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OLTRE 2000 STARLINK LANCIATI, MA A CHE PREZZO

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DI ANDREA D’URSO*

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LA PROMESSA DI UNA CONNESSIONE INTERNET GLOBALE A BANDA LARGA E BASSA LATENZA FIRMATA SPACEX STA COMPROMETTENDO LA SICUREZZA DELLE ORBITE PIÙ PROSSIME ALLA TERRA. ECCO PERCHÉ

La mega costellazione

Starlink di SpaceX non

smette di crescere, con lanci che proseguono incessantemente. Per l’azienda fondata da Elon Musk, il 2021 è stato l’anno in cui si è effettuato il maggior numero di lanci. Sono ben

31 le missioni portate a termine

con successo, di cui 17 con l’unico obiettivo di trasportare in orbita i satelliti costruiti dalla stessa SpaceX. Solo nello scorso anno gli Starlink posizionati oltre l’atmosfera sono stati 989. Se si sommano anche quelli degli anni precedenti il totale arriva a 1942.

Nessun’azienda aveva mai realizzato

qualcosa di simile. Prima di Starlink, una delle costellazioni più grandi era quella di Iridium, che conta “solo” 75 satelliti. Il 15 gennaio Musk twittava affermando che gli Starlink che avevano raggiunto l’orbita operativa, e potevano essere utilizzati dagli utenti per sfruttare il servizio di connessione, erano 1469. Altri 272 erano in viaggio per raggiungere la quota finale di 550 chilometri. Al momento del tweet del magnate sudafricano SpaceX aveva portato in orbita 1991 satelliti. Che fine hanno fatto quindi i 250 che mancano all’appello? La maggior parte è deorbitata, altri vagano ancora nello spazio, ma presto subiranno la stessa sorte.

LA FORZA DI SPACEX

È ANCHE IL SUO PIÙ GRANDE DIFETTO

L’azienda di Musk sviluppa i propri progetti con una mentalità più da Silicon Valley che da azienda aerospaziale. Invece di proporre subito un prodotto finito, SpaceX adotta un processo iterativo in modo da acquisire dati direttamente sul campo e migliorare la versione successiva. È in questo modo che gli ingegneri hanno sviluppato il Falcon 9 nel corso degli anni, testando hardware e software a ogni missione. Ciò ha permesso di arrivare ad avere un vettore in grado di essere

*ANDREA D’URSO AUTORE PER ASTROSPACE.IT, SI OCCUPA PRINCIPALMENTE DI NOTIZIE E APPROFONDIMENTI RIGUARDANTI SPACEX. riutilizzato, supportando senza problemi ben 11 missioni consecutive. Lo stesso metodo di sviluppo è osservabile anche con Starship e le sue spettacolari esplosioni. Finché questi rimangono sulla Terra non rappresentano un grosso problema, ma quando un simile processo di sviluppo viene portato in orbita le cose cominciano a essere più complicate. Attualmente SpaceX ha lanciato ben tre versioni dei satelliti Starlink, denominate 0.9, 1.0 e 1.5. I primi 60, che hanno raggiunto l’orbita a maggio 2019, servivano solo per effettuare dei test iniziali, per analizzare le procedure di rilascio, la gestione di un numero elevato di satelliti in orbita e le prime prove di connessione. Ricavati i dati necessari, non erano più utili e SpaceX ha dato il comando per il loro rientro. L’azienda ha poi sviluppato una nuova versione, quella usata oggi dai possessori del kit di connessione per poter accedere a internet ovunque. Da settembre 2021 l’azienda ha cominciato a lanciare gli Starlink 1.5, dotati di sistemi di comunicazione laser. Questo permetterà alle informazioni

» La simulazione degli Starlink in orbita aggiornata a fine gennaio 2022.

di viaggiare più velocemente e renderà i satelliti meno dipendenti dalle stazioni di terra. Starlink, quindi, è un progetto che sta evolvendo ed è ancora lontano dall’essere completo. Solo nella prima fase, si prevedono in orbita 4408 satelliti, mentre in quella successiva SpaceX ha richiesto l’approvazione per altri 30mila. È bene sottolineare che questi numeri si riferiscono ai satelliti operativi, quelli lanciati potrebbero essere molti di più. L’azienda, infatti, trasporta nello spazio i suoi satelliti sapendo che non tutti saranno funzionanti: le missioni prevedono di rilasciare gli Starlink a 290 chilometri di quota, effettuare dei controlli su tutti i sistemi per poi dare il via all’innalzamento dell’orbita solo a quelli che non presentino anomalie. I satelliti con malfunzionamenti rientrano utilizzando i propri motori, se sono in grado di attivarli, altrimenti occorre attendere che l’atmosfera li rallenti fino a farli ricadere sulla Terra. Ciò può accadere anche agli Starlink che stanno innalzando l’orbita o si trovano già a 550 chilometri. Motivo per cui SpaceX va a occupare molte orbite anche con satelliti non funzionanti creando traffico anche nello spazio e causando problemi non solo ad altri satelliti, ma anche ai diversi lanciatori che devono superare questa fascia. Proprio durante il lancio del James Webb Space Telescope alcuni minuti della finestra di lancio non erano utilizzabili per il passaggio degli Starlink, come dichiarato dal Direttore generale dell’Esa, Josef Aschbacher. La mega costellazione non ha raggiunto nemmeno la metà dei satelliti previsti in orbita e già ci sono stati casi eclatanti di collisioni in orbita evitate per poco. Nel settembre del 2019 l’Esa ha dovuto far compiere al suo satellite Aeolus una manovra evasiva per evitare uno Starlink, anche a causa di problemi di comunicazione tra SpaceX e l’Agenzia spaziale europea. A seguito dell’accaduto, l’azienda di Musk ha firmato un accordo preventivo con la Nasa in cui dichiarava che in caso di collisioni sarebbero stati gli Starlink a spostarsi. A fine 2021, invece, è stata la Stazione spaziale cinese a dover effettuare una manovra, con conseguente protesta formale da parte di Pechino alle Nazioni Unite. Vicende di questo tipo testimoniano l’urgenza di avere un ente internazionale che regoli il traffico in orbita.

L’INTRALCIO

ALLE OSSERVAZIONI

Un altro problema a cui SpaceX non aveva inizialmente pensato era quello legato alla luminosità dei suoi apparati. Solo dopo l’insurrezione di diverse associazioni internazionali

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di astronomi l’azienda ha iniziato a correre ai ripari. I primi satelliti lanciati non avevano alcun sistema per evitare che la luce del Sole venisse riflessa a terra. Anche in questo caso, SpaceX ha proceduto per tentativi studiando in orbita quale fosse la soluzione migliore. Il primo esperimento è stato con il DarkSat, uno Starlink le cui parti più riflettenti erano state ricoperte da un materiale scuro. La luminosità è così stata ridotta, ma SpaceX aveva problemi nella gestione del calore. Ha quindi provveduto a installare una visiera, che blocca i raggi del Sole ed evita il surriscaldamento. In questo modo è riuscita a portare la magnitudine apparente degli Starlink a un valore pari a 6,8, difficilmente visibile a occhio nudo. Cosa che però non vale per i telescopi, che riescono comunque a catturare la luce emanata dai satelliti. Studiando le immagini catturate tra il 2019 e il 2021 dal telescopio dello Zwicky Transient Facility, la presenza

di scie luminose è passata dallo

0,5% a circa il 20%. Sebbene vi siano software per eliminare queste tracce, non sono sempre applicabili a tutte le immagini, con conseguente perdita di informazioni. SpaceX è riuscita a realizzare una costellazione capace di portare internet dappertutto. Un sistema che può aiutare anche in situazioni di emergenza, come accaduto durante le alluvioni in Germania. Per farlo sta rischiando di saturare l’orbita terrestre bassa, causando anche problemi alle ricerche scientifiche. A oggi risulta difficile capire se l’ago della bilancia punterà verso i benefici di una connessione globale, o alla salvaguardia dello spazio attorno alla Terra.

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