Bergamo Salute - 2015 - 3 – maggio/giugno

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numero PERIODICO DI CULTURA MEDICA E BENESSERE

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anno 5 - maggio - giugno 2015

Poste Italiane spa Sped. in Abb. Postale DL 353/2003 (Conv. in legge 27/02/2004 N.46) Art. 1 comma 1 LO/BG

Andrea Mastrovito LA MIA OPERA DI LUCE PER I PAZIENTI DELL'OSPEDALE

S.O.S. COLICHE RENALI LEGGERI E IN FORMA CON LA DIETA DEL PESCE COME RESISTERE SENZA "ROMPERSI" PELLE PERFETTA SOTTO IL SOLE



numero

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anno 5 - maggio - giugno 2015 PERIODICO DI CULTURA MEDICA E BENESSERE

Editoriale

ATTUALITÀ

vita, ma manca la prevenzione

3 Buon viaggio Rolando... 4 Italiani: cresce la speranza di SPECIALITÀ A-Z

6 Endocrinologia

Vitamina D, un vero e proprio ormone tutto-fare 8 Farmacia Antibiotici: senza regole non funzionano 10 Nefrologia S.O.S. coliche renali 12 Neurologia Più qualità di vita per chi soffre di sclerosi multipla con i nuovi farmaci

PERSONAGGIO

La mia opera di luce per i pazienti dell'Ospedale

IN SALUTE

14 Andrea Mastrovito

16 S tili di vita

Così la sharing economy ci fa risparmiare 20 Terza età Disabilità e invecchiamento della popolazione, aumenta la richiesta di assistenza a domicilio Alimentazione 22 Leggeri e in forma con la dieta del pesce 24 Ciliegie: un concentrato di gusto e di benessere

IN ARMONIA

DAL TERRITORIO

Come resistere senza "rompersi"...

Expofactory

Se lui è un mammone

Ceralacca

26 Psicologia 28 Coppia

IN FAMIGLIA 30 Dolce attesa E se nasce prima? 32 Bambini Autostima, le 5 regole per crescere figli sicuri

IN FORMA

34 Fitness

Gyrotonic® un allenamento in 3D per ritrovare il benessere e la forma 36 Bellezza Pelle perfetta sotto il sole, creme e make up a prova d’estate RUBRICHE 47 Altre terapie TRC il calore che fa bene a sportivi e non 48 Guida esami Gastrite? Il breath test ti dice se è colpa dell’Helicobacter pylori 50 Animali In montagna con il cane, come divertirsi senza rischi

RICETTA

con carpaccio di pesce

52 Involtini di melanzana

55 EXPO

58 News 60 Onlus

62 Il lato umano

della medicina Dalle Ande alle Orobie la mia vita è una sfida continua 65 Malattie rare Associazione A.R.M.R.

STRUTTURE

REALTÀ SALUTE

Borgo Palazzo

66 Habilita 68 Istituto Clinico Quarenghi 70 Terme di Trescore 73 Centro Senologico

74 Caredent 77 Iro Medical Center 79 Every Service Onlus Allegato centrale: AMICI DI BERGAMO SALUTE

PARTECIPANTI ALLA FONDAZIONE ITALIANA PER L'EDUCAZIONE ALIMENTARE



EDITORIALE

BUON VIAGGIO

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Rolando...

a vita è fatta di mille sfumature, di momenti gioiosi e di altri tristissimi e dolorosi, di impegni frenetici quotidiani che ci portano a non soffermarci mai su molti aspetti che spesso diamo per scontati come la salute. Però, forse, questo è anche il segreto per riuscire a vedere il futuro con occhi positivi e pieni di speranza. Qualche anno fa ho avuto il piacere di conoscere il dottor Rolando Ghilardi, chirurgo maxillo-facciale, una persona estremamente seria, cordiale e simpatica. Da subito abbiamo avuto un buon feeling, forse grazie agli stessi valori che condividevamo: famiglia, lavoro, lealtà... Fin dal nostro primo incontro ho notato che Rolando aveva molta voglia di conoscere, fare esperienze diverse. Non aveva paura di accettare nuove sfide lavorative che potessero farlo crescere e arricchirlo professionalmente. È stato uno dei primi, ad esempio, ad accettare di partecipare alla nostra iniziativa“Salute al Centro”, evento svoltosi al Centro Commerciale Le due Torri. Anche in quell’occasione si è messo in gioco senza nessuna esitazione. Anche se, essendo la prima edizione, era poco più di una scommessa. Ben presto siamo diventati amici e, pur non frequentandoci nella vita privata, ogni nostro incontro era l'occasione per intavolare discorsi che andavano oltre il lavoro: non mancava mai di parlarmi della sua famiglia, di quanto amasse la moglie Tiziana e i figli. Bastava guardare le fotografie appese nel suo studio per rendersi conto di quanto fosse forte la sua passione per la sua famiglia. Tra noi non sono mancate anche alcune confidenze personali che lasciavano trasparire la stima e fiducia reciproca. Sapevo che quel “ragazzone” era una persona di cui potersi fidare e lui aveva capito la stessa cosa di me. Qualche mese fa, quando sono passato nel suo studio per salutarlo e per fargli nuove proposte lavorative, mi accolse come sempre con il suo meraviglioso sorriso nonostante un male incurabile lo stesse consumando dall'interno. Lo trovai visibilmente dimagrito e con poche forze. Gli occhi dicevano tutto ma la sua dignità di uomo non fece trasparire nulla, non voleva rattristare gli altri con i suoi problemi personali

e io per rispetto e discrezione non gli chiesi nulla. Scoprii solo in seguito di quella maledetta malattia che purtroppo, la mattina del 12 aprile, l’ha strappato prematuramente e dolorosamente ai suoi cari. Aveva solo 43 anni. Questo editoriale ho voluto dedicarlo al suo ricordo, a quell'immagine sorridente e positiva che, anche nel futuro, accompagnerà tutte le persone che gli hanno voluto bene. Ora ti faccio io una confidenza Rolando, mi manchi e vorrei tanto poterti salutare come sempre abbiamo fatto, so che non sarà possibile ma nei miei ricordi la nostra stretta di mano resterà indelebile.

Elena Buonanno Daniele Gerardi

Bergamo Salute

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ATTUALITÀ

ITALIANI

cresce la speranza di vita, ma manca la prevenzione

Anche se viviamo più a lungo, sedentarietà, alimentazione scorretta, fumo e alcol continuano a essere i punti deboli della nostra salute. Lo dice il rapporto Osservasalute a cura di LUCIO BUONANNO

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li italiani ricorrono sempre più spesso a medicinali, soprattutto antidepressivi, si confermano un popolo di sedentari, sono sempre più in sovrappeso e obesi e continuano a fumare, soprattutto i più giovani. È questa la fotografia scattata dalla dodicesima edizione del Rapporto Osservasalute che ogni anno analizza lo stato di salute degli italiani e dell’assistenza sanitaria nelle Regioni italiane. A pubblicarlo è l’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni italiane che ha sede presso l’Università Cattolica di Roma ed è coordinato dal professor Walter Ricciardi, direttore del Dipartimento di Sanità Pubblica del Policlinico Gemelli, e dal dottor Alessandro Solipaca, segretario scientifico dell’Osservatorio. Lo studio, condotto da 195 esperti (clinici, demografi, epidemiologi, matematici, statistici ed economisti, distribuiti su tutto il territorio italiano, che operano presso Università e numerose istituzioni pubbliche nazionali, regionali e aziendali), rileva anche un altro dato allarmante, l’aumento dei nuovi casi di tumori prevenibili: tra il 2003 e il 2013 tra le donne i casi di tumore al polmone sono aumentati del 17,7 per cento, quelli al seno del 10,5 per cento, mentre tra gli uomini a destare allerta è il tumore al colon retto con il 6,5 per cento di casi in più. «A preoccupare maggiormente sono i quattro fattori di rischio, fumo, alcol, sedentarietà e alimentazione sbagliata» spiega il professor Ricciardi «Sul fumo ci aspettiamo di più, 4

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PREGI E DIFETTI DELLA LOMBARDIA È una delle Regioni con la miglior gestione del diabete, ma anche quella in cui giovani adulti e adulti di mezza età si vaccinano meno contro l’influenza. Partiamo dai primati positivi: la Lombardia vanta un’ottima gestione del diabete di tipo due: presenta un tasso di ospedalizzazione per questa malattia con insorgenza di complicanze entro poco tempo dalle dimissioni molto basso, nel 2012 17,6 casi per 100.000 pazienti, contro una media italiana di 27,2 casi. La frequenza di complicanze acute è considerata un indicatore di qualità di assistenza alle persone con diabete. Sempre sul fronte diabete la Regione presenta un basso tasso di ospedalizzazione in regime ordinario per diabete, classificandosi seconda per questo indicatore dopo il Veneto: 44,07 per 10.000 pazienti contro un tasso medio in Italia di 63,37. Inoltre è la Regione che smaltisce in discarica la minore percentuale di rifiuti (36,9%). D’altro canto, però, è la Regione con la minore copertura vaccinale antinfluenzale (stagione 2013-2014) per giovanissimi, giovani adulti e adulti di mezza età (classi di età 1517 anni, 18-44 e 45-64 anni): si sono vaccinati infatti lo 0,6%, lo 0,8% e il 3,7% della popolazione nelle tre classi di età indicate, contro un tasso medio italiano di 2,3%, 2,5%, 9,5%.


sull’alimentazione il Paese ha un numero allarmante di bambini obesi. Per quanto riguarda l’attività fisica siamo quelli che ne fanno meno al mondo». Insomma, italiani bocciati per quanto riguarda lo stile di vita e la prevenzione. Non manca però, per fortuna, qualche buona notizia, ad esempio l’aumento della speranza di vita per entrambi i generi (passata dal 2002 al 2012 per gli uomini da 77,2 a 79,6 anni e per le donne da 83,0 a 84,4 anni) e una diminuzione del tasso di mortalità infantile, pur con differenze non da poco tra nord e sud (nel 2011 il tasso di mortalità infantile è stato di 3,1 morti per 1.000 nati vivi, in diminuzione rispetto al 2006 in cui era di 3,4). FUMO SEMPRE IN AGGUATO, SOPRATTUTTO TRA I GIOVANI Anche se secondo lo studio continua il trend in lenta discesa dei fumatori, resta la fascia critica dei giovani tra i 25 e i 34 anni: il 36,2 per cento degli uomini e il 20,4 per cento delle donne ammettono di usare sigarette e tabacco. La Regione con la più alta densità di fumatori è il Lazio con il 23,6 per cento contro la media nazionale del 20,9. Le Regioni più virtuose sono quelle del Nord-Est. La Lombardia è nella media. Ma sono tanti i fumatori che cercano di smettere di fumare ricorrendo ai centri specializzati antitabagismo delle Asl e di varie associazioni.

IL BOOM DEGLI ULTRACENTENARI Sono molto più che raddoppiati passando da poco più di 6.100 nel 2002 a oltre 16.390 nel 2013. Le donne rappresentano l'83,2% del totale degli ultracentenari. I “giovani” anziani (65-74 anni), invece, sono 6 milioni, il 10 per cento della popolazione, mentre gli anziani (75-84 anni) 4 milioni, il 7,6 per cento degli italiani

tibile primato va alla Campania seguita da Calabria, Molise, Sicilia e Puglia. Le cause? Alimentazione sbagliata e vita sedentaria.

DIMINUISCONO I CONSUMATORI DI ALCOL, MA… Rispetto all’anno precedente sono diminuiti i consumatori di vino, grappa e aperitivi e si ha un leggero incremento degli astemi e di coloro che smettono di bere che ora sono il 34,2 per cento della popolazione. La Lombardia è sulla buona strada, alle spalle di Piemonte e Valle d’Aosta, ha diminuito del 2,8 per cento il numero dei “bevitori” e del 8,7 per cento quello dei giovani consumatori a rischio. La Regione con la maggiore percentuale di donne tra i 18 e i 64 anni che superano i limiti giornalieri ( 1 bicchiere da 125 millilitri di vino) è la Liguria.

UN POPOLO DI ASPIRANTI SPORTIVI… IN POLTRONA L’Italia è un Paese di 24 milioni e 300 mila sedentari (il 41,2 per cento della popolazione. L’anno prima erano 23 milioni, pari al 39,2 per cento). E le donne lo sono più degli uomini. Coloro che svolgono un’attività fisica (passeggiare per almeno due chilometri, nuotare, andare in bici e via dicendo) sono il 27 per cento, ma con l’aumentare dell’età però diminuisce l’interesse per lo sport. Eppure muoversi, camminare può essere un economico rimedio per evitare malattie cardiovascolari che costituiscono uno dei più importanti problemi di salute pubblica: sono infatti tra le principali cause di invalidità e mortalità come l’infarto acuto, l’angina pectoris, l’ictus. Le Regioni settentrionali (Lombardia in testa con la provincia autonoma di Bolzano) presentano invece la quota più elevata di persone che praticano sport in modo continuativo.

AUMENTANO I GRASSI E GLI OBESI Il 31,8 per cento dei lombardi è in sovrappeso (indice di massa corporea tra 25 e 30). Al primo posto la Campania con il 41,6 per cento, seguita dalla Puglia con il 39,2 e dalla Sicilia con il 39,1. Ma in Italia è aumentata anche la percentuale degli obesi: lo è 1 persona su 10. Complessivamente il 45 per cento degli adulti ha un eccesso di peso. Problema che aumenta con l’età: il sovrappeso passa dal 15,1 per cento della fascia di età tra 18-24 anni, al 46,4 tra i 65 e i 74 anni; l’obesità dal 2,5 al 16,4 per le stesse fasce di età. I bambini e gli adolescenti sembrano quelli più a rischio: il loro eccesso di peso è pari al 26,5 per cento. Il fenomeno è più diffuso tra i maschi ed è più marcato tra gli adolescenti dai 14 ai 17 anni. Il discu-

TROPPE MEDICINE E ANTIDEPRESSIVI Il consumo dei farmaci è in aumento rispetto all’anno precedente (più 4,8 per cento): sono state prescritte 1.032 dosi al giorno per 1.000 (mille) abitanti, in pratica nelle farmacie sono stati distribuiti circa 1,3 miliardi di confezioni (in media 22 per ogni cittadino) di cui 608 milioni a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Ma si è registrato un incremento del consumo anche per gli antidepressivi, soprattutto in Toscana, a Bolzano e in Liguria. «Questi farmaci vengono utilizzati sempre più frequentemente come parte integrante della terapia di supporto di soggetti affetti da gravi patologia degenerative e oncologiche e i mutamenti dell’aggravarsi della crisi economica possono avere modificato e incrementato i consumi» spiegano gli esperti nella ricerca. Bergamo Salute

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SPECIALITÀ A-Z

ENDOCRINOLOGIA

Vitamina D UN VERO E PROPRIO ORMONE TUTTO-FARE

Non fa bene solo allo scheletro, ma rinforza anche il sistema immunitario, protegge il cuore, ha un’azione anti-tumorale. Come fare il pieno? Con 15 minuti di sole al giorno a cura di DANIELA GIANOLA

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i sente parlare sempre più spesso della vitamina D e dei benefici che apporta all'organismo umano. Da tempo si sa che gioca un ruolo fondamentale per prevenire problemi di osteoporosi negli adulti e per garantire un’adeguata ossificazione dello scheletro nei bambini (la sua carenza provoca il rachitismo). Ma non è tutto. Negli ultimi anni oltre a queste proprietà ne sono state evidenziate anche molte altre, altrettanto importanti. Una vitamina preziosissima, quindi, di cui però, secondo le stime, gran parte della popolazione è carente. La causa principale? Una scarsa esposizione al sole. UN CONCENTRATO DI BENEFICI, NON SOLO PER LE OSSA L’azione più nota di questa vitamina, o meglio vitamina-ormone (vedi box), è senza dubbio quella nei confronti delle ossa. La vitamina D, infatti, migliora l’assorbimento e la fissazione dei minerali e in particolare del calcio nel tessuto osseo, processo di vitale importanza per una corretta crescita dello scheletro e per il mantenimento della salute delle ossa. La sua carenza quindi rende la struttura ossea più fragile e quindi più a rischio di frattura. Soprattutto nell’anziano, spesso carente, il rischio di andare incontro a un quadro di osteopenia (osso meno ricco di minerali ) o di osteoporosi (osso meno ricco di minerali e proteine) è molto elevato e così quello di fratture che possono 6

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compromettere in modo importante la qualità di vita e anche l’aspettativa di vita. La vitamina D, come evidenziato da studi recenti, offre però anche altri benefici: migliora la forza muscolare; riduce la crescita delle cellule tumorali; partecipa al controllo della risposta immunitaria del nostro organismo. Pertanto è fondamentale nella prevenzione di tanti processi patologici come osteoporosi, malattie cardiovascolari, alcune forme tumorali come il tumore al colon e alla mammella, la sclerosi multipla, il diabete mellito tipo 1 (forma di diabete autoimmune) e alcune malattie infettive come la tubercolosi. Vediamole un po’ più nel dettaglio. • PROTEGGE IL CUORE Una carenza di vitamina D si può ripercuotere sulla salute del muscolo cardiaco. La ricerca scientifica ha evidenziato un maggior rischio di disturbi cardiaci come infarto, insuf-

L’INSUFFICIENZA DI VITAMINA D Interessa quasi la totalità della popolazione anziana italiana che non assume supplementi di questa vitamina, ma anche circa il 50 % dei giovani almeno nei mesi autunnali-invernali

ficienza cardiaca, morte improvvisa e malattie cardiovascolari in generale in presenza di bassi livelli ematici di questa vitamina. È importante anche nel controllo della pressione sanguigna e per la salute delle arterie. • RENDE PIÙ FORTI CONTRO L’INFLUENZA Studi recenti (Jounal of Immunology 2004) hanno suggerito che la vitamina D potrebbe avere un ruolo nella regolazione della risposta immunitaria contro gli agenti microbici. Questi dati sostengono l’ipotesi che i picchi invernali di sindrome influenzale potrebbero essere dovuti a una carenza di vitamina D a seguito di una minore esposizione solare. • FA DA SCUDO CONTRO ALCUNI TUMORI Secondo uno studio pubblicato su American Journal of Clinical Nutrition nelle donne in menopausa la supplementazione di calcio e vitamina D ridurrebbe il rischio di sviluppare tumori soprattutto della mammella e del colon. Un altro studio pubblicato su Anticancer Research ha evidenziato che il rischio di diverse malattie come cancro alla mammella e al colon, sclerosi multipla e diabete mellito di tipo 1 si ridurrebbe del 50 % con un’assunzione quotidiana di vitamina D di 4000/8000 UI. • TIENE LONTANA LA DEPRESSIONE Alcuni studi suggeriscono l’efficacia della vitamina D nella cura dei sintomi depressivi. Bassi livelli di vita-


mina D sembrano quindi essere associati a fenomeni depressivi. LA CARENZA? UN PROBLEMA DIFFUSISSIMO L’inadeguato apporto di vitamina D è un problema di grande rilevanza medica e di salute pubblica: condizioni di carenza sono riscontrabili in tutti i Paesi, tra tutti i gruppi etnici e in ogni fascia di età. Le principali cause sono l’insufficiente esposizione ai raggi solari, la mancanza di vita all’aria aperta, una dieta povera di vitamine o condizioni che alterano l’assorbimento della vitamina stessa (alle latitudini temperate l’80% del fabbisogno è garantito dall’irradiazione solare e il restante 20% dall’alimentazione). Esistono poi numerosi fattori capaci di influenzare negativamente i livelli di vitamina D: sovrappeso o obesità (la vitamina D viene “sequestrata” nel grasso corporeo); età (negli anziani la sintesi di vitamina D nella pelle è ridotta del 75%); carnagione molto scura (l’abbondanza di melanina può rappresentare un ostacolo alla produzione di vitamina D). POCHI MINUTI DI SOLE AL GIORNO E PESCE AZZURRO: LA RICETTA PER NON ANDARE IN “RISERVA” Basterebbe trascorrere almeno 15 minuti al giorno all’aperto, al sole durante la bella stagione, per consentire al nostro organismo di produrre vitamina D. Il nostro corpo è infatti capace di produrre vitamina D a partire dal colesterolo della pelle attraverso un processo mediato proprio dall’azione dei raggi solari. Il sole rappresenta quindi un prezioso alleato per la salute dell’intero organismo, ma bisogna sempre ricordare di esporsi con prudenza ed evitare le scottature. Alcune creme solari possono ridurre la capacità di produrre vitamina D poiché schermano buona parte dei raggi UVB, tuttavia rappresentano un valido strumento per prevenire le scottature, quindi è necessario raggiungere un compromesso al fine di massimizzare i benefici del

sole riducendone i rischi. Un altro modo per garantirsi buoni livelli di vitamina D è seguire un’alimentazione sana e equilibrata ricca di pesce azzurro, salmone e tonno, latte e alcuni prodotti lattiero-caseari (soprattutto formaggi), uova, cereali e verdure verdi. Un alimento particolarmente ricco di vitamina D, infine, è il famigerato (per il suo sapore) olio di fegato di merluzzo.

LE “DOSI” IDEALI NELLE DIVERSE FASI DELLA VITA Il fabbisogno di vitamina D varia da 1500 UI/die (unità al giorno) per gli adulti sani a 2300 UI/die per gli anziani. L’alimentazione in Italia fornisce in media circa 300 UI/die, per cui quando l’esposizione solare è virtualmente assente dovrebbero essere garantiti supplementi per 1200-2000 UI/ die. Durante la gravidanza e l’allattamento le richieste di vitamina D aumentano per far fronte alla maturazione dello scheletro del feto e del neonato. Prima di ricorrere a eventuali integrazioni, però, è importante valutare con specifici esami del sangue (il dosaggio della vitamina D nella forma idrossilata a livello epatico rappresenta il metodo più accurato) i livelli di questa vitamina (in Italia un livello inferiore a 30 ng/ml è considerato insufficiente). La supplementazione di vitamina D infatti non è priva di rischi e deve quindi essere affidata allo specialista. In caso di eccessiva assunzione si possono verificare fenomeni di tossicità acuta o cronica con comparsa di nausea, diarrea, ipercalciuria (anormale presenza di calcio nelle urine), ipercalcemia (aumento di calcio nel sangue), poliuria (escrezione di grandi quantità

DOTT.SSA DANIELA GIANOLA Specialista in Endocrinologia - PRESSO UNITÀ MALATTIE ENDOCRINE - DIABETOLOGIA A.O. PAPA GIOVANNI XXIII BERGAMO -

di urine), calcificazione dei tessuti molli. Generalmente questo può avvenire quando i livelli di vitamina D nel sangue superano i 100 ng/ ml. Per ripristinare una condizione di normalità è sufficiente sospendere o ridurre l’integrazione.

UNA STORIA LUNGA UN SECOLO La storia della vitamina D inizia nel 1919 quando venne evidenziato che bambini affetti da rachitismo guarivano se esposti alla luce ultravioletta. Con il termine “vitamina D” s'intende un gruppo di pro-ormoni liposolubili costituito da 5 diverse vitamine: D1, D2, D3, D4 e D5. Le due forme più importanti sono la vitamina D2 (ergocalciferolo) che si forma quando i raggi UV colpiscono la forma pro-vitaminica di origine vegetale e la vitamina D3 (colecalciferolo) che si produce dall’irradiazione di un derivato del colesterolo presente nella pelle. Una volta prodotta, la vitamina D per essere biologicamente attiva deve subire due reazioni chimiche (idrossilazioni) una a livello del fegato e una a livello renale e solo in tal modo diventa una vitamina attiva detta calcitriolo, un vero e proprio ormone. Bergamo Salute

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SPECIALITÀ A-Z

FARMACIA

Antibiotici

SENZA REGOLE NON FUNZIONANO a cura di GIOVANNI PIZZIGALLI

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rriva dall’Inghilterra l’ultimo allarme per i “super batteri”. Secondo il rapporto del Dipartimento per la gestione delle emergenze nazionali del governo britannico, la nuova ondata di batteri capaci di resistere agli antibiotici potrebbe causare numerose vittime. Anche in Italia la situazione è critica. Il nostro Paese è infatti tra le Nazioni europee quello in cui si usa la maggior quantità di antibiotici. In molti casi senza che ce ne sia davvero bisogno (gli antibiotici funzionano solo contro i batteri, non hanno azione nei confronti dei virus). Con il risultato che questo utilizzo scorretto e abuso in vari campi, sia negli uomini sia in ambito veterinario, ovvero negli animali che mangiamo, sta minando l'efficacia di questi preziosissimi alleati. E così l'antibiotico, insostituibile farmaco che dal Dopoguerra permette all'uomo di sconfiggere infezioni che per millenni hanno rappresentato un grave pericolo per la vita umana, è oggi sempre più spesso oggetto di attenzioni da parte della comunità scientifica mondiale.

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Bergamo Salute

MOLECOLE SALVA-VITA FIN DALLA METÀ DEL SECOLO SCORSO La storia ha inizio verso la fine degli anni '40 del secolo scorso, quando la ricerca ha portato allo sviluppo di farmaci sicuri ed efficaci per il trattamento di infezioni batteriche. La particolarità di queste nuove molecole fu quella di risultare nocive nei confronti dei microrganismi invasori e pressoché innocue invece per l'organismo colpito dall'infezione. Bersagli principali degli antibiotici sono infatti le diverse reazioni biochimiche che permettono la vita e lo sviluppo dei batteri patogeni (ovvero portatori di malattie). Grazie a questo sviluppo, morbilità e mortalità da malattie infettive si sono drasticamente ridotte nel corso dei decenni, favorendo così lo sviluppo e il progresso dell'umanità. Patologie molto comuni, come infezioni all’apparato respiratorio, alle vie urinarie, alla pelle, vennero così declassate da potenzialmente letali a facilmente curabili.

ANTIBIOTICORESISTENZA I batteri hanno una grande capacità di difendersi dagli antibiotici sviluppando meccanismi di resistenza indotti proprio dall’uso che ne viene fatto

SE I BATTERI DIVENTANO “RESISTENTI” Purtroppo, i grandiosi successi di questi farmaci antibatterici hanno recentemente portato con sé un problema con cui nessuno avrebbe mai voluto fare i conti: lo sviluppo della resistenza agli antibiotici da parte dei microrganismi patogeni. Resistenza che è in costante aumento in tutto il mondo e che rischia di vanificare tutti i progressi raggiunti dalle terapie antibiotiche nel corso degli ultimi sette decenni di storia. La questione ha assunto grande rilevanza nel mondo scientifico,


USALI COSÌ

tanto che il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie ritiene che la resistenza agli antibiotici rappresenti, nei prossimi decenni, un potenziale pericolo per la salute umana superiore alla malattia infettiva stessa. Si può dunque dire che i batteri stiano prendendo le misure del farmaco, impedendo di fatto a quest'ultimo di svolgere l'azione per cui è stato sviluppato. Si conoscono due tipi di resistenza: una intrinseca, quando il patogeno è in grado, per natura, di resistere all'antibiotico; una invece acquisita, quando il batterio sviluppa tale resistenza in un secondo tempo. Si tratta di una selezione naturale, che può avvenire con facilità vista la velocità con cui i batteri sono in grado di riprodursi. L'utilizzo scorretto a livello umano e l'abuso degli antibiotici in zootecnia sono considerati i principali indiziati per lo sviluppo sempre maggiore di queste resistenze, soprattutto ai più comuni antibiotici. Da qui la necessità per la comunità scientifica di correre al più presto ai ripari, muovendosi su due binari: il primo procedendo nel continuo sforzo di ricerca di nuove molecole attive sempre più “potenti”, il secondo effettuando campagne di sensibilizzazione sulle corrette procedure da attuare quando si approccia una terapia antibiotica.

Solo in questo modo è possibile salvaguardare l’efficacia e la sicurezza degli antibiotici oggi disponibili. IL RISCHIO? MALATTIE OGGI CURABILI POTREBBERO RIDIVENTARE UNA MINACCIA PER LA NOSTRA SALUTE Va ricordato che i batteri patogeni che acquisiscono resistenza non necessariamente provocano gravi malattie, ma il punto critico è rappresentato dal fatto che la patologia che si sviluppa da tale batterio diventa più difficile da trattare: solo un sempre più piccolo numero di farmaci risulterà efficace contro quel determinato batterio. E patologie che al giorno d’oggi sono ritenute facilmente curabili, potrebbero tornare a diventare molto pericolose per la salute umana. L'allarme lanciato nel rapporto globale sull'antibioticoresistenza da parte dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) riguarda proprio questo: la patologia potrebbe avere un decorso più lungo, determinando così maggiore gravità soprattutto nelle fasce deboli della popolazione, in primo luogo pazienti con patologie croniche, anziani e bambini. Ma un impegno comune di tutti, operatori sanitari e cittadini, può scongiurare il pericolo.

L'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha lanciato un'efficace campagna mediatica volta a sviluppare un corretto uso degli antibiotici. Partendo dal fatto che l'abuso o semplicemente l'uso scorretto di questi preziosissimi farmaci possono determinare una minore risposta alle cure per infezioni batteriche, l'AIFA raccomanda al cittadino tre semplici regole. 1. Utilizzare l’antibiotico solo quando strettamente necessario, cioè quando si è colpiti da infezioni batteriche opportunamente diagnosticate o comunque mai senza la prescrizione medica. 2. Seguire scrupolosamente dosi, posologia e durata della terapia indicate dal medico, senza compiere uno degli errori più comuni, l' interruzione della terapia al primo segnale di miglioramento clinico. 3. Non assumere antibiotici per curare patologie che hanno invece eziologia virale, in particolare forme che colpiscono stagionalmente l'apparato respiratorio. L' AIFA, nel Rapporto dell'osservatorio sull'impiego dei medicinali (OSMED), stima che nell'80% dei casi infatti queste patologie stagionali hanno origine virale, a cui il soggetto sano deve rispondere, salvo diversa valutazione medica, solo con rimedi sintomatici e non con antibiotici.

DOTT. GIOVANNI PIZZIGALLI Farmacista - VICEPRESIDENTE ASSOCIAZIONE GIOVANI FARMACISTI BERGAMO, FARMACISTA A BRACCA Bergamo Salute

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SPECIALITÀ A-Z

NEFROLOGIA

S.O.S. COLICHE RENALI

Un problema doloroso che ha il picco di incidenza in estate. Le regole per prevenirlo e curarlo

MEZZO BICCHIERE DI LIMONE AL GIORNO Secondo diverse ricerche, aiuta a tenere lontani calcoli e coliche. Il merito è del citrato, di cui l’agrume è ricchissimo, una sostanza che previene la precipitazione del calcio nelle urine (l’80% dei calcoli è composta da ossalato di calcio).

a cura di MONICA MORIGGI

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i manifesta con un dolore intenso che può rimanere circoscritto al fianco oppure irradiarsi in basso e davanti fino all’inguine. In alcuni casi può diventare anche molto forte, al punto che chi l’ha provato lo descrive simile a quello del parto. È la colica renale, un problema diffuso soprattutto durante la stagione estiva. Caldo e sudorazione, infatti, aumentano la disidratazione che a sua volta favorisce la formazione dei calcoli, “sassolini” che si sviluppano nell’area compresa tra le cavità del rene e la vescica: con la perdita di liquidi le urine tendono a essere meno diluite, questo comporta una maggiore concentrazione delle sostanze normalmente presenti (come acido urico, ossalato, fosforo e cistina), che possono precipitare e cristallizzarsi soprat10

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tutto in soggetti con una particolare predisposizione e soprattutto con una storia di calcolosi renale (vedi box). Finché questi “sassolini” non si spostano e restano lì, possono anche rimanere asintomatici. Il problema nasce quando i calcoli (o in alcuni casi altri fattori come un coagulo di sangue se c’è una perdita ematica dal rene o dalle vie urinarie) ostruiscono le vie urinarie. Le vie urinarie, dotate di muscolatura di parete, si contraggono per cercare di spingere il fattore ostruente lungo il tratto urinario ed espellerlo. Ecco allora che insorge la colica renale. ATTENZIONE A INFEZIONI E ALIMENTAZIONE Come accennato, nella maggior parte dei casi la colica renale è legata alla presenza di calcoli renali.

I principali fattori di rischio per lo sviluppo di questi “sassolini” sono la familiarità, predisposizione individuale, episodi precedenti di calcolosi, alcune infezioni del tratto urinario, l’uso di particolari farmaci che hanno la tendenza a precipitare nelle urine formando aggregati litiasici (calcoli), particolari interventi chirurgici sul sistema gastrointestinale che aumentano il riassorbimento intestinale di ossalato che è uno dei principali costituenti dei calcoli renali. Ci sono però anche alcune patologie che ne aumentano statisticamente il rischio, come l’ipertensione arteriosa (che raddoppia il rischio), l’obesità, la gotta. Un ruolo importante nel favorirne la comparsa è giocato anche da alcune abitudini alimentari. Tra queste un’inadeguata introduzione di liquidi, che può aumentare il rischio di


MENO LIQUIDI E I CRISTALLI SI DEPOSITANO… UN PO’ COME IN UNA TAZZINA DI CAFFÈ Per capire meglio il meccanismo di “precipitazione” delle sostante che formano i calcoli, immaginate una tazzina di caffè. È facile che pur mescolandolo, lo zucchero ristagni sul fondo. Se bevete, invece, una tazza di tè lo zucchero tenderà a sciogliersi del tutto. Il motivo? Quando il liquido è più abbondante, lo zucchero si scioglie più agevolmente. La stessa cosa succede nella formazione dei calcoli. Quando si suda molto e non si beve a sufficienza le urine si concentrano, diminuisce cioè il volume e quindi le sostanze normalmente disciolte in essa, tendono a depositarsi.

DOTT.SSA MONICA MORIGGI Specialista in Nefrologia - PRESSO A.O. TREVIGLIO -

calcolosi renale e quindi di coliche soprattutto in individui predisposti e in persone che praticano esercizio fisico intenso e protratto; una dieta a basso contenuto di calcio e alto contenuto di ossalato, l’elevato consumo di sale e di proteine animali.

LA PREVENZIONE? TANTA ACQUA E POCO SALE Il primo cardine della prevenzione dei calcoli renali è sicuramente l’assunzione di una adeguata quantità di acqua. Nei pazienti che hanno già avuto calcoli si consiglia di assumere liquidi in quantità tale da produrre un volume urinario giornaliero di almeno 2 litri. Non serve bere genericamente “tanto”, bisogna assicurare un volume urinario adeguato. Questo può rendere necessaria l’assunzione di quantità di liquidi anche molto abbondante durante la stagione estiva. Altri comportamenti di prevenzione sono una dieta povera di sale e di proteine animali, l’assunzione di alimenti contenenti citrato (che inibisce la formazione di calcoli) come il succo di limone e il controllo del peso corporeo. LA TERAPIA: CONTROLLARE IL DOLORE ED EVITARE LE (FREQUENTI) RECIDIVE La cura della colica innanzitutto si basa su un’adeguata idratazione e il controllo del dolore con antidolorifici che possono essere prescritti esclusivamente dal medico. È importante evitare le cure “fai da te” che possono essere pericolose sia per gli effetti collaterali dei farmaci sia perché prima di impostare una terapia deve essere posta una diagnosi corretta. Ci sono infatti altre patologie che possono presentarsi con un dolore simile alla colica renale ma richiedono un diverso approccio diagnostico e terapeutico. In caso di colica è importante che le urine siano tenute e osservate prima di gettarle perché il calcolo potrebbe essere espulso spontaneamente e recuperato per un’analisi appropriata. Conoscere la composizione del calcolo è molto importante per stabilire una corretta prevenzione delle recidive. Il passaggio del calcolo dipende dalle dimensioni e dalla localizzazione nelle vie urinarie, i calcoli più piccoli, inferiori ai 5 millimetri, hanno infatti maggiore possibilità di essere espulsi spontaneamente; calcoli

USA L'ACETO

Nel caso di calcolosi ossalica andrebbe ridotto l'apporto di ossalati, che sono più abbondanti in alcuni alimenti, come le biete e gli spinaci. Se si aggiunge dell'aceto nell'acqua di cottura di queste verdure si favorisce l'allontanamento degli ossalati.

di maggiori dimensioni passano meno, soprattutto sopra i 10 millimetri. In questi casi, esistono farmaci che, usati da soli o in combinazione, facilitano l’espulsione del calcolo. Per calcoli di maggiori dimensioni, qualora la terapia medica espulsiva non dia i risultati sperati, in presenza di urosepsi (infezione delle vie urinarie), insufficienza renale acuta, anuria (mancata emissione di urine da parte dell'apparato urinario), il paziente deve essere necessariamente valutato dall'urologo che può decidere una strategia interventistica (“bombardamento” attraverso l’utilizzo del laser o delle onde d’urto del litotritore, intervento chirurgico etc.). La possibilità di recidiva di calcolosi renale è abbastanza consistente. Stimata diversamente nelle varie casistiche, si può dire che sia intorno al 30% a 5 anni dal primo episodio. Il nefrologo ha quindi un ruolo importante proprio nel controllo del rischio recidive attraverso lo studio metabolico della calcolosi che, attraverso l’analisi della composizione urinaria e alcuni esami ematici specifici, consente di individuare gli eventuali fattori o malattie predisponenti e predisporre adeguate manovre preventive dietetiche e comportamentali. Bergamo Salute

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SPECIALITÀ A-Z

NEUROLOGIA

Più qualità di vita

PER CHI SOFFRE DI SCLEROSI MULTIPLA CON I NUOVI FARMACI E TERAPIE SEMPRE PIÙ MIRATE a cura di CLAUDIO FERRANTE

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egli ultimi anni la Sclerosi Multipla (SM), che in Italia colpisce 72.000 persone con 1.800 nuovi casi all’anno, è stata presentata come una malattia che condanna inesorabilmente alla disabilità. In molti casi è passato il messaggio che essere malati significhi finire, prima o poi, sulla sedia a rotelle. In realtà oggi abbiamo a disposizione armi per tenerla sotto controllo e permettere a chi ne soffre una qualità di vita migliore rispetto a quella che si può pensare. UNA MALATTIA “PIGRA INDOLENTE E CAPRICCIOSA” La Sclerosi Multipla è una malattia infiammatoria del Sistema Nervoso Centrale caratterizzata dalla presenza di anticorpi anomali che attaccano la mielina, cioè la sostanza costituente la guaina protettiva che riveste le fibre nervose: non

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riconoscendola più come un alleato, cercano di distruggerla come se fosse un nemico. Una volta che la guaina viene alterata si verifica una dispersione del segnale nervoso che, originato dalle cellule nervose del cervello arriva ai muscoli, o degli impulsi sensitivi (sensibilità tattile, dolorifica, termica etc.) che vengono veicolati dalla periferia (cute) al cervello, sempre tramite fibre nervose. Questa dispersione del segnale si traduce in una riduzione della forza o della capacità del paziente a recepire stimoli sensitivi. Si tratta di una patologia conosciuta da secoli, descritta per la prima volta nel 1868 dal neurologo francese Jean-Martin Charcot come una malattia “pigra, indolente e capricciosa”. Pigra e indolente perché ha un andamento in genere non violento e non aggressivo, capricciosa perché può svegliarsi

improvvisamente senza dare segni che possano farlo prevedere e può colpire qualsiasi parte del Sistema Nervoso Centrale. LA TERAPIA (FINORA)... Oggi esistono numerosi trattamenti che riducono l’incidenza e la severità degli attacchi nella maggior parte dei casi, anche se non curano completamente la malattia. I principali obiettivi delle terapie sono: da un lato abbreviare le fasi acute, ossia le ricadute, e ridurne la gravità (con la somministrazione di cortisonici) dall’altra prevenire le ricadute o ritardare la progressione della malattia. In quest’ultimo campo, in particolare negli ultimi 20 anni, sono stati fatti dei grandissimi passi in avanti che hanno portato, dal 1996, all’utilizzo di farmaci cosiddetti immunomodulanti come l’Interferone Beta o il Copo-


GIOVANI E DONNE PIÙ A RISCHIO L'età tipica di insorgenza è tra i 20 e i 40 anni. Il motivo per cui i giovani sono più colpiti ancora non è chiaro, ma si pensa sia legato al fatto che hanno un sistema immunitario più reattivo. Colpisce, inoltre, in misura maggiore le donne con un rapporto donne-uomini di 3 a 1. Una possibile spiegazione potrebbe risiedere nel profilo ormonale ciclico tipico della donna: si è visto infatti che nella fase di gravidanza è come se la donna fosse protetta, mentre durante il puerperio aumenta il rischio di sviluppare ricadute di malattia.

DOTT. CLAUDIO FERRANTE Specialista in Neurologia - RESPONSABILE DELL’UNITÀ DI NEUROLOGIA E DEL CENTRO SCLEROSI MULTIPLA DEL POLICLINICO SAN PIETRO DI PONTE SAN PIETRO -

Il neurologo francese Jean-Martin Charcot scopritore della SM

limero che agiscono dando “ordine” al sistema immunitario di non attaccare la guaina mielinica. Da quattro anni è poi disponibile una nuova molecola, il Natalizumab, un anticorpo monoclonale che impedisce ai linfociti T, responsabili dell’infiammazione, di entrare nel Sistema Nervoso. Ancora, c’è il Fingolimod, un farmaco che si assume per via orale (a differenza degli altri che devono essere assunti per via iniettiva) che agisce sequestrando i linfociti all’interno dei linfonodi, impedendogli così di uscire e innescare l’infiammazione. Il limite è che questi nuovi farmaci non sono privi di effetti collaterali, a volte anche importanti, e quindi devono essere usati solo in pazienti che non rispondono all’interferone o con forme particolarmente aggressive, valutando attentamente rischi e benefici. ... I NUOVI FARMACI TRA PRESENTE E FUTURO. PIÙ EFFICACI MA CON QUALCHE EFFETTO COLLATERALE IN PIÙ Lo scorcio di tempo a cavallo fra il 2014 ed il 2015 ha visto l’entrata in commercio di altri tre nuovi farmaci: Fumarato, Teriflunomide, Alen-

tuzumab (per giugno di quest’anno è prevista l’uscita dell’Interferone beta-1a pegilato) per cui, allo stato, l’armamentario farmacologico risulta particolarmente ricco. Dovremo, in un prossimo futuro, caratterizzare meglio il profilo clinico dei pazienti che potranno giovarsi maggiormente di un farmaco rispetto a un altro. Come dicevo, un’attenta analisi del rapporto rischio/beneficio dovrà essere personalizzata per ogni paziente e, non da ultimo, si dovranno valutare attentamente gli elementi di farmaco-economia per far sì che l’elevato costo di questi farmaci si traduca realmente in un netto beneficio per la qualità di vita del paziente evitando, in tal modo, di disperdere risorse purtroppo sempre più contenute. Per questo è importante sempre rivolgersi a centri riconosciuti dalla Regione. Intanto comunque la ricerca è in continua evoluzione e nuove molecole farmacologiche sono in fase di studio; è bene però sottolineare che, nella quotidiana guerra contro le malattie, la necessità di poter utilizzare armi farmacologiche sempre più potenti difficilmente potrà disgiungersi dal rischio di possibili effetti collaterali ma, come si suol dire “à la guerre comme à la guerre” (tradotto “alla guerra come alla guerra”).

LE CAUSE? ANCORA UN MISTERO. SI SA CHE SI TRATTA DI UNA MALATTIA MULTIFATTORIALE IN CUI GIOCANO UN RUOLO DIVERSI ELEMENTI: L'ASSETTO GENETICO, IL CEPPO DI ORIGINE, AVER CONTRATTO O NO MALATTIE INFETTIVE (AD ESEMPIO LA MONONUCLEOSI). TUTTI QUESTI ELEMENTI POSSONO RAPPRESENTARE DEI “FATTORI DI RISCHIO”, PERCHÉ PERÒ SI SCATENI IL PROCESSO PATOLOGICO ANCORA NON È CHIARO

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PERSONAGGIO San Giovanni e parlando con Monsignor Gervasoni ho visto Cristo in un trionfo di luce, non morto in croce ma vittorioso sulla morte e risorto. E sotto c’è un pavone che è il simbolo della resurrezione. Tutto il dolore, il calvario, l’ho trasmesso nella Madonna, nell’abside a sinistra, nei suoi occhi prendendo ispirazione da “Ricordo di un dolore” di Pellizza da Volpedo e avendo come modella una mia carissima amica che mi ha insegnato molto nella vita con la sua storia. Una metafora per i pazienti. In chiesa si cerca di curare il dolore spirituale e quindi bisogna trasmettere serenità.

LA MIA OPERA DI LUCE

per i pazienti dell'Ospedale a cura di LUCIO BUONANNO

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na luce che riverbera, che ti prende e ti trasmette serenità. Nell’abside centrale c’è Cristo in Croce. Non sembra sofferente, è trasparente, luminoso. Così l’ha immaginato Andrea Mastrovito, l’artista bergamasco che ha realizzato l’opera nella chiesa dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII. Ora è a New York dove lo intervistiamo via Skype. COM’È NATA QUESTA SUA OPERA? Sono stato contattato nel 2011 dall’architetto Pippo Traversi che ha progettato la chiesa. All’inizio ho pensato ad una videoanimazione ma quando ho visto il cantiere a cielo aperto sono rimasto colpito dalla luminosità. E allora mi è venuta l’idea di usare due materiali per fare riverberare ancora di più questa luce: il vetro e la foglia d’oro, e con l’aiuto di un maestro vetraio eccezionale come Lino Reduzzi ho cominciato a realizzare il progetto. Una serie di vetri sovrapposti tutti meticolosamente tagliati e successivamente dipinti uno a uno con massima precisione. Ho pensato al posto, all’ospedale dove si soffre e ho cercato di trasmettere una grande serenità e leggerezza alla gente. E così leggendo il Vangelo di 14

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QUINDI L’ARTE SERVE ANCHE COME TERAPIA? Alcuni psicologi utilizzano opere famose per aiutare i loro pazienti. E poi c'è l’arteterapia vera e propria. Le racconto un episodio che mi è capitato. Nel 2011 sono stato contattato dall’Ospedale di Baltimora che mi ha chiesto delle opere per il reparto di pediatria. Le feci e le spedii ma dopo qualche tempo mi tornarono indietro dicendo che i miei quadri non erano politicamente corretti perché c’erano solo personaggi bianchi e non neri. Rimasi di sasso, ma solo l’anno scorso grazie a una mia amica neuroscenziata ho capito il perché: a Baltimora i genitori di colore non vogliono portare i loro bimbi in ospedale perché sostengono che li trattano come cavie. COME HA SCOPERTO LA SUA VOCAZIONE ? Per una scommessa con il mio amico Zizi, appena finito l’esame di maturità al liceo scientifico Lussana. Ho frequentato per quattro anni la scuola dell'Accademia Carrara, all'epoca il direttore era Mario Cresci, e quell'esperienza mi ha “aperto” la testa. E poi ho scoperto le tecniche di incisione con Claudio Sugliani, altro grande docente che continuava a ripetere “non avere paura di provare nuove soluzioni”. Direi che quasi tutti i miei lavori nascono dall’incisione praticata per anni all’Accademia: lì ho imparato, con molta fatica, a ripulire il segno. LEI USA TANTI MATERIALI… Sì di tutti i tipi, ma soprattutto la carta che è un modo molto diretto e ti permette di pulire il segno. L’uso della carta l’ho scoperto nel 2003 quando l’Atalanta retrocesse in Serie B dopo lo spareggio con la Reggina. Io sono un grande tifoso nerazzurro e mi chiusi in garage per una settimana a ritagliare carta senza parlare con nessuno, senza quasi mangiare per la rabbia e la delusione. Cercavo una soluzione che mi consentisse di abbandonare le bombolette spray che utilizzavo. Incollai i ritagli uno sull’altro e mi resi conto che la mia ricerca era lì sotto i miei occhi. E cominciai i miei primi collage. Anni dopo ho scoperto che tanti artisti lavoravano con la carta. Ce n’erano tanti alla mostra al Museum of Arts and Design di New York nel 2009 dove presentai una nave di carta gigantesca, la Santa Maria, che affondava.


MA LEI UTILIZZA ANCHE I LIBRI Ci lavoro parecchio. Sfogliare i libri è fondamentale, credo, per ogni artista. E io li uso anche per le mie installazioni. Per esempio partendo da “Lo straniero” di Camus nello scorso gennaio a Ginevra ho realizzato una serie di opere in cui i libri, aperti sui tavoli e con l'aiuto del disegno, ci appaiono come finestre di Windows. IN MOLTE SUE OPERE, INVECE, RENDE PROTAGONISTA LA GENTE Coinvolgere il pubblico è necessario. Ho fatto così per “Le cinque giornate”, al Museo del Novecento a Milano nel 2011, in cui il pubblico per cinque sere consecutive ha dato vita a una sorta di coreografia da stadio. Credo che il mio lavoro non esisterebbe senza la gente, si nutre della massa e anzi si lascia plasmare da essa. Come “Kickstarting” (“Il calcio di inizio”) realizzato in un quartiere povero di New York dove sono riuscito a mettere insieme tanti ragazzi con tanti palloni. MA PERCHÉ FA LA SPOLA TRA NEW YORK E BERGAMO? Mia moglie che è designer lavora lì e io lì trovo grande ispirazione: in un giorno a New York vedi più cose che in un anno a Bergamo, sicuramente. Anche se poi lì mi mancano molto i miei, cui devo tanto. E ovviamente anche la Curva e i suoi ragazzi! LEI HA VINTO TANTI PREMI E HA FATTO MOSTRE IN ITALIA E ALL’ESTERO. A QUALI TIENE DI PIÙ? A quella che ho fatto alla Gamec (2014) e quest’anno a Ginevra. Ma soprattutto le installazioni che ho realizzato a Casa Testori nel 2011, una mostra che ha in-

vertito il mio metodo di lavoro, io faccio centinaia di disegni al giorno ma da allora ho cominciato a pensare che è più importante la progettazione. Di premi ne ho vinto qualcuno come il Premio New York nel 2007, quello Moroso nel 2011 e Qui l’arte è di casa nel 2012. Inoltre ho vinto ll Pacco d’artista delle poste nel 2014. MA QUAL È L’ESPERIENZA CHE L’HA SEGNATA DI PIÙ? Senz’altro un’estate al Dynamo Camp nel Pistoiese. Un’esperienza incredibile con ragazzi affetti da patologie gravi o croniche, invasive che li costringono a trascorrere tanto tempo in ospedale. E lì riscopri l’umiltà, la vicinanza con le malattie anche se le regole sono rigide e io e i miei assistenti per tre giorni non siamo riusciti, come artisti, a rispettarle. Ma poi ci siamo adeguati e questi ragazzi ci hanno preso il cuore.

QUANDO L'ARTE AIUTA A GUARIRE

Un’opera d’arte può aiutare a curare i malesseri della psiche. La visione di un quadro trasporta infatti in un mondo diverso e fa vivere delle sensazioni emotive. È un ampliamento degli orizzonti che facilita il contatto interiore e toglie dall’isolamento. Bisogna però essere aiutati da uno psicoterapeuta che attraverso l’arte introspettiva porta a scoprire strati molto profondi della psiche. Guardando un quadro emerge spontaneamente il nostro subconscio e il terapeuta può così osservare il coinvolgimento interiore del paziente e studiare una soluzione ai nostri problemi. Effetti terapeutici si possono raggiungere anche dipingendo, lavorando la creta liberando così la propria creatività e l'inconscio che è in noi. Spiegano gli esperti che l’arteterapia sia come visione di un quadro che come attività produce benessere e migliora la qualità della vita incrementando la consapevolezza di sé, superando situazioni di difficoltà e stress, esperienze traumatiche. Questa forma di terapia non riguarda solo la pittura ma anche musica, danza, teatro, costruzione e narrazione di storie e racconti. Tutti mezzi per il recupero e la crescita della persona nella sfera emotiva, affettiva e relazionale.

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STILI DI VITA

COSÌ LA SHARING ECONOMY

ci fa risparmiare

UNA TENDENZA CHE SI STA AFFERMANDO SEMPRE DI PIÙ ANCHE DA NOI. COMPLICE LA CRISI, MA ANCHE UNA NUOVA CONSAPEVOLEZZA NEI CONSUMI E UNA MAGGIORE SENSIBILITÀ A TEMI COME LA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE a cura di LUCIO BUONANNO

S

embrava solo una moda, invece sta diventando un nuovo stile di vita. È la sharing economy, l’economia della condivisione di beni: auto, casa, bici, viaggi e trasferimenti, ma anche denaro come avviene alla Cascina Solidale di Nembro dove alcune famiglie condividono casa e spese. Insomma un nuovo modo di vivere. Ne parliamo con Nando Pagnoncelli, bergamasco, volto noto della Tv, presidente della società di sondaggi Ipsos Italia. LA CRISI ECONOMICA HA CAMBIATO I COMPORTAMENTI DI CONSUMO DEGLI ITALIANI? La crisi economica, che persiste dal 2009, ha senza alcun dubbio cambiato le abitudini di consumo. Da molteplici nostre ricerche emerge che lo ha fatto la netta maggioranza degli individui, mentre solo un ristretto segmento di popolazione sembra non essere stato intaccato dalla congiuntura. Chi ha cambiato approccio ha ridimensionato alcune spese in particolare. Che genere di spese? Prima di tutto quelle per auto e carburante, quindi per consumi energetici e altri tipi di bollette, seguono abbigliamento e generi alimentari. Poi c’è chi ha modificato i propri comportamenti di acquisto a prescindere dalla tipologia di beni, ossia prestando maggiore attenzione ai prezzi, riducendo le spese, acquistando con offerte e buoni sconto, evitando gli sprechi, riciclando e aumentando

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il più possibile la durata media dei beni. Nel contempo nuove modalità di consumo hanno iniziato ad affermarsi, a testimonianza del fatto che le situazioni di crisi sono sì dolorose ma spesso sono occasione di grande rinnovamento. Oggi abbiamo consumatori più razionali, più selettivi e meno guidati dagli acquisti d’impulso. A QUALI NUOVE MODALITÀ DI CONSUMO SI RIFERISCE E IN QUALI SETTORI SOPRATTUTTO VANNO AFFERMANDOSI? Mi riferisco a tutte quelle pratiche che rientrano sotto il nome di sharing economy, letteralmente

Adriano Merigo

“economia della condivisione”, un nuovo modello che anche in Italia guadagna terreno. Questo tipo di economia comprende molteplici novità, anche molto diverse tra loro. Il presupposto comune è l’utilizzo di beni e servizi pur non detenendone la proprietà, ma anche il mettere a disposizione di estranei beni e servizi propri. La fruizione diviene un’alternativa al possesso. L’”altro” è vissuto non come un concorrente ma come una risorsa che aiuta a superare le difficoltà. È la vittoria del principio del peer-topeer. Alcuni mesi fa per studiare il fenomeno, abbiamo fatto 1.000 interviste a un campione rappresentativo di italiani 18-64enni connes-


si a Internet e alcuni focus group. Dalla ricerca è emerso che sebbene car sharing, ride sharing, car pooling, bike sharing, co-working, social eating, GAS (gruppi di acquisto solidale), house sharing siano ancora pratiche di nicchia, tutte abbiano grandi potenzialità di crescita. Infatti, il livello di conoscenza è alto e la maggioranza delle persone che le conosce, le considera destinate a diffondersi. C’è molto ottimismo intorno all’economia della condivisione e la percezione che il modello possa stimolare un cambiamento nelle relazioni tra individui, sino all’affermazione di nuovi valori. MA QUANTI LA USANO E QUALE FILOSOFIA C’È ALLA BASE? Se da un lato gli utilizzatori sono ancora una nicchia di mercato, dall’altro i conoscitori sono già la maggioranza: il 75% degli intervistati infatti ha sentito parlare di sharing economy e tra coloro che ne hanno sentito parlare, il 67% lo associa spontaneamente a beni e servizi particolari, in primis car sharing, ride sharing e car pooling. Il 21% lo associa invece a un vantaggio economico. Mentre il 41% ha dichiarato di fare almeno una

volta al mese acquisti a km0, il 12% fa parte con frequenza di un GAS. Seguono il ride sharing, con il 12% del campione che dichiara di farlo almeno una volta al mese; il 9% ha invece praticato almeno una volta in passato recente il car sharing, un altro 9% il bike sharing, il 5% l’house sharing per brevi pernottamenti. Sono percentuali ancora basse perché si tratta di un qualcosa di nuovo ma non si riscontra una chiusura della popolazione nei suoi confronti. Per chi le ha fatte, le prime esperienze sono state positive e l’esistenza di una forte componente di passaparola fa immaginare un rapido sviluppo. Oggi il motore della condivisione è la moltiplicazione del valore d’uso del bene, che lo scambio crea a fronte di un piccolissimo impiego di risorse. Al fine di evitare che sparisca insieme alla recessione, sarà fondamentale l’affermazione degli elementi valoriali e di innovazione sociale, vere e proprie esternalità positive. È DESTINATA A ENTRARE NELLE NOSTRE ABITUDINI? Oggi non siamo in grado di dire se questo entusiasmo sarà un fenomeno di breve, medio o lungo periodo. La principale porta di accesso alla sharing economy è il risparmio economico, ricercato dai soggetti più in difficoltà. Tuttavia la ricerca realizzata suggerisce che sbaglieremmo se pensassimo a un fenomeno emerso solo per rispondere a un’emergenza. L’accoglienza delle pratiche di condivisione da parte dell’opinione pubblica segnala che la sharing economy corrisponde anche all’affermazione di nuove sensibilità. Collaborazione e sostenibilità arricchiscono l’esperienza di consumo con nuovi significati. C’è l’urgenza di risparmiare a causa di un potere d’acquisto ridotto ma anche la ricerca di vivere esperienze più appaganti e fare la cosa giusta per sé e per gli altri. Il valore morale è infatti un altro fondamento del fenomeno, attrae individui che si sentono volti all’educazione sociale e coloro per i quali condividere

TANTI MODI PER FARE AMICIZIA CAR SHARING. È l’auto condivisa alternativa al mezzo privato. Una volta abbonati si può prendere una vettura in città senza costi fissi di manutenzione (tasse, assicurazione e con assistenza continua) e lasciarla in un altro posto dove è presente il servizio. C’è poi il car pooling con un automobilista che mette a disposizione la sua vettura dividendo con altri compagni di viaggio le spese e la manutenzione. BIKE SHARING. A Bergamo si chiama BiGI. Le bici si prelevano e si riconsegnano presso le 19 stazioni distribuite in città. HOUSE SHARING. È nato verso la metà degli anni Cinquanta ma grazie a internet è diventato famoso. Bisogna iscriversi e pagare la quota e si può scegliere tra le case messe a disposizione da altri soci. RIDE SHARING. Viaggiare contro la crisi e fare nuove esperienze e amicizie. I nuovi autostoppisti si mettono d’accordo tramite il web e viaggiano insieme condividendo spese e tempo del viaggio. CO-WORKING. È uno stile lavorativo che coinvolge la condivisione di un ambiente di lavoro, spesso un ufficio, mantenendo un'attività indipendente.

NANDO PAGNONCELLI - PRESIDENTE E AMMINISTRATORE DELEGATO DI IPSOS ITALIA Bergamo Salute

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IN SALUTE

STILI DI VITA

è una sorta di disciplina personale. La terza porta d’accesso può essere ricondotta all’innovazione sociale: attira soggetti che cercano l’avventura, nuove socialità, chi insegue una crescita personale attraverso dinamiche relazionali. Il contatto con l’alterità culturale stimola la creatività e l’ingegno. L’innovazione d’altronde non consiste solamente in invenzioni tecnologiche e brevetti, ma può essere declinata anche in nuovi paradigmi sociali. MA LA CONDIVISIONE DEI BENI PUÒ ESSERE UN RISCHIO? Sì, specie tra estranei, comporta dei rischi. La fiducia negli altri e la sicurezza sono le principali criticità. Pensiamo alla condivisione della propria auto per tragitti brevi o lunghi (car pooling e ride sharing) o della propria casa (house sharing) con persone di cui sappiamo poco. Chi in questi casi può esercitare un controllo se necessario e dare le giuste garanzie? Chi interviene nei casi di conflitto o di prevaricazione? Questi sono i compiti che assolvono le piattaforme e i brand che gestiscono lo sharing. Si tratta di soggetti che mettono in comunicazione domanda e offerta ma sono anche i garanti delle informazioni. Fungono da mediatori e arbitri. Le recensioni pubbliche di altri utilizzatori del servizio sono uno degli strumenti a disposizione per pre18

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miare o al contrario punire chi non rispetta le regole. Il modello ha altri aspetti critici, tra i quali l’adattamento richiesto. L’economia della condivisione impone talvolta la negoziazione con gli altri, oppure la limitazione della libertà. Può inoltre non misurare l’eterogeneità, poiché non sempre propone un metodo di discriminazione tra livelli di qualità differenti, rischiando l’omologazione. Infine, non bisogna dimenticare il tema della regolamentazione legale e fiscale di questi scambi, che generano reddito e fanno concorrenza a chi offre servizi uguali o simili in modo classico. Non è mai facile trovare delle regole condivise quando si ha a che fare con un’innovazione che modifica profondamente un mercato. QUALI VANTAGGI PUÒ AVERE INVECE, AD ESEMPIO, PER L’ECOLOGIA O PER LA SALUTE? L’economia della condivisione fa leva su elementi quali ri-uso e sostenibilità ambientale. Penso a uno degli emblemi dell’economia della condivisione, ossia le nuove forme di mobilità. Car sharing, car pooling, ride sharing possono influire in modo positivo sull’inquinamento e su una mobilità più sostenibile. Ciò avviene soprattutto nelle due metropoli, Milano e Roma, ma anche in contesti minori, dove sono molteplici i servizi che mettono in

discussione il possesso dei veicoli, contrapponendo la semplice fruizione con tariffa a consumo, e l’utilizzo individualistico del mezzo di trasporto, spesso troppo oneroso e con un impatto ambientale elevato. Relativamente all’auto privata, è evidente che in un periodo di crisi l'elevato costo di acquisto di una macchina, le spese di manutenzione, oltre che la perdita di valore immediatamente successiva alla compravendita, sono un insieme di concause che stanno determinando un crescente interesse per le nuove soluzioni di mobilità. La condivisione del viaggio tra estranei ad esempio è una soluzione efficace per ridurre drasticamente le spese di viaggio in un’ottica di riduzione dell’inquinamento. Il car sharing cittadino è una formula comoda e flessibile, con un impatto rilevante sulla riduzione dello stress da parcheggio e dei costi degli spostamenti. Se si considera inoltre che il 96% degli intervistati dichiara di utilizzare l’automobile almeno una volta a settimana e che ogni auto viaggia in media con 2,5 posti liberi, si capisce quanto sia significativo il potenziale di crescita della “smart mobility” in Italia. Insomma, ancora una volta la crisi ha favorito cambiamenti di paradigma e l’adozione di comportamenti di nicchia ma, usando un termine di moda, decisamente “smart”.



IN SALUTE

TERZA ETÀ

Disabilità e invecchiamento della popolazione AUMENTA LA RICHIESTA DI ASSISTENZA A DOMICILIO a cura di VIOLA COMPOSTELLA

L'

invecchiamento della popolazione, di cui abbiamo accennato anche nella rubrica “Attualità”, porta con sé la cronicizzazione delle malattie e una maggiore richiesta di assistenza non solo medica ma anche sanitaria in senso lato. I dati parlano chiaro: secondo il Censis in Italia gli anziani che usufruiscono di assistenza domiciliare integrata (ADI) sono passati da poco più di 200mila nei primi anni 2000 a oltre 532mila nel 2012, cioè dal 2,1% della popolazione anziana (persone con 65 anni e oltre) al 4,3%. «Quello dell’assistenza domiciliare è un tema di grande attualità» dice Beatrice

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Mazzoleni, presidente IPASVI Bergamo. «E lo diventerà sempre di più nel futuro, considerato da un lato l’allungamento dell’aspettativa di vita e dall’altro le difficoltà che, nella società odierna con nuclei familiari sempre più ristretti, le famiglie hanno nel prendersi cura e assistere i propri cari quando non sono più autosufficienti». MA COSA SI INTENDE PER ASSISTENZA DOMICILIARE INTEGRATA? Si intende l’intervento (totalmente gratuito per quanto riguarda le prestazioni strettamente sanitarie), a domicilio del paziente, di profes-

sionisti sanitari (medici, infermieri, terapisti della riabilitazione), personale addetto all’igiene del paziente (ASA/OSS) e altri operatori sanitari secondo un piano di cura personalizzato (Piano di Assistenza Individuale - PAI). Questo servizio assicura alle persone fragili (anziani e disabili, in primo luogo, ma non solo) assistenza socio-sanitaria adeguata alle loro condizioni di salute con l’obbiettivo di evitare e/o rallentare l’allontanamento dai propri cari: erogando prestazioni a domicilio ci si prende cura della persona fragile direttamente a casa, vicino ai suoi cari, dove può mantenere le sue abitudini personali e il legame con l'ambiente familiare.


CHI PUÒ ACCEDERVI? Le persone in situazioni di fragilità (momentanee o durature), senza limitazioni di età o di reddito, caratterizzate dalla presenza di: • una situazione di non autosufficienza parziale o totale di carattere temporaneo o definitivo; • una condizione di non deambulabilità e di non trasportabilità presso i presidi sanitari ambulatoriali. Frequente è ad esempio la richiesta di ADI in seguito a gravi fratture negli anziani, in casi di malattie acute temporaneamente invalidanti nell’anziano (per esempio forme acute respiratorie), in seguito a dimissioni protette da strutture ospedaliere, in presenza di piaghe da decubito etc. QUAL È L’ITER PER ATTIVARLA? Le cure domiciliari vengono attivate dal Medico di Assistenza Primaria (ex medico di famiglia) solamente in presenza di un bisogno sanitario di pertinenza infermieristica, riabilitativa o specialistica e si concludono quando vengono raggiunti gli obiettivi previsti nel Piano Assistenza Individuale (PAI) o in seguito a trasferimento, ricovero permanente (in una struttura residenziale) o decesso della persona da assistere. Per avviare questo percorso il medico illustra al paziente e/o ai suoi familiari la tipologia assistenziale che vuole attivare, li informa dell'erogazione dell'assistenza attraverso i soggetti accreditati nel distretto, dei quali consegna l'elenco, e li invita a scegliere quello che effettuerà il servizio. La richiesta poi viene inoltrata al distretto ASL di appartenenza. Ad ogni nuovo assistito è garantito l’intervento e l’avvio dell’ADI prescelti dal medesimo, entro 24 ore per i casi critici (segnalati dal Medico di Assistenza Primaria con urgenza), entro 72 ore per tutti gli altri casi. Il coordinatore del Servizio ADI verificherà personalmente i bisogni assistenziali del paziente stabilendo il numero di accessi utili a soddisfare i bisogni di cura,

assegnando a seconda della complessità assistenziale tutte le figure professionali necessarie con personale qualificato, nel rispetto di quanto stabilito dalla linee guida per l’erogazione dell’ADI dell’ASL di Bergamo. L'infermiere o il fisioterapista, poi, concorderà con il Medico di Assistenza Primaria, con il paziente e i suoi familiari il Piano Assistenziale Individuale. Nel caso di un peggioramento delle condizioni dell'assistito, il Medico di Assistenza Primaria può proporre un aumento del numero di accessi, da concordare con il medico di distretto, mentre in caso di miglioramento delle condizioni del paziente, potrà autonomamente decidere di ridurre il numero degli accessi senza necessità di comunicarlo al Referente di Distretto. Ogni variazione, quindi, deve sempre essere concordata con il Medico di Assistenza Primaria che è il responsabile clinico del paziente e, di conseguenza, del Piano di Assistenza. CHE TIPO DI PRESTAZIONI, IN CONCRETO, VENGONO FORNITE AI PAZIENTI? Le prestazioni sono molto varie, così come vari possono essere i bisogni del paziente. Possono essere infermieristiche, come prelievi del sangue, medicazioni di piaghe o ferite, sostituzione di cateteri vescicali, gestione di sondino naso gastrico, terapie infusionali, assistenza a malati terminali (in accordo con il medico palliativista, cioè lo specialista che si occupa della terapia del dolore in fase terminale) o complessi; socio-assistenziali, per dare sollievo alla famiglia, come igiene e cura della persona, aiuto domestico e preparazione dei pasti, disbrigo di pratiche burocratiche e altre commissioni esterne, rapporti con l'Azienda Sanitaria Locale e il medico curante, accompagnamento per commissioni esterne; fisioterapiche (il medico fisiatra concorda un progetto riabilitativo individuale con il fisioterapista); di sostegno psicologico.

UNA RETE PER I MALATI ONCOLOGICI L’ASL della Provincia di Bergamo d’intesa con l’A.O. Ospedali Riuniti di Bergamo (ora Papa Giovanni XXIII), l’Associazione Cure Palliative e la Lega Contro i Tumori di Bergamo hanno costituito il Gruppo Operativo per l’organizzazione e la gestione delle Cure Palliative Domiciliari per pazienti terminali, costituite da una serie di interventi terapeutici e assistenziali finalizzati alla cura attiva e totale, di malati la cui patologia di base non risponde più a trattamenti specifici. Il loro ruolo inizialmente è di solo trattamento dei sintomi (ad esempio il dolore), per diventare poi l’unico intervento medico solo quando il paziente si trova in fase terminale, le terapie curative vengono sospese e non vi sono terapie efficaci per prolungare la vita. La rete di cure palliative, coordinata dalla ASL di Bergamo, è composta da 6 hospice, 2 sanitari e 4 socio-sanitari, per un totale di 66 posti letto, un servizio di ospedalizzazione domiciliare per i malati oncologici erogato dall’hospice dell’A.O. Papa Giovanni XXIII che assiste ogni anno circa 120 malati e l’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) che assiste circa 2.600 malati all’anno in cure palliative. Il servizio domiciliare può essere attivato dal Medico di Assistenza Primaria e dal medico ospedaliero oncologo.

BEATRICE MAZZOLENI - PRESIDENTE COLLEGIO IPASVI BERGAMO Bergamo Salute

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IN SALUTE

ALIMENTAZIONE

LEGGERI E IN FORMA

con la dieta del pesce

Digeribile, gustoso, con poche calorie, ricco di Omega 3 e 6: il secondo ideale per perdere peso prima dell’estate e mantenersi sani a cura di ELENA BUONANNO

È

una fonte di proteine ad alto valore biologico, ovvero proteine che apportano tutti e otto gli aminoacidi cosiddetti essenziali necessari per la sintesi di ormoni e vitamine, per regolare il ritmo sonno-veglia, per la rigenerazione dei tessuti e per regolare i livelli di energia. È ricco di acidi grassi "buoni" (Omega 3 e Omega 6), sostanze che contribuiscono a ridurre i trigliceridi e a tenere la pressione sanguigna sotto controllo. E non è tutto. È leggero e non appesantisce. E ancora aiuta a mantenere la pelle elastica. Che cosa è? È il pesce, uno dei protagonisti della dieta mediterranea. Un alimento che non dovrebbe mancare sulle nostre tavole, anche (o forse soprattutto) quando si è a dieta. Oltre a essere facilmente digeribile, infatti, ha poche calorie. Cento grammi di merluzzo ne forniscono per esempio solo 86. Insomma un secondo sano, dietetico e gustoso. Ma quante volte alla settimana andrebbe mangiato? Esistono pesci “migliori” di altri? E come cucinarlo per gustarsi al meglio tutti i suoi benefici, anche per la linea? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Simona Tadini, biologa nutrizionista.

IL PESCE È UNO DEI PROTAGONISTI DELLA DIETA MEDITERRANEA. UN ALIMENTO CHE NON DOVREBBE MANCARE SULLE NOSTRE TAVOLE, ANCHE (O FORSE SOPRATTUTTO) QUANDO SI È A DIETA


DOTTORESSA TADINI, VA BENE QUALSIASI TIPO DI PESCE O ALCUNI SONO DA PREFERIRE AD ALTRI? Tutti i tipi di pesce forniscono all'organismo proteine ad alto valore biologico, sali minerali come per esempio il ferro, vitamine e acidi grassi essenziali. A seconda del pesce, però, possiamo trovare variazioni in termini di contenuto in nutrienti. Ce ne sono alcuni decisamente più grassi di altri, ma non per questo da eliminare dalla dieta, anzi, spesso sono i migliori. Occorre prestare poi attenzione anche alla taglia del pesce. Infatti, più è grande (pesce spada, tonno, palombo, per esempio) più è elevato il rischio che accumuli nelle sue carni sostanze tossiche, come il mercurio. Pesci che si possono consumare con tranquillità, invece, sono trota, nasello e merluzzo, orata, salmone, per citarne alcuni. Ovviamente c’è poi il pesce azzurro come alici e sardine: ottime fonti di acidi grassi essenziali benefici sulla salute, anche se a qualcuno possono risultare difficili da digerire. QUANTE VOLTE ALLA SETTIMANA BISOGNEREBBE PORTARLO IN TAVOLA? Le linee guida suggeriscono almeno 2-3 volte a settimana. Questo vale per i pesci “piccoli”, come orata o merluzzo, e per il pesce azzurro (ad eccezione se si soffre di gotta: sardine e alici contengono un’elevata concentrazione di purine, da limitare moltissimo in questa patologia). Per quanto riguarda invece quelli più grandi, come detto più a rischio mercurio, il consiglio è consumarli meno frequentemente ed evitarli durante l’infanzia, la gravidanza e l’allattamento. QUANDO SI PARLA DI PESCE, SUBITO SI PENSA AGLI “OMEGA 3”… MA COSA SONO E A COSA SERVONO? Si tratta di acidi grassi detti essenziali perché il nostro organismo non è in grado di sintetizzarli. Nel dettaglio, gli Omega 3 intervengo-

no sull’abbassamento della triglice- lio extravergine di oliva. L’olio d’oliridemia, oltre a svolgere un’azione va, anch’esso patrimonio della dieta antitrombotica, evitano l’accumulo mediterranea, contiene acidi grassi di grassi pericolosi sulle pareti arte- insaturi di grande importanza, in riose, attenuano le reazioni infiam- particolare l’acido oleico, grasso matorie, favoriscono l’attività del monoinsaturo della famiglia degli sistema nervoso centrale, con fun- Omega 9 (altra classe di acidi grassi zioni antidepressive, possono fun- che si trova, oltre che nell’olio di oligere da coadiuvanti nelle patologie va, nelle nocciole, nei semi di lino, cutanee dall’eccessiva secchezza nelle mandorle, burro di arachidi, fino alla psoriasi, migliorano la ri- nelle uova etc.). L’acido oleico, risposta immunitaria. Perché però manendo stabile alle alte temperapossano davvero essere “benefici” è ture, può essere utilizzato anche per fondamentale che questi grassi sia- preparare fritture… per un “sano” no in preciso equilibrio con un’altra strappo alla regola e alla dieta. classe di grassi, gli Omega 6 (che si trovano anche in oli di semi, frutta secca e legumi etc.), la cui azione è abbassare la colesterolemia, agendo sui livelli di colesterolo LDL o “cattivo” (beneficio in parte attenuato dal fatto che essi tendono anche ad abbassare il colesterolo HDL, ovvero quello “buono”). L’alimentazione DOTT.SSA SIMONA TADINI moderna ha portato il rapporto tra Biologa nutrizionista i due a 10:1 (Omega 6: Omega 3), mentre dovrebbe essere di 6:1 (in - A TREVIGLIO, URGNANO E CARAVAGGIO pratica, per ogni 6 grammi di Omega 6 assunti ne dovremmo ingerire LE CALORIE 1 di Omega 3). Solo l’equilibrio di Gamberi 50 Kcal questi due acidi grassi permette di Polipo 57 Kcal agire in modo favorevole prevenendo problemi come patologie carCozze 58 Kcal diovascolari, ipertensione, diabete Calamari 69 Kcal di tipo 2, disordini immunitari e Seppie 72 Kcal infiammatori. I pesci, soprattutto quelli grassi e quelli che vivono in acque fredde (aringa, salmone, halibut, sarde e alici) e magari pescati in autunno quando hanno accumulato le riserve adipose per affrontare la stagione fredda, rappresentano una buona fonte di Omega 3 che ci permette di mantenere un rapporto ottimale tra i due tipi di grassi.

Vongole

73 Kcal

Spigola

82 Kcal

Sogliola

83 Kcal

Aragosta

86 Kcal

Merluzzo

86 Kcal

Dentice

100 Kcal

Sardine

113 Kcal

QUALI SONO I METODI DI COTTURA PIÙ INDICATI SE SI È A DIETA E PER NON INTACCARNE LE PROPRIETÀ? La cottura al cartoccio è uno dei metodi migliori sotto diversi punti di vista: mantiene intatte le proprietà nutrizionali del pesce, è semplice, veloce, non richiede particolari condimenti se non un po’ di sale, qualche spezia o aromi e un filo d’o-

Pesce Spada

118 Kcal

Cernia

130 Kcal

Tonno fresco

158 Kcal

Sgombro

168 Kcal

Salmone

203 Kcal

Acciughe sotto'olio 204 Kcal Caviale

252 Kcal

Tonno sotto'olio

258 Kcal

Stoccafisso

327 Kcal

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IN SALUTE

ALIMENTAZIONE

CILIEGIE

un concentrato di gusto e di benessere Non sono solo uno dei frutti più golosi e più amati, anche dai bambini. Sono un vero concentrato di benessere: fanno bene al cuore, aiutano a contrastare i dolori, migliorano il sonno

a cura di MARIA CASTELLANO

NALI ONI NUTRIZIO INFORMAZI0G O. UD CR TO EN IM DI AL

10 RAN). VALORI RIFERITI GLI ALIMENTI (IN MPOSIZIONE DE CO DI LLE BE TA DA

Kcal

Zuccheri (g) Fibra tot (g) Potassio (mg) VIt.A (ug) Vit.C (mg)

CILIEGIA

AMARENA

38

42

9

10,2

1,3

1,1

229

114

19

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11

7

M

aggio è il mese delle ciliegie. Le attendiamo con ansia, forse perché segnano in qualche modo l’inizio della bella stagione, perché spezzano la monotonia della frutta invernale o più semplicemente perché piacciono un po’ a tutti. Piacciono talmente tanto che quando si inizia a mangiarle si fa fatica a smettere. Non a caso esiste anche un detto popolare, “una ciliegia tira l’altra”. E persino un grande artista e pittore del Novecento, Andy Warhol, a questo frutto rosso e delizioso al quale non sapeva resistere, ha dedicato una delle frasi e citazioni più celebri: “L'aspetto più brutto del farsi un'overdose di ciliegie è che restano lì tutti i noccioli a ricordarti quante ne hai mangiate”. Una passione golosa che fa anche bene. Le ciliegie infatti, come dimostrato da sempre più studi scientifici, sono una vera miniera di benessere e di virtù per tutto l’organismo. Ideali per chi soffre di stitichezza, sono un alleato anche per favorire il sonno, ridurre le infiammazioni, migliorare la salute cardiovascolare e mantenersi in linea con gusto. Conosciamole meglio con l’aiuto della dottoressa Roberta Delmiglio, dietista.

1.

CUORE PIÙ PROTETTO Mangiare le ciliegie fa bene al cuore. Il merito è delle antocianine, che hanno la capacità di contribuire a ridurre il rischio di malattie cardiovascolari. Il consumo di questo frutto, inoltre, migliora il microcircolo e la resistenza dei capillari.

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NON SONO TUTTE UGUALI Le ciliegie possono nascere da due diverse specie botaniche: dal prunus avium nascono le cosiddette ciliegie dolci, mentre dal prunus cerasus le amarene, o ciliegie acide. Non facciamoci ingannare dal nome, però, perché le cosiddette ciliegie acide non sono affatto meno dolci delle altre, ma a parità di peso forniscono addirittura qualche caloria e qualche grammo di zucchero in più, seppure le differenze siano sostanzialmente trascurabili. In quanto a potassio invece, la ciliegia ne fornisce praticamente il doppio della sorella acida.

«Come tutti i vegetali dalla colorazione rossa, blu o viola, le ciliegie sono ricchissime di antocianine, una particolare classe di antiossidanti protettivi del sistema cardiocircolatorio» conferma la dietista. «Le antocianine, in particolare, impediscono l’ossidazione dei lipidi, processo dovuto ai cosiddetti radicali liberi, che può causare danni alle membrane delle cellule».

2.MENO INFIAMMAZIONI

E MENO DOLORE «Le antocianine contenute nelle ciliegie, secondo uno studio della Michigan State University, sono delle ottime inibitrici della ciclo ossigenasi, che è l’enzima responsabile della produzione di prostaglandine, ormoni che trasmettono e rinforzano i segnali del dolore e provocano l'infiammazione» continua la dottoressa Delmiglio. «Bloccando la ciclo ossigenasi, e dunque la produzione di prostaglandine, le antocianine contenute nella ciliegia sembrerebbero agire come l’aspirina». Il consumo di ciliegie, quindi,

combatterebbe l'infiammazione in molti organi, dal cuore al grasso addominale ai muscoli. «Uno studio del dipartimento di medicina della Oregon Health and Science University ha poi dimostrato come il consumo giornaliero di succo di ciliegie in atleti che partecipavano a una gara di corsa, rispetto a coloro che non ne consumavano, era correlato a un minor dolore muscolare postgara».

3.

ALLEATE CONTRO L’ARTRITE Grazie al loro effetto antinfiammatorio, antiossidante e antidolorifico, le ciliegie sarebbero in grado anche di alleviare il dolore nei casi di artrite e gotta. «L’artrite è una malattia associata all’infiammazione e allo stress ossidativo» spiega l’esperta. «Per questo le ciliegie sono state studiate anche per la possibilità di alleviare i sintomi di questa patologia. Secondo uno studio della University of Pennsylvania il consumo regolare di ciliegie è in grado di ridurre il dolore e contemporaneamente migliorare la funzionalità in pazienti affetti da osteoartrite» .

4.PER SOGNI D’ORO

Il succo di ciliegia può essere utile per combattere i problemi di insonnia. «Le ciliegie sembrano essere in grado di aumentare significativamente i livelli di melatonina, l'ormone che regola il sonno, presenti nel corpo. Il risultato è che sembrano migliorare la durata e la qualità del sonno» continua la dietista.

5.AMICHE DELL’INTESTINO

E DELLA LINEA Depurative e disintossicanti dell'intero organismo, hanno anche un'azione riequilibrante dell'intestino, utile soprattutto in caso di stipsi. Nonostante siano zuccherine, poi, la buona notizia è che si possono mangiare (ovviamente nella giusta misura) anche se si è a dieta. Le fibre solubili di cui sono ricche, infatti, una volta raggiunto lo stomaco, assorbono acqua e aumentano, rigonfiandosi, il senso di sazietà. «In quanto a zuccheri le ciliegie si

LA DOSE IDEALE Qual è la porzione corretta di ciliegie? 100 grammi, che corrispondono a circa 14 ciliegie

posizionano al centro della classifica: sicuramente più zuccherine di frutti come fragola e frutti di bosco, albicocca, pesca, melone, arancia e pompelmo, battono invece i decisamente più dolci banana, fichi, cachi, uva e gli insospettabili mandarini e mandaranci» precisa l’esperta.

6.GUSTO ED EQUILIBRIO PER

UNA MERENDA A MISURA DEI PIÙ PICCOLI «Le ciliegie sono uno dei frutti preferiti anche dai bambini, probabilmente perché sono facili da mangiare e non sono da sbucciare. È bene quindi approfittare di questo amore dei bambini per stimolarli a consumare frutta secondo i livelli raccomandati dalle Linee Guida (2 porzioni di frutta al giorno), magari proponendole come spuntino a metà mattina e/o merenda, riducendo così il consumo di snack confezionati e cibo spazzatura» suggerisce la dottoressa Delmiglio.

DOTT.SSA ROBERTA DELMIGLIO Dietista - A STEZZANO E FARA GERA D'ADDA -

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IN ARMONIA

PSICOLOGIA

COME RESISTERE SENZA ROMPERSI... DOTT. MASSIMO MASSERINI Psicologo e Pedagogista - A BERGAMO -

…e scoprirsi più forti di prima, nonostante stress, difficoltà, shock, traumi e fallimenti a cura di VIOLA COMPOSTELLA

“A

ssorbire” una situazione di stress, come problemi familiari, malattie o pesanti situazioni finanziarie e lavorative, senza spezzarsi, ma anzi migliorando. Imparare a far fronte a eventi o cambiamenti traumatici e “riadattare” in modo positivo la propria vita davanti alle difficoltà. È la resilienza, un termine che nasce dalla fisica e che oggi sta vivendo una “seconda giovinezza” in ambito psicologico per indicare la capacità di resistere alle prove difficili che la vita ci mette davanti senza “frantumarsi”. «Il termine resilienza, in fisica, indica la proprietà di un materiale di resistere a stress, cioè a sollecitazioni e urti, ritornando alla sua forma o posizione originale» spiega il dottor Massimo Masserini, psicologo e pedagogista. «Da qui, recentemente, è stato preso in prestito in altri contesti, tra cui quello psicologico. Molteplici sono le definizioni che sono state elaborate da parte di diversi psicologi: Rutter (1985) ritiene che la resilienza sia la capacità di “rimbalzare” o far fronte con successo alle difficoltà; Gordon 26

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LO STRESS (1995) pone l’enfasi “sull’abilità di È in grado di annientare crescere bene”, maturare e aumentare le proprie competenze di le persone se queste sono fin fronte alle circostanze avverse; dall’inizio troppo deboli per tollerare Walsh (2003) definisce “l’abilil’ansia e le difficoltà; altrimenti, se tà di resistere” e far fronte alle sono già sufficientemente forti da sfide distruttive che a volte affrontare le avversità a viso aperto, la vita impone, un processo esse le supereranno e si ritroveranno dinamico che sostiene, incoraggia e promuove la capacità rafforzate, temprate di lottare, superare ostacoli e e ancora più forti. costruire nuovi progetti del sogA. Maslow (Psicologo getto, al fine di poter vivere pienastatunitense 1908-1970) mente in modo positivo». Si tratta di concetti chiave, ad esempio, nella psicologia dello sport. Vedere lo sport come una metafora della vita, quindi, può aiutare ad “allenare” la credere in se stessi, utilizzare le propria resilienza anche nella quo- proprie possibilità, porsi obbiettivi tidianità. e progetti. Nelle persone che subiscono traumi o lutti, ad esempio, DOTTOR MASSERINI, MA QUINDI l’essere resilienti può essere d’aiuto LA RESILIENZA È DAVVERO LA per superare il momento doloroso, CHIAVE PER IMPARARE senza cadere nella depressione, nel A VIVERE BENE? disturbo post traumatico da stress Assolutamente sì. In psicologia, e in e nell’esperienza dolorosa permetparticolare in psicologia dello sport, te di uscirne più forti e rinfrancala resilienza è utile per fornire stru- ti. Molte persone, a seguito di un menti per accrescere l’autostima, evento negativo restano “intrappo-


late” nel dolore, perdono il controllo della propria vita e non la riorganizzano; alcune esplodono a livello emotivo, scaricano su chiunque la loro rabbia e tensione, diventando anche violenti; altre invece si chiudono in se stesse, entrano in uno stato di confusione e depressione, si sentono impotenti verso gli eventi e non tentano di modificare la situazione, anzi molte volte scappano da essa; infine ci sono persone che si sentono “vittime” e danno sempre la colpa agli altri e all’ingiustizia della vita o alla sfortuna. Ogni soggetto è unico e irripetibile, di conseguenza reagirà a eventi della vita in modo razionale e/o inconscio in modo diverso; ognuno troverà o non troverà il suo proprio e unico modo di “resistere”. Ma solo le persone “resilienti”, imparano a utilizzare le proprie qualità, le proprie possibilità per riorganizzare la loro sfera emotiva, cognitiva, comportamentale e affettiva. QUAL È L’IDENTIKIT DI UNA PERSONA RESILIENTE? Sintetizzando le persone resilienti sono “attori” dei propri cambiamenti con i quali cercano di riportarsi in una situazione di benessere. Tendono a “vedere” eventi negativi come momentanei e con serenità, ritengono di avere un ottimo controllo sulla propria vita e sul proprio contesto; sono attive nel voler cambiare e portate, come lo sportivo agonista, a prendere le sfide come opportunità, e non come minacce. La loro caratteristica principale è soprattutto il coraggio, il coraggio di affrontare la vita senza fuggire, senza nascondersi, a viso aperto. Coraggio non vuole dire incoscienza, ma anzi consapevolezza dei propri limiti e soprattutto delle proprie grandi risorse e possibilità e consapevolezza di come utilizzarle. Altra caratteristica delle persone resilienti è la flessibilità, opposto della rigidità, di pensiero ma anche fisica. La flessibilità porta ad adattarsi alla nuova situazione, al nuovo contesto e progettare il possibile processo di cambiamento e nuove soluzioni.

MA IN CHE MODO LO SPORT CI PUÒ INSEGNARE A DIVENTARE PIÙ FORTI? La frase “mi piego ma non mi spezzo” è emblematica in ambito sportivo e dovrebbe essere utilizzata in ambito clinico e nella vita di tutti i giorni, per affrontare le difficoltà con la consapevolezza, con la giusta volontà e motivazione. Il campione affronta la sconfitta con grinta e determinazione, analizza la sconfitta, e la sua motivazione è orientata alla voglia di rifarsi, di migliorare sempre, di trovare i giusti percorsi per ri-provare a vincere. Supera le difficoltà, o comunque ci tenta sempre, si focalizza sul nuovo contesto e affronta a viso aperto le nuove sfide, apprendendo sempre dai propri errori: si rialza più forte e d e t e r m i n at o di prima. Abituato alla competizione, inoltre, sa adattarsi meglio a prendere decisioni immediate, consapevoli e orientate a provare la nuova direzione, per raggiungere il suo nuovo obbiettivo. Nel carattere di ognuno possiamo già vedere da giovani quanto si può essere “resilienti”. Campioni si nasce, difficilmente si diventa. Ciononostante, ogni soggetto può nel tempo, e soprattutto se seguito in modo adeguato, migliorare la propria capacità a essere resiliente. Fare sport, attività fisica e movimento, può essere un primo passo: crearsi nuove sfide e obbiettivi (goal setting in psicologia dello sport) aiuta ad avere una mente e un fisico più pronto a superare ogni difficoltà. Altra cosa importante è non dimenticare che non siamo soli: ognuno è circondato da persone e attività che se “viste” con la giusta ottica, e non solo come una “spalla su cui piangere”, sono delle risorse, delle possibilità per una ripartenza forte e determinata.

“CIÒ CHE NON MI UCCIDE MI RENDE PIÙ FORTE”. F. NIETZSCHE COSÌ “ALLENI” LA TUA RESILIENZA • Crea e coltiva buone relazioni con i familiari e gli amici e accetta il loro aiuto e sostegno. • Evita di vedere le crisi come problemi insormontabili, non puoi evitarle ma puoi affrontarle. • Accetta il fatto che il cambiamento è parte della vita. Sviluppa obbiettivi realistici. • Nelle situazioni difficili, per quanto puoi, agisci. • Mantieni le cose in prospettiva e considerale in un più ampio contesto. • Impara dal passato e ricorda le tue fonti di forza personale. Bergamo Salute

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IN ARMONIA

COPPIA

SE LUI È UN MAMMONE

Ecco come far funzionare il rapporto e non soccombere al confronto con la suocera a cura di MARIA CASTELLANO

S

iete innamorate di un uomo che inizia la maggior parte delle sue frasi con "mia madre..."? Non ci sono dubbi: avete perso la testa per un “mammone”. L'eccessivo attaccamento alla mamma è sempre stato ai primi posti tra

i luoghi comuni sugli uomini italiani: molte donne lamentano il fatto che i propri fidanzati sono molto restii all'idea di sposarsi, convivere o anche solo costruirsi una vita a due lontani dai propri genitori e soprattutto dalla figura materna.

E le statistiche sembrano dar loro ragione (vedi box). In alcuni casi può essere colpa della crisi economica che ritarda l’età dell’allontanamento dalla famiglia d’origine. In altri, però, le difficoltà economiche diventano una “scusa”. Ma, stereotipi a parte, chi è e come nasce un mammone? E soprattutto cosa si può fare per riuscire a costruire una vita con lui nonostante tutto? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Laura Grigis, psicologa. DOTTORESSA GRIGIS, COME SI RICONOSCE UN "MAMMONE“? Mammone è un termine simpatico e popolare per definire un uomo adulto che, nonostante le possibilità economiche, una compagna innamorata e l'età giusta per farlo, ancora non si è allontanato (fisicamente e psicologicamente) dalle gonne della mamma. Solitamente si tratta di un uomo gentile, molto curato, dolce, educato e romantico, che ha come unico difetto quello di anteporre la mamma a qualsiasi altra esigenza della sua vita. È poco autonomo dal punto di vista delle relazioni, non si assume responsabilità e impegni, non prende decisioni senza aver chiesto il parere della madre e condivide con lei molto tempo, molti spazi e molte delle esperienze importanti della sua vita. MA DA COSA DIPENDE QUESTO TIPO DI ATTEGGIAMENTO? È noto, in psicologia, che la personalità dell'individuo si costruisce a partire dal riconoscimento che i ge-

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Bergamo Salute


nitori, soprattutto la madre, operano nei confronti del figlio. La relazione con la madre struttura la vita psichica del neonato e ne costruisce le caratteristiche: i mammoni non hanno mai vissuto il passaggio dalla dipendenza, tipica dell'infanzia, all'autonomia, tipica dell'adolescenza. Una mamma che fornisce presenza e sicurezza favorisce la separazione, permettendo al bambino di affrontare la lontananza con la consapevolezza che lei gli sarà comunque vicino; al contrario, una madre ansiosa e poco prevedibile impedisce al figlio di costruirsi nella mente l'immagine di un “porto sicuro” e di conseguenza favorisce un'eccessiva dipendenza. L'essere mammone, quindi, è semplicemente uno stile relazionale che l'uomo ha appreso nella relazione con la

DOTT.SSA LAURA GRIGIS Psicologa

- A NEMBRO E A MOZZO -

I GIOVANI ITALIANI: I PIÙ MAMMONI D’EUROPA Quasi un giovane italiano su due tra i 25 e i 34 anni (il 49,4%), secondo recenti dati Istat, vive con almeno un genitore (in aumento di quasi cinque punti dal 2008) a fronte del 28,8% medio nell’Unione Europea. Un esercito di “mammoni” che spesso restano a vivere nella famiglia di origine anche se hanno un lavoro. A restare a casa sono soprattutto i maschi (il 57,5% tra i 25 e i 34 anni) mentre le femmine che rimangono in famiglia sono il 41,1% (ma in forte aumento rispetto al 36,4% del 2008).

mamma: il legame di attaccamento è fondamentale per lo sviluppo psicologico del bambino, ma si evolve e si struttura in modo diverso con il passare degli anni. Quando questa evoluzione, per motivi che riguardano sia il comportamento della madre sia il temperamento del bambino, non avviene, il rischio è che la relazione mantenga le stesse caratteristiche che aveva durante l'infanzia. Se è normale che la madre di un bambino piccolo intervenga immediatamente per rispondere ai suoi bisogni, lo protegga e si ponga come filtro tra lui e il mondo, questa modalità non è più funzionale, ovvero “sana”, quando il piccolo inizia a crescere e deve sentirsi libero di esplorare il mondo da solo. La madre del mammone ha portato invece avanti negli anni la stessa modalità di accudimento verso il figlio, senza “aggiustare il tiro” col passare del tempo. Così lei è diventata la mamma perfetta, una fata sempre presente e attenta, in grado addirittura di anticipare i suoi bisogni; lui, per paura di deluderla e non avendo mai fatto esperienze di autonomia, si è trasformato nel figlio perfetto. In questo modo però non ha acquisito una propria identità, sviluppando piuttosto un'idea di sé come non autonomo, incapace di cavarsela da solo, in un mondo che conosce solo come pericoloso e cattivo. Un mondo in cui l'unica persona di cui ci si può fidare è la mamma. SE È COSÌ, CHE RUOLO PUÒ AVERE UNA FIDANZATA O UNA COMPAGNA? COSA CERCA IN LEI? UN "SURROGATO“ DELLA MADRE? Il mammone ha bisogno di sperimentarsi nella vita adulta avendo accanto una donna che gli comunichi, con le parole e con i gesti, che il mondo non è pericoloso e che lui non è un incapace: solo in questo modo, e con molta pazienza, sarà possibile aiutarlo ad allontanarsi dal nido materno e vivere una relazione soddisfacente come uomo adulto.

COSA FARE E COSA NON FARE PER SALVARE LA COPPIA 1. Trattarlo da uomo e non da ragazzino, proponendogli un modello di relazione uomo­-donna diverso da quello che ha con la mamma. ­2. Non ingaggiare mai una sfida con la suocera, perché si sa già come andrebbe a finire. 3. Portarlo nel proprio mondo adulto e metterlo in contatto con persone a cui lui si possa presentare come individuo e non come “figlio”. ­4. Ricordarsi che con la madre ha condiviso gli ultimi 30 e passa anni (e 9 mesi) della sua vita e quindi non si può pretendere che cambi improvvisamente. ­5. Non utilizzare il suo rapporto con la madre come argomento di litigio: bisogna considerarlo semplicemente come uno dei suoi difetti che, al pari dei propri, possono essere fonte di confronto ed essere tollerati da entrambi. Come a dire “A te dà fastidio il mio disordine, e io sono innervosita dal tuo essere mammone”. ­6. Di fronte ai continui paragoni con la mamma, non nascondergli che ci si sente umiliate, ma cercare di fargli comprendere il valore della diversità. ­7. Non farsi ingannare: il mammone può anche litigare, arrabbiarsi e dire cose brutte sulla madre, ma probabilmente starà solo facendo i capricci. ­8. Cercare di vedere anche gli aspetti positivi della relazione: in fondo, in molti casi, è un uomo dolce, educato, sensibile e che tiene molto alla famiglia.

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IN FAMIGLIA

DOLCE ATTESA

E SE NASCE prima? Come riconoscere i sintomi e prevenire i rischi di un parto prematuro a cura di ELENA BUONANNO

È

una delle evenienze che più spaventa le donne in dolce attesa: arrivare al momento del parto prima del tempo, prima dei “fatidici” nove mesi. Una possibilità che si verifica in 1 gravidanza su 10. « Il parto prematuro costituisce ancora oggi una patologia della gravidanza di estremo rilievo e uno dei maggiori problemi sanitari: è infatti gravato da un'elevata mortalità neonatale e da importanti conseguenze patologiche a distanza, soprattutto nei nati a bassissime epoche gestazionali (prima della 26esima settimana)» osserva il dottor Francesco Clemente. Ovviamente i rischi dipendono dall’epoca gestazionale. «Il parto prematuro, secondo la classificazione dell'OMS, è il parto che avviene prima della 37esima settimana di gestazione. In realtà, i casi che hanno una maggiore importanza clinica sono quelli in cui il parto avviene prima della 32esima. Inoltre il limite di vitalità, cioè che distingue il parto prematuro dall'aborto, è molto sfumato. In alcuni centri con terapia intensiva neonatale sono stati riportati rari casi di sopravvivenza anche di feti nati a partire da 23 settimane di gestazione». DOTTOR CLEMENTE, QUALI SONO IN PARTICOLARE LE CONSEGUENZE SUL BAMBINO? Le conseguenze fetali, e la sua sopravvivenza, sono strettamente collegate alla settimana di gravidanza raggiunta. I problemi per il feto consistono nell’insufficienza respiratoria, nella fragilità dei tessuti cerebrali, nelle problematiche circolatorie intestinali. Ci possono essere poi anche conseguenze oculari collegate con la ventilazione con ossigeno o la persistenza della circolazione fetale. Questo comporta una sopravvivenza di circa il 28% sotto la 24ma settimana che si innalza a circa il 70 % alla 28ma per portarsi al 94 % alla 32ma. QUALI SONO LE CAUSE PER CUI UN BIMBO PUÒ NASCERE PRIMA DEL TEMPO? Le cause del parto prematuro sono multifattoriali. Questo significa che vari fattori di origine sia materna sia fetale, fra loro variamente combinati, convergono in diversa misura a determinarne l'insorgenza. Tra questi: infezioni vaginali e urinarie, che attivano una serie di processi infiammatori, che a loro volta scatenano le contrazioni uterine; incontinenza cervicale, che si verifica quando la cervice (o per precedenti interventi chirurgici o per alterazioni anatomiche) si sfianca sotto il peso dell'utero e si apre, anche in assenza di attività

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contrattile; malformazioni uterine, fibromiomi (solo se particolarmente voluminosi); fumo; gravidanza multipla; pre-eclampsia (sviluppo di ipertensione); emorragia da placenta previa, cioè quando la placenta cresce nella parte inferiore dell'utero, in corrispondenza della cervice; distacco di placenta; rottura delle membrane. MA SI PUÒ PREVENIRE IN QUALCHE MODO? Per quanto riguarda il ruolo delle infezioni vaginali o urinarie, l’esecuzione del tampone vaginale e dell’urinocoltura possono mettere in evidenza infezioni batteriche che, trattate, riducono sicuramente il rischio di parto prematuro o di rottura della membrane. Di

DOTT. FRANCESCO CLEMENTE Specialista in Ostetricia e Ginecologia - PRESSO L'OSPEDALE M.O.A. LOCATELLI DI PIARIO -

UN PROBLEMA IN AUMENTO Nel mondo si verificano circa 13 milioni di nascite premature ogni anno. L'incidenza è di circa l'11% nel Nord America e circa il 5,8% in Europa. Dal 1990, per motivi non completamente chiari, il tasso di nascite pretermine a livello mondiale è aumentato di circa il 14%. L'aumento potrebbe essere in parte spiegato dall'incremento della rianimazione dei bambini molto prematuri, dall'aumento dell'età della madre, da tassi maggiori di tecnologie di riproduzione assistita e da gestazioni multiple correlate a queste tecnologie.


contro bisogna sottolineare che un’infezione frequente come la candidosi non si associa al rischio di parto prematuro. Una metodica di prevenzione ormai consolidata è la misura ecografica della cervice uterina (cervicometria). Nei casi di misure superiori a 25 mm si può rassicurare la paziente che non c’è rischio di parto prematuro imminente. Misurazioni inferiori invece vanno valutate in relazione al dato clinico (precedenti parti prematuri, gemellarità etc.). Esiste anche un test che dosa una sostanza presente in vagina (fibronectina) nei casi di danneggiamento delle membrane (uno dei presupposti del parto prematuro). Anche questo esame (che però può dare falsi positivi) può aiutare a prevedere l’insorgenza del parto prematuro. COME SI RICONOSCE UNA MINACCIA DI PARTO PREMATURO? QUALI SONO I CAMPANELLI D’ALLARME? I sintomi sono presenza di contrazioni uterine ogni 10 minuti o più frequenti, perdite vaginali (di liquido o sangue), pressione pelvica, dolore lombare sordo, crampi simili a dolori mestruali. La diagnosi di minaccia di parto prematuro viene fatta convenzionalmente con la presenza di contrazioni registrate, dall’inizio della dilatazione uterina e il raccorciamento del collo dell’utero che diventa travaglio di parto prematuro quando c’è un peggioramento dell’attività contrattile e della dilatazione cervicale.

ESISTE UNA “TERAPIA” PER SCONGIURARLO, SE ESISTE IL RISCHIO? La terapia, innanzitutto, si basa molto sul tentativo di prevenzione, ovviamente quando possibile. Infatti è necessario valutare le pazienti a rischio. In queste pazienti la somministrazione di progesterone intramuscolo o vaginale si è visto avere un’azione preventiva se somministrato in donne asintomatiche con raccorciamento cervicale, diminuendo il rischio per il 45% di partorire prematuramente. Nella donna asintomatica con storia di parti pretermine o con accorciamento della cervice può essere utilizzato il cerchiaggio cervicale, cioè l’applicazione chirurgica di un laccio sul collo dell’utero, che rinforza la cervice impedendo il suo cedimento e la sua apertura. Viene poi rimosso intorno la 36-37a settimana di gravidanza. Non è esente da rischi ed è una procedura che va discussa ampiamente con la paziente per valutare vantaggi e svantaggi. Ultimamente viene utilizzato anche un pessario cervicale (anello di gomma che stringe il collo dell’utero) che costituisce un’alternativa non invasiva al trattamento chirurgico del cerchiaggio. Nei casi di pazienti sintomatiche si rende necessaria invece l’ospedalizzazione, spesso prolungata, per somministrare farmaci detti tocolitici (che eliminano le contrazioni) e per permettere la maturazione polmonare fetale (con cortisonici) nell’eventualità di una nascita prematura.

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BAMBINI

DOTT.SSA ELENA TIRONI Psicologa

AUTOSTIMA

le 5 regole per crescere figli sicuri

DOTT. SIMONE ALGISI Psicologo

a cura di GIULIA SAMMARCO

- PRESSO LO STUDIO ALBERO DI PSICHE, SERIATE E CORPORE SANO SMART CLINIC DI STEZZANO -

U

n buon livello di autostima è, secondo gli psicologi, la chiave del successo per riuscire nella vita. A scuola, nei rapporti con gli altri, nello sport. Ecco perché è importante aiutare i bambini a “plasmarla” e coltivarla fin da quando sono piccoli. «Prima ancora di riconoscere la propria immagine davanti a uno specchio, il bambino si riconosce attraverso gli sguardi della mamma, del papà e delle persone che si prendono cura di lui: ne percepisce lo sguardo amorevole o la disapprovazione e comincia così a modellare la propria identità e il concetto di sé attraverso il modo con cui interpreta i segnali ricevuti dall’esterno. Ecco perché i genitori e tutte le figure significative per i bambino hanno un ruolo importantissimo nell’alimentare la fiducia in se stesso e nelle sue capacità» osservano la dottoressa Elena Tironi e il dottor Simone Algisi, psicologi. «L’immagine di sé deriva da un continuo confronto tra il sé reale, cioè quel che il bambino crede di essere, e il sé ideale, ciò che il bambino vorrebbe essere, perciò, quanto più questi elementi saranno in accordo e in equilibrio tra loro, tanto più il bambino crescerà sereno e svilupperà una buona stima di sé». Cosa possono fare allora i genitori e gli adulti per aiutare il proprio figlio a raggiungere questo equilibrio e far crescere l’autostima?

1.

AMARLO SENZA CONDIZIONI «L’autostima nasce soprattutto dall’affetto e dall’amore incondizionato, senza se e senza ma. Sono queste le basi per lo sviluppo di una buona autostima» spiegano gli psicologi. «Il bambino deve far esperienza di essere amato anche se a scuola non riesce a ottenere il voto più alto, se durante la partita di calcio non ha 32

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fatto goal e se viene punito per un comportamento sbagliato. Cinque minuti di coccole al giorno, sganciate da qualunque successo ottenuto dal bambino, possono essere un buon antidoto contro l’autosvalutazione».

2.

DARGLI OBBIETTIVI REALISTICI E GRATIFICARLO PER I SUCCESSI «Per evitare di crescere un bambino rinunciatario è importante dare obbiettivi realistici e guidarlo al raggiungimento del traguardo attraverso tappe graduali e progressive (“Vieni”, “Ti faccio vedere come si fa”), gratificandolo per i suoi piccoli successi (“Hai visto che sei capace”), attraverso la predisposizione di attività nei quali il bambino può riuscire, sperimentando le sue capacità: se per esempio ha 4 in matematica, è irrealistico pretendere un 8 in breve tempo, ma è più facile che prima riesca a prendere 5, poi 6, e così via» continuano gli esperti.

3.

COLTIVARE LA MEMORIA DEL SUCCESSO Complimentarsi per i suoi successi e coltivare la memoria del successo, risulta senza dubbio utile per evitare che il bambino si rifiuti di fare qualcosa. «Come spiega lo psicologo francese Horst, il rifiuto si basa essenzialmente sulla “memoria dei fallimenti” del passato: il bambino, così come l’adulto, non crede di essere in grado di fare qualcosa perché non ha memoria di essere riuscito a fare qualcosa di analogo. Rinforzare la memoria dei piccoli traguardi può spingere il bambino a traguardi più ambiziosi» sottolineano la dottoressa Tironi e il dottor Algisi. «L’errore comune, a casa come a scuola, invece, è quello di rimarcare più spesso l’errore che la buona riuscita, convincendo il bambi-


no a credere che il successo sia una condizione “normale”, mentre lo sbaglio sia “anormale”. La memoria del successo è inoltre importantissima per combattere quel senso di invisibilità presente in alcuni bambini. Sono quei bambini tranquilli, a volte più timidi, che a scuola non disturbano, che fanno il loro dovere e non richiedono sforzi da parte degli educatori al punto che quasi non ci si accorge di loro. In questi casi, per prevenire nel futuro eventuali comportamenti disturbati come l’autoesclusione dal gruppo, la violenza su se stessi o sugli altri o l’adesione a gruppi di amici turbolenti in cerca di visibilità, genitori e insegnanti devono attivarsi per far sì che essi si rendano di nuovo visibili a se stessi e agli altri: coltivare anche in questo caso la memoria dei successi e farlo magari in forma visibile, come creare una “scatola dei successi” che contenga i ricordi di tutti i traguardi raggiunti, potrebbe essere un buon alleato al recupero della propria autostima».

4.

CRITICARLO SÌ, MA IN MODO COSTRUTTIVO È importante criticare i comportamenti sbagliati del bambino, ma in modo equilibrato e costruttivo e soprattutto evitando di utilizzare etichette e generalizzazioni. «Frasi come “sei il solito imbranato”, “non ne combini mai una giusta”, fanno maturare nel bambino la convinzione di essere davvero sempre incapace e impediranno la costruzione della fiducia in se stesso, caratteristica indispensabile per crescere come adulto

autonomo e degno di valore» continuano i due piscologi. «In più, non ha senso intestardirsi sul fatto che svolga una determinata attività, magari perché il genitore la pratica con un certo successo. Se il papà è un bravo sciatore, non è utile dare per scontato che il figlio voglia seguire lo stesso percorso, meglio ridimensionare le aspettative che a volte, quasi inconsciamente, si ripongono sui figli e incoraggiarlo a trovare la sua strada. Lo sforzo che un genitore dovrebbe fare è sintonizzarsi emotivamente sui bisogni del proprio bambino e aiutarlo a sviluppare una buona stima di sé, che non vuol dire narcisismo o arroganza, e a far maturare in lui la comprensione realistica dei propri punti di forza e di debolezza. Dirgli in continuazione “sei un genio” oppure “sei il più bravo sportivo del mondo”, rischia di essere controproducente perché, alla prova dei fatti, il bambino potrebbe rendersi conto di non essere molto più bravo della maggior parte dei suoi amici… e cadere dal piedistallo fa molto male!».

5.

CREDERE IN LUI «Per ultimo, ma non per importanza, bisogna credere in lui facendogli capire che un fallimento può sempre capitare, ma che alla lunga gli sforzi vengono sempre ricompensati e se nel tempo l’avete aiutato a coltivare i suoi personali talenti e non le vostre aspirazioni, sarà probabilmente un adulto felice: preferite che vostro figlio diventi un ottimo pasticcere o un pessimo medico?» concludono i due esperti.

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LE ORIGINI Il Gyrotonic® è stato inventato all’inizio degli anni Ottanta negli Stati Uniti da Juliu Horvath, ex danzatore di origini ungheresi in seguito a un infortunio al tendine d’Achille, con l’obbiettivo di rimettersi in sesto più velocemente

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GUERRINA BRIZZI Fisioterapista - ISTRUTTORE DI GYROTONIC® PRESSO IL CENTRO FISIOFORMA DI BERGAMO -

a cura di MARIA CASTELLANO

F

ino a qualche anno fa veniva praticato solo da ballerini professionisti o prescritto in casi di riabilitazioni post-operatorie. Oggi il Gyrotonic® si sta sempre più affermando in tutto il mondo come nuovo wellness training, ovvero allenamento per il benessere, scelto da sportivi professionisti o amatoriali per esaltare l'eccellenza fisica e le performance, ma anche da chi vuole semplicemente mantenersi in forma e migliorare il proprio benessere psicofisico. Tra le fan più convinte, ci sono anche star internazionali come l’attrice Gwyneth Paltrow e la cantante Madonna, che anche al Gyrotonic® deve la sua splendida forma. La tecnica prevede torsioni fluide e circolari, movimenti in tutte le tre direzioni dello spazio che stimolano le diverse parti del corpo. Il tutto con variazioni di intensità e velocità di esecuzione sincronizzate di volta in volta con il respiro. Il concetto chiave è energia e fluidità, sia nei movimenti che si fondono uno nell’altro, sia nei risulta34

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ti che regalano un corpo più energico e “morbido”. «Il Gyrotonic® è una tecnica di movimento originale e unica, piena di ritmo, che ha radici dallo Yoga, Tai Chi e dalla danza» spiega Guerrina Brizzi, fisioterapista e insegnante del metodo. «Le sequenze di esercizi di Gyrotonic® muovono il corpo seguendo le naturali direzioni dei movimenti tridimensionali della colonna vertebrale e di tutte le articolazioni in generale».

OCCHIO ALLA RESPIRAZIONE! Ogni esercizio di Gyrotonic® è strettamente collegato e sincronizzato con un determinato tipo di respirazione, che deve svolgersi con un ritmo adeguato alle esigenze individuali. Questo tipo di respirazione è detto “ritmico-melodica” ed è importantissimo perché migliora la capacità polmonare, cardiovascolare e la resistenza.


COSA RENDE IL GYROTONIC® UNICO RISPETTO AD ALTRE DISCIPLINE CHE PROMETTONO IL BENESSERE PSICOFISICO? La particolarità della tecnica è dovuta agli attrezzi, Gyrotonic® Expansion System, formati da una “torre”, da una panca e da un complesso sistema di carrucole, tiranti e manopole. Disegnati dall’inventore Horvath permettono una totale libertà di movimento nei tre piani dello spazio, e non nei due piani come succede con la maggior parte delle altre discipline apparentemente simili, garantendo una distribuzione costante delle forze sull’apparato muscolare e alleggerendo da carichi e compressione il sistema articolare. Le sequenze di movimenti spirali e circolari scorrono insieme senza soluzione di continuità in ripetizioni ritmiche, ogni movimento sfocia in quello successivo in modo armonioso e sinergico alla respirazione. PERCHÉ LA RESPIRAZIONE È COSÌ IMPORTANTE? Il respiro è una parte determinante della tecnica: non solo scandisce il ritmo e guida nell’esecuzione dei movimenti, ma crea un ritmo cardiovascolare diverso a seconda dell’intensità e della velocità. La tecnica prevede sistemi diversi di respiro, tutti profondi che nascono dal diaframma e sollecitano l’intero apparato respiratorio, il sistema nervoso, aprono i canali energetici e aiutano ritrovare nuova energia16/09/14 del corpo e della mente. Pubblicità suaBergamo Salute_190x135 08:17 Pagina 2

GYRO STA AD INDICARE I MOVIMENTI CIRCOLARI PROPRI DEL SISTEMA, TONIC INDICA IL SUONO, LA VIBRAZIONE, IL TONO DEL NOSTRO CORPO DAL PUNTO DI VISTA PIÙ STRETTAMENTE FISICO E DI ALLENAMENTO, INVECE, QUALI SONO I BENEFICI? È un lavoro completo che tonifica, regala mobilità articolare, energia fisica, corregge posture sbagliate e fortifica la colonna vertebrale. Il sistema parte dal bacino, considerato centro fisico ed energetico e agisce in progressione sul corpo intero, espandendosi dalla colonna vertebrale a tutte le articolazioni. È un percorso che segue cinque direzioni di movimento naturale tra “arc and curl, side bend, shift e spiral twist” (arco e curva, inclinazione laterale, traslazione, rotazione), una dinamica continua con esercizi vari e impegnativi che coinvolgono addominali, schiena, braccia e gambe. MA CHIUNQUE PUÒ PRATICARLA? Certamente. La tecnica è adatta a tutti, a chiunque voglia prendersi cura di se stesso, aiuta ad allentare le tensioni muscolari e allenare simultaneamente forza e flessibilità.

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BELLEZZA

PELLE PERFETTA SOTTO IL SOLE creme e make up a prova d’estate

a cura di VIOLA COMPOSTELLA

N

on solo eritemi e scottature. Il sole, anche quello di fine primavera, può causare alla nostra pelle problemi come allergie, macchie e fenomeni di fotosensibilizzazione. Ecco perché la parola d’ordine, anche in città (dove all’effetto nocivo dei raggi UV si aggiunge quello dell’inquinamento) è proteggere e prevenire, in modo da “catturarne” solo i benefici. Come? Con creme con fattori protettivi, certo, ma anche prestando alla nostra pelle attenzioni speciali, dalla crema idratante adatta per questo periodo, e per il proprio tipo di pelle, al make up giusto. Come ci spiega la dottoressa Marzia Baldi, dermatologa.

DOTT.SSA MARZIA BALDI Specialista in Dermatologia - PRESSO HUMANITAS GAVAZZENI BERGAMO-

te l’estate, quindi, è bene modulare le terapie per l’acne insieme al proprio dermatologo per evitare ricadute o esiti pigmentari e macchie. CHI INVECE HA LA PELLE SECCA A COSA DEVE STARE ATTENTO IN PARTICOLARE IN QUESTA STAGIONE? Le pelli secche nella stagione primaverile ed estiva possono inizialmente risentire del maggior tempo che si

DOTTORESSA BALDI, QUALI ACCORGIMENTI BISOGNA SEGUIRE IN QUESTA STAGIONE IN CUI, ANCHE SENZA ANDARE AL MARE, LA PELLE DEL VISO È MAGGIORMENTE ESPOSTA AL SOLE? Se ci si espone al sole, anche in città, è quindi fondamentale proteggersi e utilizzare creme schermanti. Il sole è un “amico” e un “nemico” della nostra pelle. Amico perché è utile nell’attivazione della vitamina D che fissa il calcio nelle ossa e le rafforza. L’esposizione alla luce solare inoltre attiva la produzione di melatonina che, come sappiamo, regola il ciclo del buonumore. Il sole però può essere anche un nemico se ci esponiamo troppo, male e senza le protezioni adeguate. La nostra pelle infatti, a fronte di una eccessiva esposizione al sole, subisce danni che possono essere acuti (immediati) o cronici (visibili con il tempo). Nella fase acuta le cellule producono alcuni mediatori dell’infiammazione e il rilascio di alcune sostanze che provocano l’eritema, cioè l’arrossamento della pelle, il prurito, sino a casi più gravi con formazione di bolle e vescicole. IL SOLE FA DAVVERO BENE A CHI HA PROBLEMI DI PELLE IMPURA? Durante l’estate le pelli impure a tendenza seborroica (grassa), con brufoli isolati o vera e propria acne, tendono a migliorare rispetto al resto dell’anno. È vero il “detto comune” che il sole “asciuga” le impurità disinfiammandole. Allo stesso tempo, però, ispessendo la pelle, imprigiona il sebo sottopelle portando alla formazione di cisti e comedoni (punti neri) aperti. Duran36

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I PROFUMI Con l’esposizione al sole, possono dar luogo a delle fastidiose fotosensibilizzazioni. In estate, quindi, sarebbe meglio evitare di usarli direttamente sulla pelle, meglio vaporizzarli sugli indumenti


trascorre all’aria aperta e delle giornate di vento o di caldo. Per questo motivo la routine quotidiana va modificata, idratando la pelle con creme con texture “leggere” che facilitino l’applicazione senza impedire la traspirazione e utilizzando sempre sieri antiossidanti per proteggere la pelle. MA È BENE ADEGUARE ANCHE I TRUCCHI CHE NORMALMENTE SI USANO? Il consiglio è utilizzare, come base per il trucco, una protezione solare a fattore 50, almeno in città, e poi applicare o fondotinta più leggeri o meglio ancora BB cream, ricordandosi sempre a fine giornata di detergere la pelle per rimuovere impurità e tracce di trucco. I fondotinta di ultima generazione hanno già al loro interno fattori di protezione, anche se in genere sono meno elevati. E PER GLI OCCHI? MASCARA, MATITE, EYELINER, QUANDO FA CALDO, POSSO CREARE PIÙ FACILMENTE PROBLEMI DI IRRITAZIONI O ALLERGIE? In realtà ormai i prodotti di make up dovrebbero essere ipoallergenici, ovvero studiati per ridurre al minimo il rischio di allergie da essi derivati. Durante il periodo primaverile, però, la presenza di allergeni, pollini e vento possono indebolire i sistemi di protezione oculare: le ciglia diventano ricettacoli di sostanze irritanti e gli

stessi trucchi possono contribuire a irritare la sede. Per evitare problemi, perciò, è importante detergere bene la zona rimuovendo le sostanze irritanti dalla pelle con lavaggi esterni e utilizzare colliri monouso per idratare e detergere anche la parte oculare. IL MASCARA WATERPROOF E, IN GENERALE, I TRUCCHI A PROVA DI ACQUA SONO DANNOSI PER LE CIGLIA E LA PELLE? I prodotti a prova di acqua contengono miscele di oli e cere idrofobe che servono a non far colare il prodotto se bagnato da acqua, sudore o lacrime. Oggi l’industria cosmetica ha eliminato le sostanze pericolose che servivano a questo scopo e ha raffinato la ricerca introducendo ingredienti che aiutano le ciglia a rafforzarsi, come balsami e idratanti. Per chi soffre di allergie agli occhi però il consiglio è evitarli dato che, resistendo all’acqua, si degradano più lentamente e restano maggiormente a contatto con la pelle rispetto agli altri trucchi, aumentando quindi la probabilità di scatenare allergia da contatto. OLTRE ALLA PELLE, CI SONO ALTRE ZONE SENSIBILI DA “CURARE” MAGGIORMENTE DURANTE IL PERIODO ESTIVO? Sicuramente le labbra, che tendono a seccarsi e screpolarsi e devono essere protette con specifici rossetti in stick contenenti filtri solari.

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calore che fa bene a sportivi e non

Agisce contro contratture, infiammazioni e lesioni muscolari, ma anche un po’ a sorpresa su cellulite, rughe e borse sotto gli occhi a cura di VIOLA COMPOSTELLA

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a usano da anni le squadre di rugby e di calcio, i team di Formula Uno, gli sportivi professionisti per rimettersi in piedi più velocemente dopo un trauma o uno stiramento. Oggi la Terapia Resistiva e Capacitiva (TRC), anche nota come tecarterapia, sta trovando applicazione in ambiti diversi dalla traumatologia sportiva e in particolare in medicina estetica, come trattamento antiage. Questo grazie alla sua capacità di stimolare e accelerare la naturale e fisiologica reazione riparativa e antinfiammatoria dei tessuti biologici, che si tratti di tendini infiammati o di pelle rilassata. Ma com'è possibile tutto questo, in che modo agisce? Ne parliamo con la dottoressa Claudia Ceravolo, fisiatra.

DOTTORESSA CERAVOLO, DI CHE TIPO DI TERAPIA SI TRATTA? La Terapia Resistiva e Capacitiva è una forma di termoterapia (letteralmente “terapia del calore”) cosiddetta endogena. Diversamente da altre terapie fisiche che erogano calore dall’esterno, la TRC è in grado di generare energia termica più o meno intensa all’interno dei tessuti biologici. Questo crea una forte stimolazione a livello cellulare con aumento dei processi metabolici e proliferativi, attivazione del microcircolo e attivazione precoce dei meccanismi fisiologici riparativi. A seconda del livello energetico e della profondità dell’azione, produce numerosi effetti biologici: riduzione del dolore; riduzione delle contratture muscolari e delle rigidità articolari; aumento dell’elasticità

del tessuto connettivo; aumento del flusso sanguigno con maggior apporto di ossigeno e sostanze nutritive ai tessuti danneggiati ed eliminazione dei prodotti di rifiuto; rapido riassorbimento di ematomi ed edemi (gonfiori). PER QUALI PROBLEMATICHE IN PARTICOLARE PUÒ ESSERE UTILE? La TRC è in grado di trattare con efficacia le patologie dolorose e infiammatorie acute e croniche del sistema osteo-articolare e muscolo-tendineo (tendiniti, capsuliti, entesiti, fasciti, artrosi, algie della colonna e anche fratture), ma anche semplici contratture muscolari dovute ad esempio a posture scorrette. Può essere indicata anche in altri campi, per esempio nelle patologie vascolari per drenare e ridurre gonfiori dovuti a deficit della circolazione sanguigna e linfatica oppure in dermatologia per il trattamento di cicatrici, cheloidi, cellulite, etc.. Inoltre, si è rivelata utile in medicina estetica: grazie alla sua azione di vascolarizzazione del derma (lo strato più profondo della pelle), di aumento dell’estensibilità del collagene e dell’ossigenazione dei tessuti, aiuta ad attenuare piccole rughe e migliora lo smaltimento delle tossine rendendo la pelle più luminosa e tonica.

DOTT. SSA CLAUDIA CERAVOLO Fisiatra - PRESSO POLICLINICO SAN MARCO DI ZINGONIA E CORPORE SANO SMART CLINIC -

E HA CONTROINDICAZIONI? No, eccetto quelle relative a tutte le apparecchiature elettromedicali, come la presenza di pacemaker, o la gravidanza.

QUANTE SEDUTE SERVONO PER AVERE BENEFICI? I benefici nel controllo del dolore si avvertono già dal primo trattamento, anche se un ciclo di cura completo varia da 5 a 10 sedute, con una durata media di mezz’ora. Bergamo Salute

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GUIDA ESAMI INFEZIONE DA HELICOBACTER: CAUSE, RISCHI E RIMEDI

DOTT. NICOLA GAFFURI Responsabile Unità Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva - PRESSO HUMANITAS GAVAZZENI BERGAMO -

Gastrite?

IL BREATH TEST TI DICE SE È COLPA DELL’HELICOBACTER PYLORI Gastrite, ulcere e cattiva digestione possono essere causate da un batterio. Per scovarlo basta un test, veloce, semplice e indolore a cura di ELENA BUONANNO

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olore addominale, bruciore, nausea, senso di gonfiore, nausea, perdita di appetito, vomito. Questi sintomi possono essere la spia di una gastrite o di un’ulcera gastrica, patologie che riguardano quasi 1 italiano su 3 e che in alcuni casi possono essere causate da un’infezione da Helicobacter pylori. «Questo batterio, scoperto nel 1983 dai medici australiani Barry J. Marshall e J. Robin Warren (ndr. grazie questa scoperta hanno vinto il premio Nobel nel 2005), è capace di sopravvivere nell’ambiente acido gastrico. Aderendo tenacemente alla mucosa gastrica, questo batterio rilascia delle tossine che danneggiano il tessuto causandone infiammazione e di conseguenza alcuni tipi di gastrite» dice il dottor Nicola Gaffuri, gastroenterologo. Ma come si fa a capire se la responsabilità è davvero sua o se non dipende da altre cause? Attraverso 48

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l’Urea Breath Test un esame rapido, semplice, indolore e sicuro. DOTTOR GAFFURI, IN COSA CONSISTE QUESTO ESAME? L’Urea Breath Test o test del respiro all’urea si effettua mediante l’analisi di campioni di aria espirata (da qui il nome) e si basa sulla capacità di Helicobacter pylori di scindere l’urea. Nello stomaco, in presenza di Helicobacter pylori, l’urea marcata viene scissa in ammoniaca e anidride carbonica (CO2). Se quest’ultima si ritrova nell’espirato (ovvero nel respiro) significa che è presente il batterio. IN QUALI CASI PUÒ ESSERE UTILE? In genere il medico richiede il Breath Test quando un paziente lamenta sintomi digestivi come bruciori gastrici, dolori epigastrici, digestione difficoltosa, inappetenza, che possono far sospettare una gastrite o

Helicobacter Pylori è un batterio che può vivere nello stomaco umano senza manifestarsi con alcun sintomo. L'infezione, però, può diventare pericolosa, e sintomatica, in condizioni di squilibrio immunitario. In questo caso le scorie metaboliche del batterio determinano un danno cellulare, soprattutto a carico delle pareti gastriche sotto forma di ulcere, lesioni del tessuto epiteliale che ricopre lo stomaco, o di gastrite, un'infiammazione cronica e dolorosa dello stomaco. TRASMISSIONE La via principale di trasmissione è il contagio oro-fecale. Come per altre infezioni gastrointestinali, inoltre, l’acqua contaminata costituisce una potenziale sorgente di infezione nei Paesi in via di sviluppo. LE MALATTIE ASSOCIATE • Ulcera duodenale. Si manifesta di solito nel primo tratto intestinale subito dopo lo stomaco. Se trattata con farmaci gastroprotettori, in genere recidiva quando viene interrotto il trattamento. Dopo aver eradicato Helicobacter pylori, molti pazienti guariscono definitivamente e la maggior parte di loro (80 %) può sospendere le terapie con gastroprotettori. • Ulcera gastrica. Anche se le ulcere gastriche hanno un comportamento più complesso di quelle duodenali, l'efficacia del trattamento antibiotico dell'ulcera gastrica sembra essere simile a quella dell'ulcera duodenale. • Dispepsia cronica. (cattiva digestione). Il ruolo dell'Helicobacter pylori non è stato ancora chiarito. Bisogna quindi considerare prima di tutto altre possibili cause. In alcuni pazienti si ottengono risultati immediati dopo


la terapia, in altri si ha un miglioramento graduale. • Cancro allo stomaco. È stato dimostrato che la presenza di Helicobacter Pylori determina un aumento di circa sei volte del rischio di cancro gastrico. Si pensa che la gastrite cronica conduca a metaplasia intestinale che a sua volta in alcuni casi può degenerare in tumore maligno. TERAPIA La terapia dell’Helicobacter pylori consiste nell’assunzione contemporanea di tre farmaci, di cui due tipi di antibiotici e un gastroprotettore per una settimana o 10 giorni. Questa terapia è in grado di debellare il batterio nel 94% dei casi. Una volta eradicato, si guarisce da ulcera e gastrite per tutta la vita e il batterio non torna più a danneggiare lo stomaco.

un'ulcera, e che non rispondono alle comuni terapie. L'Urea Breath Test, secondo le raccomandazioni del Gruppo Europeo di Studio sull'Helicobacter pylori, rappresenta anche il metodo ideale per verificare l’efficacia della terapia anti-Helicobacter, confermare l'eradicazione del batterio e determinare lo stato di infezione. Bisogna però fare attenzione a risultati falsamente positivi, possibili se il test viene effettuato prima di quattro settimane dalla sospensione del trattamento eradicante oppure se il paziente ha assunto di recente farmaci capaci di ridurre l'attività ureasica dell'Helicobacter pylori (antisecretori). In questi casi, la negatività del test potrebbe significare solo una momentanea inibizione del batterio. COME SI SVOLGE? Di solito il test viene effettuato la mattina a digiuno. Si somministra al paziente una bustina di citrato di sodio e dopo 10 minuti, soffiando in un'apposita provetta, viene raccolto un primo campione di aria espirata.

Viene poi somministrata una piccola compressa di Urea-C13 (soluzione contenente urea marcata con un isotopo del carbonio) e, di nuovo, viene raccolto un nuovo campione di aria espirata in un'altra provetta dopo circa 30 minuti. L’esecuzione del test del respiro è semplice e assolutamente non invasiva ed è quindi sicura per il paziente e per l’operatore. La sua sicurezza permette di sottoporre a questo test sia bambini sia donne in gravidanza. BISOGNA SEGUIRE PREPARAZIONI PARTICOLARI PRIMA DELL’ESAME? Si consiglia la sospensione di antibiotici preferibilmente nei 40 giorni precedenti l'esame o da almeno 15 giorni, sospensione di farmaci anti ulcera (omeoprazolo, pantoprazolo, lansoprazolo, rabeprazolo, esameprazolo) e procinetici (tipo domperidone) da almeno 15 giorni, mentre sono consentiti gli antiacidi, ad esempio a base di sodio alginato e potassio bicarbonato o magnesio.

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In montagna con il cane COME DIVERTIRSI SENZA RISCHI a cura di ELENA BUONANNO

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a bella stagione è arrivata e così il tempo di goderci le nostre belle montagne. Un piacere per gli umani, ma non solo. Una camminata è un'esperienza entusiasmante per i nostri amici a quattro zampe che possono scodinzolare e correre in un ambiente diverso, a condizione però che si seguano alcune precauzioni generali. «Innanzitutto bisogna tenere presente che non tutte le escursioni sono adatte a qualsiasi cane» avverte Stefano Cattaneo, medico veterinario. «Non si può pretendere da un cane che passa il suo tempo sul divano una camminata di otto ore! Come per noi umani l'allenamento è importante e bisogna scegliere un percorso commisurato alla preparazione fisica. Senza contare che il nostro cane percorre un tragitto molto più lungo del nostro, perché continua a esplorare l'ambiente circostante. Meglio iniziare quindi con un percorso breve con pochi dislivelli (turistico nella scala di difficoltà del CAI). Importante è anche la razza, l'età e la condizione fisica. Le razze selezionate per il lavoro (da caccia, da pastore, da slitta) affronteranno con più facilità anche percorsi impegnativi, mentre le razze di taglia piccola e brachicefale (come il Carlino e il Boxer) in genere si affaticano prima. Per quanto riguarda l'età è opportuno evitare ai cuccioli terreni troppo accidentati, perché non è bene sollecitare troppo uno scheletro in accrescimento. I cani anziani invece devono essere sempre controllati, perché possono soffrire di patolo50

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gie come artrosi e cardiopatie. Una visita veterinaria a inizio stagione è sempre consigliata in questi casi». DOTTOR CATTANEO, DIFFICOLTÀ A PARTE COME SCEGLIERE LA GITA GIUSTA PER IL NOSTRO AMICO A QUATTRO ZAMPE? È bene assicurarsi che non siano presenti ostacoli impossibili per un cane (tragitti sospesi, ferrate) e che non ci siano disposizioni particolari (in alcune aree è vietato l'accesso ai cani, così come su alcuni mezzi di trasporto, come la funivia), verificare che ci siano a disposizione fonti di acqua e dove sia l'ambulatorio veterinario più vicino. QUALI PRECAUZIONI BISOGNA ADOTTARE PRIMA DI METTERSI IN MARCIA E COSA BISOGNA PORTARE CON SÉ? Innanzitutto è obbligo di legge che il cane sia al guinzaglio o abbia la museruola (occorre comunque averla con sé per legge), mentre attualmente in Italia non è obbligatoria la vaccinazione antirabbica su tutto il territorio (si deve effettuare tre settimane prima della partenza, se si va all'estero). È obbligatoria anche l'identificazione del cane con microchip. È sempre bene poi avere con sé dell'acqua (un litro ogni 1.5 chilometri) e una ciotola, oltre a qualche bocconcino energetico. In genere si consiglia di alimentare il cane dopo l'escursione, aumentando il quantitativo in base allo sforzo compiuto. Se si alimenta prima dell'escursione,

è bene aspettare tre ore prima della partenza. Altra attenzione importante è applicare degli antiparassitari, facendosi consigliare dal proprio medico, perché in montagna è frequente l'infestazione da zecche (dopo l'escursione controllare in particolare i padiglioni auricolari e gli spazi interdigitali, rimuovendo con l'apposita pinzetta le eventuali zecche). Se si prevede un percorso molto accidentato, infine, è bene spalmare i cuscinetti plantari con creme protettive. UNA VOLTA IN MONTAGNA, COME CI SI DEVE COMPORTARE PER EVITARE RISCHI? Valgono le consuete regole di buona educazione cinofila: tenere il cane sotto controllo (deve essere nel proprio campo visivo), evitare che disturbi gli altri escursionisti, raccogliere le deiezioni. È consigliabile avere un solo cane per persona e non più di due cani per gruppo (si rischia l'effetto muta che può apparire mi-


DOTT. STEFANO CATTANEO Specialista in Sanità Pubblica Veterinaria - AMBULATORIO VETERINARIO CITTÀ DI ALBINO -

naccioso ad altri escursionisti). Se è la prima esperienza in montagna è bene tenerlo al guinzaglio, in particolare se non è addestrato a ritornare al richiamo. Può capitare infatti, soprattutto se annusa la traccia di un animale selvatico, che si allontani e si smarrisca. Nel malaugurato caso succedesse, bisogna depositare un proprio indumento che funga da traccia olfattiva e perlustrare la zona circostante con un tragitto circolare, richiamando il cane con voce calma e rassicurante. In caso di mancato ritrovamento è necessario per legge denunciarlo alle autorità competenti (servizi veterinari dell'ASL, carabinieri, polizia municipale). SMARRIMENTO DEL CANE A PARTE, A COSA SI DEVE FARE ATTENZIONE? Allo shock da colpo di calore, soprattutto se il cane non è abituato alle camminate nelle ore più calde della giornata e non è adeguatamente idratato (particolarmente a rischio sono cuccioli, cani obesi e anziani).

I sintomi iniziali sono irrequietezza e un’accelerazione del respiro, poi subentrano perdita di saliva, barcollamenti fino alla letargia. In questi casi si deve mettere l'animale all'ombra, rinfrescarlo con stracci bagnati sulle ascelle e in zona inguinale, non usare il ghiaccio, non forzarlo a bere, portarlo all'ambulatorio veterinario più vicino se non risponde alle prime cure. Nelle nostre zone è possibile anche incontrare vipere. Purtroppo il cane non sempre riconosce il pericolo e cerca di morderle. Per evitarle, meglio percorrere sentieri frequentati, evitare l'erba alta ed essere rumorosi (la vipera è un animale schivo). In caso di morso non ha senso applicare lacci emostatici e succhiare la ferita, si deve invece portare il cane all'ambulatorio veterinario più vicino. Un rischio da non sottovalutare, infine, è l'incontro di mandrie, perché le mucche, infastidite dal cane, possono caricare anche il proprietario. In questi casi è bene mettere il cane al guinzaglio e superare a distanza la mandria.


RICETTA

Involtini di melanzana con carpaccio di pesce

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Un piatto unico fresco, saporito e leggero

INGREDIENTI PER 4 PERSONE • 2 MELANZANE GRANDI • 300G DI CARPACCIO DI PESCE SPADA O DI SALMONE • 3 CUCCHIAI DI PINOLI • 4 CUCCHIAI DI PECORINO GRATTUGIATO • 2 CUCCHIAI DI PANGRATTATO INTEGRALE • 1 MAZZO DI BASILICO • 1 SPICCHIO DI AGLIO • OLIO EXTRA VERGINE D'OLIVA • SALE E PEPE

PREPARAZIONE Lavate le melanzane, spuntatele e tagliatele nel senso della lunghezza a fette dello spessore di circa mezzo centimetro. Scaldate una griglia e cuocetele velocemente su entrambi i lati, quindi salatele leggermente e disponetele su un piatto. Preparate il pesto frullando il basilico, i pinoli (tenendone da parte alcuni), l'aglio, l'olio e 2 cucchiai di pecorino. Disponete le fette di melanzane grigliate su un piano di lavoro, adagiatevi sopra una fettina di pesce, i pinoli rimasti, una spolverata di pecorino, pochissimo pangrattato e una leggera passata di pepe. Arrotolate le fette a involtino, disponetele su una placca, pennellate la parte superiore con poco olio extra vergine d'oliva e infornate a 200 gradi per circa 10 minuti. Impiattate gli involtini guarnendoli con il pesto rimasto. Servite con contorno di patate lesse.

PER 1 PORZIONE • 250 Kcal se preparato con pesce spada • 290 Kcal se preparato con salmone •150 Kcal in aggiunta per un contorno di patate

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EXPO

DAL TERRITORIO

EXPOFACTORY un grande laboratorio culturale e didattico per adulti e bambini targato Bergamo a cura di MARIA CASTELLANO

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n cavallo seduto tranquillamente su un divanetto fuori dagli ingressi dei cancelli dell’EXPO. È con questa immagine curiosa e bizzarra, rimbalzata sul web e sui giornali di tutto il mondo, che si è aperto ufficialmente il 13 maggio il palinsesto di appuntamenti di ExpoFactory, progetto integrato che, fino a ottobre, animerà Cascina Merlata (un edificio in via Gallarate, appena ristrutturato, che dà il nome al gate sud dell’Expo dal quale passeranno ben quarantamila visitatori al giorno) con una serie di iniziative culturali e didattiche. Un progetto tutto made in Bergamo. A cominciare dal “cavallo stanco”, come è stato subito ribattezzato. Già perché Hoero, questo il nome dell’animale, è in realtà il protagonista dell’originale spettacolo del Teatro Stalla - Cascina delle Meraviglie “Zoologico, consigli pratici per il cammino nel nuovo mondo”, ideato da Cascina Germoglio, comunità riabilitativa di Verdello, in provincia di Bergamo (vedi box). «Siamo stati scelti da Euromilano, proprietaria delle aree di Cascina Merlata, per creare un progetto coordinato che potesse essere un biglietto da visita per Expo» dice Andrea Amighetti, titolare di e20, l’agenzia bergamasca che ha ideato il progetto e gestisce l’area. «Abbiamo pensato a un’iniziativa con un valore divulgativo, didattico e scientifico che ha trovato la condivisione anche a livello istituzionale grazie alle collaborazioni con la stessa Expo 2015

Spa, con l’assessorato all’Agricoltura di Regione Lombardia, il Comune di Milano con Expo in città, il Parco Tecnologico Padano di Lodi, Intesa Sanpaolo». A curare l’aspetto didattico e contenutistico è l’associazione culturale Edufactory, presieduta dal bergamasco Oreste Castagna, autore e volto storico di Rai Yo Yo, oltre che regista teatrale. «Nella piazza antistante Cascina Merlata verrà allestito uno spazio a misura di famiglie e scuole. Regione Lombardia allestirà uno spazio fattorie didattiche, con eventi laboratoriali settimanali» spiega Castagna. «Al centro della piazza c’è un albero mediatico, con visori come frutti, che manderanno in onda filmati, spot, documentari delle più importanti agenzie umanitarie nazionali e internazionali. L’albero rappresenta

UN APPUNTAMENTO DA NON PERDERE: IL 20 GIUGNO LA “TERRA DEI 7 SAPORI”, UN LABORATORIO SUL CIBO NELLA BIBBIA, A CURA DI DON ANDREA CIUCCI E DON PAOLO SARTOR, DUE SACERDOTI MILANESI, AMICI DA UNA VITA CON LA COMUNE PASSIONE PER LA CUCINA E I VIAGGI Bergamo Salute

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DAL TERRITORIO

EXPO

IL TEATRO PER VINCERE IL DISAGIO PSICHICO Lo spettacolo del Teatro Stalla - Cascina delle Meraviglie “Zoologico, consigli pratici per il cammino nel nuovo mondo”, ha visto coinvolti, insieme al cavallo, anche registi, drammaturghi, professionisti di centri equestri e cinofili e pazienti affetti da disagio psichico. Il “Teatro Stalla”, progetto nato da Cascina Germoglio (comunità riabilitativa nata nel 2005 e gestita dalla Fondazione Emilia Bosis di Verdello, che opera sul territorio bergamasco nell’ambito dell’assistenza e della riabilitazione psichiatrica), in collaborazione con l’associazione Aiuto a Vivere e Oreste Castagna che ne cura il coordinamento e la direzione artistica, è stato costruito con l’intento di favorire il rapporto e l’interazione fra pazienti psichici e animali addestrati attraverso tecniche dolci. È un teatro di condivisione in cui i laboratori permanenti della comunità, nei vari ambiti artistici e culturali, diventano “veri”. La forma è quindi non solo quella di un grande spettacolo teatrale, ma anche di laboratori per le famiglie e per i bambini, per le scuole, inteso anche come percorso formativo per gli insegnanti, con diversi contenuti e strumenti multimediali.

una sorta di collegamento con il mondo delle nuove proposte umanitarie. Racchiuso da quattro installazioni che rappresentano i quattro elementi, acqua, aria, terra, fuoco, “proietterà” filmati evocativi sugli elementi costellati da testimonianze, interviste, racconti live del popolo che visita l’Expo, perché il nostro Expo è “l’Expo della gente”». Al centro dei percorsi didattici pensati da Edufactory, in linea con il tema dell’Expo “Nutrire il Pianeta”, ovviamente ci sarà anche il cibo. «Il cibo va considerato non solo come l’energia per il nostro corpo, ma come un valore ricco di contenuti educativi e sociali; si pensi, ad esempio, come il pasto sia uno dei momenti di coesione in famiglia e tra gli amici» continua Castagna. «Per questo nel nostro percorso didattico puntiamo ad evidenziare proprio questi messaggi valoriali del cibo e della nutrizione». Molte le collaborazioni che arricchiscono ExpoFactory. Tra queste quella con il Parco Tecnologico Padano di Lodi, direzione scientifica del progetto, con il Comune di Milano (Cascina Merlata sarà il campo base di 1500 Volontari per Expo e sede dei momenti formativi organizzati del Comune), con Regione Lombardia per eventi settimanali curati dalle Fattorie Didattiche e con il Centro studi Leonardo da Vinci di Bergamo che per tutti i sei mesi sarà presente con i propri ragazzi che gestiranno le aree del progetto, i laboratori, la web radio e la web tv, le interviste ai visitatori

(i video umanitari e i contributi delle persone presenti saranno in streaming sul canale ExpoFactory). Tutto con l’obbiettivo di rendere accessibile a tutti il vero tema di Expo, “nutrire il pianeta” e “immaginare” come potrà essere l’alimentazione del futuro, attraverso la ricerca e l’innovazione. «ExpoFactory è un progetto all’insegna delle sinergie» sottolinea Elisabetta Lanfranchi contitolare di e20. «In questa direzione va anche il progetto Talking Tree, che oltre alla Direzione di Oreste Castagna vede la collaborazione di Elisa Greco (ndr. Consigliere per lo Sviluppo e Componente del Comitato italiano The United Nation World Food Programme), grazie al quale accoglieremo le principali agenzie di Volontariato italiane e straniere. In ultimo, significativa è la collaborazione con Caritas Diocesana Bergamasca, che porterà 750 alunni al giorno delle scuole bergamasche nei nostri spazi prima di accedere ai padiglioni». «Il progetto Pani e Pesci ha raggiunto ormai un’adesione di più di 20 mila studenti» spiega don Claudio Visconti, direttore della Caritas bergamasca. «Questa preziosa collaborazione con ExpoFactory ci permetterà di “dar casa” ai gruppi in arrivo. Gli studenti dopo aver seguito l’attività di formazione in classe, gestita anche grazie anche alla collaborazione della Coop. Promoscuola, potranno ritrovarsi immediatamente in un contesto connotato da una forte componente educativa» conclude don Visconti.


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DAL TERRITORIO

NEWS

UN’ESTATE DI DIVERTIMENTO A MISURA DI EXPO AL PARCO DELLA TRUCCA Sport di tutti i generi, dal calcetto alla Zumba fino allo yoga, iniziative di solidarietà, mostre all’aperto, concerti, buon cibo. Il parco della Trucca, il più grande di Bergamo (in via Martin Luther King), per tutta l’estate ospiterà centinaia di iniziative all’insegna del piacere di stare all’aria aperta e del benessere psicofisico. Appuntamento ormai tradizionale per migliaia di bergamaschi, oltre all’offerta eno-gastronomica con attenzione ai temi dell’esposizione mondiale 2015, l’edizione di quest'anno cercherà di soddisfare un po’ tutti i gusti, di grandi e piccoli, grazie a spazi diversi tra cui un palco per eventi musicali, un’area sport attrezzata con campo da beach volley e da calcetto che si affiancano a un tatami per la pratica di arti marziali e boxe, un’area per i ragazzi, con una ludoteca con giochi per bambini e gonfiabili per i più piccini; una vera e propria area lounge, pensata come un vero salotto all’aria aperta per il relax degli adulti. Quest’anno “Extate alla Trucca” (che nel nome e nel logo richiama Expo Milano 2015) durerà fino al 31 ottobre e non fino ai primi di settembre come gli anni scorsi.

AL VIA UN AMBULATORIO NUTRIZIONALE PER I MALATI ONCOLOGICI

APERTE LE ISCRIZIONI PER LA MEZZA MARATONA DI BERGAMO, LA PRIMA “SOSTENIBILE” È partita la macchina organizzativa della Mezza Maratona dei Mille “Città di Bergamo” fissata per domenica 27 settembre 2015. Grande novità di questa terza edizione sarà la “sostenibilità”: il comitato organizzatore verrà infatti affiancato da Eco Race, ovvero la prima società italiana organizzatrice di eventi sportivi, certificata ISO 20121 per l’organizzazione di eventi sostenibili. Una scelta strategica che porterà benefici a tutti: alla città, ai partecipanti e a coloro che lavorano all’organizzazione dell’evento. Questo riconoscimento infatti attesta la sostenibilità della manifestazione non solo per quanto riguarda l’ambiente, ma anche sotto il profilo sociale ed economico. La Mezza Maratona di Bergamo sarà quindi ancora più green e ulteriormente migliorata rispetto all’ultima edizione che aveva raccolto oltre 1.300 partecipanti; un risultato già molto soddisfacente per essere solo alla seconda edizione. Intanto si sono aperte le iscrizioni e fino al 30 giugno i runner potranno beneficiare di una tassa di iscrizione agevolata. Per informazioni: www.lamezzadibergamo.it.

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Bergamo Salute

È stato inaugurato il nuovo ambulatorio nutrizionale dedicato ai malati di cancro in cura all’Ospedale Papa Giovanni XXIII, in cui i pazienti possono trovare un punto di riferimento in caso di difficoltà nell’alimentazione causate dalla malattia o dalla terapia antitumorale. L’ambulatorio, che andrà ad integrare e potenziare l’attività della Dietologia clinica dell’Azienda Ospedaliera Papa Giovanni XXIII, offrirà quindi un servizio di consulenza nutrizionale per evitare o ridurre la perdita di peso, anche nei casi in cui l’alimentazione per bocca non sia possibile, grazie alla presenza di un dietista e di un biologo nutrizionista. I pazienti oncologici potranno così avere un programma nutrizionale personalizzato che li accompagni lungo tutto l’iter terapeutico e fornisca un contributo alla guarigione. Si stima infatti che il 20% dei pazienti oncologici muoia non a causa della malattia ma di un’alimentazione non adeguata, mentre un buono stato nutrizionale influenza in modo positivo il decorso clinico e la prognosi. L’ambulatorio è stato attivato grazie al sostegno dell’Associazione Oncologica Bergamasca, che opera da 16 anni sul territorio della provincia di Bergamo, e ha potuto contare sul sostegno dei centri Sportpiù promotori dell’iniziativa “Muoviamoci insieme, Progetto Marina Polini” organizzata lo scorso settembre per combattere la sedentarietà e per ricordare il proprio direttore Marina Polini, prematuramente scomparsa nel 2013 a causa di un tumore. Il servizio di consulenza nutrizionale sarà offerto anche per via telefonica e on-line in orari dedicati. Per informazioni e appuntamento: 035 267 8948 oppure onconutrizione@hpg23.it


FESTA DEL BEN-ESSERE DOMENICA 21 GIUGNO A BREMBATE Massaggi olistici, lezioni dimostrative di pilates, Tai Ji, yoga, ma anche consulti di medicine non convenzionali, danzaterapia, arti marziali…. Tutto a ingresso gratuito. Domenica 21 giugno, nella splendida cornice di Villa Tasca, a Brembate (Bergamo), andrà in scena la prima edizione della Festa del Ben-Essere. Dalle 9.30 alle 19.30, il pubblico potrà provare discipline che spaziano dallo yoga al Tai Ji, arti marziali, stretching, meditazione, shiatsu, I Jing, e altro ancora. Negli stand degli espositori (associazioni sportivo dilettantistiche, operatori del benessere, venditori di prodotti bio), si potranno ricevere anche massaggi e trattamenti e si potrà partecipare a laboratori. Spazio anche alla divulgazione, su discipline quali, per citarne alcune, reiki, naturopatia, osteopatia, bioenergetica, antica arte cinese della divinazione, cosmesi naturale e così via. L'iniziativa è organizzata da Rosy Barretta, imprenditrice olistica, e ha il patrocinio del Comune di Brembate. La kermesse olistica è anche un'opportunità per estetiste, operatori socio sanitari ed olistici per ricevere informazioni sui percorsi formativi nel campo delle discipline bionaturali. Il programma completo del Festival è sulla pagina Facebook festa benessere brembate. Per informazioni, segreteria della Festa del Ben-Essere 346 7206 949.

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DAL TERRITORIO

ONLUS

CERALACCA Così diamo significato al tempo libero delle persone con disabilità a cura di CHIARA LORENZI

“I

l diritto alla vita riguarda ogni essere umano e l’effettivo godimento di tale diritto dev’essere garantito alle persone con disabilità su base di eguaglianza con gli altri”. Così recita l’articolo 10 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, 2007. E questo è anche lo spirito che anima l’Associazione Ceralacca, organizzazione di volontariato con sede a Bergamo, nel quartiere di Colognola, il cui obbiettivo principale è proprio quello di organizzare nel miglior modo possibile il tempo libero delle persone con disabilità diverse coinvolgendole in prima persona, facendole sentire “protagoniste” e aiutandole a prevenire problemi connessi all’isolamento e alla solitudine. «Il tempo libero a disposizione di una persona disabile, una volta terminato il percorso di studi, è molto: il nostro intento non è cercare di riempirlo ma caricarlo di significato attraverso proposte non “per” ma soprattutto “con” le persone

60 Bergamo Salute I volontari di Ceralacca in azione

con disabilità. Proposte che nascono da loro stessi, incontrano i loro gusti e offrono opportunità di autonomia, di nuove relazioni e nuove modalità di inclusione sociale. Così facendo la persona con disabilità non è più solo un “utente”, ma essa stessa parte della organizzazione di volontariato» spiega Beppe Capelletto, segretario dell’Associazione che, nata nel 2008, oggi conta 40 soci e 21 volontari. «Per noi è fondamentale riconoscere e valorizzare l’unicità del singolo individuo, del proprio stile personale, delle relazioni che può instaurare, e far emergere qualità e potenzialità mai scoperte». L’attività di Ceralacca si basa su proposte di tipo informale: incontri conviviali, visite a città d’arte, mostre, manifestazioni sportive o teatrali, passeggiate in città dopo cena, uscite al bowling o al cinema; e ancora, gite di una o più giornate, incontri dedicati alla creatività, alla musica. «Il divertimento è una componente importante della nostra attività, ma non è l’unica»

continua il signor Capelletto. «Per questo il nostro volontario ha un ruolo fondamentale; tutti abbiamo dei limiti, delle difficoltà, ma per le persone con disabilità, fin dalla nascita, questi limiti sembrano essere l’unica loro caratteristica, il “filtro” attraverso cui la società li guarda. La sfida è andare oltre questa visione, superare il concetto di “patologia” e sviluppare il concetto del “diritto” a vivere la miglior vita possibile, possibilmente alla scoperta anche di abilità che possono essere scoperte in ogni momento, nel divertimento come in una normale vita di relazione». Da circa un anno, l’Associazione è aderente del Comitato promotore della Fondazione di partecipazione LE.ALI Sostegni di Bergamo insieme ad altre 4 Associazioni, 26 Genitori di Persone c/disabilità, 9 membri collaboratori (professionisti, volontari) e un membro onorario (Fondazione Idea Vita di Milano). Per ulteriori informazioni: www.ceralaccaonlus.it.



DAL TERRITORIO

IL LATO UMANO DELLA MEDICINA

DALLE ANDE ALLE OROBIE la mia vita è una sfida continua a cura di LUCIO BUONANNO

verno. Al nostro ospedale arrivarono tanti ferirti e noi studenti fummo tutti impegnati nei soccorsi. Poi ci fu la laurea e, come prevedeva la legge boliviana che obbligava i neolaureati a prestare servizio per un anno fuori dalle grandi città, data la carenza di medici nelle aree rurali, fui costretto a fare il medico in paesini sperduti della foresta boliviana».

C

hirurgo, alpinista, suonatore di percussioni andine, esperto di quinoa: la sua origine boliviana è sempre presente nella vita del dottor Luis Burgoa, arrivato a Bergamo da La Paz negli anni Settanta. Ha operato per quattro anni al Policlinico San Marco di Zingonia, per 23 a quello di Ponte San Pietro, per 10 a Treviglio. Ora si gode la pensione e ha scritto un libro sulla sua storia avventurosa : “Trapianto umano dalle Ande alle Orobie”. Tiene conferenze sulle eccezionali virtù nutrizionali della quinoa, coltivata nelle Ande da cinquemila anni e dal valore proteico elevato, appena piantata con gli amici del Comitato Proquinoa Bergamo, all’Orto Botanico, ma continua a scalare le vette spesso in compagnia delle figlie: nel suo palmares ci sono il Cervino, il Monte Bianco, il Cho Oyu (la sesta montagna più elevata della Terra sul confine tra Cina e Nepal con 8201 metri), alcuni 6 mila della sua Bo62

Bergamo Salute

livia e tante cime, anche innevate, bergamasche. FIGLIO “D’ARTE” CON LA MEDICINA NEL SANGUE Il dottor Burgoa ci riceve nel suo studio di Ponte San Pietro. È abbronzato. È appena stato a fare una gita scialpinistica impegnativa sulle Prealpi orobiche con le figlie Martina e Naire che hanno la stessa passione. «Sono nato a La Paz, mio padre era farmacista e docente universitario di tossicologia e botanica, mamma laureata in scienze biologiche» racconta. «Io volevo diventare medico e ci sono riuscito. Anche mio fratello, più piccolo, è diventato cardiochirurgo e ora lavora in Colombia. Allora, quando mi sono laureato in Bolivia non c’erano specializzazioni e io sognavo di fare il chirurgo. All’università ho fatto tanta pratica alla Clinica chirurgica con il professor Arinez soprattutto quando nel 1964 ci fu l’attacco alle roccaforti del go-

LA REALIZZAZIONE DEL SOGNO: DIVENTARE UN “VERO” CHIRURGO «Ma io volevo fare il chirurgo» continua il dottor Burgoa. «Un mio amico medico boliviano, che stava facendo la specializzazione a Bergamo con il professor Valentino (all’epoca direttore del reparto di Chirurgia I dell'Ospedale Maggiore), mi mise in contatto con lui che mi accettò come volontario. Un’esperienza bellissima. Erano gli anni Settanta e i bergamaschi non vedevano certo di buon occhio noi stranieri. Fui ospite del Patronato San Vincenzo dove trovai un ambiente sereno, accogliente. Ebbi la fortuna di conoscere don Bepo Vavassori e tutti i suoi collaboratori. Accanto a loro imparai cosa significa essere uomini per gli altri. E intanto per 14 mesi seguii il professor Valentino: parlava poco, ma per lui parlavano le sue mani. I chirurghi di quei tempi erano tuttologi, operavano di tutto, dal nervo facciale ai polmoni, all’esofago. Un’esperienza incredibile umiliata però dalla scoperta che la mia laurea non era riconosciuta in Italia. Ma non mi persi d’animo, ricominciai a studiare e superai i vari esami e riuscii a convalidarla». Nel frattempo Burgoa però deve mantenersi economicamente, la-


glio tredicenne del nostro cardiologo si era ferito a scuola con un vetro che era penetrato nell’addome. Non c’era tempo da perdere. Il ragazzo passò dall’ambulanza alla sala operatoria. Dovetti bloccare l’emorragia, demolire una parte del fegato e ricostruire la vena cava. Un intervento difficile, stressante ma alla fine ti lascia tanta gioia dentro perché hai fatto davvero qualcosa di buono. Il ragazzo si salvò e ora fa l’avvocato negli Stati Uniti e ogni volta che torna a Bergamo ci vediamo, è una grande festa per me e per lui».

UNA PIANTA SACRA CHE HA 5 MILA ANNII La quinoa è una pianta erbacea annuale che cresce soprattutto in Bolivia, in Perù e in Ecuador. Non è né un cereale né un legume, ma è più strettamente imparentata con le piante degli spinaci e delle barbabietole. Sopporta le basse temperature, la siccità e i terreni molto salini. Viene coltivata da quasi 5 mila anni tra i 2.500 e 4.200 metri ma negli ultimi tempi si trova anche a livello del mare e nelle vallate tropicali. Per i popoli precolombiani era considerata una pianta sacra. «Ci sono circa 200 varietà» ci spiega il dottor Burgoa il cui papà nel 1930 aveva dedicato a questa pianta un libro. «Le più utilizzate per l’alimentazione però sono 5 (real, bianca, gialla, rossa, nera). La quinoa ha un elevato valore nutrizionale perché è ricca di aminoacidi, proteine, idrati di carbonio, sali minerali, fibre alimentari. Non ha colesterolo né gluteina, non forma grassi nell’organismo ed è di facile digestione, qualità per cui è entrata nell’alimentazione degli astronauti della Nasa, viene utilizzata nella dieta dei pazienti affetti da celiachia e nella profilassi dell’osteoporosi e del tumore al seno».

scia il volontariato e cerca lavoro in strutture private. «Qui feci di tutto, dal medico all’infermiere spesso sottopagato e umiliato» dice. Ma il suo sogno di diventare chirurgo lo aiuta a non mollare. E si iscrive all’esame di ammissione alla “specialità di chirurgia generale” con il professor Luigi Gallone che allora era un grande maestro in materia. «Il giorno dell’esame, conoscendo le mie difficoltà nella scrittura della lingua italiana, cercai di valorizzare le mie capacità nel disegno. Insomma risposi alle domande con disegni a colori: fegato, arterie, ernie, suscitando l’interesse degli esaminatori che osservavano le mie “risposte”. Ero soddisfatto, sicuro di aver superato l’esame. E invece altra delusione: i posti erano dieci e io mi classificai undicesimo. Qualche mese dopo però mi chiamò il professore: “Caro Burgoa gli studenti stranieri possono essere ammessi in sovrannumero. Datti da fare con il tuo consolato ma nel frattempo devi frequentare la scuola come se fossi stato ammesso”. Feci tutte le pratiche e finalmente cominciai il corso di specializzazione, cinque anni di chirurgia generale e poi di chirurgia d’urgenza e pronto soccorso». Intanto, nel 1972, nasce la prima figlia Loredana che ora lavora in chirurgia senologica all’Ospedale Papa Giovanni, e nel 79, a 37 anni, il dottor Burgoa viene assunto come aiuto chirurgo al Policlinico di Ponte San Pietro. «Qui mi trovai per la prima volta di fronte a una vera emergenza chirurgica. Il fi-

LA PASSIONE PER LA MONTAGNA E LA MUSICA ANDINA Di interventi difficili, da allora, il nostro chirurgo ne ha fatti tanti. Anche sulle sue amate montagne salvando la vita ad alcuni alpinisti che a 5-6 mila metri di altitudine avevano avuto problemi di pressione arteriosa o cardiaci. Come quella volta sul monte Cho Oyu, sulla cui vetta, a 8201 metri, non è mai riuscito ad arrivare: si dovette fermare 70 metri sotto. Un rimpianto, come alpinista, “ripagato” però dalla gioia del medico, quella di aver ridato la speranza a tante persone, proprio come ha sempre cercato di fare anche in sala operatoria. Un cruccio addolcito dalle figlie e dalla sua band andina in cui suona le percussioni e la chitarra. «La montagna l’ho scoperta a Bergamo» dice. «In Bolivia facevamo solo passeggiate. Qui grazie al Cai di Ponte San Pietro ho cominciato ad arrampicarmi, prima solo passeggiate, poi sempre più su, verso le cime e ora il 29 maggio alle 21, grazie al Club Alpino di Bergamo, presento il mio libro al Palamonti in via Pizzo della Presonlana. Ma oltre alle scalate la mia passione è la musica andina. Con alcuni amici boliviani, trapiantati anche loro a Bergamo, abbiamo formato un gruppo musicale, Jatun Nan, per suonare le musiche della nostra terra che proponiamo nelle feste che le comunità boliviane organizzano e suoneremo anche al Palamonti la sera del 29 maggio». Bergamo Salute

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DAL TERRITORIO

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INSIEME CONTRO LE MALATTIE RARE Le Malattie Rare sono un ampio gruppo di patologie (circa 6000 secondo l'OMS), accomunate dalla bassa prevalenza nella popolazione (inferiore a 5 persone per 1000 abitanti secondo i criteri adottati dall'Unione Europea). Con base genetica per l'80-90%, possono interessare tutti gli organi e apparati dell'organismo umano. In questo numero parliamo della Fibrosi retroperitoneale.

INCONTRI CON I SOCI E GLI AMICI DI A.R.M.R • SABATO 30 MAGGIO GOLF CLUB DI ARENZANO Arenzano (Ge) Stableford 2 cat. 1° - 2° per cat. Lordo-Lady-Senior) • LUNEDÌ 1 GIUGNO GOLF CLUB ELBA DELL’ACQUABONA Portoferraio Loc. Acquabona (Li) Stableford 2 cat. 1° - 2° per cat. 1 Lordo.) • GIOVEDÌ 18 GIUGNO MERCATINO A.R.M.R. Bergamo

Tel. +39 035 671906 Fax +39 035 672699 presidenza@armr.it

FIBROSI RETROPERITONEALE Codice esenzione. RJ0020 Categoria. Malattie dell’apparato genito-urinario. Definizione. Patologia caratterizzata da un ispessimento del peritoneo (membrana , sottile e quasi trasparente, che riveste la cavità addominale e parte di quella pelvica) che porta alla compromissione degli ureteri e dei vasi retro peritoneali. Epidemiologia. L’incidenza è stimata intorno a 1\200.000 abitanti. Colpisce prevalentemente gli uomini con una proporzione da 2:1 a 3:1 e ha un picco di incidenza tra i 40 e 1 60 anni. Segni e Sintomi. Si manifesta inizialmente con sintomi aspecifici quali astenia (debolezza), anoressia, dolori addominali (80-90 per cento), febbricola. Con il progredire della patologia si rendono più evidenti i segni di interessamento renale dovuto alla compressione degli ureteri bilateralmente (ipertensione, edema, anemia) e segni da compromissione delle vene retroperitoneali (edema, varicocele, idrocele). Eziologia. Esistono due forme: idiopatica (i due terzi dei casi) che sembra avere una correlazione con i processi aterosclerotici; secondaria a neoplasie, metisergide, fibrosi mesenterica, morbo di Crohn etc. Diagnosi. Solo la risonanza magnetica può mostrare un ispessimento del retro peritoneo. Terapia. Il trattamento è controverso poiché esistono pochi studi a bassa casistica che mettono a confronto la terapia medica e chirurgica. La prima si basa sull’utilizzo di immunosoppressori, corticosteroidi, azatioprina, methotrexate, ciclofosfamide, penicillina, in combinazione o da soli, con o senza l’aiuto di un cateterismo uretrale. Il trattamento chirurgico (anche per via laparoscopica) è l’ureterolisi cioè la liberazione della porzione di uretere incarcerato e la ricanalizzazione nella parte libera. Dott. Angelo Serraglio Vice Presidente Commissione Scientifica ARMR

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STRUTTURE

HABILITA CENTRO ANALISI GENETICHE

Come curarci?

CE LO DICE IL NOSTRO DNA Conoscere i propri geni per invecchiare bene, la nuova frontiera della medicina a cura di MARIA CASTELLANO

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uante volte l'abbiamo seguita con determinazione, senza concederci sgarri, convinti che avremmo ottenuto finalmente il risultato sperato. Abbiamo abbinato anche un po' di attività fisica, ma la bilancia non ha accennato a scendere e ci ha restituito dopo alcune settimane la misura del nostro fallimento. Oppure siamo dimagriti, ma nel giro di qualche mese eravamo punto e a capo. Era la dieta sbagliata? «Più che altro era sbagliato l'approccio» sottolinea Damiano Galimberti, specialista in scienze dell’alimentazione di Habilita San Marco e presidente A.M.I.A.(Associazione Medici Italiani Anti Aging). «I pazienti hanno bisogno di essere considerati, visitati, studiati, resi protagonisti delle loro scelte. La dieta non può essere un regime imposto, uguale per tutti; ognuno se ne deve appropriare fino a sentirla non più come una privazione alimentare, 66

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uno schema innaturale e inadatto al proprio modo di essere, bensì come un passaggio indispensabile verso una vita migliore». STARE A DIETA? CON L’AIUTO DEL DNA È PIÙ FACILE Per raggiungere questo obbiettivo il dietologo deve analizzare i personali ritmi biologici del paziente, la sua costituzione, il suo profilo metabolico, la sua psicologia e la storia del suo rapporto con il cibo, i ritmi di lavoro; deve, in sostanza, occuparsi della persona nella sua completezza. Un grosso aiuto viene dalle moderne tecnologie, in particolare dal test del DNA. «Il test genetico, di assoluta scientificità, non solo ci svela come è meglio mangiare e quali vitamine, proteine o carboidrati ci conviene assumere durante la giornata, ma ci aiuta anche a capire cosa sta dietro alle difficoltà nel perdere perso e ci indica qual è l’attività fisica più adatta da praticare a

GLI STEP PER UN CHECK MIRATO Il percorso che porta alla realizzazione del check up mirato si articola nei seguenti passaggi: 1. Accesso tramite la visita specialistica. 2. Individuazione del profilo più idoneo alle proprie caratteristiche. 3. Scelta del test genomico. 4. Spiegazione del risultato del test da parte del medico. 5. Prescrizione di eventuali esami ematochimici ed esami strumentali. 6. Elaborazione programma terapeutico. 7. Eventuali indagini di secondo livello per specialità: neurologia, dermatologia, cardiologia etc.


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età-correlate condi- perché calano gli ormoni. «Il meI “PANNELLI” DISPONIBILI vide una patoge- dico tradizionale agisce solo se i va• Neurologia nesi infiammato- lori escono significativamente fuori • Cardiologia ria» osserva il dal range di laboratorio» osserva il • Dermatologia dottor Galim- dottor Galimberti. «Bisogna inve• Oncologia Specialistica berti. «Oggi ce intervenire per tempo sui valori • Medicina Legale è possibile borderline, allo scopo di rallentare • Medicina dello sport approfondire o invertire un invecchiamento trop• Test genetici prenatali la condizio- po veloce o le manifestazioni nega• Longevity (oltre 300 geni ne costitu- tive ad esso correlate. Una giusta per una prevenzione a 360°) zionale che combinazione di terapia ormonale, • Nutrigenomica porta alla dieta, nutraceutici e sano esercizio • Dietologia bio-sintesi dei fisico è quello che ci vuole per sta• Nutrizione – Intolleranze Alimentari “piromani”, ov- bilizzare e ottimizzare il benessere • Anti Aging - Estetica - Wellness vero delle sostan- fisico, mentale e sessuale. Ancora • Uomo – andropausa ze che accendono una volta la parola d'ordine è per• Donna – menopausa l’infiammazione, e dei sonalizzazione, mettendo al centro “pompieri”, cioè le mole- la donna e l’uomo». cole che contribuiscono seconda delle nostre caratteristiche» a spegnere questi focolai continua il dottor Galimberti. «La d’incendio. Non solo. Con UN CENTRO PER SCOPRIRE finalità è valutare come gli alimen- i moderni test diagnostici LE PROPRIE CARATTERISTICHE ti interagiscono sul fisico di ognuno, siamo in grado di valuGENETICHE definendo stili alimentari e com- tare per ogni paziente la Un servizio che concentra lo sguardo portamentali che siano in grado di qualità del sistema prosul singolo individuo e sulle sue caratanti-ossidante, ottimizzare l’efficacia dei nutrienti tettivo teristiche genetiche in base alla sua e prevenire eventuali problematiche quello in grado di conalimentazione, al proprio metabolismo e trastare attivamente i legate all’alimentazione». alle predisposizioni individuali. In parradicali liberi, e le perforticolare il Centro Analisi Genetiche di mance dei meccanismi di GENOMICA: NON SOLO Habilita Bergamo, riferimento anche per detossificazione messi in PER DIMAGRIRE, MA ANCHE le altre strutture del gruppo, si occupa campo dall'organismo». PER VIVERE PIÙ A LUNGO di individuare quelle piccole variazioni Tutte queste informazioE MEGLIO genetiche in relazione agli alimenti. La «La genomica, branca della biologia ni concorrono a impostagenomica rappresenta quindi oggi la molecolare, si configura oggi come re adeguati programmi di nuova frontiera della medicina, alla una sorta di rivoluzione, il cui ob- screening e alimentari: luce dei recenti studi internazionali multibiettivo è condizionare l’invecchia- una strategia sostenibile centrici e di ricerca di cui le strutture del mento, rendendolo il più possibile a lungo termine, con la gruppo Habilita fanno parte. Referente sereno, autonomo e libero dalle pa- quale affrontare contemdel servizio è il dottor Damiano Galimtologie cronico-degenerative tipiche poraneamente diversi berti, Presidente AMIA (Associazione dell’età avanzata» spiega ancora potenziali disturbi e i riMedici Italiani Antiaging) e Segretario il dottor Galimberti. «I check up spettivi fattori di rischio, ESAAM (European Society of Anti Aging consigliati si propongono di passa- per una vita più sana e Medicine) che coadiuvato dai suoi colre dalla medicina della malattia dinamica nel presente laboratori, dopo un’accurata anamalla medicina della prevenzione». ma anche nel futuro. nesi che include le abitudini alimentari Quest'ultima richiede controlli pedi ogni paziente e la scelta delle analisi riodici e va seguita con costanza BENESSERE genetiche più adeguate alla persona, anno dopo anno, così da incrociare IN MENOPAUSA elaborerà una dieta personalizzata o le informazioni ottenute grazie al E ANDROPAUSA preziose indicazioni per la salute, in base test del DNA con dati clinici e stru- L'utilità di un programal codice genetico. Per informazioni mentali che consentono periodica- ma personalizzato per Habilita Poliambulatorio San Marco mente di agire sul proprio stile di migliorare il proprio stiP.zza della Repubblica 10, Bergamo. vita: dall’alimentazione all’attività le di vita cresce in una Numero prenotazioni ambulatoriali: fisica fino alla formulazione di inte- fase delicata come quella 035 4815515 (digitare poi 7 per prenotagratori personalizzati. Ma vediamo dell'andropausa e della zioni con il dott. Damiano Galimberti). più da vicino di che cosa si tratta. menopausa. Il concetto «La maggior parte delle malattie è semplice: si invecchia Bergamo Salute

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STRUTTURE

ISTITUTO CLINICO QUARENGHI

Da 90 anni

TRADIZIONE E INNOVAZIONE AL SERVIZIO DEL BENESSERE DEL PAZIENTE

a cura di GIULIA SAMMARCO

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a forza e l’orgoglio della tradizione, la capacità e il coraggio di guardare sempre avanti e stare al passo con i tempi e le innovazioni, anzi anticiparle. Con un solo e unico obbiettivo: offrire ai pazienti la migliore cura e assistenza possibili e aiutarli a raggiungere, recuperare e mantenere il proprio benessere psico-fisico e qualità di vita. È questa la filosofia dell’Istituto Clinico Quarenghi di San Pellegrino, una filosofia che si rinnova da quasi un secolo e non sembra conoscere stanchezza. Tutt’altro. A 90 anni dalla sua fondazione, avvenuta nel 1925 per opera del dottor Francesco Merino Quarenghi, infatti la prestigiosa clinica, accreditata con il Servizio Sanitario Nazionale, non solo è ormai un punto di riferimento per la Valle Brembana, ma, grazie alla specializzazione, alle innovazioni tecnologiche, alla professionalità e al contesto naturale in cui è inserita attrae ogni anno pazienti da tutta la regione e non solo. Merito della passione con cui la seconda e terza generazione Quarenghi, sempre attenta a non tradire lo spirito iniziale pur adattandolo ai tempi, porta avanti l’innovativo progetto del suo fondatore. «La storia della struttura ha inizio nel 1925, come clinica dietetica» spiega la dottoressa Mi68

Bergamo Salute

chèle Quarenghi, direttore generale dell’Istituto. «Mio nonno, il dottor Francesco Merino Quarenghi, anticipando i tempi, decise di creare una struttura in cui i pazienti potessero recuperare il proprio benessere psico-fisico. Il cuore dell’attività era la medicina preventiva che si stava affermando a livello internazionale ma era allora pressoché sconosciuta in Italia, una medicina che si rifaceva alla cultura medica antica, ispirata al recupero dei ritmi naturali della vita, all’esercizio fisico, al valore terapeutico dei regimi vegetariani, al trattamento clinico con bagni di aria e luce, al controllo dei fattori di rischio, quali sovrappeso, sedentarietà, diabete, gotta e ipertensione arteriosa, fumo. Tutti principi più che mai attuali anche nella nostra società moderna. Questa precoce coscienza scientifica del rapporto tra una sana alimentazione e il benessere della persona ha rappresentato la filosofia sulla quale è stato fondato il nostro Istituto ed è per noi ancora oggi un alto valore da mantenere». Da quell’intuizione sono passati 90 anni. Decenni durante i quali l’Istituto, prima sotto la guida di Eugenia, la tenace moglie del fondatore, e poi dei suoi cinque figli

(due dei quali si laureano in medicina), ha posto le basi di quello che è oggi. «Dopo una parentesi durante la Guerra, periodo in cui viene requisita e occupata dal Ministero dell’Agricoltura, nel 1947 la Clinica riapre come unico presidio ospedaliero della Valle Brembana e quindi con reparti sia medici sia chirurgici, ostetrici, otorinolaringoiatrici e pronto soccorso e tutti i servizi diagnostici. Questo per oltre venti anni, pur continuando, anche se in misura ridotta, l’attività del “Medical Ho-

IL SERVIZIO DI “MEDICAL HOTEL”: UNA VOCAZIONE ANTICA MA ATTUALE

I pazienti che, non presentando patologie acute, desiderano usufruire di un periodo di villeggiatura controllata o di convalescenza, hanno la possibilità di essere ospitati privatamente nell’ala storica in ogni periodo dell'anno. Possono così beneficiare di un ambiente sanitario, sotto il controllo della équipe medica, infermieristica e fisioterapica, con il comfort di un albergo, immersi nel verde dei giardini, godendo dell’aria sottile e profumata della Valle.


tel” con la quale tutto era iniziato» continua nel racconto il Presidente, Bruno Quarenghi. La svolta arriva nel 1966, quando la Clinica introduce, fra le sue specialità, la riabilitazione neuromotoria e successivamente, nel 1976, anche quella cardiologica. Da allora la riabilitazione, in tutte le sue branche, diventa il fiore all’occhiello della struttura: in seguito sono state introdotte la riabilitazione per le malattie respiratorie (2003), la riabilitazione dedicata ai pazienti obesi (2006), quella destinata ai pazienti affetti da malattie vascolari (2009) e da ultimo la riabilitazione onco-

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NON SOLO RIABILITAZIONE L’Istituto è dotato di numerosi ambulatori specialistici ai quali i cittadini possono rivolgersi per visite mediche specialistiche (fisiatriche, cardiologiche, neurologiche, pneumologiche, diabetologiche, dermatologiche, oculistiche etc.), esami di diagnostica strumentale cardiologica, pneumologica ed internistica, che si affiancano all’attività del servizio ambulatoriale di riabilitazione, supportato dalle terapie fisiche, inalatorie e idroterapiche.

logica (2014). «Lo sviluppo della nostra riabilitazione è frutto di una continua tensione strategica che ha visto la struttura crescere negli anni con due nuovi padiglioni e di ingenti investimenti che hanno portato all’acquisizione di importanti tecnologie all’avanguardia» sottolinea la dottoressa Quarenghi. «In particolare il sistema di locomozione robotizzata Lokomat, utile nel trattamento di alcune patologie neurologiche come sclerosi multipla, esiti di trauma cranico e lesioni midollari, malattia di Parkinson; l’OptoGait, un raffinato sistema per l’analisi computerizzata delle caratteristiche del cammino; il VRRS (Virtual Reality Rehabilitation System), apparecchiatura che, tramite scenari simulati da un computer, offre la possibilità al paziente di vedere, sentire e interagire con un ambiente artificiale che riproduce contesti di vita reale, rieducandolo alla quotidianità; lo spirometropneumotacografo, strumento che consente di eseguire il test alla metacolina». A questo rinnovamento si affianca la vasca terapeutica di 40 metri quadrati, attrezzata con i più moderni dispositivi di movimentazione dell’acqua e vasche per idroterapia parziale, utile al trattamento di patologie neurologiche e ortopediche. «Queste nuove tecnologie rappresentano oggi un completamento indispensabile, unito all’alta professionalità degli operatori, per offrire una riabilitazione d’eccellenza» dice la dottoressa Quarenghi. «Ma soprattutto ci permettono di garantire ai nostri pazienti, che provengono direttamente da altri ospedali per acuti (neurochirurgie, cardiochirurgie, chirurgie toraciche e/o generali

e, neurologie, ortopedie e pneumologie) oppure dal domicilio in caso di patologie croniche riacutizzate, un trattamento riabilitativo davvero personalizzato e su misura». Dopo un’approfondita valutazione del paziente, l’équipe riabilitativa (che è multidisciplinare e comprende diverse professionalità che lavorano in sinergia: medici, neuropsicologi, fisioterapisti, logopedisti, infermieri etc.) provvede a definire un progetto riabilitativo individuale, cioè un percorso di cura graduale e progressivo mirato al raggiungimento della condizione ottimale di benessere del paziente, al quale prendono parte anche i familiari, aspetto questo importante per creare condizioni adeguate al rientro al domicilio o al reinserimento sociale. «Concluso il percorso, c’è la verifica dell’efficacia di trattamenti erogati e dei risultati raggiunti. Una fase molto importante, basata sull’utilizzo di numerosi indicatori di esito che valgono anche come elementi per le successive scelte organizzativo-assistenziali» aggiunge il Presidente. Tradizione, professionalità, efficacia e innovazione tecnologica: questi gli ingredienti della riabilitazione del futuro, una riabilitazione che all’Istituto Clinico Quarenghi è già realtà. Bergamo Salute

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STRUTTURE

TERME DI TRESCORE

Disturbi dell'udito? AL VIA IL NUOVO “CENTRO PER LA SORDITÀ”

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'udito è il senso attraverso il quale possiamo entrare in contatto con il mondo esterno. Ci consente di percepire la dimensione dello spazio, identificare la provenienza di voci e rumori, orientarci nel buio e riconoscere situazioni di pericolo o di allerta. L'udito non dorme mai: è attivo anche durante il sonno e, in caso di necessità, ci fa svegliare se riscontra anomalie nell'ambiente circostante. Per questo una perdita o un abbassamento della funzione uditiva possono avere un forte impatto sulle nostre vite. Le Terme di Trescore, sensibili alla tematica poiché da sempre impegnate nel trattamento (fra gli altri) di numerosi disturbi dell'apparato ORL, hanno recente-

70 Bergamo I nuovi reparti Salute del Policlinico San Pietro

mente avviato un Centro specializzato nella diagnosi precoce e nella cura delle sordità avvalendosi della preziosa collaborazione del dottor Andrea Tani, medico specialista in audiologia e foniatria. Lo abbiamo incontrato, in qualità di responsabile del nuovo Centro, per saperne di più. DOTTOR TANI, COM'È NATA L'IDEA DI UN CENTRO PER LA SORDITÀ ALLE TERME DI TRESCORE E COME SI RAPPORTA CON IL “CENTRO PER LA CURA DELLA SORDITÀ RINOGENA”, GIÀ ATTIVO DA ANNI? Si tratta di due centri molto diversi tra loro. La sordità rinogena comprende tutte quelle problematiche

infiammatorie che, originate da affezioni delle prime vie aeree, si ripercuotono sull’orecchio causando cali dell’udito e una sensazione di ottundimento e chiusura. In questi casi le terapie termali con acqua sulfurea sono il trattamento più indicato (passata la fase acuta, sempre da trattare con terapia farmacologica). Il nuovo Centro per la Sordità, invece, si rivolge a tutti i pazienti che lamentino un calo di udito, anche se dovuto a cause diverse di altra natura. QUALI SONO, QUINDI, I PRINCIPALI DISTURBI UDITIVI? L'udito può essere alterato da numerosi fattori, alcuni secondari a disturbi di carattere generale (cir-

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a cura di VIOLA COMPOSTELLA


colatorio, neurologico, immunitario, etc.), altri configurabili come vere e proprie malattie primitive dell’orecchio e del sistema uditivo centrale. DI SOLITO LA PERDITA DELL'UDITO SI ASSOCIA ALL'AVANZARE DELL'ETÀ... I primi segni dell'abbassamento dell'udito a causa dell'invecchiamento sono le difficoltà nell'ascoltare e comprendere la voce parlata, specie in luoghi affollati e rumorosi, guardando la tv o in presenza di più persone che parlano contemporaneamente. Sono “campanelli d'allarme” che, se sottovalutati, possono creare una sensazione di sfiducia e un progressivo isolamento, compromettendo gli aspetti relazionali dell'anziano. Considerando che gli over-65 in Italia oggi rappresentano circa il 20% della popolazione e gli over80 il 5%, i problemi legati al deterioramento uditivo non possono certo essere trascurati. Per questo diventa fondamentale un approfondimento specialistico adeguato e tempestivo finalizzato a misurare la funzione uditiva attraverso un semplice esame audiometrico. Le indicazioni derivanti saranno fondamentali per stabilire l'eventuale necessità di ulteriori approfondimenti diagnostici e per intervenire con sussidi uditivi o trattamenti medici (laddove possibile) per arginare il problema.

SONO INTERESSATI ANCHE I BIMBI DA QUESTO PROBLEMA? Purtroppo sì! E quando una disfunzione uditiva è presente dalla nascita oppure si manifesta in età infantile, può anche compromettere il naturale apprendimento del linguaggio alterandone o ritardandone l'evoluzione. I bimbi sono colpiti soprattutto da fenomeni infiammatori (come l'otite) spesso dovuti a rinofaringiti, all'immaturità del sistema immunitario o a una scarsa capacità del piccolo di comunicare tempestivamente i sintomi (abbassamento dell'udito, sensazione di occlusione, dolore). Si tratta di patologie in genere passeggere e non gravi, che si risolvono entro 8/10 giorni e sono più frequenti nella stagione fredda o quando si verificano brusche variazioni climatiche. Ci sono invece situazioni, fortunatamente meno frequenti, in cui l'orecchio viene colpito da alterazioni degenerative che portano a deficit uditivi permanenti e che, quindi, possono avere conseguenze anche sullo sviluppo del linguaggio e sull'evoluzione cognitiva del bambino. Poiché spesso si tratta di lesioni non recuperabili con farmaci o interventi chirurgici, è di fondamentale importanza una diagnosi precoce che consenta da un lato di impostare un trattamento riabilitativo basato sull'applicazione di sussidi uditivi, dall'altro di avviare un trattamento di recupero che

non si limiti alla sola componente uditiva, ma si avvalga anche di tecniche di stimolazione comunicazionale globale (ad esempio la psicomotricità). QUALI SONO LE PRINCIPALI TERAPIE PER TRATTARE L'IPOACUSIA, OVVERO LA RIDUZIONE DELL’UDITO? Dipende dal caso specifico. Il "percorso terapeutico" viene definito solo dopo un'accurata diagnosi, ma in linea di massima possiamo dire che le ipoacusie di origine infiammatoria semplice posso essere trattate con terapie farmacologiche e termali, le forme più avanzate (con perforazione timpanica) necessitano di trattamento chirurgico, le ipoacusia neurosensoriali possono essere trattate con l'utilizzo di protesi impiantabili o apparecchi acustici. Esistono poi casi particolari come ad esempio l’otosclerosi e l’ipoacusia improvvisa (ma ce ne sono tanti altri) in cui il trattamento viene deciso estemporaneamente in base allo stadio evolutivo della malattia. QUAL È IL SUO CONSIGLIO PER I NOSTRI LETTORI CHE AVESSERO NOTATO UNA RIDUZIONE DELL'UDITO? Non sottovalutare mai i sintomi e di fare subito una visita specialistica finalizzata ad una corretta diagnosi e all'eventuale tempestivo avvio del più indicato percorso terapeutico.

L'EFFICACIA DEI TRATTAMENTI È SUPPORTATA DALLA RICERCA SCIENTIFICA? Certamente. Tra i tanti, due miei recenti studi su un campione di anziani di età compresa tra 70 e 98 anni, hanno dimostrato che il reintegro di una buona capacità uditiva attraverso l'utilizzo di apparecchi acustici adeguatamente programmati comporta un netto miglioramento delle condizioni cognitive e il recupero delle attività sociali e degli interessi, proprio perché si recupera una corretta relazione con l'ambiente circostante. Bergamo Salute

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n Centro interamente dedicato alle donne, alla prevenzione e cura delle patologie in rosa. Una struttura in cui trovare un team di specialisti, ginecologi e senologi, a disposizione per diagnosi e terapie personalizzate, con tempistiche ridotte (è possibile fare un check up ginecologico e senologico completo con un unico appuntamento), strumentazione tecnologica d’avanguardia e la massima attenzione al benessere psico-fisico della paziente nelle diverse fasi della sua vita. È il Centro Senologico Borgo Palazzo, poliambulatorio nel cuore di Bergamo che vuole proporsi come un riferimento costante e affidabile per le donne di tutte le età nel loro percorso preventivo, diagnostico e curativo e offrire risposte qualificate per tutte le problematiche femminili, anche quelle che spesso vengono trascurate o non affrontate in modo adeguato. Come le patologie del tratto genitale inferiore e le infezioni da HPV. «Troppo spesso le donne, dopo un Pap Test positivo, non sanno a chi rivolgersi per sapere come gestire e affrontare la situazione» spiega ad esempio il dottor Lorenzo Agoni, ginecologo-colposcopista del Cen-

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tro. «Oltre all’esperienza e professionalità per consigliare la terapia più mirata in queste situazioni, sempre in ambito di prevenzione del tumore al collo dell’utero, al Centro è possibile effettuare uno dei test più all’avanguardia, l’HPV DNA Test, che consiste nel prelievo di una piccola quantità di cellule dal collo dell'utero le quali vengono successivamente analizzate per verificare la presenza di DNA del Papillomavirus. Studi internazionali hanno dimostrato che il test HPV è più efficace del Pap Test nel rilevare le lesioni che potrebbero, nel tempo, evolvere in tumori. In particolare si rivela utile dopo i 30-35 anni. Non a caso in alcune regioni italiane è stato inserito come screening per le donne sopra i 30 anni ». Tra le attenzioni particolari del team di ginecologi che operano al Centro Borgo Palazzo, c’è anche quella alle problematiche delle donne in gravidanza, con la possibilità di effettuare visite e indagini approfondite, con esami come amniocentesi e villocentesi per una diagnosi prenatale accurata e precoce. E poi tutto l’ambito legato alla menopausa e ai disturbi a essa collegati. «Si tratta di una fase molto delicata per la donna sia da un punto di vista fisico, sia psicologico, sia di relazione» dice ancora il dottor Agoni. «Negli ultimi anni abbiamo assistito a un progressivo abbandono delle terapie ormonali, per paura degli effetti collaterali, senza però che fossero offerti alle donne rimedi alternativi, anche naturali, per i disturbi che spesso si accompagnano alla fine dell’età fertile. Dopo la menopausa infatti il deficit di estrogeni causa una riduzione di spessore della mucosa vaginale,

che la rende più vulnerabile alle infezioni (inclusa quella da HPV) e più soggetta a problemi di atrofia, secchezza, disconfort nei rapporti sessuali, che se non affrontati possono compromettere la salute psicofisica della donna. Il nostro obiettivo è non limitarci a curare il disturbo o la patologia ma fare tutto il possibile anche per salvaguardare la qualità di vita della donna, a qualsiasi età» conclude il dottor Agoni. Bergamo Salute

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a cura di FRANCESCA DOGI


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stata inaugurata tra Ponte San Pietro e Mozzo la nuova clinica CareDent, la settima sul territorio bergamasco dopo quelle di Bergamo città, Albino, Stezzano, Trescore Balneario. Treviglio, Villa D’almè. Un traguardo importante per il marchio nato in Spagna nel 2004, che oggi conta oltre 100 cliniche dentali in tutta Europa, importato in Italia nel 2010. Un traguardo che più che un punto di arrivo rappresenta un punto di partenza: entro il 2015 il numero delle cliniche bergamasche salirà a 10, con aperture a Romano, Seriate, Clusone. PREZZI ACCESSIBILI SENZA RINUNCIARE ALLA QUALITÀ? È UNA QUESTIONE DI NUMERI È un successo, quello di CareDent, forse per alcuni inaspettato. «All’inizio erano in molti a guardare queste cliniche, che promettevano cure dentistiche di alta qualità a prezzi accessibili, con un pizzico di diffidenza» ammette Christian La Monaca, socio con Chicco Reggiani della Bistar, società che ha l’esclusiva in Italia per il marchio CareDent. «Oggi invece, a distanza di cinque anni CareDent è ormai diventata una presenza “familiare” per migliaia di pazienti che si rivolgono a noi con fiducia e soddisfazione. In Italia ormai possiamo contare su oltre 50.000 pazienti, di cui 30.000 a Bergamo e provincia. Il merito sicuramente va alla qualità del servizio che siamo in grado di offrire grazie alla professionalità di oltre 100 dentisti, con diverse specia74

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lizzazioni, che collaborano con noi in provincia, e a materiali di alta qualità, a strumenti diagnostici e terapeutici tecnologicamente avanzati e a trattamenti personalizzati». «Altri ingredienti che sicuramente hanno contribuito al successo di CareDent anche a Bergamo, sono la localizzazione fronte strada in zone con ampio parcheggio e facilmente accessibili (ndr. le strutture si trovano in zone di grande passaggio, in città o centri commerciali e hanno vetrine che danno direttamente sulla strada), la possibilità di pagamenti personalizzati e gli orari flessibili, con apertura anche il sabato e, ad esempio nei centri commerciali, la domenica» aggiunge Reggiani. «Se all’estero questo tipo di cliniche sono ormai la normalità, in Italia, ancora oggi, e ancora di più cinque anni fa quan-

do abbiamo aperto la prima clinica all’interno del Centro Commerciale “Le Due Torri” di Stezzano, hanno significato un vero e proprio cambio di

PAURA DEL DENTISTA? C’E’ LA SEDAZIONE COSCIENTE Avete paura del dentista? Andate in ansia? Non sopportate il fastidio? Niente paura. Non c’è bisogno di rimandare la seduta dal dentista. Presso le cliniche CareDent si può richiedere la sedazione cosciente. Attraverso apposite mascherine viene somministrato al paziente del gas esilarante (protossido di azoto) che desensibilizza la mucosa orale, elimina il riflesso emetico (ovvero del vomito), tranquillizzando il paziente.


mentalità». A cominciare, come accennavamo, dal pregiudizio che qualità non possa fare rima con tariffe abbordabili. «Una delle “paure” dei pazienti in particolare era che, per poter proporre prezzi così concorrenziali, utilizzassimo materiali di bassa qualità» continuano i due soci. «In realtà, se possiamo permetterci prezzi così accessibili, è perché riusciamo a ottenere forti risparmi sugli acquisti in virtù di accordi stipulati anche a livello di gruppo con le più importanti e affermate aziende italiane e mondiali e all’elevato volume di prestazioni erogate. Un esempio? In un anno posizioniamo oltre 10.000 impianti. È semplicemente una questione di numeri, non di qualità». EQUIPE MULTIDISCIPLINARE PER TRATTAMENTI PERSONALIZZATI E “A TUTTO TONDO” Entrare in una clinica CareDent significa essere seguiti passo dopo passo per qualsiasi problema odontoiatrico dalla semplice carie fino all’impianto dentale. Dopo la prima visita e diagnosi gratuita, il paziente viene indirizzato allo specialista più indicato per la sua specifica patologia, in modo che possa ricevere cure di alta qualità ed elevata professionalità su misura per il suo problema o patologia. «L’odontoiatria ormai è cambiata. Non può più esistere un singolo specialista tuttologo, bisogna lavorare in team con professionisti

specializzati in aree diverse» sottolinea il dottor Luigi Bergamelli, direttore sanitario di CareDent di Villa D’Almè e di Crema. «Per questo in tutte le strutture CareDent, oltre a un direttore sanitario che ha anche un ruolo di coordinamento, sono presenti dentisti specializzati in tutte le branche dell’odontoiatria (implantologia, chirurgia, protesi, ortodonzia, conservativa, endodonzia, odontoiatria infantile ed estetica dentale). Solo così si può offrire al paziente la migliore terapia possibile». Una corretta terapia però deve partire sempre da una corretta diagnosi. «Per prima cosa sottoponiamo il paziente a una radiografia panoramica con attrezzature di ultima generazione, un esame preziosissimo grazie al quale possiamo ottenere una fotografia “globale” delle condizioni di tutti i denti e della salute della bocca. In alcuni casi questa indagine può essere anche integrata con la TAC dentale, qualora serva una visione volumetrica in 3D. Sulla base di queste indagini si consiglia poi il piano terapeutico e si indirizza il paziente a eventuali consulenze specialistiche». Le radiografie vengono poi ripetute in una fase intermedia e alla fine del lavori. «Oggi le tecnologie, ovviamente ben “dosate” e utilizzate in modo appropriato, rappresentano un ausilio indispensabile nell’ottica di offrire cure efficaci. Per questo nei centri sono a disposizione strumenti di ultima generazione, come la telecamera intra-

I soci della Bistar Commerciale Chicco Reggiani e Christian La Monaca

orale, la radiografia endorale, l’OPT ortopantomografo digitale, la diagnostica per immagini in 3D, software 3D di programmazione implantare che permette il posizionamento virtuale degli impianti» conclude il dottor Bergamelli.

STERILIZZAZIONE “OSPEDALIERA” Protocolli di sterilizzazione molto rigorosi, sala dedicata alla sterilizzazione. Per CareDent la sicurezza del paziente significa anche garantire la massima igiene in tutte le fasi del trattamento. Per questo tutti i ferri utilizzati dal medico prima vengono sottoposti a un primo lavaggio con un sofisticato sistema ad ultrasuoni e liquido disinfettante per rimuovere batteri, funghi, eventuali microparticelle residue di denti o sangue, poi vengono sigillati in buste trasparenti (con etichetta per la tracciabilità) e poi sterilizzate in autoclave di tipo ospedaliero. Bergamo Salute

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a scoliosi idiopatica, cioè quella che colpisce i ragazzi in età dello sviluppo senza una causa apparente, riguarda circa il 2-3% degli adolescenti. Se non trattata tempestivamente e in modo appropriato il rischio è che peggiori causando gravi problemi estetici oltre che fastidi e mal di schiena (soprattutto in età adulta). «La scoliosi è una patologia che richiede un’alta specializzazione e solo un lavoro d’équipe ben coordinato può permettere di ottenere risultati apprezzabili» osserva il dottor Giovanni Andrea La Maida, ortopedico dell’U.O. Complessa di Chirurgia Vertebrale e Scoliosi, consulente incaricato dell’Istituto Ortopedico Gaetano Pini di Milano, consulente di IRO Medical Center. «Fino a un po’ di tempo fa si pensava che si potesse solo evitare che peggiorasse. Oggi invece sappiamo che può essere migliorata (non però raddrizzata), a patto di seguire terapie mirate ed efficaci e di farle bene, con impegno e costanza» aggiunge Paolo Valli, fisioterapista, direttore di IRO Medical Center. DOTTOR LA MAIDA, COME SI PUÒ CAPIRE COSA FARE E COME FARLO QUANDO CI SI ACCORGE DELLA PRESENZA DI UNA SCOLIOSI? Alla base di ogni percorso ci deve obbligatoriamente essere la valutazione dello specialista della scoliosi. A seconda dell’età del paziente, della maturità scheletrica e del tipo di curva, infatti, le scelte terapeutiche sono molto diverse. Se la scoliosi non è grave, non si è ancora nella fase di crescita forte ed è estremamente improbabile che creerà problemi in

età adulta, si può decidere di fare un lavoro autonomo a casa sulla base di un programma specifico di esercizi stilato con il fisioterapista ed eseguire solo controlli periodici. Nei pazienti in pieno sviluppo puberale e con una scoliosi di una certa entità, invece, si può e si deve optare per un corsetto, associato a un programma di rieducazione. La scelta di un corsetto è spesso sofferta ed è proprio per questo che deve essere ben ponderata e ben condivisa con il giovane paziente innanzitutto e con la sua famiglia. CHE CARATTERISTICHE DEVONO AVERE IL CORSETTO E IL PROGRAMMA DI RIEDUCAZIONE PER ESSERE EFFICACI? Il Centro IRO ha scelto di impostare un percorso molto strutturato che consente di agire con buona sicurezza sulle scoliosi evolutive. Il ragazzo viene visto dal tecnico ortopedico che, sulla base delle indicazioni specialistiche, effettuerà la rilevazione delle misure. Successivamente, dopo 10-15 giorni, viene fatta una prima prova e, infine, avviene la consegna del corsetto definitivo. Nel frattempo viene impostata la prima fase di rieducazione con esercizi che preparano la colonna vertebrale ad accoglierlo e per far sì che esso possa svolgere al meglio la sua funzione correttiva. Il coinvolgimento del ragazzo e dei familiari è di estrema importanza per scegliere con quale frequenza e impegno i programmi di esercizio possono essere impostati. Quando il corsetto è pronto si passa alla seconda fase del lavoro, da svolgere presso il centro o a casa, con

esercizi di correzione, stabilizzazione e percezione posturale sia con corsetto sia senza. Il programma viene svolto per 2 o 3 mesi per poi essere nuovamente modificato. Lo specialista rivede il paziente in occasione del collaudo del corsetto e nei controlli a distanza sulla base di quanto stabilito in prima visita. Lo stretto controllo da parte dei fisioterapisti consente qualsiasi modifica al programma durante il percorso e fa sì che si possa mantenere sempre alto il livello di efficacia e di “sicurezza” rispetto all’evoluzione della curvatura.

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iabete e ipertensione rappresentano oggi una delle principali sfide in ambito sanitario. La loro diffusione è infatti in costante aumento. In Italia ormai sono più di 3 milioni le persone che soffrono di diabete e 15 milioni quelle affette da ipertensione. Tra questi, la maggior parte sono anziani, per i quali le due patologie sono tra i fattori di rischio cardiovascolari e sono associate a elevati tassi di mortalità. È facilmente immaginabile il forte impatto sanitario, sociale ed economico di queste malattie e l’importanza di un’organizzazione sanitaria in grado di minimizzare il più possibile l’incidenza degli eventi acuti e delle complicanze invalidanti che comportano costi elevatissimi. Cruciale, in questo contesto, è in particolare il controllo quotidiano dell’andamento delle due patologie e l’aderenza alla terapia, ovvero l’assunzione regolare dei farmaci secondo quanto indicato dal medico. Un’aderenza che però, secondo le statistiche, soprattutto per l’ipertensione, è ancora lontana da quella ideale, in particolare quando si tratta di persone anziane. E non è solo il rispetto dell’assunzione dei farmaci a preoccupare, ma anche quello delle norme di comportamento, alimentari e di stile di vita, indispensabili per poter convivere al meglio con le

due patologie. «Posta la diagnosi di diabete o di ipertensione arteriosa, il primo passo alla base di ogni intervento è comprendere la rilevanza di un’azione di controllo e monitoraggio, da accompagnare ai trattamenti farmacologici e non farmacologici previsti. In tal senso risulta di grande utilità affiancare a tali pazienti, in particolar modo se anziani o fragili, figure professionali in grado di garantire la prosecuzione delle terapie farmacologiche prescritte dai medici e la correzione di inadeguati stili di vita» spiega Paola Brignoli, direttore operativo di Every Service Onlus, che fornisce servizi specifici e specialistici di assistenza domiciliare per anziani, disabili e persone non autosufficienti. «La nostra sfida è proprio quella di monitorare tali pazienti, al fine di prevenire complicanze, consentendo loro così di rimanere all’interno del domicilio. In questo difficile compito appare centrale il ruolo delle nostre assistenti domiciliari che, convivendo con loro 24 ore su 24, lavorano alla costruzione di una relazione di cura al fine di raggiungere una migliore qualità di vita. L’investimento di tempo è fondamentale, così come la professionalità: il farmaco migliore non serve a nulla se non si è affiancati da una persona in grado di motivarci sia ad assumerlo sia a modificare le nostre errate abitudini».

DIABETE E IPERTENSIONE CONOSCIAMOLI MEGLIO Ipertensione. È definita da un aumento stabile dei valori della pressione arteriosa, al di sopra dei limiti normali. La pressione arteriosa consiste nella spinta esercitata dal sangue sulle pareti delle arterie più grandi, le quali permettono al sangue di scorrere all’interno del sistema circolatorio. Si parla di ipertensione quando la pressione sistolica è uguale o superiore a 140 mmHg e la pressione diastolica a 90 mmHg. I fattori di rischio alla base dell’ipertensione fanno riferimento all’età avanzata, al consumo di alcolici, al fumo, a una dieta sbilanciata e al mancato esercizio fisico, oltre che allo stress e a una storia di familiarità. L’ipertensione si lega a molteplici complicanze gravi che interessano vasi arteriosi, cuore, occhi, cervello e reni. Diabete. Malattia cronica caratterizzata dall’aumento di concentrazione di glucosio nel sangue. Responsabile di questo fenomeno è un difetto di insulina che non consente all’organismo di utilizzare gli zuccheri in modo ottimale. La loro concentrazione si misura con la glicemia, il cui valore di 200 mg/dl dà diagnosi certa di diabete. Le complicanze possono essere acute, come nausea, sudorazione fredda, tremori, o coma, oppure croniche, riguardanti diversi organi, arti e tessuti. Bergamo Salute

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Bergamo Salute anno 5 - n°3 - mag. - giu. 2015

PERIODICO DI CULTURA MEDICA E BENESSERE

Direttore Editoriale Elena Buonanno Direttore Responsabile Daniele Gerardi Redazione Rosa Lancia redazione@bgsalute.it Grafica e impaginazione Catherine Coppens | Mood Creative Studio catherine.coppens@hotmail.it Fotografie e illustrazioni Shutterstock, Dollar Photo Club, Adriano Merigo, Federica Teso Stampa Grafiche Mazzucchelli S.p.A Via Cà Bertoncina, 37/39/41 - 24068 Seriate (BG) Casa Editrice Pro.Ge.Ca. srl Viale Europa, 36 - 24048 Curnasco di Treviolo (BG) Tel. 035.201488 - Fax 035.203608 info@bgsalute.it - www.bgsalute.it Hanno collaborato Lucio Buonanno, Maria Castellano, Viola Compostella, Chiara Lorenzi, Giulia Sammarco

Iscr. Tribunale Bergamo N°26/2010 del 22/10/2010 Iscr. ROC N°21019 © 2014. Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche se parziale, di qualsiasi testo o immagine. L'editore si dichiara disponibile per chi dovesse rivendicare eventuali diritti fotografici non dichiarati. I contenuti presenti su Bergamo Salute hanno scopo divulgativo e non possono in alcun modo sostituirsi a diagnosi mediche.

Comitato Scientifico

• Dott. Diego Bonfanti - Oculista • Dott.ssa Maria Viviana Bonfanti Medico Veterinario • Dott. Rolando Brembilla - Ginecologo • Dott.ssa Alba Maria Isabella Campione • Dott. Andrea Cazzaniga - Idrologo Medico e Termale • Dott. Marcello Cottini - Allergologo Pneumologo • Dott. Giovanni Danesi - Otorinolaringoiatra • Dott. Adolfo Di Nardo - Chirurgo generale • Dott. Nicola Gaffuri - Gastroenterologo • Dott.ssa Daniela Gianola - Endocrinologa • Dott. Antoine Kheir - Cardiologo • Dott.ssa Grazia Manfredi - Dermatologa • Dott. Roberto Orlandi - Ortopedico Medico dello sport • Dott. Paolo Paganelli - Biologo nutrizionista • Dott. Antonello Quadri - Oncologo • Dott. Orazio Santonocito - Neurochirurgo • Dott.ssa Mara Seiti - Psicologa - Psicoterapeuta • Dott. Sergio Stabilini - Odontoiatra • Dott. Giovanni Taveggia - Medicina Fisica e Riabilitazione • Dott. Massimo Tura - Urologo • Dott. Paolo Valli - Fisioterapista

Comitato Etico • Dott. Maurizio Pagnoncelli Folcieri Presidente dell'Ordine dei Farmacisti di Bergamo • Dott. Ezio Caccianiga - Presidente dell'Ordine dei Medici Veterinari di Bergamo • Dott. Piero Attilio Bergamo - Oculista • Dott. Luigi Daleffe - Odontoiatra • Dott. Tiziano Gamba - Medico Chirurgo • Beatrice Mazzoleni - Presidente IPASVI

I canali di distribuzione di Bergamo Salute • Abbonamento • Spedizione a diverse migliaia di realtà bergamasche, dove è possibile leggerla nelle sale d'attesa (medici e pediatri di base, ospedali e cliniche, studi medici e polispecialistici, odontoiatri, ortopedie e sanitarie, farmacie, ottici, centri di apparecchi acustici, centri estetici e benessere, palestre, parrucchieri etc.) • Distribuzione gratuita presso le strutture aderenti alla formula "Amici di Bergamo Salute".

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