AT MAGAZINE nr. 10 - E/IT

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ATMAGAZINE

Turismo attivo, senza confini.

AT MAGAZINE

it.atmagazine.eu Edizione IT/UK/ES - Mensile - Anno I - Nr. 10 - Agosto/settembreLuglio 2013

OUTDOORACTIVITY

La banda del buco

YOUDISCOVER Tra cervi e nuraghi Sulle tracce degli antichi mulini e antichi villaggi nuragici RUMUNDU Tanto va Rumundu in bici... che ci lascia per gli Stati Uniti!


obiettivo AT

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photo ARCH. Š AT Photographer


Num10 Sett2013 sommario Fatti e “disfatti”… o sarebbe meglio dire “MISFATTI”

Editoriale

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Outdooractivity

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la banda del buco di Giampaolo Mocci

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Rumundu. L’avventura continua... di Roberto Lai e Stefano Cucca (Rumundu)

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Abu Simbel - I templi salvati dalle acque di Massimo Cozzolino

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tra cervi e nuraghi di Giuseppe Giuliani

slow AT food

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Sulle tracce degli antichi mulini e villaggi nuragici di Sabina Contu

AT culturam!

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antichi mestieri del belpaese, piemonte (part. 2) di Giuseppe Belli

AT Decameron

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Matita, gomma e mouse di Barbara Valuto e testi di G. Mocci

YOU DISCOVER

In copertina: Barbara Valuto su Buon Compleanno, Villacidro (VS) Photo Giampaolo Mocci © AT Photographer

web it.atmagazine.eu email info@atmagazine.it atpublimedia@atmagazine.it

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staff editor Giampaolo Mocci

Che cos’è un’erbaccia? Una pianta le cui virtù non sono state ancora scoperte [R.W. Emerson]. Esistono migliaia di metafore e aforismi che concettualizzano il mondo e la vita. Forse definire “erbaccia” la vita è irriverente, eppure, quanti innanzi ad una pianta officinale, dalle virtù note, sarebbero in grado di riconoscerla? Le esperienze, gli uomini e la vita stessa sono erbacce a cui guardare con curiosità e attenzione, senza fermarsi alla prima impressione e scevri da ogni condizionamento impegnarsi a scoprine le virtù nascoste.

Andrea Concas

Giornalista professionista, scrittore, laureato in Scienze della Comunicazione, ha collaborato con diversi periodici (“Il Tempo”, ecc.), agenzie di stampa (Unione Sarda, ecc.) e tv. Editor per network editoriali (Mondadori). Attualmente dirige “Diario24Notizie”,”2012 Magazine” e “Sardinia Network”. È consulente dell’Ordine dei giornalisti della Sardegna e della Associazione della Stampa Sarda (FNSI). Dal 2008 è il responsabile del C.R.E. (Centro Ricerche di Esopolitica) e dell’Associazione intitolata al giornalista “José De Larra”. Dal 2011 è il presidente del GUS sardo, il Gruppo di specializzazione della FNSI relativo ai giornalisti degli Uffici Stampa.

Shawn Serra

Barbara Valuto

Oscar Migliorini

Flavia Attardi

Sabina Contu

Gianluca Piras

Ho 23 anni e vivo a Carbonia, mi sono diplomato al Liceo Scentifico Tecnologico di Carbonia e attualmente sto completando il mio percorso formativo come studente in Scienze della Comunicazione a Cagliari. Entrare a far parte della redazione di questa rivista turistica on line mi entusiasma e spero di dare un importante contributo.

Da turista occasionale e distratta, sono diventata una vera appassionata di viaggi dopo il battesimo del classico viaggio zaino+Interrail dopo la maturità. La laurea in Lingue e il tesserino da giornalista sono stati un pretesto per conoscere a fondo altri mondi, altre culture e soprattutto stringere amicizie durature con anime gemelle erranti in ogni angolo del pianeta. Costretta dal lavoro a fissa dimora e ferie limitate, ho scelto una professione che, dopo l’esperienza in un tour operator e un albergo, mi consentisse di vivere in un ambiente dove il viaggio è insieme fine e mezzo: l’aeroporto. Di appendere la valigia al chiodo, naturalmente, non se ne parla proprio.

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Da sempre rincorro l’idea di poter diventare parte integrante di quel che i cinque sensi attribuiti mi permettono, attraverso tele, argille e metalli. Non esito a misurarmi ed esprimermi con diverse passioni, come la fotografia e l’arrampicata sportiva, che mi consentono di essere a contatto con le molteplici bellezze della natura...anch’essa come l’arte, infinita ed imprevedibile. Colpevole di un’inesauribile sete di conoscenza per me, sarebbe difficile scegliere tra tante meraviglie che mi attirano, mi circondano e che vivo!

classe 1973, Segno zodiacale Vergine. Vivo e lavoro prevalentemente a Cagliari. Attualmente Delegata alla Sport della Provincia di Cagliari. Tra i vari incarichi ricoperti nel 1996 consigliere comunale del mio paese natio Jerzu e nel 2004 consigliere di amministrazione dell’ente regionale per il diritto allo studio. Amo la letterattura, la politica ed il diritto, in particolare quello ambientale, sanitario e sui temi della nocività lavorativa sto concentrando la mia attenzione negli ultimi anni. Film preferito : C’era una volta in America. Attori: Clint Eastwood e Meryl Streep. Il mio libro preferito è “L’arte della guerra” di Sun TZu. Le mie passioni sono la cucina e l’agricoltura.

Vivo a Oristano, dove sono nato il 20 maggio del 1961. Sono iscritto all’Ordine Nazionale dei Giornalisti e lavoro come responsabile dell’ufficio stampa e Comunicazione istituzionale della Provincia di Oristano, curando anche la redazione e la pubblicazione dei contenuti del sito istituzionale. Appassionato sportivo, ho praticato innumerevoli sport ma in modo significativo scherma, calcio, tennistavolo, tennis. Ora pratico con impegno agonistico lo sport delle bocce. Sono presidente del Comitato provinciale di Oristano della Federazione Bocce e atleta della Società Operaia di Mutuo Soccorso di Oristano. Di questa gloriosa società, fondata nel 1866, sono stato presidente dal 1999 al 2005 e faccio parte del Consiglio di amministrazione dal 1996.

Sono quasi trenta anni che pratico assiduamente tutto quello che è outdoor in Sardegna e nel mondo, dalla speleologia al torrentismo, dal trekking alla mountain bike, ma in primis l’arrampicata in tutte le sue salse, grandi numeri non li ho mai fatti ma mi sento in sintonia con la mia filosofia: “siamo tutti liberi di confrontarci come vogliamo con la parete, nel rispetto del prossimo”.


Massimo Cozzolino

Marco Lasio

Patrizia Giancola

Grazia Solinas

Andrea Masci

Rosalia Carta

Roberto Finoli

Rinaldo Bonazzo

Stefano Vascotto

Vivo e lavoro a Napoli, sono nato nel 1976 mi sono diplomato all’Accademia di Belle Arti nel 2003 in Scenografia. Fra tutte le passioni, quella che proprio mi riempie di più e mi fa vedere la vita con occhi diversi è l’Africa. Ed è per questo motivo che dedico questa collaborazione a Thomas. “Un uomo integro”. Per l’imperialismo è più importante dominarci culturalmente che militarmente. La dominazione culturale è la più flessibile, la più efficace, la meno costosa. Il nostro compito consiste nel decolonizzare la nostra mentalità. [Thomas Sankara]

“Porta itineris dicitur longissima esse”. I latini dicevano “La porta è la parte più lunga del viaggio”: per iniziare una nuova vita bisogna trovare il coraggio di fare il primo passo, per cambiare bisogna avere le forze di farlo. Per crescere bisogna volare via dal nido e cogliere al volo tutte le occasioni. Viaggi, musica e la potenza delle immagini per evadere e costruire una chiave che apra tutte le porte che si presentano lungo la strada.

Sono nato a La Spezia nel 1959 ma cresciuto a Cagliari. Ho fatto il liceo scientifico e mi sono laureato in Scienze Geologiche a Cagliari. Mi sono trasferito in Svezia nel 1988. Sono docente di fotografia in un liceo di Kristianstad, in Scania nel sud del paese. Svolgo in proprio servizi fotografici ma sono anche attivo come pubblicista. Sono appassionato di viaggi con contenuti anche avventurosi. La mia filosofia é tenere il corpo, la mente e i sentimenti in forma per cui faccio tanto sport, molti trekking, leggo molto ed amo la mia compagna Carina ed i miei figli Linnea ed Elias.

Maggio 1985, Perito informatico (ABACUS), laureato in Scienze della comunicazione, appasionato di assemblaggio, programmazione su Personal Computer e la musica rock. Il mio hobby della mountain bike mi ha portato a conoscere luoghi ed a riscoprire il contatto con gli spazi verdi che la nostra terra ci offre. Le nuove esperienze se rivestite di un sano velo di sfida mi coinvolgono e motivano a cimentarmi con passione in queste nuove avventure.

Sono cresciuto in campagna, adoro la natura con tutti i suoi profumi e i suoi colori. Mi piace condividere le mie esperienze, perchè come diceva mia nonno, puoi comprare tutto ma l’esperienza la devi fare, per questo lo scambio di esperienze aiuta a essere migliori. Il mare è la mia grande passione... veleggiare con il vento che ti coccola è una esperienza meravigliosa che tutti dovrebbero fare. Credo che si possa migliorare dando fiducia a tutti gli esseri umani, perchè ognuno di noi è un essere unico e irripetibile che vale più di quello che crede!

Over 30 years in the IT world. Passionate about new technology and always open to new solution.

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Amo paragonarmi ad un diamante: le sue preziose e molteplici sfaccettature sono come le mie tante sfumature di personalità e di carattere. Anche il mio percorso personale e professionale è piuttosto bizzarro: ho due figli di 28 e 26 anni, un cane di 15, un nuovo compagno, adoro gli studi umanistici, ma ho un incarico di manager presso una società di engineering, un brevetto di sub e amo il nuoto, un amore incondizionato per i libri, per i viaggi e per tutto ciò che è innovazione e tecnologia applicata alla tradizione. In tutto questo cerco il particolare che fa la differenza. Son un ariete e mi butto a capofitto in tutto ciò che faccio, ma tutto ciò che faccio deve divertirmi, deve farmi ridere. Il mio motto è: la vida es un carnaval!

Appassionato da sempre per gli sport all’aria aperta come la mountain bike, il kayak, immersioni e tanto altro, ho sempre inteso la parola outdoor come momento di conoscenza. Il percorrere sentieri su due ruote o far scorrere il mio kayak sul mare della nostra Sardegna è sempre occasione di arricchimento culturale che soddisfa appieno la mia inesauribile voglia di conoscere. Negli anni ho collaborato con riviste di trekking e outdoor in genere. La fotografia è inoltre l’indiscussa forma di archiviazione dei miei momenti passati tra amici o in solitudine per i monti o per mare.

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staff editor Elisabetta Gungui

Barbara Knapczyk

Giuseppe Giuliani

Denise Lai

Giuseppe Belli

Francesca Columbu

Marco Cabitza

Suwong Mano

Valentina Morea

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Cagliaritana di 35 anni, socievole, estroversa, creativa e simpatica (dicono!). Lavoro nel mondo della sicurezza per le aziende, studio Scienze della comunicazione e gestisco un Bed&Breakfast da circa due anni. Aspettative per il futuro? Esprimere sempre più la mia parte creativa nel mondo del lavoro (e non solo!). Sono appassionata di cinema, teatro, arte, musica, viaggi al fine di un arricchimento culturale/sociale, poco sport ma primo tra tutti il tennis. Le poche righe a disposizione son finite per cui concludo qui la mia brevissima presentazione!

29 anni, studia nella facoltà di Beni Culturali (curriculum archeologico) dell’Università degli Studi di Cagliari. Giornalista dal 2010, scrive per blog, quotidiani e riviste, anche online.

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Barbara Knapczyk was born in Cracow in 1960. She studied at Academy of Fine Arts in Cracow. Painting with professor Stanislaw Rodzinski and professor Zbigniew Grzybowski. Drawing with professor Zbylut Grzywacz and professor Józef Zabkowski. Diploma in 1989. Tekstile art with professor Ryszard Kwiecien. All works inspired by the surrounding nature. Favorites: landscapes, still life, portrait, themes of mountains. Her work are in private collection in many countries. She likes to travel and takes pictures.

Sono Giuseppe Belli, cinquantatre anni passati tutti nella mia città, Napoli. Essa, oltre ad essere una delle più belle città che io conosca è anche tra le più complesse e caotiche, di quello stesso caos incomprensibile che contraddistingue la nostra vita. Amo leggere e scrivere. Soprattutto la scrittura mi da modo di rielaborare la realtà che mi circonda e talvolta la possibilità di comprenderla meglio. Per questo ho pubblicato già due libri… e non c’è due senza tre.

It is a story about sport climbing Protections, for how to write a watercolor. Pen and paint... to make it look old and dirty the surface of a rock cliff.

Giornalista, 45 anni, ama la vita di società e gli appuntamenti mondani tanto che vorrebbe abitare in Lapponia. Invece, vive ad Assemini dove, peraltro, pare non abbia mai incontrato una renna. Siamo tutti appesi a un filo. E io sono anche sovrappeso (Franco Zuin)

Classe 1974; sarda di nascita e di sangue; attualmente impegnata professionalmente presso l’aeroporto di Cagliari. Amante della natura, del buon cibo e dei viaggi; riesce ad emozionarmi un tramonto d’estate e allo stesso modo un gratacielo di una grande metropoli. Faccio mia la frase: [...]”Accettare le sfide della vita significa porsi di fronte ai nostri limiti e ammettere di poterli o meno superare”... e a oggi credo di avere, ancora, tante sfide da vincere!

Il mio mondo è una valigia. Inguaribile sognatrice e viaggiatrice per passione; un’irrefrenabile curiosità mi spinge a voler conoscere quel che non so, capire ciò che appare ostico, superare barriere e confini. La sete di novità e l’entusiasmo nel viverle sono la mia forza motrice, la parola è la mia arma (pacifica peraltro).


ph. B.Valuto Š AT Photographer

obiettivo at

Chillaz International GmbH Hoferweg 13

A-6134 Vomp in Tirol / Austria

tel. +43-5242-62399 fax +43-5242-62777 web: www.chillaz.com mail: contact@chillaz.com


obiettivo AT

Photo arch. Š AT Photographer


editoriale

Fatti e “disfatti”… o sarebbe meglio dire “MISFATTI” Definizione e significato del termine: disfatto: che non ha, o non ha più forma compiuta. misfatto: atto scellerato, malvagio; delitto, crimine: commettere un misfatto (azione gravemente delittuosa, SIN delitto). Un gruppo di persone ha un’intuizione e nasce il free climbing, ne scaturiscono regole e norme di comportamento che andranno a costituire l’etica di quell’idea. Questi condividono con altre persone che ne abbracciano la filosofia e diffondo il movimento, col tempo il numero cresce e nasce una comunità. La comunità si compone di menti eterogenee e queste influenze permettono a quell’idea iniziale di evolvere, estendersi e variegarsi. Nascono altre correnti di pensiero dando input a molteplici discipline e tutto da quell’unica intuizione di partenza. Discipline che generano specialisti in grado di spingere quell’idea sempre più in alto rafforzandone e radicandone l’ideologia stessa. Ma come spesso accade nelle comunità, i punti di vista divergono talmente che si arriva allo scontro. Nel mondo dell’arrampicata e dello sport in generale è capitato spesso che ci siano state violente e importanti discussioni, sull’etica, sul rispetto dell’ambiente e sulla sicurezza. Abbiamo assistito a esibizioni di forza a suon di prestazioni e di discorsi retorici con evidenti schieramenti di fazioni e correnti di pensiero opposti. In queste situazioni ispide e vive, però si è sempre stati coesi e decisi nel condannare atti che ben poco hanno a che vedere con filosofie e opinioni divergenti. Rompere e o asportare le protezioni dalle pareti É UN GESTO DELITTUOSO e DAI CONTORNI CRIMINOSI e la comunità ha sempre reagito condannando questi comportamenti arbitrari che a prescindere da quali possano essere state le motivazioni a supporto di tale atteggiamento sono difficili da trovare giustificazioni plausibili. Purtroppo di questo genere di esternazioni di pensiero si sente parlare spesso in diverse località sparse nel mondo, senza risparmiare anche siti ritenuti patrimonio storico, come la via di Cesare Maestri e Co. in Patagonia, solo per citare un esempio illustre. Difficile trovare soluzioni efficaci per arginare queste iniziative, al momento la denuncia pubblica da parte degli appassionati e amanti di questo mondo verso questi fatti al fine di isolare queste persone che agiscono quasi indisturbate, sembra l’unica soluzione. Troppi i valori morali messi in discussione da queste persone, che mettono in atto questi comportamenti e personalmente mi risulta difficile non denunciare con forza queste azioni. I fautori di questi gesti devono essere isolati e le divergenze di opinione devono essere discusse attorno a un tavolo e non deturpando e distruggendo, mettendo a rischio chi inconsapevolmente si troverà in pericolo per l’incauta azione in nome di un principio, ma che le modalità a sostegno di questi lo rendono incondivisibile. GIAMPAOLO MOCCI | editore

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Outdooractivity

La banda del buco venti d’estate portatori di novità nel mondo dell’arrampicata sportiva in sardegna

PHOTO E TESTO DI GIAMPAOLO MOCCI

Molti amanti delle attività outdoor la chiamano “Paradisola”, in greco antico “Ichnusa” poi traslitterato come “Hycknusa” o “Icnussa”, ma nelle carte ufficiali è “Sardegna”. Paradisola è un luogo lontano da tutto ma vicino a tutto, è calda e fredda, è di un verde lussureggiante ma che si alterna a periodi di giallo oro.


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Quest’isola al centro del mediterraneo si presta alla vita all’aria aperta ed è quindi meta di visitatori da tutto il mondo e in ogni periodo dell’anno, desiderosi di soddisfare la propria voglia di vivere una giornata persa nelle zone selvagge e inaccessibili se non disposti alla fatica per raggiungerli. L’arrampicata sportiva ha trovato terreno fertile tra questi risalti di roccia calcarea alternati a massicci di granito rosso o grigio. Da oltre trent’anni, cioè da quando fu chiodato il primo itinerario sportivo (scogliere di Cala Fighera, Cagliari – Magico Alvermann, 5b, Mondo Liggi 1982), anno dopo anno c’è stata una crescita continua di aree e itinerari fino alla soglia delle 4.000 vie presenti nel territorio.

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Un grande lavoro che deve la propria realizzazione all’opera di un manipolo di chiodatori locali, ai visitors che hanno voluto lasciare la propria impronta in quest’eden di roccia e sporadicamente a qualche amministrazione pubblica locale, che sensibile o forse lungimirante ha investito sulle potenzialità offerte dalle pareti nel proprio territorio. Anche quest’estate appena conclusa è stata un rincorrersi di notizie e news sui media, novità che vanno a incrementare quel ricco patrimonio già consolidato. Da nord a sud ci sono stati aggiornamenti continui, Masua (Iglesias, CI), Monte Arci (Morgongiori, OR), Villacidro (VS), San Lorenzo (Osilo, SS), Baunei (OG), Urzulei (OG), Ollolai (NU), Oliena (NU) e Cala Gonone (Dorgali, OG).

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Particolare attenzione hanno riscosso le pareti di Ulassai (OG), qui l’opera di chiodatura ha visto nascere in appena due mesi quasi 50 nuove vie divise tra nuovi e vecchi settori, realizzate per gran parte per mano dei soliti noti, ma se vogliamo considerare l’aspetto aggregativo dello sport, tra queste falesie il fenomeno “tendenza” ha fatto sì che anche chi non è solito utilizzare trapano e fix (protezioni fisse da parete) ha voluto dare il proprio contributo. Nei mesi scorsi la frequentazione di questi settori è stata costante e numerosa.

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Il fenomeno Ulassai se analizzato ha dato evidenza dell’importanza della promozione, anche se dietro questo lavoro di ampliamento non c’era nessun piano di marketing premeditato, lo è diventato in modo del tutto spontaneo, con il passa parola e l’evidenza sui media hanno reso un luogo da frequentato a “di tendenza”.

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Certo che se gli amministrat attenzione a ciò che accade a come queste sarebbero motiv piÚ attentamente darebbero a

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tori locali facessero pi첫 attorno a loro, situazioni vo di riflessione e analizzate anche qualche risposta.

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photo Antonello lecis Š AT Photographer


Vademecum Spesso ci si dimentica che molte delle nostre montagne sono “vuote”. Si pensi che in Italia ci sono oltre 35.000 grotte esplorate e inserite nei vari catasti delle cavità delle Regioni. Molte di queste sono caratterizzate da un’alta frequentazione di speleologi di tutta Italia per la loro particolarità e bellezza. Ma è bene ricordare che Speleologi si diventa col tempo nella pratica e non ci si può improvvisare! E’ bene evitare di andare in grotta senza le adeguate conoscenze tecniche ma piuttosto avvicinarsi alla Speleologia attraverso un buon corso di introduzione affidandosi a gruppi organizzati e dotati di apposite strutture didattiche riconosciute dalla Commissione Nazionale Scuole di Speleologia della Società Speleologica Italiana (CNSS-SSI) o dalla Scuola Nazionale di Speleologia del Club Alpino Italiano (SNS-CAI). Una escursione Speleologica SICURA è innanzitutto ben pianificata, è quindi necessario conoscere le caratteristiche della grotta e valutarne la fruibilità anche in relazione alle condizioni meteorologiche e idrologiche. Ogni Speleologo deve conoscere innanzitutto se stesso ed affrontare l’attività nelle giuste condizioni psicofisiche avendo cura di non entrare in grotta già stanco o affrontare escursioni non idonee alle proprie capacità. In particolare deve essere curata l’alimentazione sia prima dell’ingresso in grotta che durante la permanenza in sotterraneo. Evitare gli alcolici e bere invece molta acqua. La Speleologia moderna è caratterizzata dall’impiego di idonee attrezzature individuali e di gruppo. Queste devono essere scelte sulla base delle caratteristiche della grotta e ne deve essere curata la manutenzione e controllata periodicamente l’usura. Da non dimenticare: 1. Un telo termico 2. Un coltellino 3. Un impianto luce di riserva 4. un piccolo kit di primo soccorso per gruppo Nella pratica Speleologica è necessario adottare alcuni accorgimenti: • è buona norma non andare mai in grotta da soli e ricordare che la sicurezza è un problema di tutta la squadra, quindi ci si controlla a vicenda; • pulire le verticali dalle insidie “mobili” ed in ogni caso non sostare mai immediatamente sotto di esse; • controllare sempre in che condizioni si lasciano le corde di progressione; • essere certi che le comunicazioni verso i compagni siano percepite sempre correttamente; • rispettare il passo del compagno più lento ed impostare la progressione di tutto il gruppo su di esso • informare sempre UNA persona riguardo alla grotta in cui si va e al percorso di massima che si intende affrontare e dare un presunto orario di uscita dalla grotta • nonostante si segua pedissequamente tali accorgimenti, nella Speleologia il rischio di incidente è comunque reale ed oggettivo, come in ogni altra attività legata alla montagna. Per incidenti in grotta non si devono intendere solo gli infortuni (eventi traumatici con danni alla persona), ma ogni fatto accidentale accaduto nel corso di una esplorazione o escursione in grotta che ne abbia rallentato, impedito o compromesso lo svolgimento. In caso di incidente: • è meglio sovrastimare la situazione e allertare il soccorso piuttosto che perdere tempo prezioso; • valutare la situazione che ha determinato l’evento e che può ancora rappresentare un rischio; • mantenere la calma ed evitare decisioni avventate; • prepararsi ad assistere un infortunato per un periodo anche prolungato, meglio se si è in due; • acquisire informazioni sull’accaduto circa dinamica dell’incidente e condizioni dell’infortunato; • in tutta sicurezza, due compagni devono guadagnare l’uscita della grotta ed allertare il numero unico per le emergenze sanitarie 118 chiedendo esplicitamente l’intervento del Soccorso Speleologico comunicando le informazioni raccolte ed il luogo dell’incidente. Non abbandonare mai il luogo ed il telefono da cui si allertano i soccorsi per garantire sempre la piena raggiungibilità nel caso la centrale operativa 118 o le squadre del CNSAS abbiano necessità di informazioni più precise.

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You DISCOVER

Rumundu Tanto va Rumundu in bici... che ci lascia per gli Stati Uniti! testo di Rogerto lai e stefano cucca


Eccoci qui, a tre mesi dalla partenza, a salutare Stefano da un altro continente. Lasciata l’Islanda, Rumundu è atterrato a New York, per i primi giri di ruota americani. E mentre attendiamo con grande curiosità le prime immagini e storie sostenibili provenienti da quelle parti, vi proponiamo l’ultimo racconto di Stefano, dall’Islanda, terra magica e magnetica, dove il vivere lentamente nasce innanzitutto dal profondo rispetto per la natura. Buona lettura!

Photo © http://www.rumundu.com/

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L’Islanda è sostenibile perchè governata dalla natura di Stefano Cucca (05/09/2013 11:44 )

Quando prima della partenza disegnavo nella mia mente l’itinerario che avrei fatto con Rumundu pensavo sempre all’Islanda perché avevo letto diversi articoli su come i suoi abitanti si fossero ripresi dalla crisi economica che li aveva travolti nel 2008. Il superamento della crisi islandese veniva dipinto come “cura” a una ipotetica crisi che nel giro di poco tempo avrebbe travolto alcuni paesi europei come la Grecia. Il paragone con questi paesi in forte recessione non poteva che apparire scontato ma, una volta in Islanda, non ho potuto che constatare quanto fosse semplicistico. È semplicistico perché ogni paese ha la sua storia e quella dei paesi

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europei è decisamente più complessa perché l’Islanda ha una popolazione di nella capitale. Allo stesso tempo ho avuto il piacere, con tante persone che sono nate e cres terra. Che la rispettano e che soprattutt anche persone che in quella terra si apprezzano la tranquillità e la pace – c giornate. Un fatto su tutti: in un’intera settimana un poliziotto. Tant’è che ho iniziato a c protetta o se la professione fosse inclu Sembra che tutto funzioni con natura-le


di quella islandese. Ed è semplicistico 300.000 abitanti, concentrati quasi tutti

, proprio a Reykjavik, di chiacchierare sciute in Islanda e che amano la propria to ne rispettano i ritmi. Ma ho incontrato sono trasferite per viverci perché ne contagiose - che accompagnano le loro

non mi è capitato di avvistare neanche chiedere se per caso la categoria fosse usa tra quelle normalmente accessibili. ezza.

Una cosa ad ogni modo è certa: in Islanda l’elemento natura mostra tutta la sua forza. Sembra quasi che abbia costretto chi quei luoghi li abita a vivere prevalentemente in un’area circoscritta, Reykjavik, e che i continui cambiamenti climatici siano quasi un segno di ribellione anche se, nonostante tutto, i ghiacciai si riducono sempre più e inesorabilmente. In questa prospettiva chi ha inventato la frase “il mondo è piccolo” aveva proprio ragione. Il mondo è piccolo già solo perché si può pensare di attraversarlo con una bicicletta e quattro borse ma anche perché se lo si continua a usare in questo modo non rimarrà niente di buono per nessuno; neanche per quei paesi che pur di inseguire un progresso chiamato “sviluppo” usano e distruggono l’ambiente in cui vivono. E alla fine, ci rimetteremo tutti.

Photo © http://www.rumundu.com/

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E non solo il mondo è piccolo. È anche rotondo. Questo significa che se ci si mette alla ricerca di terre “lontane” da sfruttare alla fine si tornerà comunque al punto di partenza e non rimarrà più niente da distruggere, nessuna area del mondo su cui speculare, sia in termini di materie prime che di forza lavoro. Già oggi l’Africa - forse uno dei primi paesi della storia ad essere stato sfruttato da parte dell’occidente per le ricchezze del suo sottosuolo - che era, forse, riuscito a salvare in alcune zone almeno le tradizioni e le antiche culture, rischia di scomparire del tutto nell’oblio perché diverse sono le potenze, in particolare quella cinese, a guardare con interesse alla creazione di infrastrutture in loco per poi, probabilmente, insediare industrie con un bassissimo costo della manodopera. E la storia è molto probabilmente destinata a ripetersi. Insomma, l’Islanda è sostenibile per definizione e poco contano le percentuali dei tassi di disoccupazione. Questa volta, in realtà, ho preferito ascoltare i fantastici silenzi che una terra può emettere. Islandesi, saluti a tutti.

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Photo Š http://www.rumundu.com/

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http://www.rumundu.com/it/gmap

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E la storia è molto probabilmente destinata a ripetersi.

il viaggio continua ... Photo Š http://www.rumundu.com/

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obiettivo AT

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photo ARCH. Š AT Photographer


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You DISCOVER

Abu Simbel I templi salvati dalle acque

testo E PHOTO di MASSIMO COZZOLINO


I templi di Abu Simbel sono tra i più conosciuti d’Egitto dopo le piramidi di Giza, non tanto per la loro bellezza, ma per il loro colossale salvataggio. Nel 1959 fu annunciato la costruzione di una nuova diga più alta ad Assuan, che avrebbe permesso di irrigare 800.000 ettari di terreno prima non coltivabili. Questa titanica opera di ingegneria, avrebbe creato un lago artificiale lungo più di 500 chilometri, sommergendo per sempre tutti i capolavori dell’antica Nubia, cioè la parte di territorio compresa tra la prima e la seconda cataratta, da Assuan al Sudan.

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Christiane Desroche-Noblecourt (conservatrice dei musei nazionali francesi presso il Louvre) e Sarwat Okasha (ministro della cultura egiziana) interpellarono l’Unesco per risolvere il problema e salvaguardare questo patrimonio artistico e culturale appartenente all’umanità. Risposero all’appello, intervenendo con una grossa somma di denaro, oltre 50 Stati. Il salvataggio consisteva nello smontare e rimontare i templi 64 metri più in alto sulla falesia. Furono sezionati in 1036 blocchi di dimensioni variabili, e dall’ingente peso di 20/30 tonnellate ciascuno. Il monumento fu ricostruito con minuzia e consolidato con resine epossidiche sulla nuova spianata, rispettando l’orientamento originario dei templi. Per raggiungere Abu Simbel ci sono diversi modi, tra cui l’aereo, una nave da crociera e risalire il Nilo, oppure quello più comune, cioè aggregarsi a una carovana di turisti ,che partono alle tre del mattino da Assuan per raggiungere Abu Simbel alle sette. La prima volta che ho visitato i templi è stato nell’agosto del 2001, il periodo peggiore ovviamente, alle otto del mattino il termometro segnava già 30°. Da dietro la collina la prima visione che si ha d’innanzi è il lago Nasser, una surreale distesa d’acqua in pieno deserto contornata da arenaria e rocce granitiche infuocate dal torrido sole. E’ proprio al sole “Ra” che è dedicato il tempio Grande di Ramesse II, con la sua immensa facciata dove si stagliano i quattro colossi assise del faraone che guardano a oriente, con il copricapo “nemes” dell’alto e del

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basso Egitto. Sullo zoccolo dei colossi posti all’ingresso del tempio sono raffigurati in armonica sequenza scene di prigionieri nubiani legati tra loro, mentre nell’oscurità del Pronao ci sono le otto statue-pilastri di Ramesse II, in veste Osiriache, mentre sulle pareti sono incise le scene della battaglia di Qadesh. In fondo al tempio quattro statue tagliate nella roccia troneggiano nel santuario: Re-Horakhty, Ramesse II divinizzato, Amon-Re e Ptha, sono gli Dei che proteggono le grandi città d’Egitto. Il 20 febbraio e il 20 di ottobre, allo spuntare del giorno, i raggi solari colpiscono le divinità rianimandole. Il tempio piccolo di Nefertari, poco più in là, riprende il tema del colosso reale di Ramesse II, che si alterna con le effigi della sua sposa Nefertari.

“Una storia, anzi due storie parallele, anonime come milioni di altre storie che potrebbero essere raccontate ad ognuno di noi. Perchè la letteratura non smette mai di appassionarci alla vita degli altri, e perciò alla nostra, rispondendo così a quel primordiale desiderio di conoscenza della parte piu’ intima del nostro essere.”

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Come tutti i grandi capolavori per poterne riconoscere la grandezza, non è importante conoscerne la storia o sapere le ragioni per cui sono stati costruiti in questo luogo ameno, lungo le rive del Nilo nel pieno del deserto libico, dove le temperature normalmente raggiungono i 50°, ma forse l’importante è solo sentirne la potenza espressiva e mistica che sconvolge l’anima, tanto da esser tornato in questo luogo già tre volte. Forse per cogliere qualche dettaglio prima non notato, o il desiderio di capire come si può resistere sotto la canicola in questo luogo tanto aspro quanto affascinante, o forse solo per sentire ancora una volta quel turbamento appagante di entrare seppure per poco in empatia con una civiltà così remota e così tanto evoluta.

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Outdooractivity

Tra cervi e nuraghi TESTO DI GIUSEPPE GIULIANI PHOTO ARCH. : http://www.wwf.it/oasi/sardegna/monte_arcosu/ http://www.ilcaprifoglio.it/

Siamo nella foresta di Gutturu Mannu, un ponticello precede l’ingresso dell’oasi del Wwf di Monte Arcosu. Tre chilometri di sterrato ci separano dalla provinciale che conduce a Capoterra e Santadi, il collegamento tra Campidano e basso Sulcis. La deviazione, per quella che è considerata la casa del cervo sardo, si trova qualche centinaio di metri dopo la chiesa campestre di Santa Lucia. La casa del cervo sardo nasce nel 1985 intorno a Monte Arcosu. L’oasi viene creata proprio con l’obiettivo di salvare una specie a rischio estinzione. Nasce grazie ad una indovinata sottoscrizione popolare che consente all’associazione ambientalista di rilevare quella che era stata una riserva di caccia. Agli originari 3 mila ettari, nel 1996 se ne aggiungono altri 600. Adesso l’oasi è un punto di ritrovo per escursionisti, amanti dell’ambiente, bikers. Due sono i centri visita: il primo è proprio all’ingresso, per raggiungere il secondo ci sono otto chilometri di strada sterrata e in salita, prima impegnativa prova per gli appassionati di mountain bike. Settembre è il periodo di riproduzione per il cervo sardo ed è anche il momento in cui nell’oasi si fa il censimento dei capi presenti nella zona.


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Il conteggio avviene attraverso il metodo del bramito: il verso emesso dal maschio nel periodo dell’accoppiamento consente ai rilevatori di individuare i vari esemplari, anche perché il maschio tende a occupare un territorio ben definito. Con il cervo sardo si dividono lo spazio cinghiali e daini in questo secondo caso l’area è appositamente delimitata proprio per evitare contatti con i cervi. Tra gli uccelli frequentano l’area anche l’aquila reale, il falco pellegrino e l’astore sardo. Anche se la loro presenza è accertata dagli studiosi, ma non facilmente riscontrabile dai visitatori. Nelle vicinanze dell’oasi sono presenti alcune interessanti, ma poco valorizzate aree archeologiche.

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- Nome IT: Poiana comune - Nome Scientifico: Buteo buteo - Name English: Common buzzard Photo © http://blog.libero.it/cybermost/8436641.html

In territorio di Assemini, ma si tratta di un’isola amministrativa che si incontra circa a metà della strada provinciale che conduce a Santadi, si trova il villaggio nuragico di Is Fanebas. Nella zona, attrezzata come area picnic, c’è una piccola cascata e, appunto, i resti di quello che è stato un villaggio nuragico. Nella stessa zona sono presenti anche segni di un successivo insediamento di epoca romana.

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Tracce di un antico insediamento, le costruzioni con grandi blocchi di pietra richiamano quelle di età nuragica e punica, anche nella zona del Riu Bidd’e Mores. Qui, i punti di riferimento per raggiungere la zona sono la provinciale per Santadi e la dispensa Gambarussa che si trova dopo una decina di chilometri di strada sterrata in direzione Sulcis. Anche in questo caso i ritrovamenti sono, però, solo di reperti di epoca romana e nella parte superiore del rilievo si intuisce quella che doveva essere una città fortificata. Segni del passato anche un chilometro e mezzo più in là in direzione nord-ovest, a Perdu Secci: resti di un nuraghe e basi circolari di antiche capanne si scorgono tra i sugheri.

Un nuovo giornale È sempre una bella notizia quando una voce si fa sentire tra le altre, nel panorama dell’informazione. È una voce originale e, soprattutto, appassionata.

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L’oasi di Monte Arcosu è aperta tutto l’anno il sabato e la domenica dalle 9 alle 18 (d’estate dalle 8 alle 19 e ad agosto solo su prenotazione). Sono possibili visite guidate, anche in questo caso su prenotazione. Informazioni ai numeri 329.83.15.754 e 347.34.63.546. email: montearcosu@wwf.it I servizi turistici e di educazione ambientale sono gestiti dalla cooperativa Il Caprifoglio.

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You DISCOVER

Sulle tracce degli antichi mulini e antichi villaggi nuragici

testo di sabina contu photo fonte http://it.wikipedia.org/


Al centro del moderno abitato di Teti, (piccolo comune del nuorese), arroccato sulle montagne, nel verde paesaggio della Sardegna interna, sorge un piccolo museo archeologico comprensoriale, inaugurato nel 1990, realizzato ex novo, di moderna architettura, destinato a raccogliere i materiali rinvenuti nell’intero comprensorio della Barbagia Mandrolisai. La sua esposizione ed il suo percorso museale parte dalla prima sala, dove nelle cinque vetrine sono esposti i materiali dei siti archeologici di nuraghe Nolza di Meana Sardo, su Nuratze e Interrios Tonara, nuraghe Talei Sorgono e dei vari villaggi sparsi nel territorio circostante.

Si tratta di oggetti di uso cultuale offerti alla divinità dell’acqua a cui era dedicato il tempio: pugnaletti foliati a base semplice, pugnaletti con costolature evidenziate da raffinate decorazioni geometriche, spade spilloni e monili.

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Usciamo dal Museo e dopo un breve percorso su una strada rurale, scopriamo il Santuario di era nuragica denominato Abini, situato nel territorio di Teti. I suoi resti sono in buona parte interrati nella valle percorsa da un fiume che sfoccia nella valle del Tirso. Il primo ritrovamento risale al 1865 quando alcuni pastori fecero degli scavi che portarono alla luce una varietà di oggetti. Lo scavo vero e proprio del sito archeologico venne compiuto per la prima volta nel 1930 dal Taramelli che vi rinvenne una notevolissima quantità di bronzi nuragici di ottima fattura e in buon stato di conservazione, esposti adesso nel Museo Archeologico di Cagliari. Abini risale ai secoli VIII e VII a.c. Secondo le fonti il villaggio ha una superficie di 20.000 mq., si estende nell’area prossimale al corso d’acqua ed è costituito da 26 capanne e da un ‘’recinto delle riunioni’’, dove si trova un pozzo sacro. Di quest’ultima costruzione non è attualmente visibile nessuna forma di costruzioni, se non alcuni ‘’conci di coda’’ in trachite con la faccia a vista accuratamente lavorata. L’intera area doveva essere uno dei più importanti santuari federali delle genti sarde nuragiche, l’area sacra ritrovata con gli scavi è individuata da il temenos, cioè il recinto murario che racchiude l’area sacra, che in parte conservava ancora i sedili in pietra per i pellegrini. All’interno del recinto si possono altari, capanne dei sacerdoti, e fondamenta di altre strutture; al centro dell’area giacciono numerosi conci in basalto e trachite che dovevano comporre le parti decorative poste sulla sommità del pozzo sacro ancora attivo ma in cattivo stato di conservazione, la struttura che dovette essere adibita al culto dal periodo del bronzo recente (fine XIV secolo a.C.) all’età del ferro (VII secolo a.C.) era dedicata al culto dell’acqua. Altra opera ispirata all’acqua ma di epoca più recente è sita a Olzai, ed è il vecchio Mulino che si erge imponente in località Bisine, a nord del paese, a circa 558 metri sul livello del mare. E’ situato in una zona facilmente accessibile, e molto interessante dal punto di vista ambientale e paesaggistico. Si tratta di un gioiello di architettura e di ingegneria idraulica e meccanica. E’ uno degli esempi più interessanti di ‘’archittetura preindustriale’’ presenti nell’isola; infatti è testimone di un’attività preindustriale legata allo sfruttamento della forza idraulica. La sua struttura in granito è unica in Sardegna, sia per la maestosità che per lo stato di conservazione. La sua realizzazione, probabilmente voluta da una importante famiglia di ricchi proprietari a cui apparteneva anche la campagna in cui si trova il mulino, viene fatta risalire all’800.

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Olzai (Ortzài o Orthài in sardo) è un comune sito nella regione della Barbagia. Il suo nome potrebbe derivare dalla voce fenicia “Hol” “Hoel” (territorio, dimora del mio pellegrino); oppure da “Iolai”. Come dimostrano i numerosi ritrovamenti di nuraghi, dolmen e menhir, si presume che il territorio di Olzai, fosse abitato sin dal periodo nuragico. Nel Medioevo fece parte del Giudicato di Arborea. Nel paese si possono ammirare i resti dell’archeologia nuragica: menhir, dolmen e la tomba dei giganti S’Ena ‘e sa Vacca datata tra i 1.800 e i 1.500 anni prima di Cristo. Questo dolmen si trova poco lontano dalla strada che collega Olzai a Sedilo, sul lato sinistro. La copertura della tomba dei giganti è costituita da un unico lastrone che gli conferisce l’aspetto di un dolmen allungato. Si pensa che il monumento testimoni proprio il passaggio dall’architettura megalitica a quella delle tombe dei giganti.

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at culturam !

antichi mestier bel paese Piemon testo e photo di Betty seriani

di giuseppe Belli

Carissimi amici, anche questa volta ci ritroviamo in Piemonte per continuare il nostro viaggio fra gli antichi mestieri di questa regione. Oggi visitiamo la Valsesia in provincia di Vercelli, una bellissima valle alpina che prende il nome dal fiume più lungo del Piemonte, il Sesia. Il suo percorso, caratterizzato da una serie di tortuosità, con rapide e salti d’acqua spettacolari, nel primo tratto infatti coincide con questo territorio prima di confluire nel Po. La Valsesia, con i suoi incantevoli scenari naturali, è anche considerata la valle più verde di tutta la nostra bella Italia. Questa valle ricca di storia e di cultura ha sempre ospitato innumerevoli artisti che con la loro creatività hanno reso celebre l’artigianato di questi luoghi. Essa si estende ai piedi del Monte Rosa e Varallo è il suo centro più famoso. Molto nota da queste parti è l’arte del Puncetto. Esso consiste di un pizzo realizzato con una particolare tecnica molto raffinata che richiede l’utilizzo di ago e filo. E’ formato da disegni geometrici e simmetrici e viene


ri del nte

eseguito creando una serie di nodi in due sensi, senza girare mai il lavoro, tenendo stretto fra le mani l’ago con la cruna rivolta verso il corpo e la punta verso l’esterno. Per creare questi lavori occorre molto tempo, pazienza e precisione. Nell’insieme i nodi di filo creano un tessuto compatto in un gioco di vuoti e pieni, formando meravigliosi giochi geometrici. Puncetto deriva dal termine dialettale “Puncett”, piccolo punto, che si riferisce alla piccola dimensione dei nodi del tessuto. La storia delle tradizioni legata a quest’arte si perde nel tempo: alcuni sostengono che sia originaria della zona, altri che sia stata importata dai Saraceni, altri ancora che sia stata introdotta dagli spagnoli nel diciassettesimo secolo. Tale arte è stata tramandata per via orale. Successivamente se ne è evitata la scomparsa attraverso la trascrizione delle conoscenze tecniche e l’istituzione di veri e propri corsi istituiti dalla comunità di Valsesia. I luoghi storici dove essa viene praticata sono Val Mastallone e Val Grande. Lungo la prima valle si trovano Sabbia e Cravagliana con le frazioni di Saliceto, Ferrara e Fobello dove ormai da anni esiste una famosa scuola di Puncetto e una mostra permanente nel palazzo comunale. Ogni paese della valle conserva i suoi designi tipici. Quest’arte è rimasta custodita nella valle fino a quando la regina Margherita di Savoia durante una visita in Valsesia, se ne innamorò, diffondendo il merletto a corte. Da quel momento il Puncetto avrebbe acquisito popolarità in tutta la penisola. Nella storia del l’abbigliamento, il Puncetto è sempre stato parte integrante del costume femminile valsesiano. Esso viene cucito intorno alle scollature delle camicie, sulle maniche e sui grembiuli. È usato anche nell’abbigliamento moderno per ornamentare la biancheria e decorare gli arredi sacri. Molti capolavori di quest’arte sono custoditi nelle chiese della valle, in quanto era costume che le fanciulle di questa zona regalassero il primo centrino alla Madonna. A questo “punto” (come in un gioco, tra ago, filo e discorso), se qualcuno dei nostri amici si volesse cimentare in quest’arte, lo invitiamo a provare. In ogni caso, a loro e a tutti gli altri, come sempre, un arrivederci alla prossima puntata.

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obiettivo AT

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at decameron

matita, gomma e mouse... a cura di Barbara Valuto testo di G. MOCCI

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ph. B.Valuto Š AT Photographer

CALZATURIFICIO ZAMBERLAN S.r.l. Sede: Via Marconi, 1 36036 Pievebelvicino di Torrebelvicino (VI) Tel. ++39 0445 660.999 Fax ++39 0445 661.652 http://www.zamberlan.com/ zamberlan@zamberlan.com


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Edizione IT/UK/ES Mensile - Anno I Nr. 10 - Agosto/Settembre 2013


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