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ESOPIANETI
SISTEMA SOLARE
DI GIUSEPPE DONATIELLO*
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T R E N T ’ A N N I D I PIANETI
EXTRASOLARI
FIN DALLA PRIMA SCOPERTA CONTINUIAMO A STUPIRCI PER L’ESTREMA VARIETÀ DI QUESTI MONDI VERAMENTE ALIENI
SISTEMA SOLARE

Il 9 gennaio 1992 la rivista Nature pubblicava un articolo storico, in cui gli astronomi Aleksander Wolszczan e Dale Frail annunciavano la scoperta di due corpi planetari intorno alla pulsar al millisecondo PSR B1257+12 sita nella costellazione della Vergine. Questa notizia può sembrare errata, poiché spesso si afferma che la scoperta del primo pianeta extrasolare risalga a pochi anni dopo: si tratta del famoso 51 Pegasi b (Dimidium) trovato da Michel Mayor e Didier Queloz dopo una lunga ricerca mediante l’osservazione delle velocità radiali esibite da stelle di tipo solare. Un successo che fruttò ai due scopritori il Premio Nobel per la Fisica 2019 e che abbiamo ricordato su queste pagine (Cosmo n. 10). In realtà, non c’è nessun errore: 51 Pegasi b è il primo corpo planetario individuato intorno a una stella di sequenza principale (di classe K), il primo di una lunga serie, che merita la sua fama. Però, non bisogna dimenticare che i primi oggetti di taglia planetaria scoperti fuori dal Sistema solare furono Poltergeist e Phobetor: così sono stati chiamati i pianeti di circa 4 masse terrestri della pulsar PSR1257+12. A differenza dei pianeti ordinari, come quelli del Sistema solare e gli esopianeti scoperti da 51 Peg b in poi, questi pianeti sono ritenuti di “seconda generazione”, cioè formati nel materiale rimasto dopo l’esplosione della supernova. I nomi da film horror che sono stati attribuiti loro vogliono richiamare questa origine cataclismatica.
NATI DA UNA CATASTROFE La scoperta di Poltergeist e Phobetor è stato un classico caso di serendipità,
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» Rappresentazione artistica della pulsar Lich e dei suoi pianeti (Pablo Carlos Budassi).

poiché Wolszczan e Frail stavano conducendo con il radiotelescopio di Arecibo una ricerca di pulsar ultraveloci. La PSR B1257+12 potrebbe essere il risultato dello scontro tra due stelle nane bianche. L’esplosione avrebbe prodotto una stella di neutroni di 1,4 masse solari e circa 20 km di diametro, che compie 161 rotazioni al secondo. Questo significa che un punto della sua superficie si muove alla velocità di 10mila chilometri al secondo! L’evento sarebbe avvenuto circa due miliardi di anni fa, quindi l’intero sistema è molto vecchio, tenuto conto che le nane bianche originarie, a loro volta, avevano già alcuni miliardi di anni. Nonostante l’eccezionalità della scoperta, al tempo la notizia non destò molto clamore, forse perché i due pianeti non erano dei posti accoglienti per eventuali forme di vita. In effetti, orbitano vicinissimi alla pulsar, in un ambiente estremo, anche per i più tenaci esseri estremofili che conosciamo. Al confronto, l’ambiente di 51 Pegasi b è un’oasi, benché anch’esso non sia un mondo propizio per la vita. Poltergeist e Phobetor distano rispettivamente 54 e 69 milioni di chilometri dalla pulsar. Due anni dopo fu scoperto un terzo componente del sistema, al quale fu assegnato il nome altrettanto sinistro di Draugr. La possibile presenza di un ulteriore oggetto (diffuso) non è stata confermata. Anche la pulsar che ospita questi pianeti ha ricevuto un nome ufficiale: Lich, quello di uno zombi. Anche Draugr è un oggetto speciale: dista solo 28 milioni di chilometri dalla pulsar e possiede una massa di poco inferiore a quella della nostra Luna. Nonostante i 4903 esopianeti confermati (al 16 gennaio scorso) e gli oltre 8400 candidati, Draugr rimane il corpo roccioso più piccolo a oggi conosciuto fuori dal Sistema solare.
IN CERCA DEL GEMELLO TERRESTRE
La ricerca degli esopianeti ha tra i suoi obiettivi l’individuazione di un “gemello” della Terra. Desiderio non ancora esaudito (malgrado qualche avvicinamento promettente). In compenso, si allunga continuamente la lista dei “pianeti impossibili”, che più strani (e inabitabili) non si può. Basta scorrere le pagine delle space news mensili di Cosmo o la pagina delle news del sito bfcspace.com per imbattersi negli annunci delle scoperte di pianeti con caratteristiche estreme. Per rimanere sulle ultime pubblicazioni, ricordiamo il pianeta Wasp-103b a forma di palla da rugby (bit.ly/3FC6kp8). E aggiungiamo Toi-2257b, individuato da un team di astronomi dell’Università di Berna grazie al “cacciatore di esopianeti” Tess (Transiting Exoplanet Survey Satellite) della Nasa. La stella ospite è una nana rossa distante 188 anni luce dalla Terra, mentre il pianeta è un “sub-
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nettuniano”, con una massa 5,5 volte maggiore di quella terrestre. Segni particolari: l’orbita molto ellittica, con un valore di eccentricità pari a 0,5. Secondo i ricercatori, l’orbita insolita è spiegabile con un pianeta gigante gassoso esterno (non ancora identificato), che potrebbe perturbare l’orbita di Toi-2257b. Con un periodo di rivoluzione di 35 giorni, Toi-2257b gira intorno alla sua stella a una distanza che in poco più di due settimane aumenta da 10,8 a 32,5 milioni di chilometri e viceversa. La sua orbita è più piccola di quella di Mercurio, ma nel suo sistema permetterebbe l’esistenza di acqua liquida, dato che la stella è più fredda del Sole. Tuttavia, le dimensioni del pianeta ne rivelano la natura gassosa, con un’elevata pressione atmosferica, il che non è favorevole alla vita. A ciò si aggiunge la notevole eccentricità orbitale, per cui la temperatura media del pianeta varia da -80 °C a circa 100 °C a seconda della posizione del pianeta lungo la sua orbita.
DAGLI ESOPIANETI ALLE ESOLUNE
Lo zoo degli esopianeti non finisce mai di stupire. Siccome non ci bastano i pianeti extrasolari, diamo la caccia anche alle loro lune. Attende ancora una conferma la scoperta della prima esoluna, avvenuta nel 2018 da parte del team di David Kipping della Columbia University, ma intanto lo stesso team ha trovato un’altra possibile luna di un pianeta extrasolare. Anche questa di enormi dimensioni e in orbita attorno a un pianeta gigante gassoso simile a Giove. La nuova candidata si chiama Kepler 1708b-i, vale a dire la prima luna (indicata dalla lettera “i”, minuscolo
PULSAR AL MILLISECONDO
Una pulsar al millisecondo (Msp, millisecond pulsar) è una stella di neutroni, residuo di una esplosione stellare, con un periodo rotazionale compreso tra 1 e 10 millisecondi. Le Msp vengono individuate con osservazioni nelle microonde e nei raggi X. Secondo la teoria principale, raggiungono queste altissime velocità di rotazione grazie all’accrescimento. Sono state studiate per questo le stelle binarie a raggi X di piccola massa, scoprendo che i raggi X sono emessi dal disco di accrescimento di una pulsar, prodotto dagli strati più esterni della stella compagna, cannibalizzata dalla stella compatta (figura). La riduzione del raggio orbitale dovuta alla caduta della materia verso la piccola pulsar ne aumenta la velocità di rotazione. Molte Msp vengono trovate negli ammassi globulari, poiché la loro elevata densità stellare comporta una più alta probabilità per le pulsar di incontrare e catturare una stella gigante. Ad oggi sono note circa 130 Msp; la PSR J1748-2446ad, scoperta nel 2005, ha una velocità rotazionale da record, con 716 giri al secondo. È stato calcolato che le pulsar potrebbero “rompersi” se la loro velocità di rotazione superasse i 1500 giri al secondo, e già a un tasso di 1000 rotazioni al secondo potrebbero perdere energia sotto forma di onde gravitazionali più velocemente di quanto il processo di accrescimento possa renderle veloci. Si attende la prima rilevazione di onde gravitazionali emesse da questi fenomeni per raffinare le teorie.

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del numero romano I) dell’esopianeta Kepler 1708b, situato a 5500 anni luce di distanza nella costellazione del Cigno. Rispetto alla prima presunta esoluna – un corpo dalle dimensioni simili a quelle di Nettuno – la nuova candidata è circa un terzo più piccola. Lune enormi, comunque. Del resto, in qualunque survey i primi oggetti a essere rilevati sono quelli di dimensioni maggiori, perché sono i più facili da rilevare. D’altra parte, se pensiamo a quanto sia difficile individuare un esopianeta misurando il calo di luce dovuto al suo transito davanti alla stella ospite, riuscire a intravedere in quella diminuzione le impercettibili variazioni introdotte dalla presenza di una luna appare un’impresa ai limiti dell’impossibile. Ma gli astronomi non si fermano qui, perché si spingono a formulare ipotesi sulla natura di queste esolune: date le dimensioni, è probabile che si tratti di oggetti gassosi. Corpi che magari un tempo erano pianeti e che successivamente si sono ritrovati trascinati nell’orbita di un pianeta più grande di loro.

*GIUSEPPE DONATIELLO RESPONSABILE DELLA SEZIONE PROFONDO CIELO/UAI, OPERA ATTIVAMENTE ALLO STUDIO DEI FLUSSI STELLARI IN GRUPPI RICERCA INTERNAZIONALI. È SCOPRITORE DI CINQUE GALASSIE NANE VICINE, QUATTRO DELLE QUALI PORTANO IL SUO NOME.
» Un rendering del satellite Plato dell’Esa in assetto operativo.
Si notino i 26 telescopi di cui sarà dotato per la ricerca e caratterizzazione di esopianeti di taglia terrestre.
IN ATTESA DI PLATO
Una commissione nominata dall’Agenzia spaziale europea (Esa)
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» A sinistra: la locandina di fantasia di un ipotetico film ispirato agli esopianeti della pulsar Lich (PSR B1257+12). Notare in basso a destra la scritta:
“Basato su scienza reale” (Nasa/Jpl).
Sopra: rappresentazione artistica di una luna in orbita attorno a un esopianeta (Helena Valenzuela
Widerström).
ha recentemente sottoposto a un esame accurato il progetto di Plato (Planetary Transits and Oscillations of stars) e ha verificato la maturità di questo satellite e degli strumenti di bordo progettati per la ricerca degli esopianeti. È così confermata la fattibilità del programma, realizzato anche grazie al contributo dell’Agenzia spaziale italiana e dell’Istituto nazionale di astrofisica. Saranno quindi costruiti in serie 26 sofisticati telescopi, con i quali Plato indagherà le caratteristiche di esopianeti, anche molto simili alla Terra, che orbitano intorno a stelle simili al Sole. Il prossimo esame per Plato sarà nel 2023, prima di procedere con il suo assemblaggio. Dopo il lancio, previsto per la fine del 2026, Plato viaggerà verso il punto L2 del sistema Terra-Sole, a 1,5 milioni di km dalla Terra, in direzione opposta al Sole, dove si trova già il James Webb Space Telescope, inquadra il QR per un video di Media-Inaf). Da questo punto Plato osserverà più di 200mila stelle durante i suoi quattro anni di funzionamento previsto, alla ricerca di esopianeti con il metodo dei transiti. L’analisi dei transiti e delle variazioni di luce stellare consentirà di determinare con precisione le proprietà degli esopianeti e delle loro stelle ospiti. Ricordiamo, per rimanere sempre aggiornati sugli esopianeti, il sito curato dalla Nasa all’indirizzo exoplanets.nasa.gov/.