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L’ATTENUAZIONE DELLA RADIAZIONE STELLARE

DI SALVATORE PELLEGRINO La radiazione emessa da una stella in tutte le regioni dello spettro (con picco in una di esse) può subire delle modifiche (attenuazione, assorbimento o riemissione in zone diverse dello spettro), a causa della sua interazione con regioni ricche di polveri e gas, prima di giungere ai nostri telescopi. Siccome la conoscenza perfetta dello spettro originale della stella è fondamentale per risalire alle sue caratteristiche fisiche, come la temperatura, quali sono le onde elettromagnetiche che non vengono modificate da regioni piene di polveri e gas? In particolare, quali bande dell’infrarosso “bucano” senza modifiche queste regioni? Infine, come è possibile ricostruire anche approssimativamente lo spettro della stella posta dietro queste regioni di polvere e gas che quindi è stato modificato?

DI GIUSEPPE DONATIELLO

Quello che osserviamo dell’Universo è la somma di vari processi. È molto raro trovare una sorgente “pura”, priva di alterazioni dell’emissione originaria. Anche la luce che vediamo del Sole è il risultato di ripetuti fenomeni di assorbimento e riemissione. I fotoni gamma generati nel nucleo della nostra stella vengono sottoposti a innumerevoli processi – che possono durare centinaia di migliaia di anni - fino alla loro emersione dalla fotosfera a lunghezze d’onda visibili. Anche nell’ambiente spaziale, apparentemente vuoto, un fotone incontrerà e interagirà con una materia rarefattissima, come quella che genera la “luce zodiacale” (vedi foto Eso nella pagina a fianco), la diffusione della luce solare intorno al piano dell’eclittica da parte delle polveri interplanetarie. E questo avviene anche nello spazio interstellare: la densità della materia in una nebulosa, come quella di Orione (vedi foto Hst sopra), è di diversi ordini inferiore al miglior vuoto che possiamo produrre sulla Terra. Eppure, quel gas riesce a emettere una specifica radiazione luminosa e ad assorbire la luce nelle regioni di maggiore densità. Le “nebulose oscure” sono gli ambienti in cui l’assorbimento è massimo, tale da attenuare completamente la luce di sorgenti stellari poste dietro o al loro interno. L’assorbimento dipende dalla lunghezza d’onda: quelle più corte sono le prime a essere assorbite, mentre quelle più lunghe lo sono meno, ma anche le lunghezze d’onda maggiori, come le onde radio, sono soggette ad assorbimenti, riflessioni e diffusioni. Le radiazioni che riescono a “bucare” le dense nubi polverose sono quelle che hanno lunghezze d’onda maggiore delle dimensioni delle particelle che devono attraversare. Così, le particelle vengono “scavalcate” dall’onda elettromagnetica, che tuttavia subisce attenuazioni più o meno rilevanti in base alla densità del mezzo. Per individuare gli effetti del mezzo sugli spettri stellari, vengono eseguiti dei confronti tra questi spettri e quelli di riferimento realizzati in laboratorio. Oppure, si eseguono i confronti tra spettri della stessa sorgente registrati in due regioni attigue. La sottrazione fornisce le caratteristiche della sorgente in quella determinata regione spettrale e così via. Tali tecniche sono utilizzate, per esempio, per stabilire la composizione chimica atmosferica degli esopianeti catturati in controluce durante un transito. Per “ricostruire” lo spettro di una sorgente in altre regioni, ci si può affidare a modelli e cercare quello che sia più adatto a descrivere quanto si osservi, oppure pronosticare quello che potrebbe essere in altre regioni spettrali. In definitiva, siamo costretti a basarci su informazioni frammentarie e accontentarci di approssimazioni.

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