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TEMA DEL MESE
TEMA DEL MESE
DI GIUSEPPE BONACINA*
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DKIST CI SVELA IL

IL NUOVO TELESCOPIO ALLE HAWAII REALIZZA IMMAGINI AD ALTA RISOLUZIONE DELLA SUPERFICIE SOLARE SENZA PRECEDENTI
Èun po’ la rivincita del telescopio solare a terra. Le affascinanti immagini fisse e in movimento della nostra stella trasmesse negli ultimi trent’anni dalle sonde solari, come Soho (Solar and Heliospheric Observatory) e Sdo (Solar Dynamic Observatory), avevano messo in ombra le possibilità visuali e di studio degli osservatori terrestri. Ma le immagini della faccia del Sole riprese dal nuovo telescopio hawaiano Dkist (Daniel Ken Inouye Solar Telescope), ora in piena operatività scientifica, hanno conquistato gli astronomi per i finissimi dettagli, che offrono inedite possibilità di osservazione e studio dei molteplici e complessi fenomeni a piccola scala spaziale e temporale che caratterizzano la turbolenta superficie solare.
SULLA CIMA
DI UN MONTE SACRO
Dkist è un telescopio destinato allo studio integrato per via ottica (a molte lunghezze d’onda) e magnetica della superficie e dell’atmosfera solare. Realizzato dalla National Science Foundation per conto del National Solar Observatory, è gestito dalla Association of Universities for Research in Astronomy, tutte istituzioni americane di ricerca scientifica. Si trova a 3000 metri di altezza, alla sommità del vulcano quiescente Haleakala nell’isola Maui, la seconda dell’arcipelago delle Hawaii, regione che gode di un seeing molto favorevole per la trasparenza e la stabilità del cielo. La costruzione, iniziata nel 2012, si è protratta oltre i tempi previsti per l’opposizione degli abitanti dell’isola, che considerano questa montagna sacra e inviolabile. Non sappiamo quali “compensazioni” siano state offerte ai locali per mandare avanti i lavori, conclusi nel 2020. Il costo totale dell’opera, a carico del Nso, è stimato in 340 milioni di dollari. Il telescopio, inserito in una costruzione alta 23 m, comprende uno specchio primario da 4,24 metri e un secondario da 65 cm su una montatura altazimutale pesante 3 tonnellate. Insieme assicurano una risoluzione angolare di 0,1 secondi
*GIUSEPPE BONACINA LAUREATO IN CHIMICA INDUSTRIALE E GIORNALISTA DEL SETTORE TECNICO-SCIENTIFICO, SI OCCUPA DI FISICA SOLARE E DI RELAZIONI SOLE-TERRA.
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» L’osservatorio solare Dkist sulla sommità del vulcano Haleakala nell’isola Maui alle Hawaii.
Inquadra il QR per un video di presentazione dell’osservatorio.
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» In questa pagina: una macchia solare ripresa dal Dkist a 530 nm il 28 gennaio 2022.
In basso, per confronto, le dimensioni degli Usa (Nso/Aura/Nsf).
Nella pagina a destra:
Dettaglio della granulazione fotosferica ripresa da Dkist a 705 e 789 nm, con dettagli di 30 km (Nso/Aura/Nsf).
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d’arco e un campo visivo di 5 minuti d’arco in una diagnostica spettrale da 380 a 5000 nanometri (dall’UV al vicino IR). Lo specchio primario dispone di un’ottica adattiva che permette di compensare l’effetto di sfuocatura causato dall’atmosfera terrestre, mentre uno schema ottico fuori asse consente di minimizzare la luce diffusa. Un notevole problema costruttivo ha riguardato la dispersione dell’enorme quantità di calore generato dalla luce sullo specchio: 13mila watt concentrati in un’area di circa 40 cm2, migliaia di volte più dell’irraggiamento solare al suolo. Diverse le soluzioni adottate: un complesso sistema di raffreddamento di tutta la struttura con 10 km di tubazioni percorse da un liquido refrigerante; la riduzione della luce sulle ottiche secondarie mediante un anello metallico che consente il


GLI STRUMENTI DI DKIST
Il nuovo telescopio solare dispone di una batteria di strumenti che possono operare separatamente o insieme e sono disposti su una tavola rotante di 16,5 metri di diametro, che si trova sotto gli specchi: • Vbi (Visible Broadband Imager): due telecamere a frequenza diversa che consentono immagini ad alta risoluzione (sino a 20 km) della superficie e della bassa atmosfera del Sole e possono essere sincronizzate per seguire la propagazione del plasma; • Visp (Visible SpectroPolarimeter): uno spettropolarimetro che espande la luce entrante in tre strette lunghezze spettrali per misurare la polarizzazione e quindi seguire le variazioni del campo magnetico superficiale; • Vtf (Visible Tunable Filter): uno spettrografo che mantiene la simultaneità nello spazio del campo visivo; • Dl-Nirsp (Diffraction Limited - Near InfraRed SpectroPolarimeter): uno spettrografo a fibre ottiche che riunisce dati spettrali in un’immagine bidimensionale; • Cryo-Nirsp (Cryogenic - Near InfraRed SpectroPolarimeter): uno spettropolarimetro criogenico che misura nell’infrarosso i campi magnetici nella corona (deve essere mantenuto alla temperatura di 70 K). • Fido (Facility Instrument Distribution Optics): un’apparecchiatura che facilita l’impiego simultaneo di più strumenti nella stessa gamma spettrale. TEMA DEL MESE
passaggio solo della piccola porzione del disco solare in esame; la copertura della cupola con sottili piastre isolanti che possono essere aperte per favorire la circolazione dell’aria. Le prestazioni del Dkist superano abbondantemente quelle del telescopio McMath-Pierce, realizzato nel 1962 a Kitt Peak, in Arizona, sinora il più grande al mondo, con uno specchio primario di 1,61 metri e risoluzione di 0,7”. Una supremazia già minacciata da altri grandi telescopi solari terrestri in progetto: l’European Solar Telescope (Est) con specchio da 4,07 m alle isole Canarie per conto dell’European Association Solar Telescope (consorzio di 15 nazioni, tra cui l’Italia); il Large Solar Telescope con specchio di 3 m presso il Sayan Solar Observatory a Buryatia, nella Russia siberiana; il National Large Solar Telescope, con specchio di 2,5 m a Merak in Ladakh, in India; fino al Chinese Giant Solar Telescope, con specchio di 8 metri in Cina.
DETTAGLIATE MAPPE
DELLA FOTOSFERA
Sono straordinarie le prime immagini di macchie solari riprese dal Dkist in questa fase ascendente del ciclo di attività n. 25. L’elevata risoluzione evidenzia le strutture ultrafini del campo magnetico superficiale, intrecciate con i flussi del plasma convettivo caldo. Le parti scure, come l’umbra della macchia e i filamenti che si diramano all’esterno, indicano zone relativamente più “fredde” rispetto alla fotosfera (4500 K contro i 6000 K), perché l’intenso campo magnetico ostacola il trasferimento di calore dall’interno del Sole verso la superficie.
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Stupefacenti sono anche le mappe dettagliate della granulazione fotosferica al centro del disco solare, ottenute sovrapponendo sequenze ravvicinate di immagini riprese a 705 e 789 nm. Le grandi bolle brillanti di plasma convettivo caldo hanno un diametro medio di 7000 km, temperature di 6000 K, velocità verticali di 7 km/s, vita di 20 minuti. Tra di esse sono visibili filamenti scuri e “freddi”, che indicano la presenza di un intenso campo magnetico che “fluisce” negli spazi intergranulari. Si ritiene che proprio queste interazioni dinamiche a piccola scala spaziale e temporale favoriscano l’innesco di eventi solari a lunga evoluzione, come le macchie, ed esplosivi, come i flare e le emissioni di massa coronale. Queste immagini dettagliate sono rese possibili anche grazie a un complesso di strumenti con avanzate capacità di diagnostica elettromagnetica e spettropolarimetrica di precisione, che consente di seguire le variazioni in direzione e intensità del campo magnetico superficiale e le sue interazioni con il plasma.
PREZIOSE
COLLABORAZIONI
Particolarmente interessante appare il possibile scambio di dati tra il Dkist e le sonde Parker Solar Probe e Solar Orbiter, che si trovano in orbita intorno al Sole. La prima, lanciata dalla Nasa nel 2018, è destinata a percorrere orbite sempre più strette, penetrando nella corona solare sino a 6 milioni di chilometri dal Sole nel giugno 2025. Una missione “suicida”, volta a studiare le caratteristiche strutturali e chimico-fisiche del vento solare osservandolo alle sue sorgenti, prima delle modifiche a cui va incontro nello spazio interplanetario. La seconda, lanciata dall’Esa nel 2020, dispone di telescopi “classici”, di un coronografo e di strumenti per l’analisi del vento solare. Si spingerà sino a 45 milioni di km dal Sole, dando uno sguardo anche sulle regioni polari.
UN SENATORE HAWAIANO CHE ANCHE L’ITALIA RINGRAZIA

» La ripresa della granulazione fotosferica al centro del disco solare.
Nei prossimi decenni potranno aprirsi collaborazioni anche con gli altri grandi telescopi solari attualmente in progetto. L’insieme dei dati di provenienza terrestre e spaziale potrebbe assicurare una continuativa e dettagliata osservazione della superficie solare e del vento solare, cercando di cogliere con sempre maggior tempestività i precursori degli eventi esplosivi che diffondono nello spazio radiazioni elettromagnetiche e flussi corpuscolari molto energetici, in grado di danneggiare le nostre infrastrutture tecnologiche nello spazio e a terra.
Il nuovo telescopio solare hawaiano è intitolato a Daniel Ken Inouye, giapponese di seconda generazione, nato il 7 settembre 1924 a Honolulu, capitale delle Hawaii. All’epoca indipendenti, ma già nell’orbita politica americana, le Hawaii diverranno ufficialmente il 50° Stato degli Stati Uniti d’America nel 1959. Arruolato nel 442° Regimental Combat Team, composto per lo più da volontari americani di origine giapponese, Inouye prende parte in Europa alla Seconda guerra mondiale. In una azione militare sul Colle Musatello, in Liguria, il 21 aprile 1945 viene colpito da una granata tedesca che gli procura l’amputazione del braccio destro sino al gomito e pone fine al sogno di diventare chirurgo. Congedato nel 1947 con menzione d’onore, Inouye torna in Patria e si laurea in Scienze politiche. Dal 1953 si dedica alla politica, dapprima come Rappresentante territoriale delle Hawaii e dal 1962 come senatore del Partito democratico, carica che manterrà senza interruzioni sino alla morte, che lo coglie a Bethesda, nel Maryland, il 17 dicembre 2012. Inouye è sempre stato molto legato alla sua terra d’origine e nella sua attività politica si è molto speso per lo sviluppo infrastrutturale e culturale delle Hawaii. Oltre all’osservatorio, dopo la morte al suo nome sono state intitolate diverse strutture, tra cui l’aeroporto internazionale di Honolulu, una grande nave portacontainer e vari ambienti della locale Università.
