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DAL CONFLITTO A SPACEX
SPACE ECONOMY
DI FRANCESCO BUSSOLETTI*
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PERCHÉ LE CONSEGUENZE DELL’INVASIONE IN UCRAINA POTREBBERO AVVANTAGGIARE LA COMPAGNIA DI ELON MUSK
L’invasione russa in Ucraina e le conseguenti sanzioni internazionali contro Mosca con ogni probabilità cambieranno gli equilibri a breve termine anche nel settore spaziale. SpaceX di Elon Musk, infatti, potrebbe presto diventare il lead
player a livello europeo sul versante
dei lanciatori, nonostante l’Unione possegga gli ottimi Vega e Ariane e si appresti, entro l’anno, a lanciarne la prossima generazione. Per capire il perché di questo possibile e improvviso shift, bisogna analizzare cosa è successo in ambito spaziale a seguito dell’offensiva di Mosca contro Kiev: l’Agenzia spaziale europea, dopo una movimentata riunione del Consiglio in cui si ipotizzava di tenere aperta la porta alla Russia come gesto di buona volontà verso la pace, ha invece congelato la missione congiunta ExoMars per l’esplorazione di Marte. La Svezia si è quindi rifiutata di lanciare il satellite scientifico Mats con un Sojuz. In parallelo, il direttore dell’agenzia spaziale della Federazione, Roscosmos, Dmitry Rogozin, si è reso protagonista di diversi attacchi – da molti interpretati come minacce - alla comunità internazionale. Il governo russo ha subito richiamato in patria tutto il suo personale dalla base spaziale europea di Kourou, in Guyana Francese, e ha bloccato tutti i lanci dal cosmodromo di Bajkonur e da quelli associati che coinvolgessero le nazioni che hanno aderito alle sanzioni. Tra questi, i satelliti della britannica OneWeb. Rogozin, aperto sostenitore del presidente Vladimir Putin e della sua “operazione speciale militare”, ha infine rilanciato affermando che la Russia andrà da sola su Marte. Di fatto, almeno in teoria, c’è il rischio che la maggior parte delle operazioni spaziali civili e commerciali europee si paralizzi o almeno rallenti. Anche perché il motore del quarto stadio del Vega è prodotto in Ucraina e la guerra in corso ha bloccato ogni fornitura all’Esa, sebbene il produttore del lanciatore in Italia, Avio, abbia già confermato la disponibilità di uno “stock strategico” a garanzia dei lanci
*FRANCESCO BUSSOLETTI È GIORNALISTA PROFESSIONISTA E INVIATO DI GUERRA EMBEDDED IN DIVERSE AREE DI CONFLITTO. DAL 2003 SI OCCUPA DEI TEMI LEGATI ALLA DIFESA E ALLA SICUREZZA, A CUI NEGLI ULTIMI ANNI HA AGGIUNTO LA CYBERSECURITY E LO SPAZIO.


» La capsula Crew Dragon di SpaceX a sinistra e un razzo Sojuz a destra.
previsti fino al 2026 (e consegnato prima dell’escalation in Ucraina). Beninteso, l’Unione Europea, l’Italia e l’Occidente in generale non possono permettersi ritardi eccessivi e men che meno stop. Congelare o rallentare i numerosi programmi in corso causerebbe perdite economiche e competitive gravi, anche perché la Russia sta cercando di rafforzare le partnership spaziali con quei Paesi che si sono espressi a sostegno di Mosca, o sono rimasti neutrali nell’offensiva contro Kiev: e cioè la Cina, l’India, il Pakistan e il Brasile. Fino a poco tempo fa c’era anche Israele, ma le ultime dichiarazioni dello Stato ebraico hanno indispettito Putin. È doveroso ricordare, tuttavia, che anche prima dell’inizio dell’invasione russa, l’Unione Europea era
ricorsa ai servizi di SpaceX in due
occasioni: a dicembre 2021, per inviare rifornimenti alla Stazione spaziale internazionale, e a febbraio 2022, per lanciare il secondo satellite della second generation di Cosmo SkyMed. Entrambe le operazioni sono andate bene, nonostante i tempi stretti nell’organizzazione dei lanci, e si è anche dimostrato che i vettori di Elon Musk sono particolarmente economici da impiegare. Questi elementi hanno portato ad aprire un dibattito in Europa sulla possibilità di usare SpaceX, almeno per il momento, in via continuativa. Per il prossimo futuro, in effetti, le alternative scarseggiano: le conseguenze della guerra in Ucraina non sembrano destinate a esaurirsi nel breve periodo e le sanzioni alla Russia probabilmente proseguiranno anche in caso di raggiungimento della pace. È probabile che normalizzare le relazioni con Mosca, anche nel migliore dei casi, richiederà anni. Tempo che l’UE
non può permettersi di perdere
aspettando di poter avere nuovamente accesso ai Sojuz e ai cosmodromi. Per molti osservatori questa sembra l’occasione giusta per staccarsi – anche sul versante spaziale – dalla dipendenza dalla Federazione. In primis per quanto riguarda la Iss: gli astronauti internazionali, infatti, arrivano e tornano dall’avamposto orbitante “ospitati” a bordo dei lanciatori russi. L’ultimo è stato lo statunitense Mark Vande
Hei, atterrato con un Sojuz in
Kazakistan il 30 marzo nonostante le tensioni tra Washington e Mosca. Peraltro, è stato lo stesso Rogozin a fornire involontariamente un assist in questo senso, con una lettera in cui annuncia il probabile congelamento della cooperazione russa sulla Stazione orbitante - dopo 23 anni dall’inizio - a causa delle sanzioni internazionali. Il capo di Roscosmos, da una parte loda le Agenzie Spaziali occidentali - Nasa, Csa ed Esa – per essersi espresse verso lo stop alle misure punitive legate ad alcune aziende del settore spaziale di Mosca, nell’ottica di mantenere viva la cooperazione in particolare sulla Stazione spaziale internazionale. Dall’altra, accusa i governi occidentali di non voler agire in tal senso e afferma perciò che “la Iss morirà per sua stessa mano”, in quanto la Russia vi ha un ruolo fondamentale. Di conseguenza, Rogozin afferma in un comunicato che chiederà alla leadership politica della Federazione di indicare le modalità e i tempi con cui porre fine alla cooperazione per l’avamposto orbitante. SpaceX, che ha appena aiutato OneWeb a lanciare la sua costellazione di satelliti dopo lo stop russo (come scriviamo nell’articolo a pagina 22), oltre all’economicità e alla capacità di fornire un buon servizio in tempi ridotti, ha anche un’altra freccia al proprio arco, di particolare interesse per l’UE: sta sviluppando un vettore “heavy” per le missioni nello spazio profondo. Se l’azienda americana riuscisse a “metterlo in linea” per tempo, l’Unione Europea potrebbe addirittura ipotizzare di riavviare ExoMars in autonomia. E a differenza di eventuali tentativi della Russia ci sono elevate possibilità di successo. Mosca, infatti, fornisce i motori e i componenti non intelligenti della missione. Tutta l’alta tecnologia del progetto è invece prodotta in Europa e soprattutto in Italia con la Altec di Torino. Sebbene, al momento, non ci sia alcunché di certo per quanto riguarda l’uso continuativo di SpaceX nel Vecchio Continente, è possibile dire che in ambito UE c’è un forte trend di interesse verso l’azienda di Musk, un interesse rafforzato dalla guerra in Ucraina e dall’urgenza di rispettare i tempi programmati per i lanci dei satelliti. E un interesse che coinvolge anche l’Italia, visto che il Piano nazionale per la ripresa e la resilienza prevede un sostanzioso capitolo di spesa dedicato allo spazio.
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