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LA RICERCA (NAZIONALE IN ORBITA
SPACE ECONOMY
DI MATTEO CERRI*
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LA RICERCA
(NAZIONALE) IN ORBITA
*MATTEO CERRI MEDICO CHIRURGO, DOTTORE DI RICERCA IN NEUROFISIOLOGIA, RICERCATORE IN FISIOLOGIA PRESSO IL DIPARTIMENTO DI SCIENZE BIOMEDICHE E NEUROMOTORIE DELL’UNIVERSITÀ DI BOLOGNA, È ASSOCIATO ALL’ISTITUTO NAZIONALE DI FISICA NUCLEARE. Il Pnrr promette un importante
afflusso di risorse per
l’accademia e la ricerca italiana, sia pubblica che privata. Ogni settore ne sarà in qualche modo toccato ed è chiaro che l’investimento in ricerca è l’unico che può, sul medio e lungo periodo, portare a uno sviluppo sostenibile del Paese e del Continente, associato a un incremento del benessere della loro popolazione. Qual è, quindi, la visione che il ministero dell’Università e della Ricerca sta costruendo e quali sono le possibili opportunità per la ricerca spaziale degli studiosi italiani? Il Pnrr mostra interessanti possibilità, specialmente nella parte della “Missione 4: istruzione e ricerca, componente 2: Dalla ricerca all’impresa”, dalla quale emerge una
visione aggregativa e finalizzata
di quello che sarà la ricerca italiana. L’idea di base ruota intorno al concetto di massa critica e di obiettivo. Fra le opportunità di questo Pnrr, al momento, grande attenzione è dedicata ai cosiddetti “Centri Nazionali”. L’idea è quella di costruire
cinque aggregazioni di Università
ed Enti di ricerca pubblici che dedichino la loro attività a una tematica di ricerca ritenuta strategica per il Paese e per l’Unione Europea. Le cinque aree su cui dovranno lavorare queste nuove entità sono: 1. Simulazioni, calcolo e analisi dei dati ad alte prestazioni; 2. Tecnologie dell’agricoltura (agritech); 3. Sviluppo di terapia genica e farmaci con tecnologia a Rna; 4. Mobilità sostenibile; 5. Bio-diversità. I Centri Nazionali potranno coinvolgere anche altri soggetti, sia pubblici che privati, ma è chiaro che la loro trazione concettuale sarà principalmente a carico dell’ecosistema di ricerca pubblico, con l’importante stella polare rappresentata dall’applicabilità. Tutte le tematiche dei Centri Nazionali, infatti, si rifanno alle cosiddette “tecnologie abilitanti”: quelle del futuro. E questo non sorprende: basterebbe rileggersi le cinque tematiche prescelte per vedere la forte componente applicativa di questa iniziativa.
Come funzioneranno questi
Centri? Saranno articolati come una specie di ragnatela, con al centro l’unità gestionale del finanziamento
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a cui afferiscono tutte le unità operative. Ovviamente dovranno avere una massa critica notevole, essendo richiesta la partecipazione di almeno 250 ricercatori. Ma altrettanto importanti sono i fondi: dai 200 ai 400 milioni di euro. Possiamo notare che fra le tematiche dei Centri Nazionali non c’è la ricerca spaziale - che, dal punto di vista dei finanziamenti strutturali, viaggia su un altro, autonomo, binario -, ma la possiamo ritrovare nell’altra iniziativa proposta dal Pnrr del Mur: i Partenariati estesi. Che cosa sono? L’idea è quella di finanziare dieci grandi programmi di ricerca di base, o di ricerca applicata trasversale, che abbiano una visione interdisciplinare e orientata e che saranno condotti da reti diffuse di Università, Centri di Ricerca pubblici e soggetti privati. L’importante è che questo grande consorzio miri a condurre ricerca altamente qualificata e di frontiera. Quali sono le tematiche? Il Ministero in realtà offre 15 temi di ricerca, dei quali ne verranno finanziati almeno dieci. Eccoli: 1. Intelligenza artificiale: aspetti fondazionali; 2. Scenari energetici del futuro; 3. Rischi ambientali, naturali e antropici; 4. Scienze e tecnologie quantistiche; 5. Cultura umanistica e patrimonio culturale come laboratori di innovazione e creatività; 6. Diagnostica e terapie innovative nella medicina di precisione; 7. Cybersecurity, nuove tecnologie e tutela dei diritti; 8. Conseguenze e sfide dell’invecchiamento; 9. Sostenibilità economico-finanziaria dei sistemi e dei territori; 10. Modelli per un’alimentazione sostenibile; 11. Made in Italy circolare e sostenibile; 12. Neuroscienze e neurofarmacologia; 13. Malattie infettive emergenti 14. Telecomunicazioni del futuro; 15. Attività spaziali. La cosa che ci sembra qui importante sottolineare è che ci si aspetta che questi consorzi vengano proposti dal mondo della ricerca nazionale, chiedendo quindi ai ricercatori
uno sforzo di coordinamento e
cooperazione. Anche se minori rispetto ai Centri Nazionali, le risorse economiche non sono infatti trascurabili: dagli 80 ai 160 milioni di Euro. Né lo sono le dimensioni richieste: almeno 250 ricercatori su ogni tematica. Nell’arrivo di queste nuove risorse, fa piacere vedere che il Ministero ha dato importanza sia alla ricerca applicata che a quella fondamentale, che della prima è il motore. In quest’ottica, un Partenariato esteso dedicato alle attività spaziali sarebbe davvero un formidabile volano di aggregazione, che consentirebbe ai ricercatori italiani di costruire collaborando: un piacevole cambio di paradigma, rispetto alla consueta competitività per le risorse che accompagna l’accademia. Inoltre, la partecipazione ai Partenariati estesi di aziende ed enti privati può andare nella giusta direzione di accorciare quella distanza che separa l’ideazione dell’innovazione della sua implementazione e accelerare, in modo reciprocamente amplificativo, la costruzione di ambienti in cui vengano favorite nuove scoperte e dove queste ultime siano applicate. Per il settore della ricerca spaziale è un’occasione importante, i cui risvolti scientifici potranno fare da base al futuro dell’impresa spaziale italiana ed europea. Ad astra!
