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A NN UA R I O
X Edizione
• D ati statistici e andame nto se ttore molitor io;
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• E le nco de i M olini a f rume nto te ne ro e f rume nto duro ope ranti in I talia, suddiv isi pe r re gioni;
• E le nco de lle associazioni italiane , comunitar ie ed es te re de l set tore ce re al icolo e mo li to r i o.
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Lo studio di Ismea
Secondo uno studio di Ismea dal titolo “La catena del valore delle filiere del frumento duro e del frumento tenero e i costi industriali di trasformazione”, presentato da Michele Di Domenico, responsabile Ufficio filiere e monitoraggio dei mercati di Ismea, un altro elemento di resilienza dell’industria molitoria è dato dal “balzo in avanti registrato sulla catena del valore delle semole di grano duro che, nel 2022, si è assestata a 7,9% contro il 6% di media degli ultimi dieci anni”. L’industria molitoria italiana costituisce un settore strategico nella filiera nazionale del frumento (duro e tenero), configurandosi come elemento di cerniera fra la fase agricola e quella dell’industria pastaria, dolciaria e della panetteria. Nonostante questo ha sempre espresso un ruolo limitato nella catena del valore delle filiere del frumento: mediamente il 6% del prezzo al consumo della pasta e il 2,5% del prezzo al consumo del pane sfuso. “La forte ripresa post pandemica di fine 2020 - ha spiegato Di Domenico - e la guerra in Ucraina nel 2022 hanno determinato una fiammata dei prezzi agricoli e di quelli delle commodities energetiche con evidenti impatti sugli approvvigionamenti e sui costi”. Rispetto al 2021, si sono registrati incrementi del 43% del petrolio; del 150% del gas naturale; del 142,3% dell’elettricità; del 45% dei fertilizzanti. Questi costi inevitabilmente influenzano quelli delle materie prime che sono schizzati alle stelle: +41% il prezzo del frumento tenero, +44,6% quello delle farine di frumento tenero, +36,4% il frumento duro e +41% le semole di grano duro. Guardando alla catena del valore della filiera della pasta, ci si può rendere conto di come esso si ripartisca tra i principali stakeholder ossia il settore agricolo, l’industria molitoria, quella pastaria e i distributori. Se nel 2021 il valore della filiera si assestava sul 38% all’origine (parte agricola), 5,8% industria molitoria; 38,5% industria pastaia e 17,7% alla distribuzione; nel 2022, la parte agricola ha assorbito il 41,4% della catena del valore, l’industria molitoria il 7,9% (quasi due punti percentuali in più rispetto all’anno precedente), l’industria pastaia il 29,2% (quasi 10 punti percentuali in meno) e la distribuzione il 21,5% (che cresce di oltre 3 punti percentuali). “Il superamento della quota media dell’industria molitoria, assestato al 7,9% - chiosa Di Domenico - è dovuto all’incremento annuo più elevato per le semole all’ingrosso, +41% sul 2021, rispetto al prezzo della granella, +36,4%. In pratica, sul prezzo al consumo della pasta di semola pari a 1,62 euro al chilo, i molini hanno incamerato 0,13 euro contro gli 0,07 del 2021. Nonostante le dinamiche inflattive del 2022, il reddito medio stimato dei molini incrementa in valore assoluto sebbene si assista ad una contrazione del margine sui ricavi: da 1,7% nel 2017 a 1,3% nel 2022. Per il frumento tenero la contrazione registrata per il margine sui ricavi è di quasi un punto percentuale: da 2,8% del 2017 al 2,1% nel 2022”. Nella catena del valore del pane sfuso, la quota di valore assorbita dai molini nel 2022 è sostanzialmente stabile rispetto alla media degli ultimi 10 anni. Il dato puntuale registrato da Ismea nel 2022 è di 2,4% contro la media del 2,5%. La cifra del 2022 risulta peraltro in aumento rispetto al 2021 (1,6%) dal momento che nel corso dell’anno passato, l’aumento dei prezzi all’ingrosso delle farine è aumentato del 44,6% sull’anno precedente. Ed è stato più elevato di quello della granella di frumento tenero (+41%). Questo ha determinato un lieve recupero della quota rappresentata dai molini nella catena del valore che così è stata suddivisa nel 2022: 13,6% alla parte agricola, 2,4% ai molini; 84,1% ai panifici. In pratica, con un prezzo del pane sfuso assestato, nel 2022, sui 3,71 euro al chilo, i molini hanno incamerato un valore pari a 0,09 euro al chilo.


L’interesse del mondo finanziario e del private equity
Nel contesto di irrigidimento delle politiche monetarie e di accesso al credito, il mondo finanziario e, nello specifico, quello del private equity inizia a guardare con interesse al settore molitorio e agrifood in generale. Se n’è parlato nel corso della tavola rotonda dal titolo “Le operazioni di private equity nel settore food. Rischi e opportunità per le filiere del frumento” alla quale hanno partecipato, fra gli altri, Marco Pellegrino del Fondo Italiano d’investimento e Stefano Mangione di Crédit Agricole.
“L’anno scorso - ha precisato Pellegrinoper la prima volta nella storia dei fondi di investimento promossi dalla nostra SGR, che fino a quel momento erano tutti generalisti, abbiamo deciso di dedicare un fondo a un settore specifico. Si chiama FIAF, ossia Fondo Italiano Agri & Food. Abbiamo individuato quello agrialimentare come prima filiera verticale dalla quale partire non foss’altro che per le sue dimensioni e importanza per il nostro paese. Abbiamo recentemente avviato il fund raising del fondo dedicato all’agrifood, che a regime avrà una dotazione di 250 milioni di euro (di cui 135 milioni già raccolti) con l’idea di effettuare una decina di operazioni investendo ticket di 20/25 milioni per ciascuna. Il fondo entrerebbe nel capitale diventando partner, di maggioranza o di minoranza, dell’azienda individuata. Per noi è determinante che esista già un progetto di sviluppo la cui idea e la cui strategia siano state disegnate anzitempo dalla famiglia imprenditoriale che affiancheremo e con la quale, grazie anche al nostro apporto di capitale, relazioni e competenze, condivideremo i relativi rischi e benefici. È fondamentale che l’imprenditore sappia leggere il mercato e continui a garantire la sua presenza nella gestione operativa dell’azienda, dal momento che il nostro ruolo è quello di azionisti che sostengono e supportano ma non sostituiscono gli imprenditori”.
Uno dei limiti all’incontro del mondo della finanza con quello dell’imprenditoria molitoria e la forte atomizzazione delle aziende del settore. “Si tratta di un comparto popolato da un numero importante di attori che, nel loro complesso riescono a generare un fatturato elevato in valore assoluto. Un dato certamente positivo che si scontra però con la forte frammentazione del tessuto imprenditoriale composto prevalente da aziende di piccole dimensioni se si considera che la metà di esse fattura meno di 5 milioni di euro l’anno e quasi tutte non superano la soglia dei 50 milioni che è, poi, indicativamente la dimensione dalla quale partire per potere pensare a costruire progetti di più ampio respiro come, ad esempio, l’ingresso di fondi di investimento”.
Alle dimensioni mediamente ridotte dei fatturati si abbina, inoltre, una struttura reddituale che in termini di marginalità operativa lorda, altrimenti definita Ebitda
(che è il mantra dei fondi di investimento), è relativamente contenuta in rapporto ad altri settori. Guardando alla struttura patrimoniale, per contro, si registra un indebitamento che è mediamente elevato in rapporto alla redditività sviluppata nonostante però, ci siano numerose eccezioni positive. “FIAF guarda al comparto agroalimentare con estrema attenzioneha specificato Pellegrino - perché è strategico per il made in Italy. Del resto il nostro fondo nasce con il supporto di Cassa Depositi e Prestiti che, fra gli altri obiettivi, ha quello di rafforzare il sistema produttivo del nostro Paese oltre che realizzare investimenti profittevoli. C’è da aggiungere che, in ogni caso, questo settore registra andamenti più stabili di altri e che le caratteristiche peculiari della maggior parte delle aziende che lo compongono le rendono un’ottima piattaforma da cui partire per promuovere progetti di consolidamento, di rafforzamento manageriale e di aggregazione delle realtà più piccole”. Tra i punti di interesse per lo sviluppo di progetti industriali su cui investire c’è l’innovazione impiantistica e la sua efficienza, sia dal punto di vista tecnologico che economico, l’innovazione di prodotto che permetta di differenziarsi dal mainstream e l’implementazione di tutti quei processi che permettano al mulino di di garantire la tracciabilità della filiera, la qualità delle cultivar, la sostenibilità del prodotto e la sicurezza alimentare di quello che si immette nel mercato. La Redazione