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SIMULAZIONI MARZIANE NELLO UTAH

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DI ANTONIO LO CAMPO*

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SIMULAZIONI NELLO UTAH

IN ATTESA DEL VERO SBARCO, CONTINUANO LE ESERCITAZIONI NEGLI ANALOGHI MARZIANI SUL NOSTRO PIANETA

Per adesso è una simulazione in un’area desertica. Ma da queste esperienze terrestri si spera di raccogliere tutti i dati scientifici e tecnologici per quello che sarà il primo avamposto su Marte. La missione si chiama Smops, è patrocinata dall’Agenzia spaziale italiana ed è la terza organizzata dalla Mars Society con ricercatori e tecnologi che ne formeranno l’equipaggio. Questa nuova simulazione marziana nello Utah è molto italiana, poiché organizzata da Mars Planet, cioè la sezione italiana della Mars Society statunitense, che ha sede a Curno, in provincia di Bergamo, ed è presieduta da Antonio Del Mastro. Ma come sarà questa base marziana nello Utah? Cosa effettueranno i “martenauti”? E chi sono i protagonisti selezionati da Mars Planet?

“PRONTI PER

LA NUOVA MISSIONE”

“Dopo la straordinaria esperienza precedente, del 2020, non vedo l’ora di ripeterla con la prossima missione prevista in aprile”. Paolo Guardabasso, catanese, è un ingegnere aerospaziale laureato al Politecnico di Torino, e da alcuni anni fa parte degli equipaggi internazionali di missioni che simulano escursioni su Marte. Il deserto dello Utah è una delle zone del nostro pianeta che maggiormente si prestano a simulare l’ambiente marziano per periodi di alcuni giorni in isolamento, con attività extraveicolari muniti di scafandro, casco e zaino di sopravvivenza. La nuova missione di completa simulazione di esplorazione marziana è prevista dal 10 al 23 aprile prossimi. Smops (Space Medicine Operations) sarà quasi del tutto dedicata a esperimenti biomedici, come mostra lo stemma della missione; è organizzata da Guardabasso e dal collega Vittorio Netti, architetto pugliese, con un team internazionale di ricercatori che comprende la canadese Nadia Maarouf (ricercatrice in campo biomedico), il francese Benjamin Pothier (documentarista e ricercatore in ambito di fattori umani), e gli italiani Simone Paternostro (ingegnere con esperienze in Esa), e Luca Rossettini (che dirige la società D-Orbit). “Come durata e criteri di permanenza, questa missione ricalca la precedente”, dice Guardabasso “e anche il sito è sempre quello della Mdrs, situata nello Utah”. Verrà anche sperimentata una nuova tuta per uso spaziale, progettata da Mars Planet in partnership con aziende italiane leader nel settore tessile.

LA BASE MDRS DELLO UTAH

La stazione “marziana” Mdrs comprende sei diverse strutture: l’habitat, chiamato Hab, è un edificio cilindrico a due piani con un diametro di otto metri. Il piano superiore ospita gli alloggi dell’equipaggio (fino a sette membri) e un’area dove cucinare, mangiare, lavorare e rilassarsi. Il piano inferiore è dedicato alle riunioni pre e post attività extraveicolari. Lì si trova una stanza con le radio e le tute per le

*ANTONIO LO CAMPO È UN GIORNALISTA SCIENTIFICO SPECIALIZZATO PER IL SETTORE AEROSPAZIALE E COLLABORA CON DIVERSE TESTATE NAZIONALI.

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attività esterne, atte a simulare vere tute spaziali per missioni su Marte, un Eva airlock, un bagno e un’altra camera a tenuta stagna, più piccola. Da questa si può accedere ai tunnel che portano alle altre parti della stazione: il Ramm (Repair and Maintenance Module), dedicato agli esperimenti tecnologici e alle riparazioni, la Science Dome, un laboratorio per esperimenti di microbiologia e geologia, la serra (GreenHab) e l’osservatorio solare Musk. Un altro osservatorio, totalmente robotico e separato dal sistema di tunnel, viene telecomandato.

IL VOLO DEI DRONI,

DALLO UTAH A MARTE

“Insieme con Vittorio Netti, abbiamo sperimentato alcuni droni in ambiente marziano, che faremo volare in aprile” spiega Guardabasso. “Il principale obiettivo è di testare questo tipo di velivoli autonomi per valutarne l’utilità nel contesto di una missione umana su Marte. Abbiamo usato un quadricottero per effettuare sopralluoghi della stazione a una distanza ravvicinata, e un drone ad ala fissa, in grado di volare a un centinaio di metri di altezza per fotografare il suolo”. “Per muoverci sulla superficie desertica, useremo dei rover elettrici biposto, per percorrere diversi chilometri, a seconda dell’obiettivo dell’attività extraveicolare. Le attività all’esterno prevedono un numero di quattro partecipanti per due ore al massimo, mentre il resto dell’equipaggio comincia a reidratare l’occorrente per il pranzo. I pasti sono spesso a base di riso, condito con prodotti disidratati con scadenze decennali. Qualche volta c’è la possibilità di usare prodotti freschi, soprattutto erbe aromatiche, provenienti dalla serra della stazione”. “Marte rappresenta non solo la possibilità di espansione del genere umano, ma anche il prossimo stadio evolutivo, che ci trasformerà in una civiltà interplanetaria. C’è ancora molto da fare, molto da costruire, ma è indubbio che noi esseri umani saremo i protagonisti. Serviranno preparazione, conoscenze in tanti ambiti diversi e persone che accettino il rischio di essere pionieri di una nuova era” chiosa l’ingegnere.

UN PROGETTO IN AMBITO SPACE ECONOMY

“La missione Smops ha l’obiettivo di aiutare a fare dei passi avanti necessari per insediamenti stabili su Marte”, aggiunge Luca Rossettini, amministratore delegato e co-fondatore di D-Orbit. “Nel corso della missione mi occuperò, tra le altre attività a supporto degli altri esperimenti, di testare un dispositivo Life Support System, in grado dì sanificare l’aria

in modo estremamente efficace e

veloce - aspetti fondamentali per i viaggi interplanetari, basi su altri corpi celesti, ma ormai anche nella nostra vita qui sulla Terra, per combattere efficacemente la pandemia. Questo dispositivo è stato ingegnerizzato dalla mia azienda, leader nel settore della logistica e trasporto spaziale, che supporta la missione di aprile”. In vista di Smops, in queste settimane si sta mettendo a punto il programma dei numerosi esperimenti, questa volta meno tecnologici e più scientifici, incentrati sulla misurazione dei

parametri vitali e sulla salute dei

futuri astronauti. Per Rossettini, Guardabasso, e i loro compagni d’avventura, si presenta un nuovo periodo di due settimane da trascorrere nella sua stanzetta di quattro metri per due: “Ma è un esperienza straordinaria – conclude Rossettini– “mi sento già un po’ astronauta? Mi piacerebbe diventarlo? Ho appena compiuto 30 anni e penso di poter rientrare in una prossima selezione, chissà. Nel frattempo sono già entusiasta di queste missioni terrestri. Un giorno, quando avverranno i primi sbarchi su Marte, gli astronauti avranno fatto tesoro anche delle nostre esperienze”.

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