AT MAGAZINE nr. 8 - E/IT

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ATMAGAZINE

Turismo attivo, senza confini.

AT MAGAZINE

it.atmagazine.eu Edizione IT/UK/ES - Mensile - Anno I - Nr. 8 - Giugno 2013

OUTDOORACTIVITY

Rumundu

sogno verde in bicicletta

YOUDISCOVER MAROCCO Il racconto dell’ascesa al Jbel Toubkal RICCARDO SCARIAN Intervista BAZOULÉ La terra dei coccodrilli sacri


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Num08 Giu2013 sommario Editoriale

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CAMBIARE VITA O RIPRENDERE A VIVERE?

Outdooractivity

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RUMUNDU. SOGNO VERDE IN BICICLETTA di Giuseppe Giuliani

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INTERVISTA A RICCARDO SKY SCARIAN di Giampaolo Mocci

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IL RACCONTO DELL’ASCESA AL JBEL TOUBKAL di Roberto Finoli

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BAZOULÉ. LA TERRA DEI COCCODRILLI SACRI di Massimo Cozzolino

Outdooractivity

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UN COCKTAIL PERFETTO CHIAMATO BEACH TENNIS di Francesca Columbu

slow AT food

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GRAVLAX O GRAVAD LAX di Andrea Masci

AT culturam!

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ANTICHI MESTIERI DEL BELPAESE, MURANO di Giuseppe Belli

il filo di Arianna

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IL SENTIERO DEI NURAGHI di Sabina Contu

AT Decameron

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MATITA, GOMMA E MOUSE di Barbara Valuto

YOU DISCOVER

web it.atmagazine.eu email info@atmagazine.it atpublimedia@atmagazine.it

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staff editor Giampaolo Mocci

Che cos’è un’erbaccia? Una pianta le cui virtù non sono state ancora scoperte [R.W. Emerson]. Esistono migliaia di metafore e aforismi che concettualizzano il mondo e la vita. Forse definire “erbaccia” la vita è irriverente, eppure, quanti innanzi ad una pianta officinale, dalle virtù note, sarebbero in grado di riconoscerla? Le esperienze, gli uomini e la vita stessa sono erbacce a cui guardare con curiosità e attenzione, senza fermarsi alla prima impressione e scevri da ogni condizionamento impegnarsi a scoprine le virtù nascoste.

Andrea Concas

Giornalista professionista, scrittore, laureato in Scienze della Comunicazione, ha collaborato con diversi periodici (“Il Tempo”, ecc.), agenzie di stampa (Unione Sarda, ecc.) e tv. Editor per network editoriali (Mondadori). Attualmente dirige “Diario24Notizie”,”2012 Magazine” e “Sardinia Network”. È consulente dell’Ordine dei giornalisti della Sardegna e della Associazione della Stampa Sarda (FNSI). Dal 2008 è il responsabile del C.R.E. (Centro Ricerche di Esopolitica) e dell’Associazione intitolata al giornalista “José De Larra”. Dal 2011 è il presidente del GUS sardo, il Gruppo di specializzazione della FNSI relativo ai giornalisti degli Uffici Stampa.

Shawn Serra

Barbara Valuto

Oscar Migliorini

Flavia Attardi

Sabina Contu

Gianluca Piras

Ho 23 anni e vivo a Carbonia, mi sono diplomato al Liceo Scentifico Tecnologico di Carbonia e attualmente sto completando il mio percorso formativo come studente in Scienze della Comunicazione a Cagliari. Entrare a far parte della redazione di questa rivista turistica on line mi entusiasma e spero di dare un importante contributo.

Da turista occasionale e distratta, sono diventata una vera appassionata di viaggi dopo il battesimo del classico viaggio zaino+Interrail dopo la maturità. La laurea in Lingue e il tesserino da giornalista sono stati un pretesto per conoscere a fondo altri mondi, altre culture e soprattutto stringere amicizie durature con anime gemelle erranti in ogni angolo del pianeta. Costretta dal lavoro a fissa dimora e ferie limitate, ho scelto una professione che, dopo l’esperienza in un tour operator e un albergo, mi consentisse di vivere in un ambiente dove il viaggio è insieme fine e mezzo: l’aeroporto. Di appendere la valigia al chiodo, naturalmente, non se ne parla proprio.

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Da sempre rincorro l’idea di poter diventare parte integrante di quel che i cinque sensi attribuiti mi permettono, attraverso tele, argille e metalli. Non esito a misurarmi ed esprimermi con diverse passioni, come la fotografia e l’arrampicata sportiva, che mi consentono di essere a contatto con le molteplici bellezze della natura...anch’essa come l’arte, infinita ed imprevedibile. Colpevole di un’inesauribile sete di conoscenza per me, sarebbe difficile scegliere tra tante meraviglie che mi attirano, mi circondano e che vivo!

classe 1973, Segno zodiacale Vergine. Vivo e lavoro prevalentemente a Cagliari. Attualmente Delegata alla Sport della Provincia di Cagliari. Tra i vari incarichi ricoperti nel 1996 consigliere comunale del mio paese natio Jerzu e nel 2004 consigliere di amministrazione dell’ente regionale per il diritto allo studio. Amo la letterattura, la politica ed il diritto, in particolare quello ambientale, sanitario e sui temi della nocività lavorativa sto concentrando la mia attenzione negli ultimi anni. Film preferito : C’era una volta in America. Attori: Clint Eastwood e Meryl Streep. Il mio libro preferito è “L’arte della guerra” di Sun TZu. Le mie passioni sono la cucina e l’agricoltura.

Vivo a Oristano, dove sono nato il 20 maggio del 1961. Sono iscritto all’Ordine Nazionale dei Giornalisti e lavoro come responsabile dell’ufficio stampa e Comunicazione istituzionale della Provincia di Oristano, curando anche la redazione e la pubblicazione dei contenuti del sito istituzionale. Appassionato sportivo, ho praticato innumerevoli sport ma in modo significativo scherma, calcio, tennistavolo, tennis. Ora pratico con impegno agonistico lo sport delle bocce. Sono presidente del Comitato provinciale di Oristano della Federazione Bocce e atleta della Società Operaia di Mutuo Soccorso di Oristano. Di questa gloriosa società, fondata nel 1866, sono stato presidente dal 1999 al 2005 e faccio parte del Consiglio di amministrazione dal 1996.

Sono quasi trenta anni che pratico assiduamente tutto quello che è outdoor in Sardegna e nel mondo, dalla speleologia al torrentismo, dal trekking alla mountain bike, ma in primis l’arrampicata in tutte le sue salse, grandi numeri non li ho mai fatti ma mi sento in sintonia con la mia filosofia: “siamo tutti liberi di confrontarci come vogliamo con la parete, nel rispetto del prossimo”.


Massimo Cozzolino

Marco Lasio

Patrizia Giancola

Grazia Solinas

Andrea Masci

Rosalia Carta

Roberto Finoli

Rinaldo Bonazzo

Stefano Vascotto

Vivo e lavoro a Napoli, sono nato nel 1976 mi sono diplomato all’Accademia di Belle Arti nel 2003 in Scenografia. Fra tutte le passioni, quella che proprio mi riempie di più e mi fa vedere la vita con occhi diversi è l’Africa. Ed è per questo motivo che dedico questa collaborazione a Thomas. “Un uomo integro”. Per l’imperialismo è più importante dominarci culturalmente che militarmente. La dominazione culturale è la più flessibile, la più efficace, la meno costosa. Il nostro compito consiste nel decolonizzare la nostra mentalità. [Thomas Sankara]

“Porta itineris dicitur longissima esse”. I latini dicevano “La porta è la parte più lunga del viaggio”: per iniziare una nuova vita bisogna trovare il coraggio di fare il primo passo, per cambiare bisogna avere le forze di farlo. Per crescere bisogna volare via dal nido e cogliere al volo tutte le occasioni. Viaggi, musica e la potenza delle immagini per evadere e costruire una chiave che apra tutte le porte che si presentano lungo la strada.

Sono nato a La Spezia nel 1959 ma cresciuto a Cagliari. Ho fatto il liceo scientifico e mi sono laureato in Scienze Geologiche a Cagliari. Mi sono trasferito in Svezia nel 1988. Sono docente di fotografia in un liceo di Kristianstad, in Scania nel sud del paese. Svolgo in proprio servizi fotografici ma sono anche attivo come pubblicista. Sono appassionato di viaggi con contenuti anche avventurosi. La mia filosofia é tenere il corpo, la mente e i sentimenti in forma per cui faccio tanto sport, molti trekking, leggo molto ed amo la mia compagna Carina ed i miei figli Linnea ed Elias.

Maggio 1985, Perito informatico (ABACUS), laureato in Scienze della comunicazione, appasionato di assemblaggio, programmazione su Personal Computer e la musica rock. Il mio hobby della mountain bike mi ha portato a conoscere luoghi ed a riscoprire il contatto con gli spazi verdi che la nostra terra ci offre. Le nuove esperienze se rivestite di un sano velo di sfida mi coinvolgono e motivano a cimentarmi con passione in queste nuove avventure.

Sono cresciuto in campagna, adoro la natura con tutti i suoi profumi e i suoi colori. Mi piace condividere le mie esperienze, perchè come diceva mia nonno, puoi comprare tutto ma l’esperienza la devi fare, per questo lo scambio di esperienze aiuta a essere migliori. Il mare è la mia grande passione... veleggiare con il vento che ti coccola è una esperienza meravigliosa che tutti dovrebbero fare. Credo che si possa migliorare dando fiducia a tutti gli esseri umani, perchè ognuno di noi è un essere unico e irripetibile che vale più di quello che crede!

Over 30 years in the IT world. Passionate about new technology and always open to new solution.

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Amo paragonarmi ad un diamante: le sue preziose e molteplici sfaccettature sono come le mie tante sfumature di personalità e di carattere. Anche il mio percorso personale e professionale è piuttosto bizzarro: ho due figli di 28 e 26 anni, un cane di 15, un nuovo compagno, adoro gli studi umanistici, ma ho un incarico di manager presso una società di engineering, un brevetto di sub e amo il nuoto, un amore incondizionato per i libri, per i viaggi e per tutto ciò che è innovazione e tecnologia applicata alla tradizione. In tutto questo cerco il particolare che fa la differenza. Son un ariete e mi butto a capofitto in tutto ciò che faccio, ma tutto ciò che faccio deve divertirmi, deve farmi ridere. Il mio motto è: la vida es un carnaval!

Appassionato da sempre per gli sport all’aria aperta come la mountain bike, il kayak, immersioni e tanto altro, ho sempre inteso la parola outdoor come momento di conoscenza. Il percorrere sentieri su due ruote o far scorrere il mio kayak sul mare della nostra Sardegna è sempre occasione di arricchimento culturale che soddisfa appieno la mia inesauribile voglia di conoscere. Negli anni ho collaborato con riviste di trekking e outdoor in genere. La fotografia è inoltre l’indiscussa forma di archiviazione dei miei momenti passati tra amici o in solitudine per i monti o per mare.

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staff editor Elisabetta Gungui

Barbara Knapczyk

Giuseppe Giuliani

Denise Lai

Giuseppe Belli

Francesca Columbu

Marco Cabitza

Angelo Mulas

Valentina Morea

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Cagliaritana di 35 anni, socievole, estroversa, creativa e simpatica (dicono!). Lavoro nel mondo della sicurezza per le aziende, studio Scienze della comunicazione e gestisco un Bed&Breakfast da circa due anni. Aspettative per il futuro? Esprimere sempre più la mia parte creativa nel mondo del lavoro (e non solo!). Sono appassionata di cinema, teatro, arte, musica, viaggi al fine di un arricchimento culturale/sociale, poco sport ma primo tra tutti il tennis. Le poche righe a disposizione son finite per cui concludo qui la mia brevissima presentazione!

29 anni, studia nella facoltà di Beni Culturali (curriculum archeologico) dell’Università degli Studi di Cagliari. Giornalista dal 2010, scrive per blog, quotidiani e riviste, anche online.

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Barbara Knapczyk was born in Cracow in 1960. She studied at Academy of Fine Arts in Cracow. Painting with professor Stanislaw Rodzinski and professor Zbigniew Grzybowski. Drawing with professor Zbylut Grzywacz and professor Józef Zabkowski. Diploma in 1989. Tekstile art with professor Ryszard Kwiecien. All works inspired by the surrounding nature. Favorites: landscapes, still life, portrait, themes of mountains. Her work are in private collection in many countries. She likes to travel and takes pictures.

Sono Giuseppe Belli, cinquantatre anni passati tutti nella mia città, Napoli. Essa, oltre ad essere una delle più belle città che io conosca è anche tra le più complesse e caotiche, di quello stesso caos incomprensibile che contraddistingue la nostra vita. Amo leggere e scrivere. Soprattutto la scrittura mi da modo di rielaborare la realtà che mi circonda e talvolta la possibilità di comprenderla meglio. Per questo ho pubblicato già due libri… e non c’è due senza tre.

Il mio nome è Angelo e, sono nato 55 anni fa nella zona più bella della Sardegna, la Barbagia. Porto sempre con me, ovunque vada la sua natura, i suoi profumi, i suoi sapori, la visione e l’amore della mia gente che sono uniche. Sono ragioniere, divorziato e padre di una splendida figlia. Adoro il cinema e la musica in tutte le loro forme. Amo la poesia e la magia delle parole: quelle ben cantate, quelle ben recitate e quelle ben parlate. Dalla mia gente ho imparato l’importanza dei rapporti umani, a costo di deludere, a costo di deludersi perché come qualcuno ha detto: non si è mai soli quando qualcuno ti ha lasciato, si è soli quando qualcuno non è mai venuto.

Giornalista, 45 anni, ama la vita di società e gli appuntamenti mondani tanto che vorrebbe abitare in Lapponia. Invece, vive ad Assemini dove, peraltro, pare non abbia mai incontrato una renna. Siamo tutti appesi a un filo. E io sono anche sovrappeso (Franco Zuin)

Classe 1974; Sarda di nascita e di sangue; Attualmente impegnata professionalmente presso l’aeroporto di Cagliari. Amante della natura, del buon cibo e dei viaggi; riesce ad emozionarmi un tramonto d’estate e allo stezzo modo un gratacielo di una grande metropoli. Faccio mia la frase:...[]”Accettare le sfide della vita significa porsi di fronte ai nostri limiti e ammettere di poterli o meno superare”..e ad oggi credo di avere, ancora, tante sfide da vincere!

Il mio mondo è una valigia. Inguaribile sognatrice e viaggiatrice per passione; un’irrefrenabile curiosità mi spinge a voler conoscere quel che non so, capire ciò che appare ostico, superare barriere e confini. La sete di novità e l’entusiasmo nel viverle sono la mia forza motrice, la parola è la mia arma (pacifica peraltro).


ph. B.Valuto Š AT Photographer

obiettivo at

Chillaz International GmbH Hoferweg 13

A-6134 Vomp in Tirol / Austria

tel. +43-5242-62399 fax +43-5242-62777 web: www.chillaz.com mail: contact@chillaz.com


obiettivo AT

PHOTO GIAMPAOLO MOCCI © AT PHOTOGRAPHER


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editoriale

Cambiare vita o riprendere a vivere ? Sempre più frequentemente s’incontrano persone che hanno deciso di cambiare vita. All’inizio erano nella maggior parte facoltosi individui dalla forte personalità che decidevano di allontanarsi dalla società e vivere dei loro beni accumulati nel corso degli anni, magari immersi nella lussureggiante natura di una località dei caraibi. Oggi questo stereotipo è stato fortemente intaccato, infatti, sono sempre più coloro che optano per un cambiamento, non per vivere di rendita ma bensì per riavvicinarsi a una vita in Green Motion, ecosostenibile, ecosolidale, Rumundu o chiamatela col verde che volete. Quindi non più vivere la giornata senza far nulla, ma riappropriarsi del tempo che scorre, lavorare a contatto con la natura e vivere dei suoi frutti, abitare in piccoli centri in modo da favorirne i rapporti umani, ma soprattutto allontanarsi dai ritmi che la società moderna ci condiziona a seguire. In termini scientifici è la Psicologia sociale che cerca di descrivere gli eventi che coinvolgono l’uomo nella vita quotidiana, ovvero i modi in cui due o più individui, o un individuo e l’ambiente in cui vive, interagiscono tra loro. Certo se analizziamo i testi scientifici, troviamo le teorie che spiegano come e cosa regola queste interazioni, la questione cambia se cerchiamo di capirne il perché di queste nostre azioni. Perché dobbiamo abitare in case con ogni comodità? Perché dobbiamo far carriera rinunciando a rapporti umani e famiglia? Queste solo per citarne due ma le domande sarebbero molteplici. L’essere posizionato socialmente per essere accettato a tutti i costi, in questo concetto è racchiusa la sintesi delle nostre giornate. Ma qualcosa evidentemente sta cambiando, la globalizzazione tanto decantata come soluzione a tutti i mali e internet, stanno col tempo risvegliando le coscienze degli individui, dei singoli che in pieno contrasto con la massa, rifulgono di luce propria e intraprendono scelte di vita impopolari, abbandono delle carriere, allontanamento dalle città a favore di ambienti più a misura d’uomo, apparentemente deficitari di quei comfort che la società moderna garantisce, però siamo sicuri che le cose stiano veramente così oppure gli uomini moderni hanno perso la capacità di organizzarsi la vita e pensare in prospettiva. Se vi capita, di incontrare qualcuno di questi uomini e donne “illuminati” che hanno intrapreso un percorso parallelo alla vita imposta dalla società moderna, vi renderete conto che attraverso i loro occhi vedrete riflessa la vostra follia per non aver ancora cambiato vita… anzi ripreso a vivere! GIAMPAOLO MOCCI | EDITORE

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You DISCOVER

Rumundu sogno verde in bicicletta

TESTO DI GIUSEPPE GIULIANI


Un “sognatore pragmatico” parte in bicicletta alla ricerca di storie di vita sostenibili e di un mondo più umano. L’avventura di Stefano Cucca, 34enne di Sorso, che in un anno girerà il mondo pedalando e cercherà di dimostrare che un’altra vita è possibile. Dalla Romangia, fontana della Billellera, alla Romangia, dopo circa 30 mila chilometri e 365 giorni passati su un sellino. Italia, nord Europa, Islanda, Canada, Stati Uniti, Giappone, Cina, Isole del Pacifico, Nuova Zelanda, Australia, Madagascar e Sud Africa, prima del ritorno in Italia passando da est. Queste, sommariamente, le tappe del viaggio. Si chiama RUMUNDU il progetto di un uomo che invita tutti a non smettere mai di sognare. La sua avventura potrà essere seguita su www.rumundu.com, attraverso lo stesso sito è possibile sostenere il progetto.

Anche AT Magazine seguirà il viaggio di Stefano Cucca, ogni mese pubblicheremo un resoconto fotografico delle principali tappe. Intanto, conosciamo meglio il protagonista di RUMUNDU in questa intervista.

PHOTO © http://www.rumundu.com/

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Cos’è Rumundu e perché si chiama così? Rumundu è un giro del mondo in bicicletta e prende il nome da una frase detta da mia nonna quando mi vide rientrare da uno dei miei tanti viaggi: “Ma tu sei sempri in giru pà ru mundu? (ma tu sei sempre in giro per il mondo?). In quell’occasione ho deciso di chiamare Rumundu il progetto che già avevo in testa da qualche tempo. Un progetto che vuole mettere in discussione il modello consumistico, quello che produce un mondo non sostenibile. Mi piace il suono della parola Rumundu, richiama suoni antichi e, in qualche modo, anche il rumore del mondo. Come nasce l’idea di un giro del mondo in bicicletta? La bicicletta è un’altra delle mie passioni. Muoversi in bicicletta consente di vedere il mondo in un altro modo. Una via di mezzo tra la macchina che ti consente ampi spostamenti e il camminare che ti permette di vedere le cose con più attenzione. La bicicletta è un ottimo compromesso. Poi ho fatto tre Ironman, ( gara di triathlon che mette assieme una maratona, 3800 metri a nuoto e 180 chilometri in bicicletta N.d.R.) sono abituato a pedalare e spesso porto con me la bicicletta. Per esempio nel mio soggiorno a San Francisco, quando frequentavo la Business School, usavo la bicicletta per gli spostamenti. Chi è Stefano Cucca? Sono laureato in Economia e Commercio, ho 34 anni, mi definisco un “sognatore pragmatico”, sono un libero professionista, mi occupo di consulenza strategica e management, ho insegnato management in corsi post laurea. Diciamo che nella mia vita professionale ho sempre svolto attività che mi hanno portato ad avere a che fare con i numeri. Cosa significa vivere in un mondo più sostenibile? Significa fermarsi a riflettere per cercare di trovare un’altra strada. Io lo farò ascoltando gli altri, in alcune zone ho già appuntamenti prefissati. In questi giorni, dopo la conferenza stampa di presentazione, ho ricevuto trecento mail con altrettante proposte di incontri. Che tipo di problemi ci sono per affrontare questo viaggio? L’aspetto climatico è fondamentale. Non posso dire, adesso, con certezza dove passerò. Faccio un esempio: a dicembre dovrei entrare in Giappone, ma in quel periodo ci sono forti probabilità che la temperatura sia più di qualche grado sotto lo zero. Dovrò valutare la situazione.

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PHOTO © http://www.rumundu.com/

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L’aspetto politico conta soprattutto in Oriente: come sarà la situazione in Turchia quando dovrò passarci? Le autorizzazioni d’ingresso sono un altro aspetto da considerare, in alcuni casi non posso chiederle con largo anticipo, ho un tea che mi segue a distanza, ma dovrà intervenire la Farnesina. Sul piano sanitario ho fatto tutti i vaccini e porterò con me quello per la malaria perché va fatto pochi giorni prima di entrare nella zo a rischio.

Come affronterà le questioni pratiche quotidiane (mangiare, dormire)? In Sardegna e in Italia sarà abbastanza semplice, poi, dopo il primo mese, avrò comunque la tenda, il sacco a pelo, il fornellino e tu l’occorrente per essere autonomo. Questo non significa che escludo la possibilità di essere ospitato, perché la ricerca del rappor umano è parte del mio viaggio, ma in quattro borse sulla bicicletta ho tutto il necessario. Per quanto riguarda gli spostamenti, le tappe variano a seconda del posto in cui mi trovo, ma so già che pedalerò per 50-100 chilome al giorno. Pedalerò di più negli Stati Uniti e in Australia, dove maggiori sono le distanze tra un centro abitato e l’altro.

Cosa risponde a chi dice: vorrei farlo anch’io, ma non posso permettermelo? Rispondo che ognuno deve realizzare il proprio sogno. L’uomo, di base, nasce per cacciare e riprodursi, noi ci siamo adattati ad un vita che non risponde al nostro vivere.

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Cosa dicono le persone alle quali comunica che farà il giro del mondo in bicicletta? In prima battuta vedono l’aspetto sognatore della cosa, poi si preoccupano per me. La domanda più significativa, e se vogliamo curiosa, me l’ha posta uno al quale ho spiegato che ho tenda e sacco a pelo e quindi l’intenzione di dormire dove capita e lui mi ha chiesto: “ma allora ti porti la pistola?”. È già sicuro che una volta tornato a casa riprenderà la vita di prima o pensa che questo viaggio possa rappresentare una svolta per la sua vita? Quando penso al mio futuro vedo una casa in legno, indipendente dal punto di vista energetico, un orto, quattro galline. Questo è il mio futuro. Penso che lavorerò di meno. Voglio, banalmente, rallentare.

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Outdooractivity

Riccardo sky scarian

Un protagonista del free climbing. intervista

DI GIAMPAOLO MOCCI

“Forse tanti non capiscono cosa voglia dire superare un obbligatorio così alto, aprendo una via nuova dal basso e se fatto con etica rigorosa, vi assicuro che è tanta roba e tanta soddisfazione!”. Riccardo Scarian in quasi trent’anni di attività si è costruito un curriculum che si può semplicemente definire “completo”. Guida Alpina, Maestro di Sci, Tecnico di soccorso alpino S.A.G.F., Tecnico di Elisoccorso, Gruppo sciatori Fiamme Gialle e quindici anni (1990-2005) di attività agonistica col conseguimento di diversi titoli di categoria. Giusto per fare una sintesi di tanto di più. Un protagonista in tutte le discipline, che periodicamente l’hanno catturato e coinvolto, in virtù di una naturale evoluzione personale e di arrampicatore, ma è nell’apertura di una nuova linea che si racchiude l’essenza di ciascuna di esse. Col senno di poi, Riccardo, riconosce che avrebbe dedicato meno tempo alle competizioni a favore di una maggiore attività outdoor, più in linea con la sua personale visione dell’arrampicata.


SOLO PER VECCHI GUERRIERI (8C) PHOTO © G.CORONA

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PHOTO © A.ZENI

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Usando un gergo militaresco si potrebbe dire di Riccardo “Sky” Scarian: classe 1968, specializzato Tecnico di soccorso alpino S.A.G.F., Tecnico di Elisoccorso, Guida Alpina e Maestro di sci alpino (Alpine ski teacher), Istruttore Federale Arrampicata (National instructor of sport climbing), Allenatore Nazionale Arrampicata (National trainer of sport climbing), Tracciatore Nazionale (First level route setter (national), Tracciatore Internazionale (International Chief route setter), Squadra nazionale Bouldering 1999-2005 (Bouldering national team), Gruppo sciatori Fiamme Gialle (arrampicata sportiva) 1996-2004 e mica finisce qui, a seguire un curriculum di realizzazioni alta come un bambino di 9 anni. Dopo questo “riassunto” mi hai rovinato il finale e la domanda cosa farai da grande non si può nemmeno pensare, però dopo tanti anni e tanti titoli ci sono ancora “Mutazioni possibili (8a OS)” che possono gettare “Ombre sul blu (8a OS)” per “La poderosa (8b+ Rotpunkt)” “Formica Atomica (8a OS)” dalle “Dita di Giunco (boulder 7b+/c flash)” che in quell’ “Ultimo movimento (8b Rotpunkt)” in un “Bain de sang (9a Rotpunkt)” ha voglia ancora di “Sogni di Gloria (8c Rotpunkt)”… cosa ne pensi? Ogni tanto ci penso… mi giro indietro e mi accorgo che son passati veramente tanti anni da quando iniziai. Beh, le sensazioni che provo ora sono, praticamente, le stesse di allora, anzi direi migliorate, nel senso che ora riesco a cogliere sfumature che agli inizi non vedevo. La passione è rimasta la stessa, la voglia pure, la fibra si sta mantenendo bene e l’esperienza coltivata in trent’anni di arrampicata… mi fa vivere il meglio di questa meravigliosa disciplina.

SOLO PER VECCHI GUERRIERI (8C) PHOTO © G.CORONA

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Hai iniziato a scalar adattato a tutte le evoluzio il mondo dell’arrampicata.

Rispondendo a questa doma virgulto, e mi sento catapult mitici, per il semplice motivo le gesta dei miei eroi arrivava Il Web non esisteva e girav guardando qualche bella foto sono felice di averlo vissuto, tramite internet si sa tutto di fatto scomparire quell’aspetto che preferirei ancora quegli una vera ricerca di se stes l’alimentazione, etc., in prati migliori, sempre se riuscivi a Di positivo ora riscontro m scambio, e forse anche ma sono accompagnate da un esistano adesso come esiste dentro se stessi.

Questa nuova generazion evoluzione in positivo opp evolutivi demotivanti e spi il trad?

Credo che l’evoluzione conti andrà ancora avanti, anche p conseguenza ci saranno ma Sicuramente si arriverà a grandi pareti, anche se là il esponenziale.

Hai detto che ti sei ispira bouldering poi hai impara ispiratori di se stessi e com

Quando s’inizia, ci s’ispira se trasmettere qualcosa di forte da questi personaggi, che mi Crescendo, e compiendo il la mia strada che corre più diverse dettate dal mio “io”. C il proprio viaggio, ma con la discussione con gli altri e d

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SOLO PER VECCHI GUERRIERI (8C) PHOTO © G.CORONA


BAIN DE SANG (9a) PHOTO © MANOLO

re con la “vecchia generazione anni 80’”, ma ti sei ben oni che nel tempo, in bene o in male, hanno modificato Quali i pro e i contro di quest’evoluzione?

anda, di botto mi rendo conto che non sono più un giovane tato nostalgicamente in quegli anni… che per me furono che mi facevano sognare ad occhi aperti… anche perché ano tramite il passaparola come accadeva nelle leggende! va solo qualche rivista di settore, dove potevi sognare o. Per me quello è stato un periodo sicuramente positivo e ora tutto questo non è più possibile, perché in tempo reale tutti, questo per un certo verso è positivo ma dall’altro ha o romantico dell’arrampicata. Se dovessi scegliere, credo i anni, erano delle vere e proprie scoperte e avventure, ssi anche nelle cose più semplici, come gli allenamenti, ica ti dovevi arrangiare e inventare… rubando un po’ ai a captarne qualche dritta… che spesso risultava sbagliata! molta più socializzazione tra arrampicatori e molto più aggior trasparenza sulle performance, tant’è che spesso video… anche se personalmente penso che i “banfoni” evano allora. Penso che l’etica e l’onestà si debba ricercare

ne di mutanti sarà all’altezza di continuare questa pure le difficoltà stellari raggiunte hanno creato limiti ingeranno verso nuovi orizzonti… come ad esempio

inuerà il suo percorso, forse rallentando un pochino ma si perché il bacino arrampicatorio è in continua crescita e di aggiori possibilità che questo avvenga. trasferire queste prestazioni stellari dalla falesia alle cerchio dei talenti in grado di farlo si restringe in modo

ato a Manolo per la scalata, a Moffat e Moon per il ato a camminare da solo. Che cosa vuol dire essere me ci si confronta con gli altri??

empre a qualcuno o qualcosa, in genere a figure in grado di e e con un certo carisma. Quando iniziai, mi trovai inebriato i diedero stimolo e mi fecero appassionare all’arrampicata. mio percorso, attraverso le varie esperienze ho trovato o meno parallela a quella degli altri, ma con sfumature Così ognuno si trova a dover far delle scelte per continuare a fondamentale necessità di doversi sempre mettere in di conseguenza confrontarsi.

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Essendoti misurato con quasi tutte le discipline dell’arrampicata (scalata, bouldering, competizioni e chiodatura) in quale di queste ti senti più Sky e in quale più Riccardo Scarian? Tuttora sono affascinato da queste discipline, ma ognuna ha o ha avuto la propria stagione, dettata dall’età biologica… e dalla naturale crescita di arrampicatore e personale. Se si vuol raggiungere il proprio limite nella specifica disciplina, deve saper ascoltare i messaggi e le sensazioni del proprio fisico. Mi sento fortunato perché sono uno che non si è mai fossilizzato su una sola specifica disciplina, ma ho sempre sentito lo stimolo di provare un po’ tutto… adattandomi in fretta alle nuove situazioni. Ora mi sento di dire che forse l’apertura di una via, cercando il proprio limite, possa racchiudere l’essenza di tutte le altre! In questa forse mi sento più Riccardo Scarian.

SEPARATE REALITY (YOSEMITE, CA - 2009) PHOTO © P.LOSS

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CANI MORTI (1° TIRO, 8b/+) PHOTO © D. LIRA

Un nuovo giornale È sempre una bella notizia quando una voce si fa sentire tra le altre, nel panorama dell’informazione. È una voce originale e, soprattutto, appassionata.

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SHAKTY (8b+) PHOTO © G.CORONA

Quali luoghi o realizzazioni con

Sicuramente il Totoga per quanto rig ha segnato un momento importante

La via “Cani morti” è un gioiello n mt, 4 spits e 8a obbl.; 2° tiro 8a/8a Quanto ha influito sul tuo modo d

E’ stata una grande esperienza! An riflettere sui mille modi di porsi nei c una via nuova dal basso e se fatto c Ma tutto ciò è assolutamente person

Oggi non esiste più un solo stile di nelle varie discipline in cui si sca Tanti giovani si vedono all’orizzon

Sento di essere più in sintonia con q

Sky ventenne oggi, cosa avrebbe

Sicuramente avrei dedicato meno a la mia visione di arrampicata è un’al natura stessa.

Giacché l’idea di “appendere le d

Spero di poter continuare ad arr

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nsideri più importanti, quelle che hanno segnato il tuo percorso di arrampicatore?

guarda il luogo, per il semplice motivo che là mi sono formato arrampicatorialmente. Per le realizzazioni ne avrei tante da citare, e ognuna e regalandomi grandi emozioni, Shakti ne fa sicuramente parte!

nel suo genere, chiodatura dal basso dall’etica rigorosa e pulita, obbligatorio alto, protezioni poche e distanti (1° tiro 8b/8b+: 23 a+: 33 mt, 4 spits; 3° tiro 8a: 35 mt, 6 spits; 4° tiro 7b: 55 mt, 3 spits; 5° tiro 6c+: 50 mt, 2 spits). di vedere l’arrampicata?

nche perché era la prima in questo stile e con quest’etica. Direi che non ha influito sul mio modo di vedere l’arrampicata, ma mi ha fatto confronti di una parete, una montagna o un boulder! Forse tanti non capiscono cosa voglia dire superare un obbligatorio così alto, aprendo con etica rigorosa, vi assicuro che è tanta roba e tanta soddisfazione! nale, perché credo che ognuno abbia il diritto di cercare la propria avventura, purché sia fatto con rispetto e onesta!

i scalata, molte più persone si avvicinano a questo mondo determinando una settorializzazione e una conseguente specializzazione ala. Ogni specialità ha il suo uomo o donna di riferimento che cambia nel tempo, sostituito dal giovane talento di turno. onte, quali tratti caratteristici riscontri in questi talenti che vedi o senti più tuoi?

quelli polivalenti, chi sa assaporare un po’ tutto ciò che offre questa meravigliosa disciplina!

e fatto con l’arrampicata?

anni alle competizioni… anche se mi hanno dato tantissime e belle soddisfazioni, ma quasi quindici anni sono stati davvero troppi, perché ltra… e le sole competizioni non ti regalano emozioni cosi profonde come ti può dare un viaggio in un posto “X” vivendo l’arrampicata e la

dita al chiodo” è ben lontana… cosa farai da grande?

rampicare e viaggiare… e che questa passione non mi abbandoni mai!

BLOW... VALLE DI S. NICOLÒ PHOTO © MICHAEL MEISL

VIA ATTRAVERSO IL PESCE (1990) PHOTO © A.BERTINELLI

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PHOTO ANTONELLO LECIS © AT PHOTOGRAPHER


Vademecum Spesso ci si dimentica che molte delle nostre montagne sono “vuote”. Si pensi che in Italia ci sono oltre 35.000 grotte esplorate e inserite nei vari catasti delle cavità delle Regioni. Molte di queste sono caratterizzate da un’alta frequentazione di speleologi di tutta Italia per la loro particolarità e bellezza. Ma è bene ricordare che Speleologi si diventa col tempo nella pratica e non ci si può improvvisare! E’ bene evitare di andare in grotta senza le adeguate conoscenze tecniche ma piuttosto avvicinarsi alla Speleologia attraverso un buon corso di introduzione affidandosi a gruppi organizzati e dotati di apposite strutture didattiche riconosciute dalla Commissione Nazionale Scuole di Speleologia della Società Speleologica Italiana (CNSS-SSI) o dalla Scuola Nazionale di Speleologia del Club Alpino Italiano (SNS-CAI). Una escursione Speleologica SICURA è innanzitutto ben pianificata, è quindi necessario conoscere le caratteristiche della grotta e valutarne la fruibilità anche in relazione alle condizioni meteorologiche e idrologiche. Ogni Speleologo deve conoscere innanzitutto se stesso ed affrontare l’attività nelle giuste condizioni psicofisiche avendo cura di non entrare in grotta già stanco o affrontare escursioni non idonee alle proprie capacità. In particolare deve essere curata l’alimentazione sia prima dell’ingresso in grotta che durante la permanenza in sotterraneo. Evitare gli alcolici e bere invece molta acqua. La Speleologia moderna è caratterizzata dall’impiego di idonee attrezzature individuali e di gruppo. Queste devono essere scelte sulla base delle caratteristiche della grotta e ne deve essere curata la manutenzione e controllata periodicamente l’usura. Da non dimenticare: 1. Un telo termico 2. Un coltellino 3. Un impianto luce di riserva 4. un piccolo kit di primo soccorso per gruppo Nella pratica Speleologica è necessario adottare alcuni accorgimenti: • è buona norma non andare mai in grotta da soli e ricordare che la sicurezza è un problema di tutta la squadra, quindi ci si controlla a vicenda; • pulire le verticali dalle insidie “mobili” ed in ogni caso non sostare mai immediatamente sotto di esse; • controllare sempre in che condizioni si lasciano le corde di progressione; • essere certi che le comunicazioni verso i compagni siano percepite sempre correttamente; • rispettare il passo del compagno più lento ed impostare la progressione di tutto il gruppo su di esso • informare sempre UNA persona riguardo alla grotta in cui si va e al percorso di massima che si intende affrontare e dare un presunto orario di uscita dalla grotta • nonostante si segua pedissequamente tali accorgimenti, nella Speleologia il rischio di incidente è comunque reale ed oggettivo, come in ogni altra attività legata alla montagna. Per incidenti in grotta non si devono intendere solo gli infortuni (eventi traumatici con danni alla persona), ma ogni fatto accidentale accaduto nel corso di una esplorazione o escursione in grotta che ne abbia rallentato, impedito o compromesso lo svolgimento. In caso di incidente: • è meglio sovrastimare la situazione e allertare il soccorso piuttosto che perdere tempo prezioso; • valutare la situazione che ha determinato l’evento e che può ancora rappresentare un rischio; • mantenere la calma ed evitare decisioni avventate; • prepararsi ad assistere un infortunato per un periodo anche prolungato, meglio se si è in due; • acquisire informazioni sull’accaduto circa dinamica dell’incidente e condizioni dell’infortunato; • in tutta sicurezza, due compagni devono guadagnare l’uscita della grotta ed allertare il numero unico per le emergenze sanitarie 118 chiedendo esplicitamente l’intervento del Soccorso Speleologico comunicando le informazioni raccolte ed il luogo dell’incidente. Non abbandonare mai il luogo ed il telefono da cui si allertano i soccorsi per garantire sempre la piena raggiungibilità nel caso la centrale operativa 118 o le squadre del CNSAS abbiano necessità di informazioni più precise.

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Outdooractivity

Jbel Toubkal Il racconto dell’ascesa al Jbel Toubkal, la montagna piú alta del Nord Africa, contornata da una tragedia dovuta all’imprudenza

TESTO E PHOTO DI ROBERTO FINOLI

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É ormai sera quando le cime della catena dell´Atlante scorrono sotto ai nostri piedi, fra pochi minuti atterreremo a Marrakech. Tra qualche giorno quelle montagne ci ospiteranno per regalarci emozioni grandiose e darci purtroppo anche delle tragiche sorprese. A Marrakech piove a dirotto, anzi oserei dire diluvia! Chi se lo aspetta un tempo del genere in Marocco.

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Siamo quattro avventurieri di mezza etá, che ancora non hanno deciso di dedicarsi ad attivitá piú tranquille. Ci sentiamo e vogliamo ancora essere giovani e un pó goliardici. Lucia ha 47 anni é di Cagliari ed é moglie del mio amico d´infanzia, Mauro 53 anni, anche lui cagliaritano. Sin da piccoli abbiamo fatto non poche pazzie insieme come scalate, arrampicate, trekking, speleologia insomma non stavamo mai fermi. Con me c´é la mia compagna Carina, 49 anni svedese, insieme sogniamo di andare in pensione e vivere la nostra libertá in Sardegna, nel mentre é costretta a starmi al fianco e sentirmi parlare di montagne e ascese. Non solo non mi manda a quel paese ma, anzi, si sente coinvolta e vuole partecipare alle mie pazzie! E poi ci sono io, Roberto 53 anni, vivo e lavoro in Svezia dall´ormai lontano 1988. La Svezia é una nazione meravigliosa e che mi ha dato tanto, eppure la Sardegna mi manca moltissimo, per questo i contatti con la mia terra sono piú che intensi. Ci ritroviamo tutti e quattro all´aeroporto dove ci aspetta Mohammed. La strada per Imlil, a 60 km da Marrakech, é impraticabile. Imlil é il piccolo paese di montagna che sará la base di partenza per l´avvicinamento e poi l´ascesa al Jbel Toubkal, 4167 metri sul mare.

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Ibrahim che rappresenta il mio contatto in Marocco ma anche lorganizzatore di trekking ed avventure, ha subito provveduto a riservarci il pernottamento a Marrakech in una caratteristica Riad. Va bene comunque; domani mattina primo novembre ci trasferiremo a Imlil con la speranza che il tempo sia buono e la strada percorribile. Passiamo la serata intorno a un tavolo imbandito di ottimo cibo marocchino e fra ricordi e risate andiamo a dormire speranzosi che il clima sia piú clemente nei prossimi giorni. Il giorno seguente percorriamo la strada di montagna lungo la valle per Imlil. I segni dell´inondazione sono piú che evidenti. Il fiume ha portato con se grossi pezzi di asfalto e in molti tratti i passaggi sono cosí stretti che l´emozione si trasforma in pelle d´oca! Febbrili lavori manuali si svolgono per tutta la valle, molti campi coltivati sono praticamente spariti in pochissimo tempo. Per la gente della valle é sicuramente un duro colpo anche se suppongo che ne siano abituati. Le evidenti condizioni geomorfologiche del luogo lo fanno intuire. Abbiamo conosciuto Brahim due anni fa e dopo due meravigliosi trekking in queste montagne gli dissi che saremmo ritornati per salire sul Toubkal.


Abbracciandomi mi rispose: - Inshallah! (Se Allah vuole!). Ci accoglie e ci abbraccia affettuosamente. Si nota che é veramente contento di rivederci. Ci offre subito un ottimo té caldo alla menta con dei pasticcini. Decidiamo per un briefing nel pomeriggio per incontrare la nostra guida, Brahim (qui é il nome piú comune!). Ho chiesto espressamente di avere Brahim come guida. È lui che ci ha guidato con professionalitá due anni fa per le meravigliose alture di questa parte dell´Atlante. Due trekking indimenticabili fra natura e cultura marocchina. Brahim é una guida alpina certificata ed é nato fra queste montagne, sul Toubkal é salito decine di volte.

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La giornata scorre per Imlil dove il mezzo di Facciamo alcuni acquisti, tra l´altro anche acqu Brahim, la guida, in un primo momento non ci due anni prima fa un piccolo scatto di gioia e Ci mettiamo d´accordo su tutti i dettagli dei pr di emozioni sia per i luoghi che attarverserem cima piú alta di tutto il nord Africa ben oltre i 4 Il due novembre dopo una ricca colazione e marcia di avvicinamento verso il rifugio Nelte a piedi in costante salita in una meraviglio estremamente gonfi di abbondante acq


trasporto piú comune é l´asino e il mulo. ua e piccole provviste caloriche. Incontriamo i riconosce ma quando gli mostro le foto di ci abbraccia calorosamente. rossimi due giorni. Saranno giornate piene mo che per l´eccitazione di raggiungere la 4000 metri. e la dovuta “vestizione” intraprendiamo la er posto a 3200 metri. Ci aspettano 18 km osa valle solcata da ruscelli di montagna qua e che danno forma alla valle spesso

interrotta da bellissime cascate. Il tempo e la temperatura sono ottimali. Carina, a causa di una mancanza di ferro nel sangue, deve risparmiare energie per l´ascesa del giorno dopo. Circa metá del percorso lo fará in sella ad un “dolcissimo” asino affiancato dal suo proprietario quindicenne Rashid. Il grosso del bagaglio e delle attrezzature vengono portate su anch´esse da un altro asino. In spalla i nostri zaini sono leggeri, come dire, un lusso! Nonostante che io accusi un bel pó di fatica non posso non godermi il paesaggio, é incantevole! Incontriamo molti trekkers di ritorno ad Imlil, tutti in compagnia di guida e asini. All´altezza di un luogo di culto di nome Si Chamharouch, scenograficamente bellissimo, la valle si divide in due e la ripiditá aumenta. Da ora non faremo piú lunghissime pause, per paura di non beccarci un´acquazzone che sembra in

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agguato. Arriveremo al rifugio Nelter dopo circa sei ore di cammino. Ci sono tantissime persone di diverse nazionalitá tra le quali francesi, spagnoli, tedeschi, noi italo-svedesi ed altre ancora. Il Nelter non é all´altezza dei rifugi alpini di alta quota europei, tutto é un pó trasandato e le condizioni sanitarie non sono proprio al meglio. Ma l´umore é ottimo, facciamo la doccia con tutte le “precauzioni” e mangiamo abbondandantemente il menú del rifugio. Decidiamo per un briefing per la sera dopo cena. Brahim ci racconta i dettagli dell´ascesa. Lui é molto tranquillo e sicuro. Tra le altre cose adatta ai nostri scarponi i ramponi che saranno di vitale importanza nell´ascesa. Li monteremo quando lui lo riterrá necessario. La colazione é fissata per le quattro e trenta del mattino e la partenza per le cinque. Io guardo la valle che porta alla cima: é incredibilmente ripida! Dai 3200 metri ai 4167 metri della vetta in pochi chilometri di percorso la dice tutta sulla ripiditá che dovremo affrontare.


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Ci sveglia la vibrazione del cellulare, prepariamo in silenzio e al buio gli zaini nella camerata dove pernottiamo per rispettare gli altri ospiti che ancora dormono. Il gruppo dei tedeschi parte una mezz´ora prima di noi. É ancora buio pesto, e iniziamo l´ascesa con le lampade sulla fronte. Dopo un´ora di ascesa ci godiamo il sorgere del sole che illumina le cime delle montagne di fronte a noi. É uno spettacolo che non ha prezzo! L´ascesa é ripida e faticosa, l´affanno si fa sentire, bisogna stringere i denti. Non ho né voglia e nemmeno la concentrazione giusta per fotografare nonostante la reflex penzoli dal collo. Incontriamo la prima

neve intorno ai 3600 metri, pian piano si fará sempre piú pro consistente. Ho capito in seguito che ha nevicato abbondant nell´ultima settimana. Non é normale per questo periodo. Pia veniamo raggiunti da un gruppo che si ferma e mette i ramponi. non ci da ancora il segnale perché li mettessimo anche noi. Cont ad andare su, é ripido, a volte penso di mollare. Carina, Lucia e salgono sembra senza grossi problemi anche se ci fermiamo a prendere ossigeno. I bastoni da trekking ci aiutano notevolm continuiamo a salire nonostante la difficoltá senza i ramponi. Io v piú che altro con le mie forze mentali.


ofonda e temente an piano . Brahim tinuiamo e Mauro spesso mente e vado su

Incontriamo i tedeschi che scendono presumibilmente dopo aver raggiunto la vetta. Il tempo ĂŠ peggiorato notevolmente, la temperatura si ĂŠ abbassata ma soprattutto soffia un vento fortissimo e sferzante. Raggiungiamo con passi poco sicuri il colle Toubkal a 4000 metri e solo lĂ­ Brahim ci fa mettere i ramponi. Ci troviamo nella parte in cresta del colle e quando il cielo si apre a sprazzi ci fa capire da quali enormi strapiombi siamo contornati! Il giorno prima solo due persone sono riuscite ad arrivare in vetta molti si sono arresi e fermati qui in quanto la visibilitĂĄ era ridotta a 50 cm. Brahim ci ordina di stare molto vicini tra noi. Fra poco dobbiamo

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percorrere un pezzo di circa 200 metri in un traverse vale a dire attrave montagna a strapiombo. Non mi sento piú stanco e sono concentrato sembra piú agevole e sicuro. Lucia a causa della drammaticitá della situa continuare e di aspettarci prima del traverse. A niente serviranno i tenta venire con noi. Il fatto é che aspettare immobile con questo freddo non é ogni caso Lucia ha preso la decisione assolutamente migliore. Percorriamo il traverse, in piena tormenta, la visibilitá é ridotta il che p capire che strapiombo abbiamo sotto i nostri piedi! Dopo il traverse arr decisamente meno ripida e piú larga e improvvisamente eccolo! Tra la la vetta segnalata da una caratteristica impalcatura piramidale in met dieci del 3 novembre. Purtroppo il tempo non é clemente, e quindi no del panorama dalla vetta. Ma ci congratuliamo a vicenda e facciamo l bandiere sarde e della Skåne, la regione svedese dove risiedo. Non c´é molto altro tempo e dobbiamo scendere, Lucia ci aspetta


ersare il fianco della e coi ramponi tutto azione decide di non ativi di convincerla a é proprio l´ideale, in

per fortuna non ci fa riviamo in una zona nebbia si intravede tallo. Sono circa le on possiamo godere le foto di rito con le

a al freddo! Iniziamo

il percorso inverso e dopo il traverse incontriamo due giovani inglesi e ci dicono che Lucia non é lontana e che ci aspetta. La raggiungiamo, é infreddolita ma per niente preoccupata nonostante ci abbia aspettato per 45 lunghi minuti! Ora nuovamente insieme continuiamo la discesa, da lí a poco incontriamo il gruppo degli spagnoli, sono in sei e mi ricordo che non avevano ramponi ai piedi. Continuiamo la ripida discesa, ma coi ramponi e la giusta camminata non ci sono problemi. A un certo punto incontriamo altri due spagnoli, una coppia. Lei é disperatamente infreddolita. I suoi vestiti non sono adatti a questo tipo di avventure, chiede di scendere con noi, mentre il marito vuole continuare e raggiungere il gruppo di spagnoli che non li ha aspettati. La donna, di nome Africa, scende con noi senza ramponi e praticamente aggrappata a Brahim. Come si puó affrontare una montagna del genere senza il giusto equipaggiamento, penso io? Questi spagnoli vengono dall´enclave di Ceuta, la zona spagnola situata nella parte del continente africano. Sono venuti per salire sul Toubkal senza una guida del posto. Dopo due ore di discesa arriviamo al rifugio. Africa ci ringrazia affettuosamente. Noi stanchissimi ma contenti,

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ci rimettiamo su, mangiamo abbondantemente e ci prepariamo al ritorno sempre a piedi per Imlil. Altri 18 km peró in discesa questa volta. Solo poco dopo l´inizio della camminata finale, veniamo raggiunti, tramite voci di altre guide marocchine, da una notizia scioccante. Pare che un uomo, uno spagnolo sia deceduto su in montagna nei pressi della vetta! Le voci si accavallano mentre continuiamo la discesa, da un primo momento in cui si parlava di infarto si viene a sapere che l´uomo é precipitato. Faceva parte del gruppo degli spagnoli di Ceuta che erano senza guida e probabilmente senza ramponi. Scendiamo verso Imlil spesso col pensiero di come una leggerezza puó trasformare grandi emozioni in tragedie. Con la montagna cosí come col mare bisogna avere rispetto se li si vogliono godere al meglio. Le precauzioni non sono mai troppe. É buio quando arriviamo a Imlil, Brahim é visibilmente contento di rivederci. La polizia lo ha chiamato e informato dell´incidente, forse per un momento ha creduto che fosse uno di noi ad aver perso la vita. Insomma ce l´abbiamo fatta e noi siamo grati a Brahim guida e Brahim organizzatore, abbiamo imparato molto da questa esperienza e ora siamo pronti a continuare il nostro viaggio per il Marocco anche attraverso il traffico ancora piú pericoloso di Marrakech!

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Scheda Tecnica Scheda tecnica e informazioni – Jbel Toubkal:

Il Jbel Toubkal é la montagna piú alta della catena dell´Alto Atlante e di tutto l´estremo nord dell´Africa. Raggiunge i 4167m. La base di partenza per l´ascesa alla cima é l´abitato di Imlil a circa 60 km a sud di Marrakech. Raggiungibile in auto attraverso l´abitato di Asni e poi la valle di Imlil(?) Imlil é posta a circa 1800 slm. Vi sono diverse possibilitá di alloggiamento per tutti i gusti e prezzi. Le diverse pensioni e hotel mettono in contatto con le organizzazioni per l´ascesa alla cima. A Imlil si possono affittare diverse attrezzature per trekking e ascesa fra queste su tutte i ramponi, obbligatori nei periodi con presenza di neve e ghiaccio (novembre-marzo) e i bastoni da trekking assolutamente consigliabili. A Imlil si trova la sede del Club Alpino Francese dove si puó prendere contatto con le guide autorizzate. Consiglio di affidarsi a guide alpine autorizzate locali. La marcia di avvicinamento da Imlil porta ai due rifugi di alta quota, il rifugio Nelter, realizzato dal Club Alpino Francese ed il rifugio Les Mouflones. Tutti e due si raggiungono con una marcia di avvicinamento di circa 18 km. A quota 3206m. Il sentiero anche se non segnalato é molto evidente e costantemente battuto e di facile percorrenza. Pendenza circa 1450m. Livello difficoltá E. L´ascesa alla cima porta a 4167 m in pochi chilometri, quindi la pendenza é notevole. La via “normale” é quella sud. Il sentiero non é ben segnalato ed in presenza di neve non é assolutamente evidente. Il livello di difficoltá non é estremo direi, livello EE ma diventa un livello piú difficoltoso e impegnativo in presenza di neve e ghiaccio, quindi livello EEA. Pendenza circa 961 m. Affidarsi a guide autorizzate marocchine che hanno conseguito il patentino dai corsi organizzati dal Club Alpino Francese. C´é anche la via nord, meno battuta e piú impegnativa ed una via alpina con arrampicata per alpinisti. Un pacchetto “classico” per l´ascesa alla cima consiste nel pernottamento a Imlil in pensione, marcia con guida e trasporto su asini e muli dei bagagli e delle attrezzature, pernottamento ai rifugi, ascesa con guida alpina, ritorno al rifugio con eventuale pernottamento oppure rientro direttamente a Imlil. Il pacchetto comprende colazione, pranzo e cena. Normalmente sono coinvolte due, tre o piú persone a seconda della grandezza del gruppo. Si consiglia di dare una adeguata mancia alle guide e trasportatori di cui vi siete serviti. Si puó salire alla cima durante tutto l´anno. Nei periodi invernali le temperature sono molto rigide anche oltre i -20 gradi in quota. In novembre le precipitazioni sono piú probabili e in quota la pioggia si trasforma in neve e ghiacciate anche repentine. La primavera é il periodo migliore. Le temperature sono molto adeguate e la natura é piú colorata. In estate la marcia di avvicinamento puó essere molto faticosa a causa del gran caldo.

Links utili: Il videoracconto di questa ascesa su youtube: http://youtu.be/oJFCDpziGDw Il sito con informazioni su alloggio, clima, descrizione ascese, guide e molto altro: www.imlil.org L´oganizzazione a cui mi sono affidato per diversi trekking sull´Alto Atlante: www.trekkingmorocco.com Sito dell´autore: www.proimagine.com Per ulteriori informazioni e contatti: contact@proimagine.com

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You DISCOVER

bazoule’

La terra dei coccodrilli sacri

TESTO E PHOTO DI MASSIMO COZZOLINO


Fin dal mattino la giornata si presentò alquanto strana, il cielo era di una luce accecante, nell’atmosfera densa e diafana, aleggiava una coltre di polvere bianca, diversa dal vento dell’imbrunire, l’harmattan, che solitamente rende l’aria irrespirabile, trasportando con sé le rosse sabbie del deserto del Sahara. Se non per il termometro che segnava trenta gradi e l’aria completamente secca, poteva sembrare una tipica mattinata invernale nebbiosa a Milano. Senza troppe aspettative decidiamo di visitare il villaggio di Bazoulé, dove vedremo con i nostri occhi, lo strano e secolare connubio che c’è fra questo popolo e i coccodrilli Sacri.

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Prendiamo un taxi, di quelli immancabilmente sgangherati, con gli ammortizzatori inesistenti, che rendono il viaggio verso la nostra meta meno confortevole e un po’ più Trophy. Da Ouagadougou percorriamo circa trentacinque kilometri su una strada asfaltata solo a tratti. Arriviamo all’Auberge de Bazoulé, dove dopo aver pagato l’ingresso alla palude con annessa guida, ci viene chiesto il supplemento di un euro per il poulet, che paghiamo senza obiezioni anche se non ci è molto chiaro il motivo. Gli abitanti del luogo, ritengono che i coccodrilli siano la reincarnazione dei loro avi e finché resteranno in questo luogo, le acque non si prosciugheranno. Per ingraziarsi gli spiriti, offrono loro in sacrificio dei polli. Quando abbiamo visto estrarre da un gabbiotto un polletto alquanto spennato, tenuto per le zampe a testa in giù e che pigolava come se sapesse esattamente a quale triste sorte andasse in contro, e a quel punto è stato chiaro il motivo del pagamento dell’euro in aggiunta. Pur rispettando tutte le tradizioni, le credenze e le ritualità di questa cultura, decidiamo che il coccodrillo con tutta la sua “sacralità”, si dovrà accontentare di un cordiale saluto a mani vuote. Dopo pochi metri, sulle rive della palude, incontriamo un enorme esemplare impegnato a crogiolarsi al sole, il ragazzo che ci fa da guida non esita a mostrarci come, pur prendendolo per la coda e sedendosi sul dorso, l’animale non mostrasse alcun segno di aggressività. Prendendo coraggio, non mi lascio sfuggire l’occasione di toccare questo fossile vivente (sulla coda s’intende) ed è una sorpresa scoprire che la pelle è morbida e setosa.


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Dopo pochi metri, sulle rive della palude, incontriamo un enorme esemplare impegnato a crogiolarsi al sole...

La cosa più sorprendente è stata vedere un gruppo di bambini con un asinello giocare in questo luogo circondati da questi enormi rettili, ma che per le persone del posto è una cosa assolutamente “normale”. Non vi è evidenza di incidenti riconducibili ad attacchi contro l’uomo, molti pensano che sia dovuto ai sacrifici offerti loro; anche se sfido chiunque a sfamare e quindi tener buoni centinaia di coccodrilli con qualche polletto spennato.

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“Questo libro rappresenta un viaggio metaforico alla ricerca di un riscatto, di quegli abbandoni atavici, di padre in figlio, e dell’interruzione drammatica della loro relazione affettiva, che si sublima in “frammenti” di ricordi-diario chiamati a riempire un vuoto. Nel racconto viene fuori una città, Napoli, che ha mantenuto intatte le sue relazioni e che l’autore ci restituisce con emozioni nuove, forse per metabolizzare quelle “solitudini” che si è portato dentro per tanto, troppo tempo.” Ines D’Angelo

IN VENDITA PRESSO LE MIGLIORI LIBRERIE


E’ chiaro che vi è un sottile equilibrio che regge questo strano rapporto, com’è altrettanto chiaro che con l’aumentare del turismo e il mercificarsi di questo fenomeno, l’equilibrio venga a compromettersi. Fra tutti i dubbi e le incertezze, un’altra immagine indelebile di questa giornata stava per fare bella mostra di se, verso le tre del pomeriggio mentre andavamo via, alzando gli occhi al cielo il sole ci appariva bianco, di un bianco diafano come la luna. Una splendida incertezza da conservare nel clima dell’anima.


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Outdooractivity

Un cocktail perfetto chiamato beach tennis TESTO E PHOTO DI FRANCESCA COLUMBU


Stefania Carmelita: dinamica, intraprendente, determinata e professionale. Aggettivi e qualità che raccontano il carattere della giovane e bella campionessa sarda. Chiamarlo Beach tennis o tennis da spiaggia non fa grande differenza, ciò che conta è che si tratta di uno sport vivace, giovane e divertente che permette ai suoi praticanti di vivere ciò che di più salutare e benefico può offrire una giornata trascorsa in spiaggia. Si tratta di un’attività sportiva che trae le sue origini dal gioco che, nell’Italia dei primi anni del Novecento, era praticato con un “tamburello”, dai tanti frequentatori delle spiagge assolate del tempo. Dopo gli anni ’50 si iniziano ad utilizzare le prime racchette con il piano in legno. Bisogna però aspettare la fine degli anni ’70, primi anni ’80, per veder prendere piede la sua diffusione. In quegli anni negli stabilimenti balneari della Romagna – più precisamente nella provincia di Ravenna – gli appassionati di questo gioco arrivarono presto a pensare che i tanti campi di beach volley, che iniziavano a popolare le spiagge italiane, potessero adattarsi bene a diventare un perfetto campo di sfida per il divertente passatempo giocato con i “racchettoni”. La sua evoluzione, che lo porta sul podio delle attività agonistiche, arriva nel 2011 quando il CONI ne certifica le regole di gioco, includendolo all’interno della Federazione Italiana Tennis. Il beach tennis non è più un semplice svago tra amici, da vivere durante la bella stagione, ma entra a pieno titolo all’interno del vasto panorama degli sport internazionali. Per conoscere da vicino e capire meglio questo sport ho avuto il piacere di intervistare la ventottenne cagliaritana Stefania Carmelita: professionista di beach tennis, che vanta, a oggi, numerose vittorie sia in campo regionale che nazionale. La prima domanda ci aiuterà a conoscere questo sport più da vicino. Raccontaci che tipo di sport è il beach tennis e spiegaci le sue regole di gioco. Innanzitutto il suo nome nasce proprio dall’unione e condivisione di alcune regole tra il beach volley (pallavolo da spiaggia) e il tennis. Dal primo sport eredita le dimensioni del campo di gioco (16x8 mt) e la superficie, rigorosamente sabbia. La rete, che si trova in entrambi gli sport, inizialmente era alta 2 mt e, in seguito, è stata abbassata a 1.70 mt per rendere gli scambi più veloci e spettacolari. Il contributo del tennis è più modesto, l’attrezzo, benché si chiami anche in questo caso racchetta, è diverso nella forma e nella struttura, mentre sono identiche alcune terminologie come i colpi tecnici, tra cui: il servizio, la volé di rovescio e di dritto e lo smash. Anche il punteggio è stato ereditato dal tennis: game, set e tie-break sono pressoché simili e variano in funzione al regolamento adottato dal torneo. Una differenza sono i vantaggi, che nel beach tennis non esistono.

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Cosa ti dà il beach tennis, da un punto di vista di stimoli, sensazioni e quant’altro? Credo che qualsiasi attività sportiva, quando è pratica a livello agonistico, non può che regalare grandi emozioni. Ogni volta che ho una gara non vedo l’ora di entrare in campo, per poter trasformare l’ansia da pre-partita in energia pura, e poter scaricare l’adrenalina accumulata durante l’attesa. Ciò che mi stimola di più nel dare il meglio di me in campo è, innanzitutto, il divertimento che questo sport riesce sempre a farmi vivere e poi c’è la grande voglia di vincere, senza mollare mai una palla fino alla fine. L’unico inconveniente del praticare il beach tennis in Sardegna, a livello agonistico, è che nei tornei regionali ci si trova a sfidare sempre le stesse persone e questo limita la possibilità di confrontarsi con atleti di alto livello. Questo è per me un fattore molto importante, proprio perché il poter gareggiare con sportivi più esperti crea il giusto stimolo che permette a uno sportivo di migliorare il proprio gioco. Il mio prossimo obiettivo è, infatti, cercare nuovi sponsor che mi consentano, di uscire dai tornei regionali e partecipare in competizioni internazionali.

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Quando è iniziata la tua passione per questo sport, e perché? Innanzitutto è giusto precisare che io ho preso in mano la mia prima racchetta da tennis all’età di otto anni e da allora, non ho mai smesso di giocare. Nel ’95 ho intrapreso l’attività agonistica e attualmente sono istruttrice di 1^ livello presso il circolo tennistico di Cagliari Monte Urpinu. Diciamo, quindi, che il mio avvicinamento al beach tennis lo definirei una naturale “evoluzione tennistica”. La passione è iniziata quasi per caso circa otto anni fa. Come tutti i sardi, anch’io amo il mare, la spiaggia e l’estate, ma non amando particolarmente prendere il sole sdraiata sul lettino o meglio, non essendo capace di stare ferma nella stessa posizione per più di trenta minuti, un giorno con una mia collega, maestra di tennis, decidemmo di chiedere informazioni per poter utilizzare un campo da gioco. È facile intuire che dal giorno non ho più mollato. Divertimento, agonismo, amicizie, sole, mare e tante amozioni: questo è ciò che sa farti vivere quel piccolo campetto segnato nelle spiagge. Quasi tutte le attività sportive per essere praticate a livello agonistico necessitano di allenamenti continui. È facile, quindi, pensare che si pratichi durante tutto l’anno. Il beach tennis ormai, non solo per chi fa agonismo ma anche per i tanti amatori e neofiti che si avvicinano alla disciplina, è praticato dodici mesi l’anno. È chiaro che in regioni come la nostra, il clima consente di giocare nelle spiagge quasi tutto l’anno ma, purtroppo, in Sardegna mancano strutture coperte e questo non consente di avere quella giusta costanza di gioco durante i mesi più freddi e piovosi. Si spera però che in un futuro breve le cose cambino e che si riesca a realizzare campi al coperto, anche perché i giocatori di anno in anno aumentano e i campi iniziano a non bastare più. Oltre al ruolo di giocatrice rivesti anche quello d’istruttrice. Una passione che rischia di diventare la tua professione. Direi di sì! Ho iniziato circa due anni fa, un po’ per gioco e … così e iniziata l’avventura. Oggi ho tanti progetti e spero vivamente che questo sport possa crescere, con nuove leve che siano in grado di far diventare il beach tennis il loro sport, e con un indotto sempre più ampio di nuovi praticanti. Il beach tennis e uno sport che permette di arrivare facilmente a buoni livelli di gioco e soprattutto è una disciplina che abbraccia diverse fasce di età, dimostrandosi quindi uno sport adattabile a diverse esigenze fisico/atletiche. Da quando ho iniziato a insegnare posso garantirvi che chi ha iniziato non ha più mollato. Ho letto il tuo curriculum. Nel 2012 hai vinto tutto il vincibile a livello regionale. Il 2013 cosa ti porterà? Il 2012 e stato l’anno che mi ha regalato la “tripletta” ovvero, i tre titoli dei campionati sardi: singolo, doppio femminile e doppio misto. Un anno di grandi soddisfazioni, soprattutto per la vittoria del singolo che non pensavo di riuscire a raggiungere. Il 2013 spero mi porti molto di più fuori dalla Sardegna, per fare nuove esperienze, per raggiungere nuovi obiettivi e per crescere sportivamente. Nel resto d’Italia ci sono numerose scuole, tanti giocatori e giocatrici che possono insegnare tanto. Diciamo che i progetti e la voglia non mancano speriamo di trovare qualche piccolo sponsor che ci possa aiutare. Se ti chiedessi una frase in grado di rappresentarti come sportiva? Non pensare al dolore, non pensare a niente di simile. Pensa a rimanere lì davanti, a non indietreggiare. Usa la tua paura, sfruttarla al meglio. Usa il cuore e si padrona di te stessa.

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Slow at food

Gravlax o gravad lax TESTO DI ANDRE MASCI PHOTO http://www.idinner.it/

Vi parlo oggi di un piatto tipico della Scandinavia. Gravad lax o Salmone marinato. Fin dal 1600 se ne tramanda la ricetta, che deve il suo nome al metodo di preparazione. Infatti, il Salmone, veniva preparato e poi messo in una buca realizzata nel terreno, ricoperto di terra cosi che potesse fermentare.


PoichÊ ho a che fare con una ragazza svedese, ho pensato di preparare questa ricetta. Il salmone dopo la marinatura, generalmente, viene servito affettato sottilmente accompagnato da senape scandinava (Hovmästarsüs). Io lo servirò su fette di mela e una spruzzata di lime oppure su fette di pane, burro salato, lattuga e uova sode.

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Ingredienti per 8/10 persone: • • • • • • •

1 Kg diviso in due grossi filetti di salmone già pulito 100 g di Sale marino fine 130 g di Zucchero semolato 2/3 Bacche di ginepro schiacciate 25 Grani di pepe macinati 3/4 Cucchiai di Gin un grosso ciuffo di finocchietto selvatico o Aneto

Preparazione Mettere in una ciottola il sale, lo zucchero, il pepe bianco mescolare gli ingredienti fino a ottenere un composto omogeneo. A questo punto ricoprire l’interno dei filetti di Salmone con il composto, massaggiando fino a ricoprirli completamente. Adesso versate il Gin sui filetti e ponete sopra le bacche di ginepro e il finocchietto tagliato finemente. Mettete un filetto sopra l’altro e conservatelo in frigorifero all’interno di una busta di plastica per la conservazione degli alimenti, meglio se con chiusura. Riponendo il tutto all’interno di una teglia eviterete che ci siano perdite di liquidi. Se avete un grosso tagliere ponetelo sopra i filetti, di modo che possano stare compatti. Girate ogni dodici ore. Passate le 48 ore svuotare il liquido che si è formato e metterlo in Freezer per almeno 24 ore. Finalmente il salmone marinato o Gravad lax è pronto, con l’utilizzo di un coltello con la lama fine tagliate delle fette sottili e servite con la senape svedese (Hovmästarsås).

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smo attivo senza confini con

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Ingredienti per la salsa (Hovmästarsås): • 1 Cucchiaio di aceto di vino • ½ cucchiaino di pepe bianco • 3 cucchiai di Zucchero semolato • 2 cucchiai di succo di limone • 3 cucchiai di senape • 1½ dl di Olio di semi girasole. • 1 Manciata di finocchietto selavati o Aneto tagliuzzati • Sale q.b.

Preparazione salsa In una ciottola, unite allo zucchero il finocchietto selavatico mescolate sino ad ottenere una crema, aggiungete tutti gli ingredienti ad esclusione dell’olio e mescolate. A questo punto sempre mescolando aggiungete l’Olio a filo fino ad ottenere la salsa.


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at culturam !

antichi mestier bel paese n a r u M DI GIUSEPPE TESTO E PHOTO BELLI DI BETTY SERIANI

Carissimi amici, questa volta ci ritroviamo a Murano, non lontano da Venezia, da dove ci siamo salutati la volta scorsa. Anche questa zona è custode di antichi mestieri non del tutto scomparsi che non si possono liquidare in breve. Oggi parleremo, infatti, di un mestiere che non è affatto scomparso, anzi tutt’altro. Andando a ritroso nel tempo, scopriamo l’arte dei “fioleri” (da “fiole”, “fiale”, “bottiglie”) insieme con quella dei vetri soffiati, che, alla fine del 1200, fu spostata a Murano per proteggere la città di Venezia dagli incendi determinati dall’uso delle fornaci (le case a quell’epoca erano di legno). Fu proprio un decreto della Serenissima repubblica, infatti, a trasferire le fornaci da Venezia a Murano. Ma da antichi documenti pare che già da tempo sull’isola fossero presenti numerose fabbriche del vetro che passavano di padre in figlio. Era fatto divieto agli artigiani di espatriare per timore che potessero trasferire altrove la loro arte. Murano è un’isola della laguna veneta situata a nord-est di Venezia e, come quest’ultima, è composta da piccole isole minori. Il suo nome è diventato famoso in tutto il mondo per la lavorazione del vetro e notevole è anche l’indotto del turismo. L’arte del vetro conobbe il suo massimo splendore nel 1600, con una rapida espansione in tutta Europa, poi, con la crisi della Repubblica Veneziana entrò in crisi anche quest’attività. Soltanto nell’ottocento si è avuta una vera ripresa e oggi possiamo affermare che essa ha raggiunto la sua massima


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espressione, tanto che, oltre al turismo, Murano può basare la sua economia sulla produzione di magnifici oggetti in vetro tra cui spiccano le famose perle di vetro. Queste si sono diffuse in tantissime botteghe e rappresentano forse la necessità di imitare le pietre preziose. Una leggenda racconta che Marco Polo, tornando dall’oriente, proponesse ai maestri vetrai di riprodurre in vetro le perle pregiate dei paesi orientali. La lavorazione di queste perle era di due tipi, quella soffiata alla fiamma e quella eseguita con uno strumento chiamato spiedo. Infine, per poterle modellare, venivano poste in un forno caldo. Il risultato finale era rappresentato da una vasta produzioni di perle di varie misure, quelle di più grande dimensione venivano plasmate e decorate singolarmente. Fra queste troviamo le perle a rosetta, a lume e quelle a vetro soffiato. Quelle più famose sono le ‘Murrine’, piccole miniature di vetro che rappresentano una delle più interessanti opere dei maestri vetrai veneziani e che contribuirono alla rinascita della vetreria muranese. Le murrine, più precisamente, sono vasi e ciotole in vetro mosaico che al loro interno presentano disegni astratti o figurativi come fiori e animali. Dettaglio poco noto è che la maggior produzione avviene in inverno, quando fa più freddo. Questo perché la temperatura delle fornaci può raggiungere anche mille gradi, non consentendo di lavorarvi in estate. La bravura del Maestro Vetraio sta tutta nella sua creatività. Egli con una lunga canna di metallo estrae dalla fornace una palla incandescente di pasta vitrea e dopo essersela portata alla bocca, soffiandoci dentro, dilata la pasta, modellandola in una forma. Interessante, per poter apprezzare da vicino la storia del vetro di questi luoghi, è la visita al museo del vetro di Murano. Situato nell’antico Palazzo dei Vescovi di Torcello, fu istituito nel 1861 per poter raccogliere tutte le testimonianze di quell’antico mestiere. Il museo ben presto si arricchì delle numerose donazioni di vetri prodotti sull’isola negli anni, e, annesso a questo, fu istituita una scuola ad opera dei maestri vetrai, che, dopo un periodo di crisi alla fine dell’ottocento, ripresero a lavorare a pieno ritmo. Con il passaggio di Murano sotto la giurisdizione del comune di Venezia, il museo del vetro entrò a far parte dei Musei Civici Veneziani e le sue collezioni si arricchirono di pezzi pregiatissimi. Oggi, insieme a una produzione di altissimo livello, ma quasi sempre in serie, che ha visto fabbriche dedicarsi solo alla creazione di vetri da oggettistica, è di notevole interesse lo svilupparsi della creazione in vetro quale espressione d’arte assoluta da parte di tantissimi artisti che vengono qui sull’isola per servirsi delle fornaci solo per realizzare le loro opere d’arte. E così, l’isola di Murano si proietta sempre di più per essere un importante centro culturale e di attrattiva turistica per i tantissimi visitatori che ne subiscono il fascino. E a questo punto, come sempre, auguro a tutti i nostri amici turisti un buon viaggio. Arrivederci alla prossima puntata.

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il filo di arianna...

COSA, COME E PERCHÈ A CURA DI SABINA CONTU ... scrivete a sabinacontu@yahoo.it

Il sentiero dei nuraghi: un giro del mondo made in Sardinia Sono queste le parole che mi sono venute in mente nel pensare all’esperienza che si accinge a compiere il giovane sardo che partirà con una bandiera sarda e una bicicletta. Sono le parole del primo romanzo di Italo Calvino “ il sentiero dei nidi di ragno”. « Forse non farò cose importanti, ma la storia è fatta di piccoli gesti anonimi, forse domani morirò, magari prima di quel tedesco, ma tutte le cose che farò prima di morire e la mia morte stessa saranno pezzetti di storia, e tutti i pensieri che sto facendo adesso influiscono sulla mia storia di domani, sulla storia di domani del genere umano”.

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Forse non occorre andare lontano per cercare la nostra storia e la nostra identità. La proposta sul tema è ripercorrere il sentiero dei nuraghi, le antiche case o tempi di Sardegna. Uno dei più interessanti e conosciuti è quello che parte ai piedi del primo grande monumento naturale, Scala di San Giorgio, nel territorio di Osini, uno dei monumenti naturali della Sardegna (L.R. 31/89). Il percorso attraversa luoghi di interesse naturalistico, archeologico e antropologico. La caratteristica di questo sentiero è la presenza di vari punti panoramici, diversi nuraghi e paesaggi esclusivi. In particolare si segnalano la vedetta Punta Su Scrau, il punto panoramico Punta Scala Su Istressi, il nuraghe Urceni, il nuraghe Orruttu, il paesaggio dei Tacchi, il Tacco di Perda Liana ed il Gennargentu. L’itinerario si sviluppa quasi interamente su strada comunale sterrata. Il percorso a piedi è accessibile a tutti, anche ai non esperti di escursionismo. Il tracciato ha iniziofine in località Pizzu e Taccu, in prossimità del confine con il Cantiere Forestale di Taccu dell’Ente Foreste della Sardegna, è ad anello, quindi percorribile in entrambe le direzioni: in senso antiorario dirigendosi verso Nord e in senso orario verso Sud.

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Si parte ai piedi del primo grande monumento naturale, Scala di San Giorgio, nel territorio di Osini. Per “scala” la gente del posto intende un accesso ripido ed accidentato attraverso una balza rocciosa. Nel caso specifico si tratta di una gola molto angusta, attraversata da una strada asfaltata proveniente dal vicino abitato di Osini. La gola è il risultato di un insieme di fratture verticali delle masse rocciose. Una di queste, conosciuta con il nome di “Sa Brecca ‘e Usala” è davvero impressionante. La fenditura attraversa per intero, in senso verticale, la parte Ovest della gola sprofondando con uno sviluppo complessivo di quasi 100 metri. E’ scrutabile, senza l’uso di tecniche speleologiche, seguendo una gradinata che ne consente l’accesso ad un’apertura laterale, oppure dall’alto, guadagnando la sommità delle pareti con un sentiero proveniente dall’altipiano. Singolare il fatto che solo durante l’estate, dall’interno venga fuori un soffio di vento alla temperatura costante di 9°, mentre in inverno il fenomeno è assolutamente inesistente. L’aspetto della gola, singolare e maestoso, suscita grande suggestione per l’altezza delle pareti e per la breve distanza che intercorre tra esse. Nel suo punto più profondo, la verticalità può superare i 50 metri. Volgendo lo sguardo ai piedi della rupe, “Scala di San Giorgio” affonda le proprie radici nella leggenda che racconta un miracolo operato dal Santo vescovo di Suelli, di nome Giorgio il quale, giunto da Seui sul far della sera, in prossimità delle alte pareti che sovrastano Osini, che non era possibile oltrepassare o scalare facilmente, con gli occhi rivolti al cielo elevò una preghiera e ordinò alla massa calcarea di squarciarsi, al fine di agevolare il suo passaggio per l’abitato. Il Santo poi, a sollievo dei viandanti, fece scaturire in modo prodigioso una fonte d’acqua freschissima, alle quali venivano attribuite proprietà miracolose. In ricordo del santo è stata collocata una sua piccola statua su una parete rocciosa di fronte alla Scala. Da questo punto è facile raggiungere il complesso nuragico più bello e meglio conservato dell’intera Ogliastra: il Nuraghe Serbissi, straordinario sia per la maestosità che per la posizione dominante sul territorio circostante. Una vista magnifica: a Nord domina il Gennargentu e il vicinissimo Perda e Liana, altro monumento naturale, sito nel comune di Gairo. A Sud altipiani e montagne fino alla linea dell’orizzonte. Il complesso nuragico è composto da una torre centrale e da altre 3 torri, una a Nord, una a Sud ed una ad Ovest. Tutte le torri sono unite tra loro da un bastione murario. La torre principale è alta circa 6 mt, con un diametro di 10 mt. Sotto il nuraghe, ad un altezza leggermente inferiore, circa 20 mt più a valle vi è una grotta, un tunnel naturale che permette di attraversare la montagna sottostante il nuraghe da Sud a Nord e viceversa.

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MATITA, GOMMA E MOUSE... a cura di BARBARA VALUTO

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