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A me i polsi! (prima parte) Q

uando mi è stato chiesto di proseguire la disamina degli strumenti di autotutela per gli operatori delle Forze di polizia, si è parlato anche delle manette e, come sempre, le idee sono risultate poche e confuse, in quanto è un argomento che non viene sviluppato in modo adeguato durante la formazione. Ho pertanto pensato di fare una serie di articoli che contengano la conoscenza di questi strumenti anche da un punto di vista normativo e giuridico, oltre che quello tecnico e pratico. A proposito, ci farebbe piacere avere un riscontro da parte degli addetti ai lavori: se gradiscono queste informazioni, potremo proseguire su questa strada anche con altri argomenti.

Le manette o, meglio, “strumento meccanico di coazione fisica per il contenimento delle persone pericolose”, è un oggetto che siamo abituati vedere al cinema, sui quotidiani e in tv. Dedicheremo all’argomento tre puntate per capire come funzionano e chi è autorizzato a utilizzarle testo e foto di Gianfranco Peletti

I ceppi con catena che venivano chiusi dal fabbro mediante un perno rovente ribattuto alle due estremità

La storia delle manette Per immobilizzare gli avversari rendendoli inoffensivi, già dalla preistoria vennero utilizzate liane e rami flessibili per legare e immobilizzare gli arti e le mani. Successivamente, con la scoperta dei metalli vennero utilizzate le catene, che venivano apposte mediante bracciali in due pezzi applicati da un fabbro, che li chiudeva mediante dei pioli incandescenti che venivano ribattuti e rimanevano fissati ai polsi e alle caviglie; un apposito anello forgiato sulla parte esterna serviva per fare passare la catena quando vi era la necessità di contenere la persona. Uno degli esempi più noti è quello con cui venivano bloccati gli schiavi ai Le prime manette con bracci regolabili inventate da W.V. Adams. Interessante notare il foro per la chiave, che è uguale a quello della manette attualmente in uso

Le manette di Orson C. Phelps. E' evidente come, nonostante la somiglianza, vi sia un evoluzione con le manette di Adams

Le manette

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Le manette prodotte da John Tower fino all'inizio degli anni Cinquanta, sono l'evoluzione delle precedenti

remi sulle navi romane: in caso di affondamento perivano insieme alla nave. Questo sistema con il passare dei secoli rimase in uso solamente nelle prigioni; l'immobilizzazione all'esterno avveniva utilizzando solamente corde. In seguito, la necessità di disporre di strumenti d’immobilizzazione efficienti, leggeri e comodi da applicare in qualsiasi situazione, fece sì che nacquero le prime vere manette con serratura, realizzata con vari tipi di artifizi, completamente diversi l'uno dall'altro. Il problema era anche che i bracciali venivano forgiati con delle misure fisse e bloccando gli anelli metallici attorno agli arti, poteva succedere che fossero troppo stretti, impedendo al sangue di circolare (con conseguenti cancrene e morte dei detenuti), oppure troppo laschi: le persone con polsi piccoli facilmente potevano sfilarseli e liberarsi dalle costrizioni. Solo nel XIX secolo, precisamente il 17 giugno 1862, questo sistema cambiò, grazie ad un’invenzione di W. V. Adams che brevettò un tipo di manette con chiusura regolabile, che si adattavano a tutte le dimensioni di polso (foto nella pagina precedente, a sinistra). Il brevetto venne ulteriormente perfezionato da un altro inventore americano, Orson C. Phelps (foto nella pagina precedente, a destra), e, tre anni dopo, il progetto fu acquistato dall’imprenditore John Tower, che nel 1865 avviò una delle migliori società americane per la fabbricazione di manette e prodotti similari, producendole fino agli anni '50 del Novecento (foto in alto). Insomma, così come per le armi da fuoco, anche le manette prodotte attualmente, pur modificate nella tecnologia dei metalli e

Le catenelle in dotazione ai Carabinieri Reali con il lucchetto con serratura a doppia mappa. Le catenelle applicate ai polsi di un arrestato

dei sistemi di chiusura, si rifanno esattamente alle manette di 150 anni fa.

Cetenelle e schiavettoni In Europa furono utilizzati anche altri due tipi di strumenti meccanici di contenzione: le catenelle e gli schiavettoni. Le prime hanno fatto parte della dotazione individuale dei Carabinieri e della Polizia di Stato fino alla fine degli anni

'60, quando sono state sostituite dalle manette. Le catenelle venivano portate in un’apposita gibernetta, erano molto semplici, facili da utilizzare, efficaci, leggere e poco ingombranti in quanto composte da una serie di elementi collegati tra loro tramite due estremità ad anello e facilmente ripiegabili. Gli schiavettoni sono stati utilizzati per le traduzioni dei detenuti fino alla metà degli Accessori

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184 Gli schiavettoni, con la caratteristica struttura a M e la crociera centrale con il dado filettato e i bracci forati che vengono bloccati dal lucchetto

anni '90, in quanto molto semplici e estremamente sicuri. Si tratta di un tondino di acciaio a forma di lettera “m”, con la parte centrale filettata, su cui viene inserita una piastra con tre fori della dimensione del tondino, con la parte del foro centrale sagomata con due corti bracci a

croce, forati. La chiusura avviene mediante un dado centrale filettato, con la parte superiore sagomata con due corti bracci forati delle stesse dimensioni di quelli posizionati sulla piastra. Una volta che si è posizionata la piastra, si avvita il dado fino ad arrivare a contatto con la stessa e

s’inserisce un lucchetto (su cui spesso è montata una catena) che passando per i due fori blocca tutto l'insieme.

Come sono fatte

Le manette moderne sono realizzate con vari materiali: ferro, acciaio, acciaio inox, leghe di alluminio e, ultimamente, anche tecnopolimero per il telaio, con lo scopo di contenere il peso. Lo schema di costruzione è praticamente identico per tutte le marche dei produttori, con la variabile del sistema del blocco di sicurezza conosciuto come "double-lock", che differisce nelle modalità d’inserimento. Sostanzialmente le manette moderne sono costituite da due bracciali collegati con una catena composta da due/tre anelli o da un sistema di collegamento semirigido. Ognuno dei due bracciali è costituito da 12 pezzi, più cinque perni ribattuti a caldo, per sigillare l'intero meccanismo. Il funzionamento è molto semplice e consiste in un braccio girevole che nella parte inferiore ha una serie di denti con un angolo di circa 100°, orientati verso l'esterno dello stesso, Nella fotografia è chiainfulcrato nella parramente visibile la sporgenza superiore della chiave che spinge in avanti il perno che fa scorrere la slitta del blocco della sicurezza

(1) Telaio parte sotto (2) Braccio girevole (3) Distanziatore per agevolare lo scorrimento del braccio girevole (4) Telaio distanziatore (5) Blocco ad anello per la catena di congiunzione dei bracciali (6) Leva dentata di blocco (7) Perno su cui è infulcrata la leva dentata (8) Perno per l'inserimento del blocco di sicurezza (9) Blocco di sicurezza a slitta con due culle (10-11) Molla-Astuccio della molla con base a forma tonda per lo scorrimento nelle sedi della culla

Particolare della chiave che, ruotata in senso antiorario, ha fatto scorrere la slitta del blocco di sicurezza, escludendolo

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La leva di blocco, con i denti angolati di 100°, l'appendice sporgente verso il basso che viene impegnata dal blocco di sicurezza, la cava centrale per la chiave di apertura e il foro dove viene fissata con un perno al telaio

te superiore del telaio da un perno di acciaio, ribattuto e bloccato nella sede. Nella parte inferiore del fusto (composto da due parti e da un telaio/distanziale è montata una leva con tre denti (come quelli del braccio girevole ma orientati nel senso opposto), spinta verso l'alto da una molla posizionata all'interno di un apposito fodero. Ruotando il braccio girevole in senso antiorario, questo può scorrere perché la leva viene

spinta verso il basso dall'angolatura dei denti a favore della rotazione, viceversa la leva non può ruotare in senso orario in quanto l'angolazione opposta dei denti del braccio rispetto a quelli della leva impedisce l'operazione. Per capire bene quanto detto, basta guardare la fotografia di una manetta completamente scomposta (manca la parte superiore del telaio) e tutto diventa semplice (foto a sinistra nella pagina precedente).

Il bracciale parzialmente assemblato, con le componenti già posizionate in modo di consentire il funzionamento così come descritto nel testo

Per evitare che una volta applicate le manette possano essere ulteriormente strette (per fare autolesionismo) o aperte (infilando una sottile lamina d'acciaio fra i denti che così non si possono agganciare, lasciando il braccio girevole libero) senza la chiave, vi è la seconda chiusura chiamata anche "Sicurezza". Come si vede dalla foto, è una slitta metallica che, spinta in avanti dall'apposita protuberanza situata nella parte superiore della chiave di apertura, delle manette, va a bloccare fisicamente l'abbassamento della leva dentata posta all'interno del fusto. Per poter aprire le manette occorre inserire la chiave, ruotarla prima in senso antiorario, per fare arretrare la slitta e sbloccare il meccanismo di apertura e poi ruotarla in senso orario per abbassare la leva dentata e lasciare libero il braccio girevole. Una caratteristica che consente anche a chi non è un esperto di capire se le manette sono di buona qualità è data dal foro di chiusura dove deve essere inserita la chiave per l'apertura. Le manette di bassa qualità, per risparmiare, sono costruite con un bracciale unico, che viene utilizzato per entrambi, e pertanto, impugnandole e tenendo il braccio girevole dalle manette dalla stessa parte, il foro dell'apertura sarà da due parti diverse. Inoltre, questo tipo di manette è costruito con acciai di bassa qualità che le rende più spesse e più pesanti. Anche la lavorazione è scarsa e i denti non sono rettificati, con conseguente scarsa tenuta durante la chiusura.

Occhio alla qualità Purtroppo vi è molta ignoranza e di sovente, vengono acquistate le manette in funzione del prezzo, senza pensare al pericolo causato dalla scarsa qualità e ai costi enormi che ne potrebbero derivare in caso di un prigioniero che riesce a liberarsi e ferire o uccidere gli agenti. Inoltre, la differenza di prezzo tra un paio di manette di buona qualità (garantite dalla marca e dal modello) e un paio di quelle scadenti è nell'ordine di pochi euro per ogni paio. Nel prossimo numero, proseguiremo con la parte normativa e giuridica che è estremamente importante, perché disciplina chi è autorizzato a fare uso degli strumenti di contenzione, quando e come e vedremo che, per esempio, non possono essere utilizzate dalle Guardie Particolari Giurate, perché non sono pubblici ufficiali e agenti di P.G. o di P.S. M C

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