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TEMA DEL MESE
TEMA DEL MESE
DI WALTER FERRERI*
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IL RISVEGLIO DEL SOLE
LA NOSTRA STELLA ENTRA NEL VIVO DEL NUOVO CICLO DI ATTIVITÀ: TELESCOPI E SONDE SONO PRONTI A CARPIRNE I SEGRETI
» Il Sole “macchiato” ripreso da Cornaredo (MI) il 12/01/2022, telescopio Sky-Watcher Mak 180 mm a f/7 su montatura HEQ5 Pro, camera
Player One Neptune Cll con filtri Baader Astrosolar 3,8 ND, Continuum e IR-UV cut; mosaico di due filmati Avi elaborati con Avistack2,
Registax6, Astroart3, Paint.net (Maurizio Walter Miehe).
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Dopo diverse decine di anni nei quali l’attività solare mostrava una costante diminuzione, ora, con il 25° ciclo (iniziato dopo il minimo del dicembre 2019), il Sole presenta un incremento che induce a credere che non vi sarà un altro “minimo di Maunder” (il periodo tra 1600 e 1700 che fu caratterizzato dalla quasi assenza di macchie solari), come era stato temuto. L’interesse sull’andamento del ciclo solare è dovuto anche ai presunti legami del ciclo con il clima terrestre, ma i molti lavori pubblicati finora in proposito presentano pareri spesso discordanti, indice del fatto che siamo ancora lontani dall’aver ben compreso quanto esattamente il Sole influenzi il nostro clima, e non siamo neppure in grado di prevedere con precisione l’intensità che raggiungerà il ciclo attuale. In questi primi mesi del 2022 si assiste al “risveglio” del Sole, di cui abbiamo avuto segni incoraggianti già alla fine dell’anno scorso. Non si tratta di una definizione eccessiva, poiché era da più di 40 anni che l’attività solare era in diminuzione. Addirittura, il 24° ciclo è stato il più debole nell’arco di cent’anni. Ora invece la tendenza è quella di avviarsi verso un massimo che, secondo le previsioni, dovrebbe verificarsi fra novembre 2024 e marzo 2025 e che dovrebbe mostrare un’inversione di tendenza.
LO STUDIO
DEL CICLO SOLARE
Nel 1843 l’astrofilo tedesco Heinrich Schwabe aveva mostrato un andamento ciclico delle macchie solari con un periodo mediamente undecennale, periodo che venne esaminato in modo più sistematico negli Anni 50 dell’Ottocento dall’astronomo svizzero Rudolf Wolf, al quale si deve il criterio di misura del numero di macchie, con il cosiddetto “numero di Wolf”. Nell’Ottocento ci furono già parecchie scoperte sulle macchie solari e sul conseguente comportamento del Sole. Richard Carrington nel 1859 fu testimone di un impressionante brillamento in luce bianca e, nonostante che questo studioso inglese non fosse riuscito a seguire un intero ciclo di macchie solari, scoprì, come fece il tedesco Gustav Spörer, la rotazione differenziale del Sole e la migrazione delle macchie verso l’equatore nell’arco di un ciclo. Inoltre, Carrington, nella sua breve e travagliata esistenza, determinò con precisione la posizione dell’asse di rotazione del Sole. In seguito, si stabilirono altri parametri utili, come la “costante solare”, cioè l’intensità della sua radiazione che riceve la Terra al di sopra dell’atmosfera. In seguito alle misure, la costante solare venne stabilita in 1370 watt al metro quadrato: questo significa che ogni metro quadrato della superficie del Sole emette l’incredibile potenza di 63,5 megawatt, come quella sviluppata dal motore di una turbonave. Ogni secondo, il Sole emette in tutte le direzioni più energia di quella consumata dall’umanità dalle origini fino ai nostri giorni. Allo studio del Sole sono dedicati parecchi osservatori, tra i quali ricordiamo quello storico di Kitt Peak (Arizona), che possiede la celebre torre solare inclinata McMath, e quelli a Tenerife e La Palma alle Canarie. Lo Swedish Solar Telescope a La Palma raggiunge una risoluzione di 0,1 secondi d’arco, grazie al vuoto praticato entro il tubo e l’ottica adattiva. Ancora più potente l’Inouye Solar Telescope (Dkist) della Nsf americana, uno strumento da 4 metri di diametro situato a oltre 3000 metri di quota nell’isola di Maui, alle Hawaii, che riesce a individuare dettagli di soli 20 km sulla superficie solare. Pubblichiamo come esempio la foto di una macchia solare ripresa dal Dkist (ancora non completato), che mostra uno di questi giganteschi “pozzi” in cui il campo magnetico solare blocca la risalita del plasma in superficie, che pertanto risulta localmente più fredda e più scura dell’ambente che la circonda (4500 °C invece che 5500 °C). Tutto intorno alla macchia si distende la granulazione solare, composta di “bolle” di plasma in risalita da sotto la superficie, larghe 800-1000 chilometri ciascuna: la parte centrale dei granuli, più luminosa, è quella più calda, mentre lungo i bordi più scuri il plasma raffreddato scende in profondità. Molte ricerche sono attualmente in corso sul funzionamento della “macchina solare”, che nasconde ancora molti segreti. Fra questi, non è stato ancora del tutto chiarito il meccanismo di riscaldamento della corona solare, l’atmosfera esterna del Sole. A tale proposito, uno studio recente, condotto da un team di Dresda, mette in relazione l’ambiente coronale con le “onde di Alfvén”, presenti al di sotto della corona, nel plasma caldo dell’atmosfera solare permeato da intensi campi magnetici.
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» Una macchia solare ripresa dall’Inouye Solar Telescope, nel mese di gennaio 2022. Il lato dell’immagine misura circa 16mila chilometri: il nostro pianeta entrerebbe tutto comodamente al suo interno (Nso/Aura/Nsf).
VEDERE IL SOLE DA VICINO
Data la fondamentale importanza che per noi riveste il Sole, oltre a un’osservazione continuativa dalla superficie terrestre, per il suo studio è dispiegata anche una piccola flotta di sonde spaziali. Tra quelle “storiche”, ricordiamo Soho (Solar and Heliospheric Observatoty), che dalla fine degli Anni 90 ha fornito splendide immagini, e Ulysses, che ha osservato per prima i poli del Sole. Grazie a queste sonde, entrambe frutto di una collaborazione Nasa/ Esa, si è potuto appurare che i venti
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» Nomenclatura solare (Liceo Scientifico Cortese).
solari più intensi non hanno origine solo dai poli, come si credeva in precedenza, ma da qualsiasi zona del Sole. Fra le ultime, spicca la Parker Solar Probe della Nasa, lanciata il 12 agosto 2018, con un ritardo di ben 10 anni rispetto alla prima ipotesi di lancio (ma questi ritardi stanno divenendo una consuetudine; si pensi al recente lancio del telescopio James Webb). Questa sonda prende il suo nome dal fisico Eugene Parker che per primo teorizzò la presenza del flusso di particelle detto “vento solare”. I tecnici della Nasa hanno impostato la traiettoria della sonda in modo che il suo periodo orbitale sia analogo a quello di Mercurio (88 giorni), con un semiasse maggiore di 58 milioni di chilometri. Inoltre, hanno previsto che durante la missione, della durata di sette anni, la Parker eseguirà 24 passaggi al perielio, con gli ultimi tre a meno di 6 milioni di chilometri dalla superficie solare. La Parker, nella posizione più vicina al Sole, viaggerà a circa 700mila km orari, mentre verrà riscaldata fino a 1000 °C. Tra gli strumenti di bordo sono presenti uno spettrometro e un magnetometro. La sonda ha già compiuto i primi voli da record attraverso la corona (bit.ly/3IheDbI), potendo così confermare le ipotesi secondo le quali la linea di confine della corona non è omogenea, né perfettamente sferica: ha margini sfrangiati con protuberanze e rientranze. Lanciata quasi due anni dopo (il 10 febbraio 2020, v. Cosmo n. 4), la sonda Solar Orbiter, un progetto congiunto Esa-Nasa, non è così temeraria come la consorella americana, poiché anche nel punto più vicino al Sole si manterrà a 42 milioni di km dalla nostra stella. A questa distanza la sonda verrà riscaldata fino a 520 °C, ma non dovrebbe riceverne danni, perché il materiale protettivo è stato predisposto in modo che la temperatura degli strumenti scientifici non superi comunque i 30 °C. Il percorso di Solar Orbiter comporta un periodo orbitale intermedio tra quello di Mercurio e di Venere, cioè di 168 giorni, con l’afelio al di là di quello terrestre,
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» Un confronto tra l’aspetto del Sole durante un periodo di massimo dell’attività (a sinistra, aprile 2104) e un periodo di minimo (a destra, dicembre 2019), ripresi dalla sonda Sdo (Solar Dynamics Observatory) della Nasa nell’ultravioletto.
ovvero a 1,2 UA. Questa sonda avrà un’orbita molto più inclinata della Parker, inizialmente sui 24° ma in seguito fino a 33°, che le consentirà di condurre osservazioni su una più ampia banda di latitudini solari. Porta con sé dieci strumenti scientifici, tra i quali uno spettrometro e un telescopio per raggi X, per studiare le onde e le particelle energetiche del vento solare e comprendere i meccanismi di emissione. Altre risposte che ci si attende dalle misurazioni di Solar Orbiter riguardano la corona solare e in particolare l’origine del suo campo magnetico e le motivazioni delle sue continue fluttuazioni di luminosità. Poiché la sonda è immersa nell’ambiente solare e può correlarlo con il flusso di particelle che vengono proiettate all’esterno, è in grado di chiarire i meccanismi del cosiddetto “meteo spaziale” (space weather), consentendo di metterci in guardia per tempo dagli eccessi delle “tempeste solari”, che investono la nostra atmosfera con pericolosi flussi di particelle. Dalla Solar Orbiter ci si attende molto, anche perché prima del lancio ha superato brillantemente severe verifiche tecniche, durante le quali i suoi strumenti sono stati sottoposti a prove estenuanti. Queste due sonde si completeranno a vicenda, consentendo agli studiosi un confronto dei dati che raccoglieranno. Approfondiranno in particolare lo studio dello strato dell’atmosfera solare molto sottile e irregolare situato tra la cromosfera e la corona, dove la temperatura aumenta repentinamente da circa 20mila fino a un milione di gradi. Questo strato, definito “zona di transizione”, è già stato studiato dalle sonde Soho e Trace (Transition Region And Coronal Explorer), in quanto gran parte di esso non è osservabile dalla superficie terrestre. Sia dagli studi al suolo che dalle sonde, si spera di arrivare a una comprensione soddisfacente del perché la corona solare sia così calda e di penetrare i processi fisici che generano il vento solare, cioè in particolare in che modo esso venga accelerato fino alle incredibili velocità con cui giunge fino a noi.
OSSERVIAMO IL SOLE
L’osservazione della nostra stella, oltre a compiersi in orari comodi, è sempre interessante. La sua visione non è magari spettacolare come quella della Luna, ma, a differenza di questa, offre un aspetto sempre diverso e imprevedibile, soprattutto quando il Sole è “attivo”. Già l’osservazione in luce bianca, ovvero utilizzando solo un filtro che abbatta drasticamente la luce solare (tra 50 e 100mila volte), come quelli economici in Mylar, mostra chiaramente le macchie solari e le facole. Osservare per proiezione (in questo caso senza bisogno del filtro), ovvero proiettando l’immagine del Sole raccolta da uno strumento su uno schermo chiaro posto dietro l’oculare, come faceva Galileo Galilei, consente
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» La sonda Solar Orbiter eseguirà il primo incontro ravvicinato con il Sole nel mese di aprile. Inquadra il QR per vedere uno schema della sua orbita di avvicinamento alla nostra stella grazie a un complesso gioco di fly-by.
di vedere contemporaneamente il Sole a più persone e anche di riportare con precisione la posizione delle macchie, ma la visione è meno dettagliata rispetto a quella diretta. Un buon rifrattore da 80 mm è già in grado di sfoderare prestazioni di tutto rispetto e, a causa della turbolenza diurna, non drasticamente inferiori da quelle che si hanno con strumenti amatoriali di dimensioni maggiori. È interessante seguire l’evoluzione delle macchie solari, notando sia il loro spostamento sul disco, sia le variazioni di forma cui vanno soggette, oltre alla scomparsa di alcune e la comparsa di nuove. Se poi si dispone di un filtro H-alfa, si dischiude la possibilità di vedere le spettacolari protuberanze e la rossa cromosfera. Per essere aggiornati in tempo reale sulle condizioni di attività del Sole, le macchie visibili e altri fenomeni di interesse osservativo e scientifico
*WALTER FERRERI SI È OCCUPATO DI RICERCA SCIENTIFICA, DI TELESCOPI E DI ASTROFOTOGRAFIA PRESSO L’OSSERVATORIO ASTRONOMICO DI TORINO. NEL 1977 HA FONDATO LA RIVISTA ORIONE. sulla nostra stella, si consiglia il sito spaceweather.com/. A chi non si accontenta di osservare il Sole ed eseguire immagini dei fenomeni registrabili con gli strumenti amatoriali, la rete offre dei preziosi strumenti aggiuntivi, che consentono di accedere a dati e immagini professionali ottenuti dalle sonde solari e di aiutare le ricerche condotte dagli astronomi con progetti di citizen science. Uno di questi progetti lo abbiamo presentato su Cosmo n. 25: è Solar Jet Hunter per la ricerca dei getti solari nelle immagini riprese dalla sonda Sdo (Solar Dynamics Observatory).