Cooperativa Migros Ticino
Società e Territorio L’osteria BarAtto di Morbio Inferiore è un innovativo progetto di lavoro sociale comunitario
Ambiente e Benessere Arriverà la seconda ondata? Ne parliamo con l’infettivologo e direttore dell’Epatocentro Ticino professor Andreas Cerny
G.A.A. 6592 Sant’Antonino
Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXIII 27 luglio 2020
Azione 31 Politica e Economia Un’inchiesta del «New York Times» stigmatizza le debolezze sanitarie europee
Cultura e Spettacoli Dove sarà il Rembrandt sparito nel 1990 a Boston? Continua la nostra serie sui furti d’arte
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Keystone
Hagia Sophia, l’eterna bellezza
L’indispensabile superfluo di Simona Sala Fra i molti aspetti interessanti della parabola artistico-esistenziale di Rudolf Naegeli, lo sprayer zurighese ottantenne che sta affrontando l’ultima fase della vita e che ha realizzato oltre 5000 tag tra Zurigo e diverse città tedesche ed europee, vi è il paradosso di un’autorità (il Canton Zurigo) che da una parte lo denuncia per deturpamento e imbrattamento di cose altrui, e dall’altra (il capoluogo dello stesso Cantone) lo insignisce del Premio per l’arte della città di Zurigo. Naegeli, figlio di un’artista norvegese e di un medico svizzero, per quasi cinquant’anni ha imbrattato (o abbellito, secondo i punti di vista) luoghi diversi della città, «sfregiando» a volte monumenti protetti e altre anonimi edifici senza valore storico-architettonico. Le sue figure filiformi, realizzate in meno di 30 secondi, con il favore delle tenebre e spostandosi per la città in bicicletta, hanno una forte carica politica, e spesso denunciano situazioni scomode; così, se i suoi pesci degli Anni ottanta puntavano il dito sul disastro ambientale di Schweizerhalle, gli scheletri apparsi in città di recente, forma-
no una Totentanz che è sia racconto della pandemia, sia un memento mori per l’artista. Christoph Doswald, presidente del gruppo di lavoro per l’arte nello spazio pubblico della città sulla Limmat – chiamato a decidere quali graffiti di Naegeli rimuovere – ha affermato di essere disposto a lottare per la conservazione di alcune di queste opere stilizzate, in particolar modo la figurina munita di falce apparsa sul piedistallo che regge la statua di Hans Waldmann, borgomastro che nel 1400 sconfisse Carlo il Temerario, situata davanti al municipio di Zurigo. Ma perché, ci si potrà chiedere, affidandosi alle questioni di principio, riabilitare così chi ha fatto dello sfregio la propria cifra artistica? Proprio perché di cifra artistica si tratta, verrebbe da replicare. Proprio perché, grazie all’ironia contenuta negli schizzi veloci di Naegeli, a Zurigo ci si è di colpo resi conto della presenza di una statua dedicata a Waldmann. E forse è questo il segreto, nonché mandato primario dell’arte: l’opportunità che essa ci dà (nella moltitudine delle sue forme) di leggere, filtrare e plasmare la quotidianità, restituendocela sotto una nuova luce, dando costantemente stimoli inattesi alle nostre esistenze. È interessante che un discorso di questo tipo venga
alla luce proprio in un frangente storico di crisi globale, in cui, per conseguenza naturale proprio l’arte, considerata un surplus non indispensabile, è stata relegata a tempo indeterminato in secondo piano, con grande sofferenza di tutti coloro che di essa vivono. In fondo è anche il discorso del regista Stefan Kaegi (v. Del Don, pag. 38), che al suo pubblico – forzatamente centellinato causa Covid-19 – propone un tour all’interno dello storico teatro di Vidy, mettendo in luce, attraverso l’assenza di rappresentazioni, tutta la grandezza e la necessità della scena. Del teatro abbiamo bisogno, così come del cinema, della letteratura, della musica e della danza. Abbiamo bisogno di cultura. E in questi tempi incerti e sospesi, ne abbiamo forse più bisogno che mai, perché anche se è vero che la cultura rappresenta in fondo il superfluo, essa è indispensabile e dunque irrinunciabile per una vita più completa e sfaccettata. Sosteniamola attivamente, ognuno dalla propria prospettiva e con i propri mezzi, e rimettiamola al centro delle nostre vite, che si ritroveranno investite così di quel surplus indispensabile che saprà farle risplendere.