AT MAGAZINE nr. 9 - E/IT

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ATMAGAZINE

Turismo attivo, senza confini.

AT MAGAZINE

it.atmagazine.eu Edizione IT/UK/ES - Mensile - Anno I - Nr. 9 - Luglio 2013

OUTDOORACTIVITY

Vita e opere di doctor victor

INTERVISTA 2

YOUDISCOVER SASSISMO BARBARICINO Bouldering in Sardegna RUMUNDU Sogno verde in bicicletta

Silvio REFFO VS Michele CAMINATI


Donate

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Num09 Lug2013 sommario EQUILIBRIO TRA FORZA E FRAGILITÀ

Editoriale

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Outdooractivity

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VITA E OPERE DI DOCTOR VICTOR di Giuseppe Giuliani

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INTERVISTA DOPPIA, CAMINATI VS REFFO di Giampaolo Mocci

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SASSISMO BARBARICINO di Giorgio Soddu

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RUMUNDU. L’AVVENTURA CONTINUA... di Valentina Morea

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UNO STRAORDINARIO MODO DI ANDARE NELL’ALDILÀ di Massimo Cozzolino

slow AT food

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COUS COUS CON VERDURE E UOVA di Andrea Masci

AT culturam!

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ANTICHI MESTIERI DEL BELPAESE, PIEMONTE di Giuseppe Belli

AT Decameron

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MATITA, GOMMA E MOUSE di Barbara Valuto

YOU DISCOVER

In copertina: Il Dinosauro di Gomma, 7b+, Isola della Maddalena Photo © Michele Caminati - www.michelecaminati.com

web it.atmagazine.eu email info@atmagazine.it atpublimedia@atmagazine.it

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staff editor Giampaolo Mocci

Che cos’è un’erbaccia? Una pianta le cui virtù non sono state ancora scoperte [R.W. Emerson]. Esistono migliaia di metafore e aforismi che concettualizzano il mondo e la vita. Forse definire “erbaccia” la vita è irriverente, eppure, quanti innanzi ad una pianta officinale, dalle virtù note, sarebbero in grado di riconoscerla? Le esperienze, gli uomini e la vita stessa sono erbacce a cui guardare con curiosità e attenzione, senza fermarsi alla prima impressione e scevri da ogni condizionamento impegnarsi a scoprine le virtù nascoste.

Andrea Concas

Giornalista professionista, scrittore, laureato in Scienze della Comunicazione, ha collaborato con diversi periodici (“Il Tempo”, ecc.), agenzie di stampa (Unione Sarda, ecc.) e tv. Editor per network editoriali (Mondadori). Attualmente dirige “Diario24Notizie”,”2012 Magazine” e “Sardinia Network”. È consulente dell’Ordine dei giornalisti della Sardegna e della Associazione della Stampa Sarda (FNSI). Dal 2008 è il responsabile del C.R.E. (Centro Ricerche di Esopolitica) e dell’Associazione intitolata al giornalista “José De Larra”. Dal 2011 è il presidente del GUS sardo, il Gruppo di specializzazione della FNSI relativo ai giornalisti degli Uffici Stampa.

Shawn Serra

Barbara Valuto

Oscar Migliorini

Flavia Attardi

Sabina Contu

Gianluca Piras

Ho 23 anni e vivo a Carbonia, mi sono diplomato al Liceo Scentifico Tecnologico di Carbonia e attualmente sto completando il mio percorso formativo come studente in Scienze della Comunicazione a Cagliari. Entrare a far parte della redazione di questa rivista turistica on line mi entusiasma e spero di dare un importante contributo.

Da turista occasionale e distratta, sono diventata una vera appassionata di viaggi dopo il battesimo del classico viaggio zaino+Interrail dopo la maturità. La laurea in Lingue e il tesserino da giornalista sono stati un pretesto per conoscere a fondo altri mondi, altre culture e soprattutto stringere amicizie durature con anime gemelle erranti in ogni angolo del pianeta. Costretta dal lavoro a fissa dimora e ferie limitate, ho scelto una professione che, dopo l’esperienza in un tour operator e un albergo, mi consentisse di vivere in un ambiente dove il viaggio è insieme fine e mezzo: l’aeroporto. Di appendere la valigia al chiodo, naturalmente, non se ne parla proprio.

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Da sempre rincorro l’idea di poter diventare parte integrante di quel che i cinque sensi attribuiti mi permettono, attraverso tele, argille e metalli. Non esito a misurarmi ed esprimermi con diverse passioni, come la fotografia e l’arrampicata sportiva, che mi consentono di essere a contatto con le molteplici bellezze della natura...anch’essa come l’arte, infinita ed imprevedibile. Colpevole di un’inesauribile sete di conoscenza per me, sarebbe difficile scegliere tra tante meraviglie che mi attirano, mi circondano e che vivo!

classe 1973, Segno zodiacale Vergine. Vivo e lavoro prevalentemente a Cagliari. Attualmente Delegata alla Sport della Provincia di Cagliari. Tra i vari incarichi ricoperti nel 1996 consigliere comunale del mio paese natio Jerzu e nel 2004 consigliere di amministrazione dell’ente regionale per il diritto allo studio. Amo la letterattura, la politica ed il diritto, in particolare quello ambientale, sanitario e sui temi della nocività lavorativa sto concentrando la mia attenzione negli ultimi anni. Film preferito : C’era una volta in America. Attori: Clint Eastwood e Meryl Streep. Il mio libro preferito è “L’arte della guerra” di Sun TZu. Le mie passioni sono la cucina e l’agricoltura.

Vivo a Oristano, dove sono nato il 20 maggio del 1961. Sono iscritto all’Ordine Nazionale dei Giornalisti e lavoro come responsabile dell’ufficio stampa e Comunicazione istituzionale della Provincia di Oristano, curando anche la redazione e la pubblicazione dei contenuti del sito istituzionale. Appassionato sportivo, ho praticato innumerevoli sport ma in modo significativo scherma, calcio, tennistavolo, tennis. Ora pratico con impegno agonistico lo sport delle bocce. Sono presidente del Comitato provinciale di Oristano della Federazione Bocce e atleta della Società Operaia di Mutuo Soccorso di Oristano. Di questa gloriosa società, fondata nel 1866, sono stato presidente dal 1999 al 2005 e faccio parte del Consiglio di amministrazione dal 1996.

Sono quasi trenta anni che pratico assiduamente tutto quello che è outdoor in Sardegna e nel mondo, dalla speleologia al torrentismo, dal trekking alla mountain bike, ma in primis l’arrampicata in tutte le sue salse, grandi numeri non li ho mai fatti ma mi sento in sintonia con la mia filosofia: “siamo tutti liberi di confrontarci come vogliamo con la parete, nel rispetto del prossimo”.


Massimo Cozzolino

Marco Lasio

Patrizia Giancola

Grazia Solinas

Andrea Masci

Rosalia Carta

Roberto Finoli

Rinaldo Bonazzo

Stefano Vascotto

Vivo e lavoro a Napoli, sono nato nel 1976 mi sono diplomato all’Accademia di Belle Arti nel 2003 in Scenografia. Fra tutte le passioni, quella che proprio mi riempie di più e mi fa vedere la vita con occhi diversi è l’Africa. Ed è per questo motivo che dedico questa collaborazione a Thomas. “Un uomo integro”. Per l’imperialismo è più importante dominarci culturalmente che militarmente. La dominazione culturale è la più flessibile, la più efficace, la meno costosa. Il nostro compito consiste nel decolonizzare la nostra mentalità. [Thomas Sankara]

“Porta itineris dicitur longissima esse”. I latini dicevano “La porta è la parte più lunga del viaggio”: per iniziare una nuova vita bisogna trovare il coraggio di fare il primo passo, per cambiare bisogna avere le forze di farlo. Per crescere bisogna volare via dal nido e cogliere al volo tutte le occasioni. Viaggi, musica e la potenza delle immagini per evadere e costruire una chiave che apra tutte le porte che si presentano lungo la strada.

Sono nato a La Spezia nel 1959 ma cresciuto a Cagliari. Ho fatto il liceo scientifico e mi sono laureato in Scienze Geologiche a Cagliari. Mi sono trasferito in Svezia nel 1988. Sono docente di fotografia in un liceo di Kristianstad, in Scania nel sud del paese. Svolgo in proprio servizi fotografici ma sono anche attivo come pubblicista. Sono appassionato di viaggi con contenuti anche avventurosi. La mia filosofia é tenere il corpo, la mente e i sentimenti in forma per cui faccio tanto sport, molti trekking, leggo molto ed amo la mia compagna Carina ed i miei figli Linnea ed Elias.

Maggio 1985, Perito informatico (ABACUS), laureato in Scienze della comunicazione, appasionato di assemblaggio, programmazione su Personal Computer e la musica rock. Il mio hobby della mountain bike mi ha portato a conoscere luoghi ed a riscoprire il contatto con gli spazi verdi che la nostra terra ci offre. Le nuove esperienze se rivestite di un sano velo di sfida mi coinvolgono e motivano a cimentarmi con passione in queste nuove avventure.

Sono cresciuto in campagna, adoro la natura con tutti i suoi profumi e i suoi colori. Mi piace condividere le mie esperienze, perchè come diceva mia nonno, puoi comprare tutto ma l’esperienza la devi fare, per questo lo scambio di esperienze aiuta a essere migliori. Il mare è la mia grande passione... veleggiare con il vento che ti coccola è una esperienza meravigliosa che tutti dovrebbero fare. Credo che si possa migliorare dando fiducia a tutti gli esseri umani, perchè ognuno di noi è un essere unico e irripetibile che vale più di quello che crede!

Over 30 years in the IT world. Passionate about new technology and always open to new solution.

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Amo paragonarmi ad un diamante: le sue preziose e molteplici sfaccettature sono come le mie tante sfumature di personalità e di carattere. Anche il mio percorso personale e professionale è piuttosto bizzarro: ho due figli di 28 e 26 anni, un cane di 15, un nuovo compagno, adoro gli studi umanistici, ma ho un incarico di manager presso una società di engineering, un brevetto di sub e amo il nuoto, un amore incondizionato per i libri, per i viaggi e per tutto ciò che è innovazione e tecnologia applicata alla tradizione. In tutto questo cerco il particolare che fa la differenza. Son un ariete e mi butto a capofitto in tutto ciò che faccio, ma tutto ciò che faccio deve divertirmi, deve farmi ridere. Il mio motto è: la vida es un carnaval!

Appassionato da sempre per gli sport all’aria aperta come la mountain bike, il kayak, immersioni e tanto altro, ho sempre inteso la parola outdoor come momento di conoscenza. Il percorrere sentieri su due ruote o far scorrere il mio kayak sul mare della nostra Sardegna è sempre occasione di arricchimento culturale che soddisfa appieno la mia inesauribile voglia di conoscere. Negli anni ho collaborato con riviste di trekking e outdoor in genere. La fotografia è inoltre l’indiscussa forma di archiviazione dei miei momenti passati tra amici o in solitudine per i monti o per mare.

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staff editor Elisabetta Gungui

Barbara Knapczyk

Giuseppe Giuliani

Denise Lai

Giuseppe Belli

Francesca Columbu

Marco Cabitza

Angelo Mulas

Valentina Morea

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Cagliaritana di 35 anni, socievole, estroversa, creativa e simpatica (dicono!). Lavoro nel mondo della sicurezza per le aziende, studio Scienze della comunicazione e gestisco un Bed&Breakfast da circa due anni. Aspettative per il futuro? Esprimere sempre più la mia parte creativa nel mondo del lavoro (e non solo!). Sono appassionata di cinema, teatro, arte, musica, viaggi al fine di un arricchimento culturale/sociale, poco sport ma primo tra tutti il tennis. Le poche righe a disposizione son finite per cui concludo qui la mia brevissima presentazione!

29 anni, studia nella facoltà di Beni Culturali (curriculum archeologico) dell’Università degli Studi di Cagliari. Giornalista dal 2010, scrive per blog, quotidiani e riviste, anche online.

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Barbara Knapczyk was born in Cracow in 1960. She studied at Academy of Fine Arts in Cracow. Painting with professor Stanislaw Rodzinski and professor Zbigniew Grzybowski. Drawing with professor Zbylut Grzywacz and professor Józef Zabkowski. Diploma in 1989. Tekstile art with professor Ryszard Kwiecien. All works inspired by the surrounding nature. Favorites: landscapes, still life, portrait, themes of mountains. Her work are in private collection in many countries. She likes to travel and takes pictures.

Sono Giuseppe Belli, cinquantatre anni passati tutti nella mia città, Napoli. Essa, oltre ad essere una delle più belle città che io conosca è anche tra le più complesse e caotiche, di quello stesso caos incomprensibile che contraddistingue la nostra vita. Amo leggere e scrivere. Soprattutto la scrittura mi da modo di rielaborare la realtà che mi circonda e talvolta la possibilità di comprenderla meglio. Per questo ho pubblicato già due libri… e non c’è due senza tre.

Il mio nome è Angelo e, sono nato 55 anni fa nella zona più bella della Sardegna, la Barbagia. Porto sempre con me, ovunque vada la sua natura, i suoi profumi, i suoi sapori, la visione e l’amore della mia gente che sono uniche. Sono ragioniere, divorziato e padre di una splendida figlia. Adoro il cinema e la musica in tutte le loro forme. Amo la poesia e la magia delle parole: quelle ben cantate, quelle ben recitate e quelle ben parlate. Dalla mia gente ho imparato l’importanza dei rapporti umani, a costo di deludere, a costo di deludersi perché come qualcuno ha detto: non si è mai soli quando qualcuno ti ha lasciato, si è soli quando qualcuno non è mai venuto.

Giornalista, 45 anni, ama la vita di società e gli appuntamenti mondani tanto che vorrebbe abitare in Lapponia. Invece, vive ad Assemini dove, peraltro, pare non abbia mai incontrato una renna. Siamo tutti appesi a un filo. E io sono anche sovrappeso (Franco Zuin)

Classe 1974; sarda di nascita e di sangue; attualmente impegnata professionalmente presso l’aeroporto di Cagliari. Amante della natura, del buon cibo e dei viaggi; riesce ad emozionarmi un tramonto d’estate e allo stesso modo un gratacielo di una grande metropoli. Faccio mia la frase: [...]”Accettare le sfide della vita significa porsi di fronte ai nostri limiti e ammettere di poterli o meno superare”... e a oggi credo di avere, ancora, tante sfide da vincere!

Il mio mondo è una valigia. Inguaribile sognatrice e viaggiatrice per passione; un’irrefrenabile curiosità mi spinge a voler conoscere quel che non so, capire ciò che appare ostico, superare barriere e confini. La sete di novità e l’entusiasmo nel viverle sono la mia forza motrice, la parola è la mia arma (pacifica peraltro).


ph. B.Valuto Š AT Photographer

obiettivo at

Chillaz International GmbH Hoferweg 13

A-6134 Vomp in Tirol / Austria

tel. +43-5242-62399 fax +43-5242-62777 web: www.chillaz.com mail: contact@chillaz.com


obiettivo AT

TITO TRAVERSA (8 anni) su HURRICANE (7a) al settore GOLA DEI BRIGANTI (FINALE) PHOTO ROBERTO ARMANDO © http://www.infoboulder.com/


editoriale

Equilibrio tra forza e fragilità L’equilibrio è il principio primo della vita, lo yin e yang, il bene e il male, giusto e sbagliato, la vita e la morte sono questi, tutti, principi cardine dell’esistenza dell’uomo. Un bambino viene al mondo nella fragilità del suo stato, lotta ogni istante della sua esistenza per acquisire quella forza necessaria a sopravvivere gli eventi della vita. Quanta forza ci può essere in un bambino pre-adolescente? Tanta da salire fin lassù dove tanti adulti non osano neppure guardare. Una forza che cresce e aumenta giorno per giorno fino a quando qualcosa di imponderabile, inatteso, accidentale, riporta alla fragilità di quell’esistenza che è la vita. C’est la vie! Forse in questa semplice frase francese, diventata internazionalmente condivisa, è racchiusa una delle verità della vita, ma quando la si associa all’esistenza di un bambino, è difficile accettarla e non provare un profondo senso d’ingiustizia, di rabbia e indignazione. In tali circostanze non è mai tempo di polemiche, di caccia ai colpevoli o di se, ma è il momento del silenzio per quel bambino, perché è stato forte e non merita di essere eretto a icona e ricordato come “vittima” di uno sport che ha amato con tanta forza. Ciao Tito! Per la morte di un bambino Già te ne sei partito, tu, bambino, senza sapere niente della vita, mentre noi vecchi ancor ci dibattiamo nei nostri anni appassiti. Lo spazio di un respiro, un breve sguardo ad assaporare luce ed aria della terra ti è stato sufficiente e già di troppo, ti sei assopito e non ti desterai. Ma forse in uno sguardo, in un anelito ti apparvero d’un tratto tutti i giochi e della vita tutte le sembianze, e inorridito ti ritraesti. Forse, bambino, quando i nostri occhi si spegneranno un giorno, capiremo che della terra non videro, bambino, più di quanto non videro anche i tuoi. (Hermann Hesse) GIAMPAOLO MOCCI | EDITORE

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Outdooractivity

Vita e opere di Doctor Victor TESTO DI GIUSEPPE GIULIANI PHOTO ARCH. VITTORIO SERRA


Nei primi anni ’70, Vittorio Serra si avvicina allo sport grazie all’atletica e alle corse campestri. È tesserato nella Libertas Campidano e vince anche un titolo regionale negli 800 juniores. Non sa ancora che diventerà dentista, userà la bicicletta per i suoi spostamenti, farà due volte il periplo della Sardegna in surf, attraverserà il Tirreno sempre sulla stessa tavola, volerà con il deltaplano a motore, contribuirà a sistemare una statua della Madonna nei fondali di Villasimius, vincerà svariati campionati regionali di enduro e che a 37 anni inizierà a vivere un’altra vita sportiva con la bicicletta, diventando uno specialista delle gare a tappe, meglio se corse in condizioni proibitive.

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In quegli anni, non pensava minimente che un giorno correndo in bicicletta avrebbe dovuto fare attenzione alle zebre che attraversavano la strada o che un guardiacaccia gli avrebbe coperto le spalle per evitare che qualche leone gli manifestasse con troppa foga il suo affetto o cercasse di salire con lui sulla mountain bike. Molti lo conoscono come Doctor Victor, grazie al suo sito internet, molti di piĂš si chiedono come faccia un signore di 56 anni a competere con i primi nelle gare di mountain bike, anche se questi hanno la metĂ dei suoi anni. Lui non si pone il problema. L’ultima fatica è stato il nono posto assoluto al recente Rally di Sardegna di mountain bike corso in Ogliastra. Prima di lui sul traguardo nessun italiano. Capita di vederlo in pieno centro a Cagliari farsi spazio a pedalate in mezzo al traffico, un fascio di muscoli e nervi che sembra chiedersi cosa spinga la gente a chiudersi dentro una scatola di lamiera e mettersi in coda ad aspettare.

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Qual è stato il primo contatto con lo sport? Ho iniziato con l’atletica, corsa campestre. Ho vinto un titolo regionale negli 800 categoria juniores, quando avevo 15 anni. Poi, compiuti 18 anni, ho iniziato a correre in moto. Allora si chiamava regolarità, solo negli anni successivi sarebbe diventato enduro. Ho vinto diversi titoli regionali, l’ultimo nel 1990. Contemporaneamente facevo windsurf a livello agonistico, ho partecipato anche ai Mondiali nel 1985. Con il windsurf sono iniziate quelle che possiamo definire attività non convenzionali? Nel 1987 ho fatto il periplo della Sardegna con la tavola da surf da solo e in autosufficienza. Due anni fa ho ripetuto la stessa

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esperienza, un po’ perché stavo bene e non vedevo un motivo per non farlo, un po’ perché un amico voleva seguirmi per realizzare un documentario. Sempre con la tavola da surf nel 1988 ho attraversato il Tirreno: da Santa Teresa ho puntato verso la Corsica, l’ho costeggiata, poi la tappa più lunga da Bastia verso l’isola d’Elba, otto ore in mare aperto, e da lì l’approdo in terra ferma a Piombino. Poi ci sono il deltaplano e la parentesi da sub… Col deltaplano ho girato tanto una ventina di anni fa, ma è impegnativo devi farlo spesso non saltuariamente. Ho fatto parte del Club Sub di Sinnai e sono tra quelli che ha portato sui fondali del mare di Villasimius la statua della Madonna del naufrago.

Qual è il percorso per arrivare alla bicicletta? Ci sono arrivato quasi per caso. Avevo una spalla che saltava, un ginocchio che si gonfiava e l’ortopedico, considerate anche le diverse fratture che mi ero provocato facendo enduro, mi ha spiegato che l’unica cosa che mi restava da fare era pedalare. Ho iniziato tanto per fare attività sportiva a 37 anni, in pratica all’età in cui gli altri smettono. Ho vinto subito una gara e ho capito che potevo competere nell’assoluto. Ho conquistato due titoli europei nella Marathon 24 ore. Sono stato l’ultimo italiano a vincere l’Iron Bike (nel 2000). Ho partecipato due volte alla Libyke, una gara a tappe da 70-100 chilometri al giorno nel deserto. Sabbia, spine, sassi, escursioni termiche e rischio di perdersi, gli ostacoli principali.

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La prima esperienza estrema con la mountain bike? In Kenya nel ’97, un rally di una settimana a tappe da 80-120 chilometri. Si attraversava il Parco di Amboseli, si doveva stare attenti agli animali che all’improvviso attraversavano la strada, zebre soprattutto, e c’erano i guardiacaccia alle spalle che ti proteggevano da eventuali attacchi dei leoni. Tra l’altro ho vinto la tappa più dura quella che saliva verso il Kilimangiaro. Poi ho corso in Sud America, Germania, Spagna, gare che adesso sono sparite. Quelli sono stati anche anni di sperimentazione con la bicicletta… Ho girato il mondo per testare la bicicletta dell’Aviotech. Loro sono stati tra i primi a lavorare la fibra di carbonio e nel 1999 avevano realizzato alcuni prototipi. Io sono stato tra i primi a correre con il telaio in fibra di carbonio. Mi guardavano male. In seguito mi sono prodotto da solo anche le biciclette e tutto il materiale per correre. Il mio marchio era Monolite, c’era un progetto imprenditoriale, ma erano anni difficili, iniziavano ad arrivare i cinesi e reggere la loro concorrenza in termini di costi era impossibile. Con la Monolite ho corso sino allo scorso anno. Adesso uso una Cannondale Flash. Il prossimo appuntamento? Gli Europei, il 20 agosto, ancora a Graz ih Austria. Mi aspettano 105 chilometri. Il pericolo esiste? Tutto è molto relativo. Credo sia più pericoloso andare da Sinnai, dove abito, a Cagliari. Il pericolo c’è, ma non deve diventare tale, deve restare potenziale. In bicicletta vedi i burroni sotto di te, in surf, nelle acque di Solanas, una volta avevo una verdesca lunga otto metri che mi seguiva, da Bastia all’Elba ho incrociato un capodoglio, del Kenya ho già detto. Cos’è lo sport? È qualcosa in cui inizialmente credi per passione, poi ti rendi conto che fa bene e infine non riesci a farne a meno, diventa quasi una dipendenza. Io sono attratto dalle cose difficili, per me lo sport è un fatto agonistico, implica sacrificio e razionalizzazione. Devo dare il cento per cento a prescindere dalla gara, devo stare sempre attento.

Un nuovo giornale È sempre una bella notizia quando una voce si fa sentire tra le altre, nel panorama dell’informazione. È una voce originale e, soprattutto, appassionata.

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C’è un colle Sì, ci vuole rispett sempre essere una spazio per quelli ch

Sino a che età vu Sin che vado, va stile di vita. A

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egamento tra sport e ambiente? to per l’ambiente, per i boschi, per i sentieri, per gli animali. Salire in montagna deve a fatica, perché questo ti aiuta anche a rispettare il posto in cui ti trovi. Non ci deve essere he cercano la comodità per raggiungere un posto, che si fanno portare per evitare la fatica.

uole andare avanti? ado. Non ho ancora pensato quando smettere. L’invecchiamento è relativo, è dato dallo Ancora oggi nelle gare in mountain bike arrivo tra i primi cinque, qualcosa vorrà dire.

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Outdooractivity

Michele caminati

V

intervista doppia con due tra i più forti atleti italiani di arrampicata sportiva

DI GIAMPAOLO MOCCI

Michele e Silvio sono due tra i più forti atleti nel panorama italiano dell’arrampicata sportiva. Giovani protagonisti di competizioni nazionali e internazionali. Entrambi si sono avvicinati all’arrampicata all’età di tredici anni e ben presto hanno dato forma e sostanza alle loro capacità motorie nel mondo verticale. Michele si è dedicato al bouldering (arrampicata di difficoltà sui massi), ma lascia trapelare un futuro che lo vedrà impegnato nell’arrampicata in falesia. Silvio trova la sua dimensione nella scalata in falesia,

Tomorrow I Will Be Gone, 7c, Rocklands © Michele Caminati - www.michelecaminati.com


Silvio reffo s V

nonostante tra gare e manifestazioni abbia raggiunto ottimi livelli anche nel bouldering. Anche per lui evoluzioni future, che lo vedranno cimentarsi con la verticalitĂ delle grandi pareti. Nonostante la maturitĂ e serietĂ di questi due ragazzi, si sono prestati e sottoposti a questa intervista seria ma a tratti irriverente, con autoironia e mostrando un aspetto del loro carattere nascosto alle pagine patinate delle riviste che li ritraggono durante le loro performance.

Covolo - Photo Š Andrea Trivisonno

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Il soprannome di Silvio Silvio É vero che sei più bello di lui? Non saprei, non sono solito passare ore davanti allo specchio a rimirarmi... É vero che quando sei nato eri castano, da adolescente biondo e da climber sei diventato bruno per problemi di vicinato? Confesso, mi sono sempre tinto i capelli... ormai comunque sono grigi, l’età avanza. Età, numero di scarpa e di scarpetta da climb? 28 anni, 42 di piede e 37.5 di Futura... ma di Solution arrivo pure verso i 38. Grado massimo boulder? 8b+ … in falesia? 6b+ ?? ;-) Dai, da quest’anno mi sono imposto di imparare pure io... ne riparliamo l’estate prossima! coisxedda de s’appiccheddara* diavolo dell’arrampicata

Michele e Silvio hanno risposto a questa frase in lingua sarda senza conoscerne il significato.

É vero che sei un “coisxedda de s’appiccheddara*”? Così si dice in giro... ma ci tengo a smentire categoricamente! A che età e dove hai iniziato a scalare. A 13 anni nella palestra di arrampicata indoor di Parma... e sovente sugli alberi attorno a casa.

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Leap of Faith, 8a, Rocklands © Michele Caminati - www.michelecaminati.com


... di Michele Per molti Miki, per alcuni l’Uomo pesce. Assolutamente si, che domande! Però lui penso sia più dotato… É vero che quando sei nato eri nero, da adolescente biondo e da climber sei diventato castano per problemi di vicinato? Cavolo mi avete scoperto, confermo tutto, chissà quale sarà la prossima trasformazione, speriamo di essere sempre il più bello :-) 82 anni età biologica, 23 anni età anagrafica, scarpa ginnica 41, scarpa d’arrampicata 36,5. Ho il piede piccolo e quando arriva il vento perdo l’equilibrio. Pochi buoni fino all’8a+ boulder ... per un gran colpo di culo vie fino al 9a lavorato e un 8c flash… Ma che stai a dì !?!? Il mio primo incontro con l’arrampicata è stato sulla roccia, nelle pareti intorno al Vicentino, all’età di 13 anni, grazie a mio padre che mi ha trasmesso questa passione. Negli anni non ho mai perso la necessità di un continuo confronto con l’ambiente naturale, vero motore e motivazione della mia passione. Melloblocco, Val di Mello - Photo © Andrea Trivisonno

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La palestra e gli amici quanta importanza hanno avuto Beh direi un’ importanza fondamentale... alla fine è il luogo dove ci si ritrova tutti i giorni ad allenarsi e a stare in compagnia, ho avuto la fortuna di non dovermi mai allenare in uno scantinato buio da solo come un criceto. Sei metodico e segui rigide tabelle di allenamento oppure Sono abbastanza metodico ma non credo nelle tabelle troppo rigide... cerco sempre di ascoltarmi e di allenare tutto quello che può ancora essere allenato. Più che altro cerco sempre di divertirmi quando mi alleno! É più difficile risolvere un blocco o corteggiare una bella Decisamente la seconda che hai detto... É vero che sei diventato un forte arrampicatore per spopolata? Così avevo pensato... ma mi sa che ho fatto male i calcoli! Diciamo che fra i boschi pieni di blocchi purtroppo non “pullula”... Meglio un 7a dai movimenti entusiasmanti o un 8b di Meglio il 7a, meglio il 7a... se vuoi ne ho anche qualcuno da consigliarti! A quale aspetto dell’arrampicata non riusciresti a Probabilmente all’arrampicare. Se anziché essere un arrampicatore “spiantato” fossi un una micro-tacca e spingeresti come un appoggio di placca Non mi sono neanche posto il problema... Quindi sei etero? Purtroppo si, forse era meglio essere gay!

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fastiggiasi limonate anche a questa frase sempre in lingua sarda i due ragazzi hanno risposto senza conoscerne il significato.

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É vero che quando tu e Silvio andate a scalare assieme Solo se di giorno feriale e comunque mai con luna calante.

Kheops Assis, 8b+, Fontainebleau © Michele Caminati - www.michelecaminati.com


nella tua attività da climber? Non ho amici… (momento depressione). La palestra e il muro di arrampicata penso che siano gli strumenti che più hanno contribuito all’evoluzione dell’arrampicata negli ultimi anni. Con poco tempo a disposizione puoi veramente allenarti con efficacia, oltre ad essere un luogo di condivisione. Gli amici… pochi ma buoni! ti alleni solo quando non vai a scalare? Vado molto a periodi, cerco di seguire molto l’istinto e ciò che il mio corpo richiede in quel momento, rimanendo metodico in quello che faccio. ragazza? Non ho mai capito come corteggiare una bella ragazza, qualcuno me lo può spiegare?!?! avere più ragazze? Pare che prima l’aia fosse alquanto Ti dirò: quello era il mio vero obiettivo, però sinceramente attiro più gli uomini… ahahah mediocre bellezza? Beh sicuramente un 7a dai movimenti entusiasmanti anche se la difficoltà è sempre molto allettante! rinunciare? Non riuscirei a fare a meno del senso di libertà e al confronto con i miei limiti e il mio corpo. calciatore pieno di grano, quale velina stringeresti come estrema? Gabriele Moroni, ma forse non è una velina! Scusate dopo aver passato i due mesi in Spagna con lui non riesco a togliermelo dalla testa. Tutte le donne mi dicono che sono omosessuale e ti dirò, comincio a crederlo anche io. “fastiggiasi*” ? Purtroppo ho avuto poche occasioni di scalare con Michele, ma le poche volte è stato molto fastiggiasi.

Frankenjura - Photo © Matteo Pavana

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Boulder o falesia, dove ti senti più in sinergia col tuo E’ sempre stato boulder, ma mi piace l’arrampicata in tutte le sue forme, quindi potrà essere anche falesia e pure montagna... chi lo sa. Sharma: arrampicatore visionario alla ricerca di nuove Ondra: una macchina trita gradi. Quale tra queste due visioni della scalata è più vicina a te? Sicuramente la prima... ma povero Ondra, non è colpa sua se si tiene! Come affronti un passaggio o una via che non si lascia Tattica dello sfinimento... prima o poi si stufa e mi lascia passare! Sei appena diventato padre. La tua lei è come te chiara di carnagione e ha una fluente chioma dai riflessi corvini, ma il bambino ha i capelli castani e lei insiste per scegliergli come nome Silvio. Cosa gli diresti? Il gene dei capelli castani è recessivo ... … e a Silvio? ... Sei fortunato che il gene dei capelli castani è recessivo! Sei spesso in giro per il mondo, quale di questi posti ti ha Ogni posto mi ha dato grandi emozioni, ma forse più di tutti il Peak District in Inghilterra, se di emozioni vogliamo parlare!

C’è una linea che desideri particolarmente salire? Ben più di una... e non so mai scegliere! Ti motiva maggiormente migliorare il tuo personale livello per esempio il Melloblocco? Il Melloblocco non dovrebbe essere una gara... comunque ho trovato ottime motivazioni in entrambe le cose. Le grandi pareti… potrebbero rappresentare un’evoluzione Sicuramente! Ne ho già qualcuna i mente... ma ci vuole ancora un po’ di pratica, pian piano arrivo.

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Samson, 8a, Burbage South, Peak District © Michele Caminati - www.michelecaminati.com


modo di vivere l’arrampicata? Mi trovo molto più in sinergia nella scalata con la corda, trovo molta più soddisfazione risolvere una via estrema con tanti passaggi duri che mi fanno sentire quella simpatica ghisa negli avambracci. linee e spingersi oltre i limiti. Dipende dal momento e dalla motivazione, forse il giusto compromesso!! dominare, quale strategia metti in atto? Cerco di meccanizzare al meglio i movimenti cercando di mettere insieme sequenze sempre più lunghe senza resting per poi finalmente risolvere il problema. Lo so non ci crede nessuno... mi faccio calare e mi vado a bere una birra. Sei appena diventato padre. La tua lei è come te chiara di carnagione e ha una fluente chioma castana dai riflessi lucenti, ma il bambino ha i capelli neri e lei insiste per scegliergli come nome Michele. Cosa gli diresti? Mi è sfuggito qualche particolare!?!? Tranquilla cara tutto si risolve, cala che vado a bermi una birra al bar. … e a Michele? E adesso che hai voluto la bicicletta, pedala! dato le emozioni più forti? Sicuramente per il momento la Spagna e il viaggio che ho fatto mi ha dato grandissime emozioni, anche se ogni luogo che visito mi lascia qualcosa di speciale; però forse la falesia cui sono più legato è Lumignano, il luogo dove ho mosso i primi passi come arrampicatore e i miei sogni sono cresciuti e alimentati. Quella linea che in quel momento mi fa sognare. o ti da più carica il contesto agonistico di una gara, come Mi alleno e sono così motivato per cercare di migliorarmi. futura per la tua scalata? Penso che portare i massimi livelli su una via a più tiri, sia la massima espressione della scalata estrema. Cercherò in futuro di avvicinarmi anche in questo ambiente ai miei limiti.

Covolo - Photo © Andrea Trivisonno

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É vero che hai partecipato alla selezione per il ruolo di Male. Hanno preferito un tamarro con canotta aderente e pieno di tatuaggi... ancora non me ne capacito. É vero che Maria è più brutta di Silvio? Siamo lì... Ci hai fatto un pensierino… hai riflettuto su cosa vuoi Si, più volte... alla fine sono arrivato alla conclusione che non si può mai ottenere tutto, e ci sarà sempre qualcuno più forte di te. Quindi cerco di viverla a mio modo facendo le cose che più mi emozionano e mi stimolano, cercando magari di condividerle con gli altri. Jerry Moffat ha detto che nonostante si facciano tanti libera per primo una linea sarà stato capace di dare il riflessione? Verissimo, ed è anche molto più difficile farlo. Lasciare un pezzo di roccia per gli altri che racconta di te...

Se all’improvviso arrivasse un tizio che risponde al nome dovresti comunque ringraziarlo? Spero non mi debba dare un calcio nel sedere, ho vissuto e amato la “Foret” pure io come lui... anche se purtroppo solo da straniero in visita. Salutaci con una celebre citazione. Il Dado è tratto! (...via trad ai Lagoni). Scherzo, comunque come studente di fisica/matematica mi è sempre piaciuta questa: “Nella scienza uno prova a dire alla gente, in un modo che sia compreso da tutti, qualcosa che nessuno conosceva prima. Nella poesia, è l’esatto opposto” (Paul Dirac). Vendicati e insulta l’intervistatore, in modo creativo. Ho poca creatività immediata... ma studierò un piano di vendetta nei minimi particolari, non ti preoccupare! ;-)

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The Island, 8b+, Fontainebleau © Michele Caminati - www.michelecaminati.com


tronista a Uomini & Donne, com’è andata? Ho dovuto rinunciare perché attiravo più uomini che donne e la De Filippi mi ha cacciato dicendo che ero inadeguato. É vero che Maria è più brutta di Michele? Assolutamente no ahahahaha… dall’arrampicata? Il mio obiettivo continua ad essere: tante donne. Desidero che l’arrampicata sia un percorso di conoscenza di me stesso e del mondo. sforzi per raggiungere grandi livelli, solo chi crea e/o proprio contributo all’arrampicata. Cosa ne pensi di questa Non sono completamente d’accordo, penso che per dare il proprio contributo all’arrampicata non sia tanto necessario essere i primi a liberare una linea, quanto spostare con una libera il grado massimo, oppure contribuire con un nuovo modo di intendere la scalata. Pierre Allain, e ti desse un calcio nel sedere… perché Bisogna sempre sapere da dove si viene ed essere consapevoli che se oggi l’arrampicata è questa, è grazie alle persone che ci hanno preceduto. Poi non sarei in grado di scalare con gli scarponi! Un anonimo disse che: “solo la ricerca dell’impossibile può condurre a ciò che è realizzabile”.

Ma quale droghe hai assunto prima di scrivere questa intervista!?!? Ma va a dar via el cul !!!

Estado Critico, 9a, Siurana - Photo © Andrea Trivisonno

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Atomic Playboy, 7c+, Fontainebleau Š Michele Caminati - www.michelecaminati.com

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Micheke Caminati

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Ceredo - Photo Š Paola Finali

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Silvio Reffo

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PHOTO ANTONELLO LECIS © AT PHOTOGRAPHER


Vademecum Spesso ci si dimentica che molte delle nostre montagne sono “vuote”. Si pensi che in Italia ci sono oltre 35.000 grotte esplorate e inserite nei vari catasti delle cavità delle Regioni. Molte di queste sono caratterizzate da un’alta frequentazione di speleologi di tutta Italia per la loro particolarità e bellezza. Ma è bene ricordare che Speleologi si diventa col tempo nella pratica e non ci si può improvvisare! E’ bene evitare di andare in grotta senza le adeguate conoscenze tecniche ma piuttosto avvicinarsi alla Speleologia attraverso un buon corso di introduzione affidandosi a gruppi organizzati e dotati di apposite strutture didattiche riconosciute dalla Commissione Nazionale Scuole di Speleologia della Società Speleologica Italiana (CNSS-SSI) o dalla Scuola Nazionale di Speleologia del Club Alpino Italiano (SNS-CAI). Una escursione Speleologica SICURA è innanzitutto ben pianificata, è quindi necessario conoscere le caratteristiche della grotta e valutarne la fruibilità anche in relazione alle condizioni meteorologiche e idrologiche. Ogni Speleologo deve conoscere innanzitutto se stesso ed affrontare l’attività nelle giuste condizioni psicofisiche avendo cura di non entrare in grotta già stanco o affrontare escursioni non idonee alle proprie capacità. In particolare deve essere curata l’alimentazione sia prima dell’ingresso in grotta che durante la permanenza in sotterraneo. Evitare gli alcolici e bere invece molta acqua. La Speleologia moderna è caratterizzata dall’impiego di idonee attrezzature individuali e di gruppo. Queste devono essere scelte sulla base delle caratteristiche della grotta e ne deve essere curata la manutenzione e controllata periodicamente l’usura. Da non dimenticare: 1. Un telo termico 2. Un coltellino 3. Un impianto luce di riserva 4. un piccolo kit di primo soccorso per gruppo Nella pratica Speleologica è necessario adottare alcuni accorgimenti: • è buona norma non andare mai in grotta da soli e ricordare che la sicurezza è un problema di tutta la squadra, quindi ci si controlla a vicenda; • pulire le verticali dalle insidie “mobili” ed in ogni caso non sostare mai immediatamente sotto di esse; • controllare sempre in che condizioni si lasciano le corde di progressione; • essere certi che le comunicazioni verso i compagni siano percepite sempre correttamente; • rispettare il passo del compagno più lento ed impostare la progressione di tutto il gruppo su di esso • informare sempre UNA persona riguardo alla grotta in cui si va e al percorso di massima che si intende affrontare e dare un presunto orario di uscita dalla grotta • nonostante si segua pedissequamente tali accorgimenti, nella Speleologia il rischio di incidente è comunque reale ed oggettivo, come in ogni altra attività legata alla montagna. Per incidenti in grotta non si devono intendere solo gli infortuni (eventi traumatici con danni alla persona), ma ogni fatto accidentale accaduto nel corso di una esplorazione o escursione in grotta che ne abbia rallentato, impedito o compromesso lo svolgimento. In caso di incidente: • è meglio sovrastimare la situazione e allertare il soccorso piuttosto che perdere tempo prezioso; • valutare la situazione che ha determinato l’evento e che può ancora rappresentare un rischio; • mantenere la calma ed evitare decisioni avventate; • prepararsi ad assistere un infortunato per un periodo anche prolungato, meglio se si è in due; • acquisire informazioni sull’accaduto circa dinamica dell’incidente e condizioni dell’infortunato; • in tutta sicurezza, due compagni devono guadagnare l’uscita della grotta ed allertare il numero unico per le emergenze sanitarie 118 chiedendo esplicitamente l’intervento del Soccorso Speleologico comunicando le informazioni raccolte ed il luogo dell’incidente. Non abbandonare mai il luogo ed il telefono da cui si allertano i soccorsi per garantire sempre la piena raggiungibilità nel caso la centrale operativa 118 o le squadre del CNSAS abbiano necessità di informazioni più precise.

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Outdooractivity

SASSISMO BARBARICINO TESTO DI GIORGIO SODDU

Fu il 1999, per noi, l’anno della svolta epocale, uniti in quel gruppo semiserio di Bloccobirra.com, smettiamo completamente l’uso della corda e ci dedichiamo esclusivamente al bouldering. Eravamo e siamo un gruppo di amici uniti anche dalla passione per la scalata: Io, il Presidente (di niente), Angelo Marratzu, il Vicepresidente, Simone Masini, il Cassiere, Roberta Mereu, la Segretaria, Ciriaco Corrias, lo Scalatore Pastore, unico associato di una inesistente società. Iniziamo così, un po per gioco, a ripulire i settori di Sarule e di Orani, settori che risalivano in parte al 1986/89 quando, da solo e non per scelta, iniziai a scalare sui sassi senza nessuna conoscenza tecnica specifica (crash, parata, partenza seduto). All’epoca ero motivato solamente dalla lettura ripetuta come un mantra di “Arrampicare “ di P. Edlinger e da quella foto a pag. 96 dell’autore impegnato su una prua di 7b a Fontainbleau.

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GIORGIO SODDU SU ZANARDI (8a), OROTELLI - PHOTO © CHILLOTTI


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Furono necessari 10 anni di arrampicata su monotiri e vie lunghe a che io, Simone e Ciriaco prendessimo coscienza che forse, scalare sui sassi, è quello che realmente ci soddisfaceva maggiormente. Angelo e Roberta, invece, iniziano a scalare quando in pratica la trasformazione era pressoché avvenuta. Per noi scalare era, ed è, trovare un gruppo di massi, pulire tutt’intorno ad essi e individuare le linee di salita, le più logiche, senza varianti ed eliminanti, tanto in voga in molte parti d’Europa, il tutto in compagnia di amici in completo relax. Questo ci piace fare, questo è il nostro bouldering, semplice ed etico, senza prese scavate o migliorate, condito solo dall’amicizia del gruppo. Per noi, sui passaggi, si può afferrare tutto ciò che la roccia offre, se poi non è difficile quanto le nostre ambizioni del giorno, avanti a cercare altre linee più dure, fino a accontentare i gusti di ciascuno di noi. Indubbiamente hanno contribuito allo sviluppo delle nostre “visioni verticali” le grandi amicizie, che se legate a persone di indiscusso valore atletico ti aprono le vedute. È stato così che linee fino ad allora pulite e solo sognate, sono diventate realtà. Quasi per caso Mauro Calibani venne a farci visita per la prima volta in quegli anni, diventammo amici e complici affiatati di nuove scoperte.

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Ad una ad una, Mauro, iniziò a liberare linee sempre più dure e pure, come Prolet Cult, Utopia, Alla Ricerca del Punto G ad Orani, Beirut a Sarule, per poi arrivare a Orotelli dove Mauro libera “la Linea”, da noi pulita, sognata e provata da tanti, anche forti fuoriclasse, ma senza successo.

ANGELO MARRATZU SU BOLORMAA (8a), ORTOBENE, NUORO - PHOTO © A. MARRATZU

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Si tratta di “Cristine La Macchina Infernale”, solo 8a+, ma tenete conto che per Mauro non esisteva l’8b in quell’epoca. Muro strapiombante di rara bellezza, partenza in piedi su due piccole tacche un po’ svasate, senza nulla per i piedi. A destra e a sinistra il deserto arrampicatorio, puoi contarle con le dita di una mano le prese, solo quelle, mischiatele come volete ma il risultato è lo stesso, bellezza, difficoltà e purezza condensate a rappresentare il nostro modo di interpretare il bouldering. Allo stesso modo “Boloorma”, al monte Ortobene, rappresenta la purezza della linea. Un muro in forte strapiombo solcato da un lungo tafone a V rovescia che diventa sequenza di buchi sia svasi che netti. È questo per noi è l’essenza del Bouldering, trovare “la linea”, una sequenza di prese che ti permettono di scalare quel pezzo di roccia senza varianti, eliminanti, proprio come era per gli alpinisti trovare “il punto debole della parete”, è in quest’ottica che secondo noi nascono le linee più interessanti sia nel boulder che nella scalata con la corda. Nel tempo, molti altri scalatori sono venuti a provare e salire i “nostri” passaggi, lasciandoci anche delle belle linee nuove.

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SIMONE MASINI IMPEGNATO SU UNO DEI PRIMI PASSAGGI DI OROTELLI - PHOTO © G. SODDU


Buone arrampicate a tutti !

PHOTO © ALDO NIEDDU

Vademecum:

L’arrampicata sportiva, l’alpinismo e le attività di montagna in genere, come tutte le attività all’aria aperta, tra l’altro sempre più diffuse, sono spesso praticate anche da persone inesperte che si sono avvicinate da poco tempo a questo tipo di turismo attivo. In caso di escursioni alpinistiche valutiamo bene che il nostro itinerario “verticale” sia adeguato alla nostra preparazione. Non sempre avere tanto entusiasmo equivale ad avere le “capacità” psico-fisiche e tecniche adeguate. È sempre consigliabile affrontare i primi itinerari di arrampicata solo dopo aver frequentato giusti corsi di formazione o almeno sotto la guida di compagni di cordata esperti. Avere cura di acquisire le adeguate conoscenze tecniche per affrontare l’arrampicata non è cosa banale, spesso gli incidenti (oltre che per fattori imprevedibili come la caduta di un sasso) si verificano proprio per mancanza di preparazione e per sottovalutazione dei pericoli legati a determinate manovre. Bisogna sempre tenere in considerazione che l’arrampicata, che sia essa sportiva che alpinistica, è una attività potenzialmente pericolosa e in qualche caso mortale: • Portare appresso il cellulare con le batterie ben cariche. • Utilizzare SEMPRE il casco in percorsi alpinistici. • Avvisare sempre qualcuno dell’itinerario alpinistico che ci apprestiamo a compiere. • Portare una lampada per il buio, un telo termico e abbigliamento di riserva. • Verificare SEMPRE E PRIMA di ogni uscita il buono stato delle attrezzature da utilizzare (imbrago, corde, moschettoni, fettucce, cordini, rinvii ecc.), e accertarsi di avere al seguito tutto il materiale tecnico necessario per la scalata. • Non utilizzare MAI un solo ancoraggio per calarsi dalla via, sia in falesia e sia in una via di più tiri. • Abituarsi a sbloccare le corde doppie solo per l’ultimo della calata. • In falesia prestare la massima attenzione alla sicura del nostro compagno. • In caso necessita chiamare il numero unico per le emergenze sanitarie 118 e specificare il tipo d’incidente e dove vi trovate, se in montagna o in falesie lontane da strade chiedete esplicitamente l’intervento del Soccorso Alpino. Se vi siete spostati da qualche parte per telefonare NON SPOSTATEVI dal campo telefonico perché la centrale operativa potrebbe richiamarvi per avere notizie più precise.

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UGO BERTONI SULLO STORICO PASSAGGIO DELLA BISTECCA (6a+), ORANI - PHOTO © A. MARRATZU


CRISTIANO PODDIGHE SALE LA PLACCA DEL MUSULMANO ORTOBENE, NUORO - PHOTO © A. MARRATZU

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Ricordiamo ancora con piacere Marzio Nardi che saltava da un sasso all’altro come un bimbo entusiasta, liberava flash “Cuccureddu”, a dimostrare che la classe non è acqua, Lauren Laporte con la sua famiglia che in pochi giorni ha macinato praticamente tutti i 7b/c flash, l’umile Fred Nicole che sembrava tutto, tranne che cosciente di essere uno dei più grandi boulderisti al mondo (aveva salito da poco Dreamtime), Riccardo Scarian “il trattore Trentino”, i simpaticissimi fuoriclasse Jerry Moffat e Ben Moon e tanti altri con i quali siamo diventati amici e abbiamo condiviso bellissimi momenti.


MARCO CABOI SU RUDI, ORTOBENE - PHOTO © A. MARRATZU

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Penso che la vera chiave di una passione che non accenna a placarsi, almeno dal canto mio, sia la ricerca, la linea perfetta che spero in cuor mio di non trovare mai. La molla della scoperta continua ci ha spinto negli anni a pulire una moltitudine di aree boulder, composte di diversi settori, praticamente in tre persone, io, Simone e Angelo (Ciriaco vive per molti mesi in Spagna). Sono nate cosĂŹ, molto per gioco ma sotto il segno dell’amicizia e della condivisione, le aree boulder di Orani, Sarule, Orotelli, Monte Ortobene (oltre 10 settori di cui alcuni con oltre 250 passaggi), San Teodoro, Onifai, Pulchiana, Olbia e Serra Oseli. Ma soprattutto, attraverso questa disciplina, abbiamo cementato le nostre amicizie in maniera, è il caso di dirlo, granitica.


GIORGIO SODDU SU ALLA RICERCA DEL PUNTO G (8a) ORANI - PHOTO © A. MARRATZU

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You DISCOVER

Rumundu sogno verde in bicicletta l’avventura continua ...

TESTO DI VALENTINA MOREA


Trecento tappe, trentamila kilometri e nove milioni di pedalate; un anno intero in sella alla sua bici per girare il mondo a caccia di stili di vita sostenibili, armato di cellulare, tablet e una piccola videocamera per raccontare storie di uomini e donne raccolti negli angoli piĂš diversi del pianeta.

PHOTO Š http://www.rumundu.com/

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Questo è l’ambizioso progetto di Stefano Cucca che lo scorso 8 giugno ha dato il via all’avventura “Rumundu” partendo dalla sua Sardegna per attraversare l’Italia, il nord Europa e l’Islanda, a seguire il Canada, gli Stati Uniti e ancora il Giappone, la Cina, ma anche le Isole del Pacifico, la Nuova Zelanda, l’Australia, il Madagascar e il Sud Africa, per tornare infine a casa. La “pedalata infinita” è iniziata ufficialmente la mattina dell’8 giugno, da Sorso, cittadina d’origine di Stefano: ha riempito la sua borraccia con l’acqua della famosa fontana della Billellera, che pare causi la follia di chi la beve, congedato amici e parenti, ringraziato gli sponsor ed è partito, accompagnato dal suono di tromba registrato per lui dal jazzista Paolo Fresu.

PHOTO © http://www.rumundu.com/

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Prima tappa Sassari, poi Putifigari, dove è stato invitato a parlare nella seduta inaugurale del consiglio comunale appena eletto e quindi Cagliari per imbarcarsi per la Sicilia alla volta di Palermo e Corleone. Qui, in una terra tristemente famosa, Rumundu è approdato presso la Cooperativa “Lavoro e Non Solo” che gestisce e organizza con grande coraggio i campi di lavoro nei terreni confiscati alla mafia. Il tour siciliano del giovane ciclista prosegue in direzione Capo d’Orlando, un comune di tredici mila abitanti incastonato sui monti Nebrodi, affacciato su un mare cristallino, un vero esempio di sostenibilità e vivibilità per la qualità dei servizi offerti ai propri cittadini. Lasciata alle spalle la Sicilia, si riparte per risalire la penisola, attraversando la Calabria e la Basilicata, incontrando poche realtà sostenibili ma tante persone con tante cose da dire e raccontare.

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PHOTO © http://www.rumundu.com/

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STEFANO CUCCA E IL SINDACO DI NAPOLI DE MAGISTRIS PHOTO © http://www.rumundu.com/

Tappa obbligata nel Sud Italia è Napoli, una città molto “più folcloristica che sostenibile” (cit. Stefano Cucca), una realtà dal fascino particolare che può capire solo chi la vive anche se per poco tempo. Rumundu approda a Napoli nei giorni in cui sfila per le strade il corteo del gay pride, un’occasione, un evento singolare che permette ugualmente di cogliere l’essenza di questo progetto perché in fondo parlare di diritti umani vuol dire comunque affrontare un discorso di sostenibilità, avendo il coraggio e la tenacia di non seguire necessariamente una serie di modelli che ci vengono imposti. Napoli è la città delle mille contraddizioni che abbraccia con calore chi la vuole vedere e conoscere, ma nello stesso tempo allontana da sé chi resta deluso dalla sregolatezza che imperversa; è un museo a cielo aperto, nei suoi vicoli, sulle mura dei suoi palazzi si possono leggere secoli di storia, racconti, leggende, spesso offuscati da quel senso di abbandono e di degrado che domina soprattutto le periferie, ma Napoli è soprattutto il calore della sua gente, che emoziona e intrappola e rischia di non lasciarti più ripartire.

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I chilometri da percorrere però sono ancora tanti e il mondo pullula di persone, storie, situazioni, micro mondi, momenti e stili di vita sostenibili che non senza difficoltà, si muovono in controtendenza rispetto a un’impostazione della nostra società fortemente legata ai consumi e ai profitti.

il viaggio continua ... PHOTO © http://www.rumundu.com/

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You DISCOVER

Uno straordinario modo di andare nell’Aldilà

TESTO E PHOTO DI MASSIMO COZZOLINO


Il funerale non è la fine, ma il fine della vita stessa e come tale è importante e deve soprattutto fare rumore, suscitare stupore e gioia, d’altronde per l’etnia Ga, la morte non è altro che un passaggio da una vita a un’altra. Non molto lontano dal centro di Accra in Ghana, si è sviluppato un bizzarro fenomeno, quello di personalizzare in modo alquanto singolare il proprio feretro. Sul lungomare di Teshie fra i negozi di strumenti musicali e botteghe di bibite fresche, si possono ammirare in bella mostra, sulla strada, le fantastiche bare a forma di elefante, di peschereccio, di aquila e tante altre forme ancora. Queste devono rispecchiare in qualche modo la personalità, il pensiero, il mestiere, o perché no, i vizi del defunto. Ecco che una bara a forma di pesce, sicuramente accoglierà un pescatore, mentre quello a forma di aereo di linea del Ghana Airways, può rappresentare il desiderio del defunto di viaggiare. Nessun limite alla fantasia, le bare possono avere le forme più assurde, come quella di un telefonino con tanto di display, o di una scarpetta da ginnastica di una nota marca americana e o addirittura a forma di utero gigante ma lascio a voi l’interpretazione di questa scelta.

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Questo fenomeno nasce non molto tempo fa, da circa cinquanta anni, quando Kane Kwei costruì uno dei primi feretri a forma di favo del cacao e da allora fu un crescendo di richieste. Nonostante l’esosa cifra di settecento dollari, che corrisponde circa a uno stipendio annuo di un Ghanese, gli ordini abbondano perché per un funerale si è disposti a ben oltre. Non credo che il dolore del lutto sia diverso dal nostro, è solo vissuto con una concezione diversa. La morte non rappresenta la fine di tutto, secondo una visione agnostica, oppure il giorno del giudizio secondo la visione cattolica, ma questa, per l’etnia Ga, è un importante passaggio dov’è prioritario esagerare. Non ha molto significato come si è condotta la propria vita, ma la morte deve essere sorprendente e ricordata, diventando un grande evento sociale.


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La sepoltura delle bare avviene subito dopo la morte, mentre il funerale si svolge anche dopo alcuni mesi, questo per consentire ai familiari di mettere da parte i soldi necessari per il grande evento. Assistere a un funerale è stata una esperienza davvero unica, il frastuono degli altoparlanti, il ritmo dei tamburi, l’accerchiarsi della gente intorno all’altarino addobbato da lunghi drappi dove campeggiava la foto del defunto. I partecipanti vestono rigorosamente in abiti eleganti, avvolti nelle loro vesti rosse e nere del lutto. Si respira gioia e dolore, danzatori ballano sulle crescenti note delle percussioni e tutti consegnano un offerta in danaro, onorando il defunto e sollevando dai debiti i familiari.

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“Una storia, anzi due storie parallele, anonime come milioni di altre storie che potrebbero essere raccontate ad ognuno di noi. Perchè la letteratura non smette mai di appassionarci alla vita degli altri, e perciò alla nostra, rispondendo così a quel primordiale desiderio di conoscenza della parte piu’ intima del nostro essere.”

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Tutto ciò ai nostri occhi appare irriverente, quasi una mancanza di rispetto nei confronti del defunto, ma qui è il contrario, gli spiriti dei propri cari hanno un ruolo fondamentale nello svolgersi della vita quotidiana. Non si può cambiare il dolore di un lutto in un sentimento di gioia, ma penso che questo celebrare la morte possa essere un modo per tenere un contatto tra i vivi e chi non è più legato alla terra.

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Slow at food

Cous cous

con verdure e uova

TESTO E PHOTO DI ANDRE MASCI

Questo mese parliamo del cuscus o cùscusu (in francese: couscous). Questo piatto è un alimento tipico del Nordafrica e della Sicilia occidentale, costituito da granelli di semola cotti a vapore. Oggi è diffuso in tutta l’Africa e anche in alcune zone dell’Europa come Francia e Belgio. Tradizionalmente il cuscus era preparato con semola di grano duro, solitamente accompagnava carni in umido, in alcune zone della costa del mar mediterraneo il pesce e o verdure bollite. Può essere anche reso piccante aggiungendo la harissa, come preparato in Tunisia.


In Sicilia, nelle zone del trapanese, il cuscus è cotto a vapore in una speciale pentola di terracotta smaltata, ma il condimento a differenza di quello magrebino è un brodo di zuppa di pesce. Dalla Sicilia il cuscus è stato esportato a Genova e Livorno dove è preparato con la carne d’agnello.

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Il cascà è una variante alle verdure, importato nella cucina di Carloforte e Calasetta (Sardegna) da una colonia di corallari liguri trasferitisi nell’Isola di San Pietro. In passato il cascà era un piatto semplice e povero e gli ingredienti per la sua preparazione erano, oltre alla semola opportunamente lavorata, il cavolo cappuccio o il cavolfiore ed i ceci. Col tempo questo piatto si è evoluto e si sono aggiunte le varie verdure di stagione e la carne suina. Così trasformato è divenuto il piatto dei giorni festivi in epoca recente, preparato soprattutto in occasione della festa patronale di San Carlo. Da molti anni nel mese di aprile a Carloforte si tiene una sagra per conservare e valorizzare questo tipico piatto della tradizione culinaria tabarkina.

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Ingredienti per 4 persone: 250 g di cous cous 5 uova 1 peperone 1 zucchina 1 carota 1 melanzana 250 g di pomodorini ciliegina 1 confezione di basilico 8 cucchiai di olio extravergine. di oliva 1 cucchiaino di olio extravergine di oliva 3 spicchi d’aglio Sale & pepe

Scopri il turis

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Preparazione Mettete le uova in una piccola pentola con acqua calda, quando comincia a bollire lasciate rassodare le uova per 7/8 minuti. Nel frattempo lavate e tagliate la melanzana a cubetti, aggiungete il sale e riponetela in uno scolapasta, procedete allo stesso modo con la zucchina, la carota e il peperone, una volta pronte riponete le verdure in un recipiente. Scaldate 2 cucchiai d’olio in una grande padella antiaderente, sbucciare l’aglio, uno spicchio lo useremo dopo, schiacciate 2 spicchi e fateli dorare, a questo punto, aggiungete le verdure e lasciate cuocere a fuoco vivo fino a farle diventare croccanti. Salate e pepate a piacere. Mettete 250 ml d’acqua in una casseruola e lasciate bollire, quando l’acqua bolle aggiungete 1 cucchiaino d’olio evo. Versate il cous cous nell’acqua bollente mescolando per circa 1 minuto. Coprite la casseruola con un coperchio e lasciate riposare per 10 minuti. Raffreddate velocemente le uova in acqua fredda, una volta sbucciate, tagliatele a fettine sottili o a spicchi come preferite. Adesso con l’aglio fresco, lasciato da parte, strofinate un insalatiere e aggiungete, una volta lavati e tagliati, i pomodorini e il basilico. Condite con 4 cucchiai di Olio evo e aggiungete sale e pepe. Lasciate intiepidire le verdure croccanti. Aggiungete 2 cucchiai d’olio evo al cous cous e sgranatelo con una forchetta. Ci siamo, riponete nell’insalatiere il cous cous insieme al resto delle verdure, mescolate e ricoprite con gli spicchi d’uovo prima di servire.

smo attivo senza confini con

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at culturam !

antichi mestier bel paese n o m e i P TESTO E PHOTO DI BETTY SERIANI

DI GIUSEPPE BELLI

Carissimi amici. Dopo un lungo giro per la Laguna Veneta, questa volta ci ritroviamo in Piemonte, una regione ricca di storia e di cultura come tutte le altre che formano il nostro bel paese. Parlando di antichi mestieri con qualche anziano del posto, non è difficile imbattersi in chi si ricorda ancora dei “manhin”, tanto per menzionarne uno, che in piemontese sta a indicare quegli artigiani che in giro per i paesi riparavano le pentole e le casseruole. Questo lavoro richiedeva molta manualità: perché le riparazioni riuscissero ad arte, bisognava applicare uno strato di stagno né troppo spesso né troppo sottile. Sempre gli anziani ricordano che non c’era borgo che non avesse la bottega del maniscalco, quando i cavalli rappresentavano un importante mezzo di trasporto. Oggi a Demonte, in provincia di Cuneo, esiste un museo che ripropone questa antica attività con tutti i suoi attrezzi. Dopo una prima immersione negli antichi mestieri di questa regione, vorremmo ricordare ai nostri amici turisti che il Piemonte, (che letteralmente significa “terra ai piedi delle montagne”) dopo la Sicilia, è la più grande regione d’Italia e si compone di otto province. Il suo territorio è


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prevalentemente montuoso. Le Alpi circondano gran parte del suo versante occidentale e, ai piedi del Monviso, la montagna più alta delle alpi Cozie, si trova la sorgente del fiume Po, il corso d’acqua più lungo d’Italia. Numerosi sono anche i laghi alpini di origine glaciale. Uno dei più grandi laghi italiani, il lago Maggiore, si estende proprio da queste parti. Torino, prima capitale del Regno d’Italia, oggi è capoluogo di regione e, secondo le statistiche di una speciale classifica pubblicata dalla Camera di commercio di Milano, è la terza città d’Italia per la conservazione degli antichi mestieri. Uno di questi era il Brentatore, in piemontese “El Brindor”. Figura un po’ pittoresca, il Brentatore era un esperto di vini e al mercato indirizzava gli acquirenti nella scelta di questi. Si trattava di solito di una persona estrosa ed era facilmente distinguibile per la sua inconfondibile divisa. Indossava un abbondante camice azzurro e aveva le mani violacee per effetto del colore del vino. Il suo compito non si limitava solo a dare consigli sul vino: egli, dopo aver convinto l’acquirente, che nella maggior parte delle volte era un oste, si accordava con questi anche per la modalità di consegna dello stesso. All’epoca il vino era venduto nelle osterie e chi voleva berlo a casa si recava a comprarlo per l’appunto da queste. La consegna avveniva per mezzo delle “Brente”, recipienti portati a dorso che avevano una prestabilita misura corrispondente a un “stajo”. Lo stajo o staio era un’antica unità di misura tradizionale italiana che a Torino corrispondeva circa a cinquanta litri. Il Brentatore era a tutti gli effetti un funzionario enologico che nel capoluogo piemontese, a partire dal millesettecento, fino agli inizi del novecento, ebbe anche una sua collocazione giuridica con tanto di regolamento e divisa del Regno Sabaudo. La maggior parte di essi proveniva dalle vallate piemontesi, in particolare da Viù in provincia di Torino. Per la fatica di dover trasportare il vino in questi contenitori a mo’ di zaino sulle spalle, era considerato comunque un lavoro duro e, a fine ottocento, la professione appariva ormai in declino. Quello che una volta era considerato un assaggiatore oltre che un intenditore, negli ultimi anni aveva ormai smarrito le sue antiche caratteristiche e si era ridotto a semplice facchino del vino. Intorno a quest’antico mestiere si costituì una Compagnia che si assumeva non solo il compito del trasporto del vino, ma anche quello della sua qualificazione e valutazione. Oggi, la Compagnia dell’arte dei Brentatori, che per un periodo era stata soppressa, ha ripreso vita riallacciandosi alle sue origini. Essa si propone di esaltare il vino in quanto tale e di promuoverne il suo consumo senza distinzione di tipo e di origine, nella speranza che esso venga apprezzato sulle nostre tavole per essere un nobile prodotto della natura. A questo punto, prima di lasciarci, invito tutti i nostri amici turisti a salutarci, brindando con un bel bicchier di vino rosso, che, bevuto con moderazione, pare allunghi la vita. Un saluto a tutti e alla prossima puntata.

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MATITA, GOMMA E MOUSE... a cura di BARBARA VALUTO

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Edizione IT/UK/ES Mensile - Anno I Nr. 9 - Luglio 2013


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