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NEWS SUMMARY
UN SERPENTE DI GAS SI AGGIRA SUL SOLE 1
MAP OF THE UNIVERSE 3
UNA MINIERA D’ORO FRA LE STELLE 2
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LE FOTO LUNARI DI ARGOMOON 4
CINQUE NUOVI ASTRONAUTI ESA
I CUBESAT DI ARTEMIS I 6

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IL BUCO NERO PIÙ VICINO
La totalità dei circa cinquanta buchi neri di massa stellare che conosciamo è stata scoperta grazie all’emissione di raggi X da parte della materia che hanno strappato alla stella compagna. Materia che, ruotando nel disco di accrescimento intorno all’oggetto collassato, si scalda fino a raggiungere temperature intorno al milione di gradi. Studiando l’emissione ottica della stella compagna, ci si rende conto che questa orbita intorno a un oggetto invisibile, la cui massa può essere calcolata con le leggi di Keplero. Nel caso in cui questo oggetto abbia una massa superiore a tre masse solari, si è di fronte a un candidato buco nero. I sistemi binari stretti, dove le due componenti sono vicine, offrono le condizioni migliori per il trasferimento di materia e la formazione di un disco di accrescimento. Nel caso di un sistema binario con i due componenti distanti, per il buco nero sarà più difficile formare un disco di accrescimento e quindi, pur esercitando la sua attrazione gravitazionale sulla stella compagna, sarà un “buco nero dormiente” (dormant black hole). Per cercare sistemi di questo tipo, bisogna misurare con grande precisione il movimento delle stelle per isolare i casi più promettenti. È quello che ha fatto l’astrofisico Kareem El-Badry, usando i dati della terza release del satellite astrometrico Gaia, che contiene 2 miliardi di stelle, 170mila delle quali presentano oscillazioni che dimostrano la loro appartenenza a un sistema binario. La maggioranza di questi sistemi è composta da stelle normali, ma una stella di tipo solare (chiamata Gaia BH1) aveva un comportamento anomalo che è stato poi studiato in dettaglio con il telescopio Gemini, rivelando che descriveva un’orbita ellittica con un periodo di 186 giorni intorno a un compagno invisibile di oltre 9 masse solari. Dato che Gaia ha misurato una distanza di 1570 anni luce della compagna luminosa (una stellina di 14-esima magnitudine nella costellazione di Ofiuco), questo oggetto compatto “addormentato” è attualmente il buco nero più vicino a noi, oltre a essere il primo a non essere stato scoperto nei raggi X. Vedi in alto un’elaborazione di Giuseppe Donatiello della Sdss DR9 e inquadra il QR per un video di Media-Inaf dedicato a questa scoperta.
Patrizia Caraveo START
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UN SERPENTE DI GAS SI AGGIRA SUL SOLE
Lo scorso 5 settembre la sonda Solar Orbiter dell’Esa ha ripreso un immenso “serpente di gas” che si è aggirato sulla superficie solare. Si trattava di un tubo di plasma “freddo”, sospeso da campi magnetici nel gas ionizzato circostante più caldo proveniente dall’atmosfera solare. Il “serpente” ha seguito un filamento particolarmente lungo del campo magnetico solare che si estendeva da un lato all’altro del Sole ed è stato ripreso nell’ultravioletto dall’Extreme Ultraviolet Imager di Solar Orbiter. Il gas ha impiegato circa tre ore per completare il suo viaggio, alla velocità di circa 170 chilometri al secondo. Il fenomeno ha preso il via da una regione solare attiva dove si è verificata una emissione di massa coronale, una grande esplosione che ha provocato la perdita di miliardi di tonnellate di plasma nello spazio. Secondo gli scienziati, il serpente di gas potrebbe essere stato un precursore di questo violento evento. Il plasma prodotto da questo fenomeno è stato captato dalla sonda Parker Solar Probe della Nasa, che ne ha analizzato il contenuto. Osservare queste eruzioni e campionare i gas espulsi è uno degli obiettivi di queste sonde, grazie alle quali sarà possibile sviluppare una migliore comprensione dell’attività solare e del modo in cui essa influenza lo space weather, che ha effetti sulle tecnologie terrestri e spaziali. Inquadra il QR per vedere il timelapse del serpente solare.

UNA MINIERA D’ORO FRA LE STELLE
Un gruppo di ricercatori dell’Università di Notre Dame e dell’Università di Tohoku ha rivelato una regione nella nostra Galassia dove si nascondono delle fucine auree. Si tratta di stelle ricche d’oro, astri con un’abbondanza di elementi pesanti oltre al ferro, compresi gli elementi rari come, appunto, oro e platino. Nel corso delle osservazioni con vari telescopi mondiali, sono state scoperte centinaia di stelle ricche d’oro. Tuttavia, rimaneva un dove e come queste stelle si fossero formate. Grazie all’avanzare degli studi, è stato scoperto che la maggior parte di queste stelle ebbe origine in piccole galassie progenitrici della nostra, oltre dieci miliardi di anni fa. Alcune di esse contenevano grandi quantità di elementi pesanti, generati dagli eventi di fusione di stelle di neutroni (un fenomeno tipico di nucleosintesi di elementi pesanti) che hanno incrementato l’abbondanza di questi elementi nelle piccole galassie, i mattoni della nostra amata Via Lattea. Come paleontologi, gli astronomi studiano i resti del passato per capire il presente, raccontandoci la tumultuosa storia della nostra Galassia, del Sistema solare e del nostro pianeta, nel cui nucleo ci sono abbastanza metalli preziosi da poter coprire l’intera superficie terrestre con uno strato spesso quattro metri.
M.S.E.
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DOVE TROVO COSMO IN EDICOLA?

A TUTTI QUELLI CHE COLLABORANO A QUESTA INIZIATIVA VERRÀ SOTTOSCRITTO UN ABBONAMENTO OMAGGIO DI 3 MESI ALL'EDIZIONE DIGITALE DI COSMO

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PROV.
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MAP OF THE UNIVERSE
La Johns Hopkins University ha realizzato una grande mappa interattiva dell’Universo, che si può consultare e navigare all’indirizzo mapoftheuniverse.net, consentendoci di spostarci lontano nello spazio – e dunque indietro nel tempo, per 13,7 miliardi di anni – fino all’epoca della “ricombinazione”, appena 380mila anni dopo il Big Bang. A partire da qui e ora, cioè dalla nostra Galassia oggi, che nella mappa interattiva a due dimensioni è il vertice d’uno spicchio di 90 gradi e spesso appena 10 gradi. Nel mezzo, fra i due estremi, la posizione effettiva e a colori – dal blu al rosso, in base al redshift – di 200mila galassie, ottenute dai dati estratti nel corso di due decenni dalla Sloan Digital Sky Survey. “Astrofisici di tutto il mondo hanno analizzato questi dati per anni, arrivando a migliaia di articoli scientifici e scoperte. Ma nessuno si è preso il tempo per creare una mappa che sia bella, scientificamente accurata e accessibile a chi scienziato non è. Il nostro obiettivo è mostrare a tutti com’è realmente l’Universo”, ha affermato Brice Ménard della Johns Hopkins, lo scienziato che ha realizzato la mappa con l’aiuto dello studente di informatica Nikita Shtarkman. Inquadra il QR per vedere una presentazione della mappa.
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LE FOTO LUNARI DI ARGOMOON
Unico europeo fra i dieci rilasciati dalla missione Artemis I (vedi a pag. 12), il CubeSat ArgoMoon, realizzato dalla azienda aerospaziale torinese Argotec in collaborazione con l’Agenzia spaziale europea e l’Agenzia spaziale italiana, è in salute e sta trasmettendo spettacolari immagini della Luna e della Terra. Anche se la sua missione primaria, già conclusa, era di fotografare il secondo stadio del razzo Sls per verificarne l’esatta funzionalità. Dopo il rilascio, ArgoMoon (che ha le dimensioni di 20×30×10 cm e una massa di 14 kg) ha effettuato una manovra con il suo sistema di propulsione miniaturizzato, per correggere la traiettoria ed eseguire un flyby della Luna. Così, il 21 novembre, ha raggiunto i 2064 km dalla superficie lunare e ha scattato autonomamente una serie di immagini della faccia nascosta della Luna (figura). Il passo successivo della missione di ArgoMoon è effettuare un flyby della Terra per inserirsi in un’orbita geocentrica molto allungata. Alla distanza massima dalla Terra, questa particolare orbita porterà il CubeSat ancora più vicino alla Luna, per continuare a fotografarla con le due ottiche di cui è dotata, una a campo ristretto e una a campo largo.
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D.L.

CINQUE NUOVI
ASTRONAUTI ESA
Ecco i nuovi astronauti selezionati dall’Agenzia spaziale europea e presentati a Parigi in occasione del Consiglio dell’Esa 2022: Sophie Adenot, 1982, francese, ingegnere specializzata in dinamica del volo e human factors engineering. Pilota certificata di elicotteri, fa parte dell’Aeronautica militare francese. Rosemary Coogan, 1991, inglese, fisica specializzata in matematica, astronomia e programmazione. Fa parte del Royal Naval Reserves. Pablo Álvarez Fernández, 1988, spagnolo, ingegnere aeronautico e aerospaziale con esperienza ad Airbus e Safran. Raphaël Liégeois, 1988, belga, ingegnere biomedico specializzato in fisica e neuroscienze. Marco Alain Sieber, 1989, svizzero, laureato in medicina, sergente nelle forze speciali svizzere, pilota. A loro si aggiungerà il para-astronauta John McFall, 1981, inglese, laureato in medicina e chirurgia, nel 2008 ha vinto la medaglia di bronzo nei 100 metri. Oltre ai sei astronauti in collaborazione stabile con l’Esa, sono stati selezionati anche undici astronauti di riserva, di cui tre con cittadinanza italiana: Meganne Christian, 1987, inglese naturalizzata italiana, ingegnere chimico industriale, ha lavorato per il CNR alla base Concordia in Antartide. Anthea Comellini, 1992, ingegnere aerospaziale con un PhD in Navigation for space rendezvous. Andrea Patassa, 1991, ingegnere aeronautico, fa parte dell’Aeronautica militare.
D.L.
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A CURA DELLA REDAZIONE
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I CUBESAT DI ARTEMIS I
La missione Artemis I (vedi a pag. 14), ha rilasciato una serie di CubeSat, le cui attività presentano alterne fortune: Biosentinel (Nasa / Ames Research Center) è l’unico a occuparsi di biologia. All’inizio l’assetto era instabile, ma il team è riuscito a riportarlo sotto controllo. A fine dicembre ha iniziato un esperimento sui lieviti. CuSP (Nasa e Southwest Research Institute) intende studiare la radiazione solare, ma non c’è stato alcun aggiornamento dopo il primo contatto. Equuleus (Jaxa e Università di Tokyo, figura) ha inoltrato foto della zona equatoriale e della faccia nascosta della Luna. Ora si appresta a raggiungere il punto Lagrangiano L2. LunaH-Map (Nasa) ha analizzato con uno spettrometro a neutroni i raggi gamma provenienti dalla Luna, ma il suo sistema propulsivo non funziona. Lunar IceCube (Nasa / Morehead University) possiede una fotocamera infrarossa per rilevare il ghiaccio lunare, ma non si è avuto nessun contatto dopo la separazione. LunIR (Lockheed Martin), equipaggiato con un sofisticato sensore all’infrarosso, sta comunicando ma con un segnale molto più debole delle aspettative. Omotenashi (Jaxa) ambiva ad allunare, ma la sua missione è stata dichiarata fallita il 26 novembre, a causa della perdita di comunicazione. NEA Scout (Nasa) doveva dimostrare la tecnologia della vela solare, ma non ha mai comunicato con la Terra. Team Miles, dimostratore tecnologico privato, non ha stabilito nessun contatto. D.L.

