UP Magazine 12 - Primavera 2020

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nale, riempiva l'aula con le sue braccia lunghe, la gestualità incalzante e la voce scolpita. Classe '44, ha insegnato italiano e latino a Castiglion Fiorentino, a Montevarchi, a Cortona, poi per quasi un ventennio latino e greco al liceo classico “Francesco Petrarca” di Arezzo. Nel 1984, insieme al sindaco Aldo Ducci e al provveditore Luciana Gasbarre, è stato uno dei fondatori del liceo musicale, dove ha tenuto la cattedra di storia ed estetica della musica fino al 1991. Ha formato generazioni di ragazzi, costruito coscienze critiche, guidato centinaia di studenti verso la maturità. In tutti i sensi. Professore, l'anno scolastico è mutilato. Stavolta altro che esame... Che effetto le fa? Brutto. E' un trauma, un evento che non si verificava dal 1944. C'era la guerra allora, c'è la guerra anche oggi.

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I

professori non chiedevano mai se eravamo felici” cantava Luca Carboni, mettendo in musica una cicatrice aperta da sempre. Insegnanti troppo innamorati del loro sapere. E di fronte a loro studenti troppo distratti da un presente in rapida evoluzione. Una carenza di empatia che ha segnato percorsi scolastici, compiti in classe, esami, vite. Poi ci sono le eccezioni: ragazzi che vogliono comprendere, capire e docenti che accorciano la distanza generazionale, culturale, umana, che non sono innamorati soltanto del sapere ma della professione, che sanno trasmettere un sentimento, che li guardi, li ascolti e qualcosa torna indietro. Non subito magari, perché a 18 anni il presente pulsa troppo forte nelle vene e soverchia tutto il resto. Però dopo sì, quando ti volti, rifletti, elabori e metti a fuoco. Claudio Santori era teatrale, passio-

Fosse capitata a lei una disavventura del genere, cosa avrebbe detto agli studenti? Che un pc non è come un'aula ma va bene lo stesso. Che a fare la differenza è sempre la voglia d'imparare. Che con l'impegno si superano tutti i problemi. Le avrebbero creduto? Lo spero. C'è un testo intramontabile che sto rileggendo in questi giorni di quarantena e che avrei consigliato ai maturandi. Qual è? “Lettere a Lucilio” di Seneca. Chi non ce l'ha, se lo compri: costa meno di una pizza e di una coca cola. Seneca a un certo punto scrive: “un timoniere di valore continua a navigare anche con la vela a brandelli”. Vale per tutti. Alunni e insegnanti sono confinati a casa. A lei che dentro la scuola c'è stato una vita, quale sensazione le suscita: stupore, rabbia, paura, tristezza? Direi un mix di queste cose. L'esame alla fine delle superiori è uno spartiacque della vita, un bivio decisivo. La dicitura ufficiale è esame di stato, ma noi continuiamo a chiamarlo esame di maturità perché non si tratta solo di un diploma. Si cambia status, Pascoli direbbe che si esce dal nido. Ma è ancora attuale questa lettura delle cose? Oppure oggi va diversamente? E' attualissima. Superare l'esame di stato significa libertà, assunzione di responsabilità. Niente più colloqui con i professori, niente più pagelle. Si va negli atenei, si va a lavorare. E' una rivoluzione. Prof, la sento parlare con la stessa veemenza di una volta. Non è cambiato neanche un po'? Sono in pensione e sono segregato a casa per colpa del virus. La differenza rispetto a prima è tutta qui. Per il resto la penso come sempre: la cultura ti aiuta a discernere tra il bene e il male. Il bene oggi qual è? In questo periodo specifico, il bene è il senso civico. Dobbiamo restare a casa. Qualcuno ancora non si è accorto che l'esame di maturità lo sta facendo la natura a ciascuno di noi. E il male? Sottovalutare i problemi del mondo, so-


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