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Mimma di Polcenigo, ultima nobile castellana
Con la sua consueta discrezione – discrezione della quale aveva fatto una regola di vita – è tornata nel mondo dei più la contessa Mimma di Polcenigo. Con questa distintissima gentildonna scompare una rilevante pagina di storia di questo nostro Friuli di confine, una storia incentrata su questo nobilissimo casato durata, all’incirca, più di mille anni. I di Polcenigo ebbero il terzo voto nel Parlamento della Patria del Friuli; terzo posto subito dopo il Patriarca di Aquileja e la più rilevante casa nobile friulana: i di Porcia e di Prata (che erano dello stesso sangue). Questa collocazione parlamentare dice da sola di che rilevanza nobiliare, politica, militare ebbero, per una smisurata scia di secoli, i nobili polcenighesi. Il fortilizio – o meglio, il castello dei di Polcenigo – si erge ancora sulla vetta del colle dallo stesso nome, con le sue torri scomparse, con la cappella gentilizia aperta a cielo e da titolo di, ben antico, San Pietro. Il profilo delle mura e torri corrusche riposa oramai nelle antiche carte. Il fortilizio, su progetto del Lucchesi, era diventato una splendida dimora veneta. Splendida dimora secondo i canoni elegantissimi dettati, architettonicamente, dalla Serenissima. Oggidì, faticosamente, riemergono i lineamenti di quella che fu una delle più belle dimore nobiliari del Friuli occidentale. Dimora fatta di buon gusto, raffinatezza, equilibrio aureo, raffigurazione di un mondo che aveva perso il tratto rude e guerriero di un Medioevo scomparso per sempre. Una villa bella e grande, ma difficile da sostenere. Ed i Polcenigo scesero al piano e si allogarono in una, «pur», dignitosissima residenza. Forse lo splendido isolamento sul colle isolava troppo. La residenza al piano consentiva meglio il contatto con la gente, la sua gente: quella di Polcenigo (la contessa di Polcenigo, pur nella sua innata distinzione, era di una affettuosa semplicità del tutto disarmante) e quella che veniva – i suoi pari – dal di fuori. Aveva scelto lei di tornare nella sua Polcenigo dove, gelosamente, aveva voluto sempre «tener casa». Tutti la conoscevano, tutti avevano un debole per lei, gran signora. Aveva riattivato le sue radici polcenighesi, aveva ritrovato le sue persone.
La contessina Mimma con il sindaco dott. Mario Cosmo, nel 1979, in visita al castello di Polcenigo, per discutere la possibile destinazione d’uso della villa come centro scolastico alberghiero. (Archivio privato Cosmo)
La sua presenza la si avvertiva, come costante, ma con il suo modo di essere, chiara, precisa, gentile, ma in punta di piedi, con quella sua classe inconfondibile. Lei era Polcenigo e Polcenigo era lei. Mai un luogo fu così incarnato in una persona. Era una presenza imprescindibile. Al di fuori dell’ultimo periodo – periodo nel quale la salute non la sovvenne molto – fu sempre interessata, fu sempre figura di risalto nel suo piccolo regno polcenighese. Distinta, serena, affascinante, coltissima, circondata da non moltissime, ma adoranti, amiche/i. E questo era frutto dei suo carattere, del suo tratto stupendo, della sua vivacità folgorata dai suoi sguardi attentissimi, intelligentissimi. Non v’erano molte di queste persone a questo mondo e ce ne saranno sempre di meno; ma resta il rammentare della sua presenza, del suo silenziosissimo esempio, da lei a noi, regalato. La posero nel camposanto del paese, l’ultima della sua stirpe: francese, friulana, veneziana, polcenighese. Noi avremmo avuto un altro pensiero circa questa sua ultima collocazione. L’avremmo inumata sul colle, dentro il suo castello, dove, per mille anni o giù di lì, conti di Polcenigo con il loro punto munito, hanno sorvegliato i confini di questo nostro Friuli occidentale. Lì, noi pensiamo, forse, lei avrebbe amato riposare per sempre. La contessina Mimma di Polcenigo, ultima della sua millenaria casata, era nata a Lovere in quel di Bergamo, ma esplicò la sua attività di profondo significato sociale a Castelfranco, da