Ortopedia PROTESI D’ANCA, INIZIO DI UNA NUOVA VITA
24
Alimentazione MICROBIOTA INTESTINALE: UN ALLEATO CONTRO OBESITÀ E MALATTIE METABOLICHE
34 Bambini IL BAMBINO CHE DECIDE DI NON PARLARE PIÙ
62 Farmacie VACCINAZIONI IN FARMACIA, IL VALORE DELLA PROSSIMITÀ
numero
) EDITORIALE
5 Ripartire, ma con misura
) SPECIALITÀ A-Z
6 Ortopedia
Protesi d’anca, inizio di una nuova vita
8 Ostetricia
Gravidanza fisiologica in ospedale. Garantire sicurezza senza rinunciare alla naturalità
12 Psicologia clinica
Dislessia. L’e etto placebo migliora le capacità di lettura
) PERSONAGGIO
18 Laura Gambirasi
) IN SALUTE
22 Stili di vita
Riscoprire il contatto con la Terra per ritrovare il benessere
24 Alimentazione
Microbiota intestinale. Un alleato contro obesità e malattie metaboliche
26 Alimento
Il potere segreto dei funghi
) IN ARMONIA
28 Psicologia
Nessun vicolo resta cieco per le strade della nostra mente
30 Coppia
Litigare fa bene (se sai come farlo)
) IN FAMIGLIA
32 Dolce attesa
Quando l’allattamento si complica
Anno 15 Settembre | Ottobre 2025
34 Bambini
“Cortina di ferro”. Il bambino che decide di non parlare più
36 Ragazzi
La Gen Z riscrive le regole della vita mondana.
L’“early night trend” supera la “party era”
38 Anziani
Nessuno è fatto per stare solo
) IN FORMA
44 Fitness
Quando il fitness potenzia il benessere di corpo e mente
46 Bellezza
Skincare e social media.
Adolescenti tra tendenze virali e rischi per la pelle
) RICETTA
48 Involtini di pasta fillo con fichi e formaggio saporito
) RUBRICHE
51 Animali
Un giardino a misura di cane
54 Altre terapie
Cosa raccontano i tuoi occhi?
) VIAGGI DELLA SALUTE
56 La strada delle fiabe tra sogni, saghe e castelli
) DAL TERRITORIO
58 News
62 Farmacie
Vaccinazioni in farmacia, il valore della prossimità
64 Terzo settore
La Casa di Leo.
La forza dell’accoglienza
67 Malattie rare
Emoglobinuria parossistica notturna
68 Il lato umano della medicina Cinque rinascite.
La storia del dottor Accardi
70 Testimonianza
Il coraggio di Elena. Dall’isolamento alla rete “Autism friendly”
72Bergamox1000
Bergamox1000 è finalmente realtà!
) ACI
74 Sicurezza sulla strada
Targhino sui monopattini e “alcolock” in arrivo
) PROFESSIONI SANITARIE
76 Professioni sanitarie.
33 nuovi corsi di laurea per il 2025/26
) REALTÀ SALUTE
79 Ordine dei Fisioterapisti di Bergamo
81 20fit Bergamo
Allegato centrale: Amici di Bergamo Salute
PARTECIPANTI ALLA FONDAZIONE ITALIANA PER L’EDUCAZIONE ALIMENTARE
Ripartire, ma con misura
Cari lettori, Settembre porta con sé un’energia particolare. È un mese di ripartenza, di nuovi inizi, di agende che si riempiono e programmi che si rimettono in moto. Dopo la parentesi estiva, spesso vissuta come una boccata d’aria o una pausa necessaria, il ritorno
CLAUDIO GUALDI
Direttore Responsabile
alla routine può sembrare una corsa a ostacoli. È facile lasciarsi travolgere dall’urgenza di “recuperare il tempo”, di rimettersi subito in marcia, di ripartire… con il botto.
Ma è davvero necessario? O forse potremmo concederci una ripartenza diversa, più sostenibile, più in ascolto dei nostri reali bisogni?
Il benessere non è una gara né un obiettivo da raggiungere il più in fretta possibile. È un equilibrio da costruire giorno per giorno, con pazienza e rispetto per i propri tempi. Settembre e ottobre, in fondo, sono mesi di transizione: l’estate che sfuma, l’autunno che avanza. Anche la natura ci insegna a non forzare i passaggi, ma ad accompagnarli.
In questi mesi vi invitiamo, quindi, a riflettere proprio su questo:
sull’importanza di una ripresa graduale, che non sacrifichi l’ascolto di sé in nome della produttività. Ripartire sì, ma senza dimenticare ciò che ci ha fatto bene nei mesi appena trascorsi. Riprendere il ritmo, certo, ma non quello frenetico che spesso ci allontana da noi stessi.
La vera sfida non è riempire ogni spazio, ma lasciare qualche vuoto per respirare. È lì che il benessere trova casa.
Buona lettura e buona ripartenza, con equilibrio e consapevolezza.
Il Direttore Claudio Gualdi
Protesi d’anca, inizio di una nuova vita
Quando l’intervento chirurgico restituisce libertà e qualità di vita
∞
A CURA DI IVANA GALESSI
L’artrosi dell’anca è una patologia degenerativa che si viene a creare quando il movimento che risulta dallo scorrimento reciproco delle superfici della testa del femore e del cotile è compromesso dall’usura della cartilagine. Ne nasce un’infiammazione continua che determina non solo dolore ma anche una progressiva ulteriore distruzione dei tessuti sino alla completa incapacità a compiere il movimento. La buona notizia è che grazie ai progressi della chirurgia ortopedica, oggi l’intervento di protesi non è più visto come una scelta estrema, ma come una vera e propria opportunità di rinascita funzionale. Ne parliamo con il dottor Vittore Costa, responsabile dell’Unità Funzionale di Chirurgia Ortopedica di Humanitas Gavazzeni di Bergamo.
DOTTOR COSTA, QUALI SONO LE PRINCIPALI CARATTERISTICHE CLINICHE DELL’ARTROSI DELL’ANCA?
Il sintomo più tipico dell’artrosi dell’anca è un dolore localizzato nella piega inguinale, che può irradiarsi anche alla colonna lombare, alla coscia e talvolta fino al ginocchio. Col passare del tempo, però,
il dolore non è l’unico problema: compaiono rigidità articolare, ridotta mobilità e perdita del tono muscolare. Tutte condizioni che possono peggiorare notevolmente la qualità della vita.
QUANDO È GIUSTO
CONSIDERARE L’IPOTESI
DI UN INTERVENTO
DI PROTESI D’ANCA?
Questa è una domanda cruciale. Non molto tempo fa ho partecipato a un convegno proprio su questo tema e ho portato la mia esperienza quotidiana. Oggi vediamo pazienti molto diversi rispetto a 15 o 20 anni fa: sono più giovani, più attivi, spesso ancora nel pieno della vita lavorativa. Vogliono continuare a fare sport, godersi il tempo libero, non possono permettersi di aspettare mesi o anni in condizioni di limitazione e dolore.
QUINDI L’INTERVENTO
PUÒ ESSERE PREVISTO PRIMA, RISPETTO AL PASSATO?
Esatto. Una volta la protesi d’anca era considerata come un’ultima spiaggia, da proporre solo quando ogni altra opzione falliva. Oggi abbiamo tecniche chirurgiche più
sicure, anestesie più e caci e una riabilitazione molto più rapida. Per questo l’intervento è diventato un’opportunità per migliorare la vita del paziente, non più una scelta obbligata da rimandare il più possibile. E non dobbiamo dimenticare un aspetto fondamentale: aspettare troppo può portare a una perdita muscolare irreversibile. Noi possiamo dare una nuova articolazione, ma non nuovi muscoli.
IN CHE COSA CONSISTE
L’INTERVENTO DI PROTESI D’ANCA?
La protesi d’anca sostituisce in toto l’articolazione nativa deformata dall’artrosi. La via chirurgica di elezione è quella mini invasiva per via anteriore. È l’accesso chirurgico preferito dagli sportivi, ma non solo, in quanto, risparmiando integralmente la muscolatura, garantisce il recupero dell’autonomia già solo poche ore dopo l’intervento. Viene eseguito tendenzialmente in anestesia spinale o epidurale in modo da facilitare la ripresa della deambulazione solo poche ore dopo l’intervento. Il paziente è pienamente cosciente anche se per aumentare il confort da qualche anno abbiamo introdotto l’uso di visori a realtà immersiva che attraverso in racconto ipno-inducente riescono a rilassare molto profondamente i pazienti senza utilizzo di farmaci. Tuttavia, se il paziente preferisce, può essere leggermente sedato per dormire durante l’intervento.
QUANTO DURA L’INTERVENTO?
IL TEMPO DI RICOVERO È MOLTO LUNGO?
La durata di un nostro intervento, in un caso standard, si aggira
attorno alla mezz’ora. Grazie all’accesso mini invasivo anteriore e a tecniche anestesiologiche di recente introduzione il paziente deambula già in sala di risveglio. Da molto tempo, poi, abbiamo abbandonato l’uso di drenaggi, impiegando medicazioni avanzate che non hanno bisogno di essere rinnovate. Questo facilita il ritorno alla normalità, riducendo drasticamente il tempo di permanenza in ambulatorio. Il tutto a favore del confort del paziente.
QUANTO TEMPO SERVE PER TORNARE ALLA NORMALITÀ?
Quasi subito si può camminare, mentre salire le scale senza aiutarsi con il corrimano è possibile già il giorno stesso o successivo. Essendo ridotto drasticamente il rischio di lussazione la persona operata può andare alla toilette senza bisogno di alzawater, né tanto meno di dormire con ausilii che mantengano gli arti inferiori divaricati. Per quanto riguarda la pratica dello sport, se ne può parlare a partire dai 4-6 mesi post-intervento. L’importante è rispettare i tempi di guarigione della capsula e dei tessuti periarticolari. Se si osservano queste indicazioni, il ritorno a una vita normale – e
DOTT. VITTORE COSTA
Responsabile dell’Unità Funzionale di Chirurgia Ortopedica
Humanitas Gavazzeni di Bergamo
spesso anche molto attiva – è assolutamente possibile.
QUALE MESSAGGIO
SI SENTE DI LASCIARE
A CHI HA PAURA
DI SOTTOPORSI
A UN INTERVENTO
DI PROTESI D’ANCA?
Mi piace sempre sottolineare che oggi l’intervento di protesi d’anca non rappresenta più la fine di un percorso, ma l’inizio di una nuova fase della vita. Una fase in cui si può tornare a vivere senza dolore, a lavorare, a muoversi, persino a praticare sport. Non bisogna aspettare che la situazione diventi insostenibile: con le tecniche moderne, la chirurgia protesica è una scelta razionale, e cace e sicura, che restituisce al paziente la libertà di vivere la sua vita con serenità.
Gravidanza fisiologica in ospedale: garantire sicurezza senza rinunciare alla naturalità
Insieme alla dott.ssa Santa Barresi, responsabile della UOS Gravidanza fisiologica e parto dell’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo, capiamo come si garantisce sicurezza clinica senza rinunciare al rispetto della fisiologia.
DOTT.SSA BARRESI, COSA SIGNIFICA OGGI
OCCUPARSI
DI “GRAVIDANZA
FISIOLOGICA E PARTO” IN AMBITO OSPEDALIERO?
QUALI SONO LE SFIDE E LE PECULIARITÀ
DI QUESTA SPECIALITÀ?
Quando si parla di gravidanza fisiologica in ambito ospedaliero, si intende un percorso rivolto a donne che non presentano complicazioni, né precedenti né in corso, e il cui feto non mostra patologie. Il contesto ospedaliero ha il dovere di garantire la massima sicurezza, pur rispettando la fisiologia del processo. Questo significa mettere la donna al centro del percorso, accogliendola negli ambulatori dedicati gestiti dalle ostetriche e favorendo un approccio naturale al parto, pur restando sempre pronti a modificare il percorso se necessario. Si promuove il parto fi-
siologico cercando di evitare interventi non necessari, ma cambiare è sempre possibile anche grazie al lavoro in team dei professionisti, che assicura alla partoriente un’assistenza personalizzata.
COME SI DEFINISCE
UNA GRAVIDANZA FISIOLOGICA
E QUALI CRITERI
GUIDANO LA SUA GESTIONE
RISPETTO A SITUAZIONI
PIÙ COMPLESSE?
È fondamentale selezionare accuratamente i criteri di inclusione per definire una paziente idonea al percorso fisiologico: l’età tra i 18 e i 40 anni, l’assenza di patologie preesistenti, una gravidanza singola e un decorso clinico senza complicazioni che potrebbero far deviare la gravidanza verso un percorso patologico. Vanno escluse condizioni come un indice di massa corporea alto, gravidanze gemellari, patologie materne o fetali e,
generalmente, anche precedenti cesarei. Il nostro ospedale, l’ASST Papa Giovanni XXIII, essendo di terzo livello riceve una grande affluenza di casi complessi. La chiarezza con le pazienti è essenziale: non bisogna mai alimentare false speranze, ma infondere fiducia e garantire sicurezza alla mamma e al nascituro, sempre.
QUANTO CONTA OGGI
UN APPROCCIO
PERSONALIZZATO
NELLA GESTIONE
DEL TRAVAGLIO E DEL PARTO, E QUALI SCELTE
VENGONO OFFERTE
ALLA DONNA
IN UN CONTESTO DI SICUREZZA? Ogni donna è unica, così come lo è ogni gravidanza. Anche per chi ha già avuto più gravidanze, i confronti con altre gravide – magari alla prima esperienza – non sono utili: ogni esperienza è diversa.
∞ A CURA DI IVANA GALESSI
L’empatia è fondamentale, così come lo è il rapporto di fiducia tra ostetrica e paziente che si costruisce attraverso una comunicazione trasparente, anche sulle possibili complicazioni. Questo riduce l’ansia e aumenta la consapevolezza in avvicinamento al momento del parto. Se, al contrario, la comunicazione manca, la paziente si sente disorientata e spaventata, compromettendo la fiducia nell’équipe.
NEGLI ULTIMI ANNI
SI PARLA MOLTO
DI DE-MEDICALIZZAZIONE
DEL PARTO: CHE RUOLO
HA LA MEDICINA
IN UN PERCORSO
CHE PUNTA A RISPETTARE
LA FISIOLOGIA
MA NON RINUNCIA
AL PRESIDIO CLINICO?
È vero, oggi c’è una spinta verso la de-medicalizzazione sia da parte
della società, sia da parte dei media, ma la realtà è più complessa. L’imprevedibilità del parto rende difficile garantire un percorso interamente privo di interventi, nulla può essere previsto al 100%. Il nostro obiettivo, quindi, è quello ridurre le pratiche di routine non necessarie, vigilando costantemente. È essenziale informare la donna, renderla consapevole e autonoma. Le ostetriche, in particolare, hanno il compito di percepire i cambiamenti che indicano una deviazione dalla fisiologia e di coinvolgere tempestivamente il ginecologo.
QUALI COMPETENZE
E ATTENZIONI SPECIFICHE
SONO RICHIESTE
A UN’ÉQUIPE MEDICA
CHE SI OCCUPA DI PARTO
FISIOLOGICO IN OSPEDALE?
Le ostetriche, innanzitutto, devono conoscere a fondo la fisiologia,
DOTT.SSA SANTA BARRESI
Responsabile del reparto
Gravidanza fisiologica e parto
mantenersi costantemente aggiornate e possedere ottime competenze relazionali e comunicative per instaurare un buon rapporto con la paziente. Anche il lavoro in team è fondamentale e, nel nostro caso, le gravidanze sono seguite
ASST Papa Giovanni XXIII, Bergamo
SPECIALITÀ A-Z OSTETRICIA
da ostetrica e ginecologo (per esami quali ecografie di screening del primo trimestre, ecografie morfologiche, screening del terzo trimestre), mentre durante travaglio e parto è l’ostetrica a gestire il processo. Il ginecologo subentra solo in caso di eventuali interventi necessari alla riparazione di lacerazioni. Il neonatologo valuta il neonato, mentre l’anestesista non è sempre presente, proprio per il carattere fisiologico del percorso.
L’OSPEDALE PAPA GIOVANNI
XXIII È UN CENTRO
DI RIFERIMENTO
PER MOLTE FUTURE MAMME:
COSA DISTINGUE
IL VOSTRO APPROCCIO
ALLA NASCITA?
Come detto, il Papa Giovanni
XXIII è un ospedale di terzo livello, cosiddetto HUB, e riceve pazienti dagli ospedali SPOKE per la gestione di casi di patologie neonatali o prematurità. Nonostante i numeri elevati di richieste di questo tipo, da anni cerchiamo di tutelare lo spazio per le gravidanze fisiologiche. In tal senso, le ostetriche si impegnano a fondo, o rendo percorsi di accompagnamento alla nascita a partire dalla 20ª settimana, organizzando incontri serali informativi, e garantendo supporto continuo. Il carico di lavoro è alto, ma puntiamo a un’assistenza personalizzata: rooming-in, terapia intensiva neonatale, e forte integrazione con i consultori per garantire continuità e supporto anche nel post-partum.
Dislessia:
l’e etto placebo migliora le capacità di lettura
∞ A CURA DI IVANA GALESSI
Pubblicato su “Psychological Research” lo studio dei ricercatori coordinati dalle Università di Padova e Bergamo in cui l’e etto placebo ha migliorato la lettura nei bambini con dislessia evolutiva in maniera superiore rispetto ai tradizionali programmi di riabilitazione.
La dislessia evolutiva è il disturbo specifico dell’apprendimento più frequente tra i
SARA BERTONI Ricercatrice
Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Università di Bergamo
bambini in età scolare (5-10%); compromette l’acquisizione della lettura e della scrittura e porta a gravi svantaggi nel rendimento scolastico e professionale, nonostante un’istruzione adeguata e un’intelligenza nella norma. L’e etto placebo consiste nella risposta automatica a stimoli positivi condizionati in cui segnali verbali (la voce di un amico), visivi (il volto sorridente) e sociali (il camice del dottore) producono reali cambiamenti nei comportamenti e negli esiti dei trattamenti. Esso è riconosciuto come una potente determinante della salute in numerose patologie. L’e etto placebo, infatti, si riferisce agli e etti benefici indotti dal contesto ambientale ed
emotivo in cui il trattamento viene somministrato, e non dal trattamento in sé. Studi neurofisiologici hanno dimostrato che i trattamenti con placebo aumentano il rilascio di oppioidi e dopamina, riducendo l’attivazione nelle regioni cerebrali correlate alle emozioni negative. Gli attuali programmi di riabilitazione per la dislessia - che tentano di automatizzare l’apprendimento dell’associazione tra lettera scritta e suono linguistico –controllano raramente l’e etto placebo. Questo lascia aperta la possibilità che le aspettative positive possano spiegarne l’e cacia.
LA RICERCA
Lo studio dal titolo “Flickering len-
SANDRO FRANCESCHINI
Ricercatore
Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova
ses enhance reading performance through placebo e ect ” pubblicato su «Psychological Research» dal team di ricercatori coordinati dalle Università di Padova e Bergamo ha studiato i possibili e etti di costosi occhiali “lampeggianti”, recentemente sul mercato e che regolano la frequenza del passag-
gio della luce, utilizzati per aiutare le persone con dislessia. L’uso di questi occhiali sembra indurre straordinari miglioramenti nelle capacità di lettura, senza però evidenze scientifiche a supporto. Due gli scopi della ricerca: indagare la presenza dell’e etto placebo indotto dall’uso di questi occhiali a diverse età, stimare il reale e etto di questi occhiali “lampeggianti” sulle capacità di lettura. È stato utilizzato un disegno sperimentale in doppio cieco - né i partecipanti né i ricercatori che hanno condotto lo studio sapevano chi stava ricevendo il trattamento sperimentale e il placebo o un trattamento standard – su due gruppi: 49 bambini con dislessia e 48 studenti universitari con fragilità di lettura.
Ricercatrice
Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova
LE DICHIARAZIONI
« Abbiamo – spiega Sandro Franceschini, primo autore della ricerca del Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova – misurato le abilità di lettura in tre diverse condizioni sperimentali: occhiali spenti, occhiali spenti + aspettativa positiva, occhiali acce-
GIOVANNA PUCCIO
si. Le abilità di lettura nella condizione occhiali spenti + aspettativa rispetto alla condizione occhiali spenti ci hanno permesso di scoprire per la prima volta un forte e etto placebo sia sugli errori commessi nella lettura di parole conosciute, sia sulla velocità nel decifrare parole nuove. La grandezza di questo e etto immediato è maggiore rispetto a quella riportata in lunghi trattamenti tradizionali di riabilitazione della dislessia».
«Questo e etto è clinicamente sorprendente – aggiunge Giovanna Puccio, del Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova –. I bambini con dislessia della scuola primaria, pur avendo gli occhiali spenti, hanno commesso un minor numero di errori. La sola aspettativa che gli occhiali fossero e cienti ha permesso loro di fare la stessa quantità di errori che si osserva solitamente in un ragazzo con dislessia
frequentante la scuola media».
«Questo risultato è stato replicato in una popolazione di studenti universitari: l’e etto placebo ha ridotto gli errori di lettura degli studenti con di coltà di lettura, portandoli allo stesso livello di coloro che leggono bene. Ciò – sottolinea Sara Bertoni del Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Università di Bergamo e responsabile della ricerca – suggerisce che i miglioramenti indotti dai diversi trattamenti per la dislessia evolutiva potrebbero essere spiegati dall’aspettativa che si crea nei partecipanti ai trattamenti. Infatti, sono davvero rari gli studi sulla riabilitazione della dislessia in cui il possibile e etto placebo è adeguatamente controllato».
«Dal confronto tra le condizioni in cui gli occhiali erano funzionanti o spenti abbiamo potuto scoprire il reale e etto degli occhiali “lampeggianti”: vi è un leggero
aumento degli errori nella lettura di parole associato ad una lieve accelerazione nella decodifica di parole nuove. Questi risultati – conclude Franceschini – non escludono quindi che possano esistere e etti a lungo termine degli occhiali che induce da un lato il sistema visivo a decodificare parole nuove, dall’altro, però, ostacola parzialmente il riconoscimento di parole conosciute».
La voce ritrovata: la rinascita di Laura Gambirasi
Dopo 12 anni di silenzio, è tornata a emozionare con la sua voce sul palco di The Voice Senior. Ma la sua vera missione resta aiutare gli altri a ritrovare sé stessi. Una storia di coraggio, consapevolezza e autenticità.
Laura Gambirasi, 61 anni, è una donna che ha trasformato le prove della vita in forza e consapevolezza. Dopo un lun-
go periodo di silenzio durato 12 anni, oggi è tornata a farsi sentire. Letteralmente. Alla prima puntata di The Voice Senior 2025 ha in-
cantato tutti con “La casa nel sole”, conquistando i quattro giudici e il pubblico. Ma Laura non è solo una voce potente: è Specializzata
∞ A CURA DI IVANA GALESSI
in Educazione Alimentare, Naturopatia, Riflessologia Plantare, Metamedicina e Coaching, da anni impegnata nell’aiutare le persone a ritrovare il proprio benessere interiore. Il palco non le ha fatto dimenticare la sua missione: accompagnare gli altri nella riconnessione con sé stessi. Una storia di rinascita che ci ricorda quanto, a volte, la voce più importante da ritrovare… è la nostra.
Per 12 anni ha vissuto senza voce. Quel silenzio forzato che cosa le ha insegnato e in che modo ha cambiato il suo modo di stare nel mondo?
Quando mi sono ritrovata senza voce, mai ho pensato fosse stato a causa di qualcosa di accidentale poiché mi occupo di Metamedicina, una disciplina che utilizza la Psicosomatica per risalire alle cause che scatenano sintomi o patologie al nostro corpo. Si dice “ il corpo urla ciò che la bocca tace”. E, attraverso la perdita della voce, il mio corpo urlava la mia mancanza di coraggio nel dire ciò che pensavo a chi avevo permesso di farmi del male. Ho imparato a comunicare senza timore ciò che penso. È stato un percorso ma, oggi, ho smesso di temere di parlare.
Poi la rinascita:
ha ritrovato la voce e ha scelto di salire su un palco nazionale, quello di The Voice Senior. Cosa le ha lasciato quell’esperienza, a livello umano e professionale?
Ho deciso di aderire al programma poiché sentivo di non essere stata capace nella mia vita di capire se davvero, la mia, fosse una voce così bella come mi veniva spesso detto. Avevo bisogno di sentirmelo riconoscere da cantanti professionisti. Così è stato e ne sono felice. Nessun’altra aspettativa: il successo è dentro di noi ed io mi sento una donna di successo. Dal punto di vista professionale, ho pensa-
to ai ragazzi che si apprestano a voler portare il proprio talento in televisione. Ho capito che alcuni programmi sono costruiti senza tener conto del talento, ma soltanto per attrarre share... E non aggiungo altro.
In molti si sarebbero buttati nel mondo dello spettacolo, eppure lei ha continuato il suo percorso come Coach e Professionista del BenEssere. Come mai questa scelta?
Non ha mai davvero lasciato il suo lavoro di aiuto agli altri? Cantare, così come ballare – ho insegnato ballo latino-americano per quasi vent’anni – sono le mie passioni. Credo che la mia voce sia il dono più grande di cui la vita mi ha dotata. Allo stesso tempo, tuttavia credo che, se fosse stata quella del canto la mia via, avrei fatto di tutto per percorrerla. Il mondo dello spettacolo su larga scala? No, non fa per me. Ripeto... amo esibirmi ed emozionare attra-
verso il canto, ma amo utilizzare il mio strumento vocale a nché smuova emozioni sopite nel cuore delle persone. Il resto lo lascio agli altri.
Lei è Educatrice Alimentare, Naturopata, Riflessologa Plantare, Consulente di Metamedicina e Life Coach: come convivono queste competenze nella sua pratica quotidiana?
Le dirò che sentire elencate tutte queste competenze, acquisite in quasi trent’anni di studio mi fa un po’ impressione, se penso che ho trascorso la prima parte della mia vita lavorativa come impiegata contabile. Per rispondere alla sua domanda, invece... In verità, queste discipline si coordinano molto bene fra loro. Oggi finalmente le Neuroscienze stanno facendo
comprendere che mente, fisico ed emotività sono strettamente correlati fra loro. Il mio lavoro consiste nell’equilibrare questi tre aspetti attraverso l’utilizzo dell’una o dell’altra skill utile in quel momento.
È anche formatrice negli ospedali:
cosa prova nel portare ascolto e consapevolezza a chi cura gli altri?
Quando mi arrivò la prima richiesta da parte dell’ospedale di Crema, faticai a crederci. Anni prima ero stata caregiver dei miei genitori e quando seppi di essere stata proposta dal medico che mi aveva guidata proprio in quegli anni, fu un enorme bellezza per il mio cuore. Io formo gli infermieri dei reparti di cure palliative. Coloro che si prendono cura, il
più delle volte, del malato terminale. Il massaggio riflesso del piede è un ottimo strumento per portare tranquillità a chi sta percorrendo una strada così impegnativa. Mi accorgo che gli infermieri che apprendono la tecnica, comprendono che è necessario andare oltre ad un movimento della mano sul piede: è necessario connettersi al cuore del paziente stesso. Mi dispiace sempre un poco non essere interpellata dal nostro Ospedale e mi auguro che, prima o poi, anche i nostri infermieri, vengano formati attraverso forme alternative di a ancamento al paziente. Mi rendo conto, tuttavia che, nonostante la mia professionalità ormai ampiamente riconosciuta, la di denza nei confronti di tecniche olistiche sia ancora molto alta. Purtroppo – e ahimè – comprendo che così possa essere, poiché, ormai, il mio mondo è diventato un business: tutti Coach e nessuno allievo... Basta dare un’occhiata ad internet.
Un’ultima domanda.
Se potesse tornare indietro dalla bambina che sognava di fare la showgirl, oggi cosa le direbbe?
Fra le tante cose che faccio, mi occupo di Comunicazione e ho da poco terminato la conduzione di un corso dal titolo “Teatralità delle Emozioni ”. Io lavoro molto con il bambino interiore e, attraverso questo percorso e questa tecnica, le persone si mettono in gioco portando in scena le loro esperienze. Questo è per dirle che con quella bambina ho già parlato a lungo e ha compreso che aveva bisogno di sentirsi riconosciuta. Ora non ne ha bisogno perché si è sentita riconosciuta da me. Ma questo è un discorso più ampio di cui, se vorrà, parleremo in un’altra occasione.
Riscoprire il contatto con la Terra per ritrovare il benessere
In un momento storico iperstimolante, prende il largo una pratica semplice quanto e cace per migliorare la salute fisica e mentale
C’è qualcosa di profondamente ancestrale nel camminare a piedi nudi sull’erba fresca o nella sabbia umida, una sensazione che spesso associamo all’infanzia o alle vacanze più rigeneranti. Eppure, questo gesto tanto semplice è oggi al centro di una pratica sempre più di usa nel mondo del benessere: il grounding, o earthing, ovvero il contatto diretto del corpo con la superficie terrestre con l’obiettivo di riequilibrare mente e corpo. Non si tratta di una moda passeggera. A sostegno di questa pratica si stanno accumulando studi, osservazioni cliniche e testimonianze che ne evidenziano i potenziali benefici sul piano fisico, mentale e persino emotivo. Ma cosa dice davvero la scienza?
Una pratica naturale e antica
Il grounding parte da un presupposto tanto semplice quanto rivoluzionario: riconnettersi fisicamen-
te alla Terra attraverso il contatto diretto con la sua superficie. Può trattarsi di camminare a piedi nudi su un prato, sdraiarsi sulla sabbia o utilizzare dispositivi conduttivi collegati al suolo, come tappetini o lenzuola speciali. Secondo la teoria alla base, la superficie terrestre è carica di elettroni liberi, in grado di neutralizzare i radicali liberi presenti nel nostro corpo, riducendo lo stress ossidativo e favorendo un equilibrio elettrico interno più stabile. È un’ipotesi suggestiva, che richiama concetti della fisica e della biologia cellulare, e che negli ultimi anni ha attirato l’interesse della comunità scientifica.
Cosa dice la scienza
Anche se le ricerche sono spesso limitate da campioni ridotti, i risultati preliminari sono incoraggianti. Uno studio pubblicato sul Journal of Inflammation Research ha osservato che il contatto con la Terra,
può ridurre i marker infiammatori, migliora il flusso sanguigno e favorisce una maggiore variabilità della frequenza cardiaca, un indicatore di equilibrio del sistema nervoso autonomo. Un’altra ricerca del 2004 ha documentato come dormire a contatto con la Terra, tramite lenzuola conduttive, contribuisca a normalizzare i livelli di cortisolo notturno, l’ormone dello stress. I partecipanti hanno riportato un miglioramento nella qualità del sonno, risvegli meno frequenti e una maggiore sensazione di lucidità al mattino. Non solo: studi condotti su atleti suggeriscono che il grounding possa accelerare il recupero muscolare post-esercizio, riducendo dolore e infiammazione, probabilmente grazie a un e etto di modulazione del sistema immunitario e nervoso.
Il sistema nervoso e il ruolo del respiro Il grounding sembra agire anche
∞ A CURA DI SARA CARRARA
sul piano neurofisiologico, stimolando il nervo vago, una componente chiave del sistema parasimpatico, deputato alla regolazione dello stress e delle emozioni. Il semplice atto di camminare scalzi, magari respirando profondamente, favorisce uno stato di calma e presenza. Questo accade perché si attiva la risposta del corpo al “riposo e recupero”, l’esatto opposto della reazione di allarme che spesso accompagna le nostre giornate frenetiche. Il contatto con la Terra, quindi, diventa un gesto meditativo, un’esperienza sensoriale e mentale insieme, capace di riportarci a uno stato più centrato e meno reattivo.
Una pratica per tutti (con alcune accortezze)
Integrare il grounding nella routine quotidiana è facile e non richiede strumenti complesssi. Ca-
mminare a piedi nudi su un prato, trascorrere del tempo seduti su una panchina con i piedi nudi nel terreno, o anche appoggiare le mani su una roccia o un albero sono tutte modalità valide per ristabilire il contatto con la natura. È importante, però, prestare attenzione alla sicurezza: camminare scalzi comporta rischi di tagli o infezioni, soprattutto per chi ha problemi di circolazione o neuropatie. In questi casi è bene consultare il medico prima di iniziare.
Il valore simbolico del radicamento Al di là delle prove scientifiche, il grounding ha anche un forte valore simbolico: riconnette l’essere umano al suo ambiente naturale, in un momento storico in cui siamo spesso iperstimolati, digitalizzati, scollegati dai ritmi biologici. In un’epoca di stress cronico, insonnia di usa e ansia latente,
il semplice gesto di fermarsi, togliersi le scarpe e sentire la Terra può diventare un atto di ribellione gentile, un modo per ricordarci che non siamo separati dal mondo, ma parte di esso.
Una pratica semplice, con un potenziale profondo Il grounding non promette miracoli, ma o re una via accessibile e naturale per ritrovare equilibrio e benessere. Che si tratti di un gesto quotidiano o di un rituale settimanale, riconnettersi alla Terra può aiutarci a respirare meglio, dormire più profondamente e a rontare la giornata con maggiore centratura. Come spesso accade nel mondo del benessere, la scienza sta iniziando a confermare ciò che il corpo e la natura sanno da sempre: per guarire, a volte basta tornare a casa. E la casa è sotto i nostri piedi.
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Via Roma, 23 - Villa d'Almè (BG)
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Microbiota
intestinale: un alleato contro obesità e malattie metaboliche
Scoperte recenti confermano il ruolo chiave dei batteri intestinali nella regolazione del peso, dell’infiammazione e della risposta metabolica: il futuro della medicina passa anche dall’intestino.
Dall’intestino al metabolismo: un legame sempre più forte Negli ultimi anni la scienza ha compiuto passi da gigante nello studio del microbiota intestinale, svelando il ruolo cruciale che la comunità di microrganismi che abita il nostro intestino gioca nel regolare funzioni metaboliche, immunitarie e neurologiche. Oggi, il microbiota non è più solo un oggetto di studio per gli specialisti, ma un protagonista riconosciuto anche nel contesto della medicina preventiva, della nutrizione e della gestione delle malattie croniche. Una recente ricerca condotta dall’Istituto di Agroquímica y Tecnología de Alimentos (IATA) del Consiglio Superiore delle Ricerche Scientifiche (CSIC), in collaborazione con l’Università di Trento, ha identificato una connessione significativa tra il microbiota intestinale e la salute metabolica. Lo studio, infatti, ha evidenziato come
la presenza del batterio Phascolarctobacterium faecium sia più comune in individui con peso corporeo nella norma rispetto a soggetti in sovrappeso o obesi, suggerendo il suo possibile ruolo come indicatore di buona salute metabolica.
Il batterio che “dimagrisce” nei test di laboratorio
I dati più sorprendenti provengono da esperimenti su modelli murini (strumenti di ricerca biomedica essenziali per studiare malattie umane, valutare terapie e comprendere i meccanismi biologici, ndr): l’introduzione del batterio P. faecium ha determinato una riduzione del peso corporeo del 25% e della massa grassa del 35%, con un miglioramento della tolleranza al glucosio. Risultati così marcati, in linea con quelli ottenuti da farmaci come la semaglutide (oggi impiegata nella
terapia del diabete di tipo 2 e nella gestione del peso corporeo), aprono uno scenario completamente nuovo. Ma qual è il meccanismo attraverso cui un singolo ceppo batterico può indurre e etti così potenti? Secondo gli autori, il batterio P. faecium sarebbe in grado di modulare il sistema immunitario innato, riducendo l’infiammazione intestinale e sistemica tipicamente associata a regimi ipercalorici. Questo e etto antinfiammatorio sembra agire come un interruttore metabolico, migliorando la sensibilità insulinica e favorendo un bilancio energetico più e ciente.
Una svolta per la medicina del futuro
La prospettiva che il microbiota possa diventare un target terapeutico – o addirittura un alleato farmacologico – per il trattamento dell’obesità e delle patologie
∞ A CURA DEL DOTT. RUDY ALEXANDER ROSSETTO
metaboliche rappresenta un vero e proprio cambio di paradigma. Le future terapie potrebbero non passare esclusivamente da farmaci sintetici, ma da strategie “biologiche” capaci di ripristinare o potenziare l’equilibrio tra batteri benefici e potenzialmente patogeni. Questo apre scenari ancora più ampi nel campo della medicina di precisione: analizzando la composizione del microbiota, infatti, si potrebbero individuare biomarcatori predittivi di risposta a diete, farmaci o integratori, personalizzando la cura e prevenzione sulla base del profilo microbico individuale. In parallelo, la nutraceutica – ovvero la disciplina che indaga i componenti o i principi attivi degli alimenti con e etti positivi per la salute, la prevenzione e il trattamento delle malattie – e l’alimentazione funzionale stanno già esplorando l’uso mirato di
prebiotici e probiotici per favorire l’espansione di ceppi “benefici” come P. faecium
Un ecosistema da proteggere ogni giorno
Va ad ogni modo ricordato che il microbiota è un ecosistema estremamente dinamico e sensibile: dieta, farmaci, stress, stile di vita e persino la qualità del sonno possono influenzarne profondamente la composizione e la funzionalità. Per questo, l’approccio più promettente resta quello integrato, in cui nutrizione, attività fisica, equilibrio psicofisico e – se necessario – supporti mirati contribuiscano sinergicamente al mantenimento della salute metabolica. Infine, la ricerca suggerisce che la chiave non sia soltanto “aggiustare” il microbiota, ma co-evolvere con esso, riconoscendone il ruolo attivo in ogni fase della nostra vita,
DOTT. RUDY ALEXANDER ROSSETTO
Presidente Ordine dei Biologi della Lombardia
dall’infanzia all’invecchiamento. La salute dell’intestino diventa così una finestra sulla salute dell’intero organismo. E forse, in futuro, i check-up di routine includeranno anche l’analisi del microbiota come parametro fondamentale per valutare il rischio di malattie croniche e guidare interventi preventivi su misura.
Il potere segreto dei funghi
Dalle proprietà nutrizionali ai consigli per un consumo sicuro, tutto quello che c’è da sapere sui protagonisti delle tavole autunnali.
Deliziosi al palato e capaci di insaporire primi e secondi in modo unico, i funghi non solo apportano pochissime calorie, ma rappresentano anche una miniera di sostanze benefiche per l’organismo. Porcini, champignon, cardoncelli, gallinacci e chiodini: ognuno ha le sue caratteristiche e il suo particolare gusto. In ogni caso, sono una vera e propria passione per molti, soprattutto se si tratta di porcini, carnosi e profumati, che si possono raccogliere tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno, nei boschi di querce e di castagne.
La classificazione e le caratteristiche nutrizionali Quando si parla di funghi spesso si crea molta confusione perché molte persone credono che si tratti di un tipo di verdura. I funghi, invece, appartengono a un regno a sé stante denominato “Fungi o Mycetae”. Sono composti per quasi il 90% da acqua e apportano pochissimi grassi e calorie (26 calorie per 100 grammi), motivo per cui possono essere consumati anche nell’ambito di diete ipocaloriche. Sono ottime fonti di fibra, utili per il buon funzionamento dell’intestino, ma contengono anche tracce di proteine vegetali e una buona quantità di vitamine e sali minerali come potassio, fosforo, calcio e ferro. Inoltre, sono alleati delle ossa, grazie alla presenza di lisina, amminoacido che oltre a favorire la formazione di anticorpi ormoni (come quello della crescita) ed enzimi, è necessario allo sviluppo e alla fissazione del calcio nelle ossa. Sono anche alleati del buonumore e dell’energia, in virtù del triptofano e delle vitamine del gruppo B di cui sono ricchi, e un alimento anti-age poiché con-
tengono sostanze antiossidanti che contribuiscono a contrastare l’e etto dannoso dei radicali liberi, principali responsabili dell’invecchiamento cellulare. Infine, da secoli i funghi sono considerati un toccasana per il sistema immunitario e vengono spesso consigliati nell’alimentazione durante il cambio di stagione tra estate e autunno, per aiutare l’organismo a difendersi meglio. Tra l’altro, quello è il periodo migliore per consumarli freschi, anche per la maggiore disponibilità di funghi che crescono spontaneamente. Durante tutto il resto dell’anno, è più facile trovarli surgelati o secchi.
∞ A CURA DELLA DOTT.SSA EMANUELA MOSCA
Le precauzioni da seguire per un consumo in totale sicurezza Innanzitutto, come tutti gli alimenti, anche i funghi vanno consumati senza eccedere con le quantità e con cautela per quanto riguarda i bambini al di sotto dei tre anni, gli anziani e le donne in gravidanza. Inoltre, è importante acquistarli da rivenditori autorizzati oppure, se si sceglie di raccoglierli autonomamente nei boschi, rispettare la normativa vigente e farli sempre controllare dagli esperti delle ASL prima di consumarli. Infatti, l’ingestione di funghi non sicuri può essere pericolosa e procurare danni alla salute, fino alla morte. Prima di consumarli, poi, è necessario, sottoporli alla cottura per evitare di ingerire batteri che possono essere pericolosi per la salute e distruggere le tossine ter-
DOTT.SSA
EMANUELA MOSCA
Biologa Nutrizionista con Laurea in Alimentazione e Nutrizione Umana
Brignano Gera d’Adda (BG)
molabili - ossia sensibili al calore, che evaporano durante la cottura a circa 80°C - potenzialmente tossiche se ingerite. I funghi, infatti, si alimentano direttamente (senza radici) assorbendo le sostanze dal terreno dei boschi come delle vere spugne, i nutrienti possono
aver assimilato sostanze tossiche già presenti nel terreno e non visibili al controllo, ma comunque dannose per l’organismo. La cottura serve anche a facilitare la digestione della struttura biologica del fungo che, a causa di una sostanza chiamata micosina o chitina, può risultare di cile da digerire.
Meglio freschi o essiccati?
I funghi possono essere consumati freschi, sempre disponibili come quelli coltivati nelle fungaie, o raccolti soprattutto nel mese di settembre, ma è possibile utilizzare anche quelli surgelati o essiccati per realizzare gustosi piatti. I funghi, infatti, conservano le proprie caratteristiche nutrizionali anche quando sono essiccati; dunque, in mancanza di funghi freschi, quelli secchi andranno benissimo.
Nessun vicolo resta cieco per le strade della nostra mente
Potenziale terapeutico nei ricordi traumatici nella cura con EMDR
”Sono diventato la persona che sono oggi all’età di dodici anni, in una gelida giornata invernale del 1975. Ricordo il momento preciso: ero accovacciato dietro un muro di argilla mezzo diroccato e sbirciavo di nascosto nel vicolo lungo il torrente ghiacciato. È stato tanto tempo fa. Ma non è vero”. Questa frase, tratta da Il cacciatore di aquiloni, descrive con precisione l’implacabile e etto del trauma. Il trauma genera ricordi che restano intrappolati nella rete esperienziale della persona, condizionandone profondamente l’adattamento alla vita. Il protagonista, Amir, assiste a un evento traumatico in un vicolo che segnerà il suo destino. Quel vicolo diventa simbolo di colpa, tradimento e perdita dell’innocenza, proprio come accade in molte storie di vita segnate da ferite emotive mai curate. I disturbi traumatici sono fortemente correlati alle condotte di abuso: l’autome-
dicazione, l’adattamento disfunzionale e il tentativo illusorio di evitare certe emozioni spingono verso comportamenti tossicomanici. Lavorare sui traumi è fondamentale nel trattamento delle dipendenze. Permette di uscire dalla disorganizzazione interna e di ricostruire una narrazione coerente in cui il vissuto emotivo trova spazio e senso. Nel lavoro
con persone con dipendenze è importante considerare i traumi relazionali e d’attaccamento, ovvero esperienze precoci di incuria, assenza e invalidazione. Questi eventi ripetuti possono generare sintomi del disturbo post-traumatico complesso, spesso rispecchiati nelle storie individuali. I traumi complessi vissuti nell’infanzia, quando non esiste ancora
∞ A CURA DELLA DOTT.SSA STEFANIA SACCHEZIN
una capacità cognitiva pienamente sviluppata, lasciano e etti profondi sull’identità, l’autoregolazione e la costruzione di sé. Particolarmente gravi sono i traumi che si collocano a metà tra incidenti critici e traumi relazionali, specialmente se hanno origine in fattori umani. I traumi precoci danneggiano le strutture neurologiche coinvolte nell’analisi delle informazioni, nella regolazione delle emozioni e nella catalogazione dell’esperienza.
Il ruolo dell’EMDR nel trattamento
L’utilizzo dell’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) nel trattamento delle dipendenze è ormai riconosciuto. Gli studi dimostrano che agisce sulle regioni ippocampale, amigdaloidea e sulla corteccia cingolata anteriore. Aumenta l’attivazione della corteccia prefrontale, facilitando l’integrazione tra elementi cognitivi ed emotivi e favorendo l’immagazzinamento di nuove informazioni. Nel 1994, alcuni studiosi hanno sottolineato l’e cacia dell’EMDR nel trattamento delle dipendenze. Gli interventi dovrebbero poi mirare agli stimoli interni (emozioni, memorie traumatiche) ed esterni (gruppi di pari, ambienti legati alla sostanza) che possono innescare ricadute. Nel tempo sono stati sviluppati protocolli EMDR centrati sul trauma, comuni nel loro obiettivo di desensibilizzare gli stimoli che riattivano l’uso. La stimolazione bilaterale, focus
della tecnica, attiva entrambi gli emisferi cerebrali tramite movimenti oculari, suoni o battiti alternati, riattivando il sistema di elaborazione delle informazioni. Il terapeuta accompagna il paziente nel dare nuovo significato ai ricordi dolorosi.
Le fasi della terapia
> Relazione terapeutica positiva: la persona deve sentirsi accolta, al sicuro. Questo crea uno spazio di calma propedeutico alla cura;
> Raccolta delle informazioni: traumi e dipendenze vengono esplorati a fondo. È una fase delicata, che richiede costanza e dedizione;
> Ra orzamento della motivazione: si valorizzano risorse personali, attaccamenti sicuri, esperienze positive;
> Desensibilizzazione iniziale: già durante il ricovero è possibile lavorare su ricordi significativi e di coltà presenti;
> Desensibilizzazione dei traumi: la persona visita le memorie dolorose con l’obiettivo di trasformarle;
> Elaborazione del “primo uso” e degli episodi peggiori: si lavora sulla storia della dipendenza per alleviare sensi di colpa e vergogna;
> Elaborazione delle ricadute: considerate parte del percorso, le ricadute vengono a rontate e comprese come opportunità
e psicoterapeuta
di apprendimento;
> Desensibilizzazione dei trigger: a rontati i ricordi passati, si lavora sulle attivazioni del presente;
> Ritorno al futuro: la persona, guidata, immagina un adattamento positivo nei mesi successivi, installando le nuove competenze acquisite.
Diversi studi di neuroimmagine hanno evidenziato modifiche nell’attività cerebrale pre, durante e post EMDR. Si osservano cambiamenti nelle aree coinvolte nell’elaborazione emotiva e nella memoria. Le evidenze scientifiche o rono non solo speranza, ma anche solide certezze per chi, come Amir, si è smarrito nei vicoli del proprio dolore: è possibile ritrovare la strada della vita, e la capacità di goderne.
DOTT.SSA STEFANIA SACCHEZIN Psicologa
Gruppo Ginestra Milano (MI) / Appiano Gentile (CO)
Litigare fa bene (se sai come farlo)
Non è il conflitto in sé a minare la relazione, ma come lo si a ronta nei primi tre minuti. Una ricerca canadese apre nuove prospettive sulla comunicazione di coppia.
Capita a tutte le coppie: una parola detta male, un malinteso, un gesto frainteso. E “scoppia” il litigio. Tuttavia, secondo una recente ricerca condotta dalla Toronto Metropolitan University, pubblicata sul Journal of Social and Personal Relationships, non è il conflitto a compromettere una relazione. Il vero fattore determinante è come si gestiscono i primi tre minuti della discussione. I ricercatori, infatti, hanno osservato numerose coppie alle prese con discussioni reali, analizzando attentamente le dinamiche comunicative che si instaurano nei momenti iniziali. Il risultato è chiaro: l’apertura del conflitto influenza l’intero sviluppo del litigio. Se si parte con toni calmi,
ascolto e rispetto, si pongono le basi per un confronto costruttivo. Se invece si inizia con critiche aspre, sarcasmo o atteggiamenti difensivi, la discussione tende a degenerare, sfociando in accuse reciproche, chiusura emotiva e incomprensione.
Litigare non significa distruggere Per molte persone, litigare significa che qualcosa non va. Ma non è così. Il conflitto è parte integrante di ogni relazione autentica, perché inevitabilmente due individui hanno bisogni, visioni e modi di comunicare di erenti. Litigare, quindi, non è un segnale di crisi, ma può diventare un’opportunità per crescere insieme. Anzi, le coppie che evitano sistematicamente
ogni scontro corrono un rischio opposto: reprimono frustrazioni, accumulano risentimenti e si allontanano emotivamente. La qualità della relazione, infatti, non si misura con l’assenza di conflitti, ma con la capacità di a rontarli in modo sano e produttivo.
Le strategie per un litigio “sano” Cosa succede nei primi tre minuti di un litigio? In genere, è il momento in cui l’emotività è più alta e il cervello più “reattivo” che riflessivo. È facile lasciarsi travolgere dalla rabbia o dalla delusione. Ma proprio qui entra in gioco la capacità di autoregolazione emotiva. Secondo i ricercatori canadesi, usare un linguaggio consapevole è fondamentale. Al-
∞ A CURA DI IVANA GALESSI
cuni suggerimenti pratici:
> Evitare generalizzazioni come “sempre” o “mai”, che suonano come attacchi;
> Usare la prima persona per esprimere come ci si sente (“mi sento trascurato” invece di “non ti importa nulla di me”);
> Lasciare spazio all’altro, senza interrompere né sovrapporsi;
> Mantenere il tono di voce stabile, anche se si è scossi. Questi piccoli accorgimenti comunicano al partner che, pur nel disaccordo, non si vuole distruggere il legame, ma comprenderlo meglio.
Come allenarsi all’ascolto
La buona notizia è che le competenze relazionali si possono sviluppare. Non si nasce “bravi a litigare”, ma si può imparare. Allenarsi a parlare con chiarezza, a dare un nome alle proprie emozioni, ad ascoltare davvero: sono abilità che
ra orzano la relazione nel tempo. Anche ricorrere a una mediazione esterna, come la terapia di coppia, può aiutare. Non per “aggiustare ciò che non funziona”, ma per imparare un linguaggio condiviso e nuove strategie comunicative. Le coppie che investono nel proprio modo di relazionarsi si dimostrano più resilienti, anche di fronte a periodi di cili.
Il conflitto
come forma di intimità
Un aspetto interessante della ricerca è che le coppie che litigano in modo rispettoso si sentono, nel tempo, più vicine. Il confronto autentico diventa occasione di verità, di apertura e di riconoscimento reciproco. Il conflitto, infatti, può diventare una forma profonda di intimità, se a rontato con la volontà di capirsi, e non di prevalere. Significa dirsi anche le cose scomode, mostrare le proprie fragilità,
mettersi in discussione. Non è semplice, certo. Ma è proprio in quel terreno incerto che può nascere una relazione più solida, onesta e duratura.
Tre minuti per cambiare la relazione Insomma, l’insegnamento di questa ricerca è potente nella sua semplicità: non serve evitare il litigio, ma imparare a viverlo bene. E tutto si gioca in un tempo brevissimo: i primi tre minuti. Un piccolo spazio temporale che, se gestito con consapevolezza, può trasformare il conflitto da minaccia a risorsa. Quindi, la prossima volta che nasce un contrasto, proviamo a fermarci un attimo. Respiriamo, scegliamo le parole con cura, ricordiamoci che stiamo parlando con la persona che amiamo. Perché, in fondo, litigare bene è un modo per amarci meglio.
Quando l’allattamento si complica
La natura umana ha fatto sì che il sistema ormonale materno abbia reso automatico e spontaneo l’allattamento. Cosa succede nei casi in cui la neomamma non può o non vuole allattare?
L’importanza dell’allattamento al seno
Numerosi studi e ricerche scientifiche hanno dimostrato che il latte materno, grazie agli anticorpi della neomamma di cui è ricco, protegge il neonato - che non ha ancora completato lo sviluppo del proprio sistema immunitario - da molte malattie, oltre ad avere e etti benefici a lunga distanza, riducendo il rischio di diabete, obesità e malattie cardiovascolari nell’adulto. Inoltre, l’allattamento favorisce lo sviluppo cognitivo del bambino e riduce il rischio di cancro al seno alla mamma. Per questo è fondamentale che la mamma venga ben informata durante il periodo di gestazione sui benefici dell’allattamento e sui piccoli accorgimenti necessari per evitare di coltà e ostacoli, senza però colpevolizzarla se non può o non vuole allattare.
Le di coltà che possono portare
all’abbandono dell’allattamento Seppur si ritenga che allattare sia semplice e spontaneo, soprattutto se è la prima volta ci possono essere delle incertezze sulla posizione da far tenere al bimbo e su come attaccarlo al capezzolo, perciò si possono commettere errori che possono scoraggiare la madre e incentivare, di tutta risposta, il ricorso alla formula. È fondamentale imparare subito ad allattare in modo corretto, grazie al supporto del personale qualificato delle strutture sanitarie, soprattutto per evitare il dolore al seno o il fastidio che può manifestarsi nei primi giorni se la posizione della mamma è scomoda e l’attacco del bimbo non è fatto in modo adeguato. È raro che una mamma non produca su ciente latte per il proprio bimbo: la mancanza di latte (agalattia) o la sua insu ciente produzione (ipogalattia) sono condizioni che interessano meno del 10% delle
puerpere, pertanto, se si ha l’impressione di produrre poco latte è possibile che debba essere rimodulata la propria “tecnica” di allattamento, la frequenza delle poppate e il tempo a esse dedicato. Bisogna comunque prestare attenzione a non dare al bimbo liquidi zuccherati o sostanze diverse dal latte materno perché possono compromettere l’allattamento al seno, disincentivando il bimbo dalla suzione dal capezzolo.
Ragadi e ingorgo mammario: sintomi e rimedi
Ulteriori problematiche possono essere le ragadi, piccoli taglietti del capezzolo dolorosi e sanguinanti causati spesso da una scorretta posizione, da un attacco errato del bimbo o da un eccesso di lavaggi o di applicazioni di sostanze detergenti che danneggiano il film protettivo prodotto dalle ghiandole dell’areola mammaria:
∞ A CURA DEL DOTT. CLAUDIO CRESCINI
se il problema stenta a risolversi è opportuno lasciare libero il capezzolo e applicare una pomata alla lanolina. L’ingorgo mammario, invece, è causato da un insu ciente svuotamento del seno per cui il latte si accumula nella mammella causando tensione, gonfiore, dolore e talvolta anche febbre. Può avvenire sia durante la montata lattea sia durante l’allattamento. La cosa migliore da fare è attaccare subito il bimbo al seno in modo corretto, allungare la durata delle poppate e renderle più frequenti, grazie all’utilizzo di un tiralatte o, meglio ancora, il “metodo della bottiglia calda”. Più raramente, tra il 10° e il 14° giorno dal parto, può insorgere un’infezione della mammella causata da un germe, lo stafilococco aureo, che entrando dal capezzolo trova nel latte un terreno di coltura perfetto e può provocare la formazione di un ascesso. Per prevenire questa condizione, nota come mastite batterica, è necessaria un’accurata igiene personale che consiste in una doccia giornaliera, un frequente lavaggio delle mani prima di ogni poppata e una cura del capezzolo con acqua, ma senza sostanze tensioattive o profumate. In caso di infezione si opta per una terapia antibiotica e talvolta può essere necessario un intervento chirurgico di incisione e drenaggio dell’ascesso. In ogni caso è fondamentale, quando insorgono problemi durante l’allattamento, rivolgersi subito a un’ostetrica di fiducia, al Pronto Soccorso o alla
sala parto dell’ospedale in cui si è partorito. Solo così si potranno avere i consigli per risolvere la problematica.
Interventi chirurgici e impatti estetici dell’allattamento: verità e falsi miti
Gli interventi chirurgici di ampliamento o rimodellamento del seno con l’introduzione di una protesi non provocano danni ai dotti galattofori (i piccoli canali che portano il latte dalle ghiandole dove viene prodotto fino al capezzolo da cui fuoriesce), perciò non impediscono né ostacolano l’allattamento. La mastoplastica riduttiva (riduzione del volume delle mammelle), invece, può causare un danno ai dotti galattofori con impossibilità ad allattare. Si può allattare anche dopo essere state operate per un tumore al seno perché la mammella non operata - quindi sana – produce latte ed
DOTT. CLAUDIO CRESCINI
Specialista in Ostetricia e Ginecologia
Adjunct professor Humanitas University Milano; Consulente ostetrico-ginecologo ASST BG Est ORTOPEDIA TECNICA
è possibile attaccare a questa il bimbo. Per quanto riguarda gli esami diagnostici, si predilige l’ecografia mammaria che, rispetto alla mammografia, è una procedura meno invasiva. Infine, si sente spesso dire che l’allattamento danneggia il seno svuotandolo e facendogli perdere rotondità e sostegno. In realtà i fattori più importanti che modificano l’aspetto estetico delle mammelle sono la gravidanza stessa con i suoi cambiamenti ormonali e l’ingrossamento del seno e l’eccessivo aumento di peso. Quindi l’allattamento ha un ruolo molto marginale, se non nullo. Per evitare o ridurre questi cambiamenti estetici è bene non aumentare troppo di peso in gravidanza e soprattutto rinforzare i muscoli pettorali con esercizi di ginnastica.
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“Cortina di ferro”: il bambino che decide di non parlare più
∞ A CURA DEL DOTT. MAURO SAVARDI
Cause, funzioni e strategie di intervento per accompagnare il bambino verso una comunicazione più libera.
Con il termine “mutismo selettivo” s’intende la tendenza, da parte del bambino che ha conseguito un normale percorso di sviluppo linguistico, sia sul piano dell’espressione che della comprensione, alla chiusura espressiva in specifici contesti sociali. I bambini con mutismo selettivo pur essendo in grado di parlare a casa con i genitori o in altri contesti dove si sentono a loro agio, non parlano in contesti sociali selezionati, come a scuola, in presenza di estranei o in alcune situazioni non familiari.
I fattori che contribuiscono al sintomo
I fattori predisponenti o causali ipotizzabili, vanno dalle caratterizzazioni temperamentali del bambino (bambino timido, bisognoso di conferme, timoroso etc.) ad aspetti di eccessiva rigidità emotiva, controllo regolativo da parte dell’ambiente e del contesto in cui il bambino cresce, a errori interpretativi del sintomo da parte delle persone coinvolte nelle situazioni in cui il sintomo si manifesta, a eccessivo formalismo regolativo e performativo del contesto in cui
il bambino si trova, all’incapacità relazionale ed emotiva dell’adulto che interagisce con il bambino. Ad esempio a scuola, la non chiarezza del problema, può portare ad interpretare il comportamento del bambino, come un atteggiamento oppositivo e di rifiuto nei confronti del singolo insegnante o adulto. Se l’adulto, ad esempio, non si accorge del proprio errore interpretativo, perché non conosce il bambino o perché non sa empatizzare con le sue di coltà o perché è troppo concentrato sulla “programmazione” della propria disciplina scolastica, sulla propria performance e/o sulla performance dell’alunno, inconsapevolmente agisce in funzione del mantenimento e perfezionamento del sintomo, piuttosto che alla sua risoluzione.
Il sintomo come strategia adattiva Il sintomo, in generale, è sempre una soluzione “adattiva” che il soggetto trova o sviluppa, anche inconsapevolmente, al fine di rispondere a un bisogno o un problema. Pertanto in quest’ottica, il sintomo ha un notevole
vantaggio personale per chi lo sviluppa. Nella specifica situazione del mutismo selettivo, il sintomo è rappresentato dalla contrazione della propria esposizione linguistica e sociale. Il vantaggio, per il bambino che lo manifesta è multiplo: da una parte il bambino evita situazioni di esposizione sociale che lo attivano emotivamente nella direzione dell’ansia sociale e/o della vergogna; in questo modo evita di provare imbarazzo, di sentirsi in ansia e al centro dell’attenzione; dall’altra evita richieste orientate verso di lui e quindi evita il rischio di sbagliare, con le medesime implicazioni emotive specificate prima; inoltre può aumentare da parte dell’adulto l’attenzione e il focus emotivo orientato su di lui in termini di maggior a etto e comprensione espresse nei suoi confronti.
Interventi possibili: dentro e fuori il bambino È evidente a questo punto che gli aspetti su cui agire, al fine di aiutare il bambino ad abbandonare, anche solo in parte, il sintomo, per immergersi in una socialità meno controllata, sono due: interni al
bambino ed esterni a lui; questi due fattori se non adeguatamente modificati, tendono a rinforzarsi reciprocamente, aumentando il sintomo e l’evitamento.
Tra i fattori interni al bambino bisogna considerare l’attivazione fisiologica (il rossore, il senso di tensione o agitazione, la palpitazione), quella emotiva (l’emotività ansiogena e/o l’emozione della vergogna) che genera in lui disagio e quella più strettamente cognitiva o mentale. A sei/sette anni il bambino ha già piena consapevolezza e rappresentazione di Sé anche in un’ottica comparativa con gli altri. Il desiderio di “fare bene” o la paura di sbagliare, sono aspettative che il bambino prova e sperimenta. Quanto più questi aspetti sono rigidi, in termini di formulazioni e giudizi interni inconsapevoli, tanto più le emozioni connesse alle aspettative e al timore di errare, in contesti percepiti come per-
formativi, come ad esempio la scuola, saranno intense. Tra i fattori esterni al bambino bisogna considerare da una parte l’errata interpretazione del suo comportamento. Attribuire al suo comportamento un’intenzionalità ostativa può portare infatti l’adulto ad aumentare le richieste nei suoi confronti o ad annullarle completamente, lasciandolo “galleggiare” nella propria situazione di non interazione. Nel primo caso il bambino si ritira per eccesso di attivazione emotiva sperimentata; nel secondo caso semplicemente non si espone oltre il sintomo. Ciò detto, diventa evidente anche la soluzione di contesto finalizzata ad aiutare il bambino ad abbandonare i vantaggi del sintomo. La costruzione di un clima emotivo non eccessivamente performativo; l’accettazione del punto di partenza espressivo del bambino; l’empatizzazione con il suo bagaglio
DOTT. MAURO SAVARDI Psicologo e psicoterapeuta
emotivo; l’adozione di modalità didattiche non eccessivamente direttive ma che attivino le risorse del piccolo gruppo; il rinforzo dei suoi piccoli e continui progressi.
Bibliografia
Canevaro, A. I bambini che si perdono nel bosco: identità e linguaggi nell’infanzia, Firenze, La Nuova Italia, 1976
La Gen Z riscrive le regole della vita mondana: l’“early night trend” supera la “party era”
∞ A CURA DI SARA CARRARA
Perché sempre più giovani scelgono di rimanere a casa e dormire: tra benessere e salute mentale
Una nuova tendenza serale sta prendendo piede tra i giovani della Generazione Z: si chiama early night trend e nasce su TikTok per raccontare una scelta controcorrente. In un’epoca in cui il binomio “giovani = festa” sembrava intoccabile, oggi molti ventenni preferiscono il comfort di casa e una buona notte di sonno alle nottate passate in discoteca tra fumo e alcol. Ma questo cambiamento non è solo culturale o estetico: è il riflesso di una trasformazione più ampia, che coinvolge abitudini, benessere psicofisico e dinamiche sociali profondamente mutate.
Dallo sballo al benessere: un cambio di rotta generazionale La pandemia ha segnato uno spartiacque nelle abitudini giovanili. Il lungo periodo di isolamento domestico ha costretto i giovani a riorganizzare la propria quotidianità, ridimensionando il desiderio di
evasione e accelerando l’introspezione. In questo contesto è emersa una nuova priorità: il benessere mentale. Lontani dalle piste da ballo, molti hanno riscoperto l’importanza del sonno e della cura di sé. Secondo un’analisi dell’American Time Use Survey condotta da RentCafe, nel 2022 i ventenni hanno dormito in media 9 ore e 28 minuti, con un incremento dell’8% rispetto ai dati del 2010. A supporto, i dati di Sleep Number rivelano che i giovani tra i 18 e i 34 anni vanno a letto in media alle 22:06, con i più giovani che tendono a dormire ancora prima.
Dal club alla camomilla: perché le discoteche si svuotano Il nuovo stile di vita ha inevitabilmente avuto un impatto sul mondo della nightlife. Non è un caso che diversi imprenditori del settore abbiano lanciato un allarme: “Le discoteche stanno fallendo”, ha dichiarato sui social. Un tempo, il
clubbing rappresentava un rituale di trasgressione e liberazione. Oggi, quello stesso bisogno di evasione sembra essersi trasferito sul digitale. Smartphone alla mano, i giovani si rifugiano in una socialità virtuale che li spinge a restare nella propria zona di comfort,
riducendo il desiderio di uscire e confrontarsi nel mondo reale. Insomma, il sabato sera non è più sinonimo di luci stroboscopiche e dancefloor: molti preferiscono una serata tranquilla, una tisana e un film in streaming. Una rivoluzione silenziosa, ma potente.
Il lato salutare dell’early night trend
Questa nuova routine notturna porta con sé anche diversi vantaggi per la salute. Dormire presto e con regolarità favorisce il rilascio della melatonina, l’ormone che consolida le informazioni apprese durante il giorno e regola il ritmo sonno-veglia. Una buona igiene del sonno supporta il ciclo circadiano, influenzando positivamente l’energia, la concentrazione e persino l’umore. In un’epoca in cui la salute mentale è diventata una priorità, il sonno si rivela un alleato prezioso. Tuttavia, non
tutti i segnali vanno letti in chiave positiva.
Tra comfort e fuga: il rovescio della medaglia
Se da un lato il trend evidenzia una nuova consapevolezza, dall’altro può nascondere fragilità meno evidenti. Secondo alcuni esperti, per molti giovani dormire presto non è solo un atto di cura di sé, ma anche una fuga dalla realtà. Le cause? In primis, la pressione economica. Sempre più giovani faticano a trovare un equilibrio tra studio, lavoro e vita sociale, a dandosi spesso al sostegno familiare. L’impossibilità di costruirsi un’autonomia economica riduce le opportunità di svago e partecipazione alla vita notturna. A questo si sommano i problemi legati alla salute mentale. Un’indagine di Telefono Azzurro in collaborazione con BVA Doxa rivela che il 21% dei ragazzi tra i 12 e i 18
MindFit Clinic
anni si sente ansioso o preoccupato, mentre il 6% si dichiara triste. L’OMS stima che 1 adolescente su 7 nel mondo so ra di un disturbo mentale diagnosticabile. In questo scenario, il letto diventa rifugio e il sonno un modo per non a rontare il presente.
Una generazione che ascolta se stessa
L’early night trend ci racconta di una generazione che prova, con strumenti nuovi, a mettere se stessa al centro. Che si tratti di una scelta consapevole o di una reazione ai disagi contemporanei, la tendenza a dormire presto segna comunque un cambio di paradigma. Non più fuga nel divertimento, ma ricerca di stabilità, serenità e significato. La sfida sarà capire se questo cambiamento saprà tradursi, nel tempo, in un nuovo modo di vivere le relazioni, il tempo libero e il futuro.
I nostri servizi:
Psicoterapia individuale, di coppia e familiare
Psicologia clinica, sportiva e dell’età evolutiva
Psicologia giuridica – CTP e CTU
Terapia EMDR per trauma e stress
Sessuologia clinica
Logopedia e disturbi del linguaggio
Neurologia
Fisioterapia e Osteopatia
Nutrizione
Pedagogia e sostegno alla genitorialità
Neuropsichiatria infantile
Tutoraggio DSA e ADHD
Training scolastico personalizzato
Nessuno è fatto per stare solo
Solitudine
e
salute negli anziani: secondo l’Associazione Italiana di Psicogeriatria nel nostro Paese è “allarme invisibile”
Invecchiare è naturale, ma invecchiare da soli può diventare pericoloso. In Italia, dove oltre il 24 % della popolazione ha più di 65 anni, sempre più anziani vivono una quotidianità fatta di silenzi e porte chiuse. È la solitudine, una condizione sottile ma diffusa, che secondo gli esperti sta diventando una vera emergenza
sanitaria. L’hanno confermato gli esperti riuniti al 25° Congresso dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria, che ha lanciato l’allarme: sentirsi soli può aumentare del 50% il rischio di demenza e del 30 % la probabilità di morte precoce. Non parliamo solo di “sentimenti”, ma di e etti reali sulla salute. Secondo i dati Eurostat, il 14 % degli anziani italiani non ha nessuno a cui chiedere aiuto, e il 12 % non ha neanche una persona con cui confidarsi. Numeri che, rispetto alla media europea, parlano di un isolamento doppio. Una condizione che pesa sul cuore, sulla mente e sul corpo, e che troppo spesso resta nascosta dietro una parvenza di normalità. È facile non accorgersene: la solitudine degli anziani è silenziosa, si consuma tra mura domestiche, giornate uguali, programmi TV sempre accesi. Eppure, dietro una routine apparentemente tranquilla, si cela una fragilità che cresce.
Il peso silenzioso dell’isolamento A Padova, durante il Congresso, i dati emersi sono stati chiari: la solitudine cronica agisce come un vero “fattore di rischio” per la salute, al pari del fumo o dell’obesità. Chi si sente solo ha maggiori probabilità di sviluppare depressione, disturbi del sonno, malattie cardiovascolari. E nei casi più gravi, anche idee suicidarie. Basti pensare che oggi il 37% dei suicidi riguarda persone over 65, un dato che lascia poco spazio ai dubbi sull’impatto di una vita senza legami forti. Uno dei segnali più comuni, ma spesso ignorati, è legato al sonno.
Dopo i 70 anni, aumentano i risvegli notturni, gli incubi, l’agitazione. Secondo gli studi presentati al congresso, la frequenza di incubi negli over 70 è più che tripla rispetto alla fascia 50-70 anni. Non si tratta di semplici brutti sogni: spesso anticipano o accompagnano uno stato de-
∞ A CURA DI IVANA GALESSI
pressivo, una perdita di motivazione o una di coltà ad a rontare la vita quotidiana. La mente manda segnali, ma servono occhi e orecchie pronti ad accoglierli. E in troppi casi, questi segnali restano senza risposta.
Solitudine
e città che non aiutano
Il problema non è solo individuale. Si parla spesso di invecchiamento attivo, ma poco delle condizioni concrete in cui vivono gli anziani. Quartieri deserti, negozi chiusi, burocrazia di cile, dicoltà con la tecnologia, trasporti scarsi: sono tanti i fattori che contribuiscono a far sentire un anziano “tagliato fuori”. Durante il congresso è emerso che in Italia, a di erenza di altri paesi europei, non esistono linee guida strutturate per prevenire l’isolamento sociale in età avanzata. Serve un
cambio di prospettiva, che metta al centro non solo la longevità, ma la qualità della vita in età avanzata. Le città non sono tutte uguali: ce ne sono alcune che includono, altre che escludono. Pochi gradini possono diventare una barriera insormontabile. Una fila alla posta può trasformarsi in un ostacolo psicologico. Un’interfaccia digitale può bastare per scoraggiare anche il più autonomo. La solitudine non nasce solo dall’assenza di relazioni, ma anche da un ambiente che non accoglie.
Le soluzioni esistono: servizi di vicinato, attività di gruppo, spazi di ascolto, progetti di volontariato, supporto digitale accompagnato. Tutti strumenti semplici ma ecaci per ricostruire legami. Perché – come hanno sottolineato gli esperti intervenuti a Padova – il vero impatto sulla salute non lo hanno solo le cure mediche, ma
anche e soprattutto la qualità della vita quotidiana.
Prevenzione è anche presenza
Prendersi cura degli anziani non significa solo sorvegliare la pressione o somministrare farmaci. Significa ascoltare, parlare, essere presenti. La solitudine non si combatte con le pillole, ma con la relazione. E forse è proprio questo il punto da cui ripartire: dalla consapevolezza che nessuno, a nessuna età, dovrebbe essere lasciato solo. Il cambiamento può partire anche da gesti piccoli: una visita, una telefonata, una chiacchierata davanti a un ca è. Perché la vera prevenzione, spesso, comincia fuori dagli ambulatori. E perché, come ci ricordano i dati e l’esperienza, la vicinanza – umana, a ettiva, sociale – è ancora il miglior antidoto contro le fragilità della vecchiaia.
GLI AMICI DI BERGAMO SALUTE
ALBINO
Centro Prelievi Bianalisi Albino Via Volta, 2/4
Fondazione Honegger Rsa Onlus Albino
Via B. Crespi, 9
ALMENNO SAN BARTOLOMEO
Dott. Luis - Almenno San Bartolomeo
Via Papa Giovanni XXIII, 64 ALMÈ
Farmacia Visini
Via Italia, 2
ALZANO LOMBARDO
Itineris Srl - Alzano Lombardo
Via Roma, 6
Ospedale Pesenti Fenaroli / Asst Bergamo Est Via Mazzini, 88
AZZANO SAN PAOLO
Fortimed Poliambulatorio
Via Cremasca, 24
Iro Medical Center
Via del donatore Avis-Aido, 13
Studio Odontoiatrico Dott. Campana Marco
Via Castello, 20
BAGNATICA
Centro Prelievi Bianalisi Bagnatica
Piazza Gavazzeni
BERGAMO
20 Fit
Via Broseta, 27/c
ATS Bergamo - Sede
Via Galliccioli, 4 AZ Veicoli
Via per Curnasco, 70/72
Ambulatorio For.US di Coop.
RUAH
Via Daste e Spalenga, 15
AniCura / Clinica Veterinaria
Orobica
Via Zanica, 62
Antares Onlus
Via Spino, 10
Associazione Mosaico Aps
Via Palma il Vecchio, 18/C
Asst Papa Giovanni XXIII
Piazza OMS, 1
Athaena
Via Ronzoni, 3
Avis Monterosso
Via Leonardo da Vinci, 4
Bergamo Assistenza
Via Mazzini, 24/c
Bergamo X 1000 / Banca delle Visite
Via Ettore Panseri, 14
Blu Fit Redona
Via Gusmini, 3
Cartolombarda
Via Grumello, 32
Casa di Comunità / Bergamo
Via Borgo Palazzo, 130
Casa di Cura San Francesco
Via IV Novembre, 7
CasaMedica
Largo Bortolo Belotti, 5
Centro Acustico Italiano
Via San Bernardino, 33/c
Centro Borgo Palazzo
Via Borgo Palazzo, 43
Centro Medico Boccaleone
Via Capitanio, 2/e
Centro Sportivo Piscine
Italcementi
Via Statuto, 41
Centro Tutte le Età / Boccaleone
Via Rovelli, 27
Centro Tutte le Età / Borgo Palazzo
Via Vivaldi, 5
Centro Tutte le Età / Colognola
Via dei Caravana, 7
Centro Tutte le Età / Loreto
Via Pasteur, 1/a
Centro Tutte le Età / Monterosso
Via Leonardo Da Vinci, 9
Centro Tutte le Età / Redona
Via Leone XIII, 27
Centro Tutte le Età / San Colombano
Via Quintino Basso, 2
Centro Tutte le Età / Villaggio
degli Sposi
Via Cantù, 2
Cooperativa Sociale Alchimia
Via Boccaleone, 17c
Dipendiamo - Centro per la cura delle New Addiction
Via Torquato Taramelli, 50
Domitys Quarto Verde
Via Pinamonte da Brembate, 5
Dott. Ghezzi Marco
Via Zambonate, 58
Farma Logica
Via Promessi Sposi, 19/C
Farmacia Conca Verde
Via Guglielmo Mattioli, 24
Farmacia Santa Lucia
Via Dello Statuto , 16
Farmacia Sella
Piazza Pontida, 6
Fidas Bergamo - Ass. Donatori
Sangue
Viale Ernesto Pirovano, 4
Fisioforma
Via Pitentino, 14/a
Forneria Rota
Via Silvio Spaventa, 56
Foto Cine Ottica Skandia
Via Borgo Palazzo, 102/104
Il Bio di Francesca nel Borgo
Via Borgo Santa Caterina, 9/d
Il Casaro Bianco
DOVE PUOI TROVARE LA RIVISTA IN DISTRIBUZIONE GRATUITA
Via Gianbattista Moroni, 118
Kids and Us Longuelo
Via Mattioli, 18
La Terza Piuma
Via Divisione Tridentina, 6/b
Lo Spettro delle Delizie - Autismo
è Onlus
Via Broseta, 44
Medical Farma
Via Borgo Palazzo, 112
Methodo Medical Center
Via San Giorgio, 6/n
Milano Senza Glutine - Bergamo
Via Sant’Ambrogio, 19
MindFit Clinic
Via Quinto Alpini, 4
Monica Vitali - Centro Italiano
Pavimento Pelvico
Via Betty Ambiveri, 11
OPI Bergamo
Via Rovelli, 45
Ordine Medici Bergamo
Via Manzù, 25
Ordine Medici Veterinari Bergamo
Via Daste e Spalenga, 15 Ottica Gazzera
Via Gasparini, 4/e
Palamonti/CAI
Via Pizzo della Presolana, 15
Pianeta Sorriso Clinica Dentale
Via Zelasco, 1
Poliambulatorio Città di Bergamo
Via Madonna della Neve, 27
Poliambulatorio Finazzi
Via Berizzi, 45 Residenza Anni Azzurri Via Colognola ai Colli, 8
Centro Prelievi Bianalisi Casazza Piazza della Pieve, 2
Istituto Polispecialistico Bergamasco Via Nazionale, 89 CASNIGO
Centro Sportivo Casnigo Via Lungo Romna, 2 Il Casaro Bianco Via Lungo Romna, 51 CAZZANO SANT’ANDREA
C.S. Materassi Via Melgarolo, 5 CHIUDUNO
Centro Prelievi Bianalisi Chiuduno Largo Europa, 3 Dott. Luis - Chiuduno Via Trieste, 39 Ds Sport Therapy Via degli Astronauti, 2 CLUSONE
Casa di Comunità / Clusone Via Somvico, 2 COLOGNO AL SERIO
Farmacia Comunale Antica Rocca Piazza Garibaldi, 6/a COSTA VOLPINO
Centro Prelievi Bianalisi Costa Volpino Via Marco Polo, 2 CURNO
Bongiorno Antinfortunistica Via Enrico Fermi, 10 Dm Drogerie Markt Curno Via Enrico Fermi, 39
Dott. Leonino A. Leone Via Lungobrembo, 18/A For Me Centro Medico Via dell’Aeronautica, 19 Il Sole e la Terra Via Enrico Fermi, 56 ItalianOptic Via Bergamo, 32 DALMINE
Animal Center
Strada Statale 525, 29
Casa di Comunità / Dalmine Viale Betelli, 2
Farmacia Ornati Dott. De Amici Via Papa Giovanni XXIII, 11 Farmacia all’Università Via Marconi, 9
Istituto Medico Sant’Alessandro Via Cavagna, 11
GAZZANIGA
Osped. Briolini / Asst Bergamo Est Via Manzoni, 130 GORLAGO
Insieme a Te Via Regina Margherita, 64
Namasté Salute
Piazza Gregis, 10/a GORLE
Casa di Riposo Caprotti Zavaritt Via Arno, 14
Centro Medico MR Via Roma, 28 GRASSOBBIO
Centro Prelievi Bianalisi Grassobbio
Via Fornacette, 5 GRUMELLO DEL MONTE
Four Dental Via Marconi SNC LOVERE
Casa di Comunità / Lovere
Piazzale Bonomelli, 8
Ospedale SS. Capitanio e Gerosa / Asst Bergamo Est Via Martinoli, 9 MEDOLAGO Plurimed
Via Presolana, 1 MOZZO
Dott.ssa Federica Annamaria
Legrenzi - Biologa nutrizionista
Via San Giovanni Battista, 5 Social Mozzo Via Verdi, 2/B
Sportindoor All in One Via Fausto Radici, 1 NEMBRO
Bergamo Sanità Via Roma, 43
Centro Medico Santagostino Via Cascina Colombaia, 3
Dott. Luis - Nembro
Via Monsignor Aldo Nicoli, 5 Farmacia San Faustino Via Europa, 12 OLTRE IL COLLE
Alp Life
Via Drago, 1760 OSIO SOTTO
Studio Kinesi Via Milano, 9
OSPITALETTO
Dott.ssa Seiti Mara
Via Famiglia Serlini Trav III, 16 PEDRENGO
Cooperativa ProgettAzione Via Moroni, 6 PIARIO
Ospedale M.O. A. Locatelli / Asst Bergamo Est Via Groppino, 22
PIAZZA BREMBANA
Fondazione Don Palla
Via Monte Sole, 2
PONTE NOSSA
Itineris Srl - Ponte Nossa Via Europa, 1
PONTE SAN PIETRO
Casa di Comunità / Ponte San Pietro Via Caironi, 7
Centro Medico Ponte
Via S. Clemente, 54 ROGNO
Centro Prelievi Bianalisi Rogno Via Giardini, 3
ROMANO DI LOMBARDIA
Avalon Poliambulatorio
Via Rinaldo Pigola, 1
Farmacia Comunale
Via Duca D’Aosta
Ospedale SS. Trinità / Asst
Bergamo Ovest
Via S. Francesco d’Assisi, 12
ROVETTA
Centro Sportivo Rovetta
Via Papa Giovanni XXIII, 12/f
SAN GIOVANNI BIANCO
Farmacia Contenti
Via Carlo Ceresa, 44
Ospedale Civile / Asst Papa
Giovanni XXIII
Via Castelli, 5
SAN PAOLO D’ARGON
Centro Prelievi Bianalisi San Paolo d’Argon
Viale delle Rimembranze
AMICI DI BERGAMO SALUTE
SAN PELLEGRINO TERME
In Cammino Coop. Sociale
Via de Medici, 13
Istituto Clinico Quarenghi
Via San Carlo, 70 SARNICO
Casa di Comunità / Sarnico
Via Libertà, 37 SCANZOROSCIATE
Centro Prelievi Bianalisi
Scanzorosciate
Piazza della Costituzione
SEDRINA
Farmacia Micheli
Via Roma, 71/a SERIATE
B Clinic Seriate Via Nazionale, 122
Casa di Comunità / Seriate Via Paderno, 40
Istituto Ottico Daminelli Via Italia, 74
NaturHouse - Seriate Via Ambiveri, 16
Ospedale Bolognini / Asst Bergamo Est Via Paderno, 21 STEZZANO
B Clinic Stezzano Via Santuario, Snc
Dm Drogerie Markt Stezzano
Viale Industria, 293
Farmacia San Giovanni Via Dante Alighieri, 1 TELGATE
Centro Prelievi Bianalisi Telgate Via Roma, 48 TORRE BOLDONE
Top Line Planet Via Leonardo Da Vinci, 7 TRESCORE BALNEARIO
Casa di Comunità / Trescore B. Via Mazzini, 13
Consultorio Familiare Zelinda Via Fratelli Calvi, 1
NUOVO ABBONAMENTO A “BERGAMO SALUTE” 6 NUMERI A SOLI € 22,00
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E-mail
Ospedale S. Isidoro / Asst Bergamo Est Via Ospedale, 34
TREVIGLIO
Casa di Comunità / Treviglio
Piazzale Ospedale Luigi Meneguzzo, 1
Dm Drogerie Markt Treviglio
Via Baslini
Krioplanet
Via Istria 8B - zona Pip 2 Ospedale di TreviglioCaravaggio / Asst Bergamo Ovest Piazzale Ospedale Luigi Meneguzzo, 1
Tecno System
Via Madreperla, 12/b
TREVIOLO
Centro Oculistico San Giorgio Via delle Betulle, 21 Farmacia Bianchi Via Roma, 73/b
URGNANO
Antica Farmacia
Via Papa Giovanni XXIII, 435
Dott. Luis - Urgnano
Via Piemonte, 105 VALBREMBO
Engim Lombardia
Via Sombreno, 2
VERDELLO
Casa Mia Verdello
Via XXV Aprile, 9 VILLA D’ALMÈ
Casa di Comunità / Villa d’Almè
Via Roma, 16
Farmacia Donati
Via Roma, 23
Ortopedia Fagiani
Via Fornaci, 6/f
ZANICA
Farmacia Gualteri
Piazza Repubblica, 1 ZOGNO
Casa di Comunità / Zogno
Piazza Bortolo Belotti, 1/3
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Quando il fitness potenzia il benessere di corpo e mente
∞ A CURA DI IVANA GALESSI
Non solo calorie bruciate: ecco come l’attività fisica può migliorare anche la salute mentale
È ormai quasi superfluo ribadire quanto l’esercizio fisico faccia bene al corpo, ma ciò che ancora in molti, forse troppi, sottovalutano è il suo impatto sulla salute mentale. Il fitness viene largamente visto come un mezzo per raggiungere obiettivi estetici o atletici, ma ben separato da qualunque percorso di benessere emotivo. Le classiche routine di allenamento si concentrano sulla forza, sulla flessibilità o sulla resistenza, ma spesso manca un elemento chiave: l’intenzionalità. Muoversi non solo per sudare, ma anche per stare meglio con sé stessi, sul piano mentale ed emotivo.
Allenamento e salute mentale: un legame profondo Numerosi studi dimostrano che l’attività fisica regolare può alleviare i sintomi di ansia e depressione,
potenziare le funzioni cognitive come l’attenzione e la memoria, e migliorare la qualità del sonno — elemento chiave nella regolazione emotiva. Tuttavia, non tutti gli esercizi o rono gli stessi benefici psicologici: la tipologia di movimento e l’approccio con cui lo si pratica fanno la di erenza.
Muoversi con consapevolezza
Spingere il corpo al massimo in un allenamento ad alta intensità, ma con la mente scollegata, non porta gli stessi risultati emotivi di un movimento consapevole. Il vero fitness mente-corpo richiede presenza, respirazione intenzionale e un approccio che supporti il sistema nervoso. Il corpo e il cervello sono strettamente connessi tramite il sistema nervoso. Un ruolo chiave lo gioca il nervo vago, che collega il tronco encefalico all’intestino e regola fun -
zioni come il battito cardiaco, la digestione, l’umore e la risposta emotiva. Quando ci si allena con una respirazione profonda e focalizzata, si stimola il nervo vago, attivando il sistema parasimpatico — lo stato fisiologico di “riposo e recupero”. In questo modo, si calma la mente, si riduce lo stress e si migliora la concentrazione, uscendo dalla modalità “lotta o fuga”. Al contrario, allenarsi in modo troppo intenso, con una respirazione ine cace e senza recupero, può aumentare gli ormoni dello stress, lasciando il corpo più a aticato che energizzato. Ecco perché è importante scegliere attività che rispondano non solo ai bisogni fisici, ma anche a quelli mentali ed emotivi.
Come costruire
una routine fitness mente-corpo Non è necessario stravolgere
il proprio piano di allenamento. Basta introdurre cinque semplici strategie per renderlo più equilibrato e benefico:
> respira con intenzione: la respirazione è il mezzo più e cace per influenzare il sistema nervoso ed è importante imparare ad utilizzarla nel modo corretto in tutte le fasi dell’allenamento, dal riscaldamento al defaticamento;
> introduci esercizi di mobilità consapevole: oltre a migliorare la flessibilità e la salute delle articolazioni, la mobilità guidata dal respiro aumenta la consapevolezza del corpo e aiuta a regolare il sistema nervoso; > bilancia l’intensità: gli allenamenti intensi sono utili, ma se eccessivi possono alzare cronicamente
i livelli di stress. È utile quindi alternare attività a bassa intensità come camminata, yoga, esercizi a corpo libero o lavoro respiratorio, per sostenere la resilienza e prevenire infortuni;
> allenati con consapevolezza: qualunque sia il tipo di allenamento (forza, cardio, mobilità), la presenza mentale è fondamentale. Evita di “fare le cose in automatico”: concentrati sull’allineamento, sul ritmo e sulle sensazioni fisiche. Se ti distrai, torna al respiro per riconnetterti al corpo. Ogni movimento diventa così un’opportunità per migliorare sia la tecnica che la chiarezza mentale; > fai “check-in emotivi”: prima, durante e dopo l’allenamento, prenditi 30 secondi per ascoltarti e capire
come ti senti. Questi momenti di consapevolezza trasformano l’esercizio in uno strumento di regolazione emotiva, non solo di condizionamento fisico.
L’importanza di “ascoltarsi”
Avere un piano di allenamento è importante. Ma il vero fitness mente-corpo parte dalla capacità di ascoltarsi e adattare l’attività fisica ai propri bisogni. Il movimento può davvero cambiare il nostro stato mentale, ma funziona al meglio quando viene scelto con consapevolezza, non per abitudine. Allenarsi in modo olistico non significa “fare meno”, ma fare meglio: più in sintonia con sé stessi. Respirando con intenzione, muovendosi con presenza e rispettando i segnali del sistema nervoso, ci si sente non solo più forti, ma anche più centrati, resilienti e lucidi nella vita quotidiana.
IPB ISTITUTO POLISPECIALISTICO BERGAMASCO
Skincare e social media: adolescenti tra tendenze virali e rischi per la pelle
Routine cosmetiche complesse, prodotti non adatti all’età e diagnosi fai-da-te: i social influenzano le scelte skincare dei più giovani, con e etti spesso dannosi. Il punto degli esperti
dell’Associazione Italiana Dermatologia e Cosmetologia.
Negli ultimi anni, la skincare è diventata un argomento centrale nei contenuti di usi sui social network. Piattaforme come TikTok, Instagram e YouTube sono piene di video che spiegano come ottenere una pelle perfetta, spesso con routine complesse, prodotti dal nome tecnico e suggerimenti che si moltiplicano a ogni nuova tendenza. Gli adolescenti sono tra i principali fruitori di questi contenuti e tendono a replicare ciò che vedono online, scegliendo prodotti in base alla popolarità più che alla reale necessità. Questo fenomeno ha attirato l’attenzione di diversi specialisti del settore. Tra questi, anche l’Associazione Italiana Dermatologia e Cosmetologia (AIDECO),
che ha segnalato alcune criticità legate all’uso scorretto dei cosmetici tra i più giovani, a partire dalla tendenza ad a darsi ai social come unica fonte di informazione in ambito dermatologico.
Prodotti non adatti e routine eccessive
Uno degli e etti più evidenti di questa nuova “cosmetica social” è l’introduzione precoce, nelle abitudini quotidiane dei ragazzi, di trattamenti pensati per una pelle adulta. È sempre più comune, ad esempio, l’uso di sieri anti-age, retinoidi, acidi esfolianti o booster con attivi cosmetici potenti anche tra i giovanissimi. Spesso si tratta di prodotti scelti senza una reale indicazione, solo perché consigliati
da influencer o diventati virali in rete. Gli esperti hanno sottolineato come questo tipo di approccio possa rivelarsi non solo inutile, ma anche dannoso: una pelle giovane, infatti, ha esigenze molto diverse rispetto a quella adulta e non necessita di trattamenti anti-età o intensivi. Un’esposizione eccessiva a determinati ingredienti può causare irritazioni, squilibri della barriera cutanea o addirittura peggiorare piccoli inestetismi tipici dell’età adolescenziale.
La disinformazione corre sullo schermo
Un altro problema evidenziato dagli specialisti è quello dell’autodiagnosi. I social sono pieni
∞ A CURA DI SARA CARRARA
di contenuti che a rontano temi come acne, brufoli, pori dilatati o punti neri, ma spesso senza alcun fondamento scientifico. I ragazzi tendono a riconoscersi nei video, e quindi a replicare le stesse soluzioni — anche quando non sono adatte al loro tipo di pelle o alla reale condizione dermatologica. La confusione tra contenuto promozionale e informativo contribuisce alla di usione di false credenze e alla creazione di abitudini cosmetiche poco sicure. Senza una guida competente, diventa di cile distinguere ciò che può realmente funzionare da ciò che è solo una moda passeggera. Le problematiche della pelle, se presenti, dovrebbero sempre essere a rontate con l’aiuto di un dermatologo o di un professionista qualificato, non attraverso consigli visti online.
Pressioni estetiche e autostima
Oltre agli e etti cutanei, va consi -
derato anche l’impatto psicologico che questi contenuti possono avere sui più giovani. I social propongono standard estetici spesso irraggiungibili e privi di realismo, dove ogni imperfezione viene nascosta con filtri e post-produzione. In questo contesto, anche una pelle normale può essere percepita come problematica. Questo meccanismo può generare insoddisfazione, ansia e la ricerca ossessiva di soluzioni cosmetiche che promettano risultati rapidi. In adolescenza, un periodo già complesso sotto il profilo emotivo, la pressione estetica può diventare un fattore di disagio, soprattutto se accompagnata da aspettative poco realistiche sull’aspetto della pelle.
Educazione cosmetica e ruolo degli adulti
Di fronte a questo scenario, emerge l’esigenza di un’educazione
più attenta e strutturata in materia di cura della pelle. È importante che genitori, insegnanti e operatori sanitari accompagnino i ragazzi in un percorso di consapevolezza, aiutandoli a distinguere tra contenuti attendibili e informazioni fuorvianti.
Un primo passo può essere proprio quello di semplificare la skincare: in età adolescenziale bastano pochi prodotti essenziali — detergente delicato, idratante leggero e protezione solare — scelti in base al tipo di pelle. Anche il mondo della salute dovrebbe imparare a comunicare attraverso i canali digitali, con linguaggi chiari, accessibili ma fondati sulla competenza. Iniziative promosse da enti scientifici, come quelle dell’AIDECO, possono o rire punti di riferimento autorevoli per genitori e ragazzi, contrastando l’e etto “viralità” con informazione validata.
Involtini di pasta fillo con fichi e formaggio saporito Secondo piatto
Di coltà di preparazione
Facile
Tempo di preparazione
20 minuti
Tempo di cottura
20 minuti
GIUSI PESENTI Cuoca
il Ristoro de Il Sole e la Terra, Curno (BG)
INGREDIENTI per 4 persone
12 Fogli di pasta fillo (3 per involtino x 4 porzioni)
150 g Formaggio saporito (gorgonzola, taleggio o feta)
6 Fichi maturi
2 Cipollotti freschi
30 g Noci spezzettate
2 cucchiai di Miele
qb Olio extravergine di oliva
qb Pepe nero macinato
qb Foglie di timo fresco
PREPARAZIONE
Per iniziare, lavare delicatamente i fichi e tagliarli a spicchi. Pulire i cipollotti freschi eliminando la radice e la parte più verde e a ettarli finemente. Tagliare il formaggio a cubetti.
In una ciotola, unire fichi, formaggio, cipollotto, le noci spezzettate, un cucchiaio di miele e una macinata di pepe nero, mescolando con cura per distribuire uniformemente gli ingredienti.
Su un piano di lavoro, sovrapporre tre fogli di pasta fillo, spennellando ogni foglio con olio extravergine di oliva prima di adagiare il successivo. Al centro della superficie così preparata, posizionare una generosa cucchiaiata del ripieno e richiudere la fillo piegando i bordi verso l’interno, formando un involtino o un pacchetto ben sigillato. Procedere così fino a esaurire gli ingredienti, disponendo gli involtini su una teglia rivestita di carta forno. Spennellare la superficie con un filo di olio d’oliva e infornare in forno preriscaldato a 180°C per circa 15-20 minuti, finché risulteranno ben dorati e croccanti.
Una volta pronti, sfornarli e servirli caldi, completando con un filo di miele e qualche fogliolina di timo fresco a piacere
Esperti nella cura del sorriso
AL CENTRO MEDICO E ODONTOIATRICO GRANDINETTI
I SERVIZI DI ODONTOIATRIA
IMPLANTOLOGIA DENTALE
Per sostituire i denti mancanti con impianti fissi
IMPLANTOLOGIA ZIGOMATICA
Per casi complessi e senza osso
IGIENE ORALE E PREVENZIONE
Per prevenire patologie dentali
PARODONTOLOGIA
Per infiammazioni e infezioni gengivali
ENDODONZIA E CONSERVATIVA
Per preservare e curare il dente naturale
CHIRURGIA ORALE
Interventi mirati per la salute della bocca
CHIRURGIA RIGENERATIVA
Per la rigenerazione dei tessuti orali
ODONTOIATRIA PEDIATRICA
Cura dentale per i più piccoli
PROTESI E GNATOLOGIA
Per ripristinare la funzione masticatoria e l’armonia facciale
I SERVIZI DI ODONTOIATRIA ESTETICA
ORTODONZIA TRASPARENTE
Per allineare il tuo sorriso con mascherine trasparenti
ORTODONZIA TRADIZIONALE
Per correggere l’allineamento dentale con apparecchi metallici
SBIANCAMENTO DENTALE
Per rendere i denti bianchi, eliminando macchie e discromie
FACCETTE DENTALI
Per correggere forma, colore e imperfezioni con sottili lamine in ceramica o composito
Un giardino a misura di cane
Spazi verdi belli, funzionali e sicuri anche per il nostro amico a quattro zampe. Secondo uno studio pubblicato su Applied Animal Behaviour Science, l’arricchimento ambientale può migliorare il benessere del cane.
Un giardino dog friendly non si limita a essere un prato con qualche albero, ma è un ambiente studiato per rispondere ai bisogni etologici del cane: movimento, esplorazione, socialità, riposo. Il primo passo è quindi quello di osservare il comportamento del proprio animale e immaginare gli spazi attraverso i suoi occhi (e il suo fiuto). I cani amano pattugliare il perimetro, scavare, nascondersi, correre in linea retta, esplorare zone rialzate. Un progetto che tiene conto di queste esigenze può includere percorsi lungo i confini, zone con terra morbida per il gioco di scavo, piccoli muretti o tronchi su cui arrampicarsi o sdraiarsi. La presenza di siepi basse, cespugli profumati o spazi semi-nascosti
stimola l’interazione e riduce lo stress. Come ha dimostrato uno studio pubblicato su Applied Ani-
mal Behaviour Science, l’arricchimento ambientale può migliorare il benessere del cane e ridur-
∞ A CURA DI IVANA GALESSI
re eventuali comportamenti problematici.
Materiali e superfici a prova di zampa
Oltre alla progettazione degli spazi, la scelta dei materiali è cruciale. L’erba sintetica drenante, pensata per l’uso animale, è una soluzione sempre più di usa: è resistente, non si rovina con le deiezioni, non trattiene odori e si pulisce facilmente. Per chi preferisce soluzioni più naturali, il prato a rotoli rinforzato, unito a camminamenti in legno trattato, pietra naturale o ghiaia arrotondata, può garantire durata e funzionalità. Sono invece sconsigliate sabbie fini o ghiaia spigolosa, che possono irritare i polpastrelli o essere ingerite. Una zona ben drenata è essenziale, anche per ri-
durre il rischio di parassiti o infezioni cutanee. Sempre più progettisti includono aree separate per i bisogni del cane, delimitate da siepi o cordoli, con fondo assorbente e facilmente igienizzabile.
Sicurezza, ombra e libertà controllata
La libertà di movimento è fondamentale, ma deve essere sempre garantita in sicurezza. Una recinzione ben ancorata, alta almeno 1,5 metri e priva di spazi da cui fuggire o infilarsi, è un requisito imprescindibile. In alcune situazioni può essere utile installare barriere anti-scavo sotterranee (reti in plastica o ghiaia compatta lungo il perimetro) per evitare che il cane tenti di scavare verso l’esterno. All’interno del giardino, il cane deve avere la possibilità di trovare
riparo e frescura: pergole, alberi, tettoie in legno o ombrelloni mobili creano zone d’ombra ideali per i momenti più caldi. Disporre sempre una ciotola d’acqua fresca o, meglio ancora, una fontanella con ricircolo automatico aiuta a mantenere il cane idratato e invoglia al movimento. Nei mesi caldi, anche una piccola piscinetta poco profonda può diventare uno strumento di benessere, oltre che di gioco.
Piante sicure
e un ruolo anche educativo Quando si progetta un giardino dog friendly non si può prescindere dalla scelta di piante non tossiche. Alcune specie molto comuni nei giardini — come oleandro, giglio, azalea, agrifoglio o tasso — possono risultare
altamente pericolose se ingerite, anche in piccole quantità. Sono invece consigliate erbe aromatiche come salvia, rosmarino, menta e timo, oppure piante robuste e resistenti come la lavanda, la camomilla o il corbezzolo. Tutte specie che sopportano bene i passaggi ripetuti e non causano problemi se annusate o leccate. Ridurre o eliminare l’uso di fertilizzanti chimici e pesticidi è un altro passo fondamentale per garantire la sicurezza dell’ambiente. Infine, il giardino può diventare anche un luogo educativo, dove ra orzare il legame cane-proprietario attraverso attività come il riporto, il nascondino olfattivo o l’agility di base. Uno spazio così pensato diventa non solo bello e funzionale, ma anche una palestra quotidiana di benessere e relazione, a tutto vantaggio dell’equilibrio del nostro amico a quattro zampe.
RUBRICHE ALTRE TERAPIE
Cosa raccontano i tuoi occhi?
∞ A CURA DI SARA
CARRARA
Non si tratta di magia né di diagnosi mediche, ma di una lettura alternativa, olistica, dell’equilibrio psicofisico.
Hai mai sentito dire che “gli occhi sono lo specchio dell’anima”? Per chi pratica l’iridologia, sono anche lo specchio del corpo. L’iridologia è una tecnica di osservazione che studia l’iride – la parte colorata dell’occhio – per individuare squilibri, predisposizioni e potenziali fragilità dell’organismo. Senza aghi, farmaci o analisi invasive, l’iridologia propone una lettura alternativa della nostra salute, basata su
segni, colori e trame dell’occhio.
Una storia tra natura e intuizione Le radici dell’iridologia a ondano negli albori della civiltà. Nella cultura egizia, l’occhio è per l’uomo ciò che il Sole è per il sistema solare. Da qui nasce il culto per l’occhio del dio Horus. Nei papiri del 1500 a.C. compaiono riferimenti all’analisi dell’occhio in relazione alle malattie. Anche nella Medicina Tradizionale Cinese si
tiene in gran conto l’osservazione dell’occhio e dell’iride (oltre alla lingua e ai segni del viso). Gli studiosi dell’antica Cina erano riusciti a legare le varie zone dell’iride e della sclera agli elementi costitutivi dell’uomo secondo i principi dell’agopuntura. Le origini dell’iridologia moderna, invece, risalgono all’Ottocento, quando un medico ungherese, Ignatz von Peczely, notò un curioso fenomeno: dopo aver soccorso un gufo ferito a una zampa, osservò un segno comparire nell’iride dell’animale. Incuriosito, iniziò a studiare questa relazione tra segni oculari e condizioni fisiche, trovando delle similitudini con l’iride umana. Nel tempo, altri ricercatori – come il medico svedese Nils Liljequist – contribuirono alla nascita di vere e proprie “mappe iridologiche”, in cui ogni zona dell’iride corrisponde a una parte del corpo. Oggi l’iridologia è praticata soprattutto da naturopati, in conte -
sti di medicina integrata. Non ha ambizioni diagnostiche in senso stretto – e non pretende di sostituire esami clinici o visite mediche – ma viene proposta come uno strumento utile per individuare tendenze e squilibri ancora in fase iniziale, talvolta silenziosi. È, potremmo dire, una sorta di specchio preventivo. Si parte da un’idea semplice e a ascinante: tutto nel corpo è connesso, e anche gli occhi – così unici per ciascuno di noi – possono parlare il linguaggio della salute.
Come funziona una consulenza iridologica
Una seduta iridologica è un’esperienza sorprendentemente semplice e non invasiva. L’operatore osserva l’occhio con una lente d’ingrandimento oppure fotografa l’iride con strumenti ad alta risoluzione. Attraverso l’analisi di
colori, trame, fibre e pigmentazioni, interpreta i segni visibili per delineare un profilo costituzionale e funzionale della persona. Alcuni tratti indicano vitalità e capacità di recupero, altri suggeriscono possibili aree di sovraccarico o debolezza. In base a queste osservazioni, si possono ricevere suggerimenti personalizzati su stile alimentare, strategie di gestione dello stress, rimedi naturali o integrazione. Molti professionisti sottolineano che l’iride non “dice” che un organo è malato, ma può mostrare dove il corpo sta facendo più fatica, o rendo così uno spunto per intervenire in modo delicato e consapevole.
Tra scetticismo e approccio integrato
Come molte discipline olistiche, anche l’iridologia divide: se da un lato viene apprezzata da chi cerca
strumenti di ascolto e prevenzione, dall’altro non è riconosciuta dalla medicina convenzionale come metodo diagnostico. Mancano, infatti, studi scientifici ampi e condivisi che ne certifichino l’e cacia clinica. Tuttavia, diversi esperti nel campo del benessere la considerano un valido complemento, se inserita in un percorso di cura più ampio e individualizzato. L’importante è mantenere un approccio equilibrato: non a darsi acriticamente a una sola disciplina, ma coglierne gli spunti come stimolo per prendersi più cura di sé. Ed è proprio qui che l’iridologia può dare il meglio: non come strumento che “dice cosa si ha”, ma come specchio che ci invita a guardarci dentro. Un’occasione per conoscerci meglio e, magari, per ascoltare quei piccoli segnali del corpo che spesso ignoriamo.
∞ A CURA DI CATERINA RONCALLI
La Strada delle fiabe tra sogni, saghe e castelli
Compie 50 anni la Deutsche Märchenstrasse sulle orme dei Grimm
Si dovrebbe rimanere bambini più a lungo, ora che si vive più a lungo”. Parola di Andy Warhol. In e etti chi non vorrebbe vivere in un mondo di sogni e fiabesco? Se non è possibile rimanere eterni Peter Pan, è possibile comunque rivivere quelle pagine dell’adolescenza che abbiamo certamente letto tutti una volta nella vita. In che modo? Percorrendo la Deutsche Märchenstrasse, la strada delle fiabe, uno dei più vecchi percorsi turistici della Germania, che compie mezzo secolo essendo stata inaugurata nel 1975. Lungo 664 chilometri, attraversa 70 luoghi che ripercorrono storie, fiabe, saghe, leggende dei fratelli Grimm. È un viaggio magico, fra sentieri
favolosi e castelli medievali. La Deutsche Märchenstrasse si può percorrere da nord a sud o da sud a nord.
Ecco alcune delle tappe principali. Hanau, punto di partenza a 20 km da Francoforte, è la culla dei Grimm: Jakob e Wilhelm sono scolpiti in un monumento davanti al palazzo comunale. A 50 km da Hanau si trova Steinau, dove i Grimm trascorsero la loro infanzia. La città ospita un museo e una mostra che ripercorre la vita e le opere dei due fratelli. Nella Marktplatz c’è la fontana delle favole. Ad Alsfeld (65 km da Steinau) incontriamo tanti Cappuccetto rosso: sono le bimbe nei loro variopinti costumi, i Trachten, ricamati a mano con una dozzina di sottogonne, una pettorina e in testa il Käppchen, lo strano cappuccio. È da loro che i fratelli Grimm trovarono ispirazione per la celebre fiaba. Ad Alsfeld, d’obbligo una tappa allo Spielzeugmuseum, il museo dei giocattoli e delle bambole.
Riprendendo la strada verso nord, la nuova tappa è la foresta di Biancaneve e dei sette nani. Biancaneve è di Bad Wildungen e i sette nani provengono da Bergfreiheit E non si tratta solo di una fiaba. Biancaneve, la bella principessa non fu creata solo dalla fantasia dei Grimm. Visse in Germania, nel Cinquecento: era la contessina Margarethe von Waldeck.
Nei poderi di famiglia, i bambini lavoravano nelle miniere ed erano tanto piccoli che parevano nani. La storia di Margarethe-Biancaneve però non ebbe un lieto fine: amò Filippo Secondo di Spagna, ma la ragion di Stato non lo consentiva, così morì avvelenata a 21 anni.
Hannoversch Münden è la patria del dottor Eisenbart, un originale quanto contestato oculista che per primo operò la cataratta alla fine del Seicento. Il personaggio, chiamato Barba di Ferro, è ricordato da una statua in Lange Strasse 79. Nella riserva naturale di Reinhardswald, a Sababurg, ci aspetta invece una fortezza del 1334. I cespugli di rose che adornano i giardini vegliavano la Bella addormentata nel bosco.
Risalendo la strada delle fiabe si arriva a Bodenwerder. Qui si trova la casa natale, oggi municipio, del barone di Munchausen con il piccolo museo che racconta le sue imprese surreali. Ad Hameln incontriamo il Pi eraio magico, che liberò la città dall’invasione dei topi, ma non avendo ottenuto la ricompensa promessa tornò un giorno per incantare con le melodie del suo flauto i bambini e portarli via in un luogo sconosciuto. Sulla strada sono impresse sagome dei topini bianchi che portano ai monumenti e ai luoghi più interessanti: al numero 28 della Osterstrasse, c’è la Rattenfangerhaus, la Casa dell’incantatore di ratti, diventata una tipica locanda. Ultima tappa: Brema, la città dei celebri musicanti. Nella piazza del mercato c’è la statua in bronzo dedicata alla fiaba con i protagonisti: l’asino, il cane, il gatto e il gallo immortalati uno sopra l’altro, che nelle pagine dei Grimm fuggono di casa per arruolarsi nella banda musicale di Brema e riescono a vincere una banda di briganti.
Un lieto fine che nelle favole non manca mai.
L’intelligenza artificiale in corsia previene le cadute
I risultati di uno studio promosso da Humanitas Gavazzeni e finanziato dal 5×1000 di Fondazione Humanitas per la Ricerca, che aveva come oggetto la prevenzione delle cadute accidentali di pazienti ricoverati, sono stati pubblicati su Frontiers in Digital Health, rivista scientifica internazionale. Il progetto ha coinvolto inizialmente 10 stanze nei reparti di Medicina e Oncologia. Qui è stato installato Ver-
so Vision®, un innovativo sistema di monitoraggio che utilizza telecamere e IA per analizzare in tempo reale i movimenti dei pazienti, inviando immediatamente un allarme sugli smartphone del personale infermieristico in caso di comportamento a rischio: tentativi di alzarsi, uscite anticipate dalla stanza o dalla toilette. L’algoritmo, inoltre, è progettato per rispettare la privacy: non registra immagini, ma elabora esclusivamente i dati relativi ai movimenti. Corrado Gervasi, Coordinatore Infermieristico, direzione dei Servizi Assistenziali di Humanitas Gavazzeni, ha sottolineato: «Il personale infermieristico ha segnalato diversi benefici significativi: maggiore tempestività d’intervento, copertura continua (h24), interfaccia intuitiva e un coinvolgimento più attivo del paziente, che non deve indossare ulteriori dispositivi». Emilio Bombardieri, Direttore Scientifico di Humanitas Gavazzeni, ha dichiarato che la pubblicazione su Frontiers è «un indubbio riconoscimento per il lavoro svolto. È stato molto importante poter analizzare, con un approccio scientifico, una scelta assistenziale volta a migliorare sempre di più la sicurezza dei pazienti. Un grande ringraziamento va a Fondazione Humanitas per la Ricerca, che ci ha permesso di rendere prospettico il progetto di ricerca, ampliandolo anche ad altre specialità».
Una storia di prossimità, ascolto e prevenzione al servizio della comunità
Nel 2025 ricorrono i 50 anni dalla nascita dei Consultori Familiari pubblici, e l’ASST Papa Giovanni XXIII celebra questo traguardo mettendo al centro il valore di un servizio che ha saputo evolversi con la società, rispondendo ai bisogni di salute, benessere e sostegno delle persone e delle famiglie. Come ha sottolineato la dott.ssa Simonetta Cesa, direttrice socio-sanitaria dell’ASST Papa Giovanni XXIII: «Celebrare i 50 anni dei consultori significa riconoscere il valore di un presidio territoriale capace di evolversi nel tempo, rispondendo con competenza e umanità ai bisogni di una società sempre più complessa. I nostri consultori non sono solo luoghi di cura e ascolto, ma autentici punti di riferimento per la prevenzione, l’educazione alla salute, l’accompagnamento nei momenti delicati della vita: dalla nascita di un figlio alle fragilità dell’adolescenza, dalle di coltà relazionali alla tutela delle persone più vulnerabili. Il loro punto di forza sta nella capacità di lavorare in rete – con le strutture ospedaliere, con le scuole, i servizi sociali – o rendo risposte integrate e personalizzate. Come ASST Papa Giovanni XXIII crediamo profondamente nel valore dei consultori, nella loro funzione pubblica e inclusiva, e nell’impegno quotidiano degli operatori che li animano con dedizione e professionalità.»
I Consultori Familiari dell’ASST o rono interventi gratuiti di supporto psicologico, ostetrico-ginecologico e socio-educativo. I servizi spaziano dalla consulenza individuale e familiare all’accompagnamento alla nascita, dalla prevenzione oncologica femminile al supporto nella genitorialità e nell’adozione, fino alla formazione nelle scuole su a ettività e sessualità. Il tutto senza impegnativa del Servizio Sanitario Na-
zionale. Nel corso degli anni, questi presidi si sono dimostrati capaci di intercettare i bisogni delle persone in momenti delicati della vita, promuovendo una cultura della salute centrata sull’ascolto, la prevenzione e l’empowerment della persona. I percorsi dedicati alla gravidanza, ad esempio, seguono le donne dalla consulenza pre-concezionale fino al post-partum, includendo visite ostetriche, incontri di accompagnamento alla nascita, sostegno all’allattamento e interventi contro la depressione perinatale.
Tutti i consultori dell’ASST Papa Giovanni XXIII sono inoltre certificati Unicef come “Comunità Amica delle bambine e dei bambini ”.
Questo anniversario rappresenta dunque un’occasione per valorizzare un servizio pubblico che continua, ogni giorno, a costruire benessere attraverso relazioni di fiducia, integrazione territoriale e attenzione concreta alla persona.
di nuova generazione alla Casa di Cura
San Francesco
La diagnostica per immagini si arricchisce di nuove possibilità alla Casa di Cura San Francesco di Bergamo, dove sono entrate in funzione due apparecchiature TAC di ultima generazione. L’obiettivo è chiaro: potenziare l’e cacia clinica e o rire risposte diagnostiche sempre più rapide e a dabili. Si tratta di due sistemi ad alta tecnologia: la Spectral CT 7500 e la Siemens go.TOP a 128 strati. Entrambe permettono di e ettuare esami ad alta risoluzione, con una ridotta esposizione alle radiazioni e una maggiore capacità di personalizzare l’indagine diagnostica, adattandola alle caratteristiche cliniche del paziente. La Spectral CT consente di ottenere immagini spettrali attraverso una sola scansione, con una ricchezza di informazioni che migliora la rilevazione di patologie anche complesse, in ambiti come oncologia, neurologia, ortopedia e cardiologia. Un vantaggio non solo in termini di accuratezza, ma anche di tempi: molti esami ora possono essere conclusi in pochi minuti, riducendo il disagio per il paziente. La Siemens go.TOP, invece, o re un’elaborazione avanzata tramite intelligenza artificiale, utile a ridurre ulteriormente la dose radiogena e a semplificare procedure che prima richiedevano più passaggi. Questo modello si presta anche a TAC con mezzo di contrasto, diagnostica cardiovascolare e radiologia interventistica. Nel solo 2024, il reparto ha eseguito circa 12 000 esami TAC, di cui una quota significativa su pazienti oncologici. L’integrazione di queste nuove tecnologie ha permesso di ampliare le tipologie di esami disponibili – tra cui le TAC coronariche – e di o rire risultati più precisi e tempestivi, spesso fondamentali per decidere la strategia terapeutica.
Inoltre, la maggiore qualità delle immagini e la riduzione degli artefatti rendono gli esami più a dabili anche nei casi in cui i pazienti presentano condizioni complesse o di coltà di collaborazione.
L’adozione di queste tecnologie rappresenta un’evoluzione naturale in un contesto dove la domanda di diagnostica non invasiva e ad alta precisione è in costante crescita. La combinazione tra avanzamento tecnologico e competenze professionali permette di a rontare le sfide cliniche con strumenti sempre più adeguati e in linea con gli standard nazionali e internazionali.
Grazie a queste innovazioni, la struttura si conferma come un punto di riferimento nell’ambito della diagnostica radiologica, garantendo un approccio più e ciente e umano alla salute.
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Vaccinazioni in farmacia, il valore della prossimità
∞ A CURA DEL DOTT. GIOVANNI PIZZIGALLI
Nella sola stagione vaccinale 2024/2025, le farmacie bergamasche hanno somministrato oltre 15.200 dosi di vaccino antiCovid e oltre 52.500 dosi di vaccino antinfluenzale.
Un servizio sempre più apprezzato Tra i numerosi servizi sanitari svolti dalle farmacie sul territorio, quello relativo alle vaccinazioni dimostra di essere uno tra i più apprezzati dalla popolazione bergamasca. I dati forniti dall’Agenzia di Tutela della Salute (ATS) di Bergamo, estrapolati da Regione Lombardia, parlano chiaro: nella stagione vaccinale 2024/2025 le farmacie bergamasche hanno somministrato oltre 15.200 dosi di vaccino antiCovid e oltre 52.500 dosi di vaccino antinfluenzale. Anche a fronte di questi dati incoraggianti per la salute pubblica, si è da poco conclusa una sperimentazione relativa alla vaccinazione antipneumococcica che ha visto interessate le farmacie a erenti all’ATS Brianza e all’ATS Valpadana. Prima di riavvolgere il nastro e seguire i vari passi che hanno portato, negli ultimi anni, al consolidamento di questa realtà – che
sta permettendo ai bergamaschi di poter accedere al servizio vaccinale nella farmacia sotto casa – è bene dare uno sguardo globale sullo scenario delle vaccinazioni in farmacia.
Un modello in espansione a livello globale
L’Italia, a partire dell’emergenza pandemica del 2021, si è aggiunta ad altri cinquantacinque Paesi che prevedono le possibilità di vaccinarsi in farmacia. Di questi, ben venticinque sono europei. È proprio nel nostro continente, infatti, che i Governi stanno lavorando sia per ampliare l’o erta in termini di tipologie di vaccinazioni somministrabili in farmacia, sia per uniformare le varie legislazioni nazionali. Invece, per quanto concerne i contesti extraeuropei, una normativa riguardo le vaccinazioni in farmacia è già presente in undici Paesi dell’Africa, in otto delle Americhe e in sette dell’area del Medio Oriente. L’esempio ita-
liano, plasticamente rappresentato anche dalla realtà bergamasca, è stato recentemente citato come best practice per quanto riguarda le strategie di successo messe in campo dai singoli Paesi per ottenere un maggior accesso alle vaccinazioni. È con la prossimità e la facilità di accesso al servizio, infatti, che le campagne vaccinali possono raggiungere gli obiettivi di immunizzazione collettiva prefissati: in altri termini, è dimostrato che accessibilità e fruibilità portano a maggiore e cienza ed e cacia.
La figura del farmacista vaccinatore
La figura del farmacista vaccinatore sta rappresentando quindi non solo un’opportunità per la cittadinanza per la comodità logistica, ma anche per il sistema sanitario per la riduzione del carico incombente su altre strutture. È proprio la già citata figura del farmacista vaccinatore a rappre-
sentare un modello anche per altri Paesi. Uno degli aspetti che viene maggiormente preso in considerazione è quello relativo alla formazione che permette, a qualsiasi farmacista ne sia interessato, di acquisire le competenze per qualificarsi come vaccinatore. La scelta da parte della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani (FOFI) di proporre un programma di formazione uguale per tutte le regioni ha permesso a migliaia di farmacisti in tutta Italia di acquisire le competenze necessarie a garantire un servizio di vaccinazione omogeneo in tutti i vari sistemi sanitari regionali. I farmacisti vaccinatori hanno già a propria disposizione, oltre a quelli relativi ad antinfluenzale e anticovid, anche programmi formativi relativi ai vaccini anti-pneumococco, anti Papilloma Virus e anti Herpes Zoster. Inoltre, con le Autorità sanitarie in bergamasca
si è al lavoro per incrementare l’o erta dei vaccini eseguibili in farmacia, andando oltre quelli previsti nei calendari vaccinali stagionali.
Contro le fake news, i farmacisti in prima linea Quando si parla di vaccinazioni non ci si può purtroppo esimere dal trattare il tema delle sempre più numerose fake news che, soprattutto online e nei vari canali digitali, trovano un’enorme cassa di risonanza, andando a creare sospetti nei confronti della sicurezza e – soprattutto – dell’utilità sociale dei vaccini. Il farmacista, nei suoi compiti deontologici di operatore sanitario, ha anche quello di informare correttamente il cittadino: nel caso specifico dei vaccini, il farmacista sì sensibilizza sull’importanza della vaccinazione collettiva, ma è anche in grado di fornire delucidazioni tecniche e scientifiche al
Tesoriere Ordine dei Farmacisti di Bergamo
riguardo. Formazione, informazione e azione vedono e vedranno sempre di più protagonista il farmacista vaccinatore all’interno della farmacia quale presidio territoriale di prossimità del Servizio Sanitario Nazionale.
DOTT. GIOVANNI PIZZIGALLI Farmacista territoriale
La casa di Leo: la forza dell’accoglienza
Un modello di accoglienza innovativo e umano per le famiglie dei piccoli pazienti dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Dall’esperienza personale alla rete solidale: ampliamento della struttura e obiettivi per il futuro.
Un porto sicuro
chiamato Casa
Non è facile trovare le parole giuste per descrivere La Casa di Leo. Per qualcuno è un alloggio, per altri un rifugio. Per chi la vive davvero, però, è molto di più: è una casa, un porto sicuro, una famiglia. Situata a Treviolo, alle porte di Bergamo, La Casa di Leo nasce per rispondere a un bisogno urgente e troppo spesso invisibile: o rire ospitalità e supporto alle famiglie dei bambini in cura presso l’ASST Papa Giovanni
XXIII. Istituita nel 2018, è diventata nel tempo una realtà unica in Italia, capace di coniugare accoglienza, supporto psicologico, relazione e normalità, anche nei momenti più di cili. La sua ispirazione viene da una storia personale: quella di Leonardo Morghen, un bambino speciale, a etto da una malattia rara e tuttora sconosciuta. Il coraggio, la resilienza e il sorriso di Leo sono diventati la bussola del progetto, grazie all’impegno dei suoi genitori, Susanna e Michele, oggi attivi nel Comitato Direttivo.
La Casa di Leo, oggi, è il frutto di quella esperienza trasformata in solidarietà concreta.
Housing condiviso per non sentirsi soli
Il cuore pulsante della Casa è il concetto di housing pediatrico temporaneo condiviso: un modello innovativo che unisce l’accoglienza abitativa con una rete di servizi educativi, psicologici e sanitari, costruiti su misura per ogni famiglia. Qui non si è mai soli. Ogni famiglia ospitata ha
∞ A CURA DI SARA CARRARA
una propria stanza di circa 23 mq, dotata di tutti i comfort, ma condivide con gli altri momenti di vita quotidiana, come cucinare, giocare, confrontarsi. Questa dimensione collettiva diventa forza, sollievo, scambio. La Casa non è isolata, ma profondamente integrata con il tessuto sanitario e sociale del territorio. L’ingresso delle famiglie avviene sempre in accordo con l’ASST, tramite l’Ufficio degli assistenti sociali, e tutti i percorsi psicologici, riabilitativi o scolastici sono pensati in sinergia con i professionisti della struttura sanitaria. Un sistema che si prende cura non solo del piccolo paziente, ma dell’intero nucleo familiare, aiutandolo a ritrovare un equilibrio durante il periodo della cura.
La Casa di Leo (progetto di Eos aps) Treviolo (BG)
“Leo diventa grande”: un sogno che prende forma Il 2025 ha segnato una svolta decisiva nella storia della Casa di Leo. Il progetto di ampliamento “Leo diventa grande” è diventato realtà: con l’inaugurazione dei nuovi spazi nel mese di febbraio, la struttura ha aumentato notevolmente le sue dimensioni, passando da 5 a 15 camere, aggiungendo tre appartamenti per pazienti immunodepressi e introducendo spazi fondamentali come due playroom, una palestra riabilitativa, un ambulatorio e un’area verde completamente rinnovata. Que-
sto passo è stato possibile grazie a una rete di sostegno ampia e generosa, che ha coinvolto istituzioni pubbliche come l’ASST Papa Giovanni, Regione Lombardia e Comune di Treviolo, realtà del terzo settore come CESVI, e soggetti privati tra cui Intesa Sanpaolo. Un ulteriore tassello dell’ampliamento è rappresentato dalle nuove cucine inaugurate nel mese di luglio e realizzate con il contributo di Enel Cuore. Non si tratta solo di un intervento funzionale, ma di un gesto fortemente simbolico: le cucine sono il luogo dove le famiglie si incontrano, condividono sapori,
tradizioni e momenti di normalità. Cucinare insieme, in un ambiente sereno e accogliente, diventa parte stessa del percorso di cura.
Verso un’accoglienza ancora più ampia
I nuovi spazi de La Casa rispondono a un bisogno reale e crescente: sempre più famiglie, spesso provenienti da fuori regione o dall’estero, si a dano all’eccellenza dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII per trattamenti complessi come trapianti, cure oncologiche o malattie rare. Per queste famiglie, avere un luogo dove sentirsi a casa significa molto più che comodità logistica: significa dignità, umanità, respiro. Ma l’ampliamento non si ferma alla struttura fisica. Il progetto include nuove attività: percorsi di supporto scolastico per i bambini, alfabetizzazione per le mamme straniere, laboratori all’aperto, inserimento scolastico durante le degenze
prolungate e, non meno importante, accompagnamento nel ritorno al territorio di origine. È un’accoglienza che non finisce con la fine del ricovero, ma continua nel tempo, attraverso un legame che resta vivo anche a distanza.
Un futuro di relazioni, cura e speranza
Guardando avanti, gli obiettivi di La Casa di Leo sono ambiziosi ma chiari: consolidare la rete di supporto territoriale, potenziare i servizi educativi e sanitari, ra orzare la formazione dei volontari e accrescere la capacità di accoglienza. L’intento non è solo numerico, ma qualitativo: continuare a o rire una casa che non sia solo “dove
dormire”, ma dove sentirsi accolti, ascoltati, capiti. Il valore del progetto sta proprio nella sua capacità di unire le forze: famiglie, volontari, istituzioni, aziende, cittadini. Tutti insieme per restituire normalità in un momento eccezionale. La Casa di Leo è questo: un luogo dove ogni bambino, ogni genitore, può sentirsi meno solo. Dove la fragilità diventa forza condivisa. Dove, davvero, si può tornare a respirare. Anche in mezzo alla tempesta.
A.R.M.R.
Fondazione Ricerca Malattie Rare INSIEME CONTRO LE MALATTIE
RARE
Le Malattie Rare sono un ampio gruppo di patologie (circa 7.000 secondo l’OMS), accomunate dalla bassa prevalenza nella popolazione (inferiore a cinque persone per 10.000 abitanti secondo i criteri adottati dall’Unione Europea). Con base genetica per l’80-90%, possono interessare tutti gli organi e apparati dell’organismo umano.
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EMOGLOBINURIA PAROSSISTICA NOTTURNA
Codice di Esenzione. RD0020
Categoria.
Malattie del sangue e degli organi emopoietici. Definizione. Sindrome emolitica occasionale dovuta ad un’alterazione acquisita di un clone di cellule staminali che rende gli eritrociti, ma anche leucociti e piastrine, abnormemente suscettibili all’azione litica del complemento.
Epidemiologia. L’esatta incidenza della malattia è ignota. Maschi e femmine sono a etti in eguale misura. Segni e sintomi. È caratterizzata da crisi emolitiche, maggiormente notturne, con emissione di urine scure, accompagnate a volte da dolori addominali, febbre e vomito. Nei bambini l’ematuria è presente all’esordio solo nel 15% dei casi rispetto al 50% degli adulti. Possono evidenziarsi complicanze quali trombosi, infezioni e crisi aplastiche. Con una certa frequenza l’emolisi è cronica.
Eziologia. Il clone patologico può insorgere in soggetti sani, in corso di aplasia midollare, di displasia emopoietica e altre emopatie. La maggiore sensibilità è dovuta alla carenza di una proteina regolatoria (DAF) che inibisce l’attivazione del C3. A seconda della sensibilità della lisi del complemento si distinguono diversi gradi: nel più grave la membrana è 10 volte più sensibile del normale alla formazione di microfoni che portano alla lisi eritrocitaria. L’abnorme fissazione del complemento da parte dei granulociti e delle piastrine porta a leucopenia, piastrinopenia, difetto chemiotattico e attivazione piastrinica con conseguente trombosi.
Test diagnostici. Gli esami di laboratorio evidenziano un’anemia “normocitica normoipocromica”, reticolocitosi, leucopenia, piastrinopenia, emoglobinuria ed emoglobina libera, aumento dell’LDH e riduzione dell’aptoglobina. Testi diasgnostici sono il test di HAM (test di emolisi acida) e il dosaggio dei valori di acetilcolinesterasi eritrocitaria (che risultano ridotti). Nel 60% circa di casi pediatrici è presente aplasia midollare, a di erenza del 25% circa dell’adulto.
Terapia. Le trasfusioni con emazie lavate si rendono necessarie in caso di anemia grave. Glucocorticoidi possono essere utili nella fase acuta. Terapia di supporto con ferro e vitamine emoattive. Terapia con anticoagulanti può essere indicata in caso di complicanze trombotiche. Il trapianto del midollo in alcuni casi è stato risolutivo.
Il geriatra di Zogno partecipa alle iniziative di “Ecmo per la vita”, l’associazione che sostiene i pazienti salvati da questa tecnologia. Con loro sta contribuendo alla realizzazione di un libro che raccoglierà cinque testimonianze, tra cui la sua.
Sergio Accardi, medico di Zogno, ha vissuto più vite in una sola. Infarto, Covid, trapianto di cuore: ogni volta è ripartito da capo, con tenacia e una sorprendente voglia di restituire agli altri il bene ricevuto. « Se conto anche il servizio militare nei carabinieri paracadutisti e la mia nascita, posso dire di essere rinato cinque volte», racconta con il sorriso di chi ha
imparato a fare della fragilità una forza, in una bella intervista a L’Eco di Bergamo.
Nel 2012, reduce da una gara di corsa ai mondiali dei medici, viene colpito da un grave infarto mentre si allena sulla ciclabile della Valle Brembana. Le coronarie sono chiuse, il cuore gravemente lesionato. Entra in terapia intensiva,
dove resta 50 giorni. I medici lo salvano con l’Ecmo, un macchinario che supplisce alle funzioni di cuore e polmoni. Il recupero è lento ma solido: il suo cuore malato continuerà a battere ancora per dodici anni.
Appassionato di sport e avventure, non smette mai di mettersi alla prova. Riduce l’intensità ma
∞ A CURA DI CLAUDIO GUALDI
non la passione: con la moglie si attrezza con bici elettriche e nel 2015, durante un viaggio in Spagna, scopre per caso il Cammino di Santiago. Qualcosa lo colpisce: l’anno dopo, decide di a rontarlo, nonostante la sua condizione da paziente cardiopatico. Cammina per oltre 750 chilometri, spesso sotto la pioggia. Qualche tappa in autobus, un paio in taxi, ma porta a termine il pellegrinaggio. «Un’esperienza intensa, spirituale e umana. L’ho raccontata in un diario, poi diventato un libro».
Nel marzo 2020, nel pieno della prima ondata di Covid, viene contagiato. Viste le sue condizioni pregresse, la situazione è subito critica. Trascorre 50 giorni in rianimazione e altri due mesi in sub-intensiva. Nessuno credeva ce l’avrebbe fatta. E invece, ancora una volta, sorprende tutti. Al suo fianco, medici e infermieri che non dimenticherà mai. « Avevano il volto coperto, ma gli occhi sorridevano. Non hanno mai smesso di incoraggiare». In quei giorni conosce un infermiere che, saputo della sua passione per il
tiro a segno, gli regala l’abbonamento a una rivista. Anni dopo lo ritroverà in sala operatoria, al momento del trapianto.
Già, perché col passare del tempo il cuore ricucito nel 2012 inizia a cedere. Nel 2023 viene registrato un breve arresto cardiaco. I sintomi peggiorano, Sergio fatica a fare le scale, il respiro si accorcia. I medici lo rimettono in lista per un trapianto. Viene ricoverato a novembre, con la prospettiva di attendere mesi. Ma a gennaio arriva la chiamata: c’è un cuore compatibile. L’intervento va bene, anche se il recupero è impegnativo. « Mia moglie Monica mi ha sostenuto ogni giorno, così come i
In questa rubrica gli operatori sanitari (medici, infermieri etc.) si raccontano, facendo conoscere oltre al loro lato professionale la loro attività di artisti, volontari, atleti...
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miei figli Alice e Nicola, mia sorella Enza e mio cognato Franco».
Oggi Sergio ha ripreso le sue attività, anche il volontariato, nonostante la debolezza. È tornato tra i banchi di scuola a raccontare la sua storia. Partecipa alle iniziative di “Ecmo per la vita”, l’associazione che sostiene i pazienti salvati da questa tecnologia. Con loro sta contribuendo alla realizzazione di un libro che raccoglierà cinque testimonianze, tra cui la sua, intitolata come la canzone di Venditti: “Che fantastica storia è la vita”.
Sergio non ha dimenticato il valore del dono. «Ogni giorno penso alla persona che mi ha donato il cuore. È un gesto immenso, che mi ha ridato speranza, futuro, vita. D’ora in poi festeggerò due compleanni: il 28 agosto e il 10 gennaio, il giorno della mia rinascita».
Il coraggio di Elena: dall’isolamento alla rete “Autism friendly”
∞ A CURA DI CLAUDIO GUALDI
Madre di Alessandro, bambino autistico, ha dato il via a una rete di esercizi commerciali sensibili e preparati ad accogliere famiglie con bambini autistici. Un’iniziativa costruita passo dopo passo, con l’aiuto dell’associazione Live Charity
A volte non bastano le parole. Servono silenzio, pazienza e uno sguardo nuovo. Lo sa bene Elena Graziani, mamma di Alessandro, un bambino autistico di sette anni, che vive con la sua famiglia a Nembro. Una diagnosi che ha trasformato radicalmente la vita quotidiana, ma che ha anche acceso in Elena una determinazione fuori dal comune: trasformare la fatica in impegno concreto, per sé e per gli altri.
«Quando sono nati i miei gemelli, Tommaso e Alessandro, mi sono accorta subito che qualcosa non andava. Alessandro non mi guardava mai negli occhi, non rispondeva al mio richiamo». Poi il latte rifiutato, il fastidio per l’acqua, la fatica di ogni piccolo gesto quotidiano: il bagnetto, una passeggiata, un’uscita al ristorante. Ogni stimolo poteva trasformarsi in una
crisi. «Preferiva il silenzio dei boschi alla confusione della città. Persino metterlo nel seggiolino dell’auto era impossibile».
Con il tempo, alle di coltà si sono aggiunti gli sguardi giudicanti di chi non capiva. «Molti pensavano fosse solo un bambino maleducato. Ma dietro quei comportamenti c’era solo so erenza». La diagnosi di autismo è arrivata intorno ai tre anni, seguita da un intenso percorso terapeutico basato sull’analisi comportamentale applicata (Aba), logopedia e psicomotricità. « Abbiamo cominciato al centro Strabiliaba di Albino e già dopo sei mesi abbiamo visto grandi miglioramenti».
Un episodio in particolare ha segnato una svolta. «Eravamo in gelateria. Alessandro si è agitato perché il gelato si era sciolto su-
bito. Le persone ci guardavano male. Una terapista ha parlato con il titolare, che ci ha detto che, se avessimo avvisato prima, ci avrebbe riservato una saletta. Lì ho capito che serviva solo un po’ di informazione in più».
Così è nato il progetto “Autism friendly”, una rete di esercizi commerciali sensibili e preparati ad accogliere famiglie con bambini autistici. Un’iniziativa costruita passo dopo passo, con l’aiuto dell’associazione Live Charity, di cui Elena è oggi consigliera. « Abbiamo creato materiale informativo, braccialetti, adesivi da esporre in vetrina. Vogliamo cambiare lo sguardo delle persone, insegnare che dietro certi comportamenti ci sono condizioni complesse, non cattiva educazione».
Il progetto è cresciuto, si è allar-
gato ad altre famiglie e associazioni, ed è arrivato anche a Curno, dove lunedì 26 maggio è stato presentato in un incontro pubblico dal titolo “Autismo e disabilità ”. Al centro, oltre alla voce di specialisti e terapisti, ci saranno le testimonianze dei genitori. «La condivisione è fondamentale. Nei primi anni ci siamo chiusi in casa, ci sentivamo soli. Raccontarsi è il primo passo per uscire dall’isolamento».
L’obiettivo è creare spazi più inclusivi, in cui i commercianti possano diventare un punto di riferimento, anche solo o rendo un gesto semplice: evitare la fila in caso di crisi, accogliere senza giudicare, o rire un ambiente tranquillo. «Ovviamente non chiediamo miracoli. Ma anche un piccolo segnale può fare la di erenza».
Ai negozianti aderenti viene consegnato un decalogo con alcuni comportamenti tipici dei bambini autistici: il rifiuto del contatto visivo, le urla improvvise, la selettività alimentare. E un messaggio forte e chiaro: «Non sono maleducato, sono autistico». «Ogni bambino è diverso, ma tutti hanno bisogno di essere accolti per come sono. Le crisi non si risolvono con una sgridata, serve empatia».
Oggi Alessandro frequenta la seconda elementare. Ama gli animali, in particolare i dinosauri. « Sta facendo grandi progressi, anche se i cambiamenti restano di cili da a rontare. Ma ora possiamo uscire, abbiamo nuove amicizie, una rete che ci sostiene. Vogliamo o rire la stessa possibilità ad altre famiglie».
Dietro ogni adesivo in vetrina c’è la storia di una madre che ha tra-
In questa rubrica pubblichiamo la storia di una persona che ha superato un incidente, un trauma, una malattia e con il suo racconto può dare speranza agli altri.
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sformato la fatica in azione, che ha scelto di non restare in silenzio. «Il nostro sogno è una società dove le di erenze non siano un ostacolo, ma un’opportunità per crescere insieme».
Bergamo x 1000 è finalmente realtà!
Ispirato alla tradizione napoletana del ca è sospeso, il progetto trasforma ogni donazione in una prestazione sanitaria reale, concreta e tracciabile. BERGAMOX1000
Un progetto ispirato alla tradizione filantropica napoletana del “ca è sospeso” Bergamox1000 prende vita da un’idea semplice quanto potente: traslare il concetto del “ca è sospeso” in ambito salute. Grazie a donazioni di aziende e cittadini, sarà possibile o rire prestazioni
mediche gratuite a chi si trova in di coltà economica o non può permettersi di attendere i tempi del SSN. Le donazioni vengono raccolte da Banca delle Visite ETS, una fondazione senza scopo di lucro che dal 2015 opera su tutto il territorio italiano per rendere la salute un diritto real-
Bergamox1000@pteamsrl. com
Tel 035 0634989
Via Ettore Panseri, 14 Bergamo
∞ A CURA DI SARA CARRARA
mente accessibile a tutti. Grazie alla collaborazione con farmacie e cliniche locali, le donazioni raccolte verranno utilizzate per erogare prestazioni sul territorio bergamasco.
L’imprenditoria come vero motore solidale di Bergamox1000 Promotrice del progetto è Jenny, amministratore unico di PTEAM Srl, azienda bergamasca che ha scelto di essere parte attiva nella costruzione di un futuro più equo e accessibile. L’iniziativa è pensata per coinvolgere aziende, istituzioni, associazioni e cittadini, costruendo una rete di solidarietà e prevenzione. Ogni donazione è tracciabile e trasformata in salute concreta, partendo da chi ha più bisogno.
Obiettivi chiari. Impatto reale. Grazie a un sistema semplice e trasparente, ogni sostenitore può contribuire alla salute del territorio in modo concreto. Le prestazioni o erte sono orientate alla prevenzione, spesso trascurata perché “non urgente”, ma imprescindibile per il benessere a lungo termine. Gli obiettivi di Bergamox1000: > raccogliere 50.000 euro per erogare 1.000 visite mediche gratuite; > promuovere la cultura della prevenzione; > coinvolgere le aziende in un progetto ad alto valore sociale e comunicativo; > attivare un modello replicabile su tutto il territorio
I primi risultati di Bergamox1000
La partenza del progetto era prevista per settembre, ma la risposta incredibile dei cittadini bergamaschi ha anticipato tutto: i primi ECG sono stati e ettuati già a fine luglio, grazie alla straor-
dinaria collaborazione tra partner che hanno messo cuore e competenza al servizio dell’iniziativa. Questi professionisti si sono subito resi protagonisti, condividendo esperienze preziose all’interno del progetto.
FARMACIA MAURI
Ponte San Pietro
Tra i primissimi ECG di luglio, uno in particolare ha cambiato la vita di una persona: un controllo apparentemente semplice su una persona asintomatica ha rivelato una grave criticità, portando al trasferimento immediato in Pronto Soccorso. L’intervento tempestivo è stato determinante, dimostrando quanto sia fondamentale non abbassare mai la guardia.
ITINERIS
Nonostante Bergamox1000 sia solo agli inizi, già nei mesi di luglio sono stati realizzati circa 40 ECG domiciliari: segno evidente della rapida crescita e del successo organizzativo del progetto. Nel primo gruppo di esami, si tratta prevalentemente di pazienti anziani e fragili, con pluripatologie e spesso di coltà di deambulazione o non autosu cienza, che da tempo non riuscivano più a sottoporsi a controlli cardiologici e che finalmente hanno potuto ricevere un monitoraggio elettrocardiografico direttamente a casa, rompendo il muro dell’isolamento. In circa il 20% dei casi, il referto ha richiesto un intervento deciso del medico curante per modificare o perfezionare la terapia cardiologica, a causa delle anomalie rilevate. Questi risultati mettono in luce il valore concreto della prevenzione, soprattutto per chi è più vulnerabile: intervenire subito fa la di erenza, migliorando la qualità della vita e riducendo rischi di ricoveri e com-
plicanze gravi. All’inizio, Bergamox1000 voleva semplicemente sensibilizzare sull’importanza della prevenzione; oggi, i dati raccolti ci dicono che il progetto o re molto di più. È una vera opportunità per anticipare problemi di salute e sostenere il benessere delle famiglie. Bergamox1000 è destinato a lasciare un segno profondo e misurabile sulla salute pubblica: un piccolo grande passo verso il futuro.
Come sostenere Bergamox1000 È possibile partecipare al progetto attraverso una donazione liberale (deducibile fiscalmente), scegliendo se diventare Sostenitore, Azienda Amica, Super Centro, Amico Point o Super Dottore. Le aziende riceveranno visibilità su tutto il materiale promozionale e sui canali social del progetto, oltre a una relazione utile ai fini ESG (Environmental, Social and Governance) e inseribile nel bilancio di sostenibilità. Bergamox1000 ha ottenuto anche il patrocinio della Provincia di Bergamo, un riconoscimento istituzionale che ra orza la credibilità e l’utilità pubblica del progetto, di ondendone il messaggio e stimolando nuove collaborazioni su tutto il territorio. Questo importante passo ci permetterà di ampliare la rete di collaborazioni con nuovi Comuni, farmacie e realtà produttive, ribadendo che la salute pubblica è una responsabilità condivisa e che nessuno deve essere escluso dal diritto di essere curato.
Per contattare il team di Bergamox1000 è possibile scrivere a bergamox1000@pteamsrl.com oppure chiamare il numero 351 9073495. Scopri come anche la tua azienda può diventare un punto di riferimento per la salute del territorio.
Targhino
sui monopattini e “alcolock” in arrivo
La lingua batte dove il dente duole, dice il proverbio. E un dente che fa spesso male, come le cronache informano, è quello del modo di circolare di molti utenti dei monopattini. Che sono sì un mezzo veloce di circolazione e spostamento nel tra co urbano, ma sono anche fonte di pericolo e, in quanto tali, all’origine di incidenti (alcuni, truccati, raggiungono velocità elevate). I più a rischio sono i pedoni, ma pure gli stessi conducenti per l’eccesso di disinvoltura con cui si muovono o per le infrazioni che commettono. Prima Parigi ha messo al bando –dal settembre 2023 – i monopattini elettrici a noleggio. A distanza di un anno – ottobre 2024 – si è aggiunta un’altra capitale europea, Madrid, seguita nel febbraio 2025 da un’altra metropoli, Barcellona che ha messo un freno alla di usa maleducazione dei guidatori. Lo ha fatto con multe fino a 500 euro per chi si avventura sui marciapiedi in monopattino o bici e per chi posteggiasse davanti a scuole o ospe-
dali e multe di 50 euro per chi li lascia sui marciapiedi larghi meno di 3 metri.
Come ACI di Bergamo da tempo vado sollevando questo problema, che abbiamo considerato anche nel libro “Strade sicure per tutti ”, da noi appena pubblicato. Ora è in arrivo anche in Italia il “targhino” con annessa assicurazione di responsabilità civile per i monopattini elettrici, dopo che con l’entrata in vigore del nuovo Codice (14 dicembre 2024) era scattato l’obbligo per tutti di indossare il casco e di circolare solo sulle strade urbane, dove il limite di velocità non supera i 50 km/h.
Un altro importante decreto è stato firmato dal ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Matteo Salvini e riguarda l’alcolock, quel dispositivo che impedirà l’accensione dell’auto se il conducente recidivo avesse ricadute con bevande alcoliche. È un altro passo avanti e c’è da sperare che la tem-
pistica d’entrata in vigore sia alquanto rapida su entrambi i fronti. Ho rilevato con piacere la notizia che il collega presidente dell’ACI di Torino, Piergiorgio Re ha sollecitato l’introduzione obbligatoria del “targhino” di riconoscimento con annessi corsi di formazione per chi si sposta in monopattino. “Per troppi anni – ha dichiarato –c’è stato un utilizzo senza regole di questi mezzi. Il primo punto dev’essere la possibilità di identificazione obbligatoria per chi compie un’infrazione. In città stanno avendo grande di usione le telecamere che monitorano il tra co: tanto vale che siano anche in grado di identificare i monopattini. Se per guidare un ciclomotore occorre un patentino, la stessa cosa deve valere per i monopattini ”.
La sicurezza in strada è un diritto fondamentale: ben vengano tutte le norme che favoriscano la crescita della responsabilità di ogni singolo utente.
Professioni sanitarie: 33 nuovi corsi di laurea per il 2025/26
L’università italiana investe sulla salute: boom di nuovi corsi di laurea tra Medicina, professioni sanitarie e ingegneria biomedica.
Il settore della salute si conferma uno degli ambiti più dinamici e in trasformazione dell’istruzione universitaria italiana. Per l’anno accademico 2025/ 2026, il Ministero dell’Università e della Ricerca ha approvato l’attivazione di 33 nuovi corsi di laurea nel comparto sanitario, con l’obiettivo di rispondere alle evoluzioni scientifiche, tecnologiche e sociali in atto. Si tratta di un numero significativo, che riflette un impegno crescente verso la formazione di nuovi professionisti della cura, della prevenzione e della salute pubblica. Come riportato da Il Sole 24 Ore, tra le novità più rilevanti figurano 21 corsi triennali nelle professioni sanitarie, 5 magistrali, 5 corsi in Medicina e Chirurgia e 2 in Medicina Veterinaria. Si tratta di un ampliamento dell’o erta formativa distribuito su tutto il territorio nazionale, che interessa atenei
generalisti ma anche realtà private e consorzi universitari, spesso in collaborazione con aziende sanitarie locali e IRCCS.
Un’o erta in espansione tra prevenzione, assistenza e nuove tecnologie
Le nuove lauree triennali nelle professioni sanitarie riguardano ambiti fondamentali come l’assistenza infermieristica, la riabilitazione, la diagnostica, l’igiene e l’educazione alla salute. L’obiettivo è duplice: da un lato, aumentare il numero di laureati in discipline in cui si registra da anni una cronica carenza di personale (come infermieri, tecnici di radiologia o fisioterapisti), dall’altro specializzare le competenze per rispondere alle nuove esigenze dell’assistenza, anche domiciliare e territoriale. Le lauree magistrali consentono un ulteriore passo in avanti in
termini di autonomia professionale, capacità di coordinamento e inserimento in contesti clinici complessi. Sono percorsi pensati per formare figure in grado di assumere ruoli gestionali, di ricerca o di alta formazione continua. Particolarmente significativo è anche l’aumento di corsi in Medicina e Chirurgia, alcuni dei quali attivati secondo il nuovo modello “TD” (Tecnologie Digitali applicate alla medicina), già sperimentato da università come la Statale di Milano e l’Università della Calabria. Si tratta di un modello che a anca alla formazione clinica classica una preparazione avanzata in ambiti come l’intelligenza artificiale, la bioinformatica, la robotica chirurgica e la telemedicina. Due nuovi corsi sono stati inoltre attivati in Medicina Veterinaria, in risposta a una domanda crescente di professionisti capaci di operare non
solo nel campo degli animali da compagnia, ma anche nella sicurezza alimentare, nella sanità pubblica veterinaria e nella protezione ambientale.
Ingegneria e salute: un binomio in crescita
Al boom dei corsi più strettamente clinici si a anca un trend altrettanto significativo: quello delle lauree ingegneristiche applicate alla salute. Sono almeno cinque i nuovi corsi attivati in questa direzione: tre in Ingegneria biomedica (all’Università Kore di Enna, al San Ra aele di Roma e all’Università Vanvitelli della Campania), uno in Ingegneria elettronica e biomedica (alla Mediterranea di Reggio Calabria) e uno in Ingegneria delle biotecnologie per la salute (all’Università di Siena). In tutti questi casi, i percorsi sono pensati per formare figure ibride, in grado di progettare, ge-
stire e innovare dispositivi, applicazioni e sistemi per la diagnosi, la cura e il monitoraggio dei pazienti. Si tratta di una risposta coerente a una trasformazione già in atto nei contesti sanitari reali, dove la digitalizzazione della cura richiede sempre più spesso competenze trasversali tra medicina, ingegneria e informatica.
Una strategia per il futuro della salute
La scelta di ampliare e diversificare l’o erta formativa in ambito sanitario si inserisce in una strategia più ampia che punta a ra orzare il sistema salute nel suo complesso, anticipando i fabbisogni futuri. L’invecchiamento della popolazione, la crescente complessità delle cronicità, la necessità di integrare l’assistenza territoriale con quella ospedaliera, le sfide poste dalle disuguaglianze di accesso e dall’evoluzione
tecnologica sono solo alcune delle ragioni che spiegano la necessità di formare nuovi professionisti – numerosi, preparati e capaci di lavorare in rete. Non a caso, molti dei nuovi corsi prevedono già esperienze di tirocinio precoce, moduli interdisciplinari, l’uso della simulazione clinica e accordi con enti del Servizio Sanitario Nazionale. È un investimento sulla qualità, ma anche sull’equità: più corsi significa anche maggiore prossimità geografica e quindi maggiore accessibilità per gli studenti di tutta Italia. In definitiva, l’anno accademico 2025/2026 segna una tappa importante nel percorso di rinnovamento dell’università italiana, in particolare nella sua capacità di accompagnare l’evoluzione del sistema sanitario con percorsi formativi aggiornati, inclusivi e orientati al futuro.
Invecchiare bene si può! Anche grazie alla fisioterapia!
Lo garantisce Simone Ruggeri, Presidente dell’Ordine dei Fisioterapisti di Bergamo
Presidente Ruggeri, cosa significa
“invecchiamento attivo”?
Invecchiare attivamente significa non smettere di prendersi cura di sé, del proprio corpo e delle relazioni sociali. È un approccio che promuove salute, autonomia e partecipazione anche dopo i 60 anni. Muoversi ogni giorno è una delle chiavi per vivere meglio e più a lungo, contribuendo alla cosiddetta longevity, cioè a una vita lunga e in buona salute.
Che ruolo ha la fisioterapia in questo percorso?
Un ruolo centrale! La fisioterapia aiuta a mantenere forza, equilibrio, mobilità e sicurezza, adattando programmi di esercizio alle capacità della persona. Il nostro obiettivo è sostenere l’autonomia e la qualità della vita, anche in presenza di fragilità.
Anche chi ha una malattia cronica può invecchiare bene?
Certo, patologie come artrosi,
diabete, BPCO (Broncopneumopatia cronica ostruttiva ndr.), ipertensione o Parkinson non devono essere un ostacolo alla vita attiva. Il fisioterapista costruisce percorsi personalizzati che aiutano a gestire i sintomi, prevenire complicanze e mantenere funzionalità e benessere.
La prevenzione delle cadute è spesso citata.
Quanto è importante?
È fondamentale! Una caduta può compromettere seriamente l’autonomia, perciò il fisioterapista valuta il rischio individuale e propone esercizi per migliorare equilibrio e postura, o rendo anche consigli per rendere più sicuro l’ambiente domestico.
Se compaiono dolori muscolari o articolari, cosa è consigliabile fare?
È importante non ignorarli. Il fisioterapista valuta la situazione, risolve il problema e previene peggioramenti. Intervenire preco -
cemente permette un recupero più e cace e sicuro, evitando che piccoli disturbi diventino limitazioni croniche.
Il fisioterapista interviene solo quando c’è un problema di salute? No, il fisioterapista non si limita al trattamento del dolore o al recupero dopo un intervento o un infortunio, ma è una figura chiave anche nella prevenzione. Attraverso l’educazione sanitaria, la promozione di stili di vita attivi e il supporto quotidiano alla persona, contribuiamo a mantenere la funzionalità, a ridurre il rischio di malattie e a migliorare la qualità della vita. La prevenzione è cura del futuro!
Un messaggio finale per i cittadini?
Invecchiare bene è possibile! Muoversi con regolarità e a darsi a professionisti qualificati fa davvero la di erenza!
Rivolgetevi solo a fisioterapisti iscritti all’Ordine professionale: è una garanzia di competenza, sicurezza e tutela della salute. La vostra salute merita di essere in buone mani!
8 settembre 2025 Giornata Mondiale della Fisioterapia
Invecchiare bene si può! Il ruolo della fisioterapia per una vita attiva Il movimento che non si ferma.
Hai scelto le mani di un vero fisioterapista?Verifica Qui
Nel novembre 2015, quando l’elettrostimolazione muscolare (EMS) era ancora una novità assoluta in Italia, 20fit apriva le sue porte nel cuore di Bergamo, portando un nuovo concetto di allenamento: scientifico, personalizzato ed e cace. Dieci anni dopo, con oltre 3.000 clienti, il centro è diventato un punto di riferimento nel panorama fitness e benessere locale. Ogni seduta è individuale e guidata da trainer altamente specializzati in EMS. Un approccio che garantisce attenzione costante, adattamenti immediati e massima sicurezza.
Benefici posturali e recupero post-infortunio
L’EMS non serve solo a tonificare, studi scientifici ne hanno dimostrato l’e cacia anche per postura e recupero muscolare. Una meta-analisi condotta dalla Friedrich-Alexander University di Erlangen–Nürnberg (Germania), basata su quattro studi clinici su pazienti over 60 con lombalgia cronica, ha mostrato che 14 settimane di EMS riducono significativamente sia la frequenza sia l’intensità del dolore lombare, con miglioramenti rilevanti rispetto al gruppo di controllo. Analogamente, uno studio pub-
Da 10 anni il benessere ha un nome a Bergamo: 20fit, l’allenamento
con EMS
blicato nel 2020 dal team della Vrije Universiteit Brussel (Belgio) ha confrontato 85 pazienti con lombalgia cronica trattati con EMS (20 minuti a settimana) con un gruppo di terapia multimodale. I risultati hanno evidenziato una riduzione di circa 2 punti nella scala di dolore NRS e un calo di quasi 20 punti nell’Oswestry Disability Index, dimostrando che l’EMS può essere altrettanto ecace quanto la terapia standard. Questi dati confermano che l’EMS non è solo un metodo di tonificazione, ma uno strumento valido per riequilibrare la postura, ra orzare i muscoli del tronco e supportare il recupero da infortuni o dolori cronici.
Un centro fitness per tutte le età Il metodo 20fit si adatta a qualunque età e condizione: dai giovani sportivi alle persone anziane, dai neofiti a chi ha patologie muscolo-scheletriche. Intensità e carichi sono modulabili, partendo sempre dal livello individuale, per garantire percorsi sicuri ed e caci.
In arrivo 20fit Care
Da sempre attento alla qualità della vita dei suoi clienti, 20fit sta dando forma a un nuovo progetto che rappresenta l’evoluzione
naturale del suo approccio: 20fit Care. Un’iniziativa che mira a o rire un supporto ancora più completo, unendo all’allenamento EMS la professionalità di figure specializzate nel campo della salute. “Con 20fit Care vogliamo accompagnare le persone in un percorso ancora più completo, integrando al lavoro in palestra il contributo di fisioterapisti, massoterapisti, osteopati e altri esperti del benessere” spiega Luca Maino, trainer e fondatore del centro. Un ampliamento coerente con la filosofia di 20fit, che punta da sempre su cura, attenzione e ascolto della singola persona.
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Sara Carrara, Ivana Galessi, Caterina Roncalli, Claudio Gualdi
Iscr. Tribunale Bergamo N°26/2010 del 22/10/2010
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Canali di distribuzione:
• Abbonamento.
• Spedizione a diverse migliaia di realtà bergamasche, dove è possibile leggerla nelle sale d’attesa (medici e pediatri di base, ospedali e cliniche, studi medici e polispecialistici, odontoiatri, ortopedie e sanitarie, farmacie, ottici, centri di apparecchi acustici, centri estetici e benessere, palestre, parrucchieri etc.)
COMITATO SCIENTIFICO
• Dott. Diego Bonfanti - Oculista
• Dott.ssa Maria Viviana Bonfanti Medico Veterinario
• Dott. Rolando Brembilla - Ginecologo
• Dott.ssa Alba Maria Isabella Campione Medicina Legale e delle Assicurazioni
• Dott. Andrea Cazzaniga Idrologo Medico e Termale
• Dott. Roberto Orlandi Ortopedico Medico dello sport
• Dott. Paolo Paganelli - Biologo nutrizionista
• Dott. Antonello Quadri - Oncologo
• Dott.ssa Veronica Salvi - Ostetrica
• Dott. Orazio Santonocito - Neurochirurgo
• Dott.ssa Mara Seiti - Psicologa - Psicoterapeuta
• Dott. Sergio Stabilini - Odontoiatra
• Dott. Giovanni Taveggia Medicina Fisica e Riabilitazione
• Dott. Massimo Tura - Urologo
• Dott. Paolo Valli - Fisioterapista
COMITATO ETICO
• Dott. Davide Petrosillo Presidente dell’Ordine dei Farmacisti di Bergamo
• Dott. Gianluca Solitro Presidente OPI Ordine delle Professioni Infermieristiche di Bergamo
• Dott. Andrea Poerio e Dott.ssa Diana Prada Referenti territoriali di Bergamo e Provincia OPL Ordine Psicologi Lombardia
• Dott. Stefano Scioscia Presidente Ordine dei Medici Veterinari di Bergamo
• Ordine dei Tecnici Sanitari di Radiologia e delle Professioni Sanitarie Tecniche, della Riabilitazione e della Prevenzione della Provincia di Bergamo nella persona del Dott. Angelo di Naro
• Distribuzione gratuita presso le strutture aderenti alla formula "Amici di Bergamo Salute". Bergamo Salute è sempre con te: leggila integralmente dal tuo computer, tablet o smartphone www.bgsalute.it
• Dott. Simone Ruggeri Presidente Ordine Fisioterapisti (OFI) Bergamo
Oticon Intent introduce l’innovativa tecnologia
BrainHearingTM dotata di sensori di movimento, in grado di comprendere le tue intenzioni uditive e offrirti un supporto personalizzato.