6 minute read

CIELO E TERRA

Next Article
SPACE MARKETS

SPACE MARKETS

CIELO E TERRA

DI GIORDANO CEVOLANI*

Advertisement

QUANDO CADE UNA METEORITE

UNA NUOVA SCOPERTA AIUTA A DIFENDERE IL NOSTRO PIANETA DAI PERICOLI CHE VENGONO DALLO SPAZIO

Il recente impatto osservato su Giove anche con strumenti amatoriali (vedi Cosmo n. 22) ha risollevato l’attenzione sul rischio di impatti di piccoli corpi con il nostro pianeta. Gli oggetti che passano vicino alla Terra sono oggetto di studi sempre più accurati per conoscere con anticipo la loro eventuale pericolosità. Se possono essere facilmente osservati eventi come quello su Giove, che si è verificato a più di 600 milioni di chilometri di distanza, che cosa può accadere, se un evento del genere avviene sopra la nostra testa, a poche decine di chilometri?

L’ASTEROID THREAT

ASSESSMENT PROJECT

Ne sanno qualcosa gli abitanti di Chelyabinsk, la città russa che nel 2013 fu investita dall’onda d’urto provocata da un corpo esploso a circa 40 chilometri dal suolo. Oltre mille persone furono ferite, soprattutto per effetto della disintegrazione dei vetri degli edifici. In seguito a questo evento, la Nasa ha creato l’Asteroid Threat Assessment Project, per fornire le risorse scientifiche necessarie ai ricercatori per comprendere le minacce rappresentate dalle meteoriti. L’osservazione dei corpi che generano meteoriti ci consente di stabilire che l’accensione dei “bolidi” avviene a circa 100 chilometri di altezza, dove comincia subito il processo di ablazione e di frammentazione. Questi corpi possono subire una totale estinzione nel loro passaggio in atmosfera, perdendo la loro energia cinetica, che viene dissipata in calore, luce e ionizzazione. La frammentazione dipende da una serie di parametri, come velocità, densità, area di esposizione e inclinazione della traiettoria del corpo e può avvenire tramite il breaking, cioè la rottura meccanica del corpo, oppure lo spraying e la pulverization, cioè la disseminazione di gocce dallo strato fuso superficiale e successiva rottura delle gocce stesse.

GRAZIE A TAMDAKHT E TENHAM

Uno studio recente, condotto da ricercatori dell’Università dell’Illinois Urbana-Champaign e dell’Ames Research Center della Nasa, mostra che le meteoriti diventano porose a seguito del loro surriscaldamento durante il passaggio nell’atmosfera terrestre. Gli scienziati hanno osservato il comportamento di alcuni frammenti meteoritici, aumentando la loro temperatura fino al valore che raggiungono quando entrano nell’atmosfera terrestre e così hanno scoperto che il solfuro di ferro vaporizzato per il surriscaldamento lascia all’interno delle meteoriti dei vuoti, rendendo il prodotto più poroso e permeabile. Per queste ricerche gli scienziati hanno scelto Tamdakht, una meteorite del tipo condrite ad alto contenuto metallico, caduta in un deserto del Marocco nel dicembre 2008. Hanno poi ripetuto gli esperimenti su Tenham, un’altra condrite a basso contenuto di ferro e metalli, caduta in Australia nel 1879, per verificare se una meteorite con una composizione un po’ diversa si sarebbe comportata allo stesso modo. I ricercatori hanno eseguito della microtomografia a raggi X sui campioni delle due meteoriti riscaldati fino a 1200°C e ottenuto

CIELO E TERRA

CIELO E TERRA

delle immagini in 3D delle loro sezioni. Gli esperimenti sono stati eseguiti utilizzando il sincrotrone Sophisticated Light-weight Resource presso il Lawrence Berkeley National Laboratory. Hanno così scoperto che la porosità che si sviluppa nelle meteoriti dipende dalla quantità dei noduli di solfuri di ferro presenti e che la vaporizzazione dei solfuri avviene al di sotto la superficie della meteorite a temperature minori di quelle decisamente più alte osservate sulla crosta esterna di fusione. Il grado di porosità dipende dalla quantità dei solfuri, che nei casi esaminati era più alto nella meteorite Tamdakht. Così, i ricercatori hanno potuto determinare in quale fase del passaggio attraverso l’atmosfera si avvia la vaporizzazione del solfuro. In pratica, il solfuro di ferro all’interno della meteorite si è vaporizzato mentre si riscaldava e i noduli di solfuro di ferro scomparsi dopo la vaporizzazione hanno lasciato dei vuoti. Il progredire della porosità e permeabilità del corpo all’aumentare della temperatura in atmosfera aumenta la propensione alla frammentazione e da qui si comprende l’importanza dei solfuri di ferro nel tracciare la breve storia di un meteoroide nel suo passaggio in atmosfera.

IL RUOLO DELL’AGENZIA

SPAZIALE ITALIANA

Le ricerche in corso si inseriscono nel più ampio disegno della difesa planetaria al quale aderisce anche l’Agenzia spaziale italiana (Asi) con la realizzazione di LiciaCube (vedi Cosmo n. 18) il microsatellite lanciato dalla base di Vandenberg, in California, il 24 novembre 2021, insieme alla missione Dart (Double Asteroid Redirection Test). LiciaCube avrà il compito di filmare l’impresa che tenterà Dart di colpire un asteroide per deviarne l’orbita. I risultati acquisiti dagli ultimi studi consentono di prevedere il peso della meteorite che giunge al suolo e la sua capacità di frammentarsi, di valutare il rischio dell’esplosione in atmosfera e quello d’impatto con la Terra, per

DI GIORDANO CEVOLANI

» La traccia lasciata in cielo dal passaggio del meteorite di Chelyabinsk il 15 febbraio 2013. Inquadra il QR per una serie di video dell’evento.

» Tamdakht, una condrite ordinaria ad alto contenuto di ferro metallico, caduta in Marocco nel 2008.

*GIORDANO CEVOLANI GEOFISICO E PLANETOLOGO, SI OCCUPA DI FISICA DELL’ATMOSFERA E DI ASTRONOMIA DEI CORPI MINORI DEL SISTEMA SOLARE. stabilire in definitiva le eventuali contromisure da adottare. “Stiamo anche lavorando con risorse affinate per la progettazione di veicoli ipersonici, trasferendo questa conoscenza alla ricerca sui meteoroidi, gli unici dispositivi ipersonici prodotto da madre natura. Ciò fornisce alla Nasa dettagli importanti sulla microstruttura e la morfologia di una meteorite durante il riscaldamento in atmosfera, oltre ad affinare i modelli per calcolarne la traiettoria, in modo che tali caratteristiche possano essere integrate in nuovi modelli”, sostiene Francesco Panerai, uno dei ricercatori coinvolti in questi studi.

» Tenham, una condrite ordinaria a basso contenuto di ferro metallico, caduta in Australia nel 1879.

» Rappresentazione della missione del microsatellite LiciaCube dell’Agenzia spaziale italiana, che parteciperà al tentativo di deviare l’orbita di un asteroide.

CIELO E TERRA

UNA STORIA ITALIANA

Il nome di uno dei minerali più comuni delle meteoriti, la troilite (un solfuro di ferro), è dedicato a un italiano che fu il primo a descrivere in modo rigoroso la caduta di una roccia dal cielo avvenuta ad Albareto, in provincia di Parma, il 6 luglio 1766. Era il padre gesuita Domenico Troili, a quel tempo custode della Biblioteca Estense di Modena. Troili, oltre a descrivere la meteorite Albareto (una condrite ordinaria come le due meteoriti di cui si parla in questo articolo), raccolse numerose testimonianze, ricostruendo in modo scientifico la caduta di questa roccia, valutando tutte le possibili ipotesi sulla sua origine, fino a concludere – erroneamente - che risultasse da una eruzione vulcanica, dato che “il corpo oscuro e fumante, spargeva odore di solfo”, come scrisse nella sua opera Della caduta di un sasso dall’aria. Troili notò nella roccia la presenza di noduli brunastri di un minerale simile all’ottone che chiamò “marchesita”, ritenendola una pirite, il solfuro di ferro (FeS2) più abbondante sulla Terra. Solo nel 1862 il mineralogista tedesco Gustav Rose ne analizzò la composizione e scoprì una formula chimica diversa per questo minerale (FeS), in cui il ferro e lo zolfo sono nel rapporto 1:1. Fu proprio Rose a chiamare questo nuovo minerale troilite, in onore di Troili. In figura, un frammento di 605 grammi della meteorite Albareto conservato presso il Museo del Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche dell’Università di Modena e Reggio Emilia.

This article is from: