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IL CIBO OLTRE LA TERRA

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RECENSIONI

RECENSIONI

SPACE ECONOMY

DI FABIOLA FIORENTINO*

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PER (G)ASTRO INTENDITORI IL CIBO OLTRE LA TERRA

COME L’UOMO STA CERCANDO DI COSTRUIRE UNA FARM ANCHE NELLO SPAZIO

Il cibo nello spazio ha sempre occupato un ruolo fondamentale nel sostentamento degli astronauti in missione.

Mangiare sospesi fra le meraviglie

dell’universo significa, in circostanze di microgravità, prendersi un momento per recuperare energie, rifocillarsi, ma anche portare avanti esperimenti scientifici. Negli anni, lo spazio ha permesso di sperimentare tecniche di coltivazione in ambienti estremi e di lavorare dalla Terra su prodotti alimentari che potessero essere consumati e gustati in piena sicurezza sulle stazioni orbitanti. Quello tra il cibo e l’universo è dunque un rapporto di estrema discendenza, perché sinonimo di energia e vita. Sono molteplici i progetti deputati alla produzione di cibi e bevande ideali da consumare nello spazio e altrettanti quelli che sfruttano ricerche e condizioni spaziali per

migliorare l’alimentazione sul

nostro Pianeta (alla questione è dedicata una sezione specifica della mostra Gusto! Gli italiani a tavola. 1970-2050, curata da Laura Lazzaroni e Massimo Montanari e allestita fino al 25 settembre al Museo del ‘900 M9 di Mestre). Anche in virtù del fatto che, oltre l’atmosfera, i fluidi del nostro corpo iniziano a distribuirsi in modo differente, la percezione del gusto cambia e la produzione delle cellule ossee cala sensibilmente. Visto che in orbita non è ancora possibile cucinare, i cibi provenienti dal suolo terrestre devono, prima di arrivare a bordo, subire una serie di processi preventivi, quali la disidratazione, la liofilizzazione, la termostabilizzazione, la precottura e la sterilizzazione. Una volta trattato, tutto viene spedito in appositi contenitori in alluminio, o dentro buste sottovuoto dotate di apposite cannucce e con una shelf-life di 1824 mesi. Caratteristiche che pongono fine ai rischi del cibo nello spazio.

LE AZIENDE CHE STUDIANO E PRODUCONO CIBO SPAZIALE

I pasti devono resistere ai processi conservativi mantenendo intatte le caratteristiche nutritive. A occuparsi di queste ricerche, ci sono – tra i centri più importanti – i laboratori dello Space Food System per le missioni legate allo Space Shuttle e alla Stazione spaziale internazionale (Iss), oppure la torinese Argotec, che ha collaborato più volte con l’Agenzia spaziale europea. Una volta seguito l’intero iter, è possibile che gli astronauti italiani gustino un piatto caldo di orecchiette alle cime di rapa di Tiberino 1888 – marchio di eccellenza italiana per l’export di pasti extra-atmosferici

*FABIOLA FIORENTINO SICILIANA DI ORIGINI, CLASSE 94 E AMANTE DEL BUON CIBO, OVUNQUE ESSO SI TROVI. SCRIVE E PROGETTA CONTENUTI NEL SETTORE ENOGASTRONOMICO E VIVE PUNTANDO GLI OCCHI AL CIELO.

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» Alcune immagini della mostra “Gusto” al museo del ’900 di Mestre.

Cortesia M9 - Museo del ’900,

Giorgia Rorato.

– oppure bevano una spremuta d’arancia. Oppure, ancora, sorseggino un caffè italiano, grazie alla collaborazione tra Argotec e Lavazza, capace di portare sulla Iss l’autentico espresso. È una collaborazione nata per analizzare il comportamento dei fluidi in microgravità, il convogliamento pressurizzato dell’acqua e la distribuzione del calore dentro la stazione orbitante. Anche Altec si prende cura del gusto in orbita degli astronauti. E lo fa attraverso i bonus food europei, previsti dal programma Human Space Flight, che portano in orbita cibi che simulano i sapori terresti e rispecchiano le preferenze alimentari. Controllando, inoltre, che seguano alla lettera l’apporto di vitamine e minerali previsti dalla dieta degli astronauti. Un altro importante accordo è quello stipulato tra l’Agenzia spaziale italiana, Coldiretti, Crea e Unaprol, finalizzato all’invio sulla Iss anche di una selezione di oli extravergine di oliva, provenienti da quattro regioni italiane e distinti per tipologie di consumo. “Il progetto ha lo scopo di sottolineare l’importanza del patrimonio agroalimentare italiano, valorizzare e sensibilizzare un asset nazionale strategico per l’export del Paese, oltre che promuovere i principi di una corretta alimentazione”, ha evidenziato la stessa Asi.

SPACE FARM E SERRE

IN AMBIENTI ESTREMI:

L’EVOLUZIONE DEL CIBO NELLO SPAZIO

Oggi una missione spaziale ha una durata massima di circa sei mesi, durante i quali gli astronauti dispongono delle scorte ricevute a bordo. Ma cosa accadrebbe se una missione dovesse prolungarsi per anni, come nel caso di un viaggio verso Marte? Sarebbe possibile, a bordo, ottenere carne animale o coltivare piante per sopravvivere al tempo? Alla risposta affermativa si sta lavorando: infatti, mentre lo scorso autunno sono stati raccolti sette peperoncini verdi maturi Hatch a bordo della Iss, sulla Terra, ricreando le condizioni spaziali, si sta lavorando su sistemi sostenibili a circuito chiuso per combattere le emissioni di gas serra e per potere, un giorno, dislocare la stessa catena di produzione nello spazio. In questa direzione, il business di Orbital Farm è un esempio emblematico: fondata da Scot Bryson, l’azienda combatte gli effetti del cambiamento climatico progettando grandi fattorie chiuse e serre autonome – all’interno del Virgin Galactic Spaceport America in New Mexico. Le quali convertono materiali di scarto in energia e permettono la coltivazione di agricoltura cellulare, vaccini, frutta e verdura fresca, energia pulita e rinnovabile. A tal proposito, è in corso l’esperimento chiamato Space Hummus, iniziato con la diciassettesima missione di rifornimento di Northrop Grumman

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» Alcune immagini della mostra “Gusto” al museo del ’900 di Mestre.

Cortesia M9 - Museo del ’900,

Giorgia Rorato.

sulla Iss il 19 febbraio, a cura dello scienziato Yonatan Weintraub della Stanford University. Per quanto concerne la carne, invece, Zvika Tamari, capo del programma spaziale di Alph Farm, sta analizzando l’effetto della microgravità sulla proliferazione e la differenziazione cellulare. Processi alla base della formazione del tessuto muscolare. Gli esperimenti in orbita sono già in atto e le premesse sembrano dare voce a una nuova frontiera di mercato, solida e forte, soprattutto in relazione ai prossimi viaggi spaziali.

DEEP SPACE FOOD CHALLENGE

In collaborazione con la Canadian Space Agency, anche la Nasa finanzia progetti di sviluppo di nuovi sistemi di produzione alimentare per lo spazio, incluse tecniche di coltivazione e nuove tecnologie. Lo fa con il concorso Deep Space Food Challenge, che mette in palio un premio di un milione di dollari destinato, in primis, ai partecipanti statunitensi, quindi ai candidati internazionali. La premiazione è prevista il prossimo settembre. “Il nostro approccio all’esplorazione umana dello spazio profondo è rafforzato dai nuovi progressi tecnologici e dai diversi contributi della comunità. Questa sfida ci aiuta a spingere i confini delle capacità di esplorazione in modi che potremmo non riconoscere da soli”, ha dichiarato durante l’edizione dell’anno scorso Jim Reuter, amministratore associato dello Space Technology Mission Directorate della Nasa. Edizione che, tra l’altro, ha visto eccellere anche un’azienda italiana, la Jpworks. Con sede a Milano, l’azienda è stata premiata per aver sviluppato “Chloe NanoClima”, un metodo per coltivare nano-piante e micro--green in un unico ecosistema a prova di contaminazione.

IL PROGETTO SATURNALIA

Tra gli ultimi progetti sbarcati nello spazio, spicca Saturnalia che, in collaborazione con Esa, ha reso possibile per tutti gli amanti del vino un’esperienza immersiva e unica tra i vigneti del Brunello di Montalcino. Nato dall’azienda Ticinum Aerospace, spin-off dell’Università degli Studi di Pavia, il progetto ha dato vita a un primo atlante digitale, che permette la navigazione in tre dimensioni delle zone vitivinicole più amate e apprezzate in Italia, direttamente dal pc di casa. Non è tutto: grazie all’utilizzo di satelliti e sensori spaziali, Saturnalia è in grado di fornire informazioni

precise e dettagliate sui prezzi e

la qualità dei vini di alta gamma. In sintesi, i grandi amanti del vino potranno accedere alle informazioni attraverso un abbonamento mensile, che permetterà loro di ottenere voti, rapporti sulle vendemmie, mappe dinamiche, aggiornamenti e previsioni sui prezzi del Liv-ex. È una dimostrazione ulteriore di come le frontiere dell’innovazione agroalimentare siano potenzialmente infinite. Così come l’immaginazione e le possibilità dell’uomo. Perché sempre ciò che ci accomuna di più è l’imprevedibile desiderio di spingerci oltre il noto.

DI FABIOLA FIORENTINO

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