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U BELLE STORIE
from L'Espresso 10
by BFCMedia
competenza diplomatica, e infine alla presidente Giorgia Meloni, sperando potesse prendere a cuore il dramma di queste famiglie italiane sciogliendo una situazione tragica: «I nostri piccoli hanno anche problemi di salute, che avremmo potuto curare». E poi ancora hanno coinvolto televisioni, giornalisti, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la Santa Sede, confidando nella coerenza di chi si è sempre occupato di diritti, di giustizia, di famiglia, di fede. «Abbiamo ricevuto diverse risposte e impegni: ci dicono che sono a conoscenza della nostra situazione e che stanno facendo il possibile».
In questi anni, però, il possibile si è limitato a vedere crescere i bambini in fotografia o per pochi secondi in qualche video recapitato dagli enti che li hanno in custodia.
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fine gennaio 2020, prima del lockdown, avevano finalmente ottenuto l’abbinamento dei loro figli in arrivo dalla Cina, nel corso di una procedura di adozione internazionale. In Italia, però, i bambini non sono mai arrivati e nessuno, ancora oggi, riesce a farli ricongiungere. C’è chi ha perso le speranze, chi lotta con ostinazione, chi manifesta cercando di far prevalere un diritto genitoriale che viene soffocato dalla burocrazia, dalle distanze.
«Noi non rinunciamo a lui, anche se il tempo passa ed è sempre più difficile. Come si fa ad abbandonare un bambino che era orfano, che già era stato abbandonato? È questo che ci ha spinti, in questi anni terribili, ad andare avanti».
Durante la pandemia le coppie hanno scritto al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, poi al presidente Mario Draghi, sperando di ottenere più risultati per la sua
I contatti sono rari e arrivano dopo otto, nove mesi, in cui un bambino inevitabilmente cambia, si trasforma. «Qualche volta, se passano troppi mesi, non riesco a riconoscere il mio Li Shiu. Lo abbiamo adottato che era diverso (e non solo per l’aspetto fisico). Anche noi siamo cambiati. Noi tutti ci siamo preparati ad accogliere dei bambini di un’età e ora ci troviamo a doverci riorganizzare, anche a livello materiale».
«Il mio pensiero è sempre andato a Li Shiu, a cos’altro fare. C’era un bambino che oggi è un ragazzino, dall’altra parte del mondo, per il quale, forse, noi rappresentiamo un’ultima occasione per poter avere una famiglia che lo amerà per tutta la vita. Il suo destino, la sua felicità dipendevano da noi fino a un certo punto. E oggi, invece, qualcuno ha fatto in modo che noi, il nostro impegno, il nostro amore incondizionato non bastino più».
Se questa diventerà una storia bella, come quelle che scrivo di solito su L’Espresso, dipenderà solo da chi non avrà permesso di continuare a lasciare spente le luci di queste camerette, pronte per illuminare delle nuove famiglie.
Mi sveglio perché la tenda è chiusa a metà e allora la tiro con uno strattone e quasi spero che si strappi, torno a letto e quando strilla la sveglia del cellulare lo lancio sotto il comò, la moka ci mette troppo a gorgogliare e la insulto, il caffè mi brucia la lingua e lo sputo per terra, mia moglie si lamenta del suo lavoro e le dico di smetterla una buona volta, mio figlio piange e lo minaccio, fuori la pioggia mi bagna la testa e allora pesto una pozzanghera con il mio anfibio, la gente affolla la metropolitana e io mi faccio largo a gomitate, al quarto mendicante grido “siete troppi”, mio padre mi telefona nei momentipiùinopportunierifiutolachiamata,non saluto il mio collega perché è una nullità, la penna non funziona e picchio la punta sulla scrivania, mi chiama l’ennesimo call center e dico alla centralinista che almeno impari l’italiano, il capo passa dietro il mio computer con il salvaschermo di un’anziana intubata perché so che la madre del mio capo se la passa male e io non voglio che se lo scordi, quello stronzo, come è messa sua madre, con le carognate che lui mi fa subire ogni giorno, in pausa pranzo il cameriere mi porta l’acqua frizzante invece della naturale e allora gli dico “del resto, se fai il cameriere”, poi un cane sta cagando sul marciapiede, il padrone è girato dall’altra parte e io gli schiaccio la coda, al suo cane, un ciclista mi sfiora la spalla e gli urlo dietro “spero che ti fracassi la testa”, salgo sul car sharing e pigio il clacson a ogni rallentamento perché lo capiscano, gli automobilisti che non sanno guidare, che preferirei scomparissero tutti dalla strada e dal mondo, mi chiama un amico complessato e lo sfotto perché è calvo, arrivo apposta in ritardo all’appuntamento con un cliente antipatico per rubargli mezz’ora di vita, torno
Editoriale
a casa e l’ascensore è occupato e do un calcio alla sua porta, tengo lo sguardo sul piatto per punire mia moglie dato che è sempre la stessa, accendo la tv, c’è uno speciale sulla guerra, mi indigno per quanto gli uomini sanno essere feroci e mi chiedo quanto debbano essere disperati per arrivare a odiare la vita.
Editoriale
“L’uomo moderno che si tatua è un delinquente o un degenerato. Vi sono prigioni dove l’ottanta per cento dei detenuti è tatuato. Gli individui tatuati che non sono in prigione sono delinquenti latenti o aristocratici degenerati. Se avviene che un uomo tatuato muoia in libertà, significa semplicemente che è morto qualche anno prima di aver potuto compiere il proprio delitto”.
Adolf Loos, Ornamento e delitto, 1908
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