Artim Magazine N.1

Page 1

ARTIM MAGAZINE

n. 1

artimtaurasi.com


2


3


10

22

L’euro merita la nostra fiducia?

14

Il diritto negato agli studenti di poter studiare al sud

18

Un dizionario contro l’ambiguità: Cosa si intende per sostenibilità

28

4

32

Arte a parte: il Giudicante, il Supponente e il Cattivo

In the darkness

Autismo e vaccini: quando le buglie hanno le gambe lunghe


ARTIM MAGAZINE

36

40

44

Taurasi: alcuni cenni storici

46

La luna è sempre stata lì?

Un omaggio ad Alan Turing

Programmare è creare

sommario 5


EDITORIALE

di Artim

“Tutte le grandi cose hanno piccoli inizi”. E anche quei piccoli inizi, in principio, sembrano altrettanto grandi e pieni di difficoltà

Ci abbiamo provato varie volte. Ci è man-

cato sempre poco così dall’avviare questo progetto. Oggi invece no, oggi ci siamo, e abbiamo appreso che in realtà quelle false partenze, altro non erano che passi protesi ad oggi. Oggi ci siamo, ed insieme a tutti quelli che hanno collaborato alla pubblicazione dell’ “Artim magazine”, siamo lieti di presentarlo a voi lettori. Questo numero ha per noi una grande importanza perchè rappresenta l’”inizio”. L’inizio della collaborazione con

voi lettori, l’inizio della collaborazione di tutte le persone che hanno contribuito alla stesura di questo primo numero. Oggi abbiamo capito che gli stimoli, i tentativi e le idee che nascono nella mente di ognuno possono avere forma e sostanza diverse e cangianti, che collaborare con le persone giuste puo essere una fonte di crescita inesauribile, ma soprattutto che ci sarà sempre bisogno fiducia, passione, onestà, per rendere qualcosa concreto come il progetto che abbiamo appena avviato.

6


è la rivista di attualità e cultura di ARTIM. Uno spazio libero per menti libere.

Redazione Direttore editoriale Miki

Editor: Eugenio Isabella

_ redazione.artimmagazine@gmail.com

_ eu.panz@gmail.com _ ventura.isabella@gmail.com

Responsabile marketing Nico

_ nicoletta.ventura@gmail.com

Designer: Tridiak

Su questo numero hanno scritto:

Maurilio Vittoria, Antonio Santoro, Vanessa De Luca, Amanito Muscaria, Ismaele Tortella, Federica Del Deo, Giovanni Pirone, Antonio Caggiano, Rocco Martino

Credits:

r2hox, pico2009, DARIO LEVI, Arturo de Albornoz, cliff1066™, imagina, K △ y, Igor Vita, Elné, photoverulam, commons.wikimedia.org, en.wikipedia.org, Ellenvd, Brenda-Starr, FutUndBeidl.

Si ringrazia: Michele De Matteis, Giuseppe Tedesco, Marco Riccardo.

7


artimtaur

8


rasi.com

9


L’EURO MERITA LA NOSTRA FIDUCIA? di Maurilio Vittoria Siamo certi che il nemico della nostra crescita econmica sia l’euro? Possiamo provare a fare dei semplici ragionamenti. Che cosa è una moneta? Non è altro che un credito che determinati soggetti acquisiscono nei confronti di uno Stato. Ne consegue, pertanto, un rapporto vincolante tradotto in termini monetari, rivolto verso un preciso Stato. E’ un tipo di rapporto costruito e affidato a precisi organi istituzionali: un Parlamento, un Governo, una Banca Centrale. A questo punto si apre un dilemma: L’Unione Europea, verso la quale noi esprimiamo fiducia tramite l’euro, può essere definita Stato? La risposta, purtroppo, al momento è negativa. Si potrebbe obiettare: la UE possiede le tre istituzioni predette. Si, peccato che la BCE non sia altro che il terminale del sistema bancario dei vari Paesi UE e, per di più, soggetta a un preponderante controllo della Bundesbank. Il Parlamento è operante e molte delle sue leggi vengono recepite dagli altri Paesi membri, ma le principali leggi di Stato, come ad esempio l’approvazione di bilancio, sono stretta competenza del Parlamento nazionale. Potremmo dire che la UE è e al contempo non è una creatura ibrida a interventi parziali e soggiacenti tutti all’approvazione degli Stati membri.

Tuttavia, questa imponente ed elaborata architettura politico-economica che si chiama UE, viene da lontano. Dalle sue modeste origini, anche in senso quantitativo, dato l’esiguo numero di membri fondatori che ne hanno determinato lo sviluppo sin dagli anni ’50, la strada percorsa è stata notevole sia per il congruo allargamento di quelle che erano limitate vedute economiche, sia per il graduale ma ininterrotto raggiungimento di determinate regole comuni. Quindi, è pacifico che la UE vive una situazione in addivenire, in fieri, per di più in continuo progresso. In prospettiva tutto tende, anche se gradatamente e per molti aspetti troppo lentamente, a eliminare quanto di nocivo per l’interesse comune. Non si tratta di un facile slogan, è la realtà in cui si sta muovendo l’UE oggigiorno ed è fortemente condizionata dalle nuove dinamiche macro-economiche mondiali. Tutte le proiezioni economiche e finanziarie internazionali indicano i meccanismi sui quali è necessario procedere affinché l’Europa possa realmente avere un futuro soddisfacente: regole comuni su fiscalità, costo del lavoro, accesso al credito. E’ fin troppo evidente il corposo lavoro che si rende necessario affrontare per giungere, un domani speriamo prossimo, alla creazione di quello che permetterà

10


11


all’Europa di sopravvivere: lo Stato Federale Europeo. Devono essere rimossi alcuni perversi meccanismi, come ad esempio la delocalizzazione fiscale, che fin troppo hanno consentito e consentono tutt’ora un’emorragia fiscale di dimensioni estese a danno di Paesi come l’Italia. E’ giustificabile, dinanzi all’attuale crisi (e perché anche non prima?), consentire ad un soggetto qualunque, si tratti di società o persona fisica, di produrre reddito in una tale zona, usufruire delle infrastrutture di un determinato Paese e, nel contempo, concedergli la possibilità di far soggiacere tale reddito ad una diversa tassazione in altro Paese ovviamente più favorevole? A quale principio economico risponde ciò? Perfino la doppia cittadinanza, che in ambito UE è un assurdo in termini, quale impatto può avere nel contesto fiscale se non quello di renderlo ancora più vulnerabile? Quindi, è chiaro che l’attuale UE presenta oggi un panorama asimmetrico costituito da regole e parametri assai difformi da Paese membro a Paese membro. Il superamento di tali schemi, peraltro dannosi alla buona tenuta del sistema fiscale di Paesi come il nostro, dovrebbe costituire un impegno prioritario da parte dei prossimi deputati a Strasburgo, nel senso che l’omogeneizzazione delle norme fiscali dovrebbe costituire il primo e fondamentale passo da percorrere lungo la strada che deve condurre alla creazione di qualcosa di ancora più alto e vincolante dell’attuale Unione. Di recente, Stiglitz si è espresso negativamente nei confronti dell’euro, sottolineando l’inderogabile necessità di cambiare o, solo di fronte all’impossibilità di farlo, estromettere la Germania oppure uscire unilateralmente dalla zona euro. Non so se ho compreso il suo pensiero, ma ritengo decisamente pericoloso tale percorso per un Paese come l’Italia. Altri commenti si muovono in una diversa direzione, ritenendo sbagliata non la moneta bensì la tempistica, nel senso che la moneta avrebbe dovuto essere il naturale sbocco finale di uno Stato costituito, al momento assente. Ne consegue che l’elemento disgregante del faticoso cammino europeista non è la moneta unica, ma la sua sconnessione da un apparato normativo uniforme a cui tutti i Paesi membri dovrebbero fare riferimento. Credo che le attuali critiche di alcuni movimenti politici verso la moneta comune abbiano travisato le caratteristiche di quello che danneggia la struttura europea. Sempre più spesso si levano voci ostili alla moneta unica ma, a parer mio, dubito che queste critiche offrano

12

“ l’elemento d

faticoso cammino è la moneta un sconnessione d normativo unifo Paesi membri d riferim


disgregante del o europeista non nica, ma la sua da un apparato orme a cui tutti i dovrebbero fare mento ”

realmente una visione corretta di quello che accadrebbe a un Paese come il nostro qualora venisse deciso il ritorno alla lira. Passeremmo immediatamente da una male (stagflazione) ad un male infinitamente più grave ed erosivo della nostra economia, l’inflazione. La politica monetaria italiana fino agli anni Novanta è stata quella di stampare denaro a ritmi molto sostenuti. Si stampa denaro principalmente per svalutare la moneta e affrontare meglio il ripagamento del debito pubblico. Purtroppo, in tal modo si innesca un circolo vizioso poiché il debito pubblico aumenta. Infatti la svalutazione non è utile ai fini del ripianamento del debito, ma solo per potervi far fronte nell’immediato. Questo processo è stato possibile perseguirlo grazie al sempre più pesante cambio variabile a cui la lira era sottoposta, ma ha anche contribuito pesantemente ad accrescere il debito pubblico. Secondo il Centro Studi di Confindustria, un’eventuale uscita dall’euro costerebbe al nostro Paese il 25% del PIL e questo solo nel primo anno. Il rapido aumento del potere d’acquisto verrebbe eroso (inflazione), l’aumento dei prezzi (soprattutto riguardo all’energia) acquisirebbe velocità vertiginosa, il costo dei prodotti (anche autoctoni) salirebbe a dismisura, senza parlare dei mutui e dei prestiti contratti da imprese e individui durante la permanenza dell’Italia nella zona euro. Credo che un caso reale simile lo si possa osservare oggi nell’economia argentina. La verità è che l’Italia possiede, oggi come ieri, la struttura economica adeguata per utilizzare, insieme ai partner, la comune moneta dell’euro. L’euro non è un male, è un comune vantaggio. Spetta alla politica finanziaria comunitaria consolidarlo, connettendolo non alla velocità economica di un determinato Paese ma ad un livello di velocità economica che rappresenti equamente le possibilità dei vari Paesi membri.

13


IL DIRITTO NEGATO AGLI STUDENTI DI POTER STUDIARE AL

SUD

di Antonio Santoro

Nel mondo universitario la parola d’ordine delle ultime settimane è stata Sud. Anche per quest’anno, le Università italiane potranno effettuare turn over (assumere nuovo personale) soltanto nel limite del 20 per cento dei pensionamenti a livello nazionale. Tuttavia, ogni singolo Ateneo non avrà un 20 per cento fisso, ma un valore che viene ricavato attraverso i cosiddetti “punti organico”, punteggio stabilito sulla base di un indicatore che tiene in considerazione l’ammontare delle tasse degli studenti. La contribuzione studentesca è mediamente più bassa nel Mezzogiorno. In primo luogo per le condizioni socio-economiche del nostro territorio rispetto a quelle del resto del Paese: le rette sono collegate ai redditi e al Sud sono anche di più gli studenti che hanno diritto a esenzioni totali o parziali. In secondo luogo, essendo bassa l’appetibilità da parte degli studenti per la nota questione meridionale, i nostri Atenei hanno tenuto le tasse più basse nel corso degli anni.

14


La morale è che il nuovo decreto di ripartizione dei punti organico della Ministra Carrozza, avendo anche eliminato una clausola di equilibrio prevista del decreto del 2012, ha penalizzato la stragrande maggioranza delle Università meridionali, quasi tutte con un turn over ben al di sotto del 20 per cento. Studenti, docenti, rettori e addetti ai lavori hanno segnalato tale situazione con articoli, dichiarazioni, comunicati, proteste e incontri, ma l’appello è caduto nel vuoto. La promessa è che per il 2014 verranno adottati nuovi criteri. Bene, ma viene da chiedere come mai, avendo riconosciuto la legittimità e la giustezza della questione, non si è operato già eliminando la sperequazione prevista attualmente per l’anno 2013? Considerando, soprattutto, che lo si può fare inserendo un “articoletto” o un “commetto” nella legge di Stabilità? Qualcuno diceva “fatti una domanda e datti una risposta”. E’ interessante, piuttosto, notare come finalmente ci sia stato un movimento di opinione e di riflessione sull’Università e sul Mezzogiorno e come questo accostamento di termini e di concetti riesca ad accarezzare la coscienza di chi ha ancora la voglia di credere in un risveglio culturale e sociale. L’Università pubblica nel nostro Paese ha avuto il merito di essere un importante fattore di mobilità sociale ed economica, probabilmente il più incisivo. Oggi, avendo in parte esaurito questa sua capacità di ascensore, il sistema universitario italiano sta finendo col diventare un ulteriore elemento di squilibrio territoriale. Troppi giovani meridionali scelgono di lasciare casa e andare a studiare al Nord, per poi rimanervi a lavorare e realizzarsi nella migliore delle ipotesi, quando cioè si può evitare l’emigrazione all’estero. Il problema vero è che spesso questa non è una scelta, ma l’amara considerazione che nel Mezzogiorno non solo non c’è lavoro, ma mancano anche servizi, Diritto allo Studio, trasporti e tutte quelle cose che contano nella scelta del luogo in cui studiare. In breve, Futuro. Di certo le istituzioni locali potrebbero fare di più per trattenere i propri giovani, ma è anche vero che fino a oggi è stato dimenticato con troppa facilità che lo Stato non ha ancora colmato il ritardo economico e infrastrutturale del Sud. E così, pian piano, insieme al sempre più inesorabile scarseggiare delle risorse, anche nel mondo dell’Università è stata commessa una serie di errori. Si

15


E così, pian piano, insieme al sempre più inesorabile scarseggiare delle risorse, anche nel mondo dell’Università è stata commessa una serie di errori. Si è creato un sistema di Diritto allo Studio regionale, non nella gestione ma nella spesa, con il risultato che le regioni meridionali non riescono a garantire la stessa copertura di borse di quelle del Nord. Si sono staccati completamente i percorsi triennali da quelli biennali, incentivando la fuga degli studenti del Sud nei percorsi specialistici, quindi più vicini al mondo del lavoro. In ultimo, prima della questione punti organico, si è investito su borse di mobilità interregionale, erodendo il fondo di finanziamento ordinario e “ignorando” il flusso di mobilità già esistente. Altro capitolo che meriterebbe un approfondimento è la valutazione. Il meccanismo messo in piedi è già di per sé discutibile: l’Anvur, l’agenzia che si occupa della valutazione dell’Università, ha da più parti ricevuto critiche per il fatto di non essere realmente indipendente e di utilizzare criteri rivedibili (tesi avallate anche dall’associazione europea delle agenzie di valutazione, l’Enqa). Le Università andrebbero valutate rispetto a parametri oggettivi e che tengano conto delle differenze preesistenti mentre, invece, si preferisce valutare, tra l’altro, la capacità di ottenere finanziamenti esterni, quando si dovrebbe partire da un piano straordinario di investimenti in cui successivamente inserire una valutazione seria e non discriminante.

In sintesi, si è creato un sistema competitivo in cui il Mezzogiorno è destinato a essere sconfitto per il semplice fatto di non partire alla pari con il resto del Paese e il cui risultato è il drenaggio di risorse dal Sud verso il Nord. Il fatto più grave è che la questione meridionale viene spesso derubricata come una tematica territoriale, quando dovrebbe essere interesse di tutti risolvere i problemi e i ritardi di una parte del Paese. Tante responsabilità hanno la politica e le classi dirigenti meridionali, come le Università che male hanno interpretato e attuato l’autonomia, ma sarebbe anche ora di ricominciare a parlare in modo serio di Mezzogiorno e sarebbe anche molto bello se ciò potesse avvenire partendo dal mondo universitario, proprio come avvenuto nelle ultime settimane. Gli studenti meridionali oggi dicono “Vogliamo restare”. Il dovere di una comunità civile è ascoltare chi chiede soltanto la possibilità di poter scegliere. E’ una questione di giustizia e libertà.

16


17


Comprendersi è diventato sempre più difficile. Sarà a causa dell’uso improprio che si fa delle parole, del non-significato che si attribuisce ad esse, di un linguaggio sempre più metaforico e sempre meno preciso, di un ammiccante gioco linguistico con cui si finisce per non dire niente. La politica è un chiaro esempio di questo processo; essa si rivolge a noi con “micro-spot emozionali” rivolti alla nostra pancia più che alla nostra mente: “Basta con lo spreco di denaro pubblico!” tuonano i cartelloni di questo o quello schieramento politico, non tenendo conto dell’irrisorio particolare che l’espressione denaro pubblico è una contraddizione in termini, visto che le cosiddette casse dello Stato sono la somma di una serie di processi economici che coinvolgono banche, aziende, consumatori. In altre parole, il denaro, a partire da chi stampa la carta moneta, è per definizione privato! La ricchezza di una nazione, non a caso, a partire da Adam Smith, viene conteggiata in termini di ricchezza dei suoi abitanti. Potremmo andare a lungo a ritroso nel tempo e scoprire che i significati che attribuiamo oggi alle parole sono a volte antitetici rispetto al contesto in cui esse sono nate e, lungi dal considerarla una sottigliezza da linguisti, è interessante notare come l’evoluzione della lingua, l’uso dei vocaboli, sia spesso frutto di una sorta di manipolazione o, per meglio dire, di strumentalizzazione. La parola su cui voglio soffermarmi è una parola di nuovo conio, nata, per così dire, in tempi recenti. La parola è “sostenibilità”: ormai la si legge ovunque, ripetuta come un mantra, sembra avere l’effetto salvifico di irradiare di senso etico persino un anonimo pacco di biscotti e farci sentire più in sintonia con il pianeta ogni volta che il bollino campeggia sui prodotti che acquistiamo. Per qualche strano motivo il significato di questa parola si è intrecciato con quello di un qualche ritorno alla rudimentalità, a una dimensione pre-scientifica e pre-economica, alla cosiddetta saggezza dei nonni: coltivare con l’aratro, lavare con il sapone piuttosto che con il detersivo, ritornare a costruire case in pietra. Senza negare che si tratta di atteggiamenti per qualche verso ammirevoli, il loro rapporto con la sostenibilità mi appare oscuro. La storia delle idee è piena di fraintendimenti, le mode poi ne enfatizzano gli aspetti ridicoli. Il termine sostenibilità è ,ahimè, inestricabilmente stretto e immediatamente connesso alla scienza e all’economia e si riferisce a un atteggiamento delle politiche di mercato, nella regolamentazione del consumo delle risorse ambientali, con un utilizzo che rispetti il loro ciclo di riproduzione: come sfruttarle meglio, con uno sguardo alle generazioni future, trasformando quello che è un costo per l’imprenditore di oggi in un potenziale beneficio per quello di doma18

UN DIZION AMBIGUIT

Cosa s’inten


Un dizionario contro le ambiguità

ni. E la scienza è il baluardo della sostenibilità, laddove il progresso scientifico si traduce in mezzi sempre più raffinati per un uso “razionale” delle risorse della terra. Guardiamo, per esempio, alla questione dei Paesi in via di sviluppo. Da questi, le misure proposte dalla Comunità internazionale, vengono percepite come iniziative tese ad ostacolare il loro legittimo sviluppo industriale ed economico. I costi di una produzione “sostenibile” sono infatti “insostenibili” per i paesi che si affacciano al grande mercato, nella produzione di prodotti competitivi. Senza accesso a determinate strumentazioni tecnologiche (costose) e sottigliezze di mercato (finanziamenti disponibili solo agli attori del mercato stesso), la strada verso la sostenibilità risulta alquanto impossibile e giustamente percepita come l’ennesima zavorra alle economie di quei paesi che da sempre subiscono lo sviluppo altrui. La sostenibilità ha, dunque, dei costi e ha poco a che fare con la liquidazione del mercato. Il cosiddetto “impatto zero” è anch’esso uno slogan a uso e consumo di un’ideologia che è a sua volta un mezzo del profitto e dell’asservimento? Certo che no. Alla luce dei danni che l’industria e la logica del profitto hanno prodotto nel nostro pianeta negli ultimi duecento anni, alterando l’atavico rapporto uomo-natura, forse in modo irreversibile, sarebbe un errore dirlo e la sollecitazione verso una responsabilità nei confronti delle risorse del pianeta e di chi lo abiterà dopo di noi mi sembra perentoria. Ma il vocabolo sostenibilità mette in luce come le diverse parole che lo sorreggono, etica- economia- politica, stiano complessivamente strette nell’angusta sequenza di tredici lettere. di Vanessa De Luca

NARIO CONTRO LE TA’

nde per SOSTENIBILITA’ 19


ASSOCIAZIONE CULTURALE ARTIM

collabora con l’ ARTIM MAGAZINE Scrivici da questo form 20


VISITA IL CANALE

guarda i video ARTIM 21


ARTE A

Il Giudicante, il Sup sionale, di fattura moderna o contemporanea, possiamo semplicemente usufruire del nostro libero arbitrio e, nel caso vi sia detto che non apprezzate l’opera, perché non avete le specifiche conoscenze e competenze, siate sereni, nel 99,99 % (la percentuale mancante è riferita all’autore dell’opera che a torto o ragione ha il diritto di difendere il suo lavoro) di chi dice queste cose non ha alcun titolo o competenza per poterlo fare, fosse anche Thomas Hoving, “che ha sia i titoli che le competenze”. Personalmente amo le lasagne, questo fa di me un critico gastronomico? Questo mio amore mi dà il diritto di avvicinare chi non ama le lasagne e definirlo senza gusto o senza cultura gastronomica? E se fossi il miglior cuoco del mondo, questo farebbe di me un individuo capace di dettare il mio gusto agli altri? Nella mostra sull’espressionismo astratto tenutasi a Milano nel 2014, un signore piange copiosamente davanti a una tela dipinta con la tecnica del dripping da Jackson Pollock, mi avvicino e gli dico: ”Anch’io ho avuto la stessa reazione quando mi sono accorto che era appesa al contrario, perché nella foto di gruppo fatta sul finire degli anni quaranta alla prima personale di Pollock tenuta da Leo Castelli, la tela che si vede sullo sfondo è la stessa ed è appesa al contrario e si vede lo sgocciolamento del pennello che va nell’altro verso”. Voltandosi stupito, mi ha gentilmente chiesto chi fossi, mi sono presentato come direttore di una modesta galleria d’arte contemporanea,

La domanda che sento spesso fare sull’Arte Contemporanea è sempre la stessa, anche la risposta spesso è sempre la stessa, peccato che a farla non sia mai la stessa persona. La premessa dovrebbe chiarire che non si parlerà di arte ma di fruitori di arte, personaggi meravigliosi, talvolta grotteschi, meritevoli di attenzione. Capire l’arte moderna e contemporanea è in realtà molto semplice, perché il protocollo di comunicazione è appunto moderno, vicino alla nostra epoca e al nostro modo di pensare. Per capire un dipinto del 1.400 d.C. bisogna conoscere l’agiografia, tutto il simbolismo intrinseco nell’opera, pochi sapevano leggere, ma tutti conoscevano il significato della vite, del corallo, di una conchiglia e tutti di gli altri simboli introdotti in modo didattico, educativo e divulgativo nell’opera. Traducendo in chiave moderna, tre strisce verticali su un paio di scarpe da ginnastica ci riportano alla mente subito un brand, una mela morsa che fa bella mostra di sé su uno strumento tecnologico, fa lo stesso, perché questo è il nostro simbolismo, definirei questa l’agiografia moderna, sperando di non essere definito blasfemo. Assumendo di aver fatto abbastanza chiarezza sull’ovvia riconoscibilità dell’iconografia moderna, dovremmo analizzare le categorie artistiche con cui entriamo in contatto con una serenità diversa. Posti di fronte a una qualunque opera bidimensionale o tridimen22


A PARTE

pponente e il Cattivo lontano satellite della Galleria Leo Castelli e in quanto tale ho espresso la mia speranza di ascesa nel circuito (semplifico dicendo che si è discusso affettuosamente di improbabili teorie basate su fatti reali, per circa 5 minuti e, dopo aver dimostrato con fonti condivise di sapere di cosa stavo parlando, il mio interlocutore ha accettato di buon grado la mia teoria). Invitandolo alla Galleria Intecnobordello di Taurasi, ci siamo salutati cortesemente. Ovviamente io non sono un gallerista e non esiste alcuna galleria, il nostro dialogo è stato da me condotto allo scopo di dimostrare la mia teoria sull’arte moderna e contemporanea, da lui seguito per dare, involontariamente, ragione alla mia teoria, nel senso che, posti di fronte all’arte contemporanea, siamo Dilettanti, Supponenti o Cattivi. Nel caso siate voi a interpretare il Dilettante: se proprio dovete piangere davanti a un’opera d’arte, assicuratevi di sapere tutto sull’opera e sull’autore, da dove arriva e dove andrà, anche il nome del nipote di terzo grado. Non chiedete i titoli del vostro interlocutore, semplicemente perché facendolo affermate a chiare lettere di voler essere rassicurati. Soprattutto evitate le citazioni a raffica, se riuscite a citare 30 artisti di fila, dimostrerete solo che avete un’ottima memoria e una pessima cultura artistica; nessun addetto ai lavori citerebbe mai una sequela infinita di nomi senza fermarsi, con puntuale riflessione, su artista, opera e provenienza storico-artistica-museale,

senza riprendere fiato, contestualizzandola in un percorso intero o quasi, semplicemente perché l’arte moderna e contemporanea è legata alla collezione cui appartiene ed è quest’ultima a dare valore aggiunto all’opera stessa. Citandoli sarebbero solo nomi e in quanto tali avrebbero valore solo all’anagrafe. Nel caso siate voi a interpretare il Supponente: sappiate che capita spesso, anche troppo, che pensando di interpretare voi il Supponente, vi rendiate ben conto invece di essere il Dilettante, quindi usate il personaggio con moderazione, ovviamente il rischio è inversamente proporzionale alla vostra conoscenza dei fatti. Dei fatti, appunto, non della storia dell’arte, perché questi due campi raramente coincidono nell’arte contemporanea e la percentuale di tale coincidenza cresce, addirittura, esponenzialmente verso il mai assoluto. La foto in questione esiste, ma è stata scattata al di fuori del museo Guggenheim. Pollock dipingeva usando la tecnica del dripping (sgocciolamento) tenendo la tela stesa a terra per girarci intorno, per sua stessa definizione non vi è un alto o basso. Pollock non usava i pennelli ma stecche di legno. Leo Castelli ha smesso la sua attività da circa 20 anni, ma resta ancora il miglior gallerista d’arte che la storia abbia mai visto e di sicuro è il più conosciuto, peccato che non fu lui a tenere la prima mostra personale di Pollock ma fu appunto il Guggenheim. Il Guggenheim merita un’attenzione particola23


re, la maggior parte delle volte in cui pensavo di essere il Supponente e mi sono ritrovato con grande vergogna a riconoscere d’essere il Dilettante è quasi sempre stata colpa del Guggenheim. La sua storia è legata alla signora Marguerite “Peggy” Guggenheim (mentre quella del museo nasce in Francia, pur essendo geograficamente dall’altra parte dell’oceano), passando per le sue seconde nozze in salsa surrealista con il signor M. Ernst, continuando con una serie infinita di mostre di successo, una Fondazione, qualche nipote e diversi curatori. Considerate anche la struttura del museo disegnata dall’architetto F.Loyd Wright, poi realizzato tra il 1956-59, definito un monumento che ospita una collezione d’arte, senza dimenticare che ne esistono due, l’altro è a Bilbao. Volete davvero mettervi alla prova? Entrate in un luogo in cui si parla di arte, galleria o museo non importa, affrontate l’argomento “Guggenheim” col primo che vi capita a tiro, fosse anche la guardia privata che è lì per controllare che non rifacciate il letto tutto scomposto al centro della stanza (Tracey Emin, “My bed”, 1996). Ripetete l’esperienza per un anno circa in diversi luoghi e, nel caso riusciste a uscirne indenni, recatevi tranquillamente da Christie’s (casa d’aste, N.d.R.); all’entrata chiedete di parlare col signor Jussi Pylkkanen, raccontategli del vostro anno da Supponente, noterete nel suo sguardo smarrimento e confusione, non cercate di aiutarlo, non potete fare nulla per lui - il tempo guarirà la sua ferita - alla fine abbasserà gli occhi indicando un leggio chippendale del 1765 e cercherà di avviarsi verso l’uscita; tossite educatamente, attirate ancora l’attenzione del signor Pylkkanen, allungate la mano, tenetela stesa fino a quando non vi passerà il martelletto, è un pezzo unico fatto a mano, ha accompagnato parole come: “ il lotto 26 è stato aggiudicato” (Andy Warhol “Green Car Crash (Green Burning Car I)” 1963, aggiudicata a 71,7 milioni di dollari nel maggio del 2007, prezzo record dell’artista). Vuoi davvero lasciargli portar via quel martelletto? Adesso il mondo è nelle tue mani e potrai spiegargli perché uno squalo tigre di quattro metri e mezzo, messo sotto formaldeide in una teca di vetro, vale 12 milioni di dollari (Damien Hirst ”L’impossibilità fisica della morte nella mente di un essere vivente” 1991, esposto un anno dopo a Londra nella galleria di Charles Saatchi). Nella realtà quest’opera non esiste più perché lo squalo, poco collaborativo, si stava comunque decomponendo - nonostante il titolo dell’opera fosse chiaro e la soluzione al 5% di formaldeide - così un secondo squalo prende il posto del primo, il titolo resta lo stesso e che nessuno parli di mancata originalità dell’opera nella sua, quasi, seconda versione perché, com’è stato detto da Larry Gacosian, il più influente mercante d’arte del mondo, “Se in un’opera di Dan Flavin un neon smette di funzionare, cosa facciamo, ovvio cambiamo il neon”.


Il Cattivo: riconoscibile dalla frase stereotipo ”Faccio ricerca!” Questa categoria non è interpretabile, lo siete o non lo siete e, se lo siete, purtroppo non siete curabili, siete condannati. Devo ammettere che tra i tanti questo è indubbiamente il mio personaggio preferito. E’ il più usuale, per certo ne conoscete almeno uno se sforzandovi in tutti i modi non riuscite a trovarne uno, preoccupatevi, perché il personaggio in questione siete VOI. Il cattivo è assolutamente riconoscibile dalla suddetta frase o una qualunque approssimativa variante delle seguenti: “Sperimento materiali nuovi”, “Cerco nuovi mezzi espressivi perché quelli che ho a disposizione non mi soddisfano”, “Devi studiare di più, perché sei confuso”. Il cattivo ha due categorie di riferimento, aspirante artista o aspirante gallerista, è il più agguerrito per l’ovvio motivo che è chiamato in causa direttamente. E’ la peggior sottocategoria del Dilettante, una sorta di attivista. L’aspirante artista, in media, ha una galleria di riferimento, una cultura nozionistica dell’arte, moderna e contemporanea, medio-alta; non parlategli di Bergognone o di Bernardino Luini, per il motivo che non avrebbe la minima idea di chi siano, non appartengono alla sua branca d’interesse: sono due pittori lombardi, attivi sul finire del 1.400, in due hanno violato tutte le leggi iconografiche dell’arte sacra di tutti i tempi, ridefinendo canoni ripresi 400 anni dopo dai Nazareni e in uso ancora oggi, definiti di scuola lombarda, anche detti letteralmente leonardeschi (se pensate che Leonardo sia un magnifico pittore, guardate questi due e cambiate pure idea, ovviamente senza mettere in dubbio il genio di Leonardo, ma solo la sua pittura). Riguardo al Cattivo, non sottovalutate mai la rassicurazione, che nel campo dell’arte contemporanea è tutto: giustificare il proprio operato è fondamentale. L’interesse è basato sostanzialmente sulla logica funzionale di giustificare, spiegare il proprio lavoro, perché la storia dell’arte non gli interessa in quanto tale e i fatti ancora meno. La funzione dell’arte è pura ostentazione sociale, altrimenti il Cattivo non cercherebbe visibilità in modo così compulsivo. Del resto sul finire del 1.400 dipingere una madonna del latte in modo rivoluzionario poteva portare il pittore a sperimentare la pirotecnica, dove il combustibile era il pittore, mentre essere sovversivi, oggi è leggermente meno pericoloso. Il Cattivo, in media, non ha capacità tecniche, ha però ottime doti oratorie: partecipa ai concorsi d’arte e persegue accanitamente le sue convinzioni, dedica alla pittura poco tempo, molto di più ne dedica alla ricerca del titolo di un’opera o ai saggi sull’arte contemporanea - non stupitevi se il titolo è un semplice numero, preoccupatevi anzi, quel semplice numero ha un messaggio


ARTIM MAGAZINE

lunghissimo intrinseco, significa che appartiene a una serie, che ha uno studio precedente fatto su più opere e che va in una data direzione; che, quindi, per capire il significato vero e apprezzare il valore assoluto dell’opera stessa, dovreste partire dal primo lavoro della serie e studiarlo, per poi passare al secondo e così via. Se volete ottimizzare i tempi, sappiate che le differenze tra sei quadri informali che vanno dal numero 1 al numero 6 sono quelle che dimostrano l’incapacità di riprodurre in serie da parte di qualunque essere umano. Il bello dell’arte concettuale e dei suoi fruitori è che tutto è accettato a patto che sia un artista ad averlo prodotto. Peccato che mai ci si chieda chi abbia prodotto l’artista. Se vi dovesse interessare approfondire l’argomento: Donald Thompson, Lo squalo da 12 milioni di dollari, Mondadori,2013. Jean Clair, L’inverno della cultura, Skira, 2011. di Amanito Muscariaia

26


Arte a partee: il Giudicante, il Cattivo e il supponente

27


28


IN THE DARKNESS di Ismaele Tortella Un mese fa ho scoperto dei posti incredibili nella meseta spagnola. Nella provincia di Segovia, nel centro-nord della penisola iberica, grazie all’amico e fotografo Miguel Pascual, ho visitato molti luoghi suggestivi, mai, però, quanto una grotta in particolare, incontrata all’imbrunire: al suo interno, come uniche fonti di luce avevamo delle piccole torce, quasi scariche, che permettevano di muoverci tra i grandi sassi che la abitavano. Abbiamo incontrato differenti specie di piccoli e particolari mammiferi (nella foto, il miniottero di Schreibers (Miniopterus schreibersii). Mi sono mosso con timore, perché era la prima volta che fotografavo in una grotta e, sinceramente, non sapevo come comportarmi. Così Miguel mi ha mostrato come adoperare i flash per illuminare i soggetti. Grazie a differenti fonti di luce siamo riusciti a creare un’illuminazione omogenea sui miniotteri. Dopo aver fatto qualche scatto, ci siamo accorti alcuni pipistrelli stavano cominciando a svegliarsi per i flash della macchina fotografica e così, per non causare danni, come eravamo arrivati siamo tornati a casa, ma con una esperienza in più nella nostra vita. 29


30


artimtaurasi.com

31


AUTISMO: E VACCINI QUANDO LE BUGIE HANNO LE GAMBE LUNGHE di Federica Del Deo

La storia che vi racconto inizia con un articolo pubblicato sulla rivista medica Lancet nel 1998. Il pomo della discordia è uno studio sperimentale inglese in cui il dottor A.Wakefield (ricercatore britannico) descrisse l’associazione che c’era, in 8 bambini su 12, tra la somministrazione della vaccinazione trivalente (Morbillo, Parotite e Rosolia) e l’insorgenza dell’autismo. Wakefield affermava che 12 bambini autistici presentavano inoltre danni intestinali, sostenendo che questi fossero causati dalla vaccinazione MPR. Questa terribile conseguenza fu successivamente associata a una serie di vaccini in sperimentazione e/o già in commercio. Si affermò così la credenza che i vaccini provocano l’autismo. La trivalente secondo il medico inglese era quindi la causa eziologica unica dell’autismo, dunque si rendeva indispensabile la vaccinazione singola per evitarlo. Ciò era già quantomeno sospetto, perché i vaccini singoli contenevano gli stessi principi attivi della trivalente. Nel frattempo lo stesso dottor Wakefield si preoccupò di brevettare proprio quei miracolosi vaccini singoli che fino a quel momento non erano a disposizione. La popolazione, giustamente spaventata, iniziò a non vaccinarsi più. Dal punto di vista medico ciò ebbe gravi: a esempio esiste una sequela del morbillo chiamata pancefalite subacuta sclerosante, è una degenerazione letale del sistema nervoso centrale, che può insorgere 7-10 anni dopo il morbillo e porta sistematicamente a morte in pochi mesi. Vi sono poi le dolorose e invalidanti sequele dell’herpes zooster, detto anche Fuoco di Sant’Antonio. Vaccinarsi significa evitare entrambe queste spiacevoli situazioni. Esistono inoltre soggetti deboli che non possono essere vaccinati. Queste persone dipendono dall’ ”immunità di gregge”: ciò vuol dire che solo se tutta la popolazione è vaccinata loro possono dirsi al sicuro, perché per loro non è possibile vaccinazione. Dopo l’articolo sulla rivista Lancet sono stati fatti una serie di studi e ricerche che hanno smentito tutto Nel 1999 furono analizzati 500 bambini autistici inglesi, vaccinati e non. La percentuale di autistici tra i casi (vaccinati) e i controlli (non vaccinati) era assolutamente sovrapponibile e non c’erano segni di danni intestinali nei vaccinati. Il New England Journal of Medicine pubblicò un articolo nel 2002 in cui vengono analizzati con gli stessi criteri oltre 500.000 bambini. I risultati furono identici, ma il caso più emblematico fu quello del giappone. Il Ministe32


ARTIM MAGAZINE

33


l’autismo è a eziologia ancora sconosciuta, anche se si pensa che difetti genetici nella trasmissione del segnale nervoso possano predisporre alla malattia, ma non causarla. Si pensa, infatti, che l’autismo sia una delle “malattie multifattoriali”, di cui un esempio calzante è il diabete tipo2. In queste malattie, una mutazione genetica predisponente

ro della Salute giapponese per precauzione sospese la trivalente per 15 anni. Se le affermazioni di Wakefield fossero state vere, l’incidenza dell’autismo avrebbe dovuto essere nettamente inferiore nel corso di quel decennio e mezzo, invece restò costante. A dimostrazione della falsità dello studio wakefieldiano, devo precisare che purtroppo nel 2014

34


si associa a fattori ambientali (stile di vita, ambiente inquinato; nel caso dell’autismo anche la situazione familiare), né la componente genetica né fattori esterni possono da soli determinare la malattia, bensì c’è bisogno d’interazione geni/ambiente. Nel 2010, tenendo conto del fatto che nessun gruppo di ricerca a livello mondiale aveva mai confermato i risultati di Wakefield, l’Organizzazionemondiale della sanità (OMS) ha ufficialmente dichiarato che nessun vaccino è in grado di provocare autismo. I collaboratori di Wakefield, si resero conto che i dati erano stati modificati a fine di frode, così firmarono la completa smentita dell’articolo, che non risulta più negli archivi della rivista Lancet. La magistratura inglese ha inoltre investigato scoprendo che: Tre dei bambini dichiarati autistici da Wakefield non avevano mai avuto la diagnosi di tale malattia. Cinque dei dodici bambini vaccinati avevano disturbi psichiatrici pregressi alla vaccinazione. In nove casi i risultati degli esami istologici non mostrarono alcuna modifica delle cellule intestinali che giustificasse un’infiammazione o un danno. Tali reperti furono cambiati da Wakefield in colite aspecifica che è un’infiammazione banale, passeggera e, tutto sommato, incapace di arrecare danni permanenti. Anche se ciò fosse stato vero, le cause della colite possono essere diverse: intossicazione, infezione batterica o virale,malattia autoimmune etc…. Lo studio fu finanziato con l’intento premeditato della frode. Wakefield ricevette enormi somme di denaro per giungere deliberatamente alle sue conclusioni (circa 800.000 sterline escluso il costo della ricerca in sé, che fu finanziata a parte.). Il dottor Wakefield in sostanza fu cofondatore dell’azienda che distribuiva i vaccini singoli gettando fango contemporaneamente sulla trivalente. Tutto è bene ciò che finisce bene: Wakefield è stato radiato dall’albo dei medici inglesi. Il problema è che la sospensione del vaccino ha fatto sì che l’insorgenza del morbillo sia

in forte aumento, con tutte le conseguenze sanitarie e socio-economiche che questo comporta. Negli anni 70’ infatti si era vicinissimi all’eradicazione completa del morbillo. Le vaccinazioni sono state in grado di eliminare per sempre il vaiolo e questo sarebbe stato un traguardo medico altrettanto importante, invece negli ultimi due decenni l’incidenza del morbillo e in generale delle malattie infettive virali è in forte aumento. I bambini che ricorrono all’ospedalizzazione sono un focolaio attivo e pericolosissimo per altri pazienti ospedalizzati, che spesso sono immunodepressi e quindi a forte rischio. I costi della sanità inoltre lievitano, negli USA non è raro dover ricorrere alla chiusura più o meno prolungata di asili e scuole, dal momento che l’alta percentuale di non vaccinati aumenta il rischio di epidemie. Ultimo, ma non meno importante, assisteremo nel futuro prossimo ad un aumento, difficilmente arginabile, della panencefalite subacuta sclerosante, poiché non disponiamo di una cura. Le vaccinazioni sono l’arma migliore contro molte patologie altrimenti invalidanti e difficilmente curabili. I batteri e virus patogeni sono pericolosi e molto più numerosi di noi. Se i complotti e le false credenze si diffondono troppo rischiamo di scendere in campo sempre più disarmati. La vaccinazione è spesso la soluzione migliore rispetto a una malattia seguita da una lunga, complessa, costosa e non del tutto efficace cura. Questo è un dato di fatto, che nessuna frode scientifica potrà cambiare.

35


Il nome del paese proviene chiaramente dal termine latino Taurus (toro, bue), foneticamente modificatosi in Taurasos, Taurasia, Taurasi. La presenza dell’uomo sul territorio di Taurasi risale al III° millennio a. C., periodo Eneolitico. Lo testimoniano il ritrovamento di una capanna e numerosi altri reperti venuti alla luce in Contrada S. Martino tra 1993 e 1995. Bisogna, poi, arrivare al 294 a. C. per sentire parlare di un’antica città osca, Taurasia, che fu distrutta dal Console Scipione Barbato durante le guerre sannitiche; da questa città prese nome il nostro paese, che sorge sul versante orientale del fiume Calore. Nel 273 a. C., nei Campi Taurasini, le legioni del Console M. Curio Dentato sconfissero l’esercito di Pirro, Re dell’Epiro. Nel 180 a. C. in queste zone sarebbero stati tradotti dalle loro regioni i Liguri Bebiani e Corneliani, dopo essere stati sconfitti dalle truppe romane. I ritrovamenti sia dell’800 che del nostro secolo sono riconducibili alla presenza nel territorio taurasino di estese ville rustiche a produzione schiavistica, la cui frequentazione è attestata dalla tarda età repubblicana (I sec. a. C.) alla tarda età imperiale (III – IV sec. d. C.). All’epoca augustea Taurasi rappresentava un fortilizio, che garantiva la sicurezza delle vie di comunicazione interne, nelle prossimità della Via Appia e dove partiva la via Herdonitana che conduceva in Apulia (Puglia, NdR). Questi stanziamenti agricoli facevano parte dei possedimenti di Livia Drusa, moglie dell’Imperatore Cesare Augusto. L’antica Aeclanum (l’odierna Mirabella Eclano) costituiva un centro commerciale, Taurasi ne era l’entroterra agricolo. In questa epoca fu importato il vitigno “Ellenicum”, divenuto, poi, l’aglianico che, oggi, costituisce il pregio e il vanto della nostra cittadina. Le località, da cui provengono gran parte dei ritrovamenti archeologici effettuati fra il 1790 e la seconda metà del ‘900, sono Trignara, Piano d’Angelo, Covante, Bosco, Isca, Pisano, S. Arcangelo e S. Pietro. Con la decadenza dell’Impero, Taurasi conobbe un regresso economico, che ne sminuì l’importanza. Nell’Alto Medioevo ritrovò la sua funzione di fortezza, posta a difesa della valle del fiume Calore. Nel corso del V secolo il Vescovo Marciano di Frigento ripulì Taurasi dall’eresia ariana e vi consolidò la dottrina cattolica. Secondo la tradizione, San Marciano è morto il 14 giugno 496 d. C. In epoca longobarda il perimetro della città fu circondato dalle mura, ancora oggi in parte esistenti. Le vie di accesso al centro storico oggi sono Porta Maggiore, 36

TAURAS

ALCUNI CEN


SI:

NNI STORICI

Taurasi: ieri, oggi e domani

Porta S. Angelo e Porta Piccola. E’ indubbiamente di costruzione longobarda la terza Porta del paese, sita in fondo all’attuale Vico Regina. La struttura della Torre - oggi mozza – e la forma della “pusterla” ci testimoniano che questo monumento costituisce l’ultima traccia, quasi intatta, del periodo longobardo. In seguito, Taurasi fu invasa e distrutta dai Saraceni (910, 995); divenne terra di dominio dei Normanni, che vi costruirono il castello. Fu, di nuovo, occupata e distrutta nell’anno 1461 da Consalvo il Conquistatore. Il maniero fu trasformato in palazzo baronale dalla famiglia Gesualdo e dai Latilla, che per trentamila ducati comprarono il castello e il titolo di Marchesi di Taurasi. Antonio Latilla (1800) fu l’ultimo marchese del luogo fino all’eversione della feudalità. L’attuale Taurasi ha costituito una fortezza fino alla seconda metà del XVIII secolo, allorquando il Re Carlo di Borbone ne decise lo sventramento parziale, onde evitare rivolte della nobiltà contro la Corona. Fu sventrato, così, il Vico Biancolino e furono abbattute le mura che chiudevano tutti i vicoli che si protendevano verso il burrone. Lo sventramento del Vico Biancolino significò la fine dell’utilità del fossato, di cui è rimasto il ricordo: Via Fossi è oggi Via Belvedere. Con l’avvento di Gioacchino Murat (1808), il Comune di Taurasi fu aggregato alla circoscrizione di Mirabella. I moti rivoluzionari del 1820 e quelli del 1848 videro nostri cittadini iscritti alla Carboneria e, poi, alla Giovine Italia. Nel 1860 i liberali di Taurasi insorsero contro i rappresentanti della vecchia dinastia borbonica. Il 7 novembre di quell’anno il popolo di Taurasi votò l’annessione al Regno d’Italia e, per l’occasione, il Largo della Croce prese il nome di Piazza Plebiscito. Con l’applicazione, nell’ ex Regno delle Due Sicilie, delle Leggi “Siccardi” (leggi di separazione fra Stato e Chiesa, 1850, NdR), i monaci del Convento del S.S. Rosario furono espropriati dei loro beni. Il convento divenne da allora il municipio. La chiesa divenne di proprietà comunale e rimase aperta al culto e lo è ancora oggi. Brano tratto da: A. Panzone, Novecento. Pagine taurasine, 2001.

37


38


39


LA LUNA E’ STATA


SEMPRE Lì?

“... Lo so bene! - esclamò il vecchio Qfwfq - voi non ve ne potete ricordare ma io sì. L’avevamo sempre addosso, la Luna, smisurata: quand’era il plenilunio – notti chiare come di giorno, ma d’una luce color burro - pareva che ci schiacciasse; quand’era luna nuova rotolava per il cielo come un nero ombrello portato dal vento; e a luna crescente veniva avanti a corna così basse che pareva lì lì per infilzare la cresta d’un promontorio e restarci ancorata. Ma tutto il meccanismo delle fasi andava diversamente che oggigiorno: per via che le distanze dal Sole era diverse, e le orbite, e l’inclinazione non ricordo di che cosa; eclissi poi, con Terra e Luna così appiccicate, ce n’erano tutti i momenti: figuriamoci se quelle due bestione non trovavano modo di farsi continuamente ombra a vicenda...” Questo breve passo di Calvino potrebbe far sorgere una domanda apparentemente semplice: la Luna è stata sempre alla stessa distanza dalla Terra? Lo sarà sempre? Le riposte a queste domande non sono per niente banali e sono il pane quotidiano dei ‘dinamici stellari’. Il giochino da svolgere è più o meno questo: ci fanno entrare in un bar e ci mostrano un tavolo da biliardo dove vediamo le tre biglie sul tappeto verde dopo che il primo giocatore ha effettuato il primo tiro. Ora possiamo chiederci: sappiamo ricostruire a posteriori come sono arrivate in quella posizione le biglie? Ovvero sappiamo ricostruire la traiettoria di un tiro senza averlo effettivamente visto? Se siamo a conoscenza delle regole del biliardo, dovremmo conoscere la posizione da dove è partito il primo tiro e in che modo si è più o meno svolto, tenendo conto per esempio del ruolo che potrebbe avere il pallino, dell’effetto, della forza applicata dal giocatore ma anche a che temperatura è il panno verde del tavolo. Trasportiamo questo ragionamento nel cielo. La forza che fa muovere il tutto è la forza di gravità, ma come interagiscono le nostre ‘biglie celesti’ è più complesso perché: le biglie non sono solo tre, come nel caso del biliardo, ma sono gli 8 pianeti del sistema solare più le corrispettive lune; non sono di dimensioni uguali ma ogni pianeta e ogni luna del sistema solare ha una grandezza (massa) diversa; invece del tavolo verde c’è il vuoto e la distanza tra ogni pianeta cambia. Dopo vari studi, il problema in questione è stato definito irrisolvibile – “problema a n-corpi”* - e si riescono a fare solo delle ottime approssimazioni (il “problema dei due corpi” * ha delle fondamenta matematico- fisiche rigorose). Centinaia di migliaia di anni fa, la Luna, secondo alcune teorie, doveva essere molto più vicina alla Terra e si è allontanata da noi di un qualcosa di impercettibile ogni anno fino a farla posizionare nell’orbita attuale; ma ancora non si riesce a dire se la perderemo o no. Mi spiego meglio: prendendo ad esempio le due Lune di Marte, Pho-


bos e Deimos, sappiamo che avranno un destino molto particolare: una tenderà a cadere sul pianeta rosso e l’altra si allontanerà definitivamente, slegandosi gravitazionalmente dal suo pianeta. Morale: in un futuro molto lontano, insomma, è probabile che gli innamorati avranno bisogno di un altro simbolo sotto cui promettersi romanticherie, i lupi mannari, ahinoi, non si trasformeranno più e gli scrittori dovranno individuare un’altra fonte di ispirazione! Brano tratto da: “La distanza della Luna” in Italo Calvino, Le cosmicomiche, Torino, Einaudi, 1965. di Giovanni Pirone

* Postille Problema n-corpi: problema teorico matematico-fisico in cui, dato un numero qualsiasi di oggetti stellari, i “corpi”, (lune, pianeti, stelle, galassie) nel vuoto, dato un certo tempo, sotto l’effetto della gravità riesco a conoscerne la posizione. Problema dei 2 corpi: stesso problema di prima, ma stavolta i corpi sono due e, di solito, si utilizza per calcolare le orbite di pianeti intorno alle stelle; seppure con molte approssimazioni, è molto utile per ricostruire la dinamica stellare.

42


43


UN OMAGGIO AD 44


Una delle menti più brillanti della storia fu Alan Turing, matematico britannico che ha influenzato fortemente la nascita dell'informatica agli inizi del ventesimo secolo. Grande estimatore, fra l'altro, della favola di Biancaneve. Durante la seconda guerra mondiale, grazie ai suoi studi fu sviluppata la macchina inglese che decifrava i messaggi in codice di "Enigma", macchina tedesca utilizzata dall'esercito per cifrare gli ordini da trasmettere. Nel 1952 Turing si rivolse alle autorità per denunciare un furto e lo processarono perché omosessuale. Non si difese, disse semplicemente che gli piaceva scopare e non ci trovava nulla di male. Fu castrato chimicamente e, come diretta conseguenza, vide decrescere esponenzialmente la sua libido e gli cominciò a crescere il seno. Muore suicida nel 1954, mordendo una mela imbottita di cianuro. Nel 2009, in seguito ad una mobilitazione in rete, il Regno Unito si scusa ufficialmente dicendo che a quei tempi era normale. Non è ben chiaro se un noto marchio sia stato disegnato in suo onore:

Ha ideato la "Macchina di Turing". In informatica è molto importante, basti pensare che se un problema non è risolvibile con questa macchina, non è risolvibile con alcun sistema di calcolo noto all'uomo. Nel campo dell'intelligenza artificiale, è celeberrimo il suo "Test di Turing". Ci sono varie descrizioni equivalenti del test, ma Turing, nel suo articolo originale, prende spunto dal "gioco dell'imitazione": un uomo e una donna chattano con un terzo tizio. L'uomo fa credere di essere una donna. Il tizio vince se riesce a capire chi è la donna. Durante il test di Turing, si sostituisce l'uomo con una macchina. Se il terzo tizio non si accorge di niente e la sua percentuale di successi si mantiene simile scambiando l'uomo e la macchina, il test è superato e la macchina viene definita "intelligente", nel senso che è indistinguibile da un essere umano. [ http://it.wikipedia.org/wiki/Test_di_Turing#Descrizione ] L'8 giugno l'università di Reading ha annunciato di avere sviluppato un software che ha superato il test di fronte alla Royal Society. Qualcuno sostiene che l'esperimento sia falsato. Diatriba di poco conto: è accademia. [ http://www.reading.ac.uk/news-and-events/releases/PR583836.aspx ] Dal 1966 esiste un premio che porta il suo nome: il "Premio Turing", assegnato dall'ACM (Association for Computing Machinery)

ALAN TURING 45

di Rocco Martino


Programmare è creare Sono un programmatore, quindi potrei scrivervi di tecnologia, spiegarvi la differenza tra software libero, open source e software proprietario, attraverso discorsi di natura etica o filosofica. Potrei riempirvi di paranoie immaginando il modo in cui vengono gestite le vostre informazioni dal sistema operativo della Microsoft, da Skype o da Facebook; il codice non è liberamente consultabile, quindi effettivamente non so cosa fanno e non potrò mai saperlo. Potrei continuare elencando delle alternative, ma non lo farò perché chi è veramente interessato a questo argomento ha già installato Linux, isolato Skype e scelto attentamente cosa dare in pasto a Facebook; oltre al fatto che ne hanno già parlato tanti altri, se cercate bene su Google argomenti del genere vi cade l’intera rete internet addosso. Entrerò più nel dettaglio, scriverò effettivamente di programmazione. I processi di creazione software passano attraverso l’utilizzo di linguaggi di programmazione, tra i più utilizzati c’è il linguaggio Java che utilizzerò per gli esempi. Uno dei principali vantaggi che si hanno nell’imparare a programmare è di sicuro il fatto che aiuta a pensare meglio, attraverso un approccio scientifico alla risoluzione dei problemi. Seguendo il paradigma della programmazione orientata agli oggetti, cominciamo a pensare a essi passando per il concetto di Classe. Una Classe è un template, una struttura, un modello per la creazione di oggetti. Pensiamo ad un videogioco in cui, in uno schermo di 480x800 pixel, ci sia un’astronave che debba evitare degli asteroidi che cadono dallo schermo dall’alto verso il basso. Ecco, astronave e asteroidi sono oggetti rispettivamente delle Classi che noi chiameremo Astronave e Asteroide. Definiamo la Classe “Asteroide” attraverso una serie di istruzioni che diamo alla macchina. /* Ciò che segue le barre oblique è un commento // ignorato dal compilatore del nostro programma */ public class Asteroide {

/* Queste sono variabili private, // visibili solo all’interno di questa classe // La prima decidiamo di chiamarla image, // si tratta di un oggetto tipo Texture, a cui // assegnamo un oggetto appena creato in cui c’è l’immagine dell’asteroide */ private static Texture image = new Texture(“asteroide.png”);

/* Servirà un effetto sonoro se l’asteroide dovesse esplodere.. */ private static Sound explosion = new Sound(“explosion.wav”); 46


}

/* Chiamiamo quest’altra variabile “x”, // conterrà il valore dell’asse delle ascisse del // nostro asteroide appena creato nello schermo, random tra 0 e 480 */ private float x = (float) (Math.random() * 480); /* y sarà quindi il valore lungo l’asse delle ordinate. // L’asteroide deve partire dall’alto, no? // Lasse y nell’informatica è invertita, va dall’alto verso il basso, quindi: */ private float y = 0f; /* Dopo le variabili private definiamo il cosiddetto costruttore, // ovvero il metodo invocato nel momento in cui creiamo // un oggetto della classe asteroide. */ public Asteroide() { // Non ci serve definire nulla in particolare

/* A questo punto pensiamo alle cose che dovrebbe fare il nostro asteroide. // Cadere? Bene, creiamo un cosiddetto metodo per far cadere il nostro asteroide // verso il fondo dello schermo */ public void cadi() { /* All’interno del metodo vengono definite le istruzioni da compiere // Chiaramente la coordinata y deve essere incrementata // Questa istruzione non fa altro che incrementare la y di 1. */ y++; } /* Nel caso in cui entri a contatto con l’astronave dovrebbe esplodere.. */ public void esplodi() { /* Questa semplice istruzione ci mostra l’invocazione di // un metodo denominato play definito dalla classe Sound, // di cui l’oggetto explosion ne è istanza // mandando in play il file wav dell’esplosione. */ explosion.play(); } }

Spero di aver suscitato il vostro interesse per lo sconfinato mondo della programmazione. Nei prossimi articoli, vedremo come approfondire questi concetti, presentando la Classe “Astronave”. Per domande o altro potete contattarmi alla mail infoantoniocaggiano@gmail.com o su twitter: @Fahien Riferimenti: Un ottimo punto di partenza per imparare Java è il tutorial ufficiale: http://docs.oracle.com/javase/tutorial/ Come IDE (ambiente di sviluppo integrato), banalmente il programma che si utilizza per programmare, io utilizzo il fenomenale Eclipse: http://www.eclipse.org/ Non è accennato nell’articolo, tuttavia un buon framework per lo sviluppo di videogiochi è libGDX: http:// libgdx.badlogicgames.com/

di Antonio Caggiano

47


48


49


artimtaurasi.com

50


m/artim-magazine

51


52

artimtaurasi.com


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.