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SISTEMA SOLARE

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DI CESARE GUAITA*

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CARTOLINE (EUROPEE) DA MERCURIO

LA SONDA BEPICOLOMBO HA EFFETTUATO IL PRIMO DEI SEI FLYBY NECESSARI PER ENTRARE IN ORBITA ATTORNO AL PIANETA

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» La sonda BepiColombo durante il sorvolo di Mercurio.

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L’evoluzione geologica di un pianeta roccioso è fondamentalmente legata alla sua massa. Il caso della Luna è emblematico: con una massa che è solo un ottantunesimo della massa terrestre, il nostro satellite ha esaurito velocemente il calore interno primordiale, acquisendo una superficie inerte incapace di cancellare ogni impatto esterno; inoltre, a causa della bassa gravità (un sesto di quella terrestre) la Luna ha perso anche ogni traccia di atmosfera. Siccome anche la massa di Mercurio è piccola (un ventesimo di quella terrestre), ci si aspettava che questo pianeta presentasse caratteristiche geologiche simili a quelle lunari. Un’ipotesi che venne confermata dal Mariner 10, la prima missione spaziale che sfiorò Mercurio tre volte nel 1974/75 fino a un minimo di 327 km. Questi sorvoli vennero resi possibili dal genio di Giuseppe Colombo (1920-1984), il professore padovano che, grazie a un opportuno flyby con Venere il 5 febbraio 1974, calcolò per il Mariner 10 un’orbita solare con periodo doppio di quello di Mercurio (che è di 88 giorni), in modo che i flyby si ripetessero dopo circa sei mesi. Il Mariner 10 esplorò circa il 40% della superficie meridionale di Mercurio, che apparve molto simile a quella della faccia nascosta della Luna: satura di crateri da impatto, alcuni intaccati da lunghe e misteriose scarpate, altri perennemente in ombra sul Polo sud. Contro le previsioni, venne però anche scoperto un debole campo magnetico dipolare.

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GRANDI SCOPERTE

E GRANDI DOMANDE DA MESSENGER

L’esplorazione della superficie di Mercurio riprese solo 36 anni dopo, con la prima missione orbitale, quella della sonda Messenger della Nasa, che entrò in un’orbita polare stabile attorno a Mercurio il 18 marzo 2011 per rimanerci, dopo varie estensioni, fino al 30 aprile 2015. Si trattava di orbite molto ellittiche che permisero la prima mappatura completa, soprattutto nell’emisfero settentrionale. Venne confermata una superficie butterata da crateri di ogni età, dominata da due maggiori bacini da impatto: Caloris (1500 km) e Rembrandt (715 km) e da un 30% di pianure laviche, localizzate soprattutto nell’emisfero nord. Vennero anche acquisiti indizi significativi della presenza di ghiaccio nei crateri polari perennemente in ombra. Messenger ha però dimostrato che Mercurio non è un pianeta geologicamente morto. Le scarpate intraviste dal Mariner 10 sono una moltitudine e hanno dimensioni planetarie (fino a 1000 km di lunghezza): sono interpretabili come faglie di compressione, ovvero di restringimento della crosta, conseguente al veloce raffreddamento del nucleo metallico interno che ha generato una contrazione del raggio del pianeta di ben 7 km (quello attuale è di 2240 km). Un nucleo che, in base a misure gravimetriche orbitali mostra dimensioni anomale (80% del raggio planetario) e una porzione esterna probabilmente ancora fusa. Il che giustificherebbe anche l’esistenza del debole campo magnetico (1%

» Sopra: i moduli di BepiColombo.

Sotto: il mosaico di Mercurio ottenuto dalla sonda Messenger e centrato sui due maggiori bacini da impatto, Caloris e Rembrandt.

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» Sopra: all’interno di questo cratere di 14 km, la Messenger ha ripreso un deposito di materiale nero di natura sconosciuta (forse emissione di materiale carbonioso). Crateri del genere sono numerosi su Mercurio e toccherà a BepiColombo chiarirne la natura.

» Il fondo chiaro del cratere Kuiper (65 km) ripreso da Messenger.

Stabilire la genesi di questa tipologia di crateri, anch’essa frequente su Mercurio, sarà un altro compito di BepiColombo.

GLI STRUMENTI DI BEPICOLOMBO

A bordo del modulo europeo Mpo ci sono 11 strumenti, tra i quali ben quattro italiani. Simbio-Sys è un sistema integrato di osservazione della superficie e caratterizzazione del pianeta con camere (Hric e Stc) e uno spettroscopio (Vihi) sviluppato da Selex e a guida scientifica Asi. La Hric (High Resolution Imaging Camera) è costituita da un riflettore catadiottrico di 10 cm, f/8. Isa è un accelerometro ad alta sensibilità, sviluppato da Inaf e Tas-I. More è un esperimento di radioscienza basato sul trasponder di bordo in banda Ka (KaT), ancora di Tas-I, con la responsabilità scientifica dell’Università di Roma Sapienza. Essendo l’orbita di Mpo molto più bassa di quella di Messenger, sarà possibile realizzare una copertura gravimetrica molto migliore, quindi acquisire informazioni più dettagliate del misterioso nucleo interno. Serena è un esperimento per lo studio dell’ambiente particellare mediante due analizzatori di particelle neutre chiamati Elena e Stofio, quest’ultimo realizzato dal Southwest Research Institute-Usa, e due spettrometri per ioni Mipa e Picam, a responsabilità scientifica di Ifsi, Enea, Ism e Ifn, e industriale di Cgs e Amdl. A bordo del modulo giapponese Mmo ci sono cinque strumenti dedicati allo studio del misterioso campo magnetico di Mercurio. di quello terrestre), anche se non spiegherebbe lo spostamento del dipolo di quasi 500 km verso nord. Un nucleo ancora parzialmente fuso potrebbe giustificare anche gli indizi di attività geologica ancora in atto: Messenger ha individuato circa 150 depositi piroclastici collegati a infossature calderiche e almeno 500 misteriosi terreni spugnosi chiari e giovanissimi (hollows), prodotti dalla recente fuoruscita di materiali gassosi. Altrettanto enigmatica è la composizione superficiale, dove lo zolfo è cento volte più abbondante che sulla Terra, mentre il ferro è tre volte meno abbondante di quello terrestre, nonostante il nucleo metallico gigante. Le prime missioni spaziali hanno dunque prodotto una grande quantità di osservazioni enigmatiche, senza

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riuscire a darne delle spiegazioni soddisfacenti. Da qui la necessità di una missione di nuova generazione, con strumenti e strategie studiate per proseguire il lavoro di Messenger. La sfida è stata raccolta dall’Agenzia spaziale europea (Esa), che ha realizzato una nuova sonda e ha voluto dedicarla al lavoro pionieristico di Giuseppe Colombo, chiamandola BepiColombo.

ARRIVA BEPICOLOMBO

BepiColombo è stata lanciata il 20 ottobre 2018 con un Ariane 5 dal Centro spaziale di Kourou, nella Guyana francese, per un viaggio di oltre sette anni che la porterà in orbita attorno a Mercurio il 5 dicembre 2025. Il lancio con un Ariane era giustificato dal peso di 4,1 tonnellate della sonda, che in effetti è costituita da tre moduli: Mpo (Mercury Planetary Orbiter) realizzato dall’Esa, che si collocherà su un’orbita intorno a Mercurio di 480x1500 km percorsa in 2,3 ore, Mmo (Mercury Magnetospheric Orbiter), realizzato dall’Agenzia giapponese Jaxa, che avrà un’orbita molto ellittica di 590x11.640 km percorsa in 9,3 ore, e Mtm (Mercury Transfer Module), realizzato dall’Esa, che deve trasferire i due moduli scientifici verso Mercurio con un motore a ioni alimentato da 42 metri quadrati di pannelli solari. Siccome il viaggio verso Mercurio viene accelerato enormemente dall’attrazione solare, è stato necessario rallentare progressivamente la velocità di BepiColombo mediante una serie di flyby planetari. Il 10 aprile 2020 è avvenuto un primo flyby con la Terra da 12.677 km, cui hanno fatto seguito due flyby con Venere (il 15 ottobre 2020 e il 10 agosto 2021 da soli 552 km). Subito dopo è iniziata una serie di sei flyby con Mercurio per diminuire ulteriormente la velocità.

IL PRIMO FLYBY

BepiColombo ha effettuato il primo flyby con Mercurio il 2 ottobre 2021, sfiorando il pianeta, nella parte notturna, dalla distanza di soli 199 km: era il suo primo contatto scientifico diretto e per questo motivo l’attesa e l’interesse erano sentiti in maniera particolare. Per l’occasione, sono stati attivati quattro strumenti di Mmo e otto strumenti di Mpo, tra cui gli italiani Isa, More e Serena. Sono state riprese immagini monocromatiche (1024x1024 pixel) da due delle tre camere Mcam (Monitoring Camera) di bordo: la Mcam-2, che controlla l’antenna a medio guadagno e il magnetometro e la Mcam-3, che controlla l’antenna ad alto guadagno. In totale, sono state riprese 53 immagini, la prima da circa 1000 km (5 minuti dopo il flyby) e l’ultima 4 ore dopo da 93mila km. La Mcam-2 ha puntato soprattutto l’emisfero nord di Mercurio, mentre la Mcam-3 ha ripreso panoramiche dell’emisfero sud, realizzando immagini molto dettagliate. La Mcam-2 ha ripreso da 1410 km, sul terminatore, i crateri Raphael (340 km, 20°24’ S; 76°21’ W) e Flaubert (95 km, 13°48’ S; 72°36’ W), mentre da 2418 km ha mostrato l’anomalia del cratere Lermontov (166 km, 15°16’ N; 48°52’ W), chiaro sul fondo, per la probabile presenza di emissioni collegate a misteriosi depositi bianchi spugnosi (hollows), la cui natura e composizione saranno

» Sopra: il percorso di 7 anni necessario alla BepiColombo per entrare in orbita attorno a Mercurio coinvolge nove flyby planetari, gli ultimi sei dei quali relativi a Mercurio.

*CESARE GUAITA LAUREATO IN CHIMICA E SPECIALIZZATO IN CHIMICA ORGANICA, HA LAVORATO COME RICERCATORE PRESSO I LABORATORI DI UNA GRANDE INDUSTRIA. È PRESIDENTE DEL GRUPPO ASTRONOMICO TRADATESE E DA OLTRE 25 ANNI CONFERENZIERE DEL PLANETARIO DI MILANO.

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uno dei target della missione orbitale. La Mcam-3 ha ripreso da 2687 km la zona del cratere Haydn (251 km, 27°16’ S; 71°27’ W), della Astrolabe Rupes (251 km, 42°31’ S; 70°48’ W), una delle numerose scarpate di restringimento della crosta di Mercurio e della Pampu Facula (57°45’ S; 31°47’ W), uno dei depositi chiari di probabile origine vulcanica che la sonda dovrà studiare quando sarà in orbita. Il modulo Mmo ha effettuato alcune

» In alto a sinistra: Una porzione dell’emisfero nord di Mercurio ripresa dalla camera Mcam-2 da 1410 km di distanza.

A sinistra: una porzione dell’emisfero sud di Mercurio ripresa dalla camera di servizio Mcam-3 da 2687 km di distanza.

Sopra: l’orbita finale dei due moduli di BepiColombo: l’europeo Mpo studierà il pianeta, mentre il giapponese

Mmo studierà la sua magnetosfera.

misure del campo magnetico e delle particelle intrappolate, in attesa di definirne le anomalie e l’origine nei prossimi flyby e quando inizierà il lavoro orbitale. A cavallo del flyby, ha lavorato per un’ora, a bordo di Mpo, anche lo spettrometro ultravioletto Phebus (Probing of Hermean Exosphere by Ultraviolet Spectroscopy), gestito dal Cnrs francese, con la collaborazione russa, giapponese e con il contributo italiano dell’istituto Luxor (Laboratory for Ultraviolet and X-ray Optical Research) del Cnr di Padova per quanto riguarda le calibrazioni. Compito di Phebus, che lavora tra 55 e 315 nm, è quello di misurare la concentrazione e la provenienza di alcuni elementi della debolissima atmosfera di Mercurio (esosfera): è notevole l’individuazione di calcio (a 422 nm) e idrogeno (a 121,6 nm) non appena BepiColombo è emersa dalla notte di Mercurio, a dimostrazione di un collegamento tra l’esosfera e l’incidenza della radiazione solare sulla torrida superficie del pianeta. In definitiva, il primo flyby di ottobre 2021 ha costituito per BepiColombo un ghiotto antipasto di una straordinaria avventura scientifica, che chiarendoci i misteri di Mercurio, darà anche un contributo fondamentale per capire l’origine e l’evoluzione dell’intero Sistema solare. I prossimi flyby saranno effettuati il 23 giugno 2022, il 20 giugno 2023, il 5 settembre e 2 dicembre 2024, il 9 gennaio 2025.

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