Artim Magazine N. 3

Page 1


“Pensa che un albero sta in un crepaccio e poi diventa vita�


editoriale

La geometria frattale studia quegli oggetti che possono essere definiti ‘autosimili’. Seguendo la definizione dell’Enciclopedia Treccani, il concetto di ’autosimilarità si riferisce alla “ripetizione della stessa struttura a tutte le scale”: una sorta di metonimia matematica che sconfigge il concetto di regolarità e il suo particolare metodo di analisi; e che prende vita proprio dall’osservazione della natura, ad esempio nello studio della struttura delle piante. Proprio l’albero, figura mitica che ha affascinato e accompagnato l’uomo da sempre (pensate a Catone e Whitman, ma anche alle migliaia e migliaia di persone che hanno partecipato alle proteste di piazza Taksim e Gezi Parki in Turchia nell’estate del 2013), nella sua struttura frattale sembra celare un segreto, tanto profondo e nascosto quanto vitale: nell’irregolarità, sia essa forma geometrica o modo di vita, esiste il dettaglio che riporta all’origine: ogni piccola parte è un sentiero, una mappa per un tutto, un monito per non dimenticare da dove si parte e dove si arriverà. Ci insegna che siamo, allo stesso tempo, uguali e diversi. Per questo abbiamo scelto emblematicamente di ricordare Edwin Chota e chi, come lui, lotta per gli alberi. L’uomo è come un albero e in ogni suo inverno levita la primavera che reca nuove foglie e nuovo vigore. (Vasco Pratolini)


sommario 8 KEEP CALM AND "CRISTO NON SI E’ FERMATO A EBOLA"

16 ANIME NERE: DAL LIBRO ALLO SCHERMO L’ETERNO CICLO DEI VINTI

28 ITALIA: IL PAESE DELLE CONTRADDIZIONI

42

38 PAROLE A CASO

50 TU NON SAI. RUBRICA FOTOGRAFICA

60 TRE INNOVAZIONI TECNOLOGICHE

STANLEY KUBRICK: UN VISIONARIO DIETRO LA MACCHINA DA PRESA

34 IL MODERNO FEUDALESIMO

CRONACA DI UNA MORTE ANNUNCIATA. LA DEFORESTAZIONE IN PERU’

22

56 ESOPIANETI: MONDI CHE NON SO

62 PROGRAMMARE E’ CREARE III

68 GOURMET: IL CIOCCOLATO, IL POMPELMO E L’INSOLITO CONNUBIO

redazione

Direttore editoriale Miki Coluccia _redazione.artimmagazine@gmail.com Editor Eugenio Panzone | Nico V | Isabella Ventura Designer Leo Zelig | Inagoramorando Front&Back Michele De Matteis Marketing&Comunicazione Nico V

hanno scritto: Federica Del Deo, Miryam Pettinato, Marciano Santosuosso, Francesco Scaparrotta, Rocco Martino, Fabio Mainardi, Artim, Giovanni Pirone, Raffaele Panzone, Antonio Caggiano, Antonio Cannavacciuolo. attribution:

NIAID, Pil56, Stanley Kubrick photographer LOOK Magazine Photograph Collection, Library of Congress, Prints & Photographs Division, swanksalot, Nicola since 1972, Marcellodende, Paolos, DieselDemon, giuseppesavo, Finanzer, Zeana, NASAblueshift, nicksieger, media.inaf, LaVladina, CIAT International Center for Tropical Agriculture.



UN OMAGGIO ALL’ARTIM MAGAZINE DA PARTE DI UN NOSTRO LETTORE FIRMATO: Vive.


Il Magazine Son restato sopraffatto

Come se ne fossi il gestore

Alla notizia del fatto,

Ed è interessante la sua lettura

Ma rimango esterrefatto

Dalla scienza alla letteratura.

Davanti a questo “manufatto”

Auguro agli autori

Che mi sembra proprio benfatto.

Un futuro da untori

Scritto, impaginato e pubblicato

Per far proseliti tra scrittori,

Da un gruppo alquanto variegato.

O redattori, o narratori

Agli artefici va il mio plauso

O, semplici, autori in embrione

Che non è un mero applauso

Ma con una autentica passione;

Ma li sproni ad andare avanti,

Perché anche questa è arte

Come Ulisse1 ai suoi naviganti,

E non va messa da parte,

A cercar temi e argomenti

Anzi, è l’ARTE In Movimento.

Novità e ragionamenti.

Io … quasi, quasi, mi cimento.

L’iniziativa è di gran spessore Ed ha un intrinseco valore. Si può sfogliare a tutte le ore

Dante: Inferno, Canto XXVI (“O frati”, dissi, “che per cento milia ... ma per seguir virtute e canoscenza”) 1

1


KEEP CALM A NON SI E’ FERM

Perchè esistono malattie virali che preoccup


pano molto meno, ma uccidono molto di pi첫.

di Federica Del Deo

AND "CRISTO MATO A EBOLA"


A Medicina, facoltà di cui mi appresto a frequentare il terzo anno, ci sono dei concetti che devi tenere a mente in modo chiaro, che devono essere parte di te per sempre, per poterti accompagnare come un mantra nella professione futura. Uno di questi dogmi, forse il primo a essere insegnato, è che gli esseri viventi si dividono in due grandi e affascinanti categorie: i Procarioti, a cui appartengono - tra gli altri - i batteri, e gli Eucarioti, tra cui annoveriamo i mammiferi, di conseguenza la razza umana. Mi sono presentata all'esame di Microbiologia e Immunologia il 7 luglio scorso; dovevo sostenere la parte orale con un professore di quelli che hanno la fama di essere sadici e davvero tosti. Di conseguenza ero pronta a tutto, anche a una di quelle domande cattive, a trabocchetto, perfide. Ero pronta a tutto, tranne alla domanda che mi avrebbe posto. Il quesito mi ha colpita e lasciata spiazzata, come un piccolo vetro su un pavimento altrimenti liscissimo: "Signorina, i virus sono procarioti o eucarioti?" Alla mia esitazione lui ha reagito con una luce di soddisfazione negli occhi. La domanda non aveva risposta, entrambi lo sapevamo fin troppo bene. "Nessuno dei due!" mi sono affrettata a rispondere, prima che la situazione potesse complicarsi. Il problema è che non sappiamo cosa sia un virus, perchè non sappiamo neanche se questi ultimi siano esseri viventi o meno. Non lo so io, non lo sa il professore, non lo sa nemmeno il mio presuntuosissimo libro di testo scritto da genialoidi americani. "Un virus è una serie di geni costituiti da RNA e DNA, impacchettati in un rivestimento contenente proteine" afferma il mio libro1 . Questo, tradotto dal medichese, vuol dire più o meno: "Un virus è una

cosa che non si sa bene cosa sia. Ha un DNA come noi, ha un rivestimento come noi, ma non ha nucleo, citoplasma, organelli cellulari; nulla che possa definirlo a tutti gli effetti un organismo vivente". Il professore si è limitato ad apostrofarmi simpaticamente con: "Signorina, ha ragione, i virus sono trans!" e siamo passati oltre. L'esame è andato bene e sono andata via col proposito di approfondire l'argomento e saperne di più.


Questo breve, ma non brevissimo, incipit mi serviva per introdurvi l'argomento: la lotta all'Ebola; pelìde Achille che sta adducendo lutti alle popolazioni Africane - mentre scrivo circa 3500 - e che un po' tutti temiamo possa prima o poi raggiungerci (secondo il bollettino dell’Oms2 dell’ottobre 2014 appena i casi accertati sono 10.141, con 4.922 morti. Ndr). Più in generale vorrei spiegare perchè è così difficile lottare contro i virus e

cosa li rende così pericolosi. E' facile durante ogni epidemia puntare il dito contro i medici e dire: "Forza, muovetevi a trovare una cura! Avete studiato tanto ed è vostro dovere aiutarci!". Devo spezzare una lancia a favore dei Troiani che in questo momento stanno lottando contro il nostro ‘Achille-Ebola’. E' uno sforzo sovrumano lottare contro un nemico che non si conosce. Le grandi epidemie del passato erano batteriche, a oggi gli antibiotici sono in grado di arginarle bene, ma le armi le abbiamo avute solo negli ultimi cento anni, grazie a un certo Pasteur che ha scoperto (non inventato!) la penicillina. Nel medioevo si moriva di peste, tubercolosi, sifilide, colera; tutti batteri che oggi conosciamo bene e che possiamo sconfiggere in diversi modi: prevenzione, vaccini, terapie antibiotiche. I batteri sanno a volte essere pacifici e convivere con noi per trarne mutuo vantaggio. I virus, invece, hanno una filosofia tutta loro, della serie "veni, vidi, sfruttai", perchè non possiedono le capacità di vivere autonomamente. Si servono di noi per potersi riprodurre. I farmaci antivirali spesso falliscono, perchè danneggiano anche il nostro organismo che controvoglia diventa complice del virus che ci ha infettati. Se le parole SARS, influenza spagnola, influenza aviaria, influenza suina, HIV, Ebola non vi suonano nuove, sappiate che queste malattie orfane di una vera e propria cura sono tutte malattie virali. Oggi di AIDS si muore come cinquecento anni fa si moriva di peste: 35 milioni di morti ogni anno parlano chiaro, al confronto Ebola sembra un virus quasi innocuo. Le grandi epidemie del presente sono epidemie virali e questa è una sfida medica enorme. Perchè? Perchè i virus, oltre a essere dei gran rom-

M E D I C I N A


piscatole, hanno la pessima abitudine di mutare. Mutano in base alle condizioni dell'organismo che infettano, mutano se scambiano materiale genetico con un altro virus, mutano spontaneamente perchè usando i nostri enzimi nel copiare il loro DNA commettono centinaia di errori. Questo rende la ricerca dei vaccini difficile se non in alcuni casi impossibile con le conoscenze attuali; due esempi su tutti sono proprio HIV e il virus dell'epatite C. Un vaccino antinfluenzale, infatti, dura solo un anno, perchè nel tempo che intercorre tra un inverno e l'altro l'orthomyxovirus A, per gli amici virus influenzale, è mutato a tal punto che il nostro sistema immunitario non lo riconosce più e deve ricominciare tutto dal principio. La natura ci ha fornito già qualche freccia per colpire i batteri: le penicilline derivate dai funghi. L'uomo le ha modificate e potenziate, ma partendo da una molecola naturale efficacissima. La ricerca sui farmaci antivirali è viva e impegnata, ma siamo in questo caso costretti a costruire tutto ex novo, senza aiuti esterni. I virus a differenza dei batteri non crescono in laboratorio spontaneamente , ma devono essere inseriti in cellule umane, di cane o di scimmia, allungando e complicando così gli studi. E' difficile, è pericoloso, ma non vuol dire che ci siamo arresi. Io non mi sono arresa, anzi non vedo l'ora di cominciare. Ho vissuto solo un paio di decadi, ma ho visto abbastanza boom mediatici riguardanti epidemie

La ricerca sui farmaci antivirali è viva e impegnata, ma siamo in questo caso costretti a costruire tutto ex novo, senza aiuti esterni. che avrebbero dovuto sterminare la razza umana e che invece si sono rivelate molto meno mortali del previsto. La mia mente corre veloce alla SARS, che sembrava pronta a decimare la popolazione asiatica nel 2002. Ancora prima, alla fine degli anni Novanta, i miei incubi di bambina riguardavano la paura di morire per la “mucca pazza”. Non ho dimenticato l’aviaria e ricordo il coraggio con cui andai in viaggio studio in Inghilterra nel 2009, proprio quando imperversava l’epidemia di suina nel Regno Unito. Armata di mascherina e tamiflu, tra l’altro costosissimo e irreperibile, mi avventurai nell’occhio del ciclone…E sono qui a raccontarlo. Per dare qualche numero interessante, in Inghilterra si registrarono 100.000 casi sui 482.000 mondiali confermati e 14 decessi. Una mortalità, quindi, solo dello 0,00014 % e pensare che l’Inghilterra fu il paese più colpito in assoluto, con un quinto dei casi totali, e io ero proprio lì, testimone, a dire dei miei genitori scellerata, della “pandemia”. In media la mortalità mondiale della suina si attestò su uno 0,02 %, dieci volte inferiore a quella dell’influenza normale, 0,2 %2.


Una cellula umana al microscopio ottico a sinistra ed elettronico a destra. Quello elettronico mette in evidenza tutte quelle strutture che permettono a una cellula di essere considerata "vivente" : DNA, nucleo, membrana nucleare, organelli, ecc. In basso ebolavoirus al microscopio elettronico. Penso siano evidenti le differenze di complessità strutturale, davvero minima per quanto riguarda il virus. Anche il contenuto in organuli é pressocchè inesistente in quest'ultimo. Di tutti gli elementi sopra citati, è presente solo l'RNA, ma in quantità minime. Furono acquistate un milione di dosi di vaccino dal Ministero della sanità italiano ma, nonostante la campagna si rivelasse un flop, si registrarono solo 6.000 decessi accertati in tutto il mondo per influenza suina, contro un totale previsto di 10 milioni. Numeri esigui, se si considera che ogni anno globalmente muoiono di “normale” influenza circa 30.000 persone, un numero cinque volte maggiore! Puntualmente scoppia un’epidemia mal conosciuta e la ricerca spinge verso una risoluzione, ma ancor prima che la diffusione possa essere devastante la profilassi e, perché no, l’ipocondria della popolazione, contribuiscono a limitare definitivamente questi focolai, che spesso finiscono in una bolla di sapone. Spero viva-

mente di non essere smentita in questa occasione. Il virus Ebola è arrivato in Europa e in America del Nord, ma come tutti i giornali e telegiornali avranno già detto, la diffusione è limitata dall'altissima mortalità, dalle particolari caratteristiche di contagio e da altre sottigliezze medichesi che spero avrete la pazienza di leggere. In poche parole, il contagio può avvenire solo in un determinato lasso di tempo di circa due settimane a partire dall’inizio dei sintomi, non dal primo contatto, e solo tramite fluidi biologici (sangue, sperma, ecc.); non si trasmette con l’aria come il raffreddore e generalmente, chi si ammala muore prima di poter contagiare altre persone in numero elevato. Si è contagiosi durante il periodo di maggiore sintomaticità della malattia, in


a conoscenza della propria malattia e contagiare decine di partner sessuali nel corso della sua vita. Di AIDS si muore. Una donna che contrae infezione sessuale da HPV può non avere sintomi, ma sviluppare un cancro alla cervice uterina, potenzialmente mortale come tutti i tumori. Un tatuatore o un piercer possono infettare i clienti con l'epatite C, a decorso lungo e debilitante. Di epatite C si muore. Un bambino con l'influenza può infettare decine e centinaia di persone. Bambini debilitati, anziani e persone con patologie pregresse muoiono di influenza (circa 9.000 all'anno solo in Italia, 30.000 nel mondo). I neonati possono morire del banale Herpes virus. Non dobbiamo vivere con la paura di Ebola, perchè altrimenti dovremmo vivere con la paura di tutti gli altri virus, molto più vicini ma altrettanto sconosciuti e pericolosi.

cui il paziente è altamente febbricitante e ha continue emorragie. E’ difficile, se non quasi impossibile, che un individuo in tali condizioni sia in grado di viaggiare, ed è abbastanza difficile che riceva visite o viva in comunità, rischiando di contagiare un alto numero di persone. Non a caso, i “pazienti zero”, sia americani che europei, erano paramedici o volontari, quindi a stretto contatto con i malati (ndr. Il ‘paziente zero’ è il primo paziente individuato nel campione della popolazione di un'indagine epidemiologica). Non a caso la malattia è uscita dall’Africa perché questi pazienti sono stati rimpatriati dai propri governi per ricevere cure migliori, difficilemente si sarebbero potuti muovere autonomamente. Non ho ragioni particolari per preoccuparmi di Ebola come pandemia rischiosa per tutta la popolazione mondiale, pur considerandola una malattia gravissima. Non a caso Ebola è solo l’ultima delle cause di morte in Africa dopo Hiv, infezioni polmonari, diarrea, malaria, infarto, problemi durante il parto, e altro ancora. Ho ragioni particolari, invece, per preoccuparmi di HIV, del Papilloma virus (HPV), dell'epatite C e dell'influenza. Un sieropositivo per HIV può non essere

Fonti: 1 A cura di Favalli, Landolfo, Oliva, Palu'; Sherris, Microbiologia Medica, ed 2014, EMSI editore. 2 Wikipedia, l’enceclopedia libera, it.wikipedia.org/wiki/Pandemia_influenzale_del_2009

14



ANIME NERE

L E T T E R A T U R A

di Myriam Pettinato

DAL LIBRO ALLO SCHERMO L’ETERNO CICLO DEI VINTI


Nel 2008, con un anno di anticipo rispetto all’ “Educazione siberiana” di Nicolai Lilin (Einaudi), l’editore Rubbettino ha pubblicato il romanzo che, per molti aspetti, lo anticipa: l’esordio narrativo dell’avvocato africese Gioacchino Criaco, Anime nere, al quale si è liberamente ispirato Francesco Munzi per il film omonimo, presentato e ottimamente accolto alla 71ma Mostra del cinema di Venezia. Così come Lilin ci ha raccontato i paradossi di quella ‘terra di nessuno’ siberiana che è la Transinistria – Stato mai riconosciuto, nato dalle deportazioni di criminali e dissidenti dall’ex-Unione Sovietica – con i suoi riti, le sue icone e tutti i valori deducibili dall’ossimoro “criminale onesto” che ricorre nel testo insieme allo sforzo di illustrare e serbare il ricordo di una realtà socio-culturale sconosciuta e ormai scalzata dal consumismo e da quella vaga bramosia pel benes-

sere di verghiana memoria, Gioacchino Criaco ha voluto raccontare la ‘terra di nessuno’ calabrese, che si estende nella Locride, in Aspromonte, già nota come zona di pastori e di sequestri, e detiene oggi il record della più alta densità mafiosa d’Italia. E se Nicolai Lilin è stato “criminale onesto” prima e soldato mandato a combattere in Cecenia poi, Gioacchino Criaco è nato e cresciuto in una famiglia al di fuori degli schemi e delle leggi: padre ucciso in una faida, fratello considerato uno dei “trenta latitanti più pericolosi d’Italia” e oggi in carcere in regime di 41bis. Così come lo scrittore siberiano al suo esordio, come qualunque autore coloniale o post-coloniale che tenti di affermare l’esistenza di un mondo altro rispetto a quello riconosciuto dalla cultura ufficiale e legittimato dal potere, lo scrittore di Africo racconta, descrive, denomina, spiega, con l’obiettivo di

ricostruire letterariamente una realtà amara, capace di infangare il buon nome di un paese che nonostante tutto ama definirsi civile. Una realtà scomoda non solo nel suo volto malavitoso, ma anche perché in essa persiste – dal 1861 a oggi –, e palese, l’origine prima e mai sradicata della criminalità diffusa e organizzata: miseria, degrado, assenza delle istituzioni (leggasi: scuole, ospedali, presidi di sicurezza), corruzione, sopruso e impunità. Tutto comincia, per i caprai, con i sequestri di persona con cui negli anni Ottanta si rimpinguavano le casse dei pungiuti – i membri delle ’ndrine calabresi di origine borbonica mantenute per comodità anche dallo Stato post-unitario – ma tutto cambia quando i giovani protagonisti del romanzo, figli di pastori e non pastori essi stessi, cominciano a desiderare una vita diversa per sé e per le proprie famiglie, più simile a quella dei signorotti locali i

Gioacchino Criaco ha voluto raccontare la ‘terra di nessuno’ calabrese, che si estende nella Locride, in Aspromonte, già nota come zona di pastori e di sequestri, e detiene oggi il record della più alta densità mafiosa d’Italia.


quali, notoriamente, occupano le posizioni più ambite non per merito, ma perché ben inseriti nel sistema dei favori. Iniziano quindi con le rapine, via via sempre più ingenti, passando in seguito al lucroso mercato della droga, eroina prima e cocaina poi, inserendosi nella modernissima e civilissima Milano, lontana anni luce dai capretti sgozzati e scuoiati, dalla spiritualità quasi animista che li pervadeva quando abitavano i boschi. Qui tornano, in un andirivieni tra passato e presente, per riprendere le fila della memoria, ripeterne i gesti arcaici, o per vendicarsi, ormai forti e potenti, degli uomini d’onore coi quali non si identificano del tutto. Gioacchino Ciriaco ha portato all’attenzione del lettore una regione che ormai da decenni

pare non aver più nulla da dire o da raccontare (con l’eccezione di Carmine Abate) e che si consola delle cronache di mafia con i brand commerciali tutto mare da cartolina e peperoncino. Il suo Anime nere ha il merito di far emergere (almeno in nuce) il paradosso attuale di un Paese – e non della regione soltanto, che ne è, semmai, la cartina tornasole – il quale serba in sé il massimo della modernità (siamo o non siamo tra i G8?) e dell’arcaicità, dove non è sempre facile distinguere tra Stato e anti-Stato e dove troppo spesso l’amore familiare si trasforma in familismo amorale. Il voler raccontare la mutazione antropologica dell’umile pastore che, dalla sopravvivenza tra i boschi, passa a trafficare droga e a ordire complotti internazionali, si è tuttavia rivelata materia

troppo complessa e i fili della trama troppo numerosi e vari per l’inesperienza di un esordiente. Allo stesso modo, trattare un soggetto così vicino e conosciuto intimamente non aiuta a trovare una misura stilistica adeguata a un “romanzo criminale” quale vorrebbe forse essere. Così, dove prevale il paesaggio dell’Aspromonte e il mondo pastorale che lo abita, dove spiccano i buoni sentimenti di criminali che, con Lilin, potremmo definire “onesti”, il tono scivola spesso nel patetico, mentre riesce difficile raccapezzarsi nel susseguirsi dei personaggi e degli illeciti che popolano confusamente l’ultima parte del romanzo, a volte davvero poco credibili. Senza contare, poi, la scarsa caratterizzazione dei personaggi – in primo luogo femminili – che la narra-

Il suo Anime nere ha il merito di far emergere (almeno in nuce) il paradosso attuale di un Paese – e non della regione soltanto, che ne è, semmai, la cartina tornasole – il quale serba in sé il massimo della modernità (siamo o non siamo tra i G8?) e dell’arcaicità, dove non è sempre facile distinguere tra Stato e anti-Stato e dove troppo spesso l’amore familiare si trasforma in familismo amorale.


zione in prima persona non riesce a far sollevare dalla pagina su cui rimangono schiacciati. Che Gioacchino Ciriaco abbia scritto il libro in quattro giorni, come ammette candidamente in un’intervista alla Stampa del 17 settembre, insomma, ha avuto le sue conseguenze. Come pure il non essersi potuto avvalere degli editor Einaudi che hanno, invece, confezionato i libri di Lilin. Bene ha fatto, dunque, Francesco Munzi – che per realizzare il film ha impiegato tre anni (Stefania Ulivi, A Venezia Anime nere di Munzi, il primo film girato ad Africo, Corriere.it) – a ridurre all’essenziale

l’intera vicenda per massimizzarne, viceversa, la significatività. Non a caso, la critica si è ritrovata pressoché unanime nell’accostare il film a una tragedia greca: pochi gli elementi che identificano i tre fratelli protagonisti (Luigi il trafficante di droga, lo ’ndranghetista; Rocco l’imprenditore che sfrutta il lavoro nero e ricicla il denaro sporco; Luciano rimasto pastore ad Africo); stringati i dialoghi in dialetto (con sottotitoli); sempre necessarie le ambientazioni – dai boschi ai grattacieli di Milano, dagli interni sovrabbondanti delle case agli ovili – tinte di drammatici chiaroscuri; splendido 19

il coro delle donne che non partecipa delle azioni ma le accompagna, dando valore ai silenzi, conferendo maggiore espressività alle immagini che si susseguono rigorose, impeccabili. Con il distacco che sostiene la volontà di capire e con il piglio d’Autore che sono mancati allo scrittore, Francesco Munzi ha portato in scena il dramma dei tre fratelli, il cui destino si compie quando la sete di vendetta e di riscatto ingenua e mal gestita di Leo, il figlio ventenne di Luciano attratto dai modi e dallo stile di vita dello zio Luigi, ne rimette in funzione il congegno impietoso e inelut-


tabile. In un crescendo di sofferenza – pathos, appunto – che porta alla consapevolezza di non poter sfuggire a un destino di morte, si chiude infine il conto aperto da un’altra morte, quella primigenia del padre Bastiano.

fia è soprattutto una montagna sommersa di bisogni individuali elementari che si è lentamente trasformata in un mostro che sfugge a qualunque controllo. Il destino dell’Italia non può essere roseo perché fin dal suo nascere come Stato unitario si è dimostrato incapace di rispondere alle esigenze di un territorio così eterogeneo per storia, cultura e tradizioni, incapace di armonizzare e rendere complementari l’interesse individuale (e familiare) e quello collettivo: incapace di rendere coesa la società nelle sue varie componenti socio-culturali (parlare di classi suonerebbe forse anacronistico) e di sanare la crepa fra tradizione e progresso. Ma per questo motivo, il film va oltre la denuncia e, nell’ottica dei vinti, ripiega sulla rassegnazione: è un film sul fato avverso contro cui non si può nulla, sul male che nasce con l’uomo e, quali che siano le sue spiegazioni sociologiche, non ha inizio e non ha fine.

La stessa consapevolezza, del resto, si agita nella mente dello spettatore, accorto quanto basta perché sappia che un destino funesto aleggia sull’Italia intera: all’Africo vecchia di cui sui monti non restano che i ruderi e il fascino di una civiltà scomparsa, si è sostituita l’Africo nuova, vicina al mare, brutta, desolata; le facciate non finite nascondono interni barocchi, se non kitsch; i ragazzi voltano le spalle ai lavori umili dei padri e bramano soldi facili; lo Stato non è altro che un sindaco, tale grazie ai voti dei mafiosi o i carabinieri che seguono un inutile protocollo. In questo, l’Anime nere di Munzi può essere considerato un film di denuncia: prima ancora che faide, traffico di droga o riciclaggio – la punta dell’iceberg – ma-

20



Stanley Kubrick

d

un vision macchina


di Marciano Santosuosso

nario dietro la a da presa


Genio, avanguardista, folle, espressionista, futurista, innovatore, controverso, perfezionista, paranoico: solo alcuni degli aggettivi attribuiti al regista che più di ogni altro ha cambiato e influenzato il mondo e il modo di fare cinema del XX secolo. In quasi quarant’anni di attività, il film-maker americano, ha partorito alcune delle principali pietre miliari del cinema moderno, scandalizzando, sconvolgendo e riscrivendo le regole della settima arte. La forza dell’immagine rappresenta il punto cardine nell’universo del Cinema di Stanley Kubrick, tanto da far diventare l’unità narrativa classica del racconto subordinata, secondaria e utile principalmente a potenziare e a esaltare l’immagine stessa. Il cineasta americano può essere considerato contemporaneamente sia autore d’avanguardia che tradizionale; il suo stile è diviso tra realista ed espressionista, in cui le immagini oltre ad assumere un’importanza predominante, sconvolgono e restano impresse indelebilmente nella mente dello spettatore. Isolato ed eccentrico, Kubrick voleva avere il controllo totale di ogni suo film, di ogni aspetto di esso e odiava qualsiasi tipo di interferenza esterna, controllando personalmente e meticolosamente (al limite della maniacalità) ogni fase realizzativa dei suoi lungometraggi, finanche la più banale. Non voleva limitazioni, doveva poter dire e mostrare nelle sue pellicole tutto quello che

24


voleva, osare e fare quello che agli altri non era permesso o non avevano il coraggio di fare; era necessario che il suo genio fosse messo in condizione di esprimersi al meglio, senza ansie di budget o di censura, né imposizioni di produzione o esigenze pubblicitarie. Chiedeva ed esigeva dai suoi attori il massimo, sottoponendoli a infinite serie di ciak e a giornate lavorative lunghissime ed estenuanti, senza orari prestabiliti né pause, ma chiunque abbia avuto la fortuna di lavorare per lui considerava questo un privilegio più che un sacrificio (basta leggere qualche intervista a Jack Nicholson o Tom Cruise per rendersene conto). Il Cinema di Kubrick non ha mai avuto limiti, in questo probabilmente risiede il segreto del più influente autore del Cinema contemporaneo. Il suo estremo perfezionismo creativo ha reso le sue creazioni uniche e inimitabili, affascinando e stregando intere generazioni. L’attualità e la qualità delle sue pellicole colpiscono e scioccano gli addetti ai lavori, e non solo, anche a distanza di quasi cinquant’anni; i suoi film rappresentano delle vere e proprie opere d’arte e mostrano l’utilizzo di invenzioni e tecniche talmente innovative da fare scuola ancora oggi nel mondo del Cinema contemporaneo. Un esempio classico può essere quello della Steadicam: questo straordinario nonchè innovativo stabilizzatore per macchine da presa, fu concepito a metà degli anni Settanta dall’operatore cinematografico americano Garrett Brown. Esso consente la realizzazione di stupefacenti riprese stabili in movimento e senza l’ausilio del dolly1, evitando che la macchina subisca scossoni o bruschi movimenti che potrebbero alterare o rovinare la qualità della ripresa cinematografica. Kubrick intuì prima di ogni altro regista le infinite potenzialità di questo stabilizzatore e, dopo averlo studiato accuratamente, decise di girare Shining (1980) adattando l’intero suo set per 1 “Il dolly è una sorta di carrello, con annessa una gru per riprese in altezza più complesse, sul quale si monta una macchina da presa o una videocamera. Necessita di binari su cui poter essere trainato da uno o più macchinisti ed oltre al peso della macchina da presa deve sopportare anche quello di un operatore”.(Fonte Wikipedia)

25

C I N E M A


l’utilizzo della Steadicam. Ne venne fuori un lavoro di qualità eccelsa, riprese e sequenze che fino ad allora non erano nemmeno lontanamente immaginabili, adesso prendevano vita sullo schermo e strabiliavano milioni e milioni di telespattatori. Nonostante una filmografia tutt’altro che sconfinata (“soltanto” 13 lungometraggi dal 1953, anno di “Paura e desiderio”, al 1999, anno di “Eyes Wide Shut”), Stanley Kubrick è riuscito, comunque, ad attraversare tutti i principali generi cinematografici, ridefinendoli e, talvolta, mutandoli completamente; col già citato “Shining”, produce l’horror definitivo che diverrà un classico del genere affiancandosi a capolavori come “Rosemary’s Baby” (1968) di Roman Polansky e “The Exorcist” (1973) di William Friedkin, mentre con “2001 Odissea nello spazio” (1968) arriva a toccare anche il genere della fantascienza, creando un insuperabile esempio di Cinema d’avanguardia per gli effetti speciali e capostipite del genere fantascientifico. Con “Full Metal Jacket” (1987), invece, il cineasta americano sposta la sua attenzione sulla guerra in Vietnam, sia come espressione della follia del mondo occidentale, ma specialmente come momento di trasformazione degli uomini in automi attraverso lavaggi di cervello e punizioni corporali; “Arancia meccanica” (1971), ancora, rappresenta uno straordinario esempio di analisi sociologica di una collettività in cui dominano violenza e frustrazione sessuale, frutti del disorientamento e dell’impossibilità di realizzare i propri desideri in un contesto sociale non

molto lontano da quello odierno. “Barry Lyndon” (1975), kolossal storico in costume, viene ricordato in particolare per la sua inarrivabile fotografia, con tutte le scene girate con luce naturale, compresi gli interni rischiarati solo da candele e lumi a olio, un qualcosa di straordinario e unico non solo per il Cinema di quegli anni; in “Lolita” (1962), il regista raccoglie spunti dalla letteratura di Vladimir Nabokov, costruendo un melodramma a tinte marcatamente erotiche che sconvolgerà i tabù dell’epoca. Grazie a “Rapina a mano armata” (1956), una delle sue prime opere (a mio avviso una vera e propria gemma nascosta della sua filmografia e poco conosciuta al grande pubblico), Kubrick arriva a toccare, perfino, il genere del gangster movies mescolato al noir, diventando un’ispirazione per pellicole ben più note come “Le iene” (1992) di Quentin Tarantino. “Eyes wide shut” (1999), infine, è il suo ultimo lungometraggio: uscito postumo dopo la morte dell’autore ma in una versione approvata da quest ultimo, la pellicola narra di un viaggio nei più remoti e oscuri segreti della mente umana. Considerato senza ombra di dubbio il suo film più complesso, moralista e misterioso, rappresenta un sunto di tutta l’eccezionale e incomparabile carriera di un regista e autore tra i più grandi e rilevanti della storia del Cinema mondiale.

26


artimtaurasi.com



ITALIA : IL PAESE DELLE

contraddizioni

farefinanza.it

di Francesco Scaparrotta


Dovremmo essere il Paese più virtuoso del mondo per via delle infinite scoperte che abbiamo fatto, eppure siamo agli ultimi posti nelle classifiche mondiali, ad esempio la World Economic Forum ci mette al 49esimo posto (su 144 Paesi analizzati) della Global Competitivness Index (GCI), classifica sulla competitivitá internazionale. Da un punto di vista economico siamo troppo fragili e poco strutturati per poter affrontare le sfide che il nuovo millennio ci impone. I paesi più avanzati stanno studiando modi per velocizzare la trasmissione dei dati, le reti libere e sistemi vari per poter facilitare, a costo zero, l’economia del proprio Paese, mentre noi lottiamo ancora con realtà che arrancano con l’ADSL. I cugini finlandesi, danesi, norvegesi, svizzeri e molti altri hanno sistemi per la trasmissione di dati sanitari talmente efficienti e funzionanti che non serve più una ricetta cartacea per un medicinale e nemmeno ricordarsi cosa dire al nuovo specialista perchè le informazioni del paziante sono tracciate in un apposito ‘codice-dati’. Noi lottiamo con corsie di ospedali piene di degenti che a stento riescono a farsi visitare. File interminabili a sportelli che solo noi possediamo ancora. Il paradosso più grottesco riguarda la gestione delle strade. Noi paghiamo profumatamente l’autostrada. Dovrebbe farci raggiungere la meta desiderata in breve tempo, ma spesso si rimane bloccati in ingorghi su rettilinei che ancora non capisco come facciano a formarsi (eccezion fatta in caso di incidente). I paradossi sono davvero tanti. Pensate al numero dei parlamentari. L’Italia è tra i paesi con il più alto numero di parlamentari in Europa. Per non parlare di quanto li paghiamo: lo stipendio di un semplice (si fa per dire) parlamentare è quasi quanto quello (se non più) del Presidente degli Stati Uniti d’America. Abbiamo politici che non sanno cosa votano in parlamento e alcuni hanno il 96% di assenze. Ma noi li paghiamo lo stesso. E’ vero, lo ammetto…Questa è pura demagogia. Ma se nemmeno le cose più semplici funzionano come possiamo pretendere di avere ospedali all’avanguardia? Se nel nostro parlamento ci sono persone (più del 50%) indagate per concussione, evasione, e perfino per il reato peggiore, ossia per mafia, come possiamo pretendere di essere un Paese dotato di regole ferree con cittadini onesti pronti a rispettarle? Io ancora mi chiedo, come mai alla multa da 98 miliardi di euro fatta ai signori

30

dell'azzardo (slot machine & plicato uno sconto per recu milioni? Perché Equitalia non da loro? Vogliamo parlare de co? Un referendum lo aveva lo hanno reintegrato cambian provengono dalle tasche de servire a tanto altro, un esem sicurezza le nostre scuole. L miliardi, paragonabile a una proprio spiccioli. Con un semplice esempio, s sone malate inseriamo un in ammalerà di conseguenza.


& company) è stato apuperare solo 600 miseri n viene mandata anche el finanziamento pubblia cancellato, ma i politici ndogli nome. Quei soldi ei cittadini e potrebbero mpio su tutti: mettere in La cifra è superiore a 4-5 a buona finanziaria, non

se in una stanza di perndividuo sano, questo si Se, invece, proviamo a

mettere in quarantena gli individui malati e inseriamo persone sane, costoro (forse) avranno qualche piccola possibilità di salvarsi. Solo se saranno persone oneste - oltre che preparate - a ricoprire ruoli chiave in ambito decisionale, si potrà sperare in un futuro pieno di iniziative e soprattutto onesto. La disoccupazione in Italia, soprattutto quella giovanile, ha raggiunto cifre spaventose. Secondo le classifiche Istat, presentate ad agosto 2014, il tasso supera il 40%. Aziende che chiudono i battenti perché strozzate dalle tasse, anche quando sono creditrici dello Stato. Di recente è in discussione in parlamento un disegno di legge che, tra le altre cose, riguarda la riforma dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e il TFR in busta paga ai lavoratori. La possibilità dei lavoratori di disporre del TFR potrebbe portare a due scenari economici. Uno riguarda i lavoratori e l’altro le aziende. In riferimento al TFR, i primi possono scegliere se vederselo in busta paga subito oppure continuare ad accumulare la cifra per quando andranno in pensione. Le aziende, di conseguenza, saranno costrette a inserire quei soldi in busta paga, qualora venisse richiesto, oppure continueranno a mantenerli nel bilancio. Il punto è che i piccoli e medi imprenditori di oggi non hanno la liquidità per questa manovra e i lavoratori con 5060 o al massimo 70 euro di più al mese non faranno di certo riprendere la macchina dei consumi e, quindi, l’economia. Alcuni sostengono anche una teoria con risvolti assai peggiori, ossia che quando si andrà in pensione, senza quella somma messa da parte da papà-Stato, sarà difficile sopperire alle spese quotidiane con quello che si andrà a percepire. Altri, invece, invocano il caso di aziende che chiudono e, fallendo, portano via tutto il TFR accumulato che spetterebbe di diritto al lavoratore. In effetti, la paura in tempi di crisi certamente non aiuta, ma il punto principale è capire a cosa serve discutere dell’articolo 18 se le aziende chiudono. Come si puó pensare di poter licenziare liberamente un lavoratore se non esiste in principio la possibilitá di assumerlo? Finché la pressione fiscale sarà così alta qualsiasi riforma sarà fallimentare. Ma vi sembra logico che un imprenditore che fattura 100 mila euro ne debba 70 mila allo Stato? A me pare ovvio che egli possa solo chiudere, dichiarando fallimento o tentare “vie alternative”. Non si può avere un socio di maggioranza che non viene a lavoro e che

31

S O C I E T A’


non offre alcun servizio. Questo è il vero problema. Gira e rigira, è sempre un certo modo di fare politica che infanga il nostro bel Paese. La politica del servilismo. Quella da poltrone milionarie come la presidenza di ENI, per esempio. Tutti incarichi politici. E allora ritorniamo all’ipotesi iniziale dell’individuo malato e di quello sano. Un buon sistema sarebbe inserire la responsabilità civile e penale delle proprie azioni. Se un giudice sbaglia deve rispondere del proprio operato. Stesso discorso per qualsiasi professione pubblica, politico compreso. Il reato più grave è quello di non vedere quanto bella sia la nostra terra. Certe volte davvero mi chiedo come facciano i francesi a far funzionare il mercato dell’arte quando la maggior parte del patrimonio culturale mondiale è in Italia. Basterebbe valorizzare la nostra terra per far girare l’economia e non trivellarla per trovare petrolio e costruire gallerie autostradali. I nostri paesaggi sono tra i più belli al mondo eppure li stiamo invadendo senza alcun rispetto. Di recente ho appreso che nella mia verde Irpinia si sta valutando se trivellare o meno, in quanto si pensa possa esserci del petrolio. In prima analisi si potrebbe pensare che questo apporterebbe vantaggi economici al nostro Paese. Mettiamo, però, sulla bilancia i pro e i contro di tale iniziativa prima di arrivare a conclusioni affrettate ed erronee. Dal mio punto di vista e da economista sono sicuro che una scoperta simile porterebbe lavoro e prosperità. Sarebbe assurdo negarlo. Ma quanto andrebbe a impattare sulla natura? Purtroppo con gli attuali metodi di aspirazione si rischierebbe di rovinare un’area verde adiacente molto ampia. Alcuni studi parlano di danni irreparabili. Ricordiamo anche che ci riferiamo a una zona altamente sismica e fare crepe e abbattere alberi non è certo la migliore delle idee. Tutto questo per cosa? Le più grandi menti scientifiche stanno combattendo ogni giorno per trovare rimedi ecologici per lo sviluppo della specie. E noi potremmo investire in risorse rinnovabili piuttosto che in fonti non

32


rinnovabili e obsolete che danneggiano ulteriormente il territorio. L’impegno economico per la realizzazione dei pozzi petroliferi sarà ingente e di certo le multinazionali del petrolio non baderanno all’incontaminata Irpinia, ma solamente a massimizzare i profitti. Cosa resterà una volta accortisi che il petrolio è superato? È recente la notizia dell’invenzione e produzione in America di un’automobile in grado di muoversi senza autista, la “Google driverless car”, letteralmente macchina senza autista. Progetto ideato da Google e condotto assieme ad un’equipe di ingegneri del Laboratorio di Intelligenza Artificiale di Stanford. Questo per limitare i danni da incidente stradale. Pensate che sarà alimentata a gasolio o benzina? Ovviamente sarà a energia elettrica, ecologica al 100 %. Ma, tornando al petrolio, cosa spinge l’essere umano verso questi tipi di scelte? Ancora una volta la politica e gli interessi che la circondano. Gli accordi Oil sono sempre stati tra i più redditizi del secolo attuale e sicuramente la guardia longeva di politici che ci gestisce nemmeno sa cosa siano le fonti rinnovabili. I politici, purtroppo, vivono in un mondo troppo ovattato e spesso non riescono nemmeno a concepire il disastro che porterebbe una loro superficiale decisione. La vera contraddizione è insita nell’essere italiano. Abbiamo il paese più bello, le risorse naturali migliori e la storia dalla nostra parte. Per fortuna siamo dotati di tanta speranza. La speranza che tutto questo un giorno possa trasformarsi nel Paese bello e funzionante che tanto meritiamo. Questa premessa per gli argomenti che affronterò in vari articoli successivi è doverosa: non è facile parlare di economia, soprattutto quando riguarda decisioni che incombono sulla vita delle persone. Proprio per questo, però, conviene rimboccarsi le maniche e cercare di capirci qualcosa.

33


IL MODERNO FEUDALESIMO di Fabio Mainardi


Epoca di uomini duri, di saghe e leggende. Ma anche tempo di buio culturale, di persecuzioni e di barbarie ai danni dei più poveri.

Il Medioevo: periodo storico ricco di fascino. In quanti hanno sognato di essere un avventuriero o un cavaliere in cerca di fortuna e gloria e, perché no, anche di una bella quantità d’oro. Quanti hanno immaginato di vivere in un castello, con quelle lunghe vesti ricamate d’oro, la spada nella cintura e un bel cavallo che corre come il vento. Epoca di uomini duri, di saghe e leggende. Ma anche tempo di buio culturale, di persecuzioni e di barbarie ai danni dei più poveri. La società feudale era organizzata in modo molto semplice: c’era il Re, che comandava su tutti, coadiuvato dai Vassalli che si occupavano di esercitare il suo potere nelle parti lontane del regno e che si avvalevano a loro volta dei Valvassori. A quei tempi, qualsiasi innovazione scientifica o ideologica era duramente perseguitata e ostacolata dalla Chiesa, come ben può testimoniare il povero Galileo Galilei, costretto all’abiura e alla pena del carcere e della recitazione dei salmi per tre anni. Pare che proprio quel giorno disse la celebre frase “Eppur si muove”. Sicuramente in molti pensano che adesso le cose siano migliorate e di molto. Si può votare, la scienza ha fatto passi da gigante, la tecnologia ormai invade le nostre città e le nostre case e molte malattie all’epoca mortali ora sono considerati semplici malanni. Siamo inoltre più liberi, c’è libertà di pensiero e di parola. Ma le cose sono effettivamente cambiate? Analizziamo la situazione moderna: viviamo in un mondo dove i grandi signori della finanza la fanno da padroni, riuscendo ad influenzare le politiche economiche e sociali di molti, se non di tutti, i paesi. Possiamo votare il candidato che ci è più simpatico, contando che nel nostro paese un partito politico è visto come una squadra di calcio da tifare, indipendentemente dal fatto che esso abbia un programma serio e condivisibile, il più delle volte completamente sconosciuto dagli elettori che non si prendono neanche la briga di leggerlo, o dal fatto che esso abbia o meno le capacità per essere un leader politico. Le nuove metodologie di cura vengono boicottate e diffamate dalla maggior parte degli Stati del blocco occidentale. nell’ Unione Europea le politiche economiche vengono dettate dalla BCE, senza lasciare ai paesi membri la possibilità di applicarne di diverse, nonostante la prova del fallimento dell’austerità e il successo di paesi come l’Argentina che segue le idee keynesiane. L’informazione è altamente fittizia e plasmata a piacere da chi governa. E sì, abbiamo il diritto di protesta-

P A N E M E T C I R C E N S E S


re, ma molte volte, sopratutto durante le manifestazioni degli studenti, la polizia ricorre alla violenza preventiva nei confronti dei manifestanti, per fare in modo che le proteste si disperdano e abbiano a livello mediatico un impatto diverso, cioè denigrativo, quasi diffamatorio, nei confronti dei “soliti violentiâ€?. Altre volte, addirittura, vengono infiltrate persone per fare in modo che si degeneri in atti violenti e criminali. Mentre in diversi casi i manifestanti stessi, purtroppo, fanno tutto da soli. Quindi, possiamo identificare nel Re i signori della finanza speculativa, nei Vassalli i rappresentati dei vari gruppi internazionali come la NATO o l’UE, e nei Valvassori i rappresentanti dei vari governi. Ciò che va contro gli interessi delle grandi corporation viene pesantemente ostacolato, come nei casi delle energie alternative o di nuove cure. Anche solo se si cerca un nuovo interlocu-


tore, come abbiamo visto in Italia con Mattei e recentemente con il CEO della Total, Christophe De Margerie. Il Parlamento Europeo è costituito da persone pressoché sconosciute e non elette democraticamente, come il suo, o meglio nostro, presidente del consiglio, il signor Herman Van Rompuy. Le nostre politiche economiche vengono dettate dall’UE e dalla BCE senza che i nostri Valvassori abbiano la possibilità, e purtroppo, il coraggio di opporsi. In sostanza, non siamo liberi di scegliere niente, a parte il pagliaccio da odiare ogni volta che si vede in tv, e mi sembra palese che il mondo stia correndo in una direzione non proprio auspicabile. Gli Stati Uniti d’America, con la loro smania imperialista, hanno seminato centinaia di basi in tutto il globo, raccogliendo una guerra dietro l’altra alla ricerca del controllo di tutte le risorse disponibili e dei punti strategici migliori intorno ai loro nemici. E il problema vero è che tutti i paesi NATO, e quelli europei in particolare, da buoni servitori eseguono gli ordini del padrone, senza chiedersi quali potrebbero essere le conseguenze o se ci possa essere un modo diverso e magari migliore di agire. E se l’opinione pubblica non è d’accordo, puntualmente, succede qualcosa che va a legittimare l’intervento del dato paese. Ma forse un po’ esagero. Non vorrei passare per paranoico. In ogni caso mi chiedo: siamo davvero progrediti nel futuro? Ci siamo davvero “evoluti” in una società migliore? Oppure, senza che noi ce ne accorgessimo, siamo ancora servi della gleba?

viviamo in un mondo dove i grandi signori della finanza la fanno da padroni, riuscendo ad influenzare le politiche economiche e sociali di molti, se non di tutti, i paesi.


di Rocco Martino

PAROLE A CASO


La risposta alla vita, all'Universo e a tutto quanto, è 42 (parola di Google). Viene fuori da un libro di un certo Douglas Adams: “Guida galattica per gli autostoppisti”. Il Web offre gratuitamente, allegramente e illegalmente, libro e film tramite download diretto o altri metodi P2P. È un numero scelto a caso dallo scrittore mentre fissava il giardino. Io avrei usato due dadi, così da essere sicuro di ottenere una combinazione davvero casuale...Ma lo sarebbe stata? Cosa vuol dire che qualcosa è casuale? Può qualcosa essere casuale? E può una casualità essere più casuale di un’altra? Potremmo definire casuale quello che non riusciamo a prevedere come, ad esempio, le estrazioni del lotto, dove si fermerà una trottola, se pioverà. Infatti, affidiamo al lancio della monetina determinate decisioni per l’imparzialità del risultato, perché ci si aspetta che nessuno possa prevederne l’esito, ma non è così. In effetti, se conoscessimo esattamente le condizioni iniziali, come la forza del lancio, la posizione iniziale, il vento e tantissime altre variabili, potremmo prevedere esattamente il risultato e, ovviamente, l’ingegneria è già riuscita a costruire macchine che ci riescono; questo dimostra che il lancio della moneta non è un fenomeno casuale, ma deterministico. Fra l’altro, alcuni ricercatori di Stanford hanno scoperto che le probabilità che esca testa o croce non sono esattamente cinquanta e cinquanta (voglio saperne di più)

random.org offre una maggiore casualità, emettendo numeri calcolati su disturbi radio generati da fenomeni atmosferici naturali, spesso fulmini. Viene, per questo motivo, utilizzato da molti servizi di gioco d’azzardo on-line. Anche in questo caso, però, la casualità del fenomeno è data solo dalla nostra ignoranza. In teoria, sarebbe possibile tenere in considerazione l’inconcepibile numero di variabili che rappresenta il pianeta, calcolarne l’evoluzione e predire esattamente lo stato del disturbo radio nell’istante in cui verrà letto. Un processo indubbiamente casuale dovrebbe essere basato su qualcosa che non possiamo misurare con certezza e, in questo, ci viene in aiuto la meccanica quantistica, che descrive il comportamento di cose molto piccole, come l’elettrone, con delle quantità che sono espresse tramite probabilità. La misura è incerta, non perché non siamo in grado di misurare lo stato della particella e prevederne l’evoluzione, ma perché non è possibile prevederne alcuno stato futuro. Non ci sono informazioni precedenti che possano essere utilizzate per determinare uno stato successivo della particella. Queste quantità assumono un valore solo quando le osserviamo, saltando fuori da una casualità in cui è sepolto l’intero Universo. Un team di ricercatori, guidato da Bruno Sanguinetti, è riuscito a estrarre queste informazioni puramente casuali e convertirle in numeri utilizzando uno smartphone (voglio saperne di più)

Ci sono sul Web siti che offrono streaming di numeri casuali basati sulla misurazione dell’oscillazione quantistica: 6ZwyYtfuwI3jHjND5ZCOBsAOKodHyP_IKcg1i93dOVYKcwqWBhqYzOeZORFJodoILuo_kxcnKIBJ1F fWAKLQnI57ZjpDkYjiGleNjM_MkJ2l_iOvTTQ1_k7Wx4acn1PWouAsE6NLRN_PRhyU1p9Kk0szcaj0 K0Ehg3RYQSyY2oRsUbjJ_Axrd1a_sHz787LbrlCxOrj9zV49UvKNnZiCtedwEYrhCj6BeseLFPG4u4 ars8wPaBFDMYRZ2R3PEttqn30T0zGeMC3fS33LLtjgIE2k6Y_R83STaTpHdC_rl013slvIcCC6tyX7 1VX0B2ALPDKA4NUA_gJ_bSQ1bqhPb0c7AKJPeLcbIASGjaTUR0GhNTvtcjWOiLrwMUKlWa9mcXEP4U DKRf5cuOiwZoHUrDCyCxB7plqrjEqxx4LKelQGY8xMoyJNWSh3Vqs1AEpevJS88GOdrm0oBoEnLRhz PQhTFIV0iwrIcndcfUWhZqSwg54_04LQaC1Z1Qd1CPkKp38pZF1VNNjdc21UXHrK9gFJHhRAfjG3GH N9lq5ziKAfAjESP7qiJPVSSuSBwLDToOFEDRolTbCJnrzhmsfAN0r2SFmPbBsX9WRMYQ3H2DEc3OzU teF2K5sJ8Wuxr_UTAvo32GZQFdZqPj2A7R0NmV0PrCUS9Ap_8cgk3qZfrvELjTLRmsgZ6PFSAHft7D XiBi8p5QPSXl8tKoMHgBYOZsyB5sNaeNMeAVMe8vdEbZyG1KMLy40weTSFNK4ObrPNcdo1wtZ8Tcj4 ZrQnpZAk8YkXq4k4rn6wx3236zAt4rotrO1H0BJDVBTsbvfEh4p46s3YVKR8uprRsB_ShDFhg_vWew DJ1P3CYbUjtmDi4ed1RrUhqexr2m2NNzLziwYZI40QlY7ci0fxdAgQQ1HV5ArYMmBElqLiwoNbsoGG XRPmI5RCKETIFtcMKx8pLyp84JIWpYMBFT7u1qquixJeYIrGLrR9hm0e9YzBHAUQCoADZ_Ld2WdCyF 8IpHcxrkuJ Thanks to Michael See also

P R O B A B I L I T A’


da GREENPEACE Multinazionali energetiche e governi ci raccontano che carbone, petrolio, gas e nucleare sono necessari e sicuri, ma la verità è una sola: provocano guerre, inquinamento, malattie e una moltitudine di costi per i cittadini. Basta, è giunto il momento di voltare le spalle alle fonti fossili! Come cittadini è nostro diritto e dovere chiedere per l'Italia e l'Europa un futuro pulito e sicuro. Unisciti a noi, firma la Dichiarazione di Indipendenza dalle fonti fossili: esistono energie che sono rinnovabili, efficienti, accessibili a tutti e senza effetti collaterali per l'uomo e l'ambiente. Facciamo capire ai politici e alle aziende che non possono giocare con il nostro futuro e che l'energia verde è l'unica che vogliamo.

Dichiarazione d’indipendenza energetica dalle fonti fossili Noi cittadini liberi in Europa, con questa petizione globale, nel nome e per l'autorità degli abitanti presenti e futuri del Pianeta, dichiariamo:

1. che le fonti energetiche sono, e per diritto devono essere, pulite, rinnovabili, diffuse e a disposizione di tutti; che esse devono altresì essere libere da carbonio (CO2) e da impatti sull'ambiente e la salute,

2. che il petrolio rischia di distruggere luoghi unici come il Mediterraneo e l'Artico, che

lo shale gas è portatore di pericoli e non di benefici per i cittadini, che il carbone è causa di morti e disastri ambientali;

3. che ogni legame tra produzione di energia ed estrazione di combustibili fossili deve

essere progressivamente ridotto, e le nuovi fonti, in quanto libere e indipendenti, devono essere privilegiate, con massima attenzione per l'energia proveniente in maniera naturale da sole, vento, acqua, mare, calore del suolo.

4. che l'efficienza energetica può ridurre in modo significativo, in tempi brevi e con van-

taggi economici, la richiesta di energia e che dunque è da perseguire in ogni campo; E in appoggio a questa dichiarazione, con l'obiettivo di proteggere questo Pianeta dai cambiamenti climatici per le generazioni presenti e future, chiediamo ai nostri politici di trovare accordi globali per la salvaguardia del clima e di fare in modo che l'energia europea venga per il 45% da fonti rinnovabili e pulite entro il 2030.

FIRMA LA PETIZIONE immagine gentilmente concessa da agenzia di grafica “arteteke”



infografico a cura di ARTIM

infografica di Artim


L'8 settembre 2014, il capo indigeno peruviano e attivista contro la deforestazione amazzonica, Edwin Chota Valero, 54 anni, è stato ucciso insieme a tre dei suoi fratelli Ashéninka e capi della comunità Alto Tamaya-Saweto, situata nella regione amazzonica del Perù, Ucayali. Per anni Edwin Chota aveva combattuto instancabilmente per chiedere il riconoscimento da parte dello Stato della sua comunità e di espellere i taglialegna illegali che operano impunemente nella loro foresta, al confine con il Brasile. Nel 2000 viene introdotta la legge Forestale che riformava tutta la materia riguardante l'approvvigionamento di legna in Perù, nel 2009 un accordo commerciale tra Perù e USA aveva rafforzato questa legge, con il fine di combattere le pratiche illegali di deforestazione ed esportazione della materia prima negli Stati Uniti. Tuttavia, secondo gli studi pubblicati dalla rivista Scientific Reports, il traffico illegale di legna continua ad affliggere la regione. Difatti, le azioni politiche adottate negli anni sembrano incentivare la condotta illegale dei taglialegna: il 68,3% delle concessioni di taglio di legna sorvegliate dalle autorità ha violato le condizioni legali; inoltre delle 609 concessioni, quasi il 30% è stato sospeso per violazione della legge. A causa degli scarsi controlli da parte delle autorità competenti, i taglialegna che avevano ottenuto le concessioni per

estrarre la materia prima, deforestavano in aree protette, mettendo in pericolo l’intera area amazzonica. L’attività illegale e incontrollata di deforestazione avviene anche nell’Amazzonia brasiliana, minacciando l’enorme patrimonio naturale e mettendo in pericolo la biodiversità dell’intera area che ricopre. Secondo i dati Greenpeace tra il 2000 e il 2007 sono stati abbattuti circa 154 km quadrati di foresta, facendo sorgere un grave problema ambientale che ha un impatto enorme a livello globale. L’organizzazione non governativa Environmental Investigation Agency (EIA) pubblica nel 2012 “The laundering machine”, un’inchiesta in cui spiega come la macchina illegale del taglio e commercio di legna agisca indisturbata tra Perù e USA. In particolare, l’indagine ricostruisce tutti i passaggi del traffico illegale di legna, dall’abbattimento forestale alla documentazione fornita dalle autorità territoriali corrotte ai trafficanti di legna, alla spedizione dei carichi in USA; sono state identificate più di 100 spedizioni che contenevano legna estratta illegalmente, più del 35% delle spedizioni totali verso gli Stati Uniti d’America. L’EIA pone particolare enfasi non solo sull’abbattimento e sfruttamento illegale di zone protette dell’Amazzonia, ma anche sulle condizioni sociali delle comunità peruviane: lavoratori immigrati, sfruttati e trattati come ostaggi, abusi sessuali e traffico

di Redazione Artim Magazine

CRONACHE DI UNA MORTE ANNUNCIATA LA DEFORESTAZIONE IN PERU’


di droga. I risultati dell’inchiesta dell’EIA dimostrano che le autorità peruviane non hanno il controllo delle attività illegali e non fanno abbastanza per monitorare che le concessioni date ai taglialegna non siano violate. Nello stesso modo agiscono le autorità statunitensi, le quali avrebbero il potere di far rispettare l’accordo di libero scambio firmato con il Perù, con verifiche, auditing e sanzionando i taglialegna che estraggono la legna nelle aree protette; tuttavia il governo degli USA non interviene per far rispettare l’accordo pattuito e lascia che il sistema corrotto continui e si rafforzi nel tempo per agirare qualsiasi tipo di controllo L’amara conclusione da trarre dal report dell’EIA è che sebbene ci siano persone che tentino di cambiare questo meccanismo malato e corrotto, esse vengono ostacolate con violenze fisiche e, nei casi estremi, assassinate, come è successo a Chota e agli altri tre capi della comunità Saweto. Dietro questa macchina di sangue ci sono ingenti interessi economici da parte di trafficanti spietati che dividono la loro fetta di torta con le autorità territoriali corrotte. A questo punto, doveroso oltre che illuminante per quanto riguarda l’ambito dei legami poco chiari tra poteri forti, legali e criminali, è un riferimento al Messico e, in particolar modo, alla scomparsa di 43 studenti nella città di Iguala, nello Stato messicano di Guerrero, durante una serie di manifestazioni contro l’attività illegale dei trafficanti di droga della zona. Anche in questo caso, le accuse dei movimenti locali e degli attivisti riguardano l’operato del governo centrale che, a detta degli stessi, avrebbe coperto la collusione tra politici locali e criminalità organizzata, mentendo anche sulla sorte dei 43 studenti, scomparsi probabilmente per mano

dei narcotrafficanti del cartello dei Guerreros Unidos, operante nella zona e tra i principali fornitori di oppio e marijuana del Nord America. Un filo conduttore sembra esistere tra le storie di resistenza del continente americano. Tornando al Perù, Julia Urrunaga, direttrice peruviana del EIA, ha commentato amaramente che l’assassinio di Edwin Chota era qualcosa di prevedibile, essendo un leader carismatico conosciuto e at-

44


tivo nella lotta contro la distuzione della foresta amazzonica peruviana. Da tempo i capi della comunità AltoTamaya-Saweto si rivolgevano alle autorità locali per richiedere protezione contro le minacce di morte ricevute dai trafficanti di legna. Secondo il racconto di Robert Guimaraes Vasquez, capo indigeno della zona, Chota e i suoi compagni sarebbero stati giustiziati davanti agli abitanti del posto, come forma di vendetta nei confronti degli attivi-

sti che contrastavano le attività di abbattimento di alberi e traffico illegale di legna. L’attività di Chota spaventava i trafficanti di legna: da sei anni andavano avanti le attività di denuncia nei confronti dei taglialegna condotte da Chota, il quale scriveva centinaia di lettere alle autorità per portare alla luce le pratiche illegali e inumane dei trafficanti e per porre l’attenzione sul pericolo che questi vivevano nel proteggere la loro terra. Nel mese di aprile 2014, Chota ha sporto una denuncia presso il tribunale di Pucallpa, capitale di Ucayali, dopo aver individuato fisicamente i taglialegna illegali attraverso la documentazione diretta della loro attività tramite foto e video. Proprio la denuncia della situazione, insieme ai suoi anni di instancabile lavoro, è costata a Chota la vita. Chota non ha mai ottenuto lo sgombero dei taglialegna illegali, né tantomeno il riconoscimento, da parte dello Stato, dei diritti per la sua comunità e la sua terra, ma ha rappresentato un punto di riferimento nella sensibilizzazione al probema della protezione delle foreste nell’Amazzonia peruviana attraverso i seminari Sustainlabour organizzati dall’International Labour Foundation for Sustainable Development in collaborazione con i centri di commercio peruviano CGTP, CUT e CATP a luglio 2014. Il territorio del Perù è afflitto per l'80 % da attività illegali di disboscamento, come riporta uno studio del 2012 della Banca Mondiale. Nonostante le continue minacce dai trafficanti, l’unico limite reale alla loro azione era rappresentato dalla tenacia e dalla perseveranza di Edwin Chota. ‘Lobby della legna’, vere e propie mafie, si muovono con una assoluta libertà d’azione incamerando ingenti profitti, come affermato dall'EIA: un albero di mogano

45

S O C I E T A’ & D I R I T T I


adulto può costare fino a 11.000 dollari nel mercato nero. Proprio grazie al lavoro, all’attivismo e al coraggio di Chota, questa attività illegale è stata segnalata e documentata, non solo a livello nazionale. Tuttavia, a detta del governo peruviano, la responsabilità di proteggere l'Amazzonia è compito del potere statale e non degli attivisti e delle comunità indigene, anche se, in realtà, non è stata presa ancora nessuna misura concreta. Nonostante l’impasse in cui versa l’azione del governo e l’interferenza impunita dei poteri forti criminali, di recente qualcosa aveva cominciato a smuoversi, come dimostrato da una dichiarazione del Central Autónoma de Trabajadores del Perú (CATP), il sindacato al quale i quattro fratelli uccisi erano affiliati, che aveva reso noto l’intento del governo di dare seguito alle accuse mosse da Edwin Chota nei confronti delle società dei taglialegna. Purtroppo la promessa giace ancora su carta e gli ispettori governativi che avrebbero dovuto intervenire nella zona con un sopralluogo nei giorni successivi alla morte dell’attivista peruviano, ancora non si sono visti. Da qui l’enorme paradosso che attanaglia le comunità della foresta amazzonica che, da una parte, rimangono le uniche a poter svolgere un ruolo ancora necessario nella protezione dei territori, ma fondamentalmente sono ostacolate dalle stesse autorità che non riconoscono loro il diritto a vivere e salvaguardare quelle terre che pure abitano da sempre; dall’altra, vengono costrette a uno scontro diretto e mortale con i poteri criminali, ancora una volta nell’indifferenza del governo che, anzi, con quei poteri sembra colludere. Ma la lotta continua.

46



ARTIM E’ SU:

ARTIM MAGAZINE


E:


FOTOGRAFIA

Tu non sai

: ci sono betulle che di notte levano le loro radici, e tu non crederesti mai che di notte gli alberi camminano o diventano sogni. Pensa che in un albero c'è un violino d'amore. Pensa che un albero canta e ride. Pensa che un albero sta in un crepaccio e poi diventa vita. Te l'ho già detto: i poeti non si redimono, vanno lasciati volare tra gli alberi come usignoli pronti a morire. Alda Merinii

betulle - foto di hhagglund


Blue sky - foto di Apalca


FOTOGRAFIA

reflexion - foto di Tobias Nielsen


mystic tree - foto di Cameron Russell


FOTOGRAFIA

leaves with fungus - foto di Gumnut


blue leaves - foto di Bluesnap


ESOPIANETI ..MONDI CHE NON SO..

di Giovanni Pirone


C’è vita su altri pianeti? Questa domanda ha avuto tante risposte in altrettanti ambiti della conoscenza umana (dalla filosofia all’arte) con implicazioni sempre profonde; in astrofisica, però, per poter dare una risposta al quesito, dobbiamo scomporlo in tante altre domande. Partiamo da questa considerazione: la vita ha bisogno di un pianeta dove poter evolversi; la nostra Terra (che non trattiamo nemmeno così bene!) può essere vista come il laboratorio dove la vita ha potuto svilupparsi nel corso di milioni e milioni di anni. Di pianeti al di fuori del nostro sistema solare ne abbiamo mai trovati? Il primo pianeta scoperto oltre il confine del nostro sistema solare è stato 51-Pegasi b nel (nemmeno così lontano) 1995. Questa data è molto importante perché segna il momento in cui il genere umano ha avuto la ‘prova certa’ di un pianeta che gira intorno a una stella diversa dal Sole. Tali pianeti vengono chiamati ESOPIANETI.

“Gli arcobaleni d'altri mondi hanno colori che non so lungo i ruscelli d'altri mondi nascono fiori che non ho Gli arcobaleni d'altri mondi hanno colori che non so lungo i ruscelli d'altri mondi nascono fiori che non ho” (*)

La domanda successiva riguarda la composizione chimica del pianeta. I pianeti che girano attorno alla nostra stella (il Sole) si dividono in due famiglie. Abbiamo pianeti di tipo roccioso (Mercurio, Venere, Terra e Marte) e pianeti di tipo gassoso (Giove, Saturno, Urano, Nettuno). Una differenza sostanziale risiede nell’esistenza di una piccola zona chiamata superficie dove la vita ha potuto radicarsi. Sui pianeti gassosi non avremmo la possibilità nemmeno di camminare perché composti per la quasi totalità di gas. Ergo, sui pianeti gassosi la presenza della vita è molto meno probabile. Nell’osservare l’universo, l’uomo ha mai fotografato un pianeta di tipo roccioso? Il 3 febbraio 2009 è stato fotografato Corot 7b dal telescopio spaziale Corot. Quest’ultimo non si trova sulla Terra, è orbitante nell’atmosfera ed è utilizzato in una missione di ricerca francese in collaborazione con l’ESA (Agenzia Spaziale Europea). Oltre ad avere una zona rocciosa, l’esopianeta dovrebbe avere anche una temperatura atmosferica adeguata per la formazione della vita. Il primo pianeta scoperto con una temperatura che oscilla tra i -10°C e +30°C si chiama Corot 9b e la sua scoperta si deve sempre alla sonda Corot.

A S T R O N O M I A


Il lavoro del telescopio spaziale Corot è molto complesso: si tratta di andare a scovare qualcosa di molto piccolo a miliardi di miliardi di chilometri di distanza. Nella catalogazione attuale, la maggior parte dei pianeti individuati sono di tipo gassoso (‘gioviano’). Il perché risiede soprattutto nelle dimensioni: nel nostro sistema solare il pianeta gassoso più piccolo (Nettuno) ha un raggio equatoriale circa 5 volte maggiore di quello del pianeta roccioso più grande (Terra). In altre parole: se osserviamo da lontano una pista da bowling riusciamo a individuare più facilmente una palla grande rispetto a una piccola.

“Sopra le tombe d'altri mondi nascono fiori che non so ma fra i capelli di altri amori muoiono fiori che non ho Sopra le tombe d'altri mondi nascono fiori che non so ma fra i capelli di altri amori muoiono fiori che non ho” (**) (*) Primo intermezzo (testo di Fabrizio De André; musica di Fabrizio De André e Gian Piero Reverberi) (**) Secondo intermezzo (testo di Fabrizio De André; musica di Fabrizio De André e Gian Piero Reverberi)

58


I pianeti girano attorno ad altre stelle. I biologi sostengono che, per svilupparsi, la vita abbia avuto bisogno di milioni di anni. L’ultima domanda che ci poniamo oggi è: tutte le stelle hanno tempi di vita di miliardi di anni? La risposta è no! Ci sono delle stelle (come il nostro Sole) che ‘campano’ miliardi di anni, mentre altre stelle pochi milioni o addirittura meno. Ergo, un’utile intuizione per tentare di individuare altre forme viventi è sondare le vicinanze di stelle della stessa ‘categoria’ del nostro Sole. Il settore dell’astrofisica che si occupa della ricerca di pianeti extrasolari viene chiamato astrobiologia ed opera nelle vicinanze delle colonne d’Ercole della conoscenza umana. Stiamo entrando in una nuova fase dell’umanità: dalla scoperta dell’America, alla scoperta di un Esopianeta. Niente male per degli esseri insignificanti come noi.

Fonti: M. Mayor, Queloz, D., A Jupiter-mass companion to a solar-type star in Nature, vol. 378, 1995, pp. 355-359 The Densities of Planets and Masses of Host Stars, Eike W. Guenther and CoRoT-Team, 2013

59


3

INNOVAZIONI TECNO GOOGLE GLASS

Un modo diverso di vedere Avete presente “Minority Report”? Avere informazioni aggiuntive sulla realtà che ci circonda non è più fantascienza. Grazie alla realtà aumentata1, ad esempio, è possibile avere informazioni su qualsiasi cosa mediante l’uso del proprio sguardo e della propria voce: tutto questo indossando degli innovativi occhiali progettati da Google. Sono tante le funzionalità garantite, tra cui la lettura di siti web e ricerche on-line, visualizzazioni delle mappe e delle indicazioni stradali mediante Google Maps, video-conferenze, screenshot* e video da condividere nell’etere. Il display è montato su una lente, è ad alta definizione e andrà a proiettare le immagini direttamente sulla retina degli occhi dell’utente, dove i contenuti verranno visualizzati come se ci si trovasse di fronte a uno schermo di venticinque pollici, visto da una distanza di due metri. * Fotografie istantanee digitali Ecco un video illustrativo

1 “Per realtà aumentata (in inglese augmented reality, abbreviato AR), o realtà mediata dall’elaboratore, si intende l’arricchimento della percezione sensoriale umana mediante informazioni, in genere manipolate e convogliate elettronicamente, che non sarebbero percepibili con i cinque sensi”. Fonte Wikipedia

60


OLOGICHE

di Raffaele Panzone

COSTRUIAMO GLI OGGETTI CHE CI SERVONO L’era della stampa 3D

CAMBIAMO IL MODO DI FARE ELETTRONICA

Scriviamo i nostri circuiti con “CIRCUIT SCRIBE” Le stampanti 3D stanno ormai spopolando sul mercato. Si tratta di una tecnologia avanzata che permette di costruire oggetti tridimensionali di vari materiali, partendo da un modello 3D progettato al computer. Grazie alla stampa 3D è possibile costruire oggetti di ogni genere e forma e, perfino, componenti per realizzare altri macchinari. L’innovazione sta nella sovrapposizione omogenea di strati di polimeri condensati1, in modo da ricreare, perfettamente, i modelli preimpostati dall’utente. Questo strumento nasce principalmente per le aziende che possono così abbattere dei costi di produzione, costruendo da sé prototipi di oggetti, ma la sua crescente diffusione, cosi come l’abbassamento dei prezzi, lo sta rendendo accessibile al grande pubblico.

Una nuova tecnologia, sviluppata presso l’Università dell’Illinois, permette di “scrivere circuiti” con quella che, all’apparenza, sembrerebbe una semplice penna. L’innovazione è nell’inchiostro contenuto al suo interno, conduttivo e non tossico, in tutto simile a quello presente in una normale biro. Questo utensile agevola la ‘scrittura’ del circuito sotto forma di conduttori, dando la possibilità di fermarsi dove vanno inserite altre componenti circuitali. Una straordinaria funzionalità permette di utilizzare queste ‘penne’ associate a delle breadboard1 ad hoc collegate ad un computer, in maniera tale da rendere più accessibile l’utilità di ciascun componente, che sarà anche spiegato. Ecco un video illustrativo

Ecco un video illustrativo

1 Polimerizzazione per condensazione: espulsione di una molecola a basso peso molecolare, detta “condensato”. Fonte Wikipedia

1 “Una breadboard (o anche detta ‘basetta sperimentale’) è uno strumento utilizzato per creare prototipi di circuiti elettrici”. Fonte Wikipedia

T E C N O L O G I A & I N N O V A Z I O N E



P R O G R A M M A Z I O N E

PROGRAMMARE E’ CREARE III di Antonio Caggiano


Negli articoli precedenti abbiamo visto come implementare le entità per l’asteroide e per l’astronave, ora non ci resta che concludere questo discorso definendo il proiettile. A un determinato input la nostra astronave dovrà sparare, che con il paradigma della programmazione a oggetti si traduce così: creare un’istanza della classe Proiettile esattamente nel punto in cui si trova l’astronave in quel momento, dopodiché farlo viaggiare nello schermo verso l’alto.


Nel listato dell’astronave presentato nell’artico precedente le variabili x e y sono state definite con il modificatore d’accesso private, ciò significa che non sono accessibili all’esterno della classe stessa. I metodi getX() e getY() ci permettono di conoscere il loro valore all’esterno della classe Astronave ma non sono stati ancora definiti, quindi inseriamoli nella classe Astronave. // ... public float getX() { return x; } public void getY() { return y; } // ... Con questo si conclude il processo di definizione delle entità del videogioco, a meno che non vogliate aggiungere qualcosa voi, siete liberi di sbizzarrirvi. Nei prossimi articoli vedremo come gestire l’input dei giocatori e le collisioni tra astronave, asteroidi e proiettili. Per domande o altro potete contattarmi alla mail infoantoniocaggiano@gmail.com o su Twitter: @Fahien Riferimenti: Un ottimo punto di partenza per imparare Java è il tutorial ufficiale: http://docs.oracle.com/ javase/tutorial/ Come IDE (ambiente di sviluppo integrato), banalmente il programma che si utilizza per programmare, io utilizzo il fenomenale Eclipse: http://www.eclipse.org/ Non è accennato nell’articolo, tuttavia un buon framework per lo sviluppo di videogiochi è libGDX: http://libgdx.badlogicgames.com/

PROGRAMMAZIONE



redazione.artimmagazine@gmail.com


IL CIOCCOLATO,

Livello di d Tempo di esec Dosi Cost

•Per il tortin Cioccola

Uo Z 1 bus •Per la salsa

Z

Pompe Vaniglia a b

Pompelmo rosso e gia zette sbollentate, mirtilli

68


GOURMET

di Antonio Cannavacciuolo

IL POMPELMO E L’INSOLITO CONNUBIO

difficoltà: medio cuzione: 30 min i per: 4 persone to piatto: basso

Ingredienti

no al cioccolato ato 72%: 150 gr Burro: 80 gr Farina: 20 gr ova: 2 + 1 tuorlo Zucchero: 90 gr stina di vanillina a al pompelmo Uova: 6 tuorli Zucchero: 130 gr Latte: 500 gr elmo rosso: 1 pz bacche: 1 bacca •Per guarnire allo a vivo, scori e menta fresca

Esecuzione

•Per la salsa al pompelmo rosso Montare i tuorli con lo zucchero. A parte riscaldare il latte portandolo a bollore, aromatizzandolo con la bacca di vaniglia e la buccia di un pompelmo rosso grattugiata finemente. Una volta arrivato a bollore, spostare dalla fonte di calore il latte, filtrare in un altro pentolino e incorporare velocemente le uova montate con lo zucchero. Riportare il composto a 83 gradi su una fonte di calore servendosi di un termometro da pasticceria e lasciare raffreddare in frigo. •Per il tortino al cioccolato Preparare 4 stampini imburrandoli e infarinandoli. Sciogliere a bagnomaria il cioccolato col burro, per questa operazione potete servirvi anche del microonde con la modalità "defrost". Montare, a parte, le uova con lo zucchero e quando il cioccolato e il burro saranno fusi, incorporarli alle uova montate. Incorporare, infine, la farina e la vanillina setacciata. Riempire lo stampino, preventivamente preparato, per 3/4 e infornare a forno già caldo a 180 gradi per 13/15 min. •Per l'impiattamento Disponete nel piatto il tortino appena sfornato e spolverato con zucchero a velo, pezzetti di pompelmo rosso e giallo pelati a vivo, mirtilli, foglioline di menta e puntini di salsa al pompelmo.

69



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.