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OSSERVAZIONI

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LE VOSTRE STELLE

LE VOSTRE STELLE

OSSERVAZIONI

DI PIERO MAZZA*

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UN MOSTRO CELESTE

UN’IMMENSA COSTELLAZIONE CON UN PAUROSO PASSATO MITOLOGICO MA OGGI È SOLO UNA MITE BALENA

» La galassia di Seyfert M77 ripresa da Hubble.

OSSERVAZIONI

» Il disco di Mira Ceti ripreso nel visibile dal telescopio spaziale Hubble.

Chiamata Cetus in latino, la Balena è un’immensa costellazione, estesa per 1231 gradi quadrati. Anticamente, non era questo cetaceo a essere rappresentato, bensì uno strano mostro il cui mito accomuna diverse costellazioni: proprio a questo mostro marino doveva essere sacrificata Andromeda, figlia del re d’Etiopia Cefeo per placare l’ira di Nettuno, avendo la madre Cassiopea osato affermare che Andromeda era più avvenente delle Nereidi. La Balena è attraversata dall’equatore celeste, e si estende nell’emisfero settentrionale sino a +10° di declinazione, mentre in quello meridionale si spinge sino a -25°, il che rende problematico osservare l’intera costellazione a nord della Pianura Padana, a causa dell’inquinamento luminoso.

TRA LE STELLE DELLA BALENA

La stella più brillante è la Beta di 2ª grandezza, che si mostra anche nei cieli più chiari; è nota anche come Deneb Kaitos (“Coda della balena”) ed è una bella stella color gialloarancio distante circa 65 anni luce e circa 50 volte più brillante del Sole. Si allontana da noi alla velocità di 13 km/s e presenta un moto proprio di 0,23 secondi d’arco all’anno, che significa uno spostamento di un grado in oltre 15 mila anni. È abbastanza facile individuarla, quando culmina in meridiano, poco più di una spanna sopra l’orizzonte, dato che non sono presenti in zona altre stelle luminose. Delle altre sette stelle più brillanti della 4ª magnitudine, abbiamo la Alfa, in arabo Menkar (“Naso”), una gigante rossa distante 130 anni luce e 120 volte più brillante del Sole; farebbe certamente un figurone al centro del Sistema solare, anche se per dimensioni non potrebbe rivaleggiare con Betelgeuse o Antares. Poco più di 4 gradi a ovest di Menkar troviamo la Gamma, di 3ª grandezza, una doppia separabile già con modeste aperture in condizioni di ottimo seeing. Non è un’impresa facile, nonostante la separazione angolare di circa 3”, a causa di uno sbilanciamento di quasi quattro magnitudini tra le luminosità delle componenti, che è d’intralcio se vi è turbolenza atmosferica. La principale, di 3,5 mag., è una stella bianca 16 volte più brillante del Sole, mentre la secondaria, di 7 mag. è una stellina giallognola due volte più debole della nostra stella. Essendo però più calda del Sole, significa che si tratta di una “stella nana”. A completare una sorta di triangolo ottusangolo, che costituisce il principale asterismo per identificare la costellazione, c’è la Delta, stella azzurra di 4ª grandezza, 760 volte più brillante del Sole.

FAMOSA, MA NON SEMPRE VISIBILE

La stella più famosa della Balena è però la Omicron, detta anche Mira Ceti, la prima variabile scoperta e divenuta il prototipo di un’importante famiglia di oltre 6000 stelle. Il nome, che in latino significa “Meravigliosa”, le è stato dato dall’ecclesiastico olandese Davide Fabricius, seguace di Tycho Brahe, nonché amico e corrispondente di Keplero. Questi aveva osservato un aumento di luminosità della stella la notte del 13 agosto 1596, senza pensare a una sua variabilità; Fabricius, anzi, spiegò il fenomeno pensando che Omicron Ceti fosse una “nova”, analoga a quella apparsa nel 1572 in Cassiopea, ma molto meno luminosa. Ebbe l’occasione di rivedere questa stella solamente

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DI PIERO MAZZA

13 anni dopo, nel 1609, ma ancora non si accorse di una periodicità del fenomeno. Una sorte analoga toccò alcuni anni dopo a Bayer, quando nella sua Uranometria, pubblicata nel 1693, la classificò come stella di 4a grandezza, assegnandole la lettera greca Omicron. Bisogna arrivare al 1638 perché le variazioni di luminosità venissero individuate, osservate e regolarmente registrate sino ai giorni nostri, grazie al lavoro di un altro olandese, J.P. Holwarda, cui va il merito ufficiale della scoperta. Nel 1667 Ismael Bolliau annunciò che Mira diventava visibile a occhio nudo ogni 333 giorni circa; si trattava di una stima già molto precisa, tenuto conto inoltre che il periodo di Mira è soggetto a lievi fluttuazioni tra un ciclo e il successivo. Quando si trova al massimo di luminosità, mediamente attorno alla 3a grandezza in un ciclo medio di 332 giorni, Mira può talvolta arrivare alla magnitudine 1,7, superando in luminosità le altre stelle della costellazione. Per la maggior parte del periodo si mantiene, però, al di sotto della soglia di visibilità a occhio nudo e per seguirla nel corso di un intero ciclo (salvo il periodo della congiunzione eliaca), è necessario un piccolo telescopio o almeno un binocolo 20×80.

UNA GALASSIA… ESPLOSIVA

M77 fu scoperta da Pierre Méchain nel 1780, che l’aveva descritta come una nebulosa; Méchain comunicò in seguito la sua scoperta a Charles Messier, il quale inserì l’oggetto nel suo celebre catalogo. Oggi sappiamo che si tratta di una galassia distante circa 47 milioni di anni luce, il cui nucleo è in parte oscurato nel visibile a causa della polvere interstellare. È una “galassia attiva”, appartenente agli oggetti di Seyfert (vedi il riquadro). Si individua con facilità, meno di un grado a sud-est di Delta Ceti, e si può vedere in un buon binocolo 12×50, se la notte è particolarmente limpida. In un telescopio da 20 cm di apertura appare come un semplice dischetto chiaro con diametro di circa 2’ e senza particolari strutture, se si esclude una debole sfumatura ai bordi. Un alone molto tenue e diffuso, appartenente al sistema

» La costellazione della Balena: sono riportate le stelle e gli oggetti presentati nel testo (Perseus).

STELLE E PROFONDO CIELO NELLA BALENA

Oggetto

AR (2000) Dec. (2000) Dim.

Beta Ceti (Deneb Kaitos) 00h 43,6m -17°59’ —

Alpha Ceti (Menkar) Gamma Ceti 03h 02,3m +04°05’ 02h 43,3m +03°14’

Delta Ceti 02h 39,5m +00°20’ —

Omicron Ceti (Mira) M77 (NGC 1068) NGC 247 02h 19,3m -02°59’ 02h 42,7m -00°01’ 00h 47,1m -20°46’ — 7’×6’ 12’×8’

NGC 246 00h 47,1m -11°52’ 4’

Mag.

2,0 2,5 3,6 4,0 var 8,8 9,1 10,9

Tipologia

Spettro K0 III Spettro M2 III Spettro A3 v Spettro V2 IV Spettro M7 IIIe Gx Seyfert Gx Sab(s)d Neb. planetaria

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di bracci, si può scorgere attorno al nucleo, ma è necessario uno strumento di apertura maggiore. Una stellina di 11a grandezza si trova 1,5’ a sud-est del nucleo.

SCALANDO L’ELENCO DEL DREYER

Anche Deneb Kaitos ha la sua importanza per un tour galattico: si parte da questa stella per trovare NGC 247, una galassia di 9a grandezza integrata, ma visualmente debole, a causa della sua bassa luminanza superficiale. Per trovarla, si parte dalla Beta e ci si sposta di 4° verso sud, arrivando a un piccolo triangolo di stelline di magnitudini comprese tra la 5 e la 6; bisogna partire dalla più orientale e risalire un grado verso nord. Un binocolo 20x80 è già in grado di rivelare un fuso orientato da nord a sud, esteso circa 15’ e con una stellina al bordo meridionale. In un telescopio da 25 cm la galassia appare con le dimensioni di 15’×3’, dove lo spessore massimo è determinato da una coppia di stelline orientate a circa 60° con l’asse maggiore e situate poco a sud del nucleo. NGC 247 presenta un ampio bulge diffuso, condensato verso il centro ed esteso circa un terzo della lunghezza della galassia. L’oggetto precedente nell’elenco del Dreyer, NGC 246, è invece una nebulosa planetaria, situata 6’ a nord di Beta e posta al vertice meridionale di un piccolo triangolo equilatero formato con Phi1 e Phi2 Ceti. Risulta già osservabile in uno strumento da 10 cm, anche perché si può evidenziare con un filtro OIII, come quasi tutte le nebulose di questo tipo. Ricordiamo però che questo filtro rende la nebulosa solo apparentemente più brillante, poiché in realtà si limita ad abbattere il fondo cielo. NGC 246 non è una delle planetarie più brillanti: anche in un telescopio da 25 cm a 200x rimane poco appariscente e di luminosità piuttosto irregolare, di forma rotonda con il diametro di 4’; la stellina centrale è ben evidente e a 1’ sud-ovest di questa ce n’è un’altra abbastanza luminosa. Un’ulteriore stellina brillante lambisce il bordo nordovest, mentre una più debole è situata in direzione opposta verso il bordo SE; una macchia diffusa poco più evidente si nota nella parte nord-est della nebulosa.

LE GALASSIE DI SEYFERT

Nel 1943 l’astronomo statunitense Carl Seyfert (1911-1960) completò uno studio su sei galassie peculiari, selezionate dal catalogo dell’Osservatorio di Monte Wilson. Le loro regioni centrali mostravano una luminosità ben più elevata del normale e righe larghe in emissione. Furono pertanto considerate una classe di galassie a parte, aventi in comune un nucleo quasi-stellare e le righe di emissione. Un’indagine effettuata nel 1963 da Markarian portò alla scoperta di molte altre galassie di questo tipo, e quindi a un nuovo sistema di classificazione basato esclusivamente sulla presenza delle righe di emissione del loro nucleo. » Dall’alto: la galassia NGC 247 in un’immagine dell’Eso.

La nebulosa planetaria NGC 246 in un’immagine dell’Advanced

Observing Program.

*PIERO MAZZA MUSICISTA DI PROFESSIONE, È UN APPASSIONATO VISUALISTA, CON MIGLIAIA DI OSSERVAZIONI DEEP SKY CONSULTABILI DAL SITO WWW. GALASSIERE.IT.

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