4 minute read

GUERRE STELLARI DALLA TERRA

Next Article
SPACE MARKETS

SPACE MARKETS

SPACE ECONOMY

DI FRANCESCO BUSSOLETTI*

Advertisement

DA SPAZZATURA SPAZIALE A PROIETTILE (PIÙ O MENO VOLUTO): RISCHI E PROSPETTIVE DI UNO SCENARIO GEOPOLITICO A CONFRONTO CON ARMI ANTI SATELLITE E SPACE DEBRIS

Idetriti spaziali, chiamati ufficialmente space debris, sono diventati armi. Proiettili, per essere più precisi. Lo sono, perché in grado di danneggiare irreparabilmente o addirittura distruggere i bersagli su cui impattano. Lo hanno confermato gli ultimi test dei missili anti-satellite ad ascesa diretta (Da-Asat) russi, le cui esplosioni hanno minacciato dapprima la Stazione spaziale internazionale e il suo equipaggio, e un satellite cinese poi. Nel primo caso, a novembre del 2021, Mosca testò un missile

Asat contro il vecchio satellite-

spia, Kosmos-1408, ormai non più operativo, facendolo esplodere. La deflagrazione creò oltre 1500 detriti (secondo la Nasa), che furono immessi in orbita e finirono nel raggio della Iss, costringendo l’equipaggio a rifugiarsi sulle due navicelle destinate al rientro - la Soyuz e la Crew Dragon -, per il pericolo concreto di una collisione imminente. L’evento suscitò un’ondata di critiche internazionali, nonostante le rassicurazioni dell’Agenzia spaziale russa, la Roscosmos, e del ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, pronti a giurare che i frammenti creati in seguito al test, in termini di parametri dell’orbita, non avessero “rappresentato e non rappresenteranno alcuna minaccia per le stazioni orbitali, i satelliti e l’attività spaziale”. A onor del vero, anche alcune operazioni successive sulla Iss, come la sostituzione di un’antenna sul traliccio della stazione che non trasmetteva più dati, furono rimandate per precauzione: il rischio di collisione, seppur non più immediato, era purtroppo ancora presente. Pochi giorni prima del test russo, la Iss aveva peraltro già “schivato” un frammento pericoloso,

che circolava liberamente nello

spazio dal 2007. Apparteneva al satellite meteorologico Fenguyun-1C, distrutto quell’anno nel corso di uno dei primi esperimenti balistici della Cina in questo settore. Il secondo episodio, invece, è avvenuto solo poche settimane fa e ha

*FRANCESCO BUSSOLETTI È GIORNALISTA PROFESSIONISTA E INVIATO DI GUERRA EMBEDDED IN DIVERSE AREE DI CONFLITTO. DAL 2003 SI OCCUPA DEI TEMI LEGATI ALLA DIFESA E ALLA SICUREZZA, A CUI NEGLI ULTIMI ANNI HA AGGIUNTO LA CYBERSECURITY E LO SPAZIO.

SPACE ECONOMY

visto protagonisti sempre i missili DaAsat russi e la “spazzatura spaziale” in orbita, che la Nasa (al 2021) stima in circa 23mila frammenti più grandi di una palla da tennis, a cui vanno aggiunti quelli più piccoli, che però non si riesce a mappare. Il 18 gennaio 2022, secondo Pechino, i frammenti causati da un recente test di Mosca sarebbero passati ad appena 14,5 metri da un loro satellite. Il rischio, se le due entità fossero entrate in collisione, era quello di una violentissima onda d’urto supersonica, che avrebbe trasformato in coriandoli il satellite cinese e allo stesso tempo generato nuova spazzatura in circolazione intorno alla Terra. A seguito dei due incidenti, su input degli Stati Uniti, è stata avviata una discussione a livello internazionale per arrivare a

un trattato in cui siano vietati test

di questa tipologia, che mettano a rischio sia gli equipaggi sia gli assetti in orbita. La discussione, però, è solo all’inizio e si registrano posizioni molto divergenti tra i maggiori attori statuali dello spazio. Presumibilmente serviranno anni per arrivare ai primi risultati concreti, se ci saranno. Intanto, si pensa a come sfruttare in modo strategico quanto imparato dagli ultimi eventi, le famose lessons learned: diversi Paesi hanno avviato studi per capire se sia possibile (e come) usare direttamente i detriti come proiettili per colpire asset nemici. L’idea è direzionarli in qualche modo, senza usare sistemi rilevabili, per farli entrare in rotta di collisione con i bersagli. I programmi sono ovviamente top secret, ma qualcosa è trapelato. In particolare la finalità: attaccare senza rischiare di venire accusati e quindi non subire le conseguenze delle proprie azioni. Peraltro, la “materia prima” non manca. Complice la crescente competitività nel settore e la conseguente riduzione dei costi, oggi lanciare qualcosa nello spazio è molto più fattibile rispetto a soli pochi anni fa; a maggior ragione quando si tratta di oggetti piccoli, alloggiati in una sorta di autobus che trasportano merci di più soggetti verso l’atmosfera. Queste piccole armi attivate a distanza, proprio per la loro dimensione, sarebbero difficilmente rilevabili dai radar nemici. Inoltre, si mimetizzerebbero agilmente nei lanci “di gruppo”, magari travisati da semplici componenti, oppure nascosti all’interno di oggetti più grandi, pronti ad attivarsi una volta arrivati nel loro sterminato campo di battaglia. Qualcuno sta già andando oltre e pensa addirittura di sfruttare piccoli asteroidi, sebbene qui si sia ancora nel mondo della fantascienza in stile Armageddon. Non mancano, tuttavia, alcuni

aspetti positivi legati a questa

minaccia: l’enorme (e in crescita) immondezzaio che circola attorno alla Terra sta ispirando alcune aziende, che valutano la possibilità di creare dei servizi di “nettezza extra-terrestre”. Compagnie di questo tipo esistono già sullo schermo, come racconta il bellissimo manga Planetes, da cui è stato tratto un altrettanto avvincente film di animazione (anime). Forse, un domani, diverranno realtà e i detriti spaziali non saranno più un pericolo, ma diventeranno un business redditizio. Fino ad allora, dovremo guardarci dietro le spalle…o meglio sopra la testa.

» Dall’alto: detriti spaziali (photo credits: ESA).

L’impatto di un pellet di plastica di 14 grammi a 24mila km/h su un blocco di alluminio solido (test di laboratorio).

Il missile balistico indiano Prithvi Defence

Vehicle Mark 2 (Project XSV-1) testato come arma anti-satellite (photo credits: ministero della Difesa indiano).

Uno snapshot di Planetes.

This article is from: