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CIELO E TERRA
CIELO E TERRA
DI GIUSEPPE DONATIELLO*
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ATTENZIONE: CADUTA
RILEVATO UN PICCOLO OGGETTO PRIMA DELL’INGRESSO IN ATMOSFERA: CRESCE LA CAPACITÀ DEI SISTEMI DI DIFESA PLANETARIA
» Ilustrazione di fantasia del meteoroide 2022 EB5 prima dell’impatto con l’atmosfera terrestre.
CIELO E TERRA
Una roccia cosmica di circa un metro che entra in atmosfera non è un evento eccezionale: una decina di oggetti in quest’ordine di dimensioni ogni anno collide con l’atmosfera terrestre, sviluppando meteore molto luminose. Oggetti di questo tipo sono di norma inoffensivi e al più producono minuscoli meteoriti. Aver intercettato un oggetto di questo tipo circa due ore prima dell’impatto è invece qualcosa di davvero notevole ed è accaduto con l’oggetto denominato “2022 EB5”. È la quinta volta che un asteroide con dimensioni dell’ordine del metro viene avvistato prima del suo ingresso in atmosfera. In realtà, chiamare asteroidi questi oggetti grandi come una lavatrice è esagerato: il termine più corretto è “meteoroidi”. La rilevazione di oggetti del genere ha quindi dello straordinario e indica le capacità dall’attuale tecnologia nell’intercettare oggetti pericolosi con congruo anticipo. Alle 19:24 UTC dell’11 marzo 2022, l’astronomo Krisztián Sárneczky identificava un oggetto luminoso in rapido movimento in immagini CCD prese al telescopio Schmidt da 60 cm all’osservatorio Piszkéstetò, in Ungheria. Con quattro misure astrometriche ottenute in sequenza ha potuto determinare che l’oggetto seguiva una traiettoria in avvicinamento e in soli 14 minuti ha comunicato al Minor Planet Center (Mpc) la sua scoperta. I dati sono stati subito pubblicati e utilizzati dai sistemi di valutazione automatica d’impatto dislocati in tutto il mondo. Nei primi minuti, l’orbita provvisoria sembrava escludere la collisione, stimata con una probabilità inferiore all’1%. Lo stesso scopritore ha però eseguito altre dieci osservazioni e ne ha comunicato i dati al Mpc. Come risposta all’allerta, osservatori professionisti e amatoriali in Europa e Asia si sono messi alla ricerca dell’oggetto, non senza difficoltà, perché era debole e molto veloce. Grazie al buon numero di misure, la traiettoria è stata ricalcolata e lo scenario è cambiato, mostrando che l’oggetto era diretto verso la Terra.
LA DIFESA PLANETARIA
Valutare la potenziale minaccia di asteroidi e oggetti vicini alla Terra (Neo) è un processo complesso. Presso il Near-Earth Object Coordination Center (Neocc) sono tenuti in conto vari fattori, prima di determinare se un oggetto rappresenti un pericolo. Questi comprendono la traiettoria dell’oggetto, le sue dimensioni, la massa stimata e la composizione.
» Una cupola protegge un sensore di terra della rete
Galileo sulla desolata isola artica di Jan Mayen (Esa).

CIELO E TERRA
DI GIUSEPPE DONATIELLO

» Il piccolo segmento al centro è la traccia lasciata da 2022 EB5 in una delle immagini riprese l’11 marzo 2022 (Esa).
Alle 20:25 UTC il sistema di monitoraggio Meerkat dell’Esa ha diffuso un avviso al Neocc in cui la possibilità d’impatto era stimata del 100%. È stato anche possibile valutare il punto di entrata, in una piccola striscia di territorio a circa 140 km sud di Jan Mayen, un’isola vulcanica norvegese nell’Oceano Artico, con impatto atteso tra le 21:21 e 21:25 UTC. L’impatto è poi avvenuto alle 21:22:42 UTC alle coordinate +70,47° latit. nord e 10,71° long. ovest. L’esplosione ha prodotto un boato infrasonico con proprietà compatibile con l’esplosione di 2,3 chiloton (quanto un terremoto di 4,0 gradi Richter), impattando alla velocità di 15 km al secondo. Secondo questi dati, le dimensioni dell’oggetto erano di 3-4 metri, poco superiori a quelle stabilite dai dati fotometrici. Essendo una regione lontana da centri abitati, non ci sono immagini convincenti del bolide.
IL PERICOLO MAGGIORE
È NELLE TAGLIE MEDIE
2022 EB5 era innegabilmente un oggetto speciale. Pochissimi oggetti sono stati scoperti prima di entrare nell’atmosfera e per buona sorte di dimensioni modeste. Per essere osservati, devono essere intercettati quando il cielo è buio. Una grossa percentuale di essi sfugge perciò al potenziale rilevamento. Un esempio recente è il superbolide di Celjabinsk (KEF-2013) che il 15 febbraio 2013 apparve in pieno giorno, accompagnato da una lunga scia luminosa e una serie di esplosioni avvenute tra 30 e 50 km di quota. Le esplosioni produssero un’onda d’urto che provocò molti danni in una vasta area attorno al punto di entrata e ferendo un migliaio di persone. Le sue dimensioni furono calcolate in circa 15 metri di diametro, con una massa originaria di 10mila tonnellate. Del meteoroide – forse un pezzo dell’asteroide 86039 (1999 NC43) – sono stati ritrovati alcuni frammenti, il maggiore dei quali pesava 570 kg. KEF-2013 era comunque un “peso leggero”, con pericolosità molto locale e circoscritta. Si stima che sia già stato identificato circa il 90% di tutti gli oggetti vicini alla Terra maggiori di un chilometro. Quelli potenzialmente pericolosi sarebbero già catalogati e non sussiste alcun rischio d’impatto per almeno un secolo. Anche il temutissimo Apophis, con diametro di 340 metri, non è più una minaccia, poiché le misure radar ottenute durante l’ultimo avvicinamento hanno permesso di definire l’orbita con la precisione sufficiente per escludere che l’oggetto colpisca la Terra nei prossimi cento anni. Tuttavia, il rischio d’impatto non è nullo, perché queste previsioni non contemplano oggetti come le nuove comete e gli oggetti interstellari, che possono arrivare all’improvviso da qualsiasi direzione. Molti nuclei cometari, anche con diametri di centinaia di metri, transitano nel Sistema solare interno e vengono avvistati solo quando sono nel campo visivo degli osservatori solari spaziali come Soho e Sdo.
QUESTIONE DI TEMPISMO
L’identificazione di un oggetto come 2022 EB5 è rassicurante: significa che le capacità tecnologiche sono ormai adeguate a registrare anche oggetti inoffensivi. Ancor più quelli potenzialmente pericolosi, con dimensioni superiori ai 30 metri. Se un oggetto piccolo è stato scoperto due ore prima dell’entrata in atmosfera, c’era, in via ipotetica, il tempo per provare ad allertare la popolazione, invitandola a mettersi al riparo in caso di percolo. Un potenziale impattatore di dimensioni più grandi può essere intercettato con un anticipo ancora maggiore. Potrebbero anche essere organizzati dei tentativi di deflessione dell’oggetto a debita distanza dalla Terra. Operazioni di questo tipo non sono più futuristiche. La Difesa Planetaria
CIELO E TERRA
è una disciplina che vede coinvolti molti ricercatori che si occupano del rischio collisionale. Presto o tardi il pericolo si presenterà per davvero: la popolazione sarebbe pronta ad affrontare una tale allerta? Purtroppo, non sono mai stati approntati e divulgati protocolli di comportamento, come già si fa per i rischi sismici, vulcanici e da tsunami. L’assenza di un piano di difesa e reazione verso un evento ritenuto improbabile rende la popolazione impreparata e vulnerabile, come è accaduto con la pandemia. Per gli asteroidi di grandi dimensioni, almeno nel breve termine, ci sarebbe ben poco da fare, ma per impatti a carattere regionale può essere predisposta una certa difesa. Un ruolo non secondario lo riveste la prevenzione, identificando in anticipo gli oggetti pericolosi. L’attenzione è riposta verso oggetti tipo Celjabinsk o Tunguska, con diametri delle decine di metri, in grado di portare grave rovina a persone e cose (vedi l’articolo su Sodoma e Gomorra, Cosmo n. 25).
SERVONO TANTI OCCHI
Attualmente, l’unica forma di salvaguardia è rappresentata dalle survey a risposta rapida come Atlas e Pan-Starrs con cui può essere monitorato l’intero cielo osservabile in breve tempo. Ma questo potrebbe non essere abbastanza e occorrono installazioni specificamente predisposte per completare una scansione della volta celeste nel giro di poche ore. La vera sfida è quella di conoscere e mappare tutti gli oggetti più piccoli, sino a circa 140 metri. A tale scopo, vari progetti di nuova concezione sono in fase di realizzazione, tra cui quello del Wide Field Mufara Telescope, promosso dall’Esa. Lo strumento - soprannominato Flyeye - sarà presto operativo sul Monte Mufara a 1850 m di quota, nel complesso delle Madonie in Sicilia (vedi Cosmo n. 20). Flyeye è un telescopio automatizzato predisposto per rilevazioni del cielo notturno, il primo di una futura rete in grado di scansionare completamente il cielo in una sola notte e identificare automaticamente nuovi asteroidi e comete che potrebbero rappresentare una minaccia per la Terra. Flyeye riprenderà ogni volta un con l’ampiezza di circa 45 gradi quadrati: in ogni ripresa troverebbero posto 170 lune piene! Nel telescopio, un singolo specchio di 1 m di apertura equivalente raccoglie la luce dall’intero campo visivo e alimenta un divisore di fascio poliedrico a 16 facce. L’intero campo visivo viene quindi ripreso da 16 astrocamere indipendenti, dotate di una propria ottica, come l’occhio di una mosca. Per la costruzione di Flyeye l’Esa ha siglato un contratto con un consorzio guidato da Cgs SpA (Italia), composto da Creotech Instruments SA (Polonia), SC EnviroScopY Srl (Romania) e Pro Optica SA (Romania).
» Modello del telescopio
Flyeye in costruzione sulle Madonie in Sicilia (Esa).
*GIUSEPPE DONATIELLO RESPONSABILE DELLA SEZIONE PROFONDO CIELO/UAI, OPERA ATTIVAMENTE ALLO STUDIO DEI FLUSSI STELLARI IN GRUPPI RICERCA INTERNAZIONALI. È SCOPRITORE DI CINQUE GALASSIE NANE VICINE, QUATTRO DELLE QUALI PORTANO IL SUO NOME.
