editoriale
Il tema centrale di questo numero riguarda l’annosa questione dello scontro tra fonti fossili e fonti rinnovabili: da un lato, in pompa magna, petrolio e gas a rappresentare il simbolo di un sistema economico basato sullo sfruttamento e la speculazione, il profitto e l’abuso; dall’altro, un diverso utilizzo di luce, aria, acqua e terra, orientato verso un modus vivendi più sostenibile ed ecocompatibile, e in questo senso anche socialmente - oltre che scientificamente - ‘rinnovabile’. La sfida, insomma, non è fondata solo sul mero, strumentale impiego di determinate risorse per il proprio sostentamento, ma è rivolta alla scelta vitale del percorso che una comunità umana decide di intraprendere per la propria futura evoluzione. Da anni, ormai, si perpetua un modello di sviluppo che ha generato un aumento sempre maggiore dell’incidenza dei fattori negativi che condizionano la vita e la prosperità di qualsiasi forma di vita - uno su tutti, la vera e propria guerra all’ecosistema provocata dallo sfruttamento eccessivo di fonti energetiche particolarmente nocive per l’ambiente in cui viviamo - mentre sempre di più sembra andare a braccetto con gli interessi dei poteri forti e, se non bastasse, di quelli criminali. E’ per questi motivi e per tanto altro che, quindi, proponiamo una profonda e densa lettura, fatta di varie esperienze di studio e ricerca, importanti a maggior ragione perché, prima di tutto, sono il frutto di un punto di vista unitario: quello di un passato consapevole e un presente responsabile che mirano alla condivisone di un futuro diverso ancora possibile.
sommario 8 Sblocca Italia: un progetto di sviluppo condiviso o un piano di sfruttamento e abusi?
26 Dossier estrazioni idrocarburi provincia di Foggia
44 Amici miei e la fine della Commedia all’Italiana
62 LeitMotiv 14, un interessante raccolta che unisce vari artisti del palcoscenico indipendente bolognese
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12 Trivellazioni petrolifere e rifiuti tossici: è codice rosso in Basilicata
Un mare di petrolio
32 Biomasse, un’alternativa che si rinnova?
42 “Vergogna”, di J. M. Coetzee
48 Introspezioni. Intervista a Francesco Campese
54 WildAim, nel mondo dell’arte naturalistica. Intervista
68 Riflessioni di natura strumentale. Miscellanea di un barista disinformato dei fatti
72 Luce
76 Tecnologia per l’ambiente
redazione
Direttore editoriale Miki Coluccia _redazione.artimmagazine@gmail.com Editor Eugenio Panzone | Isabella Ventura Resp. Marketing&Comunicazione Nico V. Designer Leo Zelig | Inagoramorando Front&Back Michele De Matteis Traduzioni Nico V. hanno scritto: Enzo Di Salvatore, Francesco Masi, Alberto Zaccagni, Comitato No Triv - CSOA Scurìa Foggia, Valentina Mogavero, Myriam Pettinato, Marciano Santosuosso, Simone Poddu, Giovanni Pirone, Raffaele Panzone. interviste: Francesco Campese, Ismaele Tortella, Andrew Meachin, Fabio Fanuzzi.
attribution:
Sinistra Ecologia Libertà (p.10), Pietro Dommarco (p.14), leolintang (p.15), cislbasilicata (p.16), Evgeniy Isaev (p.40-43), bass_nroll (p.71), MarianOne (p.72), kevin dooley (p.74), Edmund Garman (p.76), Félicité Noinville (p.78), Cpich7uj (p.81)
DISASTRo AMBIENTALe Tra i disastri petroliferi più recenti l’incidente marittimo verificatosi nell’ottobre del 2011 al largo della costa di Tauranga, in Nuova Zelanda, nel quale una nave da carico da 47.000 tonnellate della Mediterranean Shipping Company S.A rimase incagliata nella scogliera di Astrolabe e riversò in mare svariati materiali inquinanti e, in maggior parte, petrolio. La stessa sorte potrebbe toccare anche alle coste italiane.
SBLOCCA ITALIA: di Enzo Di Salvatore - Coordinamento Nazionale No Triv
un progetto di sviluppo condiviso o un piano di sfruttamento e abusi?
Il decreto Sblocca Italia, convertito in legge nel novembre dello scorso anno, porta a esecuzione un ben più ampio disegno tratteggiato dalla Strategia Energetica Nazionale nel 2013 e anticipato dal Governo Monti nel 2012 con due decreti-legge. Un disegno che, dopo il successo del referendum sul nucleare, apre alla realizzazione di numerosi progetti energetici e che si pone in linea di continuità con la politica economica e monetaria esercitata dall’Unione europea, nonostante sul piano europeo la politica energetica resti ancorata agli obiettivi del 20-20-20. In questa prospettiva può essere letta anche la proposta di revisione del Titolo V della Costituzione. Se la riforma vedrà la luce, lo Stato potrà fare da sé, ovvero si ergerà a decisore unico delle sorti di molte materie e, tra queste, anche dell’energia. Occorre snellire la macchina burocratica e velocizzare i procedimenti decisionali, si sente ripetere spesso. L’effetto che, però, ne verrà si concretizzerà in una estromissione dei livelli regionali da quella macchina e dai procedimenti: essi non potranno più legiferare su molte materie, partecipare alle azioni amministrative, sostenere proposte alternative e nemmeno opporsi alla realizzazione di numerosi progetti, che le collettività territoriali contestano da tempo, per le implicazioni che hanno sui beni comuni e, in primo luogo, sulle risorse naturali. Da questo punto di vista, lo Sblocca Italia va solo ad anticipare ciò che in futuro troverà definitivo assetto: gasdotti, stoccaggio di gas naturale, infrastrutture energetiche, terminali di rigassificazione di GNL, attività di prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi. Tutto è qualificato come strategico, indifferibile e urgente, di pubblica utilità. Non senza problemi, però. L’art. 38 dello Sblocca Italia introduce il «titolo concessorio unico», che va a sostituire i due distinti titoli previsti fin dal 1927, ovvero: il «permesso di ricerca» e la «concessione di coltivazione». Le maggiori perplessità riguardano il fatto che il nuovo titolo unico conterrà il «vincolo preordinato all’esproprio», questo vuol dire che il diritto di proprietà sarà compresso già in fase di ricerca degli idrocarburi e cioè prima ancora che si riesca a dimostrare
che sussista un interesse generale all’espropriazione. Non è un caso che per quasi cento anni si sia mantenuta distinta la fase della ricerca da quella dell’estrazione, la disciplina dei beni del sottosuolo si è [ha] sempre riferita [fatto riferimento] alla concezione fondiaria della proprietà, in linea con quanto già stabiliva il codice civile del 1865 all’art. 440: «chi ha la proprietà del suolo ha pure quella dello spazio sovrastante e di tutto ciò che si trova sopra e sotto la superficie». Tale concezione non è mutata neppure con l’entrata in vigore del codice civile nel 1942; in relazione al settore minerario, ciò avrebbe comportato che il sottosuolo appartenesse al proprietario del fondo fino a quando non fosse stato scoperto il giacimento minerario e non se ne fosse dichiarata la coltivabilità; solo a partire da questo momento si sarebbe potuto far confluire il giacimento nel patrimonio indisponibile dello Stato e, solo a partire da questo momento, sarebbe stato possibile dare in concessione il giacimento ad un terzo affinché lo sfruttasse. In altre parole, il permesso di ricerca aveva la funzione di limitare il godimento della proprietà privata, per consentire che un terzo cercasse idrocarburi nel fondo altrui; mentre la concessione aveva una diversa funzione: quella di “trasferire”, per così dire, un diritto in capo al terzo, in ragione di questo “trasferimento”, il terzo avrebbe potuto ottenere l’espropriazione. Questa differente “logica” è posta a base della stessa disciplina della proprietà contenuta all’art. 42 della Costituzione, dove si distingue tra i limiti al godimento della proprietà, al fine di assicurarne la funzione sociale, ed espropriazione della proprietà per motivi di interesse generale. Ora, in primo luogo, l’apposizione sul «titolo concessorio unico» del vincolo preordinato all’esproprio non costituisce un limite al godimento della proprietà, in quanto la società petrolifera, in ragione di ciò, potrebbe comunque chiederne l’espropriazione, già entro i sei anni previsti per la ricerca, questo senza che si riesca a dimostrare che sussistano effettivamente motivi di interesse generale, come prescrive, appunto, l’art. 42 della Costituzione, posto che nessuno potrebbe affermare con certezza che nel sottosuolo vi siano idrocarburi prima
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Lo Sblocca Italia estromette assai discutibilmente gli Enti locali dalla partecipazione al procedimento e non consente alle Regioni di contribuire in modo determinante all’assunzione della decisione statale ancora che la ricerca sia effettuata. In secondo luogo, lo Sblocca Italia estromette assai discutibilmente gli Enti locali dalla partecipazione al procedimento e non consente alle Regioni di contribuire in modo determinante all’assunzione della decisione statale. Vero è che, nonostante la riforma costituzionale del 2001 abbia attribuito l’energia alla competenza concorrente dello Stato e della Regione, la Corte costituzionale ha da tempo sostenuto che lo Stato può disciplinare per intero la materia energetica a fronte di interessi di carattere unitario, ma questa eventualità deve rispettare due condizioni: la prima è che alle Regioni sia lasciata la possibilità di esprimersi sulle scelte energetiche, effettuate a Roma, attraverso lo strumento dell’intesa, la seconda, che l’esercizio della competenza statale non si spinga oltre quanto strettamente necessario per il raggiungimento dell’obiettivo (sent. n. 303 del 2003). Nessuna delle due condizioni parrebbe soddisfatta pienamente dallo Sblocca Italia. In relazione all’intesa regionale, mentre è chiaro che nel caso in cui la Regione non si esprimesse in alcun modo sul procedimento relativo al singolo progetto petrolifero troverebbe applicazione l’art. 1, comma 8-bis, della legge n. 239 del 2004, che detta regole semplificate per il potere sostitutivo dello Stato (ritenute dalla Corte costituzionale perfettamente legittime: sent. n. 239 del 20013), non risulta, invece, chiaro quale disciplina sarebbe applicabile qualora la Regione desse il proprio parere, ma negativo. A quale normativa occorrerebbe fare riferimento? Se si ritenesse applicabile quella del 2004 anche al caso del mancato accordo tra lo Stato e la Regione interessata, allora, per questa sua parte, lo Sblocca Italia sarebbe illegittimo. D’Altra parte lo stesso problema 10
si pone in relazione al c.d. «piano delle aree». L’art. 38, comma 1-bis, come modificato dalla legge di stabilità 2015, stabilisce quanto segue: «il Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, sentito il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, predispone un piano delle aree in cui sono consentite le attività di ricerca ed estrazione degli idrocarburi. Il piano, per le attività sulla terraferma, è adottato previa intesa con la Conferenza unificata. In caso di mancato raggiungimento dell’intesa, si provvede con le modalità di cui all’articolo 1, comma 8-bis, della legge 23 agosto 2004, n. 239». Come si vede, qui si estendono espressamente le regole semplificate previste per la «mancata espressione da parte delle amministrazioni regionali degli atti di assenso o di intesa» al caso del «mancato raggiungimento dell’intesa», ma si tratta di due ipotesi diverse: un conto è se gli Enti territoriali non si pronunciassero in alcun modo, allora l’inerzia potrebbe essere superata velocemente dallo Stato con l’esercizio del potere sostitutivo; altro conto è se essi si esprimessero dichiarando di non essere d’accordo; in questa evenienza, lo Stato, non può superare unilateralmente il dissenso manifestato, ma è tenuto ad aprire una reale trattativa. In relazione alla seconda condizione, cioè che l’esercizio della competenza statale non si spinga oltre quanto strettamente necessario, discutibile è che lo Sblocca Italia e la legge di stabilità 2015 qualifichino come strategica qualunque opera, persino quelle che ricadono fuori dal perimetro delle concessioni di coltivazione. In questo scenario, siamo in presenza di un richiamo generale alla strategicità e questo solleva dubbi circa il mancato rispetto dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza, riverberando previsioni di questo tipo in una invasione della competenza regionale in materia di energia.
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TRIVELLAZIONI
PETROLIFERE e RIFIUTI TOSSICI:
E’ CODICE ROSSO IN BASILICATA!
di Francesco Masi Coordinamento Nazionale No Triv - sez. Basilicata
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I dati ufficiali (sito Unmig) riportati nella deliberazione della Corte dei Conti di Basilicata dello scorso Aprile 2014, riguardanti il quadro dei rapporti tra estrazioni di petrolio e gas e processi di colonizzazione della Basilicata da parte delle multinazionali, parlano da soli. Ad oggi la Basilicata è già una gruviera, con 471 pozzi (in provincia di Potenza 270, in provincia di Matera 201) perforati dal 1921 al 2014. I pozzi oggi sono 106; in produzione ne sono 39; i non eroganti 57; quelli utilizzati “per altro scopo” (in primis reiniezione dei fanghi) sono 4; quelli “potenzialmente utilizzati” 6. Nella nostra Regione sono, inoltre, presenti ben 39 centrali di raccolta e trattamento, di cui 27 per trattamento di olio greggio, 12 di gas naturale. La Centrale di Raccolta e trattamento più importante ad oggi è quella di Viggiano in Val d’Agri (il c.d. “COVA”, vale a dire “Centro Oli”), che è in sostanza una centrale di preraffinazione, detta di idrodesolforizzazione, che tratta olio e gas proveniente da 25 pozzi, prima che gli idrocarburi vengano inviati tramite 136 km di 5 linee di tubi alle raffinerie di Taranto. Se dovessero andare sciaguratamente in porto le richieste di autorizzazione in atto, nella regione verrebbero costruiti almeno altri 3-4
Estrarre petrolio e gas non è come usare una cannuccia per bere da un lattina. Il ciclo estrattivo è altamente impattante, sin dal momento della ricerca, con l’uso di linee di cariche esplosive ed agenti chimici. centri di desolforizzazione, dato il carattere “duro” e sporco dell’olio lucano. Estrarre petrolio e gas non è come usare una cannuccia per bere da un lattina. Il
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ciclo estrattivo è altamente impattante, sin dal momento della ricerca, con l’uso di linee di cariche esplosive ed agenti chimici. E’ inquinante nel processo di perforazione, che per raggiungere a volte i 7.000 metri, implica l’uso di scalpelli con uranio impoverito e fluidi tossici perforanti per lubrificare e poi cementare le pareti del pozzo. Vengono usate oltre 500 sostanze, la maggior parte delle quali tenute segrete dalle compagnie. Si tratta di fluidi che accompagnano l’intera vita del pozzo, che inquinano per anni o decenni il sottosuolo, il suolo, le falde acquifere, producendo ogni giorno diverse tonnellate di fanghi di lavorazione (“acque di strato”), che devono essere smaltite affrontando costi elevati. Dal 2001 al 2014 il COVA di Viggiano inietta mediamente, a grande pressione in profondità, usando un pozzo esausto in località Montemurro (“Costa Molina 2”), ben 3.500 metri cubi di schifezze. Per questo l’Eni è stata costretta a trasportare con autobotti ogni giorno i fanghi di perforazione a Pisticci Scalo, presso la centrale di trattamento “Tecnoparco” spa, il cui amministratore delegato (e presidente di Confindustria) è sotto inchiesta dell’Antimafia insieme ad altri dirigenti, faccendieri, nonché al dirigente di Eni Sud. Il Basento è terribilmente inquinato, l’Arpab sta terminando le analisi mentre le attività di Tecnoparco legate al ciclo petrolifero sono sospese, le aree dichiarate “no food” in Valbasento
si ampliano di fatto, prima che sulla carta. Molti agricoltori e pastori sono costretti a chiudere le proprie attività, in Val d’Agri, in Valbasento, quanto a Corleto, Guardia Perticara, Gorgoglione, prima ancora che vada a pieno regime estrattivo, con ulteriori 60mila barili al giorno che si aggiungono ai circa 90mila estratti in Val d’Agri, il centro della concessione “Tempa Rossa”. Ai fanghi, al loro ciclo di trattamento, all’inquinamento delle acque del Basento, va aggiunto il grave inquinamento da metalli pesanti ed idrocarburi del lago del Pertusillo (che serve 3 milioni di pugliesi dopo i lucani); vanno aggiunti gli “enigmi dei pozzi collassati” tra gli anni '80 e '90, quando a grandi profondità si sono mescolati fanghi chimici, idrocarburi, falde acquifere. L'Antimafia indaga sulle acque in odore di ecomafia che partono da Viggiano e finiscono nel Basento dopo essere passate per Tecnoparco e il Governatore si guarda bene dal parlarne. Perché dovrebbe parlare dell'agricoltura innaffiata con le acque di scarto petrolifero 'smaltite in modo non corretto', come sostiene l'Antimafia? Si tratta di “concentrazioni di radionuclidi nove volte superiore alla quantità presente nell’acqua potabile”, rispetto al limite fissato dall’Unione europea. Stesso discorso “sia pure in misura minore, anche delle concentrazioni gamma”. Queste le risultanze dei rilievi effettuati dall’ARPAB presso l’impianto di deputazione di Tecnoparco in data 8 ottobre 2014. I campioni oggetto dell’analisi sono stati prelevati dalle autobotti provenienti dal Centro Olio Val d’Agri (COVA) Eni di Viggiano, “al fine di effettuare
uno screening radiometrico come previsto dal cronoprogramma sottoscritto precedentemente tra Regione, Comune di Pisticci, Tecnoparco, Arpab e Sindacati”, nonché “verificare lo stato radiologico dei luoghi e dei reflui provenienti dal COVA di Viggiano, tenendo conto che da fonti bibliografiche risulta che i rifiuti (acque di produzione, fanghi e tubini delle condutture) prodotti da attività estrattive (pozzi petroliferi o estrazione di gas naturale) possono contenere significative concentrazioni di radionuclidi naturali, come effetto delle estrazioni dal sottosuolo anche attraverso il veicolamento delle acque dagli strati profondi. Presso lo stabilimento “Tecnoparco spa” di Pisticci scalo vengono depurate le acque di lavorazione delle estrazioni petrolifere (circa 1000 metri cubi al giorno), in un contesto che vede l’impianto sprovvisto degli strumenti tecnologici necessari al trattamento delle citate sostanze, come si evince anche dall’Autorizzazione Integrata Ambientale. Ai pozzi a terra vanno aggiunti gli effetti letali dell’H2S, delle micro particelle volatili, del benzene, di altri prodotti insidiosi ed aggressivi, che in quasi 20 anni di attività estrattive hanno fortemente contribuito a raddoppiare leucemie, malattie cardiorespiratorie e della pelle, tumori. La Regione che fornisce già circa l’80% degli idrocarburi per contribuire alla bolletta energetica ed al 6% del consumo nazionale (il resto l’Italia deve comprarlo, ben sapendo che se pure si dovessero sfruttare tutte le risorse disponibili in terra ed in mare, il paese potrebbe garantire – dati ASPO – un’autonomia di non oltre 13 mesi!) ha il primato assoluto di essere la più colonizzata. L’incidenza delle attività estrattive riguarda oggi il 35% del territorio regionale. In caso di accoglimento delle numerose istanze di permesso, l’incidenza passerebbe al 65% del territorio! Nel golfo di Taranto insistono intanto ben 16 istanze di permesso, che prevedono l’utilizzo di tecniche fortemente impattanti già dalla fase dei sondaggi, quali l’"air gun", ovvero sparare in profondità micidiali cannonate ad aria compressa capaci di disorientare ed uccidere cetacei, branchi di pesci, condizionando la stessa riproduzione ittica ed accelerando i fenomeni di
subsidenza. Mentre il presidente Pittella rivendica come una vittoria l’ennesimo emendamento all’art 38 della legge c.d. “Sblocca Italia” per accelerare le procedure di concessione alle compagnie petrolifere, non dobbiamo dimenticare che dopo 20 anni di estrazioni la Basilicata resta la regione più povera del Sud, con un tasso di disoccupazione ed emigrazione crescente (è proprio la Val d’Agri l’area capofila dell’emigrazione e delle dismissioni delle aziende agricole e zootecniche), la stessa Assomineraria stima l’incidenza delle attività petrolifere sul prodotto interno lordo nazionale per non oltre lo 0,5%, mentre le attività turistiche incidono per il 10,3%. Mentre la cordata del governatore lucano e delle multinazionali degli idrocarburi procede spedita facendo tesoro dei colpi di fiducia di un parlamento blindato ed ostaggio delle lobbies, che corre verso la cancellazione delle prerogative concorrenti Stato-Regione a partire dalla materia energetica tramite la revisione del Titolo V della Costituzione; con lo Sblocca Italia si corre con la logica di “strategicità, indifferibilità, urgenza”, verso lo strapiombo della cancellazione di ampi spazi di partecipazione e democrazia, negando di fatto il diritto
Ad oggi in Basilicata su terraferma gravano 11 permessi di ricerca e 20 concessioni di coltivazione accordate, 18 istanze di ricerca. all’autodeterminazione. Sulla Basilicata pende la minaccia del raddoppio estrattivo deciso nella nuova Strategia Energetica Nazionale (2012), che porterebbe a circa 180 mila barili al giorno il volume dell’estratto. Ad oggi in Basilicata su terraferma gravano 11 permessi di ricerca e 20 concessioni di coltivazione accordate, 18 istanze di ricerca. In Italia si attendono altre 100 istanze, che potrebbero aumentare grazie alle facilitazioni della Legge “Sblocca Italia”. Di certo la maggior parte di queste istanze riguar-
derà la nostra Regione. Di recente è in atto una campagna battente capitanata dall’assessore (toscano) all’Ambiente Berlinguer per la creazione di una Basilicata “area a fiscalità differenziata” (zona franca) per gli idrocarburi, con la finalità di incrementare un effetto di “percezione” dei benefici (?) estrattivi. E’ evidente che di fronte alla cancellazione di ogni diritto di decidere su quale modello di economia e di organizzazione democratica che ci viene imposta dall’alto non sarà possibile attendere a lungo per far valere il diritto alla salute, al reddito, alla ricerca della felicità e del benessere. Perché questi diritti devono essere rivendicati qui ed ora, con chiarezza, con determinazione, con unità, con organizzazione!
di Alberto Zaccagni - Associazione Apnea Pantelleria Onlus
UN MARE DI PETROLIO
Scriverò del mare e non per narrarne le bellezze. Scriverò del mare Mediterraneo ‘off shore’, distante dalla costa. Un mare profondo centinaia di metri, che pochi conoscono e frequentano, ma che tanti, oggi, vogliono sfruttare, saccheggiare, depredare. Scriverò di quel mare oltre le 12 miglia dalle terre emerse, attuale ‘farwest’, zona di nessuno che, invece, è bene comune di tutti, scrigno della vita e bacino di enormi ricchezze culturali, naturali, biologiche e minerarie. Scriverò per testimoniare che oggi questo mare si trova sull’orlo del collasso. Il Mediterraneo è, adesso più che mai, un mare in pericolo. E’ a questo mare che le Nazioni rivierasche rivolgono i loro interessi energetici, puntando a estrarne le presunte risorse di idrocarburi. L’Italia da parte sua, con il favore indiscusso e indiscutibile del governo Renzi, si è schierata per lo sfruttamento di queste risorse difficili, rischiose e comunque in via di esaurimento. Il petrolio facile da estrarre e a basso costo è terminato. Restano da bucare i fondali oceanici, l'Artico, lo sfruttamento delle sabbie bituminose, il fraking e trivellare i fragili fondali del Mediterraneo, nonostante sia un mare chiuso, con un minimo flusso attraverso lo stretto di Gibilterra, talmente chiuso che necessita di oltre un secolo per il ricambio delle sue acque. Il Mediterraneo è il mare con la più alta densità al mondo di abitanti sulle coste; pur costituendo solo l’1% delle acque salate del mondo, sopporta già il 35% del traffico navi. Il mare dove l’80% degli stock ittici sono a rischio estinzione; il mare che ha ancora la più ricca biodiversità e i più vari e spettacolari aspetti naturalistici, storici e ambientali. Il Canale di Sicilia è lo stretto che divide in due bacini il Mediterraneo; largo poche decine di miglia, è caratterizzato da un innalzamento del fondale tale da creare una zona di banchi,
taluni pressoché affioranti. E’ il luogo di incontro delle correnti profonde e fredde del bacino orientale e le correnti superficiali calde che provengono da Gibilterra. La sua biodiversità, proprio per le uniche caratteristiche geofisiche, è la più ricca di tutto il Mediterraneo, indicata sin dal Protocollo di Barcellona del 1995, come una delle principali aree a massima protezione ambientale. Pantelleria è al centro di quest’area. Nell’agosto 2010, senza nessun preavviso, apparve al largo della nostra isola una piattaforma petrolifera di ricerca. Da allora, insieme a coraggiosi compagni, abbiamo scoperto come la maggior parte del Canale di Sicilia fosse stato dato in concessione a società a responsabilità limitata fantasma, con irrisori capitali sociali, domiciliate in sedi vuote. Società tanto sicure di ottenere le concessioni da presentare, in alcuni casi, le valutazioni ambientali copiando e incollando precedenti domande, a prescindere se localizzate nell’Adriatico o nel Canale di Sicilia e, talvolta, dimenticando di correggere latitudine e longitudine dei punti. Sull’estratto il nostro Stato chiede royalties ridicole tra il 4% e il 7%, ma i primi 300 mila barili annui sono gratis e comunque sono le compagnie stesse a dichiarare la quantità estratta.
Nello sciagurato caso di incidente, raro ma possibile, non esiste alcun piano di sicurezza e nessuno sa chi e come deve intervenire; la compagnia, comunque, risponde solo per il capitale sociale, poi se ne lavano le mani.
Nello sciagurato caso di incidente, raro ma possibile, non esiste alcun piano di sicurezza e nessuno sa chi e come deve intervenire; la compagnia, comunque, risponde solo per il capitale sociale, poi se ne lavano le mani. Nessun obbligo di smaltimento dei residui e dei fanghi causati dalla trivellazione. Nessun controllo delle famose perdite routinarie che sono date per scontate e che si perdono negli abissi, per poi ritrovarcele forse in tavola sotto forma di pescato. Nessuna compensazione è prevista per i cittadini e le terre circostanti, a loro spetta solo assistere allo scempio e godersi magari lo spettacolo di una piattaforma sul tramonto o, nel peggiore dei casi, doversi aspettare l’incubo di una nuova e definitiva “Deepwater Horizon” per il Mediterraneo. Nessuna limitazione a indagini sismiche per scoprire i giacimenti del sottosuolo marino, i famosi airgun, bombe ad aria compressa a 200 atmosfere fatte brillare 24 ore su 24 in mare per mesi, a cadenza di ogni 15 minuti. Ancora oggi si dichiara che non sono dannose né ai pesci né ai mammiferi marini. Le mitigazioni di routine richieste dalla VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale) prevedono biologi ISPRA quali osservatori di cetacei a bordo, durante le campagne sismiche. I mammiferi atterriti non compaiono mai, autorizzando in questo modo il procedere di future trivellazioni. La concessione media nel Canale di Sicilia si estende per 500 km2. Il canone della concessione è 5 euro/km2 annuo: 2.500 euro all’anno, meno di un affitto di un box auto. Ultimamente le società petrolifere, per non superare i termini di scadenza, hanno ottenuto la sospensione delle concessioni, motivando di non avere i mezzi idonei per operare. Il nostro Stato, magnanimo con i
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forti e inflessibile con i deboli, ha concesso la sospensione e congelato anche il pagamento del canone. Come possiamo mettere nelle mani di questo Stato e di questi uomini, che promulgano tali leggi e regole, il nostro mare e il nostro futuro? Una campagna pubblicitaria a mezzo stampa, congegnata per far apparire tanto vantaggioso lo sfruttamento selvaggio dei sottofondi marini, è andata crescendo, prendendo forza dalla mutilazione del decreto Prestigiacomo 128/10, da parte del ministro Passera per retroattività e, in seguito, dall’azione del ministro Zanonato, che con un colpo da illusionista ha propagandato un ridimensionamento delle zone italiane off shore trivellabili, in realtà ampliando le zone sfruttabili. Infiniti articoli su quotidiani, settimanali e mensili, sia italiani che internazionali, imperversano chiedendosi perché dobbiamo dipendere da Stati esteri per le energie, quando abbiamo un Texas sotto il mare di casa. Nessuno spiega che la qualità dell’idrocarburo è talmente bassa e tal-
mente grande la distanza dalla costa, da necessitare di un’apposita nave acclusa alla piattaforma, per lo stoccaggio e la desolforizzazione da attuare direttamente in mare, con grande rilascio di residui nel mare e nell’aria. Mai viene evidenziato che le nostre grandi riserve potrebbero servire, al meglio, per un tempo ridicolmente ristretto del nostro fabbisogno nazionale e che, comunque, sono riserve esigue, la cui unica certezza è che sono destinate all’esaurimento. Si riempiono pagine di quanto PIL nascosto abbiamo sottoterra, non considerando quanto se ne perderebbe di PIL danneggiando per sempre le nostre bellezze naturali, storiche ed economiche quali il turismo, la pesca e l’agricoltura. A questo proposito l’Assomineraria ha pubblicato, commissionando al prof. Alberto Clò (ex ministro dello sviluppo economico), lo studio denominato “La coesistenza tra idrocarburi e territorio in Italia”, “Esperienze e proposte di interazione tra oil e gas e Agricoltura Pesca Turismo (APT)”. La ricerca vuole dimostrare, applicando un metodo di “statistica fredda”, quanto possono essere compatibili e sinergici i settori presi in esame. Non convince assolutamente l’equazione presentata tra le righe che potrebbe esser così semplificata: visto che nel mare romagnolo dagli anni ‘50 esistono piattaforme (solo di gas) e da allora il turismo è aumentato più che della media nazionale; visto che l’agricoltura ha trionfato nel mondo con prodotti unici - la pesca meno, ma rientra nella media nazionale; visto che lungo la riviera romagnola sono
state assegnate più bandiere blu che in Sicilia. Ergo se ne deduce che le trivelle fanno bene all’economia. Una esigua parte del lavoro annovera alcune banali proposte, tra le quali è ricorrente il tema fondamentale della collaborazione, comunicazione, informazione, partecipazione con e a favore del territorio. Vi posso assicurare che in 5 anni, da quando mi occupo di questo argomento, mai c’è stato alcun accenno al contatto da parte del mondo OIL. Tutte le civili proteste che il mondo minerario conosce bene, tra l’altro ben schedate ed elencate nel testo, potranno ben valere un confronto civile! A tutt’oggi, studiando le concessioni e le richieste VIA, il mondo del pertolio ci si presenta in un modo opaco, che non ha nessun interesse a essere collaborativo. Appare drammaticamente evidente nel lavoro di Assomineraria, presentato al Ministro Guidi, la mancanza assoluta di una comparazione economica costi/benefici tra un territorio, poniamo il Canale di Sicilia, trasformato in un campo minerario disseminato di trivelle, navi-cisterna e desolforanti, e lo stesso, invece, sviluppato secondo canoni di tutela ambientale, protezione e pianificazione delle risorse naturali, spinto verso una direzione sostenibile sotto tutti i punti di vista. Uno studio finanziario serio e sensato potrebbe essere uno strumento fondamentale per un amministratore, al fine di poter scegliere cosa convenga fare per il bene della società rappresentata. Uno studio valutativo che consideri le ricadute sociali, ambientali ed economiche e non
solo i vantaggi per le lobby. Ma questa è fantasia leggendo la favola del professor Clò. La questione trivellazioni ed estrazione fine a se stessa è un tema sicuramente riduttivo. Senza certo dimenticare il terrificante tema delle guerre e sopraffazioni mondiali in nome dell’oro nero, quale ultimo scenario, se ce ne fosse ancora bisogno, la Libia, nostro più vicino catalogo di orrori, e tutta la filiera del petrolio, dall’estrazione al trasporto fino alla raffinazione, che crea il grande pericolo ambientale, con le note ricadute sociali e sanitarie. Limitiamoci alla Sicilia. Cosa è successo a Priolo, Gela, Augusta, Termini Imerese, Milazzo? Si può affermare che questi siti siano un modello di sviluppo compatibile? Se no, come si intende rimediare a questi disastri in futuro? Il recente ricatto di ENI di chiudere le raffinerie e licenziare migliaia di operai è l’innesco della classica guerra tra poveri: lavoratori contro chi vuol tutelare l’ambiente. La Regione Sicilia, così costretta, ha ultimamente approvato le trivellazioni in mare e sulla terra, proseguendo la stessa distruttiva linea di condotta.
Cercare di limitare progressivamente il petrolio non significa limitare lo sviluppo, perché lo sviluppo futuro, lo sviluppo delle nostre prossime generazioni, lo sappiamo tutti, va in un'altra direzione. Cercare di limitare progressivamente il petrolio non significa limitare lo sviluppo, perché lo sviluppo futuro, lo sviluppo delle nostre
prossime generazioni, lo sappiamo tutti, va in un'altra direzione. Pare, invece, non saperlo il nostro attuale governo, composto da tanti giovani attori totalmente deludenti in sensibilità e lungimiranza ambientale: con l’approvazione dell’Art. 38 della legge 164/2014 si dichiara, in clamoroso contrasto alle già vigenti direttive Europee, tra cui la 30/EU del 12 giugno 2013 sulla sicurezza delle operazioni off shore oil & gas, da recepire entro il 19 luglio 2015, le cui finalità, seppur lacunose e limitate in alcune parti, sono comunque un importante passo in avanti. Non è, quindi, il rischio di incorrere in un procedimento di infrazione alle direttive europee che ci deve preoccupare, ma l’evidente assenza da parte dello Stato italiano di un’accorta e sensata politica di tutela della vita e dell’ambiente.
Carta Salata Premesso che: un popolo Premesso che: che non riesce a mantenere integro e sano il proprio ambiente non può essere definito civile. un popolo che non riesce a mantenere integro e sano il proprio ambiente non può essere definito civile.
Considerato che: che: Considerato
• ogni essenzialmentedidiacqua acquae eche cheoltre oltredue due terzidella dellasuperficie superficie ogniforma forma vivente vivente èè composta composta essenzialmente terzi terreste sonoricoperti ricopertida daacqua acquasalata; salata; terreste sono •la vita sviluppata nell’acqua nell’acquasalata salatadei deimari; mari; la vitanel nelpianeta pianetaTerra Terraha hapreso presoorigine origine ee si si èè sviluppata • la salute del mare è condizione essenziale per il mantenimento della vita sulla Terra; la salute del mare è condizione essenziale per il mantenimento della vita sulla Terra; •la compromissione della biodiversità, un irrazionale sfruttamento delle risorse marine, l’inquina la compromissione della del biodiversità, uncondizioni irrazionaledi sfruttamento delle risorse marine, mento e la contaminazione mare creano impoverimento ed involuzione culturale l’inquinamento e la contaminazione del mare creano condizioni di impoverimento ed dei popoli; involuzione culturale dei popoli; • il bacino del Mediterraneo, indiscussa culla di tutte le civiltà e scrigno di una straordinaria e fra il biodiversità, bacino del Mediterraneo, di tutte le civiltà e scrigno di una straordinaria e gile deve essereindiscussa oggetto diculla particolarissima attenzione; fragile biodiversità, deve essere oggetto di particolarissima attenzione; • le attuali condizioni di rischio del Mar Mediterraneo, derivanti soprattutto dalla forte pressione le attuali condizioni rischiodidel Marillegale, Mediterraneo, derivanti soprattutto dalla sfruttaforte antropica costiera, dalle di pratiche pesca dal flusso dei traffici, dal pericoloso pressione antropica costiera, dalle pratiche di pesca illegale, dal flusso dei traffici, dal mento del sottosuolo marino ed in particolare dalle attività di estrazione di idrocarburi, impongopericoloso sfruttamento del sottosuolo marino ed in particolare dalle attività di estrazione di no nuove attività e norme di tutela che siano condivise e praticate da tutti gli Stati che vi si affacidrocarburi, impongono nuove attività e norme di tutela che siano condivise e praticate da tutti ciano e da cittadini che vi tutti vivono; gli Stati chetutti vi sii affacciano e da i cittadini che vi vivono; • l’Italia per sua collocazione geografica e per la sua storia trascorsa e futura, occupa nel Mediter l’Italia per sua collocazione geografica e per la sua storia trascorsa e futura, occupa nel raneo un ruolo di perno e assoluta centralità; Mediterraneo un ruolo di perno e assoluta centralità; • tutela e valorizzazione dell’ambiente marino, dei beni culturali e paesaggistici ad esso intima tutela e valorizzazione dell’ambiente marino, edei beni culturali e paesaggistici esso mente legati devono costituire obiettivo primario strategico della Nazione per il suoadprogresso intimamente legati devono costituire obiettivo primario e strategico della Nazione per il suo economico e sociale; progresso economico e sociale; • il costante incremento del turismo sostenibile è componente essenziale del futuro sviluppo eco il costante incremento del turismo sostenibile è componente essenziale del futuro sviluppo nomico del nostro Paese e delle popolazioni mediterranee. economico del nostro Paese e delle popolazioni mediterranee.
Poiché ritengo che che ognuno di noidi ènoi corresponsabile della della qualità delladella sua vita e di equella delledelle future Poiché ritengo ognuno è corresponsabile qualità sua vita di quella generazioni future generazioni mi impegno: mi impegno:
a non arrecare danno all’acqua salata; a nonda arrecare danno all’acqua salata;alla sua integrità; a difenderla ogni possibile aggressione a promuovere ogni da adeguata forma di tutela delalla mare; a difenderla ogni possibile aggressione sua integrità; a rispettare la vita e l’ambiente marino e la compatibilità con le corrette attività umane. a promuovere ogni adeguata forma di tutela del mare; a rispettare la gli vita e l’ambiente e la compatibilità corrette attività di umane. Secondo i principi e impegni della marino “Carta salata” orienterò icon mieilecomportamenti uomo e cittadino.
Secondo i principi e gli impegni della “Carta salata” orienterò i miei comportamenti di uomo e cittadino.
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da www.energiaperlitalia.it
Appello al Governo sulla Strategia Energetica Nazionale Siamo un gruppo di docenti e ricercatori di Università e Centri di ricerca, pienamente convinti che non sia più il tempo in cui gli scienziati possono chiudersi nelle loro torri d’avorio per dilettarsi con le loro ricerche, senza curarsi dei problemi della società in cui operano e di quelli dell’intero pianeta. Per il privilegio che abbiamo avuto di poter compiere studi universitari e di lavorare nel campo della ricerca e dell’insegnamento, abbiamo la responsabilità di condividere conoscenze e informazioni scientificamente corrette e dobbiamo dare il massimo contributo per superare le difficoltà che caratterizzano la nostra epoca. Ogni giorno di più ci rendiamo conto della fragilità del mondo in cui viviamo e possiamo dire, con Hans Jonas che “è lo smisurato potere che ci siamo dati, su noi stessi e sull’ambiente, ad imporci di sapere cosa stiamo facendo e di scegliere in quale direzione vogliamo inoltrarci”. E’ sempre più urgente, quindi, che gli scienziati guardino oltre i confini del loro laboratorio per contribuire a compiere scelte che permettano alla nostra e alle prossime generazioni di vivere in un pianeta più accogliente, in una società più giusta e in un contesto internazionale più pacifico. Siamo pienamente consapevoli che la responsabilità di prendere decisioni, sia in campo nazionale che internazionale, spetta ai politici democraticamente eletti e non pretendiamo affatto che si affidi la guida politica del Paese ad “esperti”. Crediamo però che, come accade nelle nazioni più progredite, i politici abbiano il dovere di consultare gli scienziati sui problemi che possono essere affrontati e risolti soltanto con una approfondita conoscenza della materia. Uno dei problemi più delicati e più difficili che il nostro Paese ed il mondo intero hanno oggi di fronte è quello dell’energia; non solo perché l’energia è la risorsa più importante per l’umanità, ma anche perché l’approvvigionamento e il consumo di questa risorsa sono direttamente collegati alla crisi climatica che minaccia gravemente l’intero pianeta, all’inquinamento dell’aria che respiriamo, al degrado del paesaggio, alla perdita di biodiversità, alla disuguaglianza fra le nazioni e a quasi tutte le crisi politiche e le guerre che devastano intere regioni. Le decisioni che verranno prese riguardo il problema energetico condizioneranno non solo la nostra vita, ma ancor più quella dei nostri figli e dei nostri nipoti. Per prendere decisioni sagge su un tema così complesso è necessaria una stretta collaborazione fra scienza e politica, con forte coinvolgimento dell’opinione pubblica. Per questo ci siamo rivolti al Governo con la lettera aperta pubblicata su questo sito. Affinché il dialogo sulle scelte energetiche avvenga in modo pubblico, trasparente e autorevole, crediamo che il Governo, prima di assumere decisioni praticamente irreversibili come quella di procedere ad estese perforazioni del nostro territorio e dei nostri mari, debba promuovere una sede di consultazione tra scienziati e politici. Nell’attesa di una decisione sulle scelte riguardo le fonti di energia da sviluppare, scelte che non possono essere troppo procrastinate, ma che neppure possono essere fatte senza grande ponderatezza, chiediamo al Governo, e in particolare ai ministri della Pubblica Istruzione, dell’Ambiente e della Salute di promuovere con tutti i mezzi possibili una campagna per una maggiore sobrietà ed una maggiore efficienza nell’uso dell’energia. In questo momento storico sobrietà ed efficienza sono le due colonne su cui dovrà poggiare lo sviluppo di nuove fonti energetiche, qualunque scelta si vorrà fare. In particolare, è necessario dare agli studenti delle scuole di ogni ordine e grado un messaggio di alto profilo culturale per far loro capire quello che la nostra generazione ha sostanzialmente ignorato, e cioè che le risorse del pianeta Terra sono limitate e che quindi i consumi, e ancor più gli sprechi, non possono crescere all’infinito.
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a cura di Comitato No Triv - CSOA Scurìa Foggia
DOSSIER estrazioni idrocarburi provincia di foggia Quando si guarda un panorama, la prima cosa che colpisce lo sguardo è la visione generale delle cose, la vista si sofferma sull’orizzonte in maniera indistinta, guardando quello che si ha davanti, senza focalizzarsi, in un primo momento, su nessun particolare. È come se si stesse su una torre, sveva o angioina, una delle tante che troviamo nella nostra provincia e da cui si ha sempre un’ottima visuale sul territorio circostante. Scrutando il generale, si nota come in Puglia, la provincia di Foggia, rappresenti la zona più interessata dallo scavo di pozzi per la ricerca di idrocarburi, anzi ad essere più precisi è quasi l’unica zona della regione ad esserne interessata, infatti sui 359 pozzi perforati, solo 5 non sono presenti in Capitanata. Quella dei pozzi e delle esplorazioni di giacimenti di idrocarburi nella provincia di Foggia, inoltre, è una storia lunga, che ha visto il suo massimo sviluppo negli anni sessanta, in pieno boom economico, ma anche propaggini sensibili, benchè in calo, fino agli anni novanta1. L’attività estrattiva è legata essenzialmente al metano, infatti quasi due terzi dei 354 pozzi sono caratterizzati dalla presenza di gas metano e, se si considera che l’altro terzo è fondamentalmente risultato sterile alle indagini e, al contempo, i pozzi petroliferi sono numericamente molto pochi, si può percepire come l’intera filiera delle trivelle e degli idrocarburi in provincia di Foggia sia legata quasi esclusivamente al metano2. attivita di ricerca/coltivazione idrocarburi in provincia di Foggia
Mappa dei pozzi in provincia di Foggia, così come illustrato dalla Medoilgas, nella presentazione divulgativa proposta al Comune di Foggia
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Per chi fosse interessato alle cifre, dal sito del Ministero dello Sviluppo Economico si può notare come dei 354 pozzi presenti in Capitanata e dividendo gli anni in decadi tra il 1950 e il 1959 i pozzi scavati sono 6; tra il 1960 e il 1969 sono 155; tra il 1970 e il 1979 sono 64; tra il 1980 e il 1989 sono 66; tra il 1990 e il 1999 sono 49; tra il 2000 e il 2009 sono 11; mentre dopo il 2010 è solo 1. 2 Sempre per gli appassionati di numeri: su 354 pozzi, 211 sono risultati caratterizzati da metano, 132 sterili, 9 da olio e 2 indiziati a metano.
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IL PARTICOLARE Quando poi, saliti sulla torre, l’occhio ha già messo a fuoco l’intero panorama, osservando con attenzione lo spazio circostante, vengono fuori i particolari, si intravedono e poi studiandoli ne esce man mano la forma esatta. Ci vuole tempo e anche fortuna. Entrambe hanno voluto che, casualmente, si venisse a conoscenza della richiesta fatta dalla Medoilgas Italia Spa al Comune di Foggia per la costruzione di un pozzo denominato Masseria Conca 1. Per studiare un particolare, però, bisogna procedere con ordine e quindi la prima domanda che sorge spontanea è: chi o cosa è la Medoilgas? Si tratta di una società laziale, che possiede in Italia diverse concessioni di coltivazione mineraria, in pratica permessi per poter esplorare il territorio alla ricerca di idrocarburi per poi, nel caso, procedere all’estrazione seguendo la legislazione vigente. Nel luglio del 2014 la Medoilgas cambia proprietà e passa sotto l’egida della Rockhopper Exploration, multinazionale britannica che opera presso le isole Falkland, ma questo, ovviamente, non cambia i presupposti per cui l’azienda opera, cioè trivellare e cercare idrocarburi sfruttando il territorio. Concentrando ancor di più l’attenzione sulla società predetta, si può notare come in provincia di Foggia, essa disponga di una concessione che ha un raggio d’azione molto ampio, in una zona che si stende tra Lucera e Foggia, comprendendo anche la zona a sud di quest’ultima e posta in maniera molto ravvicinata al Parco Regionale dell’Incoronata e all’ancor più importante invaso di San Giusto.
La mappa della concessione è estrapolata dal sito del Ministero dello Sviluppo Economico
All’interno della concessione sono già stati perforati, durante gli anni novanta, i pozzi di Torrente Celone 1 e Vigna Nocelli 1, entrambi riscontrati produttivi, ma a detta del Ministero dello Sviluppo Economico non più operanti e il pozzo Lucera 6 risultato, invece, sterile. La Medoilgas, però, all’inizio del 2014 pone la propria attenzione a vagliare la presenza di idrocarburi attraverso la perforazione di un pozzo nella zona di Masseria Conca, una zona che si trova 5 km a sud-ovest di Foggia, ai più nota come Salice, zona periferica, ma abitata e che nonostante l’espansione della città e il proliferare di abitazioni riesce a mantenere ancora una peculiare caratterizzazione agricola. Il pozzo nelle intenzioni dell’azienda verrebbe perforato a soli 168 metri dal fabbricato civile più vicino.
Foto presa da GoogleMaps del luogo preciso dell’ipotetica trivellazione
P O L I S A M B I E N T E
LO STATO DELLE COSE In realtà, nel 2012 la Medoilgas aveva già provato ad ottenere il permesso di esplorazione della stessa zona, differenziando di 100 metri il luogo della perforazione, con la denominazione del pozzo in Sipari 1 Dir senza, però, ottenere la valutazione di impatto ambientale dalla Provincia di Foggia, diniego causato dell’estrema vicinanza al centro cittadino. La Medoilgas, però, non molla e ricorre al Tar, che però proprio nel dicembre del 2014 boccia la richiesta dell’azienda, giudicando ancora una volta (come se ce ne fosse bisogno, ma evidentemente c’è bisogno!) come pericolosa la possibilità di trivellare a pochi chilometri dal centro abitato.
La bocciatura del primo pozzo non ha però fermato l’azienda nel richiedere nel medesimo luogo l’apertura di un altro pozzo, esattamente quello di Masseria Conca 1 Dir, presentando così la richiesta, tra gli altri enti, anche al Comune di Foggia. Un po’ come il gioco delle tre carte. La bocciatura del primo pozzo non ha però fermato l’azienda nel richiedere nel medesimo luogo l’apertura di un altro pozzo, esattamente quello di Masseria Conca 1 Dir, presentando così la richiesta, tra gli altri enti, anche al Comune di Foggia. Un po’ come il gioco delle tre carte. Le problematiche ricondotte a questo tipo di intervento sono, però, molteplici e legate ad aspetti diversi del territorio in cui si vorrebbe andare a operare e legate non solo alla vicinanza delle abitazioni. In primis, una trivellazione che si prospetta scenda ad una 28
profondità di 1260 metri, rischia di intaccare in maniera permanente le falde acquifere della zona, che vengono utilizzate non solo per le necessità delle abitazioni, ma anche per quelle agricole, dall’irrigazione dei campi all’allevamento del bestiame, con gravi rischi per la salute. La zona del Salice, inoltre, è già oggetto del fenomeno della subsidenza, che consiste nell’abbassamento del terreno a causa dell’estrazione di materiale dal sottosuolo, anche della semplice acqua e si comprende, quindi, come un’ulteriore estrazione industriale potrebbe solamente accrescere questo tipo di problema; il tutto in un territorio che è sempre e comunque a rischio sismico, così come la storia, quella passata e quella recente, ci ricorda. Al di là di questi aspetti specificatamente ambientali, sussistono comunque ulteriori questioni legate alla vera e propria cantierizzazione del pozzo, riguardante l’attività industriale come il rumore e le vibrazioni, senza contare le vasche per il lavaggio industriale contenenti sostanze inquinanti e lo smaltimento di esse. Inoltre se la ricerca di metano risulterà positiva prevederà ipoteticamente la costruzione di un metanodotto che per forza di cose passerà tra abitazioni e campi agricoli, con tutti i possibili pericoli che concernono la situazione. In ultimo, ma solo nell’ordine esposto, la zona è altresì percorsa da diversi tratturi, che man mano stanno scomparendo, ma che sono memoria storica di quelli che erano percorsi durante la transumanza e quindi con un valore storico da tutelare. C’è da aggiungere, inoltre, che la tecnica usata per esplorare ed estrarre il gas trovato è quella del fracking, fratturazione idraulica, con la quale si pompano nel sottosuolo getti di acqua e solventi ad alta temperatura e ad altissima pressione per determinare la fuoriuscita di gas. Questo procedimento è molto invasivo per il terreno e consuma enormi quantità di acqua, non a caso si presuppone la costruzione di una stazione di pompaggio, e l’utilizzo dei solventi espo-
ne il terreno circostante a rischi ambientali legati, appunto, alle sostanze chimiche impiegate. Nella presentazione divulgativa esposta al Comune di Foggia la Medoilgas, inoltre, nell’assicurare e soprattutto rassicurare l’impatto ambientale della propria azione, parla di ripristino totale dell’intera area pozzo, riportando il sito allo status di quo ante; in parole povere l’azienda dice di lasciare il posto così come lo aveva trovato. Nel qual caso, qualcuno decidesse di andare a vedere le condizioni di uno dei pozzi perforati e non più utilizzabili potrebbe, tranquillamente,
capire il loro concetto di ripristino totale dell’area. È il caso, a esempio, del pozzo Torrente Celone 1, che si è trovato in queste condizioni. Come si può vedere dalle fotografie, si tratta di un’area delimitata da una rete, cinta da filo spinato, con dentro un po’ di tutto, da materiale lasciato e, forse abbandonato, senza nessuna precauzione. Inoltre la presumibile area del pozzo è identificabile con la base di cemento che si trova dentro lo spazio delimitato e che si può osservare in quest’altra immagine. Oltre a ciò, fuori dall’area interessata, a poco più di un centinaio di metri, si è riscontrata anche la presenza di un cratere molto largo e profondo, di un diametro presumibilmente di una ventina di metri e della profondità di almeno una decina, sulla cui utilità non abbiamo ancora certezze, ma quello che ci appare chiaro, vista l’estrema vicinanza, è che sia legato all’attività del pozzo.
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IMPREVISTI Allo stato attuale delle cose, la richiesta della Medoilgas riguardante il pozzo da fare al Salice, sembra bloccata, anche e soprattutto per non aver avuto a oggi le autorizzazioni necessarie, innanzitutto la valutazione d’impatto ambientale. Tuttavia, come nel gioco del Monopoli, può capitare la carta “imprevisti” e come succede spesso negli ultimi anni, non è da poco l’imprevisto che capita nella carta che si è pescata; anzi a essere precisi che hanno forzatamente pescato dal mazzo. Mica l’abbiamo scelta. Nella fattispecie è il decreto Sblocca Italia, il quale attribuisce un carattere d’interesse strategico, di pubblica utilità, urgente e indifferibile a tutte le attività legate alla produzione energetica e nello specifico alle attività di rigassificazione e trasporto del gas in Italia e in Europa e a quelle di prospezione, ricerca ed estrazione di idrocarburi e stoccaggio sotterraneo del gas1. L’obiettivo del decreto è, senza troppe scuse, snellire il tempo delle autorizzazioni e, al contempo, evitare impedimenti da parte delle istituzioni dei territori. Perseguendo questa linea, quindi, per quanto riguarda le concessioni offshore (per intenderci le trivellazioni in mare) e le relative autorizzazioni ambientali, il procedimento viene riportato direttamente in capo ai ministeri competenti; mentre per le concessioni di esplorazione in terraferma, il procedimento è leggermente diverso e prevede una generica intesa tra il Ministero competente e le Regioni interessate, il tutto, però, in seno ad un titolo concessorio unico, il quale è, invece, concesso esclusivamente dal Ministero dello Sviluppo Economico.
1 Per chi volesse approfondire gli articoli in questione sono: 36, 37 e 38 del capo IX riguardante Misure urgenti in materia di energia.
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In questo quadro, inoltre, le procedure di valutazione d’impatto ambientale relative a istanze di ricerca, permessi di ricerca e concessioni di coltivazione, divengono di competenza diretta del Ministero dell’Ambiente, saltando a piè pari il passaggio dalle Regioni competenti e, di fatto, esautorando queste ultime da ogni tipo di decisione. A tal proposito si segnala che la Regione Puglia ha deciso di impugnare l’art. 38 dello Sblocca Italia dinanzi alla Corte Costituzionale. Questo decreto, inoltre, ha imposto nei fatti una modifica che ha sconvolto in breve tempo l’elenco delle istruttorie in corso, infatti da un lato aveva fissato la data del 31 dicembre 2014 come termine ultimo entro il quale gli enti locali, come il Comune o la Regione, dovevano chiudere i procedimenti di valutazione d’impatto ambientale già aperti, obbligando poi gli enti ritardatari, dopo quella data, al trasferimento della pratica al Ministero dell’Ambiente; ma dall’altro lato, offriva già la possibilità alle aziende di richiedere l’inserimento di una determinata pratica all’interno del titolo concessorio unico e quindi saltare direttamente tutta la fase intermedia fin dall’inizio, rapportandosi direttamente con il ministero. In definitiva in un contesto legislativo che cambia velocemente, con chiare scelte politiche e di sviluppo sempre più marcatamente e sfacciatamente piegate ai voleri di Confindustria e nello specifico alle compagnie petrolifere, non resta che restare all’erta, perché da un momento all’altro potremmo veramente ritrovarci con un pozzo o un metanodotto sotto il balcone di casa, che sia una villetta al Salice o in un altro quartiere periferico di Foggia.
BIOMASSE UN'ALTERNATIVA CHE SI RINNOVA ? di Valentina Mogavero
Dott.ssa Magistrale in Scienze e Tecnologie Forestali e Ambientali
Produzione e sfruttamento di biomasse di origine legnose: il case study del Molise
La progressiva diminuzione dei combustibili fossili e il conto salatissimo, in termini di impatto ambientale, generato dal loro utilizzo incontrollato hanno determinato nel corso del tempo un'attenzione sempre maggiore verso le fonti di energia rinnovabili. Di solito si considera "fonte di energia rinnovabile" una risorsa da cui si può ricavare energia che si rinnova velocemente nel tempo e che non diminuisce con l'uso da parte dell'uomo, se sfruttata entro certi limiti. Le biomasse forestali rientrano in questa definizione. In generale la biomassa è definita come la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui pro32
venienti dall’agricoltura e dalla silvicoltura, che comprende sia parti vegetali che animali. Nel corso dei miei studi ho avuto l'occasione di condurre una valutazione della possibilità di produrre e sfruttare biomasse forestali (pellet, cippato, legna da ardere) in Molise, regione recentemente salita alla ribalta della cronaca proprio per aver revocato la decisione di realizzare un impianto a biomasse di grandi dimensioni sul suo territorio. A partire da questa esperienza, il mio scopo qui è quello di esporre alcune considerazioni chiarificatrici sulla praticabilità dello sfruttamento delle biomasse in generale, in quanto alternativa
all'utilizzo dei combustibili fossili. In Italia la produzione e lo sfruttamento delle biomasse come fonte di energia alternativa è disciplinato dal DM del 2 marzo 2010. Il provvedimento definisce e riconosce, anche se implicitamente, la rilevanza del concetto di filiera corta, stabilendo che questa dicitura può essere usata solo in relazione a impianti di produzione di energia che adoperano combustibili prodotti entro il raggio di 70 km dallo stesso impianto.
viene utilizzato. Questo purtroppo può determinare, nel lungo periodo, sia una potenziale ricaduta nell'ambiente in termini di emissioni di CO2 legate al trasporto, che un aumento generale dei costi di approvvigionamento, che finisce per non essere sostenibile. Il Molise possiede potenzialmente una elevata disponibilità di biomasse forestali. La sua reale disponibilità locale di biomassa è, però, fortemente influenzata dalla qualità delle utilizzazioni boschive e dall’orografia del territorio. Nella regione sono presenti circa 51 ditte boschive con una produzione annua pari a 58600 tonle biomasse possono rappresennellate di combustibile legnoso tra cui legna da tare una risorsa meno inquinante ardere, cippato e legna destinata alla produrispetto ai combustibili fossili so- zione del pellet. Tuttavia, la legna da ardere è quella che viene prodotta maggiormente, menprattutto se vengono reperite in un tre il cippato viene considerato un sottoprocontesto localizzato, e ciò vale in dotto non abbastanza remunerativo in termini economici; è per questo che la sua produzione particolare per quelle forestali. rimane ancora scarsa anche se come combustibile è perfettamente in linea con le esigenze Infatti, le biomasse possono rappresentare una ambientali attuali. risorsa meno inquinante rispetto ai combustiIl cippato è legno ridotto a scaglie proveniente bili fossili soprattutto se vengono reperite in un di solito da scarti agricoli-forestali. Pur essencontesto localizzato, e ciò vale in particolare do uno scarto, però, il suo utilizzo risolverebbe per quelle forestali. In questo caso i canali di diversi problemi relativi alla produzione di enerapprovvigionamento sono, ovviamente, molto gia in impianti a biomasse. In primo luogo, ciò meno invasivi e dispendiosi delle attività legate aiuterebbe a preservare l'equilibrio dei boschi, all'estrazione dei combustibili fossili, in quanreso precario dallo sfruttamento dell'uomo, to sono rappresentati sia da colture dedicate permettendo di riutilizzare la ramaglia che in tipo Short Rotation Forestry (ndr letteralmente seguito all'abbattimento delle piante viene "selvicoltura a turno breve"), sia da attività or- abbandonata sul letto di caduta del bosco, dinarie quali recupero delle potature, ramaglia diventando in molti casi potenziale innesco per lasciata sul letto di caduta in bosco e residui gli incendi. In secondo luogo, un'abbondante dei cicli di lavorazione del legno. Inoltre, il ma- produzione locale di cippato può costituire una teriale legnoso di cui si compongono le biocondizione essenziale per valutare la sostenibimasse legnose sono le più idonee al processo lità dell'impianto che nel lungo periodo dipendi produzione energetica tramite combustione de dalla sua capacità di sfruttare la cosiddetta diretta. Tuttavia, la relativa facilità nel reperire filiera corta. questo materiale e la sua efficienza in termini Oltre alla difficoltà della scarsa produzione di energetici lo rendono una merce particolarcippato, la produttività potenziale di biomasse mente adatta ad essere comprata e venduta forestali del territorio molisano è limitata anche anche a grandi distanze dagli impianti in cui dalla morfologia del territorio. La maggior parte
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dei boschi più produttivi sono localizzati in zone impervie caratterizzate da forti pendenze, il che non consente un facile ed economico trasporto a valle del legname e dei suoi derivati data la mancanza di strutture quali strade o teleferiche. Tutto ciò, ovviamente contribuisce ad aumentare il gap tra produttività potenziale e produttività reale della regione. Nonostante queste gravi mancanze, il Molise ha, per così dire, scommesso sulla biomassa. In regione esistono due impianti privati di grosse dimensioni, che sono stati progettati per produrre a regime diverse decine di MW e che sono stati localizzati presso i territori comunali di Termoli e Pozzilli. Tuttavia, dalle brevi considerazioni sin qui avanzate, risulta verosimile pensare che tali impianti non possano riuscire a soddisfare completamente il proprio fabbisogno di combustibile sfruttando la filiera corta e riuscendo così a instaurare quei circoli virtuosi in termini sia ambientali che economici per cui sono stati realizzati. Le domande che si affacciano insistentemente, sebbene in maniera strisciante, tra gli ambientalisti molisani sono: "Cosa viene bruciato realmente in questi impianti?" e "Possiamo ritenere sufficientemente affidabile i sistemi di controllo a cui le installazioni di queste dimensioni sono sottoposte?" Queste domande sono, probabilmente, le stesse in grado di soffocare sul nascere nella mente dei più la sola idea che lo sfruttamento delle biomasse possa costituire un'alternativa praticabile allo sfruttamento dei combustibili
fossili. Ciò, però, non tiene in considerazione che lo sviluppo della tecnologia appare invece promettente se applicata a impianti di piccoli dimensioni e migliorata attraverso la diversificazione di più fonti di energia rinnovabile. Si parla più correttamente in questi casi di caldaie a biomasse, presenti nella regione Molise, dislocate in diversi comuni e in diverse sedi della Comunità Montana. Sono impianti che hanno un range di produzione compreso tra gli 80 e i 190 KW e che di solito vengono impiegati per riscaldare e produrre acqua calda sanitaria in piccoli edifici pubblici, scuole, uffici amministrativi, ecc. Sono approvvigionate da combustibile locale. Attualmente sono anche in fase di sviluppo caldaie da co-generazione ovvero caldaie che, oltre alla produzione di ACS (acqua calda sanitaria), producono, grazie anche ai gas emessi dalla combustione del legno, energia elettrica che può essere messa in rete e utilizzata per l'abitazione. La possibilità di sfruttare le biomasse come fonte di energia in grado di rappresentare una reale alternativa ai combustibili fossili appare legata soprattutto a una gestione sostenibile della risorsa legna, che permetta di bilanciarne l'utilizzo in relazione alle reali capacità produttive di un territorio piuttosto che rispetto alle sue capacità potenziali, evitando di seguire il miraggio che essa possa costituire un facile strumento per raggiungere in breve tempo un considerevole sviluppo economico e ovviamente, imparando dagli errori del passato.
ARTIMTAUR
RASI.COM
Morte di un oppositore • Boris Nemtsov, leader dell’opposizione, è
stato ucciso con quattro colpi di pistola il 27 febbraio 2015 nel centro di Mosca, a pochi passi dal Cremilino.
• L’unico video disponibile è quello trasmesso
dall’emittente russa TvTse, all’interno del quale risalta la strana sovrapposizione tra uno spazzaneve e l’auto dalla quale sono partiti i colpi che hanno freddato Nemtsov, ma le immagini sono poco chiare.
• In un’intervista molto recente al settimanale
Sobesednik, Nemtsov aveva espresso la sua preoccupazione in riferimento a minacce e insulti riguardanti la sua attività politica di opposizione nei confronti di Vladimir Putin, ma che non si sarebbe fermato.
• L’inchiesta sull’omicidio è stata affidata al Co-
mitato investigativo della Federazione Russa, da molti considerato il braccio destro proprio di Putin.
Ricorsi storici Anna Stepanova Politkovskaja, gior-
nalista russa fortemente impegnata nell’ambito dei diritti umani, famosa per i suoi reportage in Cecenia e per l’opposizione a Vladimir Putin, è stata uccisa il 7 ottobre 2006 in circostanze ancora da chiarire.
Aleksandr Val’terovič Litvinenko, ex
agente del Fsb, il nuovo Kgb postcomunista, è morto il 23 novembre 2006 per avvelenamento da radiazione polonio-210. Nel 1999 aveva denunciato la corruzione e le ‘trame cecene’ dei servizi segreti russi.
Boris Nemtsov – lo ricordiamo – stava pas-
seggiando sul ponte Bolshoi Moskorevsky, nei pressi del Cremlino, quando è stato raggiunto da quattro colpi di pistola alla schiena. Secondo un’intervista della CNN all’ex presidente della Georgia, Mikheil Saakashvili, Nemtsov stava svolgendo un’indagine riguardo al coinvolgimento della Russia nel conflitto in Ucraina.
Vergogna
di Myriam Pettinato
di J. M. Coetzee
Pubblicato nel 1999 dal premio Nobel per la letteratura (2003) John Maxwell Coetzee e tradotto in Italia nel 2000 per le edizioni Einaudi con il titolo di ‘Vergogna’, Disgrace si rivela un romanzo che, a contro di uno stile scarno e di facile lettura, dispone all’interno della solida e netta architettura narrativa una molteplicità di temi, di così vasta portata, che sembra difficile credere siano contenuti in poco più di duecento pagine. Il protagonista del romanzo è David Lurie, docente di Scienze della comunicazione alla Cape Town University, un uomo di mezza età, con due divorzi alle spalle, una figlia lesbica (Lucy), serenamente soddisfatto dalla visita settimanale alla prostituta Soraya. Il romanzo prende avvio quando la routine con Soraya s’interrompe, e il professore si vede costretto a risolvere “il problema del sesso” in altro modo. Lurie seduce la giovanissima studentessa coloured, Melanie Isaacs, che completamente inerme e quasi incapace di volontà, accetta gli incontri a casa del professore come i suoi favori in termini di esami e di “falsa frequenza” al corso, e soltanto per via delle pressioni da parte della famiglia e del fidanzato, presenta contro di lui una denuncia per molestie sessuali. Costretto ad ammettere la propria colpevolezza di fronte alla commissione disciplinare dell'università, David Lurie si rifiuta ostinatamente di mostrarsi pentito del suo comportamento e anzi trova una sorta di nobile giustificazione nell’impulso, nella forza dell’Eros. Pur potendo salvare la propria carriera universitaria dichiarandosi “sinceramente pentito”, preferisce sottrarsi a un giudizio che secondo Lurie pretendeva di andare oltre il diritto ed estorcere una dichiarazione di pentimento, di sincero pentimento, che ritiene inaccettabile. È così che decide di lasciare il mondo accademico e trasferirsi per qualche tempo dalla figlia Lucy, che vive nella piccola fattoria che divide con il bracciante Petrus, nella provincia orientale del Capo, unica superstite della comune che aveva fondato con altri giovani bianchi sudafricani.
Anche fermandoci a questo punto, la trama apre già una finestra sul vasto, profondo, intricato scenario dei rapporti fra padre e figlia, fra generazioni, fra bianchi e neri, fra uomo e animale, fra uomo e donna. Uno scenario che si arricchisce di ulteriori sfumature e contrasti di colore, perché siamo nel Sudafrica post-apartheid, nella stagione della Truth and Reconciliation, dove in gioco ci sono i rapporti di potere, la violenza, il senso di colpa, le tensioni irrisolte e la paura che rendono estremamente arduo il tentativo di riavvicinamento fra i soggetti in campo. David Lurie non riesce ad accettare la vita che sua figlia ha scelto di condurre: una vita faticosa, solitaria, soprattutto insicura, di cui non riesce a comprenderne le ragioni. Un’incomprensione che si accentua in seguito alla violenza di cui un giorno restano entrambi vittima. «Qualcuno ha soffiato sulla fiammella del piacere di vivere», scrive Coetzee. La frattura fra padre e figlia sembra diventare ancora più profonda, dal momento che Lucy si rifiuta di denunciare l’accaduto, e il suo atteggiamento di disperata rassegnazione rimane del tutto oscuro al padre, molto più pragmatico e incapace di comprendere il dolore: della figlia, di Melanie, il proprio. Ciò che sembra realmente avvicinarlo a una dimensione di profonda spiritualità e di umanità è, paradossalmente, il rapporto fra lui e i cani della clinica dove presta il suo aiuto. Il suo compito è quello di assistere gli animali – randagi o troppo malati – al momento dell’iniezione letale, e poi di portarli nella discarica dove verranno inceneriti. Sempre più partecipe della loro sorte e della loro sofferenza, David cerca di rendere meno doloroso il momento della morte e, soprattutto, di restituire loro quella dignità di esseri viventi, misconosciuta o ignorata quando sono trattati come spazzatura. È in questo modo che egli riesce lentamente a ritrovare e ad affermare quel rispetto dell’altro negato dal suo cinismo:
la dignità di Melanie, l’autonomia di Lucy, il diritto all’autoaffermazione e alla libertà di Petrus. Un rispetto che David, del resto, vede negato anche a sé stesso, quando sente di non essere riconosciuto come uomo, ma solo come “vecchio”. Vergogna, come del resto molta della migliore letteratura sudafricana, ruota intorno alla difficile risoluzione dei conflitti e alla pacificazione dei rapporti fra bianchi e neri, fra vittime e carnefici destinati a vivere fianco a fianco. I protagonisti sono costretti a fare i conti con la colpa e con la necessaria espiazione. Per questo motivo assume un assoluto e tragico rilievo la figura di Lucy, che vede nella violenza subita l’inevitabile riparazione dei secoli di sofferenza inflitta ai neri e vuole a tutti i costi rimanere nella sua terra, rendere ancora più profondo il legame con essa accettando e imparando ad amare le conseguenze della violenza subìta. Alla fine, anche David si decide a chiedere scusa alla famiglia di Melanie. Ma il punto non è questo. Come dice il padre della ragazza: «Il punto non è se siamo davvero pentiti. Il punto è che cosa abbiamo imparato. Che cosa faremo adesso che ci siamo pentiti». Una delle possibili risposte alla domanda – che poi è la grande questione della Storia che rimescola vincitori e vinti, ma anche della vita che atterra e risolleva – è data da Lucy: «forse è il punto di partenza giusto per ricominciare da capo. Forse è una lezione da accettare. Bisogna saper ricominciare dal fondo. Senza niente. Senza una carta da giocare, senza un’arma, senza una proprietà, senza un diritto, senza dignità». «Come un cane» le risponde David. «Sì, come un cane», conferma Lucy con la serena lucidità e la forza di chi ha accettato di portare fino in fondo la propria scelta di vita, anche se questo significa accettare il sopruso e perseguire il perdono fino alle estreme conseguenze.
a r t e i n m o v i m e n t o l e t t e r a t u r a
di Marciano Santosuosso
AMICI MIEI (1975) E LA FINE DELLA COMMEDIA ALL’ITALIANA
Genesi e tramonto di un genere nobile della cinematografia nostrana
“Amici miei”, ideato e scritto da Pietro Germi, venuto a mancare però poco prima della sua lavorazione, è stato diretto in realtà da Mario Monicelli, quasi certamente il maggior esponente di quel filone cinematografico sorto in Italia alla fine degli anni Quaranta e affermatosi, poi, nei successivi Cinquanta, Sessanta 44
e Settanta, meglio noto come commedia all’italiana. Una storia, questa, che non può non prescindere da quella che fu senza ombra di dubbio la stagione maggiormente influente e fondante del cinema italiano, ovvero quella neorealista. Lo stesso Monicelli ha più volte indicato come in “Roma città aperta” (1945)
di Rossellini, film simbolo della stagione neorealista, ci sia una gag che rappresenta la genesi della commedia all’italiana, vale a dire la scena in cui il prete dava una padellata in testa a un soldato durante un rastrellamento tedesco. Rompere la tragedia con una risata, è questo il segreto che sta alla base dei film di questo filone. La commedia all’italiana, quindi, discende dall’evento cinematografico del neorealismo; nasce da una sua ‘costola’, ma rappresenta una sua deformazione in chiave comica e scanzonata. Il neorealismo, pertanto, come affermerà Martin Scorsese nel suo documentario “Il mio viaggio in Italia” (1999), “rappresenterà quel seme da cui è cresciuto un albero solido e da cui poi si sono sviluppati tutti quei rami che rappresentano i più grandi registi italiani”, sottolineando l’importanza capitale e l’influenza considerevole che questo genere ha avuto e continua ad avere nella storia della cinematografia mondiale ma soprattutto nella formazione di registi del panorama nazionale ed internazionale.
La Commedia all’Italiana metteva in ridicolo vizi e virtù di una società e divenne un vero e proprio specchio dell’Italia di quegli anni, nonché uno strumento utile ed efficace per criticare la realtà. La Commedia all’Italiana metteva in ridicolo vizi e virtù di una società e divenne un vero e proprio specchio dell’Italia di quegli anni, nonché uno strumento utile ed efficace per criticare la realtà. Mentre la censura di quegli anni colpiva autori cosiddetti ‘seri’ (si pensi al celebre film di Vittorio De Sica “Umberto D” del 1952), la comicità riuscì a far passare le denunce in chiave umoristica; in realtà, non fu poi sempre così, poiché la censura nel cinema e nel teatro di quegli anni fu decisamente più aspra di quella del periodo fascista, obbligando autori e attori dell’epoca a combattere duramente per distruggere quelle sovrastrutture e quei personaggi che erano nati durante il
periodo mussoliniano, ma che non erano crollati con esso. Lo stesso Monicelli affermerà che il suo film “Totò e Carolina” (1953) fu molto avversato dalla censura dell’epoca, tanto da subire più di trentadue tagli, costringendo il regista romano a cambiare anche il significato di tantissime battute e a intervenire su svariati dialoghi. Per l’epoca, infatti, appariva assolutamente disdicevole e rivoluzionario che un poliziotto avesse un rapporto di parità con una ragazza sbandata. Inoltre, l’idea che un poliziotto venisse interpretato da Totò (e quindi da un comico) non rendeva i censori di quegli anni particolarmente felici. Altro esempio di censura nella commedia all’italiana è riscontrabile anche nel film “Guardie e ladri” (1951), diretto da Monicelli e Steno e interpretato da Totò e Fabrizi; in questa pellicola, la censura rimase particolarmente infastidita dal fatto che la guardia e il ladro venissero messi sullo stesso piano, fino a diventare amici, e che si aiutassero l’uno con l’altro, con le loro famiglie che finivano per unirsi. Alla fine del film il ladro si faceva perfino arrestare dal poliziotto e questo sembrava per l’epoca una rivoluzione radicale, nonché qualcosa di inaccettabile per le istituzioni. Il grande merito dell’enorme successo che ebbe questo importante filone cinematografico lo si deve probabil-
a r t e i n m o v i m e n t o c i n e m a
mente anche all’intera generazione di registi e interpreti di talento che in quegli anni lo rappresentarono, si pensi ai vari Gassman, Sordi, Mastroianni, Manfredi, Tognazzi, Moschin, ma anche ai già citati Monicelli e Germi, passando per Nanni Loy e Scola fino ad arrivare a Totò. Il riconoscimento dell’importanza di questo genere, in realtà, specialmente nell’Italia dell’epoca, non fu immediato; esso veniva considerato un genere di ‘serie B’, prima di venire rivalutato dai critici francesi soprattutto per l’influenza che ebbe sui costumi di casa nostra. Si pensi a film come “La ragazza con la pistola” (1968) di Monicelli che smitizzava il delitto d’onore, costume che alla fine degli anni sessanta, sopravviveva nel Sud Italia o anche al famosissimo “Divorzio all’Italiana” (1961) di Pietro Germi, che fu un capostipite in tematiche del genere. La critica estera - e in particolare quella francese - apprezzò tantissimo il modo in cui i registi della cosiddetta commedia all’italiana smitizzarono, dissacrarono e ridicolizzarono i loro stessi tabù: dalla religione alla verginità della donna, passando per la gelosia e l’adulterio.
Essi ridevano e sapevano far ridere attraverso una vera e propria satira di costume, che rispecchiava perfettamente vizi, virtù, paure e desideri, miseria e dignità degli italiani. All’estero furono stupiti nel vedere come gli italiani avevano il coraggio di guardare a se stessi, di ridere su loro stessi e sui loro difetti. Essi ridevano e sapevano far ridere attraverso una vera e propria satira di costume, che rispecchiava perfettamente vizi, virtù, paure e desideri, miseria e dignità degli italiani. All’estero furono stupiti nel vedere come gli italiani avevano il coraggio di guardare a se stessi, di ridere su loro stessi e sui loro difetti. La commedia all’italiana dipinse il ritratto di un’Italia rappresentata da personaggi a metà 46
tra eroi e cialtroni, tra coraggiosi e vigliacchi, tra generosi e miseri, da gente che si ingegna per cambiare la propria posizione sociale, ma irrimediabilmente finisce sconfitta; basti pensare a “I soliti ignoti” (1958) di Monicelli, in cui cinque poveracci disperati, interpretati da Mastroianni, Gassman, Salvatori, Murgia e Pisacane, pensano di poter fare il colpo della vita riuscendo a farsi dare la soffiata di un colpo sicuro al monte di pietà. Vanno a lezione da uno scassinatore in pensione, interpretato da Totò, ma finiranno, anziché nella stanza della cassaforte, nella cucina di un appartamento dove si consoleranno con una pentola di pasta e ceci. Il film di Monicelli, sceneggiato assieme ad Age, Scarpelli e Suso Cecchi D’Amico, è considerato l’espressione migliore di sempre della commedia italiana, entrato ormai nella memoria collettiva grazie ai suoi straordinari personaggi e al suo incalzante ritmo, che gli valsero finanche una nomination agli Oscar come miglior film straniero ed eccezionali incassi al botteghino. “I soliti ignoti” rappresentò, quindi, l’apice della commedia all’italiana, il periodo migliore e di gran lunga maggiormente fortunato di questo importante filone cinematografico nostrano. Con “Amici miei”, invece, si ebbe una sorta di conclusione testamentaria di questo genere, della quale la pellicola originariamente conce-
Il Neorealismo rappresenta molto probabilmente il periodo più importante e rilevante della storia del cinema italiano. Roberto Rossellini, Vittorio De Sica, Cesare Zavattini, Luchino Visconti, sono solo alcuni dei principali registi che dalla metà degli anni '40 fino all'inizio dei '50, sconvolgeranno e cambieranno letteralmente le regole del cinema nostrano, mutando e innovando il modo e il linguaggio cinematografico di quegli anni. Il cinema neorealista "uscirà" dai teatri di posa per arrivare nelle strade, fra la gente comune, utilizzando solitamente attori e attrici non professionisti, privilegiando essenzialmente riprese esterne fra le rovine lasciate dal secondo conflitto mondiale. Pellicole fondamentali di quegli anni saranno "Roma città aperta" (1945), "Paisà" (1946) e "Germania anno zero" (1948) che rappresenteranno la celebre "trilogia della guerra" di Rossellini, ma anche "Sciuscià" e "Ladri di biciclette" (1948) di De Sica.
pita da Pietro Germi mantenne l’amara aggressività e la meravigliosa forza cinica. La vera innovazione di quest’opera è tuttavia riscontrabile nella durezza con la quale venne descritta una società insoddisfatta di se stessa; le paure e le sofferenze della vita vengono trasformate dai cinque protagonisti del film, interpretati magistralmente da Ugo Tognazzi, Gastone Moschin, Adolfo Celi, Philippe Noiret e Duilio Del Prete, in giganteschi e grotteschi scherzi. In “Amici miei” si ride tanto, ma in modo amaro; è un film molto più elaborato di quanto sulle prime possa sembrare, che racconta le “zingarate” divertenti che compiono un gruppo di cinquantenni che paiono non voler invecchiare mai. Ma sotto c’è di più: tutto il film è impregnato da un continuo tentativo da parte degli “amici” di esorcizzare la vecchiaia e le sue sofferenze, la noia della vita quotidiana con la sua routine, le sciagure e la povertà, nonché la morte, che però colpirà nel finale del film proprio uno di loro, “Il Perozzi”, interpretato da uno straordinario Philippe Noiret. Dietro la facciata di un film burlesco si nascondono nuove amare domande, in anni fatti di paura e inquietudine (quelli in
cui avvengono le vicende narrate nel film rappresentarono molto probabilmente gli anni più complessi, violenti e misteriosi dell’intera storia italiana), in cui i cinque amici si difenderanno buttandola sul ridere. E’ un opera crudelissima e scanzonata, cattiva, pessimistica, grottesca e cupa, che segnò il definitivo tramonto della famigerata commedia all’italiana. Comprendere la storia della nostra cinematografia vuol dire conoscere e studiare la commedia all’italiana, genere troppe volte dimenticato ingiustamente poiché ritenuto meno nobile o poco influente rispetto a correnti maggiormente celebri.
intervista di redazione Artim Magazine
Introspezioni Intervista a Francesco Campese Francesco Campese è un artista irpino, nasce ad Avellino nel 1986 e sin dalla giovane età scopre la passione per il disegno e la pittura con un interesse particolare per la prospettiva. Frequenta l’istituto d’arte fino all’età di 19 anni, quando si trasferisce a Roma per frequentare il corso di pittura tenuto da Giuseppe Modica, presso l’Accademia di Belle Arti. Durante gli studi universitari i suoi interessi si focalizzano sullo studio del figurativo, indagando la realtà che lo circonda con un occhio
Tra le mostre rilevanti alle quali ha partecipato: • Dal 9/12/2014 al 10/01/2015; Macro, linguaggi d’arte urbana, via Nizza 138 Roma • Dal 22 ottobre al 2 novembre 2012; De Pictura transiti del sublime, collettiva a cura di Giuseppe Modica con testo critico di Francesco Gallo Mazzeo, Temple university Rome lungotevere Arnaldo Da Brescia 15. • 18/10/2012, Strutture, personale di pittura, studio sotterraneo, via Capitan Ottobono, Pigneto città aperta. • 25/5/2012 Collettiva di pittura, studio Sotterraneo, Pigneto città aperta. • 12/5/2012-23/5/2012 Collettiva di pittura, Sotterraneo, galleria Hybrida via Reggio Emilia 32 Roma. • 2011, ArtExpo Fiera, Arezzo. • 17/6/2010, Premio nazionale delle arti, promosso dal Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, Napoli. attento verso l’aspetto fisico della luce. Completati gli studi all’età di 25 anni, Campese va alla ricerca di un proprio linguaggio espressivo; non trascurando gli stimoli artistici e gli studi iniziali cerca di sfidare il concetto di realtà dando luogo a misteriose strutture architettoniche, concentrando la sua ricerca anche nel campo della scultura. Dal 2010 lavora presso l’atelier “StudioSotterraneo” condiviso da altri cinque artisti situato in zona Pigneto Roma.
a r t e i n m o v i m e n t o p i t t u r a
Nel preparare questa intervista, innanzitutto abbiamo osservato le tue opere e abbiamo notato iI tuo interesse per lo studio della prospettiva e, riguardo ai tuoi quadri, un particolare uso dei colori e della luce. In che modo connetti le tecniche che utilizzi e quello che vuoi rappresentare? La passione per la prospettiva mi accompagna sin dalla giovane età e con il passare del tempo è diventata fonte di studio, nonché un elemento fondamentale nella mia ricerca pittorica. Il colore nasce principalmente dall’osservazione della realtà visibile; mi affascina l’aspetto della luce e delle ombre in diverse ore del giorno, la tonalità fredda di un’ombra tagliente in contrasto con il tono caldo della luce mattutina o un’ombra morbida e più calda nel pomeriggio. Attraverso l’uso dei colori cerco poi di collocare questi aspetti in contesti di piani e spazi. La tecnica è solo un mezzo che l’artista usa per materializzare un’idea, qui entra in campo la sperimentazione, molto importante in una ricerca artistica.
Durante i tuoi studi presso l’Accademia di Belle Arti di Roma hai frequentato i corsi di pittura di Giuseppe Modica. Che influenza ha avuto l’artista siciliano nel tuo percorso artistico? Quali altre correnti artistiche e artisti hanno influito sul tuo modo di esprimersi attraverso l'arte? Frequentare l’accademia di belle arti è stata un’esperienza molto importante per il mio percorso artistico, dal momento che la mia formazione nasce proprio lì. Ho sempre ascoltato con grande interesse e ammirazione i consigli del maestro Giuseppe Modica e certamente la sua pittura mi ha influenzato molto. Dopo l’accademia ho cercato di identificarmi in un mio linguaggio peculiare con l’intento di distaccarmi dai canoni accademici e intraprendere una ricerca personale; inseguire la pittura quadro dopo quadro per cercare di afferrare qualcosa, questo è il valore della ricerca, la voglia di continuare senza sentirsi arrivati. Il mio sguardo è rivolto ai grandi maestri del passato come Giotto, uno dei primi inventori della prospettiva, e Masaccio, che teorizza la prospettiva lineare con l’esempio della trinità, affresco situato a Firenze nella basilica Santa Maria Novella; mi affascina molto il periodo storico del Novecento di cui ammiro De Chirico e la sua metafisica, la plasticità e sensibilità che si ritrovano nelle nature morte di Morandi, la materia dell’Artista tedesco Anselm Kiefer o le grandi spatole che scorrono sulle tele di Gerard Richter; a volte penso che tutti gli artisti hanno qualcosa di interessante e che può essere utile alla mia ricerca. 50
Nel 2010 comincia la tua collaborazione con altri artisti presso l’atelier “StudioSotteraneo” di Roma. Puoi spiegarci come è nata e quale contributo ha apportato alla tua esperienza? Lo Studio Sotterraneo nasce principalmente come laboratorio di pittura. Dopo aver frequentato l’accademia di belle arti ho avuto l’esigenza di trovare uno spazio in cui poter lavorare liberamente anche con grandi formati e questo mi ha portato a conoscere gli altri artisti con cui condivido lo spazio. Lo studio sotterraneo, oltre a essere un laboratorio dove ogni singola personalità porta avanti la propria ricerca artistica, è soprattutto un luogo di scambio di idee, pensieri, progetti. Penso sia questo il più grande contributo apportato alla mia ricerca. Tra dicembre 2014 e gennaio 2015 il Macro di Roma ha ospitato un’esposizione alla quale hai partecipato, collegata al progetto artistico “Tracks. Linguaggi d’arte urbana”, sviluppato dal Luiss Master of Art in collaborazione con l’ Atac di Roma sotto la direzione del celebre critico d’arte Achille Bonito Oliva, riguardante la street art e il tema della creatività urbana. Qual è, secondo te, il valore di questa peculiare forma di espressione artistica? In che modo hai rappresentato la connessione tra arte e città? La cosiddetta street art è un fenomeno che sta riscontrando molto successo nel panorama romano e nazionale. Vedo sempre più gallerie che ingaggiano giovani artisti e con stupore noto molti collezionisti pronti a investire su di loro. Questa forma di espressione, sostenuta da un vero e proprio mercato dell’arte, è una fenomenologia capace di dare nuovo respiro al campo artistico per far fronte alla crisi che si sta attraversando in questo periodo. Per il progetto Tracks, al quale lo studio sotterraneo è stato invitato a partecipare, ho realizzato uno stencil di un mio lavoro del 2012 che ho intitolato “Crocifissione urbana”, riportandolo come un timbro tramite vernice spray sulla pensilina della fermata del tram
19 di via delle Milizie. Quando si realizza un lavoro per strada, qualunque sia l’immagine, essa diventa agglomerato urbano e non può essere estrapolata: per me la connessione tra arte e città è fare arte nella città.
Quali consigli daresti a chi si avvicina al mondo della pittura? Se si sceglie di intraprendere una strada, l’unico consiglio che posso dare è quello di cercare di percorrerla tutta, di credere in quello che si fa senza dubitare. Sono convinto che chi non molla prima o poi ce la fa.
Ormai chiunque è a conoscenza della massima “Impara l’arte e mettila da parte”. Che cosa è l’arte per te e a cosa serve? “Impara l’arte e fai in modo che diventi un lavoro”, questa è la mia massima. L’arte è intrinseca nell’essere umano, l’uomo ha sempre avuto l’esigenza di esprimersi attraverso l’immagine, dai graffiti dei nostri antenati ai murales contemporanei. L’arte è qualcosa di cui l’umanità non può fare a meno. Per rispondere alla domanda a che cosa serve, vorrei riportare un esempio per me straordinario: il MAAM, Museo dell’Altro e dell’Altrove Metropoliz, una ex fabbrica occupata situata a Roma, dove l’arte è stata capace di salvare uno spazio urbano, ma soprattutto le persone che lo vivono, grazie all’ intervento di diversi artisti tra i quali vorrei citare Pistoletto, uno dei massimi esponenti dell’arte povera. Penso che l’arte sia un mezzo potentissimo per aiutare, valorizzare, sostenere o abbattere barriere. L’arte al servizio della società.
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artimtaurasi.com
WildAim
Nel mondo dell’arte naturalistica intervista di redazione Artim Magazine
Il blog WildAim nasce dall’iniziativa di due giovani artisti emergenti, Ismale Tortella e Andrew Meachin, i quali raccolgono opere, proprie e di altri cinque artisti, ispirate al mondo naturale. L’arte visuale prevalente è la fotografia, ma non manca l’utilizzo di altre tecniche artistiche come il disegno e la pittura. I sette artisti hanno una passione comune: la natura selvaggia, quella lontana dall’uomo - da cui il loro nome; il loro fine è quello di sensibilizzare, attraverso i mezzi artistici utilizzati, il vasto pubblico nei confronti
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e, soprattutto, nel rispetto dell’ambiente. Le loro produzioni artistiche rappresentano, quindi, una finestra aperta sul mondo della natura, dove si può cogliere lo sguardo di un leone della savana, la velocità dei Re degli Edredoni che cacciano nelle acque artiche, i passi svelti di un lupo del Semien che corre nei campi, il forte battito d’ali dei quelea che rompe il silenzio, le zampate di una volpe che sbuca svelta dai campi, i movimenti eleganti di un camoscio cantabrico nella neve, la maestosità del Leccio nell’ombra della notte.
a r t e i n m o v i m e n t o -
In questo numero dell’Artim Magazine abbiamo intervistato i due ideatori del blog: Ismaele Tortella e Andrew Meachin. Nei prossimi numeri conosceremo gli altri artisti.
a r t e
& n a t u r a
Intervista a
Ismaele Tortella Ismaele Tortella nasce ad Atessa (CH), in Abruzzo, nel 1991. Attratto sin da piccolo dalla natura, inizia a esplorare i posti meno conosciuti d’Italia e dell’Europa con in mano una reflex. Insieme ad Andrew Meachin ha viaggiato nella Lapponia svedese e per il prossimo viaggio in programma la meta scelta è l’Argentina. Nel 2012 vince i premi "Sherwood Magazine" e "Paesaggi d'Abruzzo". Ha ideato e gestisce il blog ‘WildAim’. “A story can define an era, a person… and for me, wildlife photography is a powerful way of taking charge of a message, [...] to sensitize people to the natural world.”
Cosa significa per te “wild aim”? E’ anche una filosofia di vita? Per prima cosa vorrei ringraziare l’Artim Magazine per averci dato la grande opportunità di poter raccontare il nostro punto di vista riguardo a WildAim. WildAim per me è l'approccio che dò alla fotografia. Lavorare su un obiettivo, studiarlo, immaginarlo e, solo dopo, cercare di fotografarlo. Questo permette di realizzare scatti particolari, cercando di limitare al minimo l’ingerenza del fotografo. Conoscere un animale o una pianta ti permette di rispettarlo/a, facendoti capire fino a che punto puoi spingerti per ottenere una foto. WildAim nasce proprio per unire artisti di tutta Europa che hanno in comune questo modo di vedere la natura. Creare un gruppo di persone che attraverso le loro visioni artistiche e attraverso le loro storie possa sensibilizzare le persone verso tematiche ambientali.
Raccontaci l’esperienza che più ha segnato il tuo viaggio in Lapponia. Una domanda per me abbastanza difficile...In Lapponia ogni giorno era un'avventura! D'altra parte l'esperienza legata a una coppia di cigni selvatici (Cygnus cygnus) rimarrà sempre nel mio cuore. Un giorno mi ero perso per i boschi lapponi, era passata qualche ora e stavo iniziando a preoccuparmi. A un certo punto, nel mio vagare, mi sono imbattuto in un piccolo lago e, avvicinandomi tra gli alberi, ho potuto scorgere due cigni selvatici che stavano covando le loro uova. Da lì in poi, io e i miei compagni di viaggio li abbiamo seguiti quasi ogni giorno fino al momento della nascita dei piccoli. Per tutto il tempo li abbiamo osservati sperando che arrivasse l’emozionante evento della nascita. Giunti ormai gli ultimi giorni, non ero ancora riuscito a realizzare lo scatto che avevo in mente dall'inizio: nella mia mente c'erano i cigni contornati dalla lieve oscurità dell'estate lappone, nascosti dalla lieve foschia sulle acque del lago. Ogni volta che provavo a realizzare questa foto qualcosa andava storto, così presi la decisione di avventurarmi solo. Riuscii a trovare le condizioni perfette di luce e foschia, però i cigni mi avevano notato e si erano nascosti tra la fitta vegetazione ai bordi opposti del lago. Ho aspettato per più di due ore fermo su dei comodi muschi sulle rive del lago. A un certo punto, dopo aver capito che non costituivo una minaccia, pian piano sono usciti e hanno iniziato a giocare con i loro piccoli. In quel momento sono riuscito ad avere l'immagine che volevo, ma soprattutto ad assistere a quella scena magica, quasi surreale, da solo. Dopo una decina di minuti ho sentito delle urla, erano i miei amici che venivano a cercarmi pensando mi fossi perso. Così i cigni scapparono e quella fu l'ultima volta che li vidi. 57
Qual é la prima volta che hai avuto a che fare con una macchina fotografica? La mia prima volta risale a una vecchia Yashica di mio padre a pellicola, però ho iniziato a fotografare in maniera continua con la mia prima reflex, la Nikon D60, a 17 anni. Appena potevo, scappavo per le campagne di casa mia in Abruzzo, cercando qualsiasi soggetto possibile da fotografare. Quelli sono stati dei momenti talmente semplici, ma allo stesso tempo speciali come pochi.
Chi sono stati i tuoi maestri di vita (non solo strettamente autori fotografi)? Sicuramente il fotografo naturalista Bruno d'Amicis ha influito molto non solo nella mia crescita fotografica, ma anche nella mia sensibilità ambientale. Con lui ho scoperto da vicino uno dei simboli della fauna abruzzese: il camoscio appenninico. Questa sottospecie caratterizza gli ambienti di alta montagna delle aride e rocciose vette dell'Appennino Centrale. Durante le lunghe escursioni Bruno mi trasmetteva valori che non parlavano di come realizzare una foto ma di come trasmettere un messaggio attraverso la fotografia. Devo molto a lui.
Il tema centrale di questo numero del magazine è la controversia tra energie fossili ed energie rinnovabili. La tua regione di provenienza è l'Abruzzo, anch'essa ultimamente al centro della questione delle trivellazioni petrolifere. Cosa ne pensi a riguardo? Speravo in questa domanda. Il mio paese d'origine è proprio lungo la costa teatina, dove dovrebbero sorgere le piattaforme petrolifere in Abruzzo. La situazione non è semplice, soprattutto per colpa di una classe politica assente, incapace di dare delle risposte. Basti solo pensare che l'area interessata dalle trivellazioni era stata identificata negli anni '90 nel Parco Nazionale della Costa Teatina, che, però, è rimasta solo su carta. Si è passati da Parco Nazionale a zona di estrazione petrolifera. A questo punto, cosa può fare un fotografo naturalista? Il mio obiettivo è l'informazione, portare a conoscenza della popolazione soprattutto locale tematiche ambientali totalmente ignorate. In questo campo la fotografia può essere un importante mezzo di sensibilizzazione. L'informazione è l'arma più importante, maggiore sarà l'informazione e migliore sarà la visione della problematica, così come sarà migliore la soluzione che si troverà.
Intervista a
Andrew meachin Andrew Meachin nasce a Bristol, Gran Bretagna, nel 1991. Il suo amore per la natura selvaggia si sviluppa durante l’infanzia, nell’esplorazione delle campagne inglesi. Esprime la sua arte disegnando caricature di animali, ma anche immagini di flora e fauna. Andrew ha partecipato a diverse esposizioni, tra cui "Thornbury arts festival". Insieme a Ismaele Tortella ha viaggiato attraverso la Lapponia Svedese. Ha ideato e gestisce il blog ‘WildAim’. “The domestic animals inspiring my more comic style of character art, keen to capture such varieties of intelligence and personality.”
Cosa significa per te “WildAim”, (letteralmente “obiettivo selvaggio”)? E’ anche una filosofia di vita? Fare parte di WildAim mi offre l’opportunità di confrontarmi con colleghi appassionati della natura selvaggia, che amano usare le proprie capacità artistiche per stimolare gli altri a guardare il nostro mondo naturale sotto una luce diversa. L’ispirazione creativa mi colpisce all’istante! Potrei all'improvviso trovarmi di fronte a un airone fermo in una precisa posizione e che non vedo l’ora di riprodurre; oppure al fluido guizzo della coda di uno scoiattolo che porta a chiedermi se un tale movimento possa essere catturato nell'immobilità dell'inchiostro su carta... Questi sono attimi fuggenti! Faccio riferimento a WildAim come a una sorta di disciplina, una presenza nell’inconscio che mi incoraggia ad afferrare quell’istante fuggente che nel passato mi sarei fatto sfuggire tra le dita. “WildAim” è pensare che posso condividere questo entusiasmo con gli altri!
Come hai cominciato a disegnare? Utilizzi supporti, tecniche e processi creativi particolari? Ho sempre disegnato animali, soprattutto con la matita e spesso con la penna a sfera, il mio strumento preferito. La mia abilità di caratterizzare gli animali emerge giá nella prima e veloce bozza; è lì che prende forma il personaggio, mentre il colore arriva molto dopo. Riproduco raramente persone, che non mi interessano quanto gli animali, ma nei miei soggetti instillo sempre qualità umane, anche se inconsciamente! Osservo un animale, le sue abitudini e i suoi movimenti, e la mia mente gli assegna caratteristiche umanoidi. Non posso farci nulla. E’ semplicemente il mio stile, difatti i tratti antropomorfi compaiono anche nelle mie illustrazioni realistiche! Ciò è senza dubbio dovuto al fatto che mi rifiuto di disegnare il soggetto esattamente come lo vedo e mi concentro solo su quegli elementi che hanno catturato la mia attenzione. Alla stregua del principio di esagerazione che usano i caricaturisti! Non scelgo necessariamanete quelle caratteristiche evidenti a tutti, al contrario preferisco qualsiasi espressione inusuale o linguaggio del corpo che attiri la mia curiosità in quell’istante.
Raccontaci un’esperienza che ha influenzato il tuo percorso artistico.
La scoperta dei colori ad acquerello è stato il principale punto di svolta nel mio viaggio artistico, difatti, anche se ho sempre avuto una vocazione creativa, avevo sempre odiato la pittura! La vedevo come un processo lento, al quale dedicare interminabili ore e idee. Tuttavia, durante gli ultimi anni di studio ho avuto la fortuna di incontrare insegnanti d’arte meravigliosi che mi hanno suggerito l’acquerello come tecnica che si addicesse al mio stile, e l’ho subito adottata! Con l’esperienza ho capito che una volta che la pittura é sulla tela, il tempo inizia a scorrere e ogni minuto é prezioso! Aggiungere piú tinta molto probabilmente non farà altro che rovinare tutto! Molti adottano il metodo di aggiungere colore su colore ma io la penso al contrario; 60
non é una questione di quanto colore si usa, piuttosto di quanta tela si lascia in bianco. Il passaggio è semplice: la bozza prima, e il colore poi, fanno vivere l’animale. Cerco di non spendere più di un paio d'ore su un unico pezzo, perché poi inizia a diventare un impegno gravoso, d’altra parte ammiro coloro che hanno la pazienza di spendere ore su un disegno!
Parlaci di una tua opera che ami particolarmente. Probabilmente il mio pezzo preferito fino ad oggi è quello che ho intitolato 'Stubble Fox', che raffigura una giovane volpe che ho osservato per ore con il collega fondatore di WildAim, Ismaele Tortella, durante l'ultima sera del nostro progetto naturalistico, durato tre mesi. Mi piaceva il modo in cui andava al trotto, con la testa in giù, le spalle curve in avanti, la schiena alta e inarcata fino alla coda, rigirata leggermente all’insù, dovevo assolutamente ricreare quella posizione!
Ovviamente il protagonista é l’eroe volpino, nerboruto e vigile, tuttavia nella scena la sua posizione é decentrata e in basso e la sua figura piuttosto piccola. L’ho disegnato in questo modo perché volevo il soggetto fosse importante quanto il paesaggio, una distesa di campo in cui avevano resistito solo gli steli inariditi di paglia, testimoni della vita vegetativa del precedente raccolto. Il disegno rievoca in me il ricordo dell’addio a quelle avventure estive. Come la scena, mi sono sentito vuoto e pensieroso ma con calda e affettuosa nostalgia, rappresentata dal colore dorato.
Il tema centrale di questo numero del Magazine è la controversia tra energie fossili ed energie rinnovabili e il loro ruolo nell’economia di un Paese. Pensi che l’uso di energie rinnovabili aiuterebbe a sensibilizzare il pubblico al rispetto dell’ecosistema nel quale viviamo?
Ogni Paese presenta delle fonti energiche naturali uniche, per natura i Paesi più vicini al Mediterraneo sfruttano l’energia solare, noi inglesi abbiamo ingenti fonti d’acqua! Abbastanza per discuterne fino alla fine dei tempi! Nella mia regione è stata sollevata la questione dell’energia idroelettrica riguardo alla costruzione di una diga di sbarramento della marea sul fiume più lungo del Regno Unito, il Severn. Questa sfrutterebbe l’impressionante escursione di marea del fiume, che è la seconda più grande del mondo. Sarebbe ideale implementare una diga di queste dimensioni, che fosse molto sostenibile e poco dannosa per l’ambiente e che fornisse energia al 5% del Regno Unito? La mia famiglia ha vissuto e lavorato sul fiume Severn per generazioni, siamo consapevoli degli spiacevoli effetti collaterali che un tale sistema causerebbe sulle rotte consolidate dei pesci migratori, molti dei quali sono in via di estinzione, e sugli uccelli selvatici e di palude che vivono nelle ampie distese fangose. Ammetto che trovo difficile avere un’opinione definita sulla questione, perché non abbiamo ancora trovato quella soluzione di produzione energetica ideale. Comunque ritengo importante continuare ad utilizzare fonti rinnovabili, anche se solo per integrarle con le fonti attualmente in uso. E’ semplice trovare i difetti delle attuali energie rinnovabili, a mio parere significa che questi sono visibili agli occhi di tutti; al contrario dei danni causati dal continuo uso delle risorse non rinnovabili, che nel peggiore dei casi sono gravemente dannosi, nel migliore, sono insondabili. 61
original version
What does “Wild aim� mean to you? It is an attitude toward life? Being a part of WildAim provides me with the best opportunity to be amongst fellow wildlife enthusiasts who also love to use their artistic abilities to inspire others to look at our natural world in a different light. Creative inspiration will hit me in an instant! It could be a sudden stance a Heron has frozen in, which i'm itching to recreate, or perhaps the fluid flick of a Squirrel's tail that causes me to wonder if such a motion could be captured even in the stillness of ink on paper...? But these moments don't last! I look at WildAim as a sort of discipline, a presence in the back of my mind encouraging me to snatch that moment, which in the past might have slipped through my fingers. It's the thought that I can share this enthusiasm with others!
When did you start drawing? What kind of tools, techniques and creative processes do you use to draw your characterized animals? I've always drawn animals, mainly pencil sketches, but often with ball-point pen which is my favourite medium. My skill lies primarily in my first quick scribble; that's where the character is, colour came much later. Although I rarely draw people, who don't interest me nearly as much as animals, I do always breathe human qualities into my characters, albeit subconsciously! I'll watch an animal, its habits and movements, and my mind will inevitably assign a humanoid persona to it. This is inescapable. And i've come to accept it's simply my style, because anthropomorphic traits appear even in the creatures I intend to be realistic! This is no doubt due to the fact that I refuse to draw the subject exactly as I see it, I will focus on certain elements of the animal that have grabbed my attention. I suppose it's the same principle of exaggeration that caricaturists use! However I don't necessarily pick out the permanently obvious features, but instead any unusual expression or body language which catches my attention at the time. 62
Tell us one experience that influenced you artistic career. Discovering watercolour paints was the major turning-point in my journey, because although I've always had artistic ability, I hated the thought of painting! I saw painting as a slow process of dedicating endless hours and thought to one piece of work. But in my later years of education I was lucky to have wonderful art teachers who suggested watercolour as a medium to match my style, and I immediately took to it! I found that once the paint is splashed on the paper, the clock is ticking! Adding more paint will likely ruin it! There's no layering like other mediums, you have to think the opposite; its not about how much colour to place, but about how much paper you're leaving clear. It's simply the raw sketch, and then the splash of colour to bring the beast alive. I try not to spend more than a few hours on one piece, it will start to become a chore, although I do greatly admire those who have that patience!
The main topic of this issue of the Magazine is the dispute between fossil fuels and renewable energy sources, and their role in the economy of a country. Do you think that the use of renewable energy would help to make people aware of the respect of the ecosystem?
Describe one of the drawings you like the most. Probably my favourite piece to date is one I entitled 'Stubble Fox', which depicts a young fox I observed for hours with fellow WildAim founder Ismaele Tortella on the last evening of our 3 month project. I admired the way it was trotting, with his head down, shoulders slumped forward and his backside high and arching, sloping back down to his slightly up-turned tail, I needed to recreate that posture! The focus is of course on the wiry and alert vulpine hero, but it is clear that his position is low and off-centre, quite small in relation to the scene. This is because I wanted this painting to be as much about the landscape as its subject, an endless stretch of field where the only suggestion of plant life is the withered 'stubble' remains of the past crop. When I look at it now i'm reminded of my saying goodbye to those summer adventures. Like the scene in the painting, I felt slightly empty and pensive, but ultimately warm with affectionate nostalgia, this represented by the golden hue.
Every country has its own natural advantages which present unique energy source opportunities, naturally countries nearer the Mediterranean enjoy the solar potential, the equivalent of this for us English folk is our abundance of water! Enough to keep us complaining until the end of time! The topic of Hydropower has been raised in my region concerning the construction of a 'Tidal barrage' on the UK's longest river, the river Severn. This would take advantage of the river's impressive tidal range which is the second largest in the world. If in place, a barrage of this size could power 5% of the UK, and is naturally very sustainable and comparatively unharmful. The perfect solution? Speaking personally, My family have lived and worked on the river Severn for generations, and we are aware of the unpleasant side-effects such a system would have on the well established patterns of migratory fish, many of which are endangered, and the wildfowl and wetland birds which rely of the extensive mudflats. In this way I have to admit that I find it difficult to have any definite, black-and-white opinion, as we still haven't found that perfect solution of harvesting energy. However I do believe it is so important to continue to use renewable sources, even if only to supplement the more currently effective sources. We find it easy to see the flaws in current renewable energy methods, but I think this is the beauty of it, they are easily definable! However, the flaws connected with the continual depletion of our finite fossil fuels are not so obvious. At worst, they are severely harmful, or at best, simply unfathomable. 63
LeitMotiv 14 intervista di redazione Artim Magazine
a r t e i n m o v i m e n t o -
un’interessante raccolta che unisce vari artisti del palcoscenico indipendente bolognese
m u s i c a
LeitMotiv 14 è un album prodotto da FuZZ studio e raggruppa artisti provenienti dal palcoscenico indipendente bolognese. Sonorità e concetti diversi, ma allo stesso tempo uniti in un lavoro in cui il motivo conduttore (leitmotiv, appunto) che lega concettualmente i brani è la condivisione di esperienze che caratterizzano la vita dell’uomo. Dalla teoria alla pratica, nel disco il concetto di esperienza è abilmente espresso attraverso la commistione di suoni e parole che creano melodie spesso trascendenti e trascendentali e
che a mo’ di spirale attraversano i generi più variegati, mischiando pop, elettronica e sperimentazioni poetiche, dando vita a veri e propri mantra ascetici. La compilation inizia con “Il quarto uomo sulla luna”, di Iberlino, quintetto acustico bolognese che esonda nel pop/rock elettrico, nel quale sono presenti varie contaminazioni tra cui il trip hop, sonorità blues e etniche e anche funky. La caratteristica principale di Iberlino è l’improvvisazione, attraverso la quale vengono continuamente reinterpretati i pezzi sul palco,
con lo scopo di proporre ogni volta una nuova esperienza musicale per chi ascolta. Hanno all’attivo già un disco e un ep ufficiali, ma considerano più importante spingere il pubblico a vivere la loro musica. In questo brano sono accompagnati da Mariella Masi, soprano e cantautrice. Il secondo brano, “Camminare”, è di Memorie dal sottosuono, una band di 6 elementi in cui si fondono reading poetico, elettronica, jazz/ ambient, contaminazioni afro e accenni di musica popolare. La numerosa partecipazione al progetto è indice della costante apertura ed evoluzione mentale e stilistica del gruppo, che vede l’interessante incontro di diverse esperienze artistiche. Il brano è registrato a 432 hZ, la stessa frequenza del diapason scientifico ed è caratterizzato dal ritmo cadenzato, in successione, di musiche e parole. Il terzo brano “Stella stop” dei Karmacafè è una ballata dal ritmo sostenuto, in cui una chitarra e un’armonica incontrano la voce dolce e lucente di Giulia Olivari. Basta ascoltare e chiudere gli occhi per ritrovarsi a passeggiare nel quartiere di una città francese. Il quarto brano è “Ombre” dei Tank and dream. Sul fischio sibilante di un sintetizzatore due voci, una maschile e l’altra femminile, si intrecciano tra dissonanze e armonie e attraverso versi onirici e un ritmo vorticoso ci trascinano nel mondo del sogno. Il quinto brano “Lacrime” del polistrumentista Antonello Bitella, è una cantata acustica nella quale parole e ordito musicale si incastrano in modo quasi perfetto. Un sound acustico non troppo articolato offre uno sfondo ad un testo poetico e descrittivo. Il sesto brano è “Non temo inferni” di La sacra sindrome ft Martina Fabbri e Mario Sboarina. Drum machine e synth danno vita ad un elettropop che chiede sin da subito di essere seguito e che riconferma l’importanza del genere nel background musicale emiliano. Il settimo pezzo “Hiller lake” di Lorenzo Lambertini twister ft Martina Fabbri è, invece, un brano prevalentemente strumentale della durata di 8,20 minuti nel quale irrompe ancora una volta la voce di Martina Fabbri, che si incastra perfettamente in una melodia elettronica che ricorda lontanamente gli Orbital. Nell’ottavo brano “Squilibrata e sana” ascoltiamo un monologo di Francesca del Moro accompagnato dalle musiche di Memorie dal
sottosuono. Il suono segue in sottofondo il testo parlato per la maggior parte della traccia, per poi prendere il volo e trasformarsi nei secondi finali, come a dare un senso e una direzione alle parole appena ascoltate. Il brano è uno spoken word elettronico, filosofico ed introspettivo. Un testo molto critico, a ragione, nei confronti delle omologazioni. Il nono brano “Om tat sat” di Ivana Cecoli è il vero e proprio mantra del disco. “Om tat sat” vuol dire "veicolo o strumento del pensiero o del pensare" e si riferisce all'intuizione più elevata finora raggiunta dalla comprensione e dall'esperienza umana. Una preghiera profonda tra sonorità indiane. La raccolta si conclude con il brano “Come alberi” (such as trees) dei Kasar Devi. Il nome nel gruppo è riferito a un villaggio nella regione di Almora, nel nord dell’India, una delle mete negli anni Sessanta del “sentiero degli hippie” (Hippie Trail). Le parole di Tiziano Terzani aprono il pezzo, comparendo poi a intermittenza, mentre due voci s’intrecciano con la musica in un’armonica dissonanza.“Siamo ciò che vive intorno”.
Intervista alla produzione Fuzz Studio di Fabio Fanuzzi Fabio Fanuzzi fonda FuZZ studio a Bologna nel 2006 con la finalità di sviluppare, sostenere e produrre la creatività di artisti indipendenti. Noi della redazione gli abbiamo fatto queste domande.
Il contesto in cui opera Fuzz studio è la città di Bologna, da sempre grande centro di sviluppo culturale sotto molteplici punti di vista. In che modo il background bolognese ha influito nel tuo percorso? Quali sono stati i motivi che ti hanno spinto a ideare e mettere su un vero e proprio studio di registrazione e produzione? Ciao e grazie di questa opportunità di scambio. Bologna in quanto grande centro di sviluppo culturale ed artistico, nonché città universitaria d'eccellenza, accoglie persone di diverse e molteplici culture, con dialetti e modi di pensare differenti. Tutto questo ha influito inevitabilmente sul mio percorso di musicista e fonico/produttore e, la passione per la musica, le sue contaminazioni e le sue vibrazioni mi hanno spinto a realizzare uno studio di registrazione. Parallelamente si è sviluppata un'altra grande passione, ovvero la composizione. Per necessità e predisposizione ho iniziato ad avvicinarmi al mondo dell'home recording. Durante le sessioni live notavo una grande carenza dei fonici nella cura dei suoni, aspetto per me indispensabile. Cercavo quindi di curarlo nel minimo dettaglio nelle mie produzioni. Da lì poi ho preso la decisione di avviare uno studio di registrazione, collaborando e lavorando con diverse realtà del panorama indipendente di Bologna. Non sono mancate importanti collaborazioni con artisti di Napoli, Siciliani e Pugliesi.
Il lavoro sottostante alla raccolta LeitMotiv 14 si basa sul concetto di condivisione, ben rappresentato dalle varie collaborazioni presenti, sia da un punto di vista compositivo che propriamente umano. Cosa significa per te colla-
borare con musicisti dalle diverse e talvolta contrastanti esperienze artistiche? Significa creare nuove sinergie, nuovi stimoli e nuove realtà artistiche, quindi scelte di produzioni musicali e sonorità che si allontanano volutamente dal business delle grandi case discografiche.
Qual è, secondo te, la situazione della musica emergente in Italia? C'è un grande fermento, per via di questa fusione tra diverse culture. Stanno nascendo tanti bei progetti musicali, in cui strumenti etnici convivono con strumenti elettronici. Sicuramente i musicisti emergenti non hanno vita facile, ma ho fiducia nella forza della creatività e della condivisione. Sono certo, la vera musica sa farsi strada oltre le difficoltà. Grazie a tutto lo staff di Artim!
Riflessioni di Natura strumentale
MISCELLANEA DI UN BARISTA DISINFORMATO DEI FATTI di Simone Poddu
L’agricoltore non sopportava l’idea del riposino. Cedere al silenzio mentre il giorno ruggisce. Poi, magari, quando i campi tacciono, continuare a gironzolare per strade elettriche, in locali elettrici, fra genti elettriche, a bere cinque o sei ore oltre il ritiro del sole, elettricitanti. Parlava sereno, perché il rombo della segatrice a benzina, portata con la macchina diesel, nel cofano in plastica, s’era arrestato. Il caffè di fabbrica è sacro e bisogna fermarsi. Mi raccontava di nonno. Per raggiungere il campo al risveglio del sole, s’incamminava alle quattro del mattino in groppa al ciuco. Altri, all’epoca, dovevano addirittura partire alle undici della sera precedente, perché 68
sprovvisti di un animale sottomesso. Iniziava così a lavorare, non con le mani, ma con gli attrezzi. Dalla scala in alluminio, costruita nel bergamasco, trasportata su di un tir, rivenduta in paese da un negozio a ridosso dell’asfalto con infissi in vetro e acciaio, da lassù mi parlava dello stile naturale. Lo interruppe lo squillo di un cellulare svedese costruito in Cina. Dopo un breve scambio di battute ripose l’oggetto nella tasca napoletana di un jeans di contrabbando. Ci raggiunse finalmente il trattore, con le sue enormi ruote guerriere e lento gravava il terreno in direzione della legna d’ulivo che, in segno di pace, avremmo
destinato al camino. Eravamo là per colpa degli stomaci. Maledetti stomaci. Anche il sesso fa la sua. La guerra è la madre di tutte le cose, diceva uno in gamba. Condivido e aggiungo: la Natura è la nonna d’ogni risposta. Togliete ai vostri corpi le necessità naturali, togliete ai vostri animi i desideri inadempienti, togliete alle vostre menti le fantasie del futuro. Cosa vi resta? Perché la forza? Quale energia? Tutto è in moto per stimolo del bisogno. La volontà viene dopo. La scelta è una conseguenza. La morale? Cos’è dunque la morale? Un passo indietro. Sono seriamente convinto del fatto che
il marchio più rilevante dell’entità umana non risieda nell’ultimo degli stadi evolutivi. La sapienza è un atto volontario, elaborato, proseguito. È umana l’abilità. L’homo habilis fu il primo uomo e continua a essere l’unico uomo. L’abilità ha dato il fuoco, la ruota, l’artificio. La sapienza ha conservato, elaborato, migliorato, potenziato. Il salto è abile, il cammino è volontario. Perché, di nuovo, dico questo? Perché la nostra natura è abile e la natura premia l’abilità. L’abilità è immorale. Non è scelta, ma solo azione. Dunque? Dunque non spetta a noi uomini abili la conservazione della Natura, la sua protezione da noi stessi. Muoviamo contro i nostri simili, contro i nostri coabitanti, contro i luoghi, contro il cielo, muoviamo noi stessi e ciò che ci circonda stando alle regole del gioco naturale, con onestà. C’è chi vince e c’è chi perde. Trivellare il mondo è. Non si può valutare. Se qualcuno risponde alle proprie necessità con tale soluzione, poco può essere aggiunto. Però: l’uomo è uomo perché abile e l’abilità sfrutta la sapienza. L’uomo non ha mai mosso un dito verso il giusto. Ha mosso verso il conveniente. Dopo più di un millennio e mezzo dalle parole morali di un iberico, avverso alla sottomissione dei propri simili, l’organismo umano ha espulso – in una fetta di mondo – la schiavitù. Rinsavimento? Assolutamente no: convenienza. Un sistema economico a base salariale è irrimediabilmente compromesso dalla presenza di lavoratori senza moneta. La libertà conviene. L’uomo individua abilmente la convenienza. Perciò non sarà certo la morale a rallentare la trivella. La convenienza è la soluzione. Difendere la natura? A che serve? La Natura ci distruggerebbe in un weekend se non fossimo forti. La sapienza limita la Natura, anche quella che portiamo dentro. Secondo un principio meramente naturale l’uomo si sarebbe autodistrutto o non sarebbe riuscito mai ad agglomerarsi. Oggi viviamo in organismi comprendenti milioni di individui, e non perché propensi all’amore. Conviene. Convenne unire i due villaggi quando s’avvicinò il terzo incomodo. E si stette meglio in tre, quando apparve il quarto. Convenne. Quando abilità e sapienza, per sbaglio for-
p a n e m e t c i r c e n s e s
se, si esprimono allo stesso momento, producono un confuso suono, e nell’attesa di ascoltare “Natura”, ci ritroviamo a sentire “Ambiente”. Ambiente è la convenienza. Non la Natura nemica. L’Ambiente, il più mastodontico dei nostri artifici. Non proteggere l’Ambiente. Crearlo, organizzarlo, progettarlo. Non è ingiusto trivellare. È sciocco, inconveniente, problematico. Non è cattivo trivellare, è forsennato. Eppure, purtroppo, sempre secondo natura, la scelta sarà in mano al più forte. I componenti dell’organismo che vuole far soldi, saranno più forti. L’abilità è dalla loro parte. Potrei sbagliarmi. Potrebbe ad esempio essere vero che un’organizzazione criminale sia divenuta lungimirante, emancipata, acculturata e innovativa. Potrebbe insomma l’infestazione di pale eoliche in giro per il territorio calabrese, essere il frutto della straordinaria azione culturale di marca ambientalista in vivissimo fermento nell’ultimo decennio. Potrebbe esserci un Seneca, fra gli onorevoli ‘ndranghetisti, a promuovere il rinnovabile.
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LUCE di Giovanni Pirone
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“Che cosa vedi adesso? Globi rossi, gialli, viola. Un momento! E adesso? Mio padre, mia madre e le mie sorelle. Sì! E adesso? Cavalieri in armi, belle donne, volti gentili. Prova queste. Un campo di grano - una città. Molto bene! E adesso? Molte donne con occhi chiari e labbra aperte. Prova queste. Solo una coppa su un tavolo. Oh, capisco! Prova queste lenti! Solo uno spazio aperto - non vedo niente in particolare. Bene, adesso! Pini, un lago, un cielo estivo. Così va meglio. E adesso? Un libro. Leggimene una pagina. Non posso. I miei occhi sono trascinati oltre la pagina. Prova queste. Profondità d'aria. Eccellente! E adesso? Luce, solo luce che trasforma tutto il mondo in un giocattolo. Molto bene, faremo gli occhiali così.”
Il 2015 è l’anno internazionale della luce. Lo studio delle sue proprietà e dei suoi effetti è stato una sfida intellettuale molto importante e impegnativa per l’umanità, perché il comportamento della luce è fortemente contro-intuitivo. Sir Isaac Newton capì che la luce bianca fatta passare attraverso un prisma si scompone in vari colori, mentre una luce di un colore diverso dal bianco non può essere ulteriormente separata mediante lo stesso procedimento. La luce bianca è, quindi, una sovrapposizione di colori; questo è esattamente il meccanismo fisico con cui possiamo spiegare l’arcobaleno: dove la luce bianca, proveniente dal sole, ‘incoccia’ delle goccioline d’acqua che fanno da prisma scomponendola nei vari colori. La luce è composta di tante particelle elettromagnetiche chiamate ‘fotoni’. Allora chiediamoci: i nostri occhi sono dei buoni strumenti per catturare la luce? Per far sì che una stimolazione nervosa arrivi al cervello, per poi ‘montare’ un’immagine, occorrono circa sei fotoni. Quindi, la nostra sensibilità alla luce non è proprio delle peggiori, ma lo spettro elettromagnetico che noi rileviamo è una fetta molto piccola dell’intero. Analogamente al nostro orecchio,
che riesce a cogliere solo una certa gamma di suoni (ad esempio, invece, i nostri amici a quattro zampe possono raggiungerne un range molto più ampio), i nostri occhi sono, quindi, strumenti molto limitati, non sempre capaci di catturare quello che avviene intorno a noi. E’ possibile identificare ogni colore dello spettro elettromagnetico con un numero, che si chiama ‘frequenza’. Gli esseri umani riescono a vedere tutta la luce compresa tra il rosso e il blu, ovvero i colori ai due estremi dell’arcobaleno, mentre la luce ultravioletta, contraddistinta da frequenze maggiori del viola, e quella infrarossa, qualificata invece da frequenze minori del rosso, non sono a noi direttamente accessibili. Utilizziamo questi tipi di luce, però, in vari ambiti dalla medicina dove TAC e radiografie non sono nient’altro che immagini in frequenze rispettivamente ultraviolette e infrarosse; in astrofisica, le immagini che vediamo sui testi molto spesso sono state elaborate con telescopi che non fotografano nello ‘spettro visibile’; nell’ambito dell’energia, dove, infatti, ogni fotone ha una sua energia proporzionale alla sua frequenza: il fotone rosso è caratterizzato da una frequenza bassa
e quindi un energia bassa, al contrario del viola che ha una frequenza alta ed energia alta (motivo per cui dobbiamo stare attenti ai raggi UV che sono molto energetici e, interagendo con le cellule del nostro corpo, le possono distruggere). L’interazione tra luce e materia, da inizio Ottocento a oggi, è passata dai calcoli di Albert Einstein, Max Planck, Richard P. Feyman, Augusto Righi e James C. Maxwell. Una pietra miliare degli studi di Einstein è l’effetto fotoelettrico (scoperta che gli valse il Nobel per la fisica nel 1921). Se un oggetto conduttore assorbe della luce, radiazione elettromagnetica, è possibile ottenere delle emissioni di particelle cariche che, poi, possono essere ‘convogliate’ dove si vuole, creando un flusso di correnti di particelle. Senza addentrarci nella teoria possiamo sfruttare l’energia dei fotoni per convertirla in ‘altra’ energia attraverso l’effetto fotovoltaico. Il nostro Sole, dati alla mano, potrebbe essere uno degli attori protagonisti nella scena mondiale dell’energia, perché i fotoni vengono prodotti all’interno delle stelle. Inoltre, è per definizione una fonte più che rinnovabile, quindi inesauribile: la nostra stella, infatti, ha
circa 4,5 miliardi di anni e ne vivrà altrettanti, così ci dicono le teorie di evoluzione stellare. La strada tracciata dai fisici è più che interessante, ma le scelte che farà l’uomo saranno un investimento verso il futuro e verso l’intelligenza o verso gli interessi economici immediati, mettendo così sotto il tappeto le dinamiche ambientali? La mia risposta a questa domanda è: divulgare i saperi, cercando di avere una consapevolezza delle problematiche presenti più ampia possibile e avere una etica imprescindibile basata sulla SOSTENIBILITA’ e RISPETTO DELLA NATURA; dobbiamo consegnare il nostro pianeta alle future generazioni perlomeno come l’abbiamo trovato.
poesia: Dippold l’ottico- Antologia di Spoon River - Edgar Lee Master (traduzione Pivano) fonti: Qed (Richard P. Feynman) Fisica 2 ( Halliday ,Resnick, Krane) Astrofisica stellare (Castellani)
a s t r o n o m i a
Tecnologia per
l’ambiente di Raffaele Panzone
Janicki Omniprocessor Janicki Omniprocessor è il nome dello straordinario progetto finanziato da Bill Gates, fondatore della Microsoft Corporation. Da quando ha lasciato la direzione di quest’ultima, Bill Gates si sta dedicando a tempo pieno a importanti progetti ambientali, in primis quello legato all'accesso delle popolazioni più povere all'acqua potabile. E’ qui che entra in gioco Omniprocessor, un macchinario costruito dall’azienda statunitense Janicki Bioenergy, in grado di generare dallo smaltimento delle feci umane acqua potabile ed elettricità. Il suo funzionamento è abbastanza facile da spiegare: la macchina separa il materiale solido dal vapore acqueo. I rifiuti solidi vengono bruciati in modo da produrre l'energia che vi vuole per generare il processo, mentre il vapore acqueo viene raccolto e filtrato. Il risultato è sorprendente: acqua purificata potabile al 100 %. Bill Gates ha deciso di finanziare la produzione e costruzione dei Janicki Omniprocessor per spingere anche i piccoli e medi imprenditori a impegnarsi in un progetto del genere, con un’attività che potrebbe anche generare ricavi dallo smaltimento dei rifiuti organici e dalla vendita dell’acqua potabile e dell’energia elettrica ricavata. Tutto questo è volto a beneficio delle popolazioni più disagiate del pianeta che potrebbero anche riuscire a migliorare di conseguenza i loro standard igienici, rendendo meno diffusa la circolazione di malattie che possono proliferare in scarse condizioni igieniche. Di seguito il link del sito ufficiale in cui è possibile scoprire in dettaglio questo rivoluzionario progetto.
t e c n o l o g i a
& i n n o v a z i o n e
The Ocean Cleanup Tra i tanti problemi che è costretto ad affrontare il nostro pianeta, quello della smisurata produzione di plastica e del suo abbandono in mare è di una gravità allarmante. È ormai risaputo che una grande quantità di rifiuti presente negli oceani, seguendo le correnti marine, si accumula in vere e proprie chiazze di spazzatura, in grado di raggiungere anche migliaia di tonnellate, come nel caso di quella creatasi nel nord dell’Oceano Pacifico, il cosiddetto Great Pacific Garbage Patch. La plastica, sotto il sole cocente e immersa nell’acqua salata del mare, inizia a corrodersi e a sbriciolarsi in minuscoli frammenti impossibili da recuperare, che vanno a contaminare l’ambiente e le migliaia di forme viventi degli oceani che vi entrano in contatto. E’ evidente che ripulire il mare nel più breve tempo possibile dai rifiuti assume un’importanza centrale nella lotta all’inquinamento globale. Purtroppo le tante difficoltà che si sono presentate, hanno fatto sì che di fronte a un problema di tale portata non si sia ancora giunti a trovare una soluzione. Un’idea brillante potrebbe, però, adesso cambiare le cose. Boyan Slat, diciannovenne olandese da sempre interessato ai temi ambientali, sembra, infatti, aver trovato la soluzione al problema. Questo ragazzo ha avviato una campagna di raccolta fondi per finanziare The Ocean Cleanup, un progetto secondo il quale sarebbe possibile ripulire gli oceani con l’istallazione di barriere in grado di raccogliere l’immondizia presente in mare.
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Il concetto su cui si fonda il progetto è quello di smetterla di inseguire i rifiuti tra i mari e aspettare, invece, che siano le correnti a portarli verso di noi, per poi imprigionarli in una sorta di gabbie galleggianti di enormi dimensioni e a impatto zero per l’ecosistema. Secondo alcune simulazioni di fluidodinamica computazionale, con questo sistema circa l’80 % della plastica che dovesse incontrare le barriere verrebbe catturata: un’efficacia
altissima, mai riscontrata precedentemente con altre tecniche di raccolta. Persino il Great Pacific Garbage Patch potrebbe addirittura essere dimezzato. Come funziona? Secondo il progetto, le barriere sarebbero costituite da due enormi bracci fluttuanti, lunghi
anche chilometri, disposti ad angolo in modo da predisporrsi in punti ben determinati degli oceani e in corrispondenza di correnti marine in grado di addensare i rifiuti. La struttura, inoltre, prevede l’assenza di reti al di sotto dei bracci, in modo da rendere impossibile la cattura di pesci e altri esemplari che dovessero incrociare la barriera. La maggior parte della plastica, infatti, galleggia entro pochi metri di profondità, quasi in superficie, quindi gli organismi potrebbero passare attraverso la barriere, nuotando poco più in basso, senza alcun pericolo. Una volta addensati, i rifiuti sarebbero poi raccolti e portati a terra, concorrendo così a risolvere così uno dei più problematici tipi di inquinamento del nostro ecosistema planetario. Di seguito il link del sito, in cui è possibile anche sostenere questa iniziativa con una donazione a piacere.
Intel ISEF
Intel International Science and Engineering Fair è un concorso scientifico che coinvolge studenti delle scuole superiori da tutto il mondo. Quest’anno tra i premiati ci sono due italiani, Massimo Cappelletto e Davide Zilli, i quali hanno ottenuto una borsa di studio nella categoria ‘Energia e Trasporti’, per aver ideato un propellente ipergolico dedicato al lancio di razzi in ambito astronomico, capace di consentire di ottenere ottime prestazioni per il controllo dell’orbita e dell’assetto dei satelliti, ecologico e non tossico. “ Un propellente si dice ipergolico quando l'accensione avviene spontaneamente nel momento in cui il combustibile e il comburente (in questo caso si deve più propriamente parlare di ossidante) vengono a contatto. Un combustibile è una sostanza chimica che viene ossidata nel processo di combustione, una reazione chimica di ossidazione, producendo energia termica. Un comburente è una sostanza che agisce come agente ossidante di un combustibile in una reazione di combustione. Senza di esso, la combustione non ha luogo. “ 79
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