattinara (VC)

Tel: +39 339 4621463

osteriacontemporanea.it

Il menu rivoluzionario ma tradizionale, il cocktail sostenibile ma complesso, la formula “adatta a tutti i momenti della giornata” ma con l’obbligo di prenotazione, il “rispetto dei piccoli produttori locali” ma con gli sponsor delle multinazionali, lontano dai riflettori ma gremiti di influencer su invito. Ma anche la filiera corta che corta non è, la stagionalità proclamata ma non rispettata, e peggio ancora l’angolo selfie, l’amuse bouche in doppia cifra, la panificazione interna con grani antichi. E sono davvero pochissime, tra le tante espressioni ormai diventate ritrite. Ecco, nella sfrenata e quotidiana ricerca della prossima idea d’avanguardia, che negli ultimi tempi ha decisamente stentato a venire fuori se si osserva il panorama dell’ospitalità con il grandangolo, forse questo periodo estivo può aiutare a riportare l’attenzione su quello che davvero funziona: la semplicità di un’accoglienza amichevole e senza fronzoli, l’eccellenza di una proposta diretta (e perché no classica ma ben eseguita), il soddisfacimento delle necessità più immediate degli ospiti. Più sostanza e meno eccessi, più pancia e meno chiacchiere: le nuove vette si raggiungono ricostruendo dalle fondamenta.

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di Alberto Cauzzi di Alfonso Isinelli Carlo Carnevale Carlo Carnevale Coordinatore editoriale digital de Le Guide de L’Espresso PIZZERIA LE SPECIALITÀ Via Pietro Calvi 29 Milano (MI) ristorantelespecialita.it

PRINCIPALI PRODOTTI TIPICI A BASE DI CIOCCOLATO IN TOSCANA.

TORTA DI CECCO

Dolce formato da un impasto di scorze di arancia e albicocche candite, mandorle e nocciole tritate, zucchero, farina di frumento e spezie cotto in forno e coperto di una glassa di cioccolato fondente. È simile al Panforte, ma gli ingredienti sono differenti, il sapore è più delicato ed è caratterizzata dalla copertura di cioccolato fondente. È un dolce tipico di Siena, il cui nome è da ricondurre al letterato senese Cecco Angiolieri.

CASSATA FIORENZA

Dolce formato da tre strati di cialda friabilissima farciti di crema di nocciole e ricoperti di cioccolato fondente. È realizzata secondo la ricetta inventata a Firenze nel 1930 ed è confezionata con gli stessi incarti e la stessa immagine fin dal 1936.

TORTA PISTOCCHI

Torta di cioccolato fondente, ideata da Claudio Pistocchi di Firenze nel 1999: un grande cioccolatino morbido e cremoso, senza l’aggiunta di zucchero, né uova, né burro, né farina, con cioccolato fondente, cacao amaro in polvere e crema di latte.

TORTA “PANFORTE GLACÈ” AL CIOCCOLATO

Antica ricetta creata da Bruno Corsini di Pistoia negli anni ’30 del secolo scorso: dolce di forma rotonda e piatta, formato da un guscio di cioccolato fondente ripieno di un impasto di gianduia, zucchero, mandorle e nocciole, arricchito di cedri, arance e ciliegie candite.

TORTA DI SEMOLINO

Torta della tradizione, principalmente fiorentina, con una serie di varianti: nella versione usualmente diffusa, la torta è formata da un guscio di pasta frolla, ripieno di uno strato di crema a base di semolino sormontato da una crema al cioccolato fondente.

TORTA FEDORA

Torta inventata a Firenze negli anni ’30 del secolo scorso da un pasticciere che le diede il nome della moglie; formata da una base di Pan di Spagna imbevuto di maraschino o alchermes, coperta da uno strato di abbondante panna montata, sormontato da una sottile copertura di gianduia spolverata con zucchero a velo. Alcune varianti prevedono l’aggiunta di amarene o scaglie di cioccolato nella panna. Originariamente in forma tonda, oggi si trova spesso in monoporzione di forma quadrangolare, benché la diffusione si sia drasticamente ridotta.

CURIOSITÀ ARTIFICIALI

Abbiamo chiesto all’AI... qual è il più grosso coniglio di cioccolato mai prodotto?

Il più grande coniglio di cioccolato pesava 4.245,5 kg ed è stato realizzato dall’Equipe da Casa do Chocolate presso lo Shopping Uberaba, a Uberaba, Minas Gerais, Brasile, il 25 febbraio 2017. Il team della Casa do Chocolate era composto da 9 professionisti, che hanno lavorato per 8 giorni consecutivi alla scultura del coniglio di cioccolato. Il coniglio di cioccolato era alto 4,52 m, largo 2,11 e lungo 1,76 m.

PERSONAGGI

LA FAMIGLIA IACCARINO

La famiglia Iaccarino dovrebbe essere riconosciuta come uno dei monumenti dell’enogastronomia italiana. Una famiglia che ha fatto e continua a tracciare la storia della gastronomia contemporanea e futura, attraverso continue e costanti innovazioni. Alfonso, assieme alla moglie Livia, uniscono da sempre cultura gastronomica, arte del ricevere, ricerca e impegno a valorizzare i prodotti locali. Sono stati tra i primi al mondo a creare l’orto, sito in un luogo meraviglioso come Punta Campanella, in supporto al ristorante per la produzione di materia prima vegetale di qualità. Hanno sostenuto tutta la filiera agroalimentare autoctona valorizzandola in tutto il mondo, grazie all’ampio flusso di stranieri che inondavano da sempre il loro luogo di accoglienza, il Don Alfonso. Facendo conoscere prelibatezze sino a quel tempo semi sconosciute e valorizzando attraverso i loro piatti la loro terra e i fantastici prodotti del loro territorio. Oggi le nuove generazioni, i figli Ernesto e Mario, supportati e valorizzati dai propri genitori, hanno deciso di chiudere per un lungo periodo e di dedicarsi ad una profonda ristrutturazione della sede storica, anche qui proponendo avanguardia ed innovazione nell’ottica e con l’attenzione alla sostenibilità. Una grande famiglia al servizio dell’enogastronomia e della cultura italiana. Che noi attendiamo con trepidazione di nuovo in pista.

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LE BUONE COSE… di ANDREA GRIGNAFFINI

L’esperto svela tutti i segreti per preparare e gustare al meglio gli ingradienti della settimana.

STELLE GUIZZANTI NEL MARE

Una credenza narra che leacciughe sarebbero nient’altro che la punizionediDioalle Engrauline,piccolestelle luminosissime che avevano offeso la luna e annoiato il firmamento con il loro estenuantevaniloquio.

Leggende incredibili e grandissimi sapori: le acciughe sono una delle regine del nostro mare e si presta a una miriade di ricette interessanti.

La colatura di alici

La fermentazione rappresenta il metodo più utilizzato per la conservazione, pensiamo ai Garum (salse di pesce fermentato). E proprio questa preziosa salsa ambrata dall’intensa espressività umami, è preparata ancora secondo l’ancestrale tradizione. Per chi ama le alici questa è la loro quintessenza.

Bollicine e bianchi in abbinamento

Nonostante venga istintivo l’abbinamento con i vini bianchi diciamo “da spiaggia”, quelli beverini e aciduli, in realtà diventano troppo disarmonici con la parte amarotica e più selvaggia dell’alice che spadroneggia il gusto. Da premiare quelli più morbidi al sorso capaci di addomesticarne l’impronta.

Un ricchissimo concentrato di virtù marine… e molto di più. Protagonista di antiche leggende, guizza argentata in tanti detti nazional-popolari prestandosi ad interpretare altrettante antropizzazioni e perfino certi vezzi attribuiti all’animo femminile: si parla della saporosa acciuga, la più ammiccante e vanitosa tra i pesci azzurri. Una credenza narra che le acciughe sarebbero nient’altro che la punizione di Dio alle Engrauline, piccole stelle luminosissime che avevano offeso la luna e annoiato il firmamento con il loro estenuante vaniloquio. Così Dio le fece precipitare in mare a «correre, a stancarvi, patir la fame e la paura», decretando una funesta sorte da sottile sottomarino per quei corpi celesti e una nuova fortuna per l’uomo che, lungi dal limitarsi ad ammirarne i bei riflessi luccicanti, prese soprattutto ad apprezzarle come cibo. Questo fu vero non solo per chi, di acciughe fresche, poteva farne agile incetta vivendo in prossimità di porti e pescherecci,  ma anche per coloro che, oltre i valichi, i passi e le valli, ne beneficiavano nella versione più longeva, sotto sale; raro non era trovare acciughe appese a testa in giù sopra le tavole delle sempiterne polente padane o, ancora più su fino alle Langhe e in Val d’Aosta, vederle arrivare dentro ai caruss, i carretti dei famosi anchoiers dalla Val Maira che giravano di cascina in cascina, per stradine inghiaiate o innevate, attraversando le piatte campagne per approdare fino in città come Torino e Milano, tirando o spingendo il loro carico di pesci salati. Ma non basta, l’acciuga fa capolino anche nel repertorio di prelibatezze mediterranee, qui voluttuosamente sott’olio; si passa da quelle del Mar Cantabrico, le più carnose e ghiotte, a quelle più delicate della Liguria e della Sicilia. Un sottile pescetto che dà mostra d’incredibile versatilità anche nelle ricette di carne come vivace comprimaria all’interno di basi e salse o nella sua preziosa quintessenza, la colatura, un sopraffino condimento per primi piatti ma anche per vegetali e uova, o, ancora, per incarnare quell’insostituibile quid in certi intingoli della tradizione – ben lo sanno gli amanti della bagna cauda. Poi è nell’insolito connubio tra mondo ittico e caseario, di cui è tanto felice quanto rara se non unica testimone, che strugge in piacevolezza: sul pane appena tostato, adagiata su un generoso strato di burro, meglio se di malga, fa la storia di una vera libidine palatale.

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DOLCE & AMARO

CANALICCHIO DI SOPRA

Loc. Casaccia

53024 Montalcino (SI)

TEL 0577 848 316

info@canalicchiodisopra.com

IL BUON VINO… di LUCA GARDINI

Conosciuto anche come The Wine Killer, grazie al successo del suo sito, redatto interamente in lingua inglese e dedicato alle sue degustazioni di vini da tutto il mondo, GardiniNotes.com, Luca Gardini è oggi uno stimato wine-critic a livello internazionale.

BRUNELLO DELLA ROVERE

Una delle cantine che hanno accompagnato il fenomeno del Brunello fino alle dimensioni attuali, ossia di punto di riferimento per la produzione italiana nel mondo, è proprio Canalicchio di Sopra, attiva fin dal 1962. Ci troviamo nel quadrante Nord-Est della “collina” di Montalcino, sede di alcune delle espressioni più eleganti e raffinate della tipologia: 60 ettari, di cui 19 vitati, con una prima bottiglia di Brunello prodotta già nel 1966, è tra le 12 cantine fondatrici del Consorzio, nato nel 1967. Si deve all’intraprendenza di Primo Pacenti, poi affiancato, a partire dal 1987, dal genero Pier Luigi Ripaccioli, i cui nipoti, Francesco, Marco e Simonetta, ovverosia la terza generazione familiare, sono ora alla guida, dal 2001, perseguendo fermamente le stesse idee di orientamento alla qualità. Filosofia di vinificazione per singola vigna, con 10 unità totali (Casaccia, Cerrino, Cantina, del Poggio, del Piano, Suga, Bersaglio, Filari Lunghi, Vigna di Mezzo e Vecchia Mercatale) e i cru di Canalicchio e Montosoli, suoli prevalentemente argillosi, con qualche componente galestrosa e limosa e grande attenzione al lavoro svolto in campagna sono, in un progetto monografico dedicato alla coltivazione esclusiva del Sangiovese, i pilastri del successo di casa. Questi, assieme a lavorazioni accurate in cantina - dove si procede con lunghe macerazioni e affinamenti raffinati, in botti grandi di rovere di Slavonia - garantiscono circa 70 mila bottiglie ogni anno, vini caratterizzati dall’eccellente qualità media, dotati della cifra stilistica dell’eleganza e dell’equilibrio, che stupiscono platee sempre più vaste. Del resto la magia di Montalcino e del Brunello è consistente e vigorosa, un abbraccio magnetico che, se al grande Luigi Veronelli ricordava Mahler, nelle sue punte espressive è, davvero, arduo da tradurre in parole. Per questo il mio consiglio è di farlo roteare un poco nel bicchiere, quel vino, e poi, semplicemente, assaporare.

BRUNELLO DI MONTALCINO DOCG

VIGNA MONTOSOLI 2018

PUNTEGGIO 98 /1 00

prezzo € € €

Da uno dei cru più rinomati di Montalcino, a suoli con prevalenza galestrosa, una lettura di verticalità e sapidità. Vinificazione in acciaio a temperatura controllata, poi una lunga macerazione, successivamente 36 mesi in rovere di Slavonia da 25 hl, note di gelso nero al naso, con tocchi di buccia di clementina e maggiorana, grande freschezza-succosità al palato e tannini sapidi, con grande persistenza e finale agrumato-fruttato. Perfetti con un bel piatto di mezze maniche ai cardi e alla salsiccia.

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IL LAGO D’ISEO COME NON LO AVETE MAI VISSUTO

Uno dei tanti modi per scegliere una struttura rispetto a un’altra è quello di affidarsi a marchi o classifiche in cui in qualche modo ci rispecchiamo come gusti / fascia di spesa / criteri utilizzati. Un po’ come accade nel mondo della ristorazione dove ognuno si rimette nelle mani della guida secondo lui più affidabile e completa – auspicando che ancora qualcuno usi questo sistema anziché solo i siti dei grandi influencer del momento. Tra le catene di hotellerie più note al mondo, c’è in realtà quello che possiamo definire più come «circuito», che racchiude strutture di grande accoglienza e ospitalità tanto da un punto di vista alberghiero quanto gastronomico. Dal 1975 Les Collectionneurs opera come una vera e propria community internazionale, che riunisce sotto lo stesso cappello ristoratori, viaggiatori e albergatori principalmente di Francia, Italia, Belgio e Germania. Nella guida 2023 si contano 540 indirizzi, luoghi autentici, strutture a misura d’uomo che promuovono l’incontro e la condivisione e diversi templi gastronomici da visitare nel corso dei propri itinerari di viaggio. Per l’esattezza 61 Tables Remarquables e 33 chef

stellati solo in Italia e 60 ristoranti stellati e 217 ristoranti Tables Remarquables in Francia. Il Presidente, Alain Ducasse, nel suo ruolo di imprenditore e allo stesso tempo anche instancabile curioso e viaggiatore del mondo, ha voluto nel brand una serie di servizi pensati appositamente per tutti quei soggetti che fanno domanda di entrare a far parte del circuito. Dal supporto alla gestione operativa alle consulenze sugli acquisti, alla ricerca del personale migliore per ogni outlet così come una squadra di professionisti per la promozione del luogo, degli spazi, delle campagne di lancio per stagioni o pacchetti offerta. Per provare con mano una delle tante destinazioni italiane e in questo caso lombarde, poco distante da Milano, affacciato in pole position sul Lago d’Iseo si trova l’Hotel Araba Fenice. Mi è capitato spesso di raccontare i laghi quest’anno e ogni volta mi rendo conto che sono sempre meno gli italiani che si lanciano in vacanze di questo tipo, specialmente entro una certa fascia d’età. Il lago d’Iseo in realtà offre non poche attività per sportivi e non, per chi cerca la cultura ma anche la montagna, il lago e il relax. Siamo in Franciacorta, in una dimensione leggermente diversa rispetto a quella comunemente conosciuta ma di fatto a quindici minuti in macchina da Brescia, Capitale della Cultura 2023, vicino a Monte Isola la più grande isola lacustre d’Europa e i borghi medioevali di Lovere e Iseo. Volendo, a meno di un’ora c’è Bergamo che vi aspetta. Riaperto nel Febbraio 2010 dopo una profonda ristrutturazione, l’Hotel Araba Fenice è un complesso storico della prima metà del 1800, oggi parte di Les Collectionneurs e Dimore D’Epoca. Continua a leggere sul sito

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THE ITALIAN TRAVELLER
di Chiara Buzzi

NOLINSKI A VENEZIA:

UN COCKTAIL BAR NASCOSTO IN UNA BIBLIOTECA

Il Bar Biblioteca del nuovo luxury hotel veneziano Nolinski immerge gli ospiti nell’arte e nella cultura, con sedute in velluto circondate da scaffali che accolgono oltre 4000 libri e un affresco di Simon Buret. Quando a Venezia arriva la sera le calli affollate si svuotano pian piano, lasciando il posto all’eco dei passi degli avventori in cerca dei cocktail bar più raffinati per ordinare il drink della buona notte. A pochi passi da Piazza San Marco, la recente apertura del luxury hotel Nolinski, all’interno dell’ex Borsa di Commercio, ha riportato alla luce uno dei luoghi più significativi della storia veneziana, segnando sulla mappa della città una nuova tappa per gli amanti del buon bere. Lo stile Art Nouveau e il Liberty, magistralmente

interpretati con accenti modernisti dagli interior designer LeCoadic-Scotto, si svelano attraverso i cinque piani del palazzo ed esprimono il loro fascino più autentico nel Bar Biblioteca. Fiore all’occhiello dell’offerta mixology del Nolinski, parte di Evok Group, si raggiunge al terzo piano attraverso la maestosa scala d’onore con il suo corrimano in ferro battuto. Celato da una tenda rossa, lo spazio intimo e raccolto è un vero gioiello di privacy e lusso discreto, dove gli ospiti possono accomodarsi su divani in velluto dagli alti schienali, che li avvolgono di un comfort prezioso.

I tavolini rotondi in marmo e ottone sono circondati da poltroncine e pouf, da rivolgere a piacere verso il pianoforte a coda posizionato a sinistra dell’entrata, oppure nella direzione della bottigliera illuminata. Il pavimento in moquette bordeaux si abbina con classe al bancone in marmo che disegna una curva dolce, alle cui spalle si sviluppano in altezza tre colonnati di mensole che culminano con altrettanti archi. L’arte è protagonista nei 4000 volumi che riempiono completamente gli scaffali della biblioteca, a disposizione degli ospiti per leggere mentre sorseggiano un bicchiere di whisky.

A questi si alternano due grandi dipinti dell’artista Simon Buret, in pendant con l’opera site specific sul soffitto, decorata sul posto per riprendere la tradizione degli affreschi dei palazzi nobiliari della città. Su una tela monumentale di 40 mq, Buret ha rappresentato l’abisso di un ambiente marino, con dettagli che richiamano Venezia. I ricci di mare diventano stelle, le sirene galleggiano tra cielo e acque, mentre i pesci diventano leggiadri uccellini in volo sulle tracce di una mappa segreta della Serenissima.

In questo ambiente a tratti onirico, la drink list è dedicata ai sestrieri più significativi della città, con otto signature e tre alternative analcoliche. San Marco è realizzato con gin, sciroppo di fico, vermouth e completato con succo di limone e mirtillo.

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(ALMENO)
UNA VOLTA NELLA VITA
di Penelope Vaglini

COCKTAILS & DREAMS

LO SPRITZ: LE REGOLE D’ORO PER UN CLASSICO

CONTEMPORANEO

Storico, semplice e paradossalmente bistrattato, lo Spritz è ormai uno dei cocktail più richiesti al mondo. Eppure anche nella sua essenzialità, è facile incappare in qualche errore…

Spritzer era in realtà il termine originale: stava a indicare lo spruzzo di seltz con cui i soldati austriaci, acquartierati nel Nord-Est italiano durante la parabola del Regno Lbardo-Veneto, erano soliti allungare i vini locali, da loro ritenuti troppo impegnativi. Quasi due secoli dopo, lo spritz ha saputo rompere qualsiasi confine geografico, arrivando a conquistare i rooftop di New York o le terrazze a strapiombo sulle scogliere del sud Europa.

Di importante essenzialità, approcciabile per contenuto alcolico e dalla naturale inclinazione modaiola, lo spritz va considerato come uno dei cocktail più significativi nella riscoperta della miscelazione contemporanea, pur dovendo combattere contro stereotipi che lo vedrebbero (paradossalmente, agli occhi dei bartender e non dei consumatori) come troppo poco complesso per essere degno di nota.

Ebbene, che siate professionisti o amatori da divano, sappiate che realizzare uno Spritz perfetto richiede, come per qualsiasi altro drink, una certa cura per il dettaglio. A partire dal ghiaccio, che deve riempire il calice fin quasi all’orlo, per permettere la giusta (benché minima) diluizione e mantenere la temperatura bassissima.

Poi le proporzioni e soprattutto l’ordine di mescita degli ingredienti: per primo va versato il Prosecco, la cui bolla tenderebbe a disperdersi se invece aggiunto per ultimo, come troppo spesso accade.

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di Carlo Carnevale

ALEX BRITTI E I 7000 CAFFÈ COME ESTREMO GESTO D’AMORE

Caffè e musica un binomio forte da tempo. In questo episodio di GastROCKnomia vi raccontiamo del caffè e dell’indimenticabile brano scritto e cantato da ALex Britti nel 2003

In una narrazione legata al mondo del cibo, si arriverà quasi in fretta a parlare dell’elemento che chiude - o quasi - i pasti. Parliamo ovviamente del caffè, nel nostro paese vera istituzione. Sembra infatti che, ogni italiano consumi più di una tazzina di espresso al giorno e l’80% degli abitanti del nostro Bel Paese non sappia rinunciare a questo piacere. Una percentuale davvero alta, che porta il consumo di caffè a 6 kg a testa all’anno. Numeri da capogiro che tendono a sancire ancor di più questo sodalizio così importante con questa bevanda diventata nei secoli parte delle abitudini di noi italiani.

Facendo giusto qualche passo indietro, gli studiosi attribuiscono le Origini all’Etiopia e precisamente alla regione abissina di Kaffa, da dove si è diffusa prima nello Yemen poi in Egitto fino a sconfinare nel vecchio continente nel seicento. Inizialmente il caffè veniva denominato “vino d’Arabia” e in italia riuscì - grazie alla capacità di navigazione - ad entrare a pieno regime nell’incantevole Venezia.

Oggi è già storia: l’Italia è uno dei paesi dove non solo si consuma più caffè, ma dove l’indotto economico ha toccato numeri importanti: il consumo del caffè, soprattutto al mattino, viene dislocato nei circa 150.000 bar del territorio. Il mercato del caffè, tra bar, ristoranti e hotel tocca i 2 miliardi di euro all’anno. Non poteva mo poi più di tanto spostare l’asse geografico di questa chiacchierata poi così lontano e, il protagonista di questo nuovo episodio di GastROCKnomia è Alex Britti e la sua ormai indimenticabile 7000 caffè, canzone scritta e interpretata dall’artista romano e classificata al secondo posto al Festival di Sanremo del 2003. Il brano, è parte di re, terzo album in studio del cantante pubblicato nel 2003. Continua a leggere sul sito

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GASTROCKNOMIA
di Giovanni Aragona

GUERIDON E DINTORNI

IL FASCINO DEL SERVIZIO

Caro/a Matteo come hai iniziato questa professione e perchè?

La mia idea è sempre stat quella di essere dietro le quinte, organizzare, gestire e creare una esperienza per i miei ospiti. Ho sin da subito avuto la voglia di frequentare la Scuola Alberghiera, nonostante fosse a tanti chilometri da casa mia e mi comportasse il dovermi alzare presto ogni mattina. Tenacia, caparbietà e tanta testardaggine a completare la mia grande passione e curiosità per questo mondo e così di quella mitica 1F oggi resto solo io a fare questo bellissimo mestiere.

Il tuo bilancio di questi 24 anni di carriera qual’è ?

Tanto lavoro, sacrifici, tempo sottratto a famiglia e amici, ma tanta passione e tante soddisfazioni, ho viaggiato per il mondo alla scoperta di cose buone da degustare, ho unito la passione per la ristorazione a quella per il turismo e la fotografia. Ho riso, ho pianto, mi sono emozionato e ho arricchito la mia bacheca di premi e nuove partenze. Oggi sono un professionista felice in un mondo complesso come quello della ristorazione, che non smette mai di imparare e non dimentica l’umiltà e il duro lavoro.

Hai degli aneddoti, curiosità, episodi che ti piacerebbe condividere con noi?

L’idea, un giorno, è quella di mettere nero su bianco tutti gli episodi che hanno caratterizzato la mia vita lavorativa, le follie, le richieste e le situazioni imbarazzanti che ho, quantomeno in parte, cercato di gestire nonostante l’incredulità nel momento che accadevano. La chicca da potervi regalare è di una coppia di indiani, arrivata qui in via dei banchi vecchi una sera d’estate, eleganti e cortesi. Accolti in gran stile e accompagnati al tavolo qualcosa da subi-

to non è andato. Un sabato sera pieno come tutti gli altri, il loro tavolo era al centro della sala, la signora fatta accomodare era inizialmente a suo agio, poi subito dopo, visibilmente imbarazzata per un dettaglio che ancora ad oggi non siamo riusciti a capire e comprendere. Il suo accompagnatore, suo marito o chi per lui fosse, ha degustato 10 piatti in piedi, non si è mai accomodato, questo ha creato stupore e imbarazzo non solo nella signora ma anche in tutti i restanti dei commensali, che credo, ancora ad oggi non siano riusciti a capire il motivo. La cena è proseguita all’insegna di una risata con due sguardi interrogativi e attoniti.

Adesso ti chiediamo un ricordo … il ricordo di un grande uomo o una grande donna di sala che ti ha impressionato, nel tuo lungo girovagare per ristoranti, e perché ti ha impressionato. Mi piace ricordare sempre che non sono solo un Cameriere ma anche un cliente, ho fatto esperienza in tantissimi tempi della gastronomia, e ancora oggi lo faccio con piacere, ma credo che per stile, eleganza e competenza, ad oggi la classe ha solo un nome su tutti: Antonio Santini, da grande vorrei diventare come lui.

La domanda più curiosa, pertinente e intrigante che ti ha fatto un cliente ? e cosa gli hai risposto?

Una volta le domande erano legate al cibo, alle tecniche di cottura, all’idea che c’era dietro un piatto, oggi qui, nella capitale – Roma-, le domande sono davvero imprevedibili spaziano da quali concerti ci sono questa sera in città fino ad arrivare al brand preferito dallo chef per i suoi indumenti, passando forse per quella più inaspettata degli ultimi anni… a che ora stacchi?

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Oggi ne parliamo con Matteo Zappile, Restaurant Manager del ristorante il Pagliaccio di Roma. di Alberto Cauzzi

Wines of A ltit ude

Wines of A ltit ude

Wines of A ltit ude

In cima alle colline, nel comune di Radda in Chianti, si trova Castello di Albola, una delle più alte tenute del Chianti Classico. Qui trovano dimora le espressioni più elevate ed eleganti del Sangiovese di "alta collina", caratterizzate da forti pendenze, che godono di importanti escursioni termiche e di un microclima ideale per la produzione di vini unici, patrimonio della cultura locale ed espressioni autentiche di eccellenza.

In cima alle colline, nel comune di Radda in Chianti, si trova Castello di Albola, una delle più alte tenute del Chianti Classico. Qui trovano dimora le espressioni più elevate ed eleganti del Sangiovese di "alta collina", caratterizzate da forti pendenze, che godono di importanti escursioni termiche e di un microclima ideale per la produzione di vini unici, patrimonio della cultura locale ed espressioni autentiche di eccellenza.

In cima alle colline, nel comune di Radda in Chianti, si trova Castello di Albola, una delle più alte tenute del Chianti Classico. Qui trovano dimora le espressioni più elevate ed eleganti del Sangiovese di "alta collina", caratterizzate da forti pendenze, che godono di importanti escursioni termiche e di un microclima ideale per la produzione di vini unici, patrimonio della cultura locale ed espressioni autentiche di eccellenza.

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Alt. del vigneto di Santa Caterina: 550 m s.l.m. @CastelloDiAlbola albola.it Alt. del vigneto di Santa Caterina: 550 m s.l.m. Alt. del vigneto di Santa Caterina: 550 m s.l.m.

TERRITORI A TAVOLA di Matteo Calzaretta

PROVINCIA DI TERNI

Ci troviamo in una delle poche regioni italiane prive di sbocchi sul mare, il nostro viaggio tra le specialità food & beverage del Belpaese ci porta questa settimana a scoprire la provincia di Terni, tra foreste, laghi e cascate, propone piatti e vini unici nel loro genere. La buona tavola della bassa Umbria racchiude vere e proprie prelibatezze; partendo dai primi piatti, in un perfetto menù locale, non può mancare un’ottima pasta. In questo territorio troviamo le Ceriole realizzate solo con farina di grano tenero e acqua, un piatto povero che non prevede l’utilizzo di uova. Ceriole dal latino cereus cioè bianco, chiamato così per il suo colore pallido dovuto all’assenza appunto di uova nell’impasto. Questa pasta viene servita con un sugo alla ternana, fatto semplicemente con pomodoro, aglio e basilico.

La città di Orvieto ci delizia invece con un secondo a base di carne bianca: “la gallina mbriaca” (gallina ubriaca), un nome bizzarro dato ovviamente dall’utilizzo del vino nella ricetta e nella preparazione. Infatti, dopo aver lavato la carne con i vini più utilizzati in zona, come il Montefalco e l’Orvieto Rosso, viene poi condita con aglio, sale e pepe e messa in marinatura per qualche ora con gli stessi vini. La cottura molto lunga sarà di almeno quattro ore, facendo si che la carne risulti molto tenera. Nel periodo autunnale, questo piatto viene abbinato ad una zuppa di ceci e castagne che, nei pressi del lago di Bolsena, si trovano in abbondanza. Ogni estate, nel mese di luglio a Corbara (poco distante da Orvieto) si svolge la sagra dell’oca: un’antica usanza che, per i contadini della zona, sancisce la fine della trebbiatura.

La buona tavola della bassa Umbria racchiude vere e proprie prelibatezze; partendo dai primi piatti, in un perfetto menù locale, non può mancare un’ottima pasta.

Tra i vitigni a bacca nera più diffusi nella provincia di Terni spicca il ciliegiolo. Usato puro si possono realizzare sia vini rossi, sia rosati molto apprezzati. Oltre al Ciliegiolo si coltivano il Trebbiano Toscano, la Malvasia Bianca Lunga, il Gracchetto, il Sangiovese e il Merlott.

Per l’evento vengono serviti in tavola diversi tipi di portate a base di oca, che, come è facilmente intuibile, rappresenta il piatto tipico della città. L’oca viene quasi sempre cotta nel forno a legna, anche se ad oggi le proposte di questa sagra sono molteplici: dal ragù con pappardelle, alle varianti più curiose come: salame o patè, ma anche speck e arrosto con un ripieno di finocchietto selvatico. Vista la presenza di laghi, in particolare quello di Piediluco, non possono mancare pietanze a base di pesce d’acqua dolce: tra le varietà più pescate c’è la trota, preparata sia cotta nel sugo con sedano, prezzemolo, pomodoro e tagliatelle, ma anche come secondo piatto accompagnato con funghi o tartufi raccolti nei boschi che circondano le cascate delle Marmore, zona molto ricca di queste prelibatezze.

Tornando a parlare di pesci lacustri, molto diffuso è il pesce persico, che viene cotto sui carboni, ma anche l’anguilla allo spiedo. Al confine con il Lazio sorge Amelia, un paesino che custodisce i vitigni tra i più antichi del territorio. Qui tra le varietà autoctone umbre se ne trovano ancora alcune che erano destinate a scomparire ma, fortunatamente, salvate grazie ad una attenta attività di recupero e di reinnesto.

Spostandoci sul lago di Corbara, lo specchio d’acqua è costeggiato su entrambi i lati da tenute con speciali cantine scavate completamente nel tufo che custodiscono ancora pregiate bottiglie di vino, tra cui il Loreto classico DOC. Un dolce tipico di Terni è il pan pepato, preparato perlopiù nel periodo natalizio, ma apprezzato anche in altre stagioni. Una ricetta gelosamente custodita dai ternani e che ne vanno particolarmente orgogliosi. Si tratta di un impasto fatto con frutta secca, uva passa, canditi, cioccolato, miele, farina, cacao amaro e caffè; una volta amalgamati tutti gli ingredienti la cottura sarà in forno.

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