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RECENSIONI

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DOMANDE E RISPOSTE

DOMANDE E RISPOSTE

DI ROBERT GALASSI*

ANDIAMO NELLO SPAZIO CON KERBAL SPACE PROGRAM

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VIDEOGIOCHI E SIMULATORI SI FONDONO IN UN CONNUBIO VINCENTE

Il prodotto che presentiamo in queste pagine è riservato alle piattaforme fisse, come console e Pc. L’enorme disponibilità di prestazioni presente su questi dispositivi permette lo sviluppo di veri e propri simulatori, con scienza, tecnologia, grafica e interfaccia avanzate, per un approccio molto serio al videogioco. Stiamo parlando di Kerbal Space Program (Ksp), un titolo dallo stampo simulativo, ma che si propone in una via piuttosto originale, accostando la simulazione a elementi tipici dei videogiochi usciti negli ultimi anni. Con Ksp ci si deve calare nei panni dell’amministratore di un’agenzia spaziale, che deve quindi stabilire dei programmi spaziali, ma contemporaneamente svolgere anche il ruolo degli ingegneri progettisti, che devono trasformare i progetti in realtà, disegnando da cima a fondo un vettore, per poi testarne l’aerodinamicità, le resistenze e i consumi.

GAMEPLAY

CON INTERFACCIA 3D

La caratteristica che distingue maggiormente questo videogioco

» Un frame di Kerbal Space Program riguardante il volo di un veicolo spaziale.

dagli altri è il gameplay. Quando lo si utilizza, ci si rende subito conto che Ksp tenta di rendere accessibile un gameplay che di fatto non lo è; in primo luogo, a causa dell’interfaccia 3D, che distribuisce ogni movimento su tutti e tre gli assi xyz, in secondo luogo, a causa del motore fisico del gioco, che è incaricato dell’elaborazione dei lanci di ogni tipo di astronave o vettore e deve essere quindi in grado di calcolare con precisione ogni tipo di dato reale. Per esempio, al lancio, deve stabilire quanta potenza deve avere un motore per fare accelerare l’astronave in base alle sue dimensioni e al carico da trasportare; nel caso in cui due moduli spaziali entrano in collisione, deve stabilire se le loro velocità sono

tali da danneggiarli. Insomma, non bisogna stupirsi se si scopre che magari sarebbe opportuno fare un po’ di allenamento su qualche simulatore 2D, prima di affrontare un gioco sofisticato come Ksp. Dopo questo elenco dei motivi, magari scoraggianti, per cui Ksp è difficile da approcciare, bisogna riconoscere che - superato lo scoglio iniziale - il gioco si rivela estremamente coinvolgente. Giocando nel ruolo di un amministratore spaziale, si diventa responsabili della gestione delle risorse, delle ricerche e dei fondi e ovviamente il gioco impone la necessità di fare delle scelte e di strutturare dei piani. Per esempio, le prime missioni potranno essere eseguite esclusivamente con equipaggio, se non è stata sviluppata una tecnologia in grado di garantire la guida remota, tramite antenne più potenti o con l’installazione di un sistema satellitare. Il gioco prevede comunque un sistema di progressione dell’impresa spaziale, basato sulle ricerche effettuate portando nello spazio un carico scientifico. Un altro aspetto importante di questo gioco è la costruzione di veicoli, per quanto inizialmente possa risultare disorientante per chi abbia frequentato solo giochi simulativi sullo smartphone. In realtà, il motore progettuale di Ksp risulta molto simile alla maggioranza degli editor di vettori su applicazioni mobili, ma in chiave tridimensionale. Inoltre, non si limita alla progettazione e costruzione di vettori o sonde, ma anche di aeromobili, che possono essere posizionati su una pista apposita.

FOTOREALISMO IN EVOLUZIONE

In sostanza, Ksp si pone l’obiettivo di inserire elementi di un videogioco tradizionale in un simulatore spaziale. Il suo ambiente è quello di un Sistema solare alternativo, che mantiene molte caratteristiche di quello reale, ma cambia i nomi dei corpi celesti; presumibilmente per tentare di dare un’identità al titolo, un target effettivamente difficile da raggiungere, soprattutto con i simulatori. La quantità di componenti che il gioco offre per la costruzione è veramente vastissima: dai motori a combustibile solido ai computer di bordo con svariate potenze di calcolo, dalle antenne ad alto guadagno retrattili, passando per i diversi tipi di thruster (propulsori) a idrazina. La semplicità con cui il gioco permette di progettare manovre orbitali, prevedendo la velocità necessaria e quindi il carburante necessario, lo rendono preciso quanto comodo. Una caratteristica che è già stata imitata da altri simulatori. Per quanto si possa pensare che già così il videogioco sia più che completo, in realtà questa è solamente la base; infatti, il titolo vanta numerose espansioni e fornisce il supporto alle “mod”, che nella maggior parte dei casi sono

contenuti aggiuntivi creati dagli

utenti, che mirano ad ampliare l’esperienza di gioco, aggiungendo pianeti o modificando quelli esistenti, aggiungendo componenti, modelli di motori, thruster, antenne; insomma, tutto ciò che è presente nel gioco. Inoltre, esistono le mod grafiche, che sono in grado di far evolvere l’ambiente del gioco, grazie a una grafica fotorealistica. Per un titolo dalla profondità di Ksp, il giudizio complessivo è più che positivo: la semplicità del videogioco abbinata alla fedeltà del motore fisico e l’enorme quantità di componenti lo rendono una soluzione vincente, anche se viene inquadrata in un ambito così competitivo come quello dei videogiochi su Pc e console. Non a caso, Ksp può essere definito come la voce più significativa tra i simulatori fissi ed è sicuramente un varco importante per approcciarsi in seguito a simulatori più “professionali”. La prima pubblicazione di Ksp risale al 2015, ma nel corso degli anni ha ricevuto numerosi aggiornamenti e contenuti aggiuntivi ed è prevista l’uscita del secondo capitolo della saga nel corso del 2023.

COME OTTENERE KERBAL SPACE PROGRAM

Kerbal Space Program è sviluppato da Squad. È disponibile per Microsoft Windows, Playstation 5, PlayStation 4, Xbox One, Linux, Xbox Series X/S, Classic Mac OS, Wii U al prezzo di 39,99 €. Inquadra il QR per un trailer di Kerbal Space Program elaborato dagli sviluppatori.

RECENSIONI

*ROBERT GALASSI È UN GIOVANE APPASSIONATO ALLO SPAZIO, IN PARTICOLARE ALLE MISSIONI SPAZIALI E ALL’ASTRODINAMICA.

GALILEO E LA SUPERNOVA DEL 1604

ALESSANDRO DE ANGELIS

ROMA, CASTELVECCHI EDITORE, 2022 PAGINE 126 FORMATO 15 X 21 CM PREZZO € 16,50

Quando, la sera del 9 ottobre 1604, comparve in cielo una nuova stella molto luminosa, venne chiesto a Galileo, che era professore all’Università di Padova, di spiegare l’accaduto con una serie di lezioni pubbliche. Il fenomeno era degno di nota (e di discussione), perché metteva in crisi la visione aristotelica del cosmo, secondo la quale tutto doveva essere immutabile nella sua perfezione. Alessandro De Angelis ripercorre le settimane e i mesi che seguono l’evento, utilizzando le lettere che Galileo scambiò con altri osservatori del cielo e il poco che rimane del contenuto delle lezioni pubbliche. L’unico modo per salvare la visione aristotelica era invocare che la stella nova fosse molto vicina, all’interno del cerchio della Luna, fosse cioè un qualche tipo di emanazione dell’atmosfera terrestre. Un fatto facilmente confutabile con la tecnica della parallasse per combinare osservazioni fatte da luoghi diversi. Gli animi erano infiammati e Galileo avrebbe voluto tenersi fuori da un problema così spinoso. A chi gli chiedeva di scrivere le sue lezioni, rispondeva che non era nella posizione di dire niente di interessante. Tuttavia, quando, nel gennaio 1605, comparve un libretto di un sedicente Antonio Lorenzini da Montepulciano, intitolato Discorso intorno alla nuova stella (probabilmente scritto o ispirato da un collega filosofo padovano), Galileo decise di rispondere, ma lo fece scrivendo in dialetto pavano, la parlata rustica del contado padovano (che conosceva bene), quasi a dire che l’argomento non era degno di una trattazione seria. Così nacque il Dialogo de Cecco de Ronchitti da Bruzene in perpuosito della Stella Nova, dove due contadini (che sono personaggi inventati) discutono della comparsa della stella e di come questo venga interpretato dai sapienti del tempo. Il nome di Galileo non compare, ma chi altro poteva essere l’autore? Il testo in pavano non è facilissimo, ma il libro di De Angelis ne presenta e commenta la traduzione, per farci rivivere l’atmosfera del tempo.

Patrizia Caraveo

HOUSTON ABBIAMO UN PROBLEMA

FILIPPO BONAVENTURA, LORENZO COLOMBO, MATTEO MILUZIO

MILANO, RIZZOLI, 2022 PAGINE 352 - FORMATO 14 X 21,7 CM PREZZO € 18,00

Quando pensiamo al cammino della scienza, ci vengono in mente soprattutto le grandi scoperte, magari suggellate da un lampo di genio improvviso. Niente di più falso. Al contrario, i momenti eureka sono davvero pochi, e le scoperte sono spesso il coronamento di anni di duro lavoro, spesso costellati da fallimenti. Perché spesso è proprio da questi insuccessi che nascono le grandi scoperte. E le Storie astronomiche di fallimenti di successo e altre sorprese, come recita il sottotitolo, sono il tema di questo saggio di Bonaventura, Colombo e Miluzio. Gli autori, con una formazione da astrofisici, formano un trio di divulgatori molto noto, grazie soprattutto alla pagina Facebook “Chi ha paura del buio”, molto popolare in rete. Il volume si articola in quattro parti, ciascuna delle quali racconta un aspetto legato al sottile legame fra scoperta, sorpresa e talvolta fallimento. Talvolta dagli errori si imparano molte cose e si realizzano nuove tecnologie, come ci ricorda l’episodio del telescopio spaziale Hubble, che dopo il lancio manifestò un difetto ottico per il quale fu necessario costruire un inedito sistema di correzione, costituito da un sofisticato sistema di “occhiali” per il telescopio. Altre volte le scoperte nascono per caso, come è successo per la rivelazione della radiazione cosmica di fondo da parte di Penzias e Wilson, un risultato che è stato degno del premio Nobel. La scoperta della cosiddetta “eco del Big Bang” arrivò mentre i due astronomi erano alle prese con l’utilizzo delle onde radio per comunicazioni su grande scala. Qualcosa di analogo era accaduto a Karl Jansky, quando scoprì le onde radio di origine cosmica, diventando così il padre della radioastronomia. Il saggio è appassionante e il racconto degli eventi scorre in modo molto piacevole, rendendo il volume un ottimo testo per approfondire alcuni episodi curiosi tratti dalla storia dell’astronomia, grazie ai quali possiamo capire meglio certe tortuosità del cammino della scienza, disseminato da tanti errori e passi indietro. Ma anche da tante luminose sorprese.

Massimiliano Razzano

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