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Incidenti in Moto e giurisprudenza
from il Centauro n. 258
by asaps
ono stato contattato 5 volte per perizie per incidenti in cui era coinvolta una moto o uno scooter. In questi casi, essendo solo uno psicologo esperto di guida, mi faccio sempre affiancare da un ingegnere.
La mia perizia più triste l’ho svolta quando un’auto contromano ha ucciso un motociclista e il suo guidatore ha poi spostato l’auto “Perché intralciava il traffico”. E’ stato incastrato dalle tracce che ho anche riprodotto in un incidente probatorio ed erano identiche a quelle precedentemente repertate dalla Polizia: purtroppo anche in questo caso ho assistito allo spettacolo indecente di testimonianze compiacenti raccolte pure male e a mio avviso non attendibili (questo è un eufemismo).
Poi una perizia su una moto ferma tamponata violentemente da un’auto con l’automobilista che si è arrampicato sugli specchi inventando storie assurde a fronte di una situazione incontestabile.
Anche un quasi incidente fra due moto con una moto superata in curva da un’altra con conseguente caduta mortale e successiva fuga dell’altro (per fortuna c’erano due testimoni).
Un urto laterale con un’auto ha avuto come conseguenza una amputazione.
Infine una perizia da me rifiutata per evidente colpa della moto finita contromano in curva (c’era un documento video).
Le moto negli incidenti rappresentano la parte debole e più esposta; hanno spesso ragione ma…
Ma in questo avere ragione ci sono tante situazioni nelle quali il motociclista ha la certezza di avere ragione ma a fronte di un giudizio in tribunale, avrebbe quasi sempre solo una mezza ragione.
Quello che i motociclisti spesso ignorano è il “concorso di colpa”.
Se un’auto non mi dà la precedenza a un incrocio e mi schianto contro il suo sportello, spesso ho ragione solo in parte. Per prima cosa dovrei tenere una andatura prudente in prossimità dell’incrocio proprio per essere in grado di arrestarmi in casi come questo. E qui si innesta il problema degli spazi di frenata di una moto che, data l’impronta a terra del pneumatico, non sempre ti permettono spazi di arresto contenuti pur essen- do il motociclista sempre attento (perché è più difficile distrarsi viaggiando in moto rispetto al guidare un’auto).

Ma va pure considerato che quando succede un incidente, le perizie poi devono calcolare la velocità della moto al momento dell’impatto (e qui si è abbastanza precisi date le deformazioni) e quella di arrivo presunta in base ad eventuali tracce di frenata.
E la moto, per sua natura, quasi mai in questi casi si muove alle velocità massime prescritte finendo di fatto in giudizio in una ragione-colpa parziale.
Su strada vedo motociclisti inveire contro guidatori distratti nei centri urbani ma non considerano che a volte loro arrivavano a velocità eccessive, oppure si muovevano superando colonne di auto ferme (tecnicamente chiamato filtering); manovra comune nel traffico ma non ammessa dal codice. Eppure si fa sempre da sinistra e da destra senza la consapevolezza che si è in torto in caso di sinistro.
Poi vediamo situazioni in cui l’auto frena di colpo in prossimità delle strisce pedonali con il pericolo di tamponamento se la moto è troppo vicina; oppure si vede la moto superare a sinistra l’auto che sembra indecisa senza vedere che davanti ad essa ci sono pedoni che poi ci sbucano davanti di colpo mentre sfiliamo l’auto sorpassando.
Basta poi andare a Milano in tangenziale per vedere colonne di auto ferme superate da scooter a velocità elevata da tutte le parti: in fondo, se giro in moto a Milano, è perché arrivo prima al lavoro e quindi spesso “voglio” sfruttare questo vantaggio incurante dei pericoli.
Quando guido l’auto a Milano o in grandi città su strade a doppia corsia allora evito assolutamente di cambiare corsia come abitudine: troppi angoli morti da controllare prima di spostarsi e troppi scooter che arrivano da dietro e cercano uno spazio in cui infilarsi.
Ho un ricordo di gioventù quando mi scontrai con un ragazzo in vespa che usciva da un parcheggio e, nel soccorrerlo, vidi che aveva un femore spezzato. Mentre mi chinavo su di lui si lamentava con me che secondo lui ero contromano. Il Comune aveva invertito la viabilità da soli 3 giorni.
*Già pilota di Formula 1 e Amministratore delegato di Guidare Pilotare uando si dice che non si ha futuro senza riconoscere il proprio passato, si afferma qualcosa di sacrosanto che spesso anche le istituzioni più consolidate tendono a dimenticare. Se talvolta ci girassimo indietro per dare un’occhiata a quanto percorso, forse il nostro cammino in avanti risulterebbe più agevole. Paiono ovvietà, ma non lo sono. Basti prendere in mano un minuscolo (e certamente introvabile) opuscolo di cui siamo venuti in possesso, che reca la seguente dicitura: “Statuto della Scuderia Pantere Storiche della Polizia.”
La piccola pubblicazione non reca date, ma soltanto il luogo della sede della squadra sportiva: largo Enrico Fermi 1, VIII reparto Mobile – Firenze. Quali erano le finalità di chi lo ha redatto sono ben chiarite all’articolo 1. “Al fine di perpetuarne il tempo e la passione del motorismo in genere ed in particolare dell’automobilismo per quanto attiene ai veicoli già in dotazione alla Polizia di Stato, è costituita in Firenze una Associazione denominata Scuderia Pantere Storiche Polizia”.
Si badi bene alla sottolineatura: non si parla di auto sportive o storiche, ma di tutti i veicoli in uso alla Polizia di Stato. Si tratta di un forte riconoscimento della nostra identità personale, senza discriminare veicoli e modelli di prima fascia rispetto ad altri. Come dire: esponiamo la Lamborghini “Huracan”, senza dimenticare di mettervi accanto la minuscola Fiat “Panda”.
Passiamo all’articolo 5 che testualmente recita: “Le finalità saranno perseguite con la promozione di manifestazioni quali mostre, rievocazioni, manifestazioni sportive, raduni di veicoli, servizi televisivi ed ogni altro mezzo idoneo ad allargare l’interesse in armonia con altri enti ed associazioni, ove si agevoli lo scambio di materiali e informazioni.”
Un’apertura, dunque, a tutto ciò che “profuma” di motorismo ed ancor più di automobilismo, nonostante l’articolo seguente stabilisca la fine naturale dell’Associazione il 31 dicembre 2010, salvo tacita proroga di due anni in due anni.
L’associazione si compone poi di “membri” suddivisi in fondatori, ordinari, sostenitori e onorari, così da abbracciare quante più persone possibili, anche al di fuori dell’istituzione. Seguono poi - come in ogni buon statuto - tanti articoli che illustrano le figure istitutive del sodalizio ed i poteri svolti dai diversi organi collegiali. Appare invece interessante andare alle ultime pagine, dove all’articolo 43 si prevede la figura del “Direttore Sportivo”. Egli dovrà raffigurarsi come elemento di indubbia capacità sportiva. Dovrà avere autonomia nella scelta di piloti meccanici ed autovetture e dovrà renderne conto al Consiglio direttivo dell’Associazione. Anche nell’articolo successivo viene chiaramente identificato un soggetto di particolare rilievo: il “Direttore Relazioni Esterne.”
Si badi bene: non si tratta soltanto di colui che “cura i rapporti di immagine della Scuderia verso i terzi”, ma dietro autorizzazione del Consiglio direttivo ed acquisito il parere dell’economo, avrà la “facoltà di stipulare contratti con gli sponsor”.
Insomma, la Scuderia Pantere Storiche ha creato una propria struttura, ben armonizzata e funzionale, che ci ha permesso di ammirare le auto della nostra “tradizione” ed immergerci in un passato alquanto energico ed entusiasmante. Ma che fine ha fatto la Scuderia?
L’attività andò avanti fino a metà degli anni novanta, quando all’insorgere di problemi interni di vario genere venne decretata la fine. Gli appassionati alle nostre auto storiche fortunatamente non vennero meno e, quasi in regime di clandestinità, si proseguì a cercare, acquistare e restaurare le vecchie auto della Polizia di Stato.
Oggi, gran parte di quel patrimonio è “diventato” il Museo delle Auto della Polizia, che si trova a Roma in via dell’Arcadia. Il museo offre una infinità di spunti motoristici, storici e persino sociali (dell’epoca). Completa la parte espositiva un settore dedicato alle divise ed agli equipaggiamenti usati dalla Polizia dal dopoguerra ad oggi, la cui realizzazione è stata curata dall’Ufficio Storico del Dipartimento della P.S.
Il Museo, infine, comprende anche spazi utilizzabili per altre attività: infatti è dotato di una sala multimediale, ove si svolgono convegni, conferenze ed altri eventi che trovano nel Museo delle Auto della Polizia una cornice prestigiosa e di notevole effetto.
Presso la sala multimediale, peraltro attrezzata anche per le video conferenze, si trovano quattro postazioni in cui è possibile simulare la guida operativa di un’auto della polizia ed una postazione per il sistema “Afisspaid” per la scansione la ricostruzione delle impronte digitali.
E’ anche possibile seguire l’attività di una sala operativa, ascoltando le comunicazioni radio della Polizia e compilare la scheda di intervento che gli operatori utilizzano in caso di chiamate al 113.
*Sostituto Commissario Coordinatore Polizia di Stato Componente del Consiglio Direttivo ASAPS

di Davide Stroscio*