Il pane e le frippe. Letture tratte da Eugenia Grandet di Honoré de Balzac

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All'insaputa di papà Grandet

La dispensa segreta 
 di Nanon

Il pane e la frippe Spuntino Letterario ispirato a Eugenia Grandet di Honoré de Balzac anteprima Matera – 10 novembre ´18

Narratrice I Maria Magro Narratrice II

Maria Emanuela Scalcione

Narratrice III Vita Epifania PG Papà Grandet Massimo Bianco N Nanon Genoveffa Capuzzi E Eugenia Tonia Staffieri MG Mamma Grandet Linda Marazia CHR Crouchot Gustavo Marotta Carlo Domenico Tricarico

II

Il signor Grandet era nel 1789 un mastro bottaio che oltre al fatto suo sapeva leggere, scrivere e far di conto. Quando la nuova Repubblica Francese mise in vendita nel circondario di Saumur i beni del clero, il bottaio allora quarantenne, aveva da poco sposato la figlia di un ricco mercante di legnami.

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II

Egli con il suo e con la dote mise insieme duemila luigi d’oro. Munito di questi andò al distretto dove ebbe per un pezzo di pane legalmente, se non legittimamente, le piú belle vigne del territorio, una vecchia abbazia e qualche cascina.

I

Egli possedeva cento iugeri di vigne che nelle annate abbondanti gli rendevano dai sette agli ottocento fusti di vino; aveva inoltre tredici masserie, una vecchia abbazia, dove, per economia, aveva murato le finestre, le ogive, le vetrate, il che le conservò lungo tempo: e infine era padrone di centoventisette iugeri di praterie dove crescevano e s’ingrossavano tremila pioppi piantati nel 1793. Riguardo ai suoi capitali due sole persone potevano vagamente presumerne la portata: l’uno era il signor Cruchot, notaio; l’altro il signor des Grassins, il piú ricco banchiere di Saumur.

III Finanziariamente parlando, il signor Grandet aveva della tigre e del serpente boa: egli sapeva acquattarsi, rannicchiarsi, spiare a lungo la sua preda, saltarle addosso: poi apriva la gola della sua borsa, v’inghiottiva un mucchio di scudi e si addormentava tranquillo come il serpente che digerisce, impassibile, freddo, metodico. Il signor Grandet mai comprava carne o pane perché i suoi fittavoli gli portavano ogni settimana una sufficiente provvista di capponi, polli, uova, burro e grano della sua rendita. EDIZIONE DEL 30 OTTOBRE ‘18

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Le pagine da 3 a 8 non sono disponibili

I

In quel momento Grandet ricomparve senza Nanon, lo seguiva il viaggiatore, il quale da pochi minuti eccitava tanta curiosità e preoccupava cosí vivamente l’immaginazione della compagnia;

PG I

Sedetevi accanto al fuoco – gli disse Grandet. Prima di sedere, il giovane salutò tutti con grazia.

MG

Voi avrete freddo certo, signore forse venite da...

PG

Sempre cosí le donne! lasciate che si riposi un po’.

E

Ma, babbo, il signore potrebbe aver bisogno di qualche cosa

PG

Non ha la lingua?

I C

– rispose Grandet bruscamente. Grazie, cugina; ho pranzato a Tours, e non ho bisogno di nulla, né mi sento stanco.

III Il signor Carlo Grandet, un bel giovane di ventidue anni, formava allora un contrasto singolare con i buoni provinciali, fra i quali i suoi modi aristocratici suscitavano una specie di rivoluzione. Alcuni giorni prima suo padre gli aveva detto di andarsene per qualche mese da suo zio a Saumur; forse il signor Grandet di Parigi pensava a Eugenia, ed egli, che capitava in provincia per la prima volta, volle apparirvi con tutta la superiorità d’un giovane alla moda, e pensò di mettere in subbuglio il dipartimento con il suo lusso, di farvi chiasso e introdurvi la vita parigina. EDIZIONE DEL 30 OTTOBRE ‘18

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I

Portò dunque il piú bell’abito da caccia, il piú bel fucile, e il coltello piú fine entro la miglior guaina; portò la piú svariata collezione di panciotti grigi, bianchi, neri, color scarabeo a riflessi d’oro a pagliucole, col bavero ripiegato, la bottoniera d’oro, ecc...

II

Portò una graziosa toletta d’oro, dono di sua madre, e infine tanti nonnulla da damerino. Carlo contava di trovare molta gente da suo zio, di andare a caccia nei boschi e vivere la vita di campagna. A Tours un barbiere gli aveva inanellato i bei capelli castani.

I

Eugenia credette di veder nel cugino una creatura scesa in terra da qualche regione serafica. Con vera delizia ella aspirava i profumi esalanti da quella splendida capigliatura inanellata con tanta grazia; dentro di sé provava una voglia acuta di toccare la pelle bianca di quei guanti sottili.

I N

Nanon entrando, disse ad alta voce: Signora, bisogna che mi diate delle lenzuola per accomodare il letto a questo giovanotto.

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II

Eugenia, taciturna e seria per uno di quei pensieri che nel cuore delle ragazze svegliano per la prima volta il sentimento, uscí dalla sala a dare una mano alla madre ed a Nanon, e se in quel momento l’avesse interrogata un abile confessore, gli avrebbe senz’altro risposto che non pensava né alla mamma né alla serva, ma che sentiva dentro un desiderio pungente di veder la camera di suo cugino per occuparsi di lui.

I

Poi corse a prendere in uno degli armadi della sala, un vecchio vassoio di lacca proveniente dalla successione dei La Bertellière, un bicchiere di cristallo a sei facce, un cucchiaino dorato, una bottiglia antica su cui erano incisi degli amorini, e dispose tutto trionfalmente in un angolo del caminetto. Le erano venute in mente piú idee in un quarto d’ora, che non avesse mai avuto da quando era al mondo.

E

Mamma mio cugino non sopporterà mai l’odore di queste candele di sego: se comprassimo delle steariche?

MG Ma che dirà tuo padre? E dove prenderai lo zucchero?... sei matta? E

Nanon comprerà lo zucchero insieme con la cera, mamma.

MG Ma tuo padre? ... E

E sarebbe poi conveniente che a suo nipote mancasse un bicchiere d’acqua zuccherata?... D’altra parte, non se n’accorgerà.

MG Tuo padre vede ogni cosa 11

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Le pagine da 12 a 14 non sono disponibili


Le pagine da 12 a 14 non sono disponibili

II Quando il giovane vide le mura giallastre e affumicate di quella specie di gabbia in cui la scala dai gradini tarlati tremava sotto il passo pesante dello zio, la sua meraviglia andò rinforzando, e gli parve di trovarsi in un pollaio. PG

Eccovi in camera vostra, nipote,

II– disse papà Grandet a Carlo, aprendogli la porta. – PG

Se avete bisogno d’uscire, chiamate Nanon perché senza di lei, caro mio, il cane vi mangerebbe addirittura. Buona sera e buon riposo.

II In quel punto veniva su la grossa Nanon con uno scaldaletto C

Ma dimmi, ragazza, son proprio in casa del signor Grandet, l’exsindaco di Saumur, fratello del signor Grandet di Parigi?

N

Sí, sí, siete in casa d’un amabile signore... Una vera perfezione!

C

Prendete, eccovi la chiave di quella valigia lí; deve esserci la mia veste da camera, datemela. II– Nanon fu meravigliata, vedendo una stoffa di seta verde a fiori d’oro e a disegni antichi.

N

E vi mettete questo per andare a letto?

C

Sí.

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Vergine santa, che bella tovaglia sarebbe per l’altare della parroc-

N

chia! Ma, caro signorino, regalatela alla chiesa, quella stoffa, e n’avrete salva l’anima, mentre cosí la perdete. Oh, come state bene adesso! vado a chiamare la padroncina perché vi veda. Nanon, sta zitta e lasciami dormire. Faremo domani quel che oc-

C

corre, e, se la mia veste ti piace tanto, salverai l’anima, non dubitare. Son troppo buon cristiano, e te la lascerò partendo, perché tu ne faccia quello che ti pare. – N

Regalarmi quella galanteria!... Già sogna il signorino. Buonasera.

C

Buona sera, Nanon.

C

Che son venuto a far qui? II

– pensò Carlo addormentandosi. – Mio padre non è uno sciocco, e uno scopo ci ha da essere in que-

C

sto viaggio. Santa Vergine, com’è fino mio cugino!

E II

pensò Eugenia interrompendo le preghiere che per la prima volta rimasero incomplete.

III La signora Grandet non ebbe alcun pensiero nel mettersi a letto, e soltanto, attraverso la porta di comunicazione, udiva l’avaro andare su e giú per la stanza.

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